La Traccia n23 domenica 2 giugno 2019

Page 1

…. condizionarlo: “Sceglierà lui da grande…”) non puoi fornire risposte preconfezionate. Ho sentito che la domanda di quel bambino toccava il cuore della mia fede. Ho percepito che Dio ci educa alla fede attraverso domande, più che con risposte o affermazioni. Le domande, così umane, parole di bambini, le nostre prime parole, sono la bocca assettata e affamata attraverso la quale le nostre vite esprimono desideri, respirano, mangiano, baciano. Ho chiuso mentalmente tutti i libri e ho aperto la mia vita, mi è sembrato l’unico modo per tentare di rispondere davvero. Mi sono abbassato all’altezza degli occhi del bambino, e gli ho parlato: “Sai chi è quello lì? E’ Gesù. Uno che ha fatto felice il mio cuore. E tante volte”. A quel punto non mi interessava più l’effetto delle mie parole sul piccolo, ma ero contento io di averle pronunciate, perché celebravano, cantavano la mia fede. Vedo tanti libri con titoli importanti: il Gesù storico, il Cristo della fede, Gesù ebreo marginale… che però non rispondono al vero problema: cosa c’entra quel Nazareno con la mia vita? Solo io posso dare la risposta. E questa deve avere dentro l’aggettivo “mio”, come ha fatto Tommaso a Pasqua: Mio Signore e mio Dio, mio come il respiro e, senza, non vivrei./ Mio come il cuore e, senza, non sarei. In un recente viaggio in Mongolia, ho imparato dai missionari, da poco giunti su quella frontiera d’Oriente, uno stile di missione riassunto in una felice formula: “sussurrare il Vangelo al cuore dell’Asia”. Il mormorio persuasivo del Vangelo è sempre intonato su una doppia nota: la carità e la gioia. Lo esprime bene una sorridente poesia del sacerdote polacco Jan Twardowski: Non sono venuto a convertirla, signore, / del resto tutte le prediche sagge mi sono uscite di mente. / Da tempo ormai sono spoglio di splendore / come un eroe al rallentatore. ……. / Non mi farò bello come un germano in ottobre, / non detterò le lacrime, che ammettono ogni colpa / non le verserò all’orecchio la teologia col cucchiaino. / Mi siederò soltanto accanto a lei / e le confiderò il mio segreto: / che io, un sacerdote, / credo a Dio come un bambino (Chiarimento). Twardowski smonta con il sorriso la fede troppa sicura di sé, che ha tutte le risposte, che impugna la verità come una clava. Dice che “Dio ha inventato l’umorismo per salvare la tenerezza”. E ha inventato il sussurro per salvare l’ascolto. Quello del cuore. Che non ama gli squilli di tromba, ma si lascia coinvolgere da una “fede sottovoce” (Angelo Casati). Dalla fede come una virtù bambina, timida e scalza, senza effetti speciali. Guidata per mano da quella “tenerezza combattiva”, che è la nota distintiva del vangelo di Maria, il Magnificat, e di Francesco. di p.E. Ronchi

La traccia Parrocchia di San Giacomo Apostolo 2 giugno 2019 n. 23

MI SARETE TESTIMONI Le tre letture bibliche attestano l’evento dell’ascensione di Gesù Risorto alla gloria del Padre. Questo è l’epilogo del mistero pasquale di passione, morte e risurrezione, è la risposta del Padre all’obbedienza di Cristo, il quale spogliò se stesso divenendo uomo e facendosi obbediente fino ala morte di croce. “Per questo Dio lo ha esaltato” (Fil 2,9), e lo ha glorificato facendolo sedere accanto a sé nella gloria. Basata sull’attestazione certa dei testimoni oculari, la Chiesa professa nel simbolo della fede: “Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre… e il suo regno non avrà fine”. L’Ascensione è come la tappa finale di una grande gara: Gesù sale sul podio della vittoria ed è incoronato Capo e Salvatore. Il Padre gli attribuisce il nome divino di “Signore” al cospetto del mondo: davanti a Lui ogni ginocchio si deve piegare in adorazione, nei cieli, sulla terra e sotto terra. Egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio (At 10,42). La salita al cielo di Gesù lascia sul’orizzonte una traccia, una traiettoria che punta verso Dio. Si può dire a ragione che Gesù è salito al cielo “per noi uomini e per la nostra salvezza”, perché si è fatto uno di noi per poterci prendere per mano e condurci verso il Padre. Egli è la porta, la via che ci è offerta per tornare alla casa paterna: tutti insieme dietro di Lui, come un popolo che esce dalla schiavitù e giunge alla terra dei viventi. L’orizzonte della nostra vita non è delimitato da cose materiali, terrene, ma si apre all’assoluto, all’infinito, e il nostro cuore non è sazio, se si nutre solo di beni terreni, di vita comoda e divertente, di potere sugli altri. Il nostro cuore è inquieto, finchè non riposa in Dio. Ed è proprio su questo mistero dell’Ascensione che si innesta e si fonda la scelta della vita del battezzato: il cristiano non può fermarsi a guardare terra terra, perché sa che non vale la pena investire la propria vita in tesori, soldi, benessere e piaceri, che non riempiono il cuore e non danno alcuna speranza. Prima di sottrarsi alla vista dei suoi discepoli, il Signore ordina ai loro di essere suoi testimoni, e assicura la sua presenza per mezzo dello Spirito Santo, l’annuncio della sua parola e i sacramenti della salvezza.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.