Manuale per l'esecuzione e l'interpretazione di prove CPT

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Indice 1. Introduzione

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2. Attrezzatura del penetrometro statico

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2.1.Tipi di punte penetrometriche 2.2.Lettura della resistenza alla penetrazione della punta e del manicotto

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2.3.Pressione dell’acqua interstiziale durante la penetrazione

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2.4.Impianto idraulico di spinta

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2.5.Aste di spinta e aste interne

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2.6.Misura della profondità

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2.7.Trasmissione dei dati e cablaggio

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2.8.Sistema di acquisizione dati

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3. Procedure di prova

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3.1.Calibrazione e manutenzione del penetrometro

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3.2.Elementi filtranti

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3.3.Letture di riferimento

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3.4.Avanzamento del penetrometro

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3.5.Misure discontinue con la profondità

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3.5.1.Prova di dissipazione della pressione dell’acqua interstiziale

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3.5.2.Prova sismica

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3.6.Chiusura del foro

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4. Applicazione delle prove CPT e CPTu

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4.1.Prove CPTm meccaniche

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4.2.Prove elettriche CPTe, CPtu

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5. Interpretazione delle prove CPT e CPTu 5.1.Stratigrafia del terreno

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5.1.1.Carte di classificazione del terreno 5.2.Valutazione dei parametri del terreno 2

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5.2.1.Caratteristiche di resistenza

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5.2.1.1.Sabbie

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5.2.1.2.Resistenza al taglio non drenata delle argille

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5.3.Fattori generali che influenzano l’interpretazione dei dati

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5.3.1.Caratteristiche dell’attrezzatura

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5.3.2.Sollecitazioni in situ

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5.3.3.Compressibilità, cementazione, e dimensione delle particelle

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5.3.4.Stratigrafia

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5.3.5.Velocità di penetrazione

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5.3.6.Collocazione del filtro poroso per la misurazione della pressione interstiziale

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5.4.Uso diretto delle prove CPT nel progetto di fondazioni superficiali e profonde

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5.4.1.Cedimento di fondazioni superficiali (dirette) su terreni granulari

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5.4.2.Capacità portante di pali caricati assialmente in terreni granulari

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6. Attività di ricerca innovative

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6.1.Uso delle prove CPT e CPTu per l’elaborazione del profilo di terreni “intermedi”: un nuovo approccio

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6.2.Uso delle prove CPT per la valutazione del grado di costipamento necessario per il movimento di terreni a grana fine

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6.2.1.Attrezzatura

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6.2.2.Valutazione sperimentale delle ipotesi operative

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6.2.3.Valutazione in situ

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6.2.4.Valutazione in laboratorio

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6.2.5.Applicazione del metodo a un caso reale

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6.2.5.1.Indicazioni di progetto

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6.2.5.2.Tipo di terreno e classificazione

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6.2.5.3.Controllo del grado di compattazione

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6.2.5.4.Conclusioni

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7. BIBLIOGRAFIA

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8. TERMINI E DEFINIZIONI

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1. Introduzione Tra i numerosi dispositivi utilizzabili in situ, il penetrometro statico a punta meccanica e elettrica (CPTm, CPTe) e il piezocono (CPTu e SCPTu) rappresentano gli strumenti più versatili per l’esplorazione del terreno. Le prove CPTm, CPTe, CPTu e SCPTu si sono rivelate più vantaggiose rispetto ai tradizionali metodi di indagine sul campo, quali la perforazione e il campionamento, perché sono veloci, ripetibili ed economiche. Il presente documento esamina le pratiche correnti per l’esecuzione e l’interpretazione delle prove penetrometriche statiche, eseguite con punta conica. In particolare, contiene cenni sull’attrezzatura del penetrometro statico (capitolo 2), sulle procedure di prova (capitolo 3), sull’applicazione (capitolo 4) ed interpretazione (capitolo 5) delle prove CPT e CPTu (stratigrafia del terreno e valutazione dei relativi parametri) e sull’uso diretto della prova CPT per la progettazione di fondazioni superficiali e profonde. Le informazioni sono tratte da un’analisi della letteratura riferita a esperienze internazionali (testi di Lunne et al, 1997 e di Mayne, 2007; pubblicazioni internazionali). Per quanto riguarda gli aspetti più innovativi si fa riferimento all’attività di ricerca delle Università di Pisa e Pavia.

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2. Attrezzatura del penetrometro statico Un sistema per l’esecuzione di prove CPT comprende i seguenti componenti: (1) una punta penetrometrica meccanica o piezocono, (2) un sistema di spinta idraulico completo di aste, (3) un cavo o un dispositivo di trasmissione, (4) un misuratore di profondità, (5) un’unità di acquisizione dati.

2.1.Tipi di punte penetrometriche La prova penetrometrica meccanica con punta conica viene eseguita infiggendo nel terreno, con penetrazione costante (20 mm/s), una punta meccanica (tipo Begemann), con l’ausilio di una batteria di aste di spinta. Durante la prova, sarà possibile effettuare misurazioni discontinue (ogni 20 cm) della resistenza alla penetrazione della punta conica o resistenza alla punta (qc), della resistenza totale alla penetrazione e/o dell’attrito sul manicotto (fs). Le misurazioni vengono effettuate mediante l’utilizzo di sensori ubicati a livello del suolo. Esistono altri tipi di punte meccaniche, il cui utilizzo è nella pratica molto limitato, che misurano solamente la resistenza alla penetrazione del cono. L’estremità anteriore consiste in una punta conica con angolo di apertura del cono di 60o con un piccolo labbro di circa 5 mm (0.2 in.) di lunghezza nella porzione superiore. Le punte penetrometriche disponibili hanno normalmente due dimensioni standard: (1) una versione di diametro 35.7-mm (1.4-in.) con area della sezione trasversale Ac = 10 cm2 e superficie laterale del manicotto As = 150 cm2; (2) una versione di diametro 44-mm (1.75-in.) (Ac = 15 cm2 e As = da 200 a 300 cm2) (Fig.1 e Fig.2).

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Figura 1. Requisiti di tolleranza per l’utilizzo della punta penetrometrica 
 (ISO 22476-12 (2009) (Dimensioni in mm

Figura 2. Requisiti di tolleranza del manicotto d’attrito (ISO 22476-12 (2009))

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Benché la dimensione 10 cm2 sia quella standard originale, molte ditte ritengono che la versione 15 cm2 sia più indicata per l’indagine di routine e possa essere equipaggiata più facilmente con sensori aggiuntivi per necessità specifiche. Poiché il diametro delle aste è normalmente di 35.7 mm (1.4 in.), anche la punta di dimensione 15 cm2 tende a praticare un foro più ampio, riducendo dunque l’attrito laterale dell’asta durante la spinta. Tra le prove penetrometriche effettuate con punta elettrica e con piezocono, possiamo considerare tre sottocategorie di prove penetrometriche (Fig.3): • prova penetrometrica con punta elettrica (CPTe), che comporta una misurazione continua (ogni 2 cm di infissione) della resistenza alla punta, dell’attrito laterale e dell’inclinazione; • prova effettuata mediante piezocono (CPTu), che consiste in una prova penetrometrica con punta conica con misurazione aggiuntiva (rispetto alla punta elettrica) della pressione interstiziale; • prova con piezocono sismico (SCPTu), vale a dire un piezocono che offre la possibilità aggiuntiva di effettuare misure discontinue della velocità di propagazione delle onde, principalmente in configurazione downhole. La prova CPTu viene eseguita come una prova CPTe con il rilevamento della pressione interstiziale in uno o più punti della superficie del penetrometro.
 Il penetrometro statico di tipo elettrico è dotato di sensori di carico interni che rilevano la forza esercitata sulla punta (resistenza alla punta), l’attrito laterale sul manicotto (attrito sul manicotto) e, ove applicabile, la pressione interstiziale in uno o più punti della superficie del penetrometro. E’ compreso un inclinometro per la misura dell’inclinazione del penetrometro.

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Figura 3. Principali tipi di punta penetrometrica o per uso normale (de Ruiter 1971).

A seconda dei tipi di terreno da testare, nella prova CPTu il filtro poroso viene generalmente posto sulla punta (Tipo 1), dietro la punta (Tipo 2), alle spalle del manicotto (Tipo 3) (Fig.3). Per la necessaria correzione della resistenza alla punta rilevata in rapporto alla resistenza totale, le norme nazionali e internazionali richiedono il Tipo 2, se non diversamente indicato. Le specifiche riguardanti le tolleranze e le dimensioni della macchina, e i requisiti delle celle di carico per la prova elettrica CPTe sono contenute nella procedura di test internazionale di riferimento (ASTM D 5778, 2000; ISO 22476-12).
 Il materiale costruttivo della maggior parte delle punte penetrometriche è l’acciaio per utensili, anche se qualche raro esemplare è disponibile in acciaio inossidabile od ottone. Periodicamente, la punta e i componenti del manicotto devono essere sostituiti, perché danneggiati o usurati. Solitamente, il filtro poroso viene sostituito dopo ogni verticale di indagine. Si utilizzano anelli di plastica monouso, anelli di metallo sinterizzato o di ceramica

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riutilizzabile. I tipi riutilizzabili possono essere lavati in un bagno ad ultrasuoni. Le differenze fondamentali tra la punta meccanica ed il piezocono sono illustrate nelle Figure 4a-4d. Risulta evidente che, nel caso della punta meccanica (tipo Begemann), viene misurata la forza (Qc) necessaria per infiggere nel terreno solamente la punta (mediante le aste interne). Dopo un’infissione di circa 4 cm, le aste interne cominciano a spingere nel terreno la punta e il manicotto laterale, misurando così la forza totale (Qt) per un ulteriore infissione di 4 cm. Quindi, l’attrito sul manicotto sarà Qt-Qc diviso per l’area del manicotto (As). A parte la considerazione che Qc e Qt vengono misurate a differenti profondità, è possibile effettuare una misura ogni 20 cm. Sarà necessario infiggere le aste esterne per spingere il cono e spostare la punta in una nuova posizione per effettuare un’altra misurazione. Al contrario, nel caso del piezocono, la resistenza alla punta e al manicotto sono misurate in continuo e le aste interne non sono più necessarie.

Figura 4a. Schema della prova CPTm (punta meccanica Begemann)

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Figura 4b. Immagine raffigurante una punta per prova CPTm

Figura 4c. Schema raffigurante un piezocono www.pagani-geotechnical.com

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Figura 4d. Immagine raffigurante un piezocono per prova CPTu

2.2. Lettura della resistenza alla penetrazione della punta e del manicotto La forza misurata per infiggere la punta (Qc), divisa per l’area di base della punta, fornisce la resistenza alla punta misurata, qc = Qc/Ac. Questa resistenza deve essere corretta perché la pressione interstiziale agisce su aree disuguali (Figura 5). Questa correzione è particolarmente importante nei terreni a grana fine (Jamiolkowski et al. 1985; Campanella e Robertson 1988; Lunne et al. 1997). La resistenza alla punta corretta è indicata come qt. Per la sua determinazione è necessario conoscere: (1) il rapporto di area netta (an) ottenuto mediante opportuna calibrazione della punta in una cella triassiale; (2) la pressione dell’acqua interstiziale in sito che deve essere misurata in posizione (u2), come illustrato in Figura 5. La resistenza alla punta corretta è determinata come: qt = qc + (1 - an)u2 Nelle sabbie pulite e nei terreni granulari, poiché la pressione dell’acqua è uguale alla pressione idrostatica, risulta qt = qc, e la correzione non è rilevante.
 Tuttavia, nei terreni argillosi da teneri a rigidi, la pressione dell’acqua interstiziale è considerevole e la correzione può essere significativa, dal 20% al 70% in alcuni casi (Lunne et al., 1986; Campanella e Robertson, 1988). Anche con punte coniche meccaniche che non misurano la pressione dell’acqua interstiziale (CPTm), la correzione resta comunque necessaria.
 La forza assiale misurata sul manicotto (Fs) viene divisa per la superficie 12

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del manicotto per ottenere l’attrito sul manicotto stesso, fs = Fs/As. Anche questo parametro richiede una correzione; sarebbero necessarie due letture della pressione interstiziale, effettuate alle due estremità del manicotto, che comunque vanno oltre la pratica comune e non sono richieste né dalle norme ASTM né dalle norme internazionali.
 Per quanto riguarda le unità del SI, la profondità (z) è espressa in metri (m), la resistenza alla punta corretta (qt) in kilopascal (1 kPa = 1 kN/ m2) o in megapascal (1 MPa = 1000 kN/m2), la resistenza al manicotto (fs) e la pressione dell’acqua interstiziale (u) in kPa.
 La conversione più semplice in unità di misura anglosassoni è la seguente: 1 tsf = 1 bar =100 kPa = 0.1 MPa.
 Se la profondità della falda freatica è nota (zw), sarà opportuno indicare la pressione interstiziale idrostatica (u0), in caso di acquifero non confinato. In questo caso, la pressione idrostatica può essere calcolata mediante: u0=(z-zw)γw, dove γw = 9.8 kN/m3 = 62.4 pcf per l’acqua dolce; γw* = 10.0 kN/m3 =64.0 pcf per l’acqua salata. Solitamente, in alcune presentazioni di prove CPT si riporta la lettura di u in termini di altezza equivalente dell’acqua, calcolata come il rapporto della pressione dell’acqua interstiziale misurata divisa per l’unità di peso dell’acqua, o hw = u/ γw. Come regola empirica generale, le grandezze delle misurazioni effettuate per mezzo di prove CPT ricadono nel seguente ordine: qt > fs e qt > u1 > u2 > u3. La sollecitazione misurata alla punta del cono nelle sabbie risulta piuttosto alta (qt > 5 MPa o 50 tsf), e riflette le condizioni di resistenza drenata prevalente, mentre i valori misurati nelle argille sono bassi (qt < 5 MPa o 50 tsf) e indicativi della risposta di terreni non drenati, scarsamente permeabili. Allo stesso modo, la pressione dell’acqua interstiziale misurata dipende dalla posizione dell’elemento filtrante e dal livello dell’acquifero. Alle profondità di prova, al disopra della falda acquifera freatica, le letture della pressione dell’acqua interstiziale variano con la capillarità, l’umidità, il grado di saturazione e altri fattori. Al di sotto della falda freatica, per filtri porosi posizionati sopra la base del cono, le sabbie sature pulite mostrano pressioni dei pori che si avvicinano spesso a quella idrostatica (u 2 > u 0 ). Effettivamente, il rapporto u2/u0 aumenta con la consistenza dell’argilla. Per le argille tenere intatte, il rapporto può attestarsi intorno a u2/u0 ~ ±3 , che aumenta a circa u2/u0 ~ ±10 per le argille rigide, e ancora di 30 o più per le argille molto rigide. Nel caso di argille fessurate si avranno invece pressioni dell’acqua interstiziale pari a zero o a un valore negativo (si veda Mayne et al. 1990).

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Il rapporto delle resistenze è definito come il rapporto tra l’attrito sul manicotto e la resistenza alla punta, designato come Rf=fs/qt e riportato in percentuale. Il rapporto delle resistenze è stato utilizzato come semplice indice per identificare il tipo di terreno. Dalle sabbie di quarzo pulite alle sabbie silicee (parti comparabili di quarzo e feldspato) si osservano bassi rapporti delle resistenze: Rf<1%, laddove nelle argille e nei limi argillosi di bassa sensibilità Rf > 4%. Dunque, in argille da poco sensibili a fluide, il rapporto delle resistenze può essere piuttosto basso, fino ad avvicinarsi a zero in molti casi.

Figura 5. Determinazione della resistenza totale alla punta e dell’attrito totale al manicotto nella prova CPTu (Jamiolkowski et al., 1985)

2.3.Pressione dell’acqua interstiziale durante la penetrazione La pressione interstiziale misurata è influenzata dal tipo di terreno, dalla pressione interstiziale in situ e dall’ubicazione del filtro sulla superficie del penetrometro statico. La pressione interstiziale si basa su due componenti, la pressione interstiziale originale in situ e la pressione interstiziale aggiuntiva o eccedente provocata dalla penetrazione del penetrometro statico nel terreno. Solitamente, la pressione dell’acqua interstiziale viene monitorata utilizzando un elemento filtrante saturo 14

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attraverso una cavità satura collegata a un trasduttore di pressione alloggiato all’interno del penetrometro. L’ubicazione standard è sopra la base del cono (proprio dietro alla punta, posizione designata come u2), a causa della correzione necessaria della sollecitazione totale alla punta di cui si è discusso sopra. Quindi, nelle argille rigide fessurate e in altre formazioni geologiche (per es. i terreni residuali), si registra una pressione dell’acqua interstiziale pari a zero o a valori negativi. In questi casi dunque, la capacità di elaborazione del profilo sarà superiore con l’ausilio di un elemento poroso posto anteriormente, solitamente a metà, benché siano state utilizzate anche versioni poste alla sommità della punta. Il sistema di misurazione della pressione interstiziale dovrà essere saturato all’inizio del test. Il filtro dovrà restare saturo anche quando il penetrometro statico penetrerà uno strato non saturo. 
 Se non si presta la dovuta attenzione, le misurazioni potranno risultare scorrette e sottostimate a causa della presenza di bolle d’aria intrappolate.

2.4. Impianto idraulico di spinta L’impianto idraulico di spinta può essere composto da una trivella standard o da un impianto idraulico CPT dedicato, montato su camion, cingoli, rimorchio, fuori strada, scivolo, o unità portatile (Fig.6). Un impianto idraulico a piena capacità per le operazioni CPT è grosso modo dell’ordine di 200 kN (22 ton). Gli impianti CPT dedicati forniscono una spinta vicino al loro baricentro di massa e solitamente fanno affidamento su una reazione a peso morto pari a circa 100 - 200 kN (da 11 a 22 ton) di capacità. Qualche veicolo specializzato è stato realizzato con pesi aggiuntivi per fornire una reazione fino a 350 kN (40 ton). Dopo il posizionamento desiderato per la prova, l’apparecchiatura viene solitamente livellata con martinetti idraulici. Esistono anche numerosi impianti CPT leggeri entro un range che va da 18 a 50 kN (da 2 a 6 ton).
 In alternativa o in aggiunta al veicolo zavorrato, l’utilizzo di un ancoraggio a terra è il modo per ottenere una capacità da 100 a 200 kN (Fig.7). Queste apparecchiature ancorate possono raggiungere profondità significative e penetrare materiali piuttosto densi e duri, inoltre sono più mobili e maneggevoli rispetto ai veicoli zavorrati. Le profondità di penetrazione tipiche delle apparecchiature per prove CPT dipendono dalle condizioni geologiche specifiche al sito; tuttavia, la maggior parte degli impianti in commercio sono in grado di raggiungere fino a 30 m (100 ft). In alcuni casi speciali, le apparecchiature CPT www.pagani-geotechnical.com

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terrestri hanno raggiunto 100 m con l’utilizzo della tecnologia directpush dalla superficie del suolo. E’ altresì possibile condurre prove CPT downhole graduali in pozzi profondi alternando l’accensione e lo spegnimento con punte rotanti, a profondità fino a 300 m (1.000 ft) o più (si veda Robertson 1990).
 La velocità di prova standard consta in una spinta costante di 20 mm/s (0.8 in./s) come da ASTM D 5778. La velocità tipica di infissione nei terreni, prevista dalla normativa, si situa tra i 15 e i 30 m/giorno (da 50 a 100 ft/giorno). Quindi, in termini di produttività lineare, la prova CPT è da due a cinque volte più efficiente rispetto alla perforazione a rotazione convenzionale. Lo svantaggio delle apparecchiature CPT è la possibilità di eseguire uni camente l ’i nfi ssi one e l ’estraz i one di sonde, anche se, occasionalmente, si può effettuare il campionamento di terreni, ma questo non avviene di routine.

Figura 6. Esempio di impianto idraulico CPT montato su cingoli

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Figura 7. Esempio di sistema d’ancoraggio

L’utilizzo di sonde standard per l’esecuzione di prove CPT presenta altresì il vantaggio di poter perforare cemento duro, zone molto dense o formazioni di copertura e continuare i sondaggi fino alla profondità desiderata, prelevando campioni di terreno con la medesima apparecchiatura, riducendo dunque i costi associati alla movimentazione di un veicolo dedicato. Le maggiori difficoltà incontrate durante le prove CPT eseguite con l’apparecchiatura standard sono: 
 (1) la zavorra non supera i 50 kN (5.5 ton); 
 (2) durante l’avanzamento, le aste vengono infisse dall’alto, così da dover prevedere uno spazio d’emergenza o un sub connettore speciale per il cavo elettrico; 
 (3) durante l’estrazione, le aste devono essere ritirate dall’alto, e quindi sarà necessario aggiungere e togliere un sub connettore per ogni porzione di asta; 
 (4) bisogna prestare grande attenzione nel controllo manuale della pressione idraulica per garantire una velocità di avanzamento costante di 20 mm/s. In alternativa, è possibile utilizzare un penetrometro statico/ dinamico (Fig.8), che, oltre alle prove CPT, può eseguire prove di penetrazione dinamiche continue. In questo caso, sarà possibile oltrepassare gli strati

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duri o grossolani in modo dinamico, utilizzando la punta chiusa per questo tipo di prova.

Figura 8. Esempio di penetrometro statico/dinamico

2.5.Aste di spinta e aste interne Le aste di spinta dovranno avere il medesimo diametro del cono per almeno 400 mm, misurato dalla base nel caso di coni aventi area della base pari a 1000 mm2. Le aste interne sono aste solide che scorrono all’interno delle aste di spinta e trasferiscono la forza proveniente dal cono e, opzionalmente, dal manicotto d’attrito, al sistema di misura. Come già notato, le aste interne sono necessarie solo in caso di cono meccanico. Un riduttore di attrito (che consiste in un mero allargamento della sezione delle aste, ad esempio mediante posizionamento di un anello saldato all’asta esterna – anello allargatore) è spesso previsto per 18

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facilitare le operazioni di spinta; esso è posto sul sub connettore sopra il penetrometro e serve per allargare il diametro del foro aperto, riducendo in tal modo il contatto del terreno con le aste superiori 
 (Fig. 9).

Figura 9. Aste di spinta e astina interna (per prova CPTm)

2.6.Misura della profondità Esistono molti metodi per registrare la profondità durante lo svolgimento di una prova CPT, che comprendono il trasduttore di spostamento, sia nella variante lineare (LVDT) sia a corrente continua (DCDT), il potenziometro (a filo avvolto), la scatola degli ingranaggi, il sensore a ultrasuoni e il lettore ottico. Tutti questi dispositivi sono disponibili in commercio; per sistemi particolari, sono stati brevettati progetti dedicati. Nella maggior parte dei casi, per determinare la profondità viene eseguito un tracciamento cumulativo di ciascun incremento di un metro dell’asta. In altri casi, viene monitorata la reale lunghezza totale del cavo. Poiché ciascun sensore del canale è tecnicamente posizionato ad altezze leggermente differenti, la pratica corrente consiste nel correggere le letture ad una profondità comune, solitamente rilevata alla punta del penetrometro (Fig. 10).

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Figura 10. Esempio di misuratore di profondità

2.7.Trasmissione dei dati e cablaggio Tutti gli impianti CPT analogici e molti digitali utilizzano, per la trasmissione dei dati, un cavo ombelicale che passa attraverso le aste sino a raggiungere la superficie. Il cavo è utilizzato sia per l’alimentazione in tensione (o corrente) dei sensori sia per la trasmissione dei dati misurati al computer dove verranno salvati. Normalmente, si utilizza un’alimentazione in tensione compresa tra 5 e 20 V. In alcuni dei più moderni progetti, sono stati sviluppate punte CPT digitali senza fili (o senza cavi). In genere, li si predilige quando la prova CPT viene condotta mediante sonde standard operate da personale non specializzato (il cavo potrebbe danneggiarsi facilmente) e nelle indagini in mare aperto, dove il sistema wireline può spingere la punta a grandi profondità. E’ disponibile una varietà di apparecchiature wireless basate sull’utilizzo delle tecnologie seguenti per la trasmissione o l’immagazzinamento dei dati: (1) segnali ad infrarossi convogliati in superficie mediante aste smaltate; (2) segnali trasmessi via audio

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(3) dati immagazzinati in un microchip alimentato a batteria e scaricati solo quando il penetrometro viene riportato in superficie. La trasmissione a infrarossi e quella acustica necessitano di un ricevitore dedicato posto all’estremità superiore delle aste in modo da captare i segnali e decodificarli per fornire l’output digitale (Fig.11).

Figura 11. Collocamento della trasmissione a cavo

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2.8.Sistema di acquisizione dati Per le prove CPT con punta elettrica, è stata messa a punto un’ampia gamma di sistemi di acquisizione dati, che inizialmente constavano di semplici plotter e convertitori analogico–digitale con stampanti a matrici di punti, che si sono evoluti in sistemi totalmente digitali con notebook “rugged” e tecnologie a microchip, con memoria posta all’interno del penetrometro statico stesso. Il vantaggio dei vecchi sistemi analogici era che potevano adattarsi ad ogni tipo di cono in commercio. D’altra parte lo svantaggio di alcuni sistemi digitali moderni è che i progetti proprietari si attengono ad una specifica codifica dei dati e sequenza dei canali di output. In questo caso sarà necessario utilizzare un penetrometro, cavo e sistema di acquisizione dati perfettamente combinati tra loro. 
 Nel caso di prove CPT meccaniche, l’acquisizione dati viene effettuata manualmente.

Figura 12a. Esempio di acquisizione manuale per punta meccanica

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Figura 12b. Esempio di sistema di acquisizione dati per prove CPTu

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3. Procedure di prova 3.1.Calibrazione e manutenzione del penetrometro Il penetrometro richiede una calibrazione e una manutenzione regolari, la cui frequenza dipende dall’utilizzo e dalla cura con cui esso è conservato nell’intervallo tra le prove. La maggior parte degli operatori di prove CPT si rivolgono al costruttore perché questi confermi che l’apparecchiatura si trova entro i limiti di calibrazione e tolleranza previsti. Tuttavia, la calibrazione potrà essere svolta dal cliente per controllare la deformabilità della cella di carico mediante prove di compressione. Si potrà utilizzare una cella triassiale a tenuta e messa in pressione per controllare la calibrazione del trasduttore di pressione, nonché il rapporto di area netta (a). In altri studi, vengono forniti dettagli esaurienti sulla calibrazione della punta elettrica e del piezocono (si veda Mulabdic ́ et al., 1990; Chen e Mayne, 1994; Lunne et al., 1997). Sarà necessario sostituire la punta e il manicotto se danneggiati o eccessivamente usurati. Se la velocità tipica della prova CPT è pari a 60 m/giorno, con un utilizzo per 4 giorni/settimana, al raggiungimento di 12000 m/anno sarà probabilmente necessario cambiare punta e manicotto una o due volte l’anno. La velocità dipenderà dai terreni testati, poiché la sabbia è molto più abrasiva dell’argilla.

3.2.Elementi filtranti Gli elementi filtranti utilizzati per la prova con il piezocono sono solitamente di plastica porosa, ceramica, o metallo sinterizzato. Le versioni in plastica sono le più utilizzate perché sono usa e getta e possono essere sostituite dopo ogni prova, evitando qualsiasi problema di intasamento, in particolare in presenza di argille plastiche. Per gli elementi frontali, è preferibile un filtro in ceramica, che offre una migliore rigidità ed è meno soggetto ad abrasione rispetto ai filtri di plastica. Il protocollo dei sondaggi ambientali raccomanda l’utilizzo di filtri in acciaio inossidabile sinterizzato, poiché i tipi in polipropilene derivano dal petrolio e possono influenzare le letture. Gli elementi sinterizzati non devono essere utilizzati per i filtri frontali, perché si possono intasare. Il metallo sinterizzato e i filtri in ceramica possono essere riutilizzati e lavati in un bagno ad ultrasuoni dopo ogni sondaggio.
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Gli elementi filtranti dovranno essere saturati in un bagno di glicerina sotto vuoto per 24h. In alternativa, il fluido di saturazione potrà essere l’olio di silicone. E’ anche possibile utilizzare acqua o una miscela 50–50 di glicerina e acqua, tuttavia questi fluidi richiedono una maggiore cura durante il montaggio del cono. Normalmente, vengono pre-saturati da 10 a 15 elementi durante la notte, perché siano pronti il giorno successivo. Sul campo, gli elementi filtranti dovranno essere installati in modo tale che si abbia continuità di fluido dalla faccia del filtro ai condotti del penetrometro sino alla cavità che alloggia il trasduttore di pressione. Questi condotti e cavità dovranno essere continuamente rabboccati. Tale operazione sarà facilitata se si utilizza un penetrometro con spina maschio nella sezione della punta, per favorire uno scorrimento positivo del fluido quando la punta è avvitata sul telaio. Il fluido dovrà essere glicerina al 100% (oppure olio di silicone), applicata agevolmente con una siringa di plastica. In caso contrario, se il gruppo della punta è fornito di una spina femmina, il penetrometro dovrà essere assemblato attentamente quando viene immerso nel fluido di saturazione, operazione eseguita normalmente in una camera cilindrica speciale designata allo scopo. Questa procedura richiede uno sforzo infinitamente superiore rispetto all’approccio di cui sopra, dove la spina di spostamento positivo era sulla punta. Una volta finito il montaggio, è d’uso porre una protezione contenente un fluido di saturazione sopra l’estremità anteriore del penetrometro. Porre numerose fasce in gomma per proteggere la copertura e mantenere la condizione di saturazione. Durante l’infissione iniziale nel terreno, questa leggera membrana in gomma si romperà automaticamente. Nei nuovi sviluppi, in luogo dell’elemento filtrante è possibile utilizzare una fessura molto sottile (0.3 mm) riempita con grasso per registrare la pressione dell’acqua interstiziale (Elmgren, 1995; Larsson, 1995). Questo evita problemi associati alla presaturazione sotto vuoto degli elementi, alle difficoltà di montaggio sul campo e alla desaturazione di elementi nella zona di areazione insatura, a costo, tuttavia, di una risposta più lenta del trasduttore e di una elaborazione del profilo u meno dettagliata.

3.3.Letture di riferimento Prima di ciascuna prova, si registreranno le “letture zero” dei vari canali del penetrometro. Si raccomanda inoltre di ri-eseguire le letture di zero www.pagani-geotechnical.com

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al completamento della prova, quando il penetrometro viene riportato in superficie. Questi riferimenti dovranno essere annotati su un registro cartaceo e controllati periodicamente per rilevare qualsiasi scostamento meccanico o elettronico dai valori registrati, frutto di possibili danneggiamenti o di errori di calibrazione.

3.4.Avanzamento del penetrometro La velocità di spinta standard durante una prova CPT/CPTu è di 20 mm/ s, solitamente applicata con l’incremento di un metro (lunghezza asta cono standard). Con apparecchiature CPT dedicate, l’impianto idraulico è realizzato in modo da regolare automaticamente la pressione per mantenere costante questo valore. Durante la penetrazione di materiali grossolani, in caso di arresto in strati densi, grossolani o ricchi di pietre, si potrà far ricorso al preforo. Il preforo potrà essere utilizzato in strati superiori grossolani e combinato talvolta con rivestimenti per evitare il crollo del foro. Nei terreni teneri o sciolti, il preforo potrà essere utilizzato per penetrare la crosta e raggiungere la falda. Se la falda si trova a grandi profondità, il sistema di misurazione della pressione interstiziale dovrà essere saturato. Il preforo potrà essere praticato infiggendo un’asta fittizia di diametro 45-50 mm attraverso lo strato denso per aprire un foro e ridurre la resistenza alla penetrazione. Come già notato, i penetrometri statici/ dinamici offrono la possibilità di oltrepassare uno strato duro o grossolano in modo dinamico. La profondità di penetrazione raggiungibile dipende dalle condizioni del terreno, dalla forza di penetrazione disponibile, dalle forze disponibili sulle aste di spinta e dai relativi connettori, dall’applicazione di un riduttore d’attrito e/o dal rivestimento delle aste di spinta, nonché dal range di misurazione del penetrometro statico.

3.5.Misure discontinue con la profondità Ad ogni intervallo di un metro (o meno), è possibile condurre varie prove prima dell’aggiunta dell’asta successiva. Due procedure comuni comprendono: (1) la prova di dissipazione, (2) la misura della velocità delle onde di taglio. 3.5.1.Prova di dissipazione della pressione dell’acqua interstiziale La prova di dissipazione permette di monitorare il decremento col tempo della pressione dell’acqua interstiziale. L’infissione in condizioni non 26

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drenate della punta conica nel terreno genera una sovrapressione dell’acqua interstiziale (∆u) localmente attorno alla punta. Nelle sabbie pulite la penetrazione è sostanzialmente drenata e quindi la ∆u si dissiperà quasi immediatamente a causa dell’alta permeabilità delle sabbie, mentre nelle argille e nei limi aventi bassa permeabilità la ∆u misurata richiede un tempo finito per dissiparsi. In un tempo sufficiente, in tutti i terreni la misura della pressione dell’acqua interstiziale coinciderà con il valore idrostatico corrispondente a u0. Quindi, la pressione dell’acqua interstiziale (u) durante l’infissione è una combinazione tra la pressione transitoria e quella idrostatica, cosicché: u = ∆u +u0 Durante l’arresto temporaneo per aggiunta di un’asta a intervalli di un metro, la riduzione di ∆u con il tempo può essere monitorato e utilizzato per interpretare il coefficiente di consolidazione e quindi la conduttività idraulica del terreno. Le letture della dissipazione sono normalmente tarate sulle scale di registrazione, tuttavia, in argille con bassa permeabilità è poco realistico aspettarsi un equilibrio pieno che corrisponda a ∆u = 0 e u = u0.
 Una pratica standard consiste nel registrare il tempo di raggiungimento del 50% di dissipazione, designata t50. 3.5.2.Prova sismica Un metodo pratico per misurare il profilo della velocità dell’onda di taglio (Vs) con la profondità è l’utilizzo della prova di penetrazione con piezocono sismico (SCPTu).
 A intervalli di un metro dell’asta, è possibile generare un’onda di taglio in superficie mediante battitura orizzontale di una traversina oppure utilizzando sistemi automatici di generazione meccanica di onde di taglio. Il tempo di arrivo dell’onda di taglio può essere registrato alla profondità di prova, ponendo uno o più geofoni all’interno del penetrometro. La pratica più semplice e più comune consiste nell’utilizzo di un geofono che fornisce una misura di Vs in configurazione downhole con la cosiddetta tecnica “pseudo – intervallo” (Campanella et al., 1986). Questo approccio garantisce un’accuratezza sufficiente fino a che l’asse del geofono rimane parallelo all’allineamento della fonte (nessuna rotazione delle aste né del cono) e viene generata un’onda di taglio ripetibile ad ogni successivo intervallo di un metro.
 Una Vs più attendibile è ottenuta tramite prove downhole del tipo “true – www.pagani-geotechnical.com

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interval”, che richiedono tuttavia il collocamento all’interno del penetrometro di due o più geofoni a due altezze (solitamente distanti 0.5 o 1.0 m in verticale (da 1.5 a 3.0 ft). La disposizione biassiale di due geofoni ad ogni altezza permette di correggere la possibile rotazione dell’asta del cono, poiché è possibile utilizzare l’onda risultante. Per le prove downhole, sarà utile disporre un geofono triassiale con componente verticale solo per misurare l’arrivo dell’onda P. Esistono casi in cui le misure dell’onda P in terreni saturi non ha alcun senso e risulta in pratica impossibile. La componente verticale può essere utilizzata anche per la misura della velocità di propagazione delle SV impiegando una configurazione tipo cross–hole che prevede l’impiego di due penetrometri (sorgente e ricevitore) (si veda Baldi et al. 1988).

3.6.Chiusura del foro Al termine della prova, durante o dopo l’estrazione, sarà possibile seguire differenti operazioni: • Il foro della prova CPT/CPTu viene lasciato aperto. • Il foro viene riempito con terreno di scavo, ghiaietto o sabbia. • La cavità viene riempita con malta durante l’estrazione mediante una “punta a perdere”. • Dopo l’estrazione, il foro viene riempito utilizzando un iniettore di malta.

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4. Applicazione delle prove CPT e CPTu Le classi di applicazione, con la relativa accuratezza, sono state sviluppate per fornire delle linee guida sulla scelta del tipo di prova CPT/ CPTu. La classe di applicazione specifica il tipo di penetrometro statico da utilizzare e l’uso consigliato dei risultati delle prove CPT/CPTu. I risultati delle prove CPT/CPTu possono essere utilizzati per la descrizione del profilo stratigrafico, l’identificazione del materiale e la definizione dei parametri del terreno (ISO 22476-1; ISO 22476- 12).

4.1. Prove CPTm meccaniche E’ possibile utilizzare uno dei seguenti sistemi di misurazione (tipo a, b o c). a) Tipo a: vengono utilizzati dei manometri che misurano la pressione idraulica generata dalla forza agente sulla punta e trasferita alla sommità delle aste interne e, se applicabile, dalla forza esercitata sulla punta e sul manicotto d’attrito e dalla forza totale esercitata sulle aste di spinta. Per questo tipo di dispositivi, si raccomanda l’utilizzo contemporaneo di due gamme di manometri significativamente differenti e il passaggio frequente alla gamma appropriata. b) b) Tipo b: comprende sensori elettrici per la misurazione della pressione idraulica generata dalla forza agente sulla punta e trasferita alla sommità delle aste interne e, se applicabile, dalla forza esercitata sul cono e sul manicotto d’attrito e dalla forza totale esercitata sulle aste di spinta. c) c) Tipo c: comprende sensori elettrici per la misurazione diretta delle forze esercitate sul penetrometro statico. Per questo tipo di sistemi, si raccomanda l’utilizzo di dispositivi dedicati di misura delle forze, necessari per determinare la resistenza alla penetrazione della punta, l’attrito sul manicotto e la resistenza totale alla penetrazione.

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Tabella 1 - Tipi di prove penetrometriche statiche Tipo di prova

Parametri misurati e derivati

Sistema di misura

TM1

Resistenza alla penetrazione della punta e Sensore elettrico (tipo c) – prova discontinua resistenza totale alla penetrazione o resistenza alla penetrazione della punta e attrito sul manicotto

TM2

Resistenza alla penetrazione della punta e Manometri o sensore elettrico di conversione resistenza totale alla penetrazione o pressione idraulica (tipi a e b) – prova resistenza alla penetrazione della punta e discontinua attrito sul manicotto

TM3

Resistenza alla penetrazione della punta

Manometri o sensore elettrico di conversione pressione idraulica (tipi a e b) – prova discontinua

TM4

Resistenza alla penetrazione della punta

Manometri o sensore elettrico di conversione pressione idraulica (tipi a e b) – prova discontinua

Tabella 2 - Classi di applicazione Classe di applicazione

5

6

Tipo di cono

TM1

TM2

TM3 TM4

Precisione minima ammessa (a)

Uso consigliato Tipo di terreno

Interpretazione (c)

qc

500 kPa

O 5%

A

F

Qt

1 kN

O 5%

B

G, H*

fs

50kPa

O 20%

C

G, H*

L

0,2 m

O 2%

D

G, H*

qc

500 kPa

O 5%

Qt

1 kN

O 5%

B

G, H*

fs

50kPa

O 20%

C

G, H*

L

0,2 m

O 2%

D

G, H*

qc

500 kPa

O 5%

Qt

1 kN

O 5%

B

F*

fs

50kPa

O 20%

C

F*

L

0,2 m

O 2%

D

F*

(a)
 La precisione minima ammessa per ogni grandezza misurata è rappresentata dal più grande tra valore assoluto e percentuale. La precisione relativa si applica al valore misurato e non all’intervallo di misura. 30

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b)
 A: Terreni con strati omogenei (tipicamente qc < 2 MPa).
 B: Argille, limi e sabbie (tipicamente 2 MPa <= qc < 4 MPa).
 C: argille, limi, sabbie e ghiaia (tipicamente 4 MPa <= qc <= 10 MPa) 
 D: argille, limi, sabbie e ghiaia (tipicamente qc> 10 MPa). c)
 F: elaborazione del profilo stratigrafico.
 F*: elaborazione del profilo stratigrafico possibile se vengono fornite ulteriori informazioni. G: elaborazione del profilo stratigrafico e identificazione del materiale.
 G*: elaborazione del profilo stratigrafico indicativo e identificazione del materiale.
 H: interpretazione in termini di parametri ingegneristici.
 H*: interpretazione indicativa in termini di parametri ingegneristici.

La classe 5 è destinata alla valutazione di terreni aventi strati misti, da A a D. Per terreni di tipo da B a D, si potrà effettuare l’elaborazione del profilo stratigrafico, l’identificazione del materiale e l’interpretazione indicativa in termini di parametri ingegneristici. Per strati molto teneri (terreno di tipo A) sarà possibile solamente l’elaborazione del profilo stratigrafico. L’identificazione del materiale e l’interpretazione in termini di parametri ingegneristici, specialmente per terreni molto teneri, è possibile solamente se sono disponibili informazioni geologiche e geotecniche complementari e pertinenti. Dovranno essere effettuate prove penetrometriche statiche di tipo TM1. 
 La classe 6 è destinata alla valutazione di terreni aventi strati misti, con terreni di tipo da B a D, in termini di elaborazione del profilo stratigrafico e di identificazione del materiale. La valutazione di strati molto teneri si limiterà al relativo rilevamento. Le prove eseguite dovranno essere di tipo TM2. 
 La classe 7 è destinata solamente all’elaborazione indicativa del profilo di terreni aventi strati misti, di tipo da B a D. Basandosi unicamente sui risultati di tali prove non sarà possibile fornire alcuna interpretazione in termini di identificazione del materiale e di parametri ingegneristici. Le prove eseguite dovranno essere di tipo TM3 o TM4. Benché sia preferibile una prova elettrica CPTe a una meccanica CPTm, quest’ultima potrà essere scelta in caso di rischio di danneggiamento della punta a causa, per esempio, di detriti, ciottoli o substrato roccioso.

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4.2.Prove elettriche CPTe, CPtu Classe di applicazione

Tipo di prova
 (d)

1

2

3

TE2

TE1 TE2

TE1 TE2

Parametri misurati

Resistenza alla punta

35 kPa o 5%

Resistenza per attrito laterale

5 kPa o 10%

Pressione interstiziale

10 kPa o 2%

Inclinazione

Lunghezza di penetrazione

0.1 m o 1%

Resistenza alla punta

100 kPa o 3%

Resistenza per attrito laterale

15 kPa o 15%

Pressione interstiziale

25 kPa o 3%

Inclinazione

Lunghezza di penetrazione

0.1 m o 1%

Resistenza alla punta

200 kPa o 5%

Resistenza per attrito laterale

25 kPa o 15%

Pressione interstiziale

50 kPa o 5%

Inclinazione

Lunghezza di penetrazione

0.2 m o 2%

Resistenza alla punta 4

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TE1

Accuratezza minima ammessa (a)

Lunghezza massima tra le misurazioni

Uso

Terreno 
 (b)

Interpretazio ne 
 (c)

20 mm

A

G, H

20 mm

A B C D

G, H* G, H G, H G, H

20 mm

A B C D

G G, H* G, H G, H

50 mm

A B C D

G* G* G* G*

500 kPa o 5%

Resistenza per attrito laterale

50 kPa o 5%

Lunghezza di penetrazione

0.2 m o 1%

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a)
 La precisione minima ammessa per ogni grandezza misurata è rappresentata dal più grande tra valore assoluto e percentuale. La precisione relativa si applica al valore misurato e non all’intervallo di misura. b)
 A: terreni stratificati in modo omogeneo con argille da molto tenere a rigide e limi (tipicamente qc<3MPa) B: terreni con stratificazione mista con argille da tenere a rigide (tipicamente qc<=3MPa) e sabbie mediamente dense(tipicamente 5MPa<=qc<10 MPa)
 C: terreni con stratificazione mista con argille rigide (tipicamente 1.5 MPa<=qc<=3Mpa) e sabbie molto dense (tipicamente qc>20 MPa) 
 D: argille da molto rigide a dure (tipicamente qc>=3Mpa) e terreni grossolani molto densi (qc>=20 MPa) c)
 G: elaborazione del profilo stratigrafico e identificazione del materiale con basso livello di incertezza associato 
 G*: elaborazione indicativa del profilo stratigrafico e identificazione del materiale con alto livello di incertezza associato
 H: interpretazione in termini di progetto con basso livello di incertezza associato
 H*: interpretazione indicativa in termini di progetto con alto livello di incertezza associato d)
 TE1: la resistenza alla punta e l’attrito sul manicotto sono i parametri misurati (CPTe)
 TE2: la resistenza alla punta, l’attrito sul manicotto e la pressione interstiziale sono i parametri misurati (CPTu)

La Classe 1 è applicabile ai depositi di terreno da teneri a molto teneri. Le prove di penetrazione di Classe 1 non sono normalmente adatte per profili di terreno con stratificazioni miste da tenere a dense (anche se il pre-foro degli strati rigidi può risolvere il problema). Le prove eseguibili sono solamente le prove CPTu. La Classe 2 è utilizzata per valutare in maniera precisa profili di terreni con stratificazioni miste da tenere a dense, in termini di elaborazione del profilo e identificazione del materiale. E’ anche possibile fornire un’interpretazione in termini di proprietà ingegneristiche, limitandosi ad un uso indicativo per gli strati teneri. Il tipo di penetrometro da utilizzare dipende dai requisiti di progetto. La Classe 3 è prevista per la valutazione di profili di terreno con stratificazione mista da tenera a densa, in termini di elaborazione del www.pagani-geotechnical.com

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profilo e di identificazione del materiale. Sarà possibile fornire un’interpretazione in termini di proprietà ingegneristiche per strati da molto rigidi a duri e da densi a molto densi. Sarà possibile fornire solo un’interpretazione indicativa delle argille rigide o dei limi e delle sabbie sciolte. Il tipo di penetrometro da utilizzare dipende dai requisiti di progetto. La Classe 4 è prevista solamente per l’elaborazione indicativa del profilo e l’identificazione del materiale per profili di terreno a stratificazione mista con strati da teneri a molto rigidi o da sciolti a densi. Non sarà possibile fornire nessun apprezzamento in termini di parametri ingegneristici. Le prove dovranno essere eseguite con un penetrometro statico elettrico standard e la misura dell’inclinazione potrà essere omessa.

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5. Interpretazione delle prove CPT e CPTu Le prove CPT e CPTu hanno tre applicazioni principali: • determinazione della stratigrafia del sottosuolo e identificazione dei materiali presenti; • stima dei parametri geotecnici; • impiego diretto nella progettazione delle opere geotecniche.

5.1.Stratigrafia del terreno Il modello geologico-tecnico può essere utilizzato per la caratterizzazione di un sito a scopi ingegneristici e può altresì fornire un’indicazione sulla potenziale variabilità spaziale delle proprietà del terreno e dunque sui possibili errori di calcolo o di formulazione dei presupposti, in special modo per quanto riguarda l’ipotesi dell’omogeneità. Tale modello può essere ottenuto mediante l’identificazione delle unità stratigrafiche e la ricostruzione spaziale della variabilità litologica; generalmente, ciò è possibile attraverso indagini geognostiche (sondaggi, trincee, pozzetti esplorativi, ecc...). Sfortunatamente, i sondaggi hanno costi comparativamente alti e il numero di perforazioni è spesso grandemente insufficiente ai fini di una mappatura geologico-tecnica. Tra gli eventuali strumenti complementari utili per l’esecuzione di indagini stratigrafiche, quali i test geofisici, è utile annoverare le prove penetrometriche, significativamente meno costose, che costituiscono una metodologia economica che permette di effettuare misurazioni continue di alcuni parametri del suolo (resistenza alla punta qc, resistenza per attrito laterale fs, e in caso di CPTu, pressione dell’acqua interstiziale durante la penetrazione). La ripetibilità delle misurazioni e la possibilità di indagine su un volume del terreno, maggiore rispetto a quella dei campioni di laboratorio, nonché la possibilità di registrazione continua, rendono le prove CPT e CPTu ideali per l’identificazione delle variazioni litologiche e la ricostruzione del profilo stratigrafico, compiti importanti ai fini della costruzione del modello geologico-tecnico. Amorosi e Marchi (1999), sulla base di un raffronto comparato dei dati derivanti da una prova effettuata con piezocono e da perforazioni, mostrano che la prova con il piezocono può essere utilizzata nell’ambito di ricerche sedimentologiche, compresa la caratterizzazione dettagliata delle facies, le correlazioni stratigrafiche, e l’identificazione dei limiti litologici, importanti per l’interpretazione della stratigrafia sequenziale. Lafuerza et al. (2005) hanno costruito un www.pagani-geotechnical.com

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modello in 3D, derivato da prove di penetrazione con punta conica meccanica (CPT) e con piezocono (CPTu), al fine di stabilire la successione stratigrafica di corpi sedimentari deltizi a fini sedimentologici e stratigrafici. Quindi, le prove CPT e CPTu costituiscono strumenti complementari per lo svolgimento di indagini stratigrafiche, poiché consentono: • di identificare il litotipo • di identificare i limiti stratigrafici • di determinare le variazioni litologiche • di ricostruire il profilo stratigrafico • di creare correlazioni stratigrafiche • di fornire un insieme di dati ad alta risoluzione adatti all’elaborazione di un modello in 3D. Ancora più importante, le prove CPT e CPTu sono in grado di fornire parametri riferiti al terreno (principalmente parametri di resistenza in condizioni drenate o non drenate). La capacità di distinguere il Tipo di Comportamento del Terreno (SBT) utilizzando i risultati delle prove CPT o CPTu è dunque fondamentale per una corretta valutazione dei relativi parametri. 5.1.1.Carte di classificazione del terreno La carta di classificazione del terreno costituisce uno strumento per raggruppare i terreni in base alle loro caratteristiche comportamentali. Il metodo convenzionale per determinare la tipologia di un terreno è l’utilizzo di una classificazione mediante prove di laboratorio su campioni prelevati tramite sondaggio. Se si desidera ottenere un profilo stratigrafico continuo o quasi continuo del sottosuolo, la prova penetrometrica statica (CPT) dà la possibilità di risparmiare tempo e denaro rispetto ai metodi tradizionali di campionamento e prova. Esistono numerosi metodi di classificazione in grado di prevedere la tipologia di terreno utilizzando dati ottenuti con prove CPT e/o CPTu. (Begemann, 1965; Schmertmann, 1978; Searle, 1979; Douglas e Olsen, 1981; Senneset e Janbu, 1985; Robertson et al., 1986; Campanella e Robertson, 1988; Robertson, 1990, 2009, 2010; Jefferies e Davies, 1991; Eslami e Fellenius, 1997; Fellenius e Eslami, 2000; Jung et al., 2008; Cetin e Ozan, 2009). 36

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Il profilo stratigrafico per la prova penetrometrica statica meccanica CPT si ottiene generalmente utilizzando uno degli approcci seguenti: a) BEGEMANN (1965): la carta di classificazione per le prove penetrometriche statiche meccaniche si basa su 250 dati diversi, facenti riferimento a terreni olandesi (Fig.13). La resistenza alla punta qc si trova sull’asse y e l’attrito laterale locale fs su quello delle x. Le linee (passanti per l’origine), che suddividono la carta in campi e che consentono di identificare il terreno, sono state ottenute sulla base della percentuale di peso delle particelle con diametro inferiore a 16 µm.

Figura 13. Carta di classificazione del terreno (Begemann, 1965)

b) SCHMERTMANN (1978): nel grafico viene utilizzato il database di Begemann e una serie di prove penetrometriche statiche eseguite in Florida. (Fig.14). Sull’asse delle y viene tracciata la resistenza alla punta qc su scala logaritmica, mentre il rapporto delle resistenze Rf = (fs/ qc)*100 viene tracciato sull’asse x su scala lineare. Vengono inoltre fornite indicazioni di carattere qualitativo sulla densità delle sabbie (che aumenta con la qc) e sulla consistenza delle argille (che aumenta con fs). Le differenze più rilevanti rispetto al grafico Begemann riguardano i www.pagani-geotechnical.com

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limiti delle diverse litologie e la mancata linearità tra qc e fs. Questo metodo non è altrettanto preciso per valori bassi della qc .

Figura 14. Carta di classificazione del terreno (Schmertmann, 1978)

c) SEARLE (1979): la carta di classificazione rappresenta la resistenza alla punta qc (MPa) sull’asse delle y Rf con la stessa scala (Fig.15). Il metodo Searle, come il metodo Schmertmann, fornisce indicazioni aggiuntive quali la densità delle sabbie e la consistenza dei terreni fini.

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Figura 15. Carta di classificazione del terreno (Searle, 1979)

d) DOUGLAS e OLSEN (1981) hanno messo a punto una carta di classificazione per le prove penetrometriche con punta elettrica. Per la prova CPTu le carte di classificazione più utilizzate sono le seguenti: a) ROBERTSON et al. (1986): Robertson e Campanella hanno costruito due carte di classificazione utilizzando il parametro (qt) per l’asse y, ma due diversi parametri per l’asse x (Rf e Bq) (Fig.16). qt è la resistenza totale alla punta corretta sulla base di u rilevata durante la penetrazione e il rapporto tra l’area del cono (An) non influenzata dalla pressione interstiziale divisa per l’area totale del cono (Ac). www.pagani-geotechnical.com

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qt = qc + u2*(1-An/Ac) Rf =100*fs qt Bq è il rapporto della pressioni nei pori Bq = (u2 – u0) / (qt – σv0)

Dove: u2 = pressione interstiziale rilevata con un filtro poroso collocato immediatamente sopra la base del cono durante la penetrazione u0= pressione idrostatica
 qt= resistenza alla punta corretta in base al valore di u ︎σv0 = carico litostatico totale

Figura 16. Carta di classificazione del terreno ROBERTSON et al. (1986). 
 1. Terreno a grana fine sensitivo, 2. Materiale organico, 3. Argilla, 4. Da argilla limosa ad argilla, 5. Da limo argilloso ad argilla limosa, 6. Da limo sabbioso a limo argilloso, 7. Da sabbia limosa a limo sabbioso, 8. Da sabbia a sabbia limosa, 9. Sabbia, 10. Da sabbia ghiaiosa a sabbia, 11. Sabbia molto compatta a grana fine, 12. Da sabbia a sabbia argillosa.

Gli autori consigliano di utilizzare entrambi i grafici poiché i fattori determinanti sono numerosi. Ovviamente l’uso di entrambi i grafici può condurre a risultati diversi. In tali circostanze è opportuno fare 40

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riferimento alla competenza e al giudizio dell’operatore.
 Per esempio, se durante la prova si ottengono i valori seguenti : qt=1MPa; Rf = 4%; Bq = 0.1 il terreno esaminato potrebbe essere classificato come argilla nel diagramma qt/Rf e come limo argilloso nell’altro. È possibile risolvere i dubbi misurando la dissipazione; se questa è piuttosto rapida (t50<60s), il terreno apparterrà alla seconda categoria. Il diagramma di Robertson et al. (1986) contempla 12 tipologie di terreno (SBT) e può essere utilizzato in tempo reale per valutare la tipologia di terreno durante o subito dopo un test CPTu, in quanto richiede soltanto i rilevamenti CPTu di base. Robertson (2009, 2010) ha fornito un aggiornamento della carta in termini di resistenza alla punta adimensionale, (qc/pa), dove pa = pressione atmosferica (pa = 1 bar = 100 kPa = 0.1 MPa) e Rf (in percentuale), entrambi su scale logaritmiche per allargare la porzione in cui Rf < 1%. Anche il numero di tipologie comportamentali del terreno è stato ridotto a 9 per corrispondere al diagramma di Robertson (1990) in (Fig.17).

Figura 17. Tipologia comportamentale del terreno di una zona (SBT): 1 Terreni sensibili a grana fine; 2 Argilla – terreno organico; 3 Argille: da argilla a argilla limosa; 4 Miscele di limo: limo argilloso e argilla limosa; 5 Miscele sabbiose: da sabbia limosa a limo sabbioso;

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6 Sabbie: da sabbie pulite a sabbie limose; 7 Da sabbia densa a sabbia ghiaiosa; 8 Da sabbia compatta a sabbia argillosa 
 *; 9 A grana fine consistente *; * Ultraconsolidata o cementata (Robertson, 2009, 2010).

b) ROBERTSON (1990): l’autore ha introdotto due nuovi parametri per tenere conto dell’influenza che la pressione litostatica può esercitare a grandi profondità (Fig.18). Qt normalizzata = (qt - σvo) / σ’vo; valore utilizzato per le ordinate di entrambi i grafici Rf normalizzata = fs / (qt - σvo) Bq normalizzata Bq = ∆U / (qt −σvo) dove ∆U=U2-U0

La carta mostra 9 tipologie di terreno (SBTn) ed è applicabile unicamente ove il carico litostatico é molto elevato, tale da modificare la qc in modo significativo. Per questo motivo, gli autori consigliano di utilizzare la carta qui sopra in caso di profondità superiori a 30 metri dal livello del suolo. La normalizzazione dei parametri richiede inoltre l’inserimento di alcuni parametri quali il peso di volume del terreno e le condizioni della falda freatica (uso del diagramma limitata alla fase di post-processing). Jefferies e Davies (1993) hanno scoperto che un Indice di Tipologia di Comportamento dei terreni Ic potrebbe rappresentare le zone SBTn nel diagramma di Robertson (1990) dove Ic è il raggio dei cerchi concentrici che definiscono i confini della tipologia di terreno. Gli autori suggeriscono che l’Indice Ic dell’SBT possa essere utilizzato anche per modificare correlazioni empiriche che variano a seconda della tipologia di terreno.

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Figura 18. Carta di classificazione del terreno (ROBERTSON et al. (1990)

c) ESLAMI e FELLENIUS (1997): la carta di classificazione creata da Eslami e Fellenius è basato su un database che contiene prove CPT e CPTu associate a test di laboratorio relativi a terreni prelevati da 20 siti posti in diverse parti del mondo (Fig.19).
 Il database non comprende casi di terreni cementati o di argille molto compatte e di conseguenza tali litotipi non sono riportati nel diagramma. L’asse delle x fornisce la fs, mentre sull’asse y troviamo un nuovo parametro qe (resistenza alla punta effettiva) = (qt-u2). Nei terreni densi sabbiosi qe differisce solo lievemente da qt; mentre nel caso di terreni a grana fine qt e qe possono assumere valori molto diversi. Gli autori hanno diviso il diagramma di classificazione in una serie di campi che corrispondono ai vari litotipi del Canadian Foundation Engineering Manual (Canadian Geotechnical Society, 1985).

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Figura 19. Carta di classificazione del terreno (Eslami e Fellenius, 1997)

Quando si utilizzano le carte di classificazione ci sono comunque alcuni aspetti importanti di cui tenere conto (Lo Presti et al, 2009): • Le correlazioni sono state stabilite su terreni provenienti da contesti geologici che possono essere diversi dai terreni esaminati. Sarebbe opportuno analizzare attentamente le condizioni geologiche e geotecniche (litotipo, grado di alterazione, cementazione, consolidamento, etc..) del terreno utilizzato per trovare le correlazioni allo scopo di verificare la loro applicabilità al terreno studiato. • I limiti che definiscono le classi di comportamento SBT, sono stati determinati in modo soggettivo (Cai et al., 2011). • I metodi di classificazione hanno dei limiti: l’applicazione della carta di classificazione di Begemann (1965) risulta difficile nel caso di valori in cui qc<5 MPa e fs<50 kPa, in quanto le linee che distinguono una classe da un’altra si trovano molto vicine tra loro; il metodo Schmertmann (1978) non è così accurato per valori bassi di qc; con il metodo Robertson (1990) la normalizzazione della resistenza alla punta e dell’attrito laterale soggetto alla sollecitazione da

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sovraccarico tende, a profondità limitate, a sovrastimare le dimensioni granulometriche del terreno. • Il tipo di penetrometro utilizzato (a punta elettrica, meccanica o con piezocono) costituisce un altro fattore di rilievo (Cestari, 1990). Nel penetrometro meccanico, una riduzione del diametro della punta al di sopra del cono fornisce (in modo particolarmente rilevante in sabbie molto dense) valori di qc più bassi di quelli ottenuti con una punta elettrica. Al contrario, l’attrito del terreno lungo il manicotto protettivo sopra il cono, è responsabile di una qc maggiore di quella rilevata con la punta elettrica (in modo particolarmente significativo in sabbie sciolte e argille tenere). Nel caso della punta Begemann con manicotto, non si rileva soltanto l’attrito ma, a causa del raccordo posto all’estremità inferiore del manicotto, anche una parte della resistenza alla base (materiale rifluito dopo il passaggio della punta). Per questo motivo l’attrito laterale fs rilevato con la punta meccanica è sempre maggiore di quello rilevato con la punta elettrica (la differenza è praticamente nulla per l’argilla). • Le carte di classificazione basate sulle prove CPT e CPTu sono predittive della tipologia di comportamento del terreno (SBT), poiché il cono risponde al comportamento meccanico in situ del terreno e non direttamente ai criteri di classificazione basati sulla distribuzione granulometrica e sulla plasticità (Robertson, 2009) (es. Unified Soil Classification System, USCS). Anche fattori quali la storia tensionale, le sollecitazioni in situ, la struttura, l’indice dei vuoti e il contenuto d’acqua influenzano la risposta delle prove CPT/CPTu e di conseguenza il relativo SBT. Il sistema di classificazione USCS si basa altresì su terreni rimaneggiati piuttosto che su terreni indisturbati. Fortunatamente, i criteri di classificazione del terreno basati sulla distribuzione granulometrica e sulla plasticità spesso si rapportano abbastanza bene al comportamento del terreno in situ e quindi c’è spesso una buona corrispondenza tra la classificazione basata sul sistema USCS e la tipologia di comportamento basata sulla prova CPTu, fatta eccezione per i terreni misti (es. miscele sabbiose e miscele limose). • Le carte di classificazione si dimostrano inoltre sensibili alla velocità di penetrazione, e non sono adatte a velocità di penetrazione diverse da quelle per cui sono state create (Jaeger et al., 2010). Lo Presti et al. (2009) hanno condotto una ricerca per verificare l’applicazione dei test CPT e CPTu nell’elaborazione del profilo www.pagani-geotechnical.com

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stratigrafico di un terreno, per esempio l’identificazione del litotipo e dei limiti stratigrafici.
 I dati dei test CPT e CPTu condotti a circa 6-23 m di profondità, in 11 diversi siti italiani appartenenti a contesti geologici diversi (terreni organici lacustri, terreni lacustri alluvionali molto eterogenei, terreni alluvionali terrazzati, terreni alluvionali recenti, terreni alluvionali a ventaglio, terreni di estuario e marini) sono stati tratti da relazioni pubblicate oppure sono il risultato di prove condotte con un penetrometro Pagani (TG 63-100, TG 63-200, TG 73-200) (Pagani, 2009). L’apparecchiatura per i test è composta da una punta conica a 60° (un piezocono per prove CPTu e punta meccanica Begemann per test CPTm), con una base avente un’area di 10 cm2 e un manicotto d’attrito da 150 cm2 collocato sopra la punta. Il filtro per la misurazione della pressione interstiziale è collocato dietro la punta del cono (u2). I test CPTu sono stati condotti ad una velocità costante di 2 cm/s. L’apparato di spinta è composto da un martinetto idraulico e da un sistema a reazione montati su un camion con ancoraggio a vite. La capacità di spinta va da 100 a 200 kN. Il sistema di acquisizione dati sul campo è munito di convertitori analogico-digitali. Il piezocono fornisce valori relativi alla resistenza alla punta, all’attrito sul manicotto e alla pressione interstiziale ogni 1 cm. I profili stratigrafici dei terreni sono stati ricostruiti mediante sondaggi a rotazione. Inoltre, per la caratterizzazione geotecnica dei terreni sono state eseguite prove in laboratorio (prove di classificazione, prove edometriche, prove triassiali e di taglio diretto). In alcuni siti le prove penetrometriche sono state ripetute in diversi periodi dell’anno corrispondenti a periodi umidi e secchi e con l’uso di vari fluidi per la saturazione del filtro (oli di silicone e glicerina). 
 La percentuale di successo è stata calcolata come il rapporto tra il numero di intervalli correttamente classificati in una categoria di terreno e il numero totale di intervalli della categoria di terreno. Dalla ricerca sono state tratte le seguenti conclusioni (Lo Presti et al., 2009): • le percentuali di successo sono diverse a seconda delle varie carte di classificazione; • le carte di classificazione delle prove CPT (Begemann, Schmertmann e Searle) solitamente identificano terreni torbosi (78% di successo) e depositi saturi omogenei ma mostrano risultati insoddisfacenti nel caso di terreni limosi misti (limi, limi argillosi e sabbiosi e sabbie fini

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con limo) (0-28%) e con terreni con granulometrie molto diverse (es. argilla ghiaiosa); • per le prove CPT, il metodo Begemann e in particolare il metodo Schmertmann hanno ottenuto buone percentuali di successo in caso di argille tenere, argille organiche o sabbie. Il metodo Searle ha fornito percentuali di successo più basse. Tuttavia, i litotipi sono generalmente classificati come “adiacenti” o simili, pertanto gli errori di interpretazione che si osservano in tale metodo sono, in pratica, accettabili. L’aspetto interessante del metodo Searle è che si basa su un numero molto più ampio di classi. Tutti i metodi considerati hanno identificato correttamente i limiti stratigrafici. • Le prove CPTu hanno fornito una stima migliore del profilo stratigrafico del terreno rispetto alle prove CPT. Per alcuni metodi interpretativi la filtrazione dei dati ha migliorato enormemente la capacità di prevedere chiaramente il profilo stratigrafico del terreno. In alcuni casi sembra ci siano problemi nel rilevamento di strati sottili anche ricorrendo a prove CPTu. Tutti i metodi presi in esame identificano correttamente i limiti stratigrafici; con il metodo Begemann e in particolare con il metodo Schmertmann ci sono state buone percentuali di successo in caso di argille tenere, argille organiche o sabbie. • La carta di Robertson et al. (1986) identifica correttamente il 100% dei terreni organici, delle argille e delle sabbie, mentre la maggior parte dei terreni intermedi (quali limo argilloso e limo sabbioso) non sono riconosciuti, con percentuali di successo che vanno dal 50% allo 0%. • La carta di Robertson (1990) mostra risultati comparabili a quelli del diagramma precedente; • La carta di Eslami e Fellenius (1997) non presenta percentuali di successo elevate in caso di terreni misti, mentre nel caso di argilla e sabbia i risultati sono soddisfacenti (percentuale di successo fino al 100%). • La presenza di una crosta poco profonda e parzialmente satura (specialmente in caso di terreni a grana fine) ha portato a sovrastimare la dimensione della granulometria del terreno. Tale errore di interpretazione viene enfatizzato quando si utilizza il metodo Robertson (1990).

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• I risultati mostrano che le metodologie interpretative prese in considerazione dipendono strettamente dalle condizioni geologiche dei terreni su cui sono state create, pertanto non possono essere considerate come completamente affidabili. Inoltre, le prove penetrometriche necessitano di essere calibrate tramite log stratigrafici desunti da indagini geognostiche dirette. • Per fornire una corretta interpretazione, la classificazione stratigrafica basata sui dati delle prove CPT e CPTu richiede la conoscenza della storia geologica e della genesi del terreno. Nonostante ciò è possible fidarsi delle prove CPT e CPTu quando queste sono supportate dagli altri test e dalle informazioni disponibili sul sito esaminato. • Le prove CPT/CPTu possono essere utilizzate per effettuare correlazioni stratigrafiche e possono essere di grande aiuto per identificare unità geologiche a scopi ingegneristici e per costruire il modello geologico di un sito. Esse possono definire situazioni locali che necessitano di studi dettagliati. L’uso di prove CPT e CPTu per l’identificazione di litotipi e limiti stratigrafici viene talvolta complicato da numerosi impedimenti, nella fattispecie: • lo spessore minimo dello strato che può essere rilevato tramite la resistenza alla penetrazione; • la presenza di terreni parzialmente saturi, • la presenza di terreni costituiti con granulometria differente (ad es. argilla ghiaiosa), • la presenza di terreni misti (ad es. miscele di sabbia, di limo) • la ripetibilità delle prove in diverse condizioni climatiche.

E’ ampiamente accettato che le misurazioni della qc rappresentano la risposta localizzata del terreno vicino alla punta. Tuttavia, non sappiamo ancora quale porzione di terreno influenzi tali misurazioni, per poter essere in grado di stabilire lo spessore minimo dello strato che può essere analizzato mediante la resistenza alla penetrazione. Sulla base delle analisi numeriche e delle prove in camera di calibrazione, Vreugdenhil et al. (1994), Ahmadi e Robertson (2005) 48

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hanno tentato di rispondere a questa domanda. I lavori menzionati indicano unanimemente che tale spessore dipende dalla rigidità relativa di due strati contigui. In particolare, la resistenza alla penetrazione di uno strato tenero (argilla) sottostante a uno strato rigido (sabbia densa) è pienamente mobilizzata anche per spessori pari a 1-2 volte il diametro della punta, mentre è necessario uno spessore di 10-20 volte il diametro per mobilizzare pienamente la resistenza di uno strato rigido sottostante a uno tenero. Una delle limitazioni delle prove CPTu in terreni a grana fine contenenti inclusioni granulari, quali ghiaia grossa e ciottoli, consiste nel fatto che queste inclusioni possono distorcere l’interpretazione del terreno, causando una riduzione consistente della pressione dell’acqua interstiziale in grado di indebolire le prestazioni del filtro poroso, quando quest’ultimo è ubicato sopra la base del cono. Inoltre, le classi di terreni proposte da vari autori indicano una graduale transizione da terreni a grana fine a terreni a grana grossa. Un terreno composto da grani di dimensioni molto differenti (ad es. argilla ghiaiosa) non potrà essere interpretato correttamente. Un altro vincolo è costituito dalla difficoltà di applicare le carte di classificazione in terreni parzialmente saturi (specialmente terreni fini) a causa della pressione dei pori che modifica lo sforzo efficace. In queste condizioni, l’applicazione delle carte di classificazione conduce generalmente a sovrastimare le dimensioni granulometriche del terreno (Lo Presti et al. 2009). Tipicamente, le prove CPT e CPTu penetrano i materiali a grana fine in condizioni non drenate e quelli a grana grossa in condizioni drenate. Nessun metodo di valutazione delle proprietà dei materiali in condizioni drenate e non drenate derivanti da prove CPT/CPTu può essere applicato in modo attendibile ai terreni intermedi, la cui risposta alle prove CPT/ CPTu convenzionali è parzialmente drenata (Jaeger et al., 2010). Le possibilità di successo sono buone nel caso di terreni omogenei saturi, in particolare argilla tenera o terreni organici. Per le argille limose o le sabbie limose tenere le carte di classificazione forniscono una classificazione errata. I terreni intermedi sono tendenzialmente molto più difficili da differenziare (Ramsey, 2010; Lo Presti et al., 2010).

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Figura 20. Conoide alluvionale del Torrente Scuropasso. Profilo del terreno e caratteristiche geotecniche. qc: resistenza alla punta; u0: pressione interstiziale in situ ; u2: pressione interstiziale rilevata alla base del cono; fs: attrito sul manicotto; Rf: rapporto delle resistenze (fs/qc*100) IP: indice plastico; Wp: limite plastico; Wl: limite liquido.

Un altro problema è rappresentato dalla ripetibilità delle prove CPT e CPTu. Qc e fs dipendono dalle condizioni del sito, che sono legate alle condizioni climatiche del periodo in cui le prove si sono svolte. Un esempio è rappresentato dalle prove CPTu effettuate in periodi differenti nel conoide alluvionale del torrente Scuropasso (un affluente di destra del fiume Po proveniente dall’Appennino), nella provincia di Pavia (Italia del Nord). Il terreno è costituito da argille limose e limi argillosi molto eterogenei (CH, CL) fino ad una profondità di 19 m, sovrastanti depositi sabbiosi che contengono un acquifero semiconfinato (Fig.20). E’ presente una falda acquifera sospesa ad una profondità di circa 1,8 m. Le prove CPTu sono state ripetute, nello stesso sito, in diversi periodi dell’anno, es. periodo umido (13/06/2001) e secco (28/09/2001); in entrambi i casi il piezocono era saturo di grasso. Dai risultati ottenuti mediante le prove CPTu si può osservare che qc raggiunge valori prossimi a 7 MPa (periodo umido) e 4 MPa (periodo secco). A profondità maggiori essa diminuisce, mantenendo valori diversi nelle due prove fino a circa 2,8 m. Da questo punto in poi, i valori di qc sono uguali (2 MPa). I valori maggiori di qc nei depositi artificiali sono probabilmente dovuti alla presenza di materiale a grana grossa, solitamente riscontrato durante la prova CPTu1. I valori più elevati di resistenza penetrometrica nel periodo secco fino ad una profondità di quasi 3,0 m, sono tuttavia attribuibili a valori maggiori degli sforzi efficaci come effetto della 50

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parziale saturazione in tale periodo. La diversa tendenza di qc nei due periodi, altresì confermata dal rapporto delle resistenze Rf, sembra dimostrare lo spessore del terreno, che è sensibile alle variazioni del contenuto di umidità dovute agli effetti del clima (“zona attiva”). Per quanto riguarda la pressione interstiziale u2, prendendo in esame la prova CPTu1 (periodo umido) possiamo osservare valori ridotti vicino al piano di campagna (u < 25 kPa) e un aumento alquanto contenuto in profondità. D’altro canto, nella prova CPTu2 (periodo secco) si riscontrano valori negativi fino a 2,5 m (probabilmente connessi alla parziale saturazione) e un aumento di u a maggiore profondità. Ad ogni modo, la saturazione del filtro con grasso sembra non fornire in molti casi buone rilevazioni della pressione interstiziale. Le considerazioni di cui sopra hanno come ovvia conseguenza una sovrastima della classificazione del terreno (in termini granulometrici) quando si utilizzano i dati ottenuti nei periodi asciutti. In tempi recenti, sono stati sviluppati metodi di classificazione del terreno di tipo probabilistico per valutare le percentuali di argilla, limo e sabbia. In tali metodologie, basate su un approccio statistico, le incertezze vengono attribuite sia al comportamento meccanico del terreno che alla sua composizione. Zhang e Tumay (1999) hanno esaminato l’accuratezza della classificazione CPT tramite l’uso di due indici indipendenti: l’indice di classificazione del terreno e l’indice di stato in situ del terreno. In un secondo tempo, si è introdotto un approccio basato sulla “fuzzy logic”. Il metodo viene denominato di “Classe P” e utilizza la resistenza alla punta e l’attrito sul manicotto per valutare la probabilità di tipologia del terreno. Si tratta di un metodo completamente automatico e gestito con un software, disponibile e scaricabile gratuitamente dal sito web del Louisiana Transportation Research Center (LTRC) (http://www.coe/su.edu/cpt ). Kurup e Griffin (2006) hanno esaminato le capacità del modello della Rete Neurale Artificiale (ANN) basato sulla regressione per prevedere la composizione del terreno sulla base dei dati ottenuti con prove CPT.

5.2.Valutazione dei parametri del terreno I terreni sono materiali alquanto complessi che possono essere costituiti da un insieme ampio e diversificato di particelle di differenti dimensioni, mineralogia, distribuzione e struttura. Essi possono inoltre avere diverse origini geologiche (marina, lacustre, glaciale, residuale, eolica, deltizia, alluvionale, di estuario, fluviale, biochimica, etc.), soggette a lunghi periodi di processi ambientali, stagionali, idrologici e termici. Questi www.pagani-geotechnical.com

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aspetti hanno creato una complessità comportamentale del terreno, legata allo stato iniziale di sollecitazione geostatica, alla presollecitazione naturale, alla risposta non lineare sollecitazionedeformazione-resistenza, alle caratteristiche di drenaggio e di flusso, così come agli effetti reologici e agli effetti tempo-velocità. Si sono dunque identificati un cospicuo numero di parametri geotecnici diversi per quantificare il comportamento del terreno in termini ingegneristici. Nei paragrafi che seguono, saranno presentate alcune relazioni empiriche utilizzate per l’individuazione dei parametri di resistenza ottenuti a partire dalle prove CPT e CPTu. 5.2.1.Caratteristiche di resistenza 5.2.1.1. Sabbie Le prove penetrometriche statiche in terreni a grana grossa, come i terreni sabbiosi, avvengono generalmente in condizioni drenate. In tali condizioni, non dovrebbero esistere pressioni interstiziali eccessive causate dalla penetrazione del cono; viene dunque rilevata la pressione interstiziale statica in situ. La resistenza dei terreni viene controllata tramite l’inviluppo di rottura, spesso rappresentato con i parametri di Mohr–Coulomb : φ’ = angolo di resistenza al taglio efficace e c’ = coesione efficace. Per valutare φ’ partendo dalla resistenza alla punta, sono stati sviluppati vari metodi, che possono essere sostanzialmente riassunti nelle seguenti categorie: • Correlazioni empiriche o semi-empiriche (Kulhawy e Mayne, 1990; Jamiolkowski et al. 2001: Mayne, 2007) • Teoria della capacità portante (Robertson e Campanella, 1983) • Teoria dell’espansione delle cavità • Prove di laboratorio su campioni non disturbati di sabbia e ghiaia (si veda ad esempio Wride e Robertson 1999, 2000; Mimura, 2003; Lunne et al., 2003; Lee et al., 1999; Ghionna e Porcino, 2006) Ad ogni modo, l’approccio più consolidato è quello che prevede dapprima di desumere la densità relativa del deposito di terreno granulare dalla resistenza alla penetrazione (Jamiolkowski et al., 1985) e quindi di determinare l’angolo massimo di resistenza al taglio dalla densità relativa ottenuta secondo Schmertmann (1978) (Fig.21).

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1. 2. 3. 4.

φ' = 28 + 0.14 ⋅ D R (sabbia fine uniforme) φ' = 31.5 + 0.115 ⋅ D R (sabbia fine ben gradata – sabbia media uniforme) φ' = 34.5 + 0.10 ⋅ D R (sabbia media ben gradata – sabbia grossolana uniforme) φ ' = 38 + 0.08 ⋅ DR (ghiaia fine uniforme – sabbia e ghiaia limosa)

Figura 21. Densità relativa e angolo di resistenza al taglio del deposito di terreno granulare ottenute dalla resistenza alla penetrazione.

5.2.1.2.Resistenza al taglio non drenata delle argille Per le analisi di stato limite ultimo (SLU) di terreni a grana fine come le argille o i limi argillosi, le verifiche vengono convenzionalmente condotte a breve termine o in condizioni non drenate. In questo caso la resistenza del terreno è rappresentata dalla resistenza al taglio non drenata (su=cu). L’approccio classico di valutazione della su partendo dai risultati di una prova CPT è il seguente: su = (qt -︎σvo)/Nkt
 dove Nkt è un fattore di portanza. Un grande numero di studi e ricerche si sono concentrati sulla valutazione del valore di Nkt da impiegare per la determinazione sperimentale di su da una prova CPT (es. Keaveny e Mitchell, 1986; www.pagani-geotechnical.com

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Konrad e Law, 1987). I numerosi studi non hanno raggiunto conclusioni unanimemente condivise e tuttora sussistono margini di incertezza. Ciò è avvenuto, in parte, in quanto il valore di su non è unico, ma dipende dalla direzione del carico, dalla velocità di deformazione, dalle condizioni al contorno, dal livello di sollecitazione, dagli effetti di disturbo del campione e da altri fattori (Ladd, 1991). In effetti, per un dato terreno di argilla sono disponibili una serie di resistenze al taglio non drenate diverse tra loro. Per la misura della resistenza al taglio in laboratorio esistono varie prove e attrezzature tra cui CIUC, PSC, CK0UC, la prova di taglio diretto semplice (DSS), DS, PSE, CK0UE, UU, UC, e ancora la prova su campione cilindrico cavo, quella di vero triassiale e quella di taglio torsionale (Jamiolkowski et al., 1985; Kulhawy and Mayne, 1990). Ad ogni modo, viene comunemente accettata la scelta dei valori di Nkt all’interno della gamma di seguito riportata. D’altro canto, l’uso di prove CPT sulle argille fessurate è fortemente sconsigliato. Argilla tenera : Nkt = 14±4
 Argilla sovraconsolidata : Nkt = 17±5 Argilla fessurata : Nkt = 10÷30 In luogo dell’approccio classico, è possibile adottare un approccio alternativo di tipo razionale che si concentra sulla valutazione del σp’ dai risultati di una prova CPT. L’entità della tensione di preconsolidazione (σp′) viene definita unicamente come carico di snervamento dal grafico e-logσv’ ottenuto con una prova di consolidazione. D’altra parte, l’influenza della sovraconsolidazione sulla resistenza al taglio non drenata delle argille è ben nota e definita (es. Trak et al. 1980; Leroueil e Hight, 2003). Partendo dalla teoria del “Critical State Soil Mechanics” (CSSM), è possibile esprimere in forma normalizzata la modalità di taglio semplice (Mayne, 2007): su/σvo’DDS = 1⁄2 sinφ’OCR Λ
 dove Λ=1 - Cs/Cc = potenziale di deformazione volumetrica plastica Cs = indice di rigonfiamento Cc = indice di compressione vergine del materiale. Per molte argille con sensibilità da bassa a media, 0,7 <= Λ <= 0,8, mentre per argille sensibili e strutturate si può notare una gamma più ampia tra 0,9 <= Λ <= 1,0 . 54

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5.3. Fattori generali che influenzano l’interpretazione dei dati Prima di analizzare i dati ottenuti con prove CPT elettriche, è importante capire e tenere in conto i potenziali errori che ciascun dato potrebbe contenere (caratteristiche dell’attrezzatura, sollecitazioni in situ, compressibilità, cementazione e dimensione delle particelle, stratigrafia, velocità di penetrazione, collocazione dell’elemento per la misurazione della pressione interstiziale; Lunne et al., 1997). 5.3.1.Caratteristiche dell’attrezzatura I tre fattori principali legati alla conformazione della punta che influenzano l’interpretazione dei dati sono: 1. Effetti di disomogeneità dell’area. 2. Collocazione, dimensione e saturazione del filtro poroso 3. Precisione delle misurazioni Gli errori connessi alla forma dell’attrezzatura sono solitamente più significativi nel caso di penetrazione in terreni teneri, normalmente consolidati e a grana fine. I risultati delle prove nella sabbia sono lievemente influenzati dai fattori appena citati, fatta eccezione per possibili variazioni nella forza agente sul manicotto di attrito fs. 5.3.2.Sollecitazioni in situ I modelli teorici e gli studi in camera di calibrazione hanno dimostrato che la tensione orizzontale effettiva in situ, σ’ho, ha un effetto predominante sulla resistenza alla punta e sulla forza sul manicotto d’attrito. Pertanto, la storia geologica delle tensioni presenti nel deposito è di enorme importanza per l’interpretazione delle prove CPT. Purtroppo, spesso esistono soltanto dati di tipo qualitativo riguardanti tale storia, e le tecniche per misurare le tensioni orizzontali in situ non sono ancora molto affidabili, in special modo per quanto riguarda le sabbie. In genere uno scavo riduce la tensione orizzontale nel terreno adiacente. Anche un foro di sondaggio, se più vicino di 10-20 volte il diametro del foro, può ridurre la tensione orizzontale, a seconda delle condizioni del terreno. Inoltre, il costipamento statico e vibratorio o l’installazione di pali può modificare la tensione orizzontale.

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I carichi di superficie applicati (come per esempio riporti di superficie o il peso dell’attrezzatura CPT) possono inoltre aumentare la tensione effettiva. L’interpretazione dei dati delle prove CPT dovrebbe, almeno qualitativamente, tener conto di tali effetti, che potrebbero influenzare la tensione orizzontale. 5.3.3.Compressibilità, cementazione, e dimensione delle particelle La compressibilità dei terreni può influenzare significativamente qc e fs. Le sabbie ad alta compressibilità tendono ad avere una bassa resistenza alla punta e, in alcuni casi, alti rapporti delle resistenze.
 Alcune sabbie carbonatiche hanno rapporti delle resistenze che raggiungono il 3%, mentre le tipiche sabbie di quarzo non comprimibili hanno rapporti d’attrito pari a circa 0.5%. La compressibilità della sabbia durante la penetrazione del cono è altresì influenzata dalla compressione dei granuli. La cementazione tra le particelle riduce la compressibilità e quindi aumenta la resistenza alla punta. La cementazione è sempre possibile in situ ed è più probabile nei depositi di terreno più antichi. Quando la dimensione delle particelle di un terreno sottoposto a penetrazione diventa una frazione significativa del diametro del cono, la resistenza alla punta può aumentare improvvisamente a causa della diminuita compressibilità del terreno, in quanto il cono deve spostare tali particelle come unità rigide. Tale effetto tende a produrre picchi nel profilo della resistenza alla punta quando si incontrano particelle della dimensione della ghiaia. L’incontro con particelle molto grandi può far arrestare bruscamente la penetrazione o provocare un’improvvisa deflessione. La penetrazione in terreni ghiaiosi spesso produce un suono distinto sulle aste del cono. 5.3.4. Stratigrafia Anche se la prova CPT/CPTu rileva le caratteristiche meccaniche corrette in materiali uniformemente teneri o resistenti, la transizione da uno strato all’altro non verrà necessariamente registrata come un cambiamento improvviso. Le teorie sull’espansione delle cavità e sul percorso della deformazione unitamente a ricerche di laboratorio (Schmertmann, 1978; Treadwell, 1976) dimostrano che la resistenza alla punta è influenzata dal materiale posto davanti e dietro alla stessa. Ne deriva che la punta inizierà a percepire un cambiamento nel tipo di

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materiale prima materiale anche prova CPT/CPTu degli strati sottili

di raggiungerlo e continuerà a percepire un certo quando sarà a contatto con uno nuovo. Pertanto, la non sempre rileva le corrette proprietà meccaniche intercalati.

La distanza al di sopra della quale la punta avverte un‘interfaccia aumenta con la rigidità del materiale. In particolare, la resistenza penetrometrica di uno strato soffice (argilla) al di sotto di uno strato rigido (sabbia densa) è pienamente mobilitata anche per spessori di 1-2 diametri, mentre è necessario uno spessore di 10-20 diametri per mobilitare pienamente la resistenza di uno strato rigido sottostante uno soffice. Quindi, la resistenza alla punta può rispondere in modo più completo (vale a dire, raggiungere il valore corretto all’interno dello strato) in strati teneri sottili piuttosto che in strati rigidi sottili. Gli strati teneri più sottili di 100 mm possono essere pienamente rilevati tramite la resistenza alla punta, mentre quelli rigidi dovranno avere uno spessore di almeno 750 mm o più perché la resistenza alla punta raggiunga il suo valore corretto. La prova CPT/CPTu rileverà gli strati rigidi ma la resistenza di quest’ultimi potrà essere sottostimata se lo strato è inferiore a circa 750 mm. Sarà possibile rilevare la presenza di strati teneri di spessore 75-100 mm utilizzando la resistenza alla punta. Occorrerà dunque fare attenzione nell’interpretazione della resistenza alla punta in uno strato di sabbia sottile posto all’interno di un deposito di argilla tenera. 5.3.5. Velocità di penetrazione Gli effetti della velocità possono essere causati in qualche misura da fessure e frantumazione di particelle. In generale, tuttavia, gli effetti della pressione interstiziale sono predominanti e di massimo interesse, specialmente durante l’utilizzo del piezocono in terreni a grana fine. Normalmente, un aumento della velocità pari a dieci volte causa un aumento del 10-20% della resistenza alla punta nelle argille rigide e del 5-10% in quelle tenere. 5.3.6.Collocazione del filtro poroso per la misurazione della pressione interstiziale Le prove con piezocono sono consigliate per la misurazione della pressione interstiziale proprio sopra la base del cono (u2) per i motivi seguenti: • buona protezione contro il danneggiamento www.pagani-geotechnical.com

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• saturazione facile • in generale, buon dettaglio stratigrafico • in generale, buoni dati di dissipazione • collocazione corretta per determinare la qt.

5.4.Uso diretto delle prove CPT nel progetto di fondazioni superficiali e profonde 5.4.1.Cedimento di fondazioni superficiali (dirette) su terreni granulari La stima del cedimento è la modalità di verifica dello Stato Limite di Esercizio (SLE) di qualunque tipo di fondazione. L’approccio di Schmertmann (Schmertmann et al., 1978) consiste in un metodo semiempirico basato sul confronto tra le prove CPT e le prove di carico su piastra effettuate in una camera di calibrazione su campioni di sabbia ricostituiti. Conformemente agli Eurocodici e alla normativa tecnica italiana, viene considerato il valore caratteristico della rigidità del terreno (vale a dire un valore non corretto da qualunque fattore di sicurezza). In quanto ai carichi di servizio, in caso di cedimenti che si sviluppino in tempi rapidi, i carichi permanenti sono combinati con un’ampia percentuale (circa il 70 %) di carichi variabili (combinazione rara). Per cedimenti a lungo termine (cedimenti secondari) la combinazione considera una percentuale inferiore di carichi variabili, circa il 30 % (combinazione quasi permanente). Il profilo della resistenza alla punta rende possibile la valutazione della deformazione del terreno nell’ambito di un approccio elastico. Il modulo operativo di Young si ottiene con E = 2,5·qc per fondazioni circolari o quadrate e con E = 3,5·qc per fondazioni continue L ≥ 10·B (B = larghezza della fondazione). La profondità di influenza (strato comprimibile) è pari a 2B in caso di fondazioni circolari o quadrate e a 4B in caso di fondazioni continue. Lo strato comprimibile è dunque suddiviso in “n” substrati e per il computo del cedimento viene utilizzata l’espressione seguente:

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q = carico netto (vale a dire il carico totale meno la tensione geostatica verticale effettiva σ'v0 alla profondità corrispondente alla base della fondazione) ∆zi = spessore dello strato i Ei = modulo di Young medio per lo strato i Iz,i = il fattore di deformazione (si veda Fig. 22) dipende dalla forma della fondazione ed è stato dedotto dagli esperimenti nella CC. Il valore massimo del fattore di deformazione si trova a una profondità di B/2 per fondazioni quadrate o circolari e a B per fondazioni continue L ≥ 10·B. Il valore massimo è calcolato come 0,5 + 0,1·√(q/σ'vp), dove σ'vp è la tensione geostatica verticale effettiva a B/2 o a B a seconda della forma della fondazione.

Figura 22. Fattore di deformazione (Schmertmann et al., 1978)

Il coefficiente c1 tiene conto dell’incasso della fondazione, prende il valore di 1-0,5·(σ'v0/q) e deve essere maggiore o uguale a 0,5. Il coefficiente c2 tiene in conto il cedimento secondario (deformazione viscosa) ed è calcolato come 1+0,2·log(10·t), dove t è il tempo espresso in anni. Il metodo Schmertmann suppone che il tempo di consolidazione per fondazioni poco profonde su depositi di terreno granulare sia generalmente di circa 0,1 anni. In conformità agli Eurocodici e alla normativa tecnica italiana il tempo t rappresenta la vita nominale della www.pagani-geotechnical.com

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costruzione (ovverosia il numero di anni entro i quali sono richiesti solo i lavori di manutenzione ordinaria). Come già notato, la pressione netta per il computo del cedimento a lungo termine (deformazione viscosa) potrà essere diversa rispetto a quella utilizzata per il cedimento di consolidazione sui depositi granulari. Secondo i suggerimenti forniti da Schmertmann et al. (1978) e sulla base dell’esperienza personale degli autori del presente manuale, il cedimento calcolato con questo metodo sovrastima il cedimento reale da 2 a 4 volte almeno. Ad ogni modo, per fondazioni poco profonde completamente compensate, il carico netto è praticamente uguale a zero e dunque, in questo caso, il cedimento calcolato risulta trascurabile o nullo (in contrasto con la realtà). Il metodo esclude anche che lo spessore comprimibile possa essere (substrato roccioso superficiale) minore di quello ipotizzato. 5.4.2.Capacità portante di pali caricati assialmente in terreni granulari Il modo migliore per valutare la capacità portante di pali caricati verticalmente è effettuare un prova di carico utilizzando dei prototipi. Ad ogni modo, le prove CPT possono essere considerate, in scala ridotta e con alcune differenze, come l’infissione di un palo d’acciaio. D’altro canto, la resistenza alla punta e l’attrito sul manicotto possono rispettivamente essere considerati come la resistenza unitaria ultima alla base e per attrito laterale. La capacità portante di pali caricati assialmente è solitamente calcolata con le seguenti equazioni: Capacità portante(compressione):

Capacità portante (tensione): dove

e

qbu = resistenza finale unitaria alla base [FL-2],

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đ?œ?su = resistenza finale unitaria al fusto [FL-2] Wp = peso proprio del palo [F].

Le ipotesi implicite nell’equazione che precede sono le seguenti: • la resistenza alla base e quella laterale sono mobilitate per gli stessi spostamenti della testa del palo. Ciò è vero solo nel caso di pali infissi; • il palo ha forma cilindrica; • la medesima resistenza laterale unitaria è mobilitata sia in compressione che in trazione (non esistono prove sufficienti riguardo a questo aspetto).

Pali infissi Nel caso di pali infissi, la resistenza unitaria ultima alla base può essere calcolata secondo Meyerhof (1976). qbu =qt mentre la resistenza laterale ultima unitaria può essere calcolata secondo De Beer (1985):

đ?œ?su =qt/200 quando qt ≼20MPa đ?œ?su =qt/150 quando qt ≤10MPa Pali trivellati qbu =

�⋅qt

Nel caso di pali trivellati, la resistenza ultima unitaria alla base è mobilitata solo per uno spostamento estremamente ampio della testa del palo, quindi il calcolo si basa su un valore critico corrispondente allo spostamento relativo (s/D) pari a 0,05. Secondo Jamiolkowski e Lancellotta (1988) la resistenza alla base può essere calcolata con la seguente equazione:

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Il parametro

�

decresce con l’aumento del diametro del palo (D) e si

può ricavare dalla Fig. 23.

Figura 23. Parametro � (Jamiolkowski e Lancellotta 1988)


La resistenza laterale unitaria ultima può essere calcolata con l’equazione seguente: qbu =βâ‹…qt I valori del parametro ︎β possono ricavare dalla Figura 24.

Figura 24. Valori del parametro β Alsamman (1995) 62

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In conformità agli Eurocodici e alla normativa tecnica italiana, il valore caratteristico della resistenza alla base e laterale del palo si ottiene riducendo i valori, calcolati mediante le equazioni precedenti, di un fattore di correlazione (definito in normativa) che, a sua volta, dipende dal grado di conoscenza del sottosuolo. In particolare, la riduzione dei valori calcolati decresce in maniera significativa con il numero di indagini. In pratica, un piccolo aumento dei costi di indagine può ridurre in maniera consistente i costi di costruzione. Il valore di progetto della resistenza alla base e laterale si ottiene applicando fattori di sicurezza parziali. Le azioni, per essere confrontate con la capacità portante del palo ai fini della valutazione dello stato limite di servizio, vengono amplificate per mezzo di fattori di sicurezza parziali appropriati e rappresentano una combinazione adeguata di carichi permanenti e variabili.

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6. Attività di ricerca innovative Il presente capitolo descrive essenzialmente due attività di ricerca compiute dagli autori del presente manuale (Lo Presti et al, 2010; Squeglia e Lo Presti, 2010).

6.1. Uso delle prove CPT e CPTu per l’elaborazione del profilo di terreni “intermedi”: un nuovo approccio Il problema della classificazione errata di terreni intermedi (limo, limo argilloso, limo sabbioso, ecc) è generalmente risolvibile mediante prove di dissipazione (Robertson, 1990), in grado di facilitare in maniera significativa l’identificazione del tipo di comportamento del terreno, ma che spesso richiedono molto tempo. Lo Presti et al, 2010, hanno proposto un nuovo approccio sperimentale più rapido, basato sull’utilizzo di due prove CPTu realizzate lungo verticali contigue ma aventi differenti velocità di penetrazione. La prima prova viene effettuata alla velocità di penetrazione standard (2cm/s), mentre per l’altra si utilizza una velocità inferiore (1cm/s). La penetrazione continuerà a verificarsi in condizioni di parziale drenaggio anche impiegando la velocità ridotta. In queste condizioni, basandoci sui risultati illustrati nel paragrafo precedente è possibile prevedere che: • nei terreni “intermedi”, sia l’attrito sul manicotto sia la resistenza alla punta aumentino, mentre la pressione interstiziale diminuisce; • nelle “argille” e nelle “sabbie”, gli effetti di cui sopra non si manifestino. Sarà dunque possibile identificare i terreni “intermedi” confrontando, con una scala adeguata, i risultati delle due prove.
 Nella pratica, sembra più utile fare riferimento alle variazioni che riguardano l’attrito sul manicotto e la pressione interstiziale piuttosto che la resistenza alla punta. In realtà, l’aumento della resistenza alla punta è meno evidente, perché mentre questa aumenta quando ci si avvicina alle condizioni drenate, decresce con la pressione interstiziale. Le prove CPTu sono state eseguite in due siti differenti, al fine di verificare il metodo proposto e, più specificatamente, di osservare l’influenza di differenti velocità di penetrazione sui risultati della prova in differenti tipi di terreno. Sono state dunque effettuate due prove CPTu

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contigue in ogni sito con l’utilizzo di due diverse velocità di penetrazione (2 cm/s e 1 cm/s). La distanza in piano tra la prova CPTu standard e quella eseguita utilizzando una velocità di penetrazione ridotta era di circa 1 m. In ogni sito, era disponibile anche un sondaggio. La distanza in piano tra la prova CPTu e l’ubicazione del sondaggio era di 4 m. Le Figure 25 e 26 mettono a confronto la stratigrafia dedotta dall’interpretazione della prova CPTu standard per mezzo del grafico di Robertson (1990) e quella ottenuta dal sondaggio. Le Figure 27 e 30 mostrano un confronto dei risultati ottenuti in ciascun sito con velocità di penetrazione standard e ridotte. Il sito 1 corrisponde a depositi alluvionali-lacustri del fiume Serchio a Paganico (Lucca - Toscana). Lo strato superiore, di spessore variabile, consiste principalmente in un deposito alluvionale di sabbie limose o limi sabbiosi che ricopre il deposito lacustre (argilla e argilla limosa) (Fig. 25).
 Le prove CPTu confrontate raggiungevano una profondità massima di circa 6 m. 
 L’interpretazione della prova CPTu effettuata con velocità standard (Fig. 25) mediante il metodo di Robertson (1990) permette di identificare correttamente i “limi sabbiosi”, i “limi argillosi” e la “sabbia e ghiaia”; solo i “limi argillosi-sabbiosi” (da 2m a 3m) sono classificati erroneamente. Il sito 2 corrisponde ai sedimenti continentali-marini della pianura costiera di Livorno (Toscana), depositatisi durante numerosi cicli di ingressione e regressione del mare (Fig. 26). 
 Le prove CPTu confrontate raggiungevano una profondità massima di circa 21 m.

La prova CPTu è stata interpretata mediante il metodo di Robertson (1990); ottenendo una classificazione corretta della maggior parte dei terreni testati. Solo i terreni intermedi (5,1-7,5 m e 10- 10,5 m) mostrano risultati insoddisfacenti.
 E’ possibile prendere in considerazione le seguenti ipotesi di lavoro: per qualunque tipo di terreno e per le velocità di penetrazione considerate (2 cm/s e 1 cm/s) è possibile presupporre condizioni di drenaggio parziale; • per la velocità di penetrazione standard (2 cm/s) è possibile attuare una semplificazione presumendo “condizioni non drenate” per le www.pagani-geotechnical.com

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argille, “condizioni drenate” per le sabbie e “condizioni parzialmente drenate“ per terreni intermedi; • la velocità di penetrazione ridotta dovrebbe causare una riduzione dell’attrito sul manicotto e della resistenza alla punta a causa degli effetti di deformazione viscosa, che possono inoltre provocare un aumento della pressione interstiziale; • la velocità di penetrazione ridotta dovrebbe produrre un aumento della resistenza alla punta e dell’attrito sul manicotto quando ci si avvicina alle condizioni di drenaggio. Per il medesimo motivo, è possibile prevedere una riduzione della pressione interstiziale in caso di riduzione della velocità di penetrazione; • in conclusione, se si utilizza una velocità di penetrazione ridotta, è prevedibile un aumento della resistenza alla punta e dell’attrito sul manicotto nei terreni intermedi, se gli effetti connessi alle condizioni di drenaggio prevalgono sugli effetti di deformazione viscosa. E’ prevedibile anche una riduzione della pressione interstiziale; si osserveranno gli effetti derivanti dalla riduzione della velocità di penetrazione nei limi sabbiosi-argillosi ed effetti piuttosto trascurabili nelle argille e nelle sabbie. Le Figure 27 e 30 mostrano le variazioni di qc, fs e u2 osservate sperimentalmente nel caso di prova CPTu effettuata a velocità di penetrazione ridotta nei due siti. Le variazioni sono espresse in percentuale e sono calcolate dopo l’applicazione di una media mobile basata su 10 valori. Alcuni valori estremi sono probabilmente dovuti all’eterogeneità del suolo locale. Alcuni aumenti o diminuzioni sistematici dei valori misurati ci permettono di trarre conclusioni preliminari. 
 Più specificatamente, la penetrometria più lenta, eseguita a Paganico, mostra (Figure 27 e 28): • da 0 a 2 m una diminuzione della pressione interstiziale (-138 %), un aumento della resistenza alla punta (30 %) e dell’attrito sul manicotto (40 %), come era prevedibile nei limi sabbiosi; • da 2 a 4,5 m variazioni trascurabili della resistenza (7-9 %) e della pressione interstiziale (3%), probabilmente dovute alla presenza di terreni argillosi-limosi (Fig.25); • da 4,5 fino alla fine della prova si sono riscontrate forti differenze di qc, fs e u2 tra l’indagine standard e quella più lenta. Tali cambiamenti 66

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non sono dovuti alla velocità di penetrazione differente, ma all’eterogeneità litologica locale. Nel sito di Livorno il confronto tra le due prove penetrometriche evidenzia gli intervalli seguenti (Figure 29 e 30): • da 5 a 10 m (sondaggio: terreni intermedi) esiste un incremento della resistenza alla punta (43 %) e dell’attrito sul manicotto (46 %) mentre la pressione interstiziale decresce (-129 %); • da 10 a 15 m (sondaggio: terreni argillosi) la variazione di qc (2 %), fs (-4%) e u2 (18 %) sembra trascurabile, come era prevedibile; • da 15 m alla fine della prova (sondaggio: terreni sabbiosi) le differenze tra le e prove sono probabilmente dovute alle differenze litologiche locali.

Figura 25. Sito 1 (Paganico). Prova CPTu Standard (2 cm/s) confrontata con un sondaggio eseguito nelle immediate vicinanze

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Figura 26. Sito 2 (Livorno). Confronto tra una provaCPTu eseguita alla velocitĂ di penetrazione standard (2 cm/s) e un sondaggio eseguito nelle immediate vicinanze.

Figura 27. Sito 1 (Paganico). Variazioni di qc, fs e u2 tra 2 cm/s e 1 cm/s espresse in percentuale

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Figura 28. Paganico. Confronto tra la velocità standard (linea rossa) e la velocità più bassa (linea nera).

Figura 29. Sito 2 (Livorno). Variazione percentuale di qc, fs e u2 tra 2 cm/s e 1cm/s

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Figura 30. Livorno. Confronto tra la velocità più bassa (linea nera) e la velocità standard (linea rossa).

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6.2.Uso delle prove CPT per la valutazione del grado di costipamento necessario per il movimento di terreni a grana fine E’ stata sviluppata e verificata una nuova procedura per la valutazione del grado di compattazione dei rilevati in terreni a grana fine. Il metodo proposto si basa principalmente sulle ipotesi seguenti: • la resistenza alla punta (qc) non è influenzata dal diametro di quest’ultima, dunque è prevedibile rilevare la medesima qc (nello stesso terreno alle medesime condizioni) utilizzando un cono standard di diametro 35,7 mm e un mini penetrometro di diametro 8 mm; • la resistenza alla punta misurata in sito mediante un penetrometro standard [qc(standard)] e quella misurata in una mini camera di calibrazione (mini CC) utilizzando un mini penetrometro [qc(mini)] in assenza di deformazione laterale, sono le stesse per lo stesso terreno, con la medesima densità e tensione verticale efficace; Se le ipotesi di cui sopra sono vere, sarà possibile misurare la qc(mini) in laboratorio mediante campioni ricostituiti alla densità prescritta in una fustella Proctor e consolidati a differenti pressioni verticali. Ci aspettiamo che la qc(standard) misurata in sito sia la stessa qc(mini) per lo stesso terreno con la stessa densità e tensione verticale efficace. Quindi, possiamo (a priori) stabilire il valore atteso della q c corrispondente a una densità prescritta. Le ipotesi sono state verificate sperimentalmente e il metodo proposto applicato a un caso reale, vale a dire la costruzione dell’argine di un fiume di 4 m di altezza. Il materiale costruttivo è stato classificato da A4 ad A6 in conformità a AASHTO M 145 (1991).
 L’applicazione pratica del metodo ha fornito una verifica ulteriore e definitiva circa la correttezza delle ipotesi indicate sopra. Di fatto, i campioni “indisturbati” erano stati prelevati con metodi differenti presso l’argine del fiume, fornendo una valutazione diretta della densità del terreno in sito. Una procedura simile viene descritta da XP P 94-063 (1997) e XP P 94-105 (2000). Tale procedura è applicata a terreni a grana grossa e richiede la costruzione di un argine di prova con attuazione di prove di penetrazione dinamiche. Questa procedura è applicata al controllo del grado di compattazione dei rinterri (trincee, scavi) (Setra – Lcpc 1994, 2007).

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E’ utile notare che esistono pochi studi specifici circa i criteri prestazionali degli argini dei fiumi. Conseguentemente, nella maggior parte dei casi si adottano le stesse prescrizioni di progetto utilizzate per rilevati stradali o per le dighe in terra, con controllo del tipo di materiale e del grado di costipamento. 6.2.1. Attrezzatura L’attrezzatura consiste in: • due piatti collegati da tre tiranti; • un pistone ad aria fissato sul piatto inferiore; • una fustella Proctor, che rappresenta la mini CC. La fustella contiene il terreno di prova costipato alla densità desiderata ed è ubicato tra il pistone ad aria e il piatto superiore. Il pistone ad aria applica una pressione verticale sul terreno contenuto nella fustella Proctor attraverso una piastra rigida. Il contrasto viene fornito dal piatto superiore. La fustella ha un diametro interno di 152,4 mm e un’altezza di 116 mm; • il piatto superiore ha una boccola che permette il passaggio del mini penetrometro. Il motore elettrico per la spinta del mini penetrometro ad una velocità costante di 2 cm/s è fissato alla piastra superiore. L’impianto è dotato di una coppia di sensori per controllare la corsa del mini penetrometro (posizione superiore e inferiore); • Il mini penetrometro è provvisto di una punta di diametro 8 mm con un angolo alla punta di 60°. • L’area della punta è dunque uguale a 50,27 mm 2 . Il mini penetrometro è provvisto di involucro esterno per evitare la misurazione dell’attrito laterale. La resistenza alla punta è misurata in continuo mediante una cella di carico (max 5kN, precisione 5N), ubicata proprio sopra al mini 
 penetrometro. I dettagli dell’attrezzatura descritta sono illustrati nella Fig. 31.

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Figura 31. Schema dell’attrezzatura. Sulla destra, si veda in dettaglio il mini penetrometro.

Ovviamente, per ogni valore di resistenza alla punta è necessario applicare al terreno di prova una pressione verticale minima, per garantire l’equilibrio della forza.
 Per informazioni aggiuntive sull’attrezzatura, si vedano Carelli (2009) e Vuodo (2009).

6.2.2.Valutazione sperimentale delle ipotesi operative Per verificare le ipotesi operative, sono stati condotti due differenti tipi di attività sperimentali. Il primo step è stato quello di verificare se la qc(mini) fosse uguale alla qc(standard) nelle stesse condizioni in sito. A tal fine, sono state condotte prove di penetrazione mediante una punta conica standard e una di piccolo diametro nello stesso sito, a poca distanza una dall’altra. Nel secondo step, si è verificata l’ipotesi secondo la quale gli effetti delle dimensioni della mini camera possono essere considerate trascurabili. A tal fine, si sono eseguite alcune prove nella mini CC con il mini penetrometro, utilizzando la sabbia del Ticino (TS) www.pagani-geotechnical.com

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come terreno campione. Esiste un’ampia letteratura riguardante le prove di penetrazione statiche (CPTe) svolte nella CC su campioni TS ai quali si riferiscono i risultati delle prove svolte nella presente ricerca (si veda Baldi et al. 1986, Jamiolkowski et al. 2000, 2001). 6.2.3.Valutazione in situ Quattro prove con punta conica standard e quattro con mini penetrometro sono state realizzate a Calendasco (PC – Italia) su limi sabbiosi asciutti. Le prove si sono svolte a poca distanza l’una dall’altra (circa 1m). L’inviluppo superiore e inferiore ottenuti con le due differenti punte sono illustrati nella Fig.32. Non esiste alcuna discrepanza sistematica tra i risultati ottenuti con le due diverse punte.

Figura 32. Risultati prodotti dalle prove in situ

6.2.4. Valutazione in laboratorio Si è proceduto all’esecuzione di prove penetrometriche con l’ausilio di un mini penetrometro su campioni TS ricostituiti a una densitĂ relativa data (circa il 50%) nella mini CC e consolidati in condizioni BC3 (assenza di deformazione laterale) sottoposti a una pressione verticale data (100 á 400 kPa). Nello specifico, per i test è stata utilizzata la cosiddetta TS4 (đ?›ždmin = 13.91 kN/m3; đ?›ždmax = 17.00 kN/m3). Nei

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test, il rapporto tra il diametro della mini CC e il diametro del cono (Dc/ dc) è pari a 19,5. I risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in una CC piĂš ampia con l’ausilio di un cono standard in condizioni BC1 (tensioni verticali e orizzontali constanti). In queste prove, Dc/dc = 33.6. La Figura 33 mostra alcuni esempi tipici di resistenza alla punta con le profonditĂ nella mini CC. In un caso, la resistenza alla punta raggiunge un valore costante, nell’altro essa è in continuo aumento. Secondo una pratica ben radicata, si è scelto come valore di riferimento la resistenza alla punta a metĂ altezza della CC (Garizio, 1997).

Figura 33. Alcune misurazioni nella mini CC

Si sono utilizzate per confronto le correlazioni fornite per la TS da Baldi et al. (1986) e da Jamiolkowski et al. (1988). In particolare, si è determinata la resistenza alla punta nella CC piĂš ampia con un cono standard mediante l’Equazione 1 che segue:

dove C0, C1 e C2 sono coefficienti empirici rispettivamente uguali a 172, 0.51 e 2.73. Il termine

đ?œŽď¸Žâ€™v0

rappresenta la pressione verticale applicata

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e Dr è la densità relativa del campione nella mini CC. La Fig.34 mostra il confronto.
 Esistono molti motivi per supporre che la qc(mini) nella mini CC debba essere differente della qc(CC) in quella più ampia. In particolare: • Il rapporto Dc/dc è differente. Per questo motivo, ci si attende che la qc(mini) sia inferiore alla qc(CC).
 Per prendere in conto questo aspetto del fenomeno, sono state suggerite molte relazioni (Mayne & Kulhawy, 1991, Tanizawa, 1992, Garizio, 1997), ma senza raggiungere un punto di vista condiviso; • le prove sono state eseguite con il mini penetrometro nella mini CC in condizione BC3. Invece, le prove nella CC più ampia sono state eseguite in condizione BC1, maggiormente rappresentativa delle condizioni di un argine. Per questo motivo, prevediamo anche che la qc(mini) > qc(CC). Sfortunatamente, non esistono prove sperimentali sufficienti per quantificare questo effetto; • la CC più ampia ha contorni flessibili (vale a dire attrito pari a zero). Al contrario, la mini CC ha contorni rigidi e quindi attrito molto grande. Per questo motivo, prevediamo che la qc(mini) < qc(CC).

Figura 34. Confronto dei risultati ottenuti nella mini CC con l’equazione 1

Alla luce delle considerazioni che precedono, sarà possibile supporre che per la densità relativa scelta esista una sorta di effetto di compensazione dei fenomeni richiamati all’interno dell’intervallo di pressione 100 – 300 kPa, in modo che qc(CC)/qc(mini) sia uguale circa a 1. E’opportuno ricordare che l’intervallo indicato contiene il livello di 76

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sollecitazione considerato nel caso reale discusso nel prossimo paragrafo.

6.2.5. Applicazione del metodo a un caso reale 6.2.5.1. Indicazioni di progetto Le principali indicazioni di progetto possono essere riassunte come segue: • per la costruzione dell’argine si dovrà utilizzare un materiale classificato da A4 ad A6, in conformità a AASHTO M 145 (1991); • si dovrà realizzare in strati di 30 cm di materiale compattato; • il grado di compattazione dovrà corrispondere a un peso di volume secco non inferiore al 90% della densità ottimale, senza alcuna specificazione circa il valore ottimale da considerare (Proctor Standard o Proctor Modificato). E’ opportuno notare che, in seguito a una stagione particolarmente umida, caratterizzata da precipitazioni intense e continue, quando la costruzione dell’argine è stata iniziata, la falda acquifera era alla base dell’argine. Il contratto non conteneva nessuna prescrizione specifica che prendesse in considerazione tale condizione avversa e indicasse eventuali contromisure. 
 6.2.5.2.Tipo di terreno e classificazione Si è proceduto all’esecuzione delle prove seguenti su numerosi campioni del materiale da impiegare, al fine di controllarne la qualità: • Proctor Standard (Fig.35) • Proctor Modificato (Fig.35) • Distribuzione granulometrica (Fig.36) • Proprietà indici (Limiti di Atterberg) (Tabella 4)

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Tabella 4. Limiti di Atterberg Campione

WL [%]

WL [%]

PI %]

C1

31

24

6.5

C2

28.7

20

8.7

C3

28.7

18.6

10

C4

29

19.6

9.4

C5

26.1

19.1

7

C6

25.8

18.2

7.6

Figura 35. Risultati delle prove di compattazione

Figura 36. Curve granulometriche 78

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6.2.5.3.Controllo del grado di compattazione Il grado di compattazione è stato controllato come segue: • sono state eseguite prove CPTe in laboratorio su provini ricostituiti a due densità differenti corrispondenti al 80 e 90% del valore ottimale (Proctor Modificato). Per ciascuna densità, sono stati riconsolidati numerosi provini a diverse pressioni verticali. Ovviamente, le prove sono state eseguite con il mini penetrometro. Per ciascuna densità, i dati sono stati interpolati mediante l’equazione qc=C0 (z)c1; • sono state eseguite prove CPTe con cono standard in situ lungo tre differenti verticali dell’argine. A questo scopo, abbiamo utilizzato un penetrometro statico/dinamico TG63-200 di Pagani Geotechnical Equipment (Pagani 2009); • Nello stesso sito in cui si svolgevano le prove CPTe, sono stati prelevati campioni indisturbati (o parzialmente disturbati). In particolare, sono stati prelevati tre campioni cubici superficiali. Inoltre, è stato utilizzato in due punti un campionatore speciale continuo (carotiere AF) (Principe et al. 1997, 2007). Il primo campione continuo si estendeva fino a una profondità di 340 cm, il secondo solamente a 90cm, a causa di un guasto dell’apparecchiatura. Il carotiere AF è un’apparecchiatura molto leggera (trasportabile a mano) che permette di ottenere micro carote di lunghezza fino a 10 m, continue e parzialmente disturbate. Nel caso oggetto di studio, sono state prelevate carote di diametro 38 mm. La penetrazione dell’apparecchiatura e l’altezza della sommità del campione sono stati frequentemente monitorati per rendere conto di un costipamento del campione durante le operazioni di carotaggio. E’ stato anche misurato il diametro della carota dopo estrazione. La Figura 37 mostra il profilo delle prove CPTe in situ, le curve d’interpolazione della resistenza alla punta sperimentale rilevata in laboratorio, il peso unitario secco dei campioni “indisturbati” espresso come percentuale della densità ottimale (Proctor Modificato) e la fine dell’argine.

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Figura 37. Risultati delle prove in situ. I valori numerici relativi ai punti si leggono nell’asse inferiore.

E’ possibile osservare che i valori della resistenza alla punta misurati in laboratorio e in situ sono congruenti gli uni con gli altri, in considerazione della densità secca determinata in situ.
 Anche il valore molto basso della resistenza alla punta rilevata alla base dell’argine è piuttosto evidente, com’era prevedibile in seguito al contenuto di acqua molto consistente del primo strato, che era probabilmente maggiore di 30 cm. 6.2.5.4. Conclusioni Il metodo proposto è stato applicato con successo come rapido strumento di controllo della densità dell’argine di una cassa di espansione.
 Gli autori ritengono che sia necessario avviare ricerche specifiche per definire chiaramente i criteri di progetto degli argini dei fiumi. Probabilmente, i dettagli costruttivi e il tipo di terreno sono più rilevanti del grado di costipamento.
 Ad ogni modo, il metodo proposto sembra applicabile a qualunque lavoro in terra che coinvolga terreno a grana fine.

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8. TERMINI E DEFINIZIONI Anello allargatore 
 Allargamento locale e simmetrico del diametro di un’asta di spinta per ridurre l’attrito lungo le aste. Apparecchiatura di spinta 
 Apparecchiatura per infiggere il penetrometro statico e le aste nel terreno ad una velocità di penetrazione costante
 NOTA: La forza di reazione necessaria all’apparecchiatura di spinta può essere fornita da veicoli zavorrati e/o ancoraggi al suolo. Aste interne 
 Aste solide che scorrono all’interno delle aste di spinta e che trasferiscono le forze dal cono e, opzionalmente, dal manicotto di attrito, al sistema di misurazione. Aste di spinta 
 Parte di una batteria di aste volte a trasferire le forze al penetrometro statico. Carico litostatico σvo
 Pressione dovuta al peso totale degli strati di terreno alla profondità della base del cono Cono 
 Parte conica terminale della punta penetro metrica sulla quale si sviluppa la resistenza alla punta. NOTA Quando il penetrometro viene infisso nel terreno, la resistenza alla penetrazione della punta viene trasferita tramite il cono dalle aste interne al dispositivo di misurazione al livello del suolo. Deriva dello zero 
 Differenza assoluta tra le letture dello zero di un sistema di misurazione all’inizio e dopo il completamento di una prova penetrometrica statica. Elemento filtrante 
 Elemento poroso posto nel penetrometro statico che trasmette la pressione interstiziale ad un apposito sensore mantenendo la geometria del penetrometro statico. Forza agente sul manicotto di attrito Fs
 Forza ottenuta sottraendo la forza misurata sulla punta dalla forza rilevata sul cono e sul manicotto di attrito

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Lettura di riferimento 
 Lettura di un sensore immediatamente prima che il penetrometro entri nel terreno o subito dopo che il penetrometro si è staccato da esso. Lunghezza di penetrazione l 
 Somma delle lunghezze delle aste di spinta e del penetrometro statico ridotta dell’altezza della parte conica, relativa ad un piano fisso orizzontale
 NOTA: Il piano fisso orizzontale solitamente corrisponde ad un piano orizzontale attraverso la superficie del terreno nel luogo di svolgimento della prova. Manicotto di attrito 
 Sezione del penetrometro in cui viene determinata la resistenza di attrito laterale locale. Penetrometro statico 
 Insieme contenente cono, manicotto (opzionale), collegamento alle aste di spinta e dispositivi di misurazione per la determinazione della resistenza alla penetrazione della punta e, se applicabile, la resistenza totale e/o l’attrito laterale locale. Pressione idrostatica uo 
 Pressione interstiziale originaria in situ alla profondità del filtro Pressione interstiziale in eccesso ∆u1, ∆u2, ∆u3 
 ∆u1 = u1-u0 ∆u2 = u2-u0 ∆u3 = u3-u0 Pressione interstiziale aggiuntiva a livello del filtro causata dalla penetrazione del penetrometro nel terreno. Pressione interstiziale in eccesso normalizzata U 
 Pressione interstiziale in eccesso durante una prova di dissipazione rispetto alla pressione interstiziale in eccesso iniziale Pressione interstiziale nel momento t durante la prova di dissipazione Ut 
 Pressione interstiziale nel momento t durante la prova di dissipazione Pressione interstiziale iniziale u1 
 Pressione interstiziale rilevata all’inizio della prova di dissipazione

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Prova di penetrazione continua 
 Metodologia di prova in cui la resistenza alla punta viene misurata m e n t r e i l c o n o e l e a s t e d i s p i n t a ava n z a n o n e l t e r r e n o contemporaneamente ed alla stessa velocità. Prova penetrometrica discontinua 
 Metodo di prova in cui la resistenza alla penetrazione del cono e, opzionalmente, l’attrito sul manicotto vengono misurati durante un fermo delle aste di spinta. Prova di dissipazione 
 Misura della variazione nel tempo della pressione interstiziale presente ad una data profondità, allorché si arresta la penetrazione. Prova penetrometrica statica CPT
 Infissione di una punta meccanica o elettrica alla fine di una serie di aste cilindriche di spinta nel terreno ad una velocità di penetrazione costante Prova CPTm meccanica 
 Prova CPT in cui le forze sono misurate meccanicamente o elettricamente a livello del terreno Prova CPTe elettrica 
 Prova penetrometrica statica in cui le forze vengono misurate elettricamente nella punta penetrometrica Prova penetrometrica con piezocono CPTu 
 Prova CPT elettrica con misurazione della pressione interstiziale nel piezocono Prova con piezocono sismico SCPTu 
 Piezocono con la possibilità aggiuntiva di effettuare rilevamenti della velocità di propagazione delle onde sismiche soprattutto in configurazione down-hole Profondità di penetrazione z 
 Profondità della base del cono relativa ad un piano fisso orizzontale
 NOTA: la profondità di penetrazione non può essere determinata con una prova CPT meccanica, in quanto l’inclinometro non esegue la misurazione per la correzione della profondità. Rapporto di pressione interstiziale Bq 
 Rapporto tra la pressione interstiziale in eccesso nella posizione del filtro U2 e la resistenza netta alla punta 88

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Rapporto delle resistenze Rf
 Rapporto tra la resistenza di attrito laterale locale e la resistenza alla punta rilevati alla stessa profondità, espresso in percentuale:
 Rf = fs/qc x 100%
 NOTA: In alcuni casi viene utilizzato il rapporto di attrito inverso chiamato indice di attrito. Rapporto delle resistenze corretto Rn 
 Rapporto della resistenza unitaria di attrito laterale rispetto alla resistenza alla punta corretta misurata alla stessa profondità Rapporto delle resistenze netto Rfn 
 Rapporto tra la resistenza di attrito laterale e la resistenza netta alla punta Rapporto delle aree an 
 Rapporto tra l’area del cono non influenzata dalla pressione interstiziale (An) e l’area totale della punta (Ac). Resistenza di attrito laterale corretta ft 
 Attrito rilevato sul manicotto fc corretto in base agli effetti della pressione interstiziale Resistenza alla penetrazione del cono 
 Resistenza statica
 Resistenza alla penetrazione del cono Resistenza di attrito totale Qst 
 Forza necessaria per superare l’attrito laterale sulle aste di spinta quando queste vengono infisse nel terreno.
 NOTA: La forza di attrito laterale totale si ottiene sottraendo la forza esercitata sul cono (Qc) dalla forza di penetrazione totale rilevata (Qt): 
 Qst = Qt - Qc Resistenza alla punta qc
 Rapporto tra la forza rilevata, Qc, sul cono e l’area di base del cono, Ac: qc = Qc/Ac NOTA La resistenza alla penetrazione della punta rilevata tramite prova CPTm meccanica può differire da quella rilevata tramite prova CPTe elettrica. Resistenza alla punta corretta qt 
 Resistenza alla punta misurata qc corretta per gli effetti della pressione interstiziale www.pagani-geotechnical.com

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Resistenza netta alla punta qn 
 Resistenza alla punta rilevata corretta in base alla pressione litostatica del terreno Resistenza di attrito laterale locale fs 
 Forza, Fs, agente sul manicotto di attrito divisa per la superficie del manicotto: fs = Fs/As NOTA La resistenza di attrito laterale rilevato tramite una prova CPTm meccanica può differire da quello rilevato tramite prova CPTe elettrica. Rugosità media di superficie Ra 
 Deviazione media tra la superficie reale della sonda e un piano medio di riferimento collocato lungo la superficie della sonda Spinta totale Qt
 Forza necessaria per spingere nel terreno contemporaneamente la punta penetrometrica e le aste di spinta. Sistema di misurazione 
 Tutti i sensori e i componenti ausiliari utilizzati per trasferire e/o immagazzinare i segnali generati durante la prova penetrometrica statica.
 NOTA: La forza sul cono e, se applicabile, la resistenza di penetrazione totale e/o l’attrito sul manicotto, vengono misurate con manometri o sensori di carico elettrici. Verticalità 
 Deviazione del penetrometro statico dalla verticale.

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Simbolo Definizione Ac

area del cono

an

rapporto di superficie netta della punta ottenuto mediante test triassiale

An

area del cono non influenzata dalla pressione interstiziale

As

area del manicotto d’attrito

Asb

area trasversale della parte inferiore del manicotto d’attrito

Ast

area trasversale della parte superiore del manicotto d’attrito

Bq

rapporto della pressione nei pori

c’

coesione efficace

Cc

indice di compressione vergine

Cinc

fattore di correzione dell’inclinazione del penetrometro statico rispetto all’asse verticale

Cs

indice di rigonfiamento

cu

Uguale a su=resistenza a taglio non drenata

d2

diametro del manicotto d’attrito

dc

diametro della parte cilindrica del cono

Dcone

diametro del cono a un’altezza specificata

dfil

diametro del filtro

DR

densità relativa della sabbia

Fs

forza misurata sul manicotto d’attrito

fs

resistenza di attrito laterale

ft

resistenza di attrito laterale corretta

hc

altezza della sezione conica del cono

he

lunghezza dell’estensione cilindrica del cono

L

lunghezza di penetrazione

ls

lunghezza del manicotto d’attrito

Nkt

fattore di portanza per la valutazione della resistenza a taglio non drenata

Qc

forza misurata agente sul cono

qc

resistenza alla punta misurata

qe

resistenza alla punta effettiva

qn

resistenza alla punta netta

qt

resistenza alla punta corretta

Ra

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Rf

rapporto delle resistenze

Rfn

rapporto delle resistenze netto

Rft

rapporto delle resistenze corretto

t

tempo

t50

tempo necessario per la dissipazione della pressione interstiziale al 50%

U

pressione interstiziale in eccesso normalizzata

u

pressione interstiziale

u1

pressione interstiziale nella parte anteriore del cono

u2

pressione interstiziale nello spazio tra il cono e il manicotto

u3

pressione interstiziale misurata sopra il manicotto d’attrito

u0

pressione idrostatica

ut

pressione interstiziale nel tempo t durante la prova di dissipazione

Vs

velocitĂ delle onde di taglio

z

profonditĂ di penetrazione

zw

soggiacenza della falda acquifera

∆1, ∆2, ∆3

pressione interstiziale in eccesso nelle posizioni 1, 2 e 3 del filtro

�

angolo totale misurato tra l’asse verticale e l’asse del penetrometro statico

�x, y

angolo tra l’asse verticale e la proiezione del penetrometro statico su un piano verticale fisso

đ?›˝

angolo tra l’asse verticale e la proiezione del penetrometro statico su un

đ?œ‘’

angolo di attrito efficace

�d

peso di volume secco

�w

peso di volume dell’acqua

đ?œŽâ€™ho

pressione geostatica orizzontale efficace

đ?œŽâ€™p

tensione di preconsolidazione

đ?œŽvo

Pressione totale

đ?œŽâ€™vo

Carico litostatico efficace

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piano verticale perpendicolare al piano dell’angolo

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�


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