Personaggio
Ugo Padovese e don Antonio Scottà figli illustri della città del Lemene
Inserto speciale
Ambient’Azione in Porto, piccolo festival dell’ambiente
Portogiovani
Masha Costa e l’emozione di indossare la maglia azzurra

In copertina
Personaggio
Ugo Padovese e don Antonio Scottà figli illustri della città del Lemene
Inserto speciale
Ambient’Azione in Porto, piccolo festival dell’ambiente
Portogiovani
Masha Costa e l’emozione di indossare la maglia azzurra
In copertina
Cosa stiamo facendo per sviluppare delle buone prassi di gestione delle aree verdi, pubbliche e private, e perché farlo è così importante?
Abbiamo appreso che l’uomo e la natura devono coesistere in simbiosi e non ci può essere una prevaricazione dell’uno sull’altra?
Forse per queste domande non abbiamo ancora risposte certe, ma non v’è dubbio che la strada da seguire sia solo quella.
Dal nostro mare alla cucina del tuo ristorante.
Tang. E. Mattei 14/D Fraz. Summaga 30026 Portogruaro (VE) 0421 276795
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RILANCIARE LE TRADIZIONI ENOGASTRONOMICHE CHE HANNO RESO UNICO E RICONOSCIBILE IL VENETO ORIENTALE
Si è tenuta proprio ieri al Palacubo di Pramaggiore la manifestazione “Gusti e Sapori” a cura del Consorzio delle Pro Loco del Veneto Orientale che, sebbene al banco di prova in quanto alla sua prima edizione, ha riscosso grande successo e, soprattutto, è stata occasione per rimarcare che la strada della valorizzazione delle nostre eccellenze, anche in campo enoico e gastronomico, è una di quelle che meglio di altre sostiene la promozione della nostra area, sia verso un pubblico locale (che cerca occasioni di aggregazione e di riscoperta delle usanze), sia verso un turismo emergente (sempre più interessato all’esperienza ed alla conoscenza delle culture di altri luoghi attraverso i prodotti della vigna e della tavola).
Ed a dimostrarlo non è stato solo il grandissimo afflusso di pubblico, che ha potuto degustare i vari piatti e vini tipici e tradizionali, ma anche il fatto che all’iniziativa fossero presenti tutti i Sindaci dei Comuni coinvolti e le rispettive Pro Loco (Annone Veneto, Caorle, Cinto Caomaggiore, Concordia Sagittaria, Portogruaro, Pramaggiore, San Michele al Tagliamento, San Stino di Livenza, Teglio Veneto, Torre di Mosto), le Confraternite Enogastronomiche (Enoclub Portogruaro, Confraternita dea renga, UCET Unione Circoli Enogastronomici del Triveneto) nonché l’Associazione Amici delle De.Co. (certificazioni del settore agroalimentare che hanno la funzione di legare un prodotto o le sue fasi realizzative ad un particolare comune). C’era effettivamente l’imbarazzo della scelta nei piatti da poter degustare: dalla brondua e la renga alla concordiese, all’oca in umido e polpette di coniglio in salmì, ma anche il riso coi sciopetins o il pesce di stagione caorlotto, oltre che la trippa, il mus, la stratagliata, le lumache in umido e la pinza. Il tutto in abbinamento con una selezione dei rinomati vini doc del LisonPramaggiore. Presente anche una sezione dedicata alla mostra “Colli Veneti in un click”, promossa dalla Regione del Veneto e da Unpli Veneto.
Enogastronomia e turismo
Non è la prima volta, e non sarà di certo l’ultima, che da queste pagine ci spendiamo per esaltare iniziative come questa. Se vogliamo che la Venezia Orientale riesca ad acquisire una propria identità ed a conquistarsi un posto da vera e propria destinazione turistica, è giusto che le nostre Amministrazioni pubbliche, gli Enti e le Imprese comincino a puntare di più su queste proposte che attirano grande interesse e partecipazione. I dati ce lo dicono chiaramente: da un recente studio di Confartigianato, presentato nei giorni scorsi a Roma, si ha avuto la conferma che nel 2024 in Italia abbiamo aumentato le presenze turistiche (sostenute in gran forza dagli stranieri) del + 2,5%, e che sono aumentate principalmente nel periodo invernale (+ 7,9%) e nelle piccole
località e borghi (che rappresentano ora il 20,7% del totale). La così detta “Food Experience” occupa ormai il 15,3% del totale delle attività dei viaggiatori europei, muovendo oltre 20 milioni di persone. Il nostro territorio è direttamente interessato da tutti questi temi, è
prioritario quindi fare rete e promuovere progetti come “Gusti e Sapori” che contribuiscono a perpetrare le tradizioni e ad incrementare i visitatori. Auguriamo quindi un buon lavoro alle Pro Loco, ed attendiamo la seconda edizione della manifestazione.
Direttore Responsabile: Vincenzo Zollo In redazione: Maurizio Conti, Elisa Leandrin, Roberto Raspatella, Tommaso Rossato, Federica Spampinato, Giovanna Tinunin Foto: per l’editoriale “Gusti e Sapori” si ringrazia Deborah Moro, per l’inserto speciale “Ambient’Azione” si ringrazia Federico Pilli “LA PAROLA A...” è una rubrica di inserzioni promozionali redazionali a pagamento. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere utilizzata in alcun modo, incluse le inserzioni pubblicitarie che sono di proprietà dell’editore che ne vieta la riproduzione anche parziale con qualsiasi mezzo. Manoscritti, fotografie e disegni anche se non pubblicati, non si restituiscono. Portogruaro.Net lascia agli autori degli articoli l’intera responsabilità delle loro opinioni; garantisce la riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione, scrivendo o telefonando alla redazione. L’editore rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto di copyright su testi o immagini che non è stato possibile contattare. Stampa: Centro Servizi Editoriali Distribuzione gratuita © Copyright 2005-2025 Portogruaro.Net VISYSTEM EDITORE by TVO srl Borgo San Gottardo,55 - 30026
CONOSCERE PER PIANIFICARE, IL DIALOGO NECESSARIO PER UNA BUONA MANUTENZIONE DEGLI SPAZI VERDI PUBBLICI E PRIVATI
Sarà la primavera, sarà il successo della seconda edizione del piccolo festival dell’ambiente “Ambient’azione” a Portogruaro – in una sola domenica due gruppi di volontari canoisti hanno raccolto oltre 200 kg di rifiuti via terra e via Lemene –, saranno le Giornate FAI di Primavera che aprono palazzi e giardini in paesi e città di tutta Italia: in questo periodo dell’anno sembra che la coscienza collettiva di cittadine e cittadini in materia di cura , manutenzione e rispetto per flora e fauna si risvegli definitivamente, pronta a non sopirsi mai più.
Se è vero che l’essere umano non è l’ospite non gradito del pianeta, è altrettanto vero che non sta agendo per smentire questa tesi: la transizione da modelli estrattivi a modelli rigenerativi nell’ecosistema è ancora qualcosa di indefinito.
In questo momento storico fortemente orientato alla dematerializzazione, in cui siamo portati a frequentare ambienti di relazione sempre più virtuali e digitali, decidere di volgere l’attenzione alle cose della natura è una rivendicazione di padronanza del proprio tempo. È così che la nostra esperienza diretta sul verde – l’attenzione, la cura, il giardinaggio o la responsabilità ambientale in genere – agisce come una sorta di memoria antica e ci ricorda che abbiamo il potere di trasformare un ecosistema, e possiamo decidere di farlo a favore di esso.
Per esempio, agire sulla natura per contenerla, ordinarla e recintarla –ma anche celebrarla! – ci ha portato a creare i giardini . Spazi deliberatamente progettati e coltivati, che organizzavamo già nel 4000 a.C., diventati poi anche luoghi di sosta e ricreazione, luoghi di contemplazione, espressioni artistiche o architettoniche e, in generale, un simbolo della coscienza individuale che prende forma.
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Da agenti di perturbazione (inquinamento di aria, acqua, suolo; frammentazione degli habitat naturali con aree urbane e agricole; introduzione di specie aliene invasive) possiamo diventare agenti rigenerativi Come?
Conosci il tuo giardino?
“Il giardino è visto oggi come fonte di impegno, ma dovrebbe essere visto come fonte di insegnamento”. Inizia così il suo racconto Roberto Davide Valerio, titolare di Bejaflor (Vivaio e spazio d’arte a Portogruaro), di professione giardiniere, Presidente dell’associazione portogrua rese Alberiamo.
Fresco di una laurea presso l’Accademia delle Belle
Arti, Valerio ha appena discusso una tesi di laurea dal titolo
“La maieutica del giardino”, che lascia intendere la sua visione del giardino come generatore di dialogo e di conoscenza.
Roberto, cos’è la maieutica del giardino?
Così come Socrate pensava che la conoscenza fosse già presente nell’individuo e che il suo compito fosse solo quello di facilitarne l’uscita, così anche il verde è una fonte di conoscenza. Il rapporto tra il giardiniere e lo spazio verde è un dialogo continuo. Per esempio, possiamo accompagnare il giardino ad avere una propria forma anziché imporgliene una predefinita. L’azione che facciamo nei nostri giardini è una fonte di apprendimento perenne. Dovrebbe stimolare la nostra curiosità, farci desiderare di conoscere le piante che ci sono per poterle curare meglio e prendere decisioni migliori.
Stai dicendo che per gestire il proprio giardino ci vuole un piano strategico?
Il verde, in generale, deve essere conosciuto. Questo vale tanto nel privato, quanto nel pubblico. Se a una persona manca il desiderio di conoscere cosa c’è nel proprio giardino, come può sapere cosa serve a una determinata pianta, come curarla, come gestirla? O, ancora prima: come può decidere cosa piantare? Quindi sì, ci vuole una strategia. Prima la conoscenza, poi la strategia. A volte gli alberi vengono piantati senza pensare alla loro chioma e in generale allo spazio di cui avranno bisogno. Questo vale anche per il verde pubblico.
È questo il motivo alla base della proliferazione degli alberi capitozzati nella nostra zona?
Sì e no, dipende. La capitozzatura, nata in ambito agricolo per la produzione della legna, è una pratica di potatura drastica che rimuove il frequentate sono la destinazione conoscere le nostre aree verdi e le
vogliono ottenere.
E le aiuole?
Il principio è lo stesso: bisogna conoscere il contesto, il terreno, il sistema di irrigazione. Bisogna conoscere le piante e le loro fasi di fioritura. Il nostro è un territorio di bonifica, che ha una buona disponibilità di acqua che garantisce approvvigionamento idrico e terreni fertili. Bisogna però considerare il sistema delle acque, la gestione degli sfalci, la gestione dei rifiuti verdi per trasformarli in risorsa anziché scarto, la concimazione da fare o quella da non fare…
Cosa proponi?
Più qualità e meno quantità. Non piantiamo alberi ovunque senza poter assicurare loro un’adeguata crescita. Non piantiamo alberi solo per fare numero.
Neanche quelli per i nuovi nati?
Sì, anche se è diverso: in quel caso è
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PER RICORDARLI È STATA RICHIESTA DI RECENTE
L’INTITOLAZIONE DI UN LUOGO DELLA CITTÀ
CHE NE PERPETUI LA MEMORIA
Portogruaro è conosciuta an che come “Città d’Arte e di Cultura”, definizione dovuta non solo alle varie opere d’arte presen ti nelle chiese cittadine e nelle piazze o allo splendore degli edifici storici ma anche al fatto che la Città del Lemene ha dato i natali a vari personaggi che con la loro attività intellettuale hanno contribuito a farne conoscere la storia e la bellezza.
Fra i figli illustri della città sono cer tamente da annoverare Ugo Padovese e don Antonio Scottà ricordati lo scor so anno in occasione del novantesi mo anniversario della loro nascita su iniziativa di undici associazioni: ADS Rete di Solidarietà, ANDOS Associa zione Nazionale Donne Operate Seno, AMVO Associazione Migranti Venezia Orientale OdV, APAL Associazione Pensionati Anziani Lugugnana OdV, Associazione Accordi, Associazione Culturale Giovanni Lorenzin, Asso ciazione Viviamo Summaga, Caritas Portogruaro, Centro Documentazione Aldo Mori, Fondazione Calasanzio, UTE Università della Terza Età del Portogruarese, che hanno anche invia to una lettera al Sindaco di Portogrua ro per chiedere si cogliesse l’occasione per intitolare a questi due meritevoli concittadini un luogo visibile che ne perpetui la memoria. Nello specifico le sale di lettura della Biblioteca Comu nale dove si trovano alcune loro opere e altre attendono, da anni, di essere ac colte, in particolare il pregevole e pre zioso "Fondo Scottà".
28 marzo 1934 – 11 marzo
dimenticabile la sua rubrica “Annotazioni”) dove ha svolto gli ultimi anni della sua carriera giornalistica. don Antonio Scottà non si può dimenticare la sua grande passione per la storia e il supporto alle posizioni di sostegno alla venezianità del Portogruarese. Senza dimenticare due grandi opere sulla Prima Guerra Mondiale: “I vescovi veneti e la Santa Sede nella guerra 1915-1918” e “Benedetto XV, la pace e la , in La conferenza di pace di Parigi fra ieri e domani, 19191920, Atti del convegno (PortogruaroBibione 31 maggio-4 giugno 2000).
Grande è stata la partecipazione all’incontro svoltosi all’interno della Biblioteca comunale nel corso del quale ci sono state le testimonianze di persone che hanno conosciuto Padovese e Scottà in vari momenti, a vario titolo e per
In particolare, il professor Alessio Alessandrini ha descritto la figura di Ugo Padovese ricordandone l’impegno come cronista in un giornalismo antico quando non esistevano mail o cellulari ma ancora si usavano i dimafoni e quindi la comune condivisione nella
A Roberto Soncin è toccato il compito di parlare di don Scottà sottolineando la grande attenzione nella comprensione del mondo giovanile ma anche l’impegno nella vita sociale e culturale
Tutte e due le storie sono state raccolte in una pubblicazione intitolata: “UNA
C’è un’espressione che tutti conosciamo: “fare la propria parte”. A volte suona come una formula di comodo, un modo per scaricare sul singolo la responsabilità di processi enormi. Ma se la si prende sul serio, può diventare il principio di una rivoluzione. Non una rivoluzione fragorosa, da barricate e proclami, ma una che nasce nel quotidiano, nei gesti ripetuti, nelle scelte di ogni giorno. Una “rivoluzione del piccolo”.
È proprio da questa consapevolezza che è nato nel 2024 Ambient’Azione in Porto. Piccolo festival dell’ambiente a Portogruaro, festival che ha appena chiuso la sua seconda edizione e che, già dal nome, racconta un’urgenza e un metodo: l’ambiente non è qualcosa che possiamo più
permetterci di osservare da lontano, come se fosse un problema da esperti o da governi. È un’azione, un insieme di movimenti, di relazioni, di responsabilità diffuse. È un modo di stare al mondo.
Il piccolo come scelta
Perché definirsi “piccolo”? Non è una questione di dimensioni (in fin dei conti, il programma di quest’anno contava una trentina di eventi), né un esercizio di modestia. È una dichiarazione di intenti. Viviamo in un’epoca che pensa in grande, che misura il successo in crescita, che ha fatto della volontà di potenza la sua grammatica fondamentale. Il piccolo, invece, è ciò che resiste alla tentazione di dominare. È un’idea di trasformazione che non nasce dall’imposizione, ma dalla cura, dalla persistenza, dalla creazione di legami.
Pensiamo al consumo di suolo: in Italia, ogni giorno vengono cementificati circa 19 ettari di territorio, l’equivalente di 26 campi da calcio che spariscono sotto asfalto e cemento. Costruiamo incessantemente, spesso senza necessità, mentre i centri storici si svuotano e le periferie si allargano a macchia d’olio. La retorica
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del grande, dell’espansione senza limiti, si traduce così in una perdita continua di spazi verdi, in un progressivo distacco dalla terra, in un consumo insostenibile di risorse. Ma cosa succederebbe se ribaltassimo la prospettiva? Se invece di costruire sempre di più, imparassimo a prenderci cura di ciò che già esiste? Se il progresso fosse inteso non come accumulo, ma come equilibrio? Lo stesso discorso vale per il consumo in generale. Solo per fare un esempio, ogni anno, nel mondo, vengono prodotti circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili e solo l’1% degli abiti viene riciclato per diventare nuovi vestiti. Il fast fashion ci ha abituati a un ritmo di acquisto frenetico, a prezzi irrisori che nascondono costi umani e ambientali enormi. Eppure, basterebbe poco per invertire la rotta: comprare meno, scegliere meglio, riscoprire il valore della riparazione. Ogni volta che riutilizziamo, che scambiamo, che ridiamo vita a un oggetto, stiamo scegliendo un altro modo di stare nel mondo. E il piccolo, ancora una volta, fa la differenza. Come scriveva il filosofo Bruno Latour, il problema della modernità è stato credere che la natura fosse una grande macchina da ottimiz-
Cerimonie
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Digitalizzazione filmati
Fototessere anche a domicilio
Foto regalo e gadget
zare o dominare. Abbiamo separato il mondo umano da quello naturale, come se potessimo esistere
al di fuori di esso, come se potessimo intervenire dall’alto, manipolare, correggere, estrarre, senza pagarne mai le conseguenze. Il risultato è stato un’illusione di controllo che si sta sgretolando sotto i nostri occhi: il cambiamento climatico, l’inquinamento, la perdita di biodiversità ci ricordano che non siamo spettatori né padroni, ma parte di una rete intricata di connessioni, di interdipendenze, di fragilità condivise.
Un altro filosofo che si occupa di pensiero ecologico, Timothy Morton, parla di "iperoggetti" per definire fe -
nomeni come il cambiamento climatico: troppo grandi, troppo pervasivi per essere affrontati con le logiche del passato. Non possiamo più pensare di risolvere la crisi ecologica con qualche innovazione tecnologica miracolosa o con politiche che puntano solo all'efficienza senza toccare le cause profonde del problema. Dobbiamo cambiare la nostra relazione con il mondo, passare dalla logica del dominio alla logica della convivenza. Significa accettare che non possiamo controllare tutto, ma che possiamo imparare a coesistere con il pianeta in modo più rispettoso, più consapevole, più giusto.
Comunità, non solitudine
Il piccolo è anche ciò che si costruisce insieme. Ambient’Azione in Porto non è il frutto di un singolo soggetto, né un evento calato dall’alto: è una rete di associazioni, di cittadini, di
energie che si connettono. In un’epoca segnata dall’iperindividualismo e dalla frammentazione sociale, creare uno spazio di confronto e di azione comune è già, di per sé, un atto politico (nel senso più alto del termine).
Non è un caso che il festival non si limiti a conferenze o dibattiti, ma si esprima attraverso laboratori, passeggiate, performance. Il sapere qui non è qualcosa che si trasmette da un palco, ma qualcosa che si vive, che passa per il corpo, per l’esperienza diretta. È una conoscenza che non pretende di risolvere tutto, ma che apre possibilità, che genera domande. Il recupero di abiti usati, il ricamo collettivo, la pulizia del fiume Lemene,
imparare ad accendere correttamente la stufa di casa, conoscere meglio il proprio territorio e la sua storia per proteggerli in modo più consapevole sono tutti atti semplici, eppure fondamentali. Non cambiano il mondo in un giorno, ma insegnano qualcosa di essenziale: siamo parte di un tutto, e quel tutto ci riguarda.
Coltivare il proprio giardino
Alla fine del Candide di Voltaire, dopo mille avventure e disillusioni, il protagonista trova la sua risposta: “bisogna coltivare il nostro giardino”. Questa frase è stata letta in molti modi, spesso con un’accezione individualista, come se significasse “pensare solo al proprio orticello” o “farsi gli affari propri” mentre il mondo brucia. Ma il giardino di cui parla Voltaire non è un recinto privato: è un’opera collettiva, uno spazio di cura reciproca, un ambiente condiviso che cresce solo se tutti contribuiscono.
Il senso di questa immagine è che non possiamo restare inermi davanti
alla complessità del mondo aspettando soluzioni dall’alto, ma nemmeno rifugiarci in un piccolo gesto individuale come se bastasse da solo. L’azione personale ha valore solo se si intreccia con quella degli altri, se diventa parte di un impegno comune. Il giardino che dobbiamo coltivare non è solo metaforico: è la città in cui viviamo, il fiume che attraversa i nostri territori, il suolo che decidiamo di proteggere invece di cementificare. È la comunità che creiamo attraverso ogni gesto di attenzione e responsabilità.
Ambient’Azione in Porto è questo: un invito a rimboccarsi le maniche, a costruire, a immaginare un altro modo di stare insieme. Senza la presunzione di cambiare tutto, ma con la certezza che ogni gesto conta.
UNO DEGLI INTERNATI MILITARI ITALIANI (I.M.I.), EROI SPESSO DIMENTICATI CHE RIFIUTARONO DI COMBATTERE AL FIANCO DEI
Una delle pagine più tristi del Novecento è sicuramente rappresentata dalle due Guerre Mondiali. Per l’Italia particolarmente tragica la Seconda Guerra che ci vide sconfitti e invasi e che fu caratterizzata dalla disgregazione delle nostre forze armate, in particolare dell’Esercito, dopo l’8 settembre del 1943.
Una disgregazione causata anche dalla vergognosa fuga di Vittorio Emanuele III e di Umberto II che lasciarono Roma e abbandonarono il Paese per mettersi in salvo presso gli Alleati. Come per Caporetto, anche l’8 settembre 1943 è una data che segnò delle catastrofi immani, ma la data del 1943 portò all’abbandono di interi reparti del nostro Esercito, soprattutto dislocati nei Balcani, e a delle tragedie come quella dello sterminio da parte dei tedeschi della Divisione Aqui a Cefalonia.
Dopo l’Armistizio i tedeschi posero i nostri soldati davanti ad una scelta: combattere ancora a fianco dei Nazisti oppure l’internamento in Germania, non come prigionieri di guerra ma appunto come Internati Militari Italiani (I.M.I.). Furono 650.000 (il numero varia e alcuni studiosi parlano di quasi 800.000) i soldati che rifiutarono di continuare a combattere e accettarono la deportazione, fra essi anche alcuni nomi celebri quali: Alessandro Natta ( L’altra Resistenza. I militari italiani internati in Germania, Einaudi 1997), Giovannino Guareschi ( Diario clandestino 1943 – 1945 , Rizzoli 1949) e Carlo Azeglio Ciampi. Il loro ricordo è custodito dall’A.N.E.I. (Associazione Nazionale Ex Internati) che a Padova ha dato vita anche al Museo Nazionale dell’Internamento.
Anche il Portogruarese ha avuto uomini che hanno perso la vita nei campi di internamento come Amedeo Morassutto (Portogruaro 06/11/1924 – Hemer/ Germania 01/03/1945). Una storia triste e commovente ma allo stesso tempo meravigliosa quella di questo ragazzo partito da Giussago di Portogruaro per arruolarsi giovanissimo nel 25° Reggimento Artiglieria “Assietta” del Regio Esercito e catturato dai tedeschi subito dopo l’8 settembre e internato nello Stalag II A di Neubrandenburg, dove gli venne assegnato il numero di matricola 104070. Dalla prigionia Amedeo riuscì a spedire quattro cartoline, tre alla famiglia e una ad un amico, prima di morire ad Hemer per pleurite TBC il giorno 1.3.1945 alle ore 17.00 a pochi giorni dalla fine della guerra. Ad annunciare la scomparsa di Amedeo fu il Tenente Cappellano Padre Lega, unica persona ad aver visto Amedeo morire, che alla
stazione dei Carabinieri di Bassano del Grappa confermò il decesso con una deposizione rilasciata: “il decesso del soldato Amedeo Morassutto è avvenuto per pleurite TBC il giorno 1.3.1945 alle ore 17.00. Egli è stato curato premurosamente dai medici italiani, dr. Leopoldo Faretra di Foggia e dal dr. Berti Giuseppe di Ravenna, munito dei conforti religiosi e assistito personalmente da me; in forma privata fu da me comunicata al Sindaco di Portogruaro in data 4 ottobre 1945 la morte del
detto militare prigioniero”. Una notizia che ovviamente sconvolse i familiari e in particolare la mamma che finché restò in vita (1975) volle che il nipote Amedeo, a cui era stato dato lo stesso nome dello zio (ma conosciuto a Giussago con il soprannome di “Ninetto”),
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portasse ogni anno un fiore ai piedi del campanile di Giussago. Ma il legame familiare era troppo forte perché il tempo potesse nasconderlo anche per le generazioni di nipoti che senza averlo conosciuto ne portavano nel cuore la forza del ricordo dei racconti di famiglia e del dignitoso dolore intravisto negli occhi dei cari. Grazie al contatto con il signor Roberto Zamboni (fondatore del sito “dimenticati di Stato”) nel 2023 i nipoti Sara ed Amedeo cominciano, quindi, a porre le basi per il rimpatrio dello zio, la cui salma nella seconda metà degli anni ’50 era stata inumata nel Cimitero militare italiano d’onore di Francoforte sul Meno. Fu l’inizio di un percorso che coinvolse il Ministero della Difesa, il Consolato d’Italia a Francoforte sul Meno, e il Comando Forze Operative Nord nella figura del Maggiore Giuseppe Merulla, il Comune di Portogruaro e l’ANARTI. Grazie all’opera di tutte queste persone ed enti i resti di Amedeo Morassutto hanno potuto rientrare in patria ed essere tumulati il 6 novembre del 2024, proprio nel giorno del centenario della sua nascita, nel cimitero di Giussago dove finalmente Amedeo riposa ora accanto alla madre Amabile che oltre al dolore della morte del figlio soffrì fino alla fine dei suoi giorni la mancanza di un posto dove poterlo piangere.
Un eroe delle nostre terre, dunque, al quale prima della tumulazione si è voluto rendere omaggio da parte degli studenti di alcuni istituti scolastici della città del Lemene di fronte ai quali ha sostato il feretro con le spoglie di Amedeo.
Masresha Costa nasce ad Addis Abeba (Etiopia) il 26 febbraio 2002. Viene adottato all’età di 5 anni da Antonella e Andrea, residenti a Portogruaro. Attualmente si allena a Rubiera, seguito dal campione olimpico Stefano Baldini, il “Dio di Maratona”.
Quando hai capito che il mezzofondo era fatto per te?
La passione per l’atletica non è nata da me. Ero innamoratissimo del calcio come tutti i bambini. In prima media mio papà mi fece notare che il mio fisico esile e leggero era perfetto per l’atletica. “Facciamo un anno di prova - mi disse -, poi se non ti piace torni a giocare a calcio”. Ho fatto un anno di prova. Ero iscritto alla Libertas Sanvitese A.L., seguito da Luigi Caravano. Le cose sono andate bene, non mi allenavo chissà quanto ma i risultati arrivavano, soprattutto nelle gare di resistenza. Non nascondo che sia stata dura. La voglia era poca, ma ero spinto dall’aspettativa di mio papà. Non volevo deluderlo.
E poi?
Iniziò a piacermi sempre di più, l’adrenalina e la competizione nelle gare mi hanno fatto innamorare. Vedi che puoi essere tra i migliori e quindi dai il massimo. Mi sono iscritto al Friulintagli Brugnera, sotto l’ala di Ezio Rover. Gli allenamenti erano sempre più duri, ma alleggeriti dal fatto che si era creato un bel gruppo di mezzofondo, fondamentale in una disciplina che a livello mentale richiede un impegno costante. Il primo titolo italiano l’ho vinto con Ezio. Ho continuato per altri quattro anni, indossando la mia prima maglia azzurra nel 2021, a Nairobi.
Nel 2024 ho svoltato la mia vita, mi alleno con Stefano Baldini. Mi segue sempre, da mattina a sera. I risultati sono arrivati presto, nel 2024 un oro al Cross Corto e due argenti in Indoor. Oltre che il record personale di 3.38, un dato che per una promessa come me è uno dei tempi più forti mai raggiunti in Italia.
Hai qualche rituale pre-gara?
Il riposino post pranzo è la mia arma segreta. Sono molto competi -
ALLE MEDIE ARRIVA L’ATLETICA. SUDERÀ MILLE CANOTTE FINO AD ARRIVARE AI MONDIALI DI NAIROBI NEL 2021: “È STATO COME RITORNARE A CASA”.
tivo, odio perdere e la gara la soffro molto a livello mentale. Per esempio, gara alle sette di sera? dopo pranzo dalle 14 alle 16 devo dormire. Meno penso alla gara, meno energie spendo.
Il ricordo più bello?
Gli 800 metri ai mondiali di Nairobi, nel 2021. Sono arrivate a casa le
valige della Nazionale, un’emozione pura. Eravamo in due per l’Italia. Di per sé la gara non è andata benissimo. Le aspettative erano altre, ma non ha giocato a favore l’altitudine (1.800 s.l.m): se non sei abituato non respiri. L’esperienza me la sono goduta a pieno, ho conosciuto persone da tutto il mondo, cavandomela con il
mio inglese italianizzato.
Quello meno bello?
Da ottobre 2024 fino a metà gennaio 2025 è stato il periodo più brutto. Un problema alla bandelletta (struttura fibrosa che stabilizza il ginocchio durante la corsa e nei movimenti laterali, ndr) mi ha fermato per un mese e mezzo. Le abbiamo provate tutte tra fisioterapia e allenamenti. Appena ho risolto la bandelletta, neanche il tempo di gioire e mi è partito il tendine di Achille. Un periodo infernale.
Chi ti supporta in gara?
A livello morale la mia squadra e l’allenatore mi aiutano un sacco. Inoltre, è importante il supporto tecnico. In Italia si distinguono gli atleti supportati dai corpi armati militari da quelli supportati con brand sportivi. Infine, gli atleti come me, un po' immaturi ma che comunque competono a livello assoluto e internazionale, vengono aiutati da società, aziende e attività, che possono sponsorizzare la nostra carriera. Proprio per questo c’è la costante ricerca di un simile supporto tecnico.
Arrivato fin qui, chi ringrazi?
In primis i miei genitori, senza di loro non sarei arrivato dove sono ora. Mio fratello Jacopo, mi ha aiutato molto, soprattutto affiancandomi a scuola quando sono arrivato in Italia. Il mio primo allenatore, Luigi Caravano, che non mi ha mai fatto pesare l’atletica. Ezio Rover, è stato come un nonno per me. Stefano Baldini, grazie a lui ho capito cosa vuole dire essere atleti.
Tommaso Rossato
La passione nella preparazione di dolci, oltre ad una sana e onesta golosità, è quello che ha spinto Isabella Bucciol (laureatasi proprio Campionessa del Mondo di Tiramisù Creativo nel 2024) alla partecipazione a più edizioni della Tiramisù World Cup, manifestazione annuale composta da diverse tappe in Italia e nel Mondo e che vede a Treviso l’evento del Grand Final. La scelta naturalmente non è casuale: la città si è pregiata del titolo di Capitale Mondiale del dolce più amato dagli italiani depositando la ricetta originale nel 2010 presso l’Accademia della cucina italiana.
“È stato un amico a suggerirmi di partecipare a questa competizione” ci dice la portogruarese Isabella nel corso dell’intervista gentilmente concessaci. Alla domanda sul come si era preparata al concorso, Isabella prosegue con: “Ad ogni nuova edizione ho imparato cose nuove, avendo la possibilità di gareggiare con i precedenti vincitori, ma soprattutto ho stretto nuove amicizie. Perché si, è vero che si tratta di una gara, ma è anche e soprattutto una grande festa”. E ad ogni festa sono sempre presenti anche le emozioni. La vincitrice 2024 confessa: “Quest’anno mi sono sentita molto demotivata, avendo partecipato ad altre edizioni in passato. Ho detto a me stessa che se non mi fossi classificata tra i primi tre posti, non avrei più partecipato. Ma poi sono arrivata prima. È il coronamento di
SI È IMPOSTA NELLA SEZIONE “RICETTA CREATIVA”
CORONANDO UN SOGNO CHE L’HA VISTA PARTECIPARE
ALLA COMPETIZIONE PER DIVERSI ANNI
diversi anni di preparazione”.
Alla domanda su quali saranno i suoi progetti futuri, Isabella afferma che “i vincitori delle precedenti edizioni non hanno possibilità di partecipare nuovamente, ma per l’edizione 2025 sarò presente in veste di giudice. E sono molto curiosa”.
Ma quale sarà il segreto per un tiramisù a regola d’arte? Come prepararsi alla competizione? La campionessa in carica evidenzia come: “nonostante il tempo a disposizione, occorre focalizzarsi sulla crema, cercare di gestire l’emozione e non avere fretta. Ma soprattutto, godersi il momento di festa”.
Isabella tiene inoltre a farci sapere che “la famiglia è stata sempre presente, come anche colleghi e amici. Sono stati molto importanti gli ultimi assaggi, infatti tenderei a definire questa una vittoria corale. Va ricordato che il cibo è sinonimo di convivialità”.
E con questa importantissima lezione, rinnoviamo i nostri complimenti ad Isabella e le auguriamo buona fortuna per il suo ruolo di giudice per l’edizione di quest’anno. In ultimo, non potevamo certo dimenticarci la ricetta creativa vincitrice dell’edizione 2024 della Tiramisù World Cup. Buon appetito!
Ingredienti: 250g di mascarpone Lattebusche; 45g di tuorlo Amadori; 50g di zucchero semolato Italia Zuccheri; Caffè Hausbrandt q.b.; Savoiardi Vicenzovo Matilde Vicenzi q.b.; Cacao Campagnoli q.b.; 3 cucchiaini di liquirizia in polvere; Marmellata di arance di alta qualità q.b.; 50g di croccante di arachidi.
Preparazione: Montare il tuorlo d’uovo con lo zucchero in una ciotola dai bordi alti per almeno dieci minuti. Tenere presente che il segreto per una crema davvero buona è il tempo: le uova devono essere montate a lungo. Incorporare il mascarpone a cucchiaiate e continuare a mescolare finché la crema non cadrà dalla ciotola e risulterà soda ma liscia. A questo punto, incorporare la liquirizia con un colino per evitare grumi. I savoiardi imbevuti nel caffè verranno poi adagiati uno accanto all'altro in una pirofila: l'inzuppo deve durare al massimo pochi secondi. Stendere quindi un velo di marmellata sui savoiardi dopo aver disposto il primo strato. Aggiungere il croccante di arachidi ai savoiardi ricoperti di marmellata utilizzando un tritatutto per renderlo fine. Stendere generosamente uno strato di crema di uova e mascarpone. Ripetere l'operazione come indicato di seguito: savoiardi, arachidi, marmellata e crema.
Se possibile, con un colino coprire di cacao in polvere e lasciare quindi riposare in frigorifero fino al giorno seguente.
Il coniglio da compagnia è un lagomorfo, non un roditore, richiede pertanto cure specifiche, un'alimentazione adeguata e controlli veterinari specializzati. Informarsi è essenziale prima di adottarne uno, per garantirgli una vita sana e felice. Ne esistono diverse razze, con caratteristiche che influenzano la gestione domestica, dalle più piccole alle più grandi, che possono superare i 5-6 kg.
Tra le più adatte alla vita in appartamento c'è il coniglio Hotot , di piccola taglia e facilmente riconoscibile per i suoi grandi occhi circondati da macchie nere su un mantello bianco. Oppure il coniglio nano o toy non supera 1,5 kg, ed ha un corpo compatto, orecchie piccole e un ca rattere timido e diffidente all'inizio. Il coniglio Ariete, invece, è facil mente riconoscibile per le sue lunghe orecchie cadenti e per il suo carattere tranquillo e affettuoso. Un'altra raz za molto apprezzata è il Rex , famoso per la sua pelliccia vellutata. Il Zealand , invece, è un coniglio di taglia media, dal mantello bianco o rosso, noto per la sua indole docile. Il Testa di Leone, originario del Bel gio, si distingue per la sua criniera di pelo lungo, pesa circa 2 kg ed è gene ralmente calmo e riflessivo. Infine, esistono anche razze giganti, come il Coniglio delle Fiandre, che può raggiungere i 10 kg di peso. Ha un carattere pacifico e un mantello soffice, ma per la sua stazza necessita di spazi ampi e una gestione adeguata. Accogliere un coniglio richiede una scelta attenta, considerando taglia, carattere e spazio disponibile. In appartamento è preferibile un coniglio di piccole dimensioni, con un'area sicura in cui potersi muovere liberamente. I conigli non dovrebbero vivere in gabbia, ma avere uno spazio sicuro con tappetini antiscivolo, una tana e giochi stimolanti. All'aperto, è essenziale un recinto protetto anche sopra per evitare predatori. Raggiungono la maturità sessuale tra i 3 ei 6 mesi, con cambiamenti comportamentali legati alla riproduzione. Nei maschi aumenta la territorialità e la marcatura con l'urina, mentre nelle femmine può causare stress e nervosismo. La sterilizzazione previene questi problemi, riduce il rischio di tumori e migliora la convivenza, rendendo il coniglio più sereno e gestibile in famiglia.
SEMPRE PIÙ DIFFUSO NELLE FAMIGLIE, HA UN ASPETTO TENERO ED UN CARATTERE AFFETTUOSO
Un altro aspetto importante della cura del coniglio è l'ali mentazione, questo perché il coniglio è un animale caratteriz zato da denti a crescita continua e digestione particolare. Esso, infatti, produce due tipi di pellet fecali: le classiche palline che il proprietario trova in lettiera e altre feci più morbide, compatte, lucide e
che rappresentano il cosiddetto ciecotrofo. Il coniglio ingerisce i ciecotrofi, ricchi di fermenti lattici
essenziali per la digestione, rendendolo un animale delicato dal punto di vista nutrizionale. Per il consumo dei denti e una corretta digestione, necessita di una dieta ricca di fibra, fornita principalmente da fieno ed erbe di campo, che apportano anche silicati, sali minerali e vitamine fondamentali per la sua salute. Le verdure fresche, soprattutto quelle a foglia larga come radicchio, bieta e cicoria, devono essere somministrate quotidianamente perché ricche di fibra. La frutta, invece, va offerta con moderazione a causa dell'elevato contenuto di zuccheri, che può causare problemi dentali e intestinali. Il cibo secco, come il pellet, non è indispensabile, ma se somministrato deve essere di alta qualità e in piccole quantità. Sono da evitare assolutamente miscele commerciali con semi e cereali, così come pane, pasta, biscotti e derivati, che possono provocare gravi disturbi intestinali.
Molto pulito, si toeletta da solo, ma è importante controllare che il suo mantello sia sempre in ordine, e soprattutto per le razze a pelo lungo è importante spazzolarlo anche tutti i giorni per evitare la formazione di nodi e una eccessiva ingestione di pelo. Le unghie vanno tagliate regolarmente e la lettiera deve essere pulita frequentemente.
Si consiglia di portare il coniglio dal veterinario almeno due volte all'anno: una per la vaccinazione e una per un controllo generale, utile soprattutto per prevenire patologie dentali difficili da individuare. Inoltre, è bene effettuare una profilassi contro pulci e altri parassiti, soprattutto se il coniglio vive all’aperto o ha contatti con altri animali.
Contatta l’Ufficio CAAF di Confartigianato-Imprese Veneto Orientale 0421 284912 - 0421 284918 Via C. Valle 42 - 30026 Portogruaro (VE) www.coveor.it
Molti proprietari restano sorpresi dall'affetto e dall'interazione dei conigli, capaci di riconoscere la voce e portare gioia in casa. Adottarli è una scelta meravigliosa, ma richiede consapevolezza. Con le giuste cure, diventa un membro affettuoso e giocoso della famiglia.
Elisa Leandrin
Come si chiama il piccolo festival di Portogruaro dedicato all’ambiente e giunto quest’anno alla sua seconda edizione?
ORIZZONTALI 1. Turbamento indefinito - 9. Bellezza eletta - 12. Il gruppo di Stratos - 13. Già preparate - 15. I limiti dell’immaginazione - 16. Degni di condanna - 17. Il Jimmy tra i presidenti USA - 18. Azienda Elettrica Municipale - 19. Esempio in breve - 20 Elogiata - 21. Lo è il colle caro a Leopardi - 22. Borsa da palestra - 26. Lo sono i conti elevati - 27. Wystan Hugh, poeta inglese - 28. La prescrive il medico - 29. Il nome del filosofo Marx - 30. Gas nobile incolore - 31. Andati con il poeta - 32. Un’erba aromatica34. Detestarsi - 36. Caos in centro - 37. Chiave - 39. La briscola a bridge - 40. Riflessive, posate - 41. Capoluogo piemontese (sigla) - 42. Punto di sostegno - 43. Un poliedro a venti facce
VERTICALI 1 . Fenomeno delle acque - 2 . Il dio Marte per i Greci - 3 . Esce con lui -
4. Chiudono la linea - 5. La impugna Zorro - 6. Del tutto sbagliata - 7. Ridotti in cocci - 8. Eroe di Virgilio - 9. La provincia di Taormina (sigla) - 10. Colosso industriale tedesco - 11. Il vero cognome di “Ridolini” - 14. Due di troppo - 17. Il Phil cantante - 18. Passione, fervore - 20. Lo sono i bruchi - 21. Relative all’antico Veneto - 22. Insipida - 23. Un mezzo di trasporto - 24. Accorre con le ambulanze (sigla) - 25. A Venezia c’è la Foscari - 26 Ascesi, andati su - 27. Ventilata, piena di luce - 29. La capitale dell’Afghanistan - 30. Il saluto del torero - 32. Ammorba le metropoli - 33. Non hanno fede - 34. Il padre dei vizi - 35. Ispido, irsuto - 37. Aero Trasporti Italiani - 38. Quello de Triomphe è a Parigi - 39 Api senza coda - 41. Il centro di Bari
G N O D P O E T I C O
O P M A R C T A I S T
F T S N E O D U E F I
F S E A T S I T U A R
O R P R O G N O S I O
O I O O R I T C C C A
O T R O T T C C C E A E A I I D
I O G A S T I I N C S V N N N P
C O R D A A S G S A A I D T T R
N U S I L F U O I T L S I I E I
M A N P T F M L O C T M D L G G
C T E N O I Z A R I M M A L R I
E A L L E S R N F A U X T A A O
S R L E G N A A N F T A U N T N
T I I N D I C E T Q U A R T O I
A T T R A E N T E U A M A E M A
In quale antico documento compaiono notizie che attribuiscono a Concordia Sagittaria l’esistenza di una fabbrica di frecce già dal IV secolo d.C.?
AMMIRAZIONE
ANALOGICO
ASCESA
ATTRAENTE
AUTISTA
AUTOCANDIDATURA
CESTA
CLINICO
CORDA
CORTO
CRAMPO
DANARO
ETNIA
FEUDO
FOLLIA
GOFFO
IMMANE
INDICE
INTEGRATO
INTESO
LAICO
LANCIO
LEGNA
MOSCATO
MUFFA
MURATORE
MUSIC
MUTUA
PASSO
POETICO
PRETORE
PRIGIONIA
PROGNOSI
QUARTO
RELAX
RICAVATO
RITIRO
SACCO
SALTO
SCINTILLANTE
SELLA
SIFFATTO
SPOSA
TERRA
TIRATA
TORTO
DEI GIOCHI DEL NUMERO PRECEDENTE