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L’editoriale del Presidente CAO La pubblicità sanitaria in Odontoiatria

Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Pavia N. 1 / 2021

nOTIzIARIO ODOnTOsTOMATOLOgICO

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L’editoriale del Presidente CAO La pubblicità sanitaria in Odontoiatria

DOMENICO CAMASSA

Presidente CAO Pavia La pubblicità sanitaria è uno degli argomenti relativi alla nostra professione su cui il legislatore è più volte intervenuto. In particolare, dopo la cosiddetta “Legge Bersani”, lo spettro di ciò che è possibile pubblicizzare, rispetto alla l. 175 e s.m.i., è stato indubbiamente ampliato, ma attribuendo comunque e sempre all’Ordine un potere di verifica sulla trasparenza e veridicità del messaggio.

Più di recente, la legge 145/2018 al comma 525 ha ribadito che le comunicazioni delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi, comprese le società di cui alla legge 124/2017, possono contenere unicamente le informazioni «funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determinazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della persona e del suo diritto». Sempre la stessa legge, al comma 536, attribuisce e conferma un elevato livello di responsabilità al Direttore Sanitario, responsabilità che già in passato era stata evidenziata dalle precedenti leggi (vedi l. 175/92) e ribadita dall’art. 69 del Codice Deontologico, che prevede l’obbligo di vigilanza del Direttore Sanitario sulla qualità dei servizi erogati e sulla correttezza del materiale informativo, che deve quindi obbligatoriamente riportare il suo nominativo. Troppe sono invece ancora oggi le pubblicità di strutture sanitarie in cui non è riportato il nominativo del direttore sanitario di riferimento.

Ma è proprio il comma 525 che mette in evidenza i profili deontologici che sono insiti nella pubblicità sanitaria, che meglio definiremo «informazione sanitaria» come enunciato dalla stessa legge. Ad una riflessione più approfondita, infatti, appare evidente che se gli articoli 55 e 56 sono interessati esplicitamente dalla pubblicità informativa sanitaria ve ne sono altri che richiamano implicitamente alla stessa deontologia. L’attenzione del legislatore – che infatti è rivolta alla sicurezza dei trattamenti sanitari, alla libera e consapevole determinazione del paziente, alla tutela della salute pubblica e alla dignità della persona – va a toccare il cuore della deontologia della nostra professione, a partire dagli artt. 3 e 4 sui doveri generali e sulle competenze del medico, sulla libertà e indipendenza della professione, sull’autonomia e responsabilità del medico, per non parlare dell’art. 6 sulla qualità professionale e gestionale. Insomma, è evidente che la pubblicità informativa sanitaria riguarda la natura stessa della nostra professione, la sua correttezza nei rapporti con il paziente e anche il rispetto dei colleghi (art. 58) in relazione alle competenze tecniche, funzionali ed economiche. Non possiamo “svendere” la nostra professione, piegandola alle esigenze di mercato e all’esclusiva attenzione verso il solo aspetto economico. Ce lo impone proprio la deontologia, che è l’essenza della nostra professione.

Solo così possiamo rispettare il dettato dell’art. 20, cardine del nostro Codice, che, quando tratta della relazione di cura, recita testualmente: «La relazione tra medico e paziente è costituita sulla libertà di scelta e sull’individuazione e condivisione delle rispettive autonomie e responsabilità. Il medico nella relazione persegue l’alleanza di cura fondata sulla reciproca fiducia e sul mutuo rispetto dei valori e dei diritti e su un’informazione comprensibile e completa, considerando il tempo della comunicazione quale tempo di cura». Indubbiamente un monito centrale per la nostra professione.

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