Battistoni | Stagione 22_23

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CITTÀ METROPOLITANA DI FIRENZE orchestradellatoscana.it direttore Andrea Battistoni 2 22 2 23 Omaggio a Luciano Berio

con il contributo di

Cosa ascoltiamo questa sera

Il veronese Andrea Battistoni detiene un record: è stato il più giovane direttore scritturato alla Scala. Era il 2012 e lui aveva venticinque anni. Proprio allora usciva per Rizzoli il suo libro Non è musica per vecchi in cui ribadiva l'assoluta attualità della musica classica. Prima era passato dalla Scuola di musica di Fiesole per prendere lezioni da Gabriele Ferro. Dopo, la sua carriera ha corso veloce per approdare al podio della Filarmonica di Tokyo. Ora, in Giappone, è un'autorità, anche se gli impegni in Oriente non gli permettono di frequentare troppo l'Europa (tranne il Teatro Carlo Felice di Genova, che l'ha avuto in casa per un quinquennio, fino al 2019).

All'ORT torna a distanza di una stagione con un programma a tema schubertiano che è anche un tributo, nel ventennale della scomparsa, a Luciano Berio, uno dei padri fondatori dell'orchestra e colui che tra la fine degli anni '80 e i '90 la portò a suonare in prestigiose sale internazionali. Il suo Rendering si basa sugli appunti per una sinfonia che Schubert lasciò incompiuta al momento della morte. Quelle pagine, Berio le ha assemblate e strumentate senza stravolgere quanto di Schubert è rimasto; quanto che vi mancava, l'ha aggiunto di sua mano creando una 'malta' di sonorità e impasti armonici modernisti che dichiarano apertamente l'intervento di restauro. Battistoni dirige anche la Sinfonia Grande che Franz Schubert compose tra 1825 e il 1826, tre anni prima della morte, per essere eseguita in un grande concerto pubblico a Vienna. Solo che l'orchestra si rifiutò di suonarla perché troppo complessa, e la partitura dovette attendere più di un decennio per essere ascoltata: Robert Schumann ne recuperò il manoscritto tra le pile di carte lasciate in eredità da Schubert al fratello e l’affidò in prima esecuzione a Felix Mendelssohn.

42a STAGIONE CONCERTISTICA
registrazione audio a cura di SoundStudioService

2 22 2 23

Andrea Battistoni

direttore

Luciano Berio

Rendering per orchestra (1989-90)

"Restauro" del frammento sinfonico in re maggiore D936A di Franz Schubert

Allegro Andante Scherzo ***

Concerto dedicato a Luciano Berio nel ventennale

della sua scomparsa

Franz Schubert

Sinfonia n.9 in do maggiore D 944

Grande

Andante. Allegretto ma non troppo

Andante con moto

Scherzo. Allegro vivace

Allegro vivace

FIRENZE, Teatro Verdi

martedì 23 maggio 2023 h 21:00

La musica e oltre ...

rubrica di Rosaria Parretti

Al Museo Archeologico di Firenze si trova la Chimera, la splendida statua etrusca in bronzo che raffigura l’animale mitologico. Di questo capolavoro si nota la criniera leonina appena scarmigliata a destra, quasi a sottolineare l’apertura improvvisa delle fauci pronte per l’attacco; e sul dorso della creatura, la testa di capro, che sul collo ha una ferita mortale dalla quale zampillano gocce di sangue. Ma le zampe sul lato sinistro mostrano un’attaccatura, infatti sono state ricomposte in un secondo momento con una diversa colata. Anche la coda a forma di serpente è stata attaccata molto dopo (1785), e non è quella originale, perché è stata montata in modo da mordere uno dei corni del capro, invece che lasciata saettare in avanti minacciosa, come probabilmente doveva essere. Questo antico bronzo etrusco, dunque, non è proprio del tutto antico e non è nemmeno del tutto etrusco. Ci troviamo di fronte a un falso? Sì e no. La risposta sta nel modo in cui in passato veniva concepito il restauro. Riportare l’opera “all’antico splendore”, aggiustare le lesioni con vere e proprie rifaciture per ripristinare l’interezza, per eliminare con cura ogni differenza fra vecchio e nuovo: era così che si restaurava prima; ed ecco spiegati i piedi rifatti, le code attaccate secondo i gusti del Granduca e le ridipinture di tavole e tele di ogni epoca. Poi, Cesare Brandi, storico direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro, porta la teoria del restauro in una nuova direzione: le lacune e le rotture non vanno più nascoste, perché testimoniano il passaggio dell’opera d’arte nel tempo, ne raccontano la vita; l’integrazione, anzi, si deve notare, per non cancellare l’evento che ha causato quella lacuna, e non creare un falso storico. Nella Basilica di Santa Croce, sulla parete nord della sagrestia, appeso in alto, c’è il Crocifisso di Cimabue. Del volto di questo Cristo dolente si legge solo un occhio chiuso, il labbro inferiore, il mento con un po’ di barba, e una ciocca di capelli che ricade sulla spalla sinistra, il resto è deturpato. Anche la superficie pittorica del torso è parziale: s’intravede lo sterno ossuto e si riconosce il ventre, ma del sottilissimo perizoma annodato che aveva incantato per la sua finezza, resta poco. Quest’opera è stata devastata dall’alluvione di Firenze del 1966, e il suo restauro è stato oggetto di una riflessione metodologica:

“Mi sembra talvolta che ascoltare un concerto sia come essere penetrati e invasi dalla musica e ho la sensazione di un vuoto finalmente colmato”
 1989-90 - Rendering Berio  1826 - Sinfonia Grande Schubert 1700 1800 Timeline | La vita | Le opere
Luciano Berio Intervista sulla musica, 1981

Crocifisso (particolare)

Cimabue

tempera su tavola prima del 1288

Sagrestia della

Basilica di Santa Croce

Firenze

integrare la pittura persa rifacendosi alle fotografie, e realizzare un falso, o lasciare quanto rimasto, lacune incluse, ricordando per sempre il disastro subìto? Il Crocifisso viene restaurato con la tecnica dell’astrazione cromatica: le lacune sono ben visibili ma trattate con colori che si intonano a quelli dell’opera, assumendo così un valore di collegamento tra i frammenti esistenti. Le parti superstiti entrano in relazione fra loro proprio grazie a questa zona neutra che in realtà ricompone l’armonia generale, e chi ammira quest’opera oggi, viene a conoscere anche la sua storia.

Forse questo lungo racconto sul restauro, le opere d’arte, le lacune, le integrazioni visibili e l’astrazione cromatica vi tornerà in mente fra poco, durante l’ascolto di Rendering di Luciano Berio. O forse no.

A ogni modo, godetevi l’ultimo concerto della stagione dell’ORT. A presto!

1900 2000

Con riconoscenza e affetto

Luciano Berio ci ha lasciati giusto vent’anni fa, il 27 maggio 2003.

L’Orchestra della Toscana lo aveva avuto come direttore artistico dal 1983 al 1986: tre anni intensissimi, fra i più significativi nella storia della nostra istituzione. La genialità e la varietà dei programmi attestavano la cultura sterminata di Berio, la vastità dei suoi interessi, la sua continua ricerca di nuove possibilità, estesa a tutti gli aspetti della vita artistica e della società. Gli artisti da lui chiamati e le tournées all’estero consolidarono la proiezione internazionale dell’ORT, così come il riconoscimento come Istituzione Concertistica Orchestrale, da lui promosso e ottenuto, ne rinforzò l’immagine. A sua volta l’ORT sta nella storia di Berio come capitolo tutt’altro che secondario della sua storia di organizzatore, svolta internazionalmente ma con una presenza specialmente costante e viva a Firenze: che ebbe in lui l’abitante musicale più illustre nell’ultimo quarto del Novecento, attivo anche come direttore artistico del Maggio Musicale Fiorentino nel 1984, e come fondatore nel 1987, e a lungo guida e ispiratore, del Centro di ricerca produzione e didattica musicale Tempo Reale

Una vita non meno densa di impegni che di composizioni: confermando come per lui far musica fosse solo una parte, anche se certo di gran lunga la più importante, di una più generale dimensione di intellettuale tanto raffinato quanto pronto a impegnarsi di persona e a sporcarsi le mani; tanto esigente sul piano artistico quanto disponibile all’incontro con tutti, come ben ricordano quanti collaborarono con lui, in primo luogo i musicisti dell’ORT; tanto originale e forte nella sua identità stilistica quanto aperto a confrontarsi con l’opera di altri, spaziando da Monteverdi alle voci di un mercato di Londra, da Mahler al canto popolare dei popoli più diversi, senza ammettere etichette né per sé né per gli altri. Una musica che sapeva anche farsi gesto, e da un gesto all’occorrenza scaturire. E proprio a questo aspetto dell’arte di Luciano Berio ha voluto guardare l’ORT in questa ricorrenza, scegliendo uno dei suoi capolavori più importanti e fortunati: quel Rendering che rese udibili i frammenti favolosi lasciati da Franz Schubert senza tentarne un dubbio completamento ma proponendone un’interpretazione costellata di interrogativi affascinanti quanto mai.

Alla memoria di Berio dedichiamo quindi questo ultimo concerto della nostra Stagione 2022/2023, con riconoscenza e affetto.

« ... la verità di cui non si riesce a parlare, bisogna cantarla, bisogna dirla in musica. E con questo, vi saluto.»

Luciano Berio

lucianoberio.org

centrostudi.lucianoberio

Il prossimo 24 ottobre avrebbe compiuto 98 anni. Luciano Berio, è stato uno dei più noti compositori italiani d’avanguardia, pioniere della musica elettronica, genio, innovatore, sempre un passo avanti e, al tempo stesso, attuale, vicino, universale. Nato a Imperia, ha vissuto ed è stato protagonista di un Italia che sperimenta e che fa la differenza. Si affacciò sulla ribalta musicale del secondo dopoguerra dopo gli studi al Conservatorio di Milano. Nel 1954, sempre a Milano, fondò insieme con Bruno Maderna lo Studio di Fonologia Musicale presso la Rai, dove scandagliò le interazioni tra strumenti acustici e suoni elettronici e tra suono e parola. Libero da preconcetti ideologici, il suo percorso di ricerca si distinse per l’equilibrio tra la conoscenza e la consapevolezza della tradizione e l’inclinazione verso l’inedito, anche mettendo in relazione la musica con altri campi del sapere umanistico: la poesia, il teatro, la linguistica, l’antropologia, l’architettura. Oltre il genio, ci sono il podio, il direttore artistico, il promotore di musica contemporanea, l'insegnante in Europa e in America, i premi internazionali e quattro lauree Honoris Causa.

“Io non amo ascoltare la musica mentre cammino. Intanto perché è pericolosissimo. Io mi immergerei talmente tanto che alle prime strisce mi tirano sotto [...] Se ascolto la musica, ascolto la musica. Non faccio altro. ”

Direttore principale

2016 > oggi

Tokyo Philharmonic Orchestra

2017 > 2019

Teatro Carlo Felice di Genova

Direttore ospite principale

2014 > 2016

Teatro Carlo Felice di Genova

2011 > 2012

Teatro Regio di Parma

andreabattistoni.it

maestrobattistoni

andrea_battistoni_maestro

Chi meglio di lui poteva salutare il pubblico dell'ORT ribadendo la presenza in questa stagione di tanti giovani talenti? Perché Battistoni è davvero un talento. Adesso a 36 anni è in piena carriera con idee ben chiare su ciò che vuole fare. Una di queste è trasmettere alle giovani generazioni la densità e modernità di un mondo che in molti sembrano aver disconosciuto: «Se dopo tanti secoli siamo ancora qui, a lavorarci sopra e a scavarne ogni aspetto, vuol dire che è davvero un patrimonio ricco di emozioni attuali, da rivelare ed esprimere». E condividere. Come è stato per lui l'amore per la musica, scattato solo dopo anni di studio, durante un concerto con l'orchestra del Conservatorio, imbracciando il violoncello: «era bellissimo, con mia grande sorpresa. Io volevo fare lo scrittore». Desiderio che non ha abbandonato, pubblicando un libro e dedicandosi alla composizione. Perché il segreto sta nel linguaggio e lui sembra averlo intercettato come provano le video interviste presenti sul web, in cui mette in relazione l'incipit della Quinta di Beethoven con l'hard rock degli AC/DC o la morte di Mimì nella Bohemé piena di tristezza e malinconia con De André: «Anche la musica per orchestra, anche la musica operistica, devono parlare il linguaggio di oggi».

Andrea Battistoni

Luciano Berio

/ Oneglia, Imperia 1925 / Roma 2003

Rendering per orchestra

durata: 35 minuti circa

nota di Luciano Berio

Erano anni che mi veniva chiesto, da varie parti, di fare «qualcosa» con Schubert e non ho mai avuto difficoltà a resistere a quell’invito tanto gentile quanto ingombrante. Fino al momento, però, in cui ricevetti copia degli appunti che il trentunenne Franz andava accumulando nelle ultime settimane della sua vita in vista di una Decima Sinfonia in re maggiore (D. 936 A). Si tratta di appunti di notevole complessità e di grande bellezza: costituiscono un segno ulteriore delle nuove strade, non più beethoveniane, che lo Schubert delle sinfonie stava già percorrendo. Sedotto da quegli schizzi, decisi dunque di restaurarli: restaurarli e non ricostruirli.

Non trovo attraenti quelle operazioni di burocrazia filologica che inducono talvolta un incauto musicologo a far finta di essere Schubert (se non addirittura Beethoven) e a «completare la Sinfonia come Schubert stesso avrebbe potuto farlo». È una curiosa forma di mimesi, questa, che ha qualcosa in comune con quei restauri in pittura che si rendono responsabili di danni irreversibili, com’è il caso degli affreschi di Raffaello alla Farnesina a Roma. Lavorando sugli schizzi di Schubert mi sono proposto di seguire, nello spirito, quei moderni criteri di restauro che si pongono il problema di riaccendere i vecchi colori senza però celare i danni del tempo e gli inevitabili vuoti creatisi nella composizione (com’è il caso di Giotto ad Assisi). Gli schizzi, redatti da Schubert in forma quasi pianistica, recano saltuarie indicazioni strumentali ma sono talvolta stenografici; ho dovuto quindi completarli, soprattutto nelle parti intermedie e nel basso. La loro orchestrazione non ha posto problemi particolari. Ho usato l’organico orchestrale dell’Incompiuta (due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni, tre tromboni, timpani e archi) e nel primo movimento (Allegro) ho cercato di salvaguardare un ovvio colore schubertiano. Ma non sempre. Ci sono brevi episodi dello sviluppo musicale che sembrano porgere la mano a Mendelssohn e l’orchestrazione naturalmente ne prende atto. Infine, il clima espressivo del secondo movimento (Andante) è stupefacente: sembra abitato dallo spirito di Mahler.

Nei vuoti tra uno schizzo e l’altro ho composto un tessuto connettivo sempre diverso e cangiante, sempre pianissimo e «lontano», intessuto di reminiscenze dell’ultimo Schubert (la Sonata in si bemolle per pianoforte, il Trio in si bemolle con pianoforte, ecc.) e attraversato da riflessioni polifoniche condotte su frammenti di quegli stessi schizzi. Questo tenue cemento musicale che commenta la discontinuità e le lacune fra uno schizzo e l’altro è sempre segnalato dal suono della celesta.

Negli ultimi giorni della sua vita Schubert prendeva lezioni di contrappunto. La carta da musica era cara e scarsa, ed è forse per questo che, mescolato agli schizzi della Decima Sinfonia, si trova un breve ed elementare esercizio di contrappunto (un canone per moto contrario). Non ho potuto fare a meno di orchestrare anche quello e di assimilarlo allo stupefacente percorso dell’Andante. Altrettanto stupefacente è il terzo movimento che è certamente la composizione orchestrale più polifonica che Schubert abbia mai scritto. Questi ultimi schizzi, a dispetto della loro frammentarietà, sono di una grande omogeneità di scrittura e paiono spesso come una ricerca di soluzioni contrappuntistiche diverse per uno stesso materiale tematico. Tuttavia gli schizzi presentano alternativamente i caratteri propri di uno Scherzo e di un Finale. Questa ambiguità di fondo, che il giovane Schubert avrebbe forse risolto o esasperato in maniera nuova, mi ha attratto in

modo particolare; infatti i miei «cementi» si pongono, tra l’altro, lo scopo di rendere quell’ambiguità strutturalmente espressiva. Ho realizzato questo omaggio a Schubert tra il 1989 e il 1990, per la Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam.

Franz Schubert

Sinfonia n.9 D 944

Grande

durata: 45 minuti circa

nota di Gregorio Moppi

Enigma numerologico (e musicologico). Qual è il posto occupato dalla Grande nel catalogo schubertiano? Cerchiamo di capirlo attraverso lo schema di seguito su cinque colonne: nella prima viene indicata la numerazione progressiva attribuita alle partiture completate (nel conto ci entra anche il torso dell'Incompiuta, sul piano espressivo, tuttavia, del tutto compiuto); nella seconda la tonalità e il nome (d'autore o meno) con il quale è nota; nella terza il diverso grado di finitezza; nella quarta il periodo di composizione; nell'ultima la data di pubblicazione. Dunque la nostra è l'ottava tra le sinfonie numerate. La settima, se si considerano soltanto quelle su cui Schubert volle (o riuscì a) lavorare da capo a fondo. La nona, se si conta anche la sinfonia in mi maggiore del 1821 completata da altri. Per nona la indicava pure una tradizione fondata sull'ipotesi che al settimo posto si trovasse una fantomatica «Sinfonia di Gmuden-Gastein», mai rinvenuta (ma di recente è stata incontrovertibilmente identificata con la Grande). Un gran bel pasticcio, insomma. Una cosa certa comunque c'è: la Grande è stata la sola sinfonia di Schubert a circolare su larga scala nell'Ottocento - almeno fino a quando, nel 1860, dall'oblio non emerse la partitura dell'Incompiuta

- re maggiore frammento del I movimento ?18111 re maggiore terminata il 28/X/1813 1884 2 si bemolle maggiore 10/XII/1814 - 24/III/1815 1884 3 re maggiore 24/V - 19/VII/1815 1884 4 do minore Tragica terminata il 27/IV/1816 1884 5 si bemolle maggiore settembre - 3/X/1816 1885 6 do maggiore Piccola ottobre 1817 - febbraio 1818 1885
re maggiore abbozzi pianistici di due movimenti maggio 1818 1982 - re maggiore frammenti dopo il 1820 1982 - mi maggiore frammenti dei quattro movimenti: orchestrate
battute
partitura
da
Barnett,
da Felix Weingartner, nel
da Brian Newbould agosto 1821 1934 7 si minore Incompiuta I e II movimento completi; il terzo lasciato alla battuta 128 ottobre 1822 1867 8 do maggiore Grande estate 1825 - entro l'autunno 1826 1840 re maggiore abbozzi: “restaurati” da Luciano Berio in Rendering (1989-90) ?estate-autunno 1828 1982
-
110
del primo;
completata nel 1877
John Francis
nel 1934
1977
Lichtenthal
Vienna 1828
/
1797 /

Il rinvenimento della Sinfonia in do maggiore, detta Grande per distinguerla dall'altra giovanile nella medesima tonalità ma di proporzioni più ridotte perciò denominata Piccola, si deve a un Robert Schumann in trasferta viennese: un pellegrinaggio nei luoghi beethoveniani e schubertiani il cui reportage il compositore tedesco pubblicò nel 1840 sul suo foglio di critica musicale, la «Neue Zeitschrift für Musik». Schumann aveva fatto visita a Ferdinand Schubert, che presso di sé conservava una gran messe di inediti del fratello Franz. Tra questi giaceva anche la partitura della Sinfonia in do maggiore, inviata immediatamente all'amico e collega Felix Mendelssohn, a Lipsia, perché la dirigesse nella stagione di concerti del Gewandhaus. Esecuzione avvenuta il 23 marzo 1839, di nuovo in dicembre, e poi ancora nel marzo e nell'aprile 1840. Era la prima volta che la Sinfonia veniva data in pubblico. Schubert non l'aveva mai potuta sentire perché la Società degli Amici della Musica di Vienna, cui era stata affidata alla fine del 1826, l'aveva trovata troppo lunga e di eccessiva difficoltà. Fino a qualche anno fa si credeva che la Grande risalisse al 1828, anno della morte del compositore, così come scritto sulla prima pagina del manoscritto. Studi piuttosto recenti (condotti anche sulla carta e sull'inchiostro impiegati) hanno invece permesso di retrodatarne la composizione. Dunque Schubert vi lavorò nell'estate del 1825, durante i soggiorni a Gmunden e Gastein, ritornandovi sopra a Vienna, in autunno. Nell'estate del 1827 la Società degli Amici della Musica pagava il copista che aveva provveduto a ricavare dalla partitura le parti orchestrali, segno inequivocabile che allora la Grande era già pronta da tempo. Rimane il problema della data riportata sull'autografo. Frustrato il suo desiderio di sentirla suonata, forse Schubert decise di puntare alla stampa: per venderla meglio agli editori pensò probabilmente di rinfrescarla stracciandone il frontespizio originale con la dedica alla Società viennese per inserirvi al suo posto, direttamente sulla prima pagina orchestrale, la dicitura «marzo 1828». Nonostante le proporzioni inconsuete per l'epoca, la Grande si mostra monumentale solo in superficie (la «sublime lunghezza» che le riconosceva Schumann). Nella sostanza invece è tutt'altro che granitica: procede con passo narrativo e svagato, trascolorante da un episodio all'altro in maniera discorsiva, piana, a tratti fantastica, attraverso morbide concatenazioni sintattiche e strutturali tipicamente schubertiane. Di Beethoven, venerato modello di riferimento cui viene reso omaggio nell'ultimo movimento richiamandone l'Inno alla gioia dalla Nona sinfonia, non vi sono l'impeto eroico di proporzioni ferree e stringate, le deflagrazioni dialettiche, lo sviluppo organico del materiale tematico. Approdando finalmente, dopo i numerosi tentativi abortiti, alla «grande sinfonia» a lungo vagheggiata, Schubert non poteva davvero tradire la sua natura più profonda, rinunciare all'espansione lirica, alle caratteristiche modulazioni e sospensioni armoniche, alla frequente contrapposizione timbrica e dinamica tra archi, forte, e fiati, piano, a spargere per la partitura gioielli tematici, paesaggi dello spirito, digressioni, indugi, pause, emozioni più o meno fugaci. La sua originalità sta nell'esser riuscito a connetterli in una struttura ariosa, certo distante dalla scultorea concentrazione beethoveniana, a suo modo, tuttavia, logica, coerente, unitaria.

Visti da dentro parla

Carissimi amici, perché così vi sento, voi che ci avete seguito e sostenuto in un'altra emozionante Stagione di Concerti, purtroppo ... volata! Siamo all'ultimo appuntamento e un “grande” programma ci aspetta per chiudere in bellezza, all'insegna di Schubert. Ma il mio interesse maggiore è condividere con voi la magia che ha creato Luciano Berio, nell'onorare questo Maestro! È sempre una grande emozione per me risuonare Rendering, che regolarmente spalanca il coperchio di una scatola di ricordi scolpiti nella storia della nostra Orchestra. Nel lontano 1983, Berio, facendo ottenere le sovvenzioni ministeriali, trasformò l'Orchestra da Ente Privato a Fondazione. È stato il nostro primo Direttore Artistico e ha intrapreso un percorso di costante sostegno, supporto e collaborazione, rappresentando, anche nei periodi in cui non aveva cariche ufficiali, una sorta di “tutore” o “padre putativo”. Tramite lui l'ORT ha avuto occasioni molto prestigiose: ricordo con immensa emozione il Concerto alla Scala di Milano e quello alla Carnegie Hall di New York! Insomma, ci ha accompagnati con affetto fino alla sua scomparsa, nel 2003.

Rendering è sicuramente uno dei suoi lavori più particolari e se qualcuno di voi pensa di non averlo mai sentito, durante l'esecuzione riconoscerà qualche frammento che è diventato, per tantissimi anni, un jingle quotidiano per i programmi di apertura e chiusura di Rai Radio3. Sulle origini di questo pezzo, proprio Berio raccontava di quante volte avesse declinato l'invito di scrivere qualcosa ispirato a Schubert, perché lo riteneva un'operazione “ingombrante”. Fino a quando non ricevette copia degli appunti che il 31enne Franz andava accumulando nelle ultime settimane della sua vita in vista di una Decima Sinfonia. Fu allora che scattò il genio di Berio e, sedotto da quegli schizzi, decise di restaurarli: “restaurarli e non ricostruirli”, parole sue! Creò dei ponti: riempì gli spazi nel suo stile, creando un tessuto connettivo sempre diverso e cangiante, volutamente pensato nel colore di un pianissimo quasi impalpabile, come venissero da lontano, sempre accompagnati dallo strumento magico qual'è la celesta. Ricordo la sua imponente figura (un po' burbera in apparenza) sul podio, mentre dirigeva Rendering e il fascino che creava faceva perdonare anche un gesto, ahimè un po' goffo!

Carissimi, il mio viaggio nei ricordi finisce con un'ultima condivisione: la parola rendering mi ha sempre colpita perché si può tradurre in svariati modi: interpretazione, rendere grazie, rendere onore a qualcuno. La desinenza “ing” è tradotta in italiano con il verbo al gerundio, ovverosia, una cosa che non è al passato, non è al futuro, ma in divenire, una cosa che continua! Noi qui, oggi, continuiamo questa “restituzione”, che può essere interpretata da Berio a Schubert, come ... dall'Orchestra al pubblico. Ed io, per questo, mi sento grata.

Proposte discografiche

In occasione del tributo a Luciano Berio, Silvia Venturi di Dischi Fenice, nostra affezionata amica e collaboratrice che ha curato con grande passione questa rubrica, propone in apertura proprio un suo ascolto. Questo Rendering fa parte dei documenti del Festival di Salisburgo: è una registrazione dal vivo delle Matinée del Festival 1999 con l'Orchestra del Mozarteum di Salisburgo diretta da Hubert Soudant (Oehms, 1 cd €12,00).

L'ascolto prosegue con l'intensa interpretazione della Nona Sinfonia di Franz Schubert a firma di Roger Norrington sul podio dell'Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda. Dal 1978 il direttore inglese conduce l'orchestra dei London

Classical Players, con i quali ha proposto riletture filologiche di gran parte delle sinfonie classiche, in particolare di Beethoven. (SWR music, 1 cd €10,00).

Questi e altri titoli disponibili presso la sede di DISCHI FENICE

via Santa Reparata 8/B

Firenze

lun-ven 10-14 e 15:30-19:30; sab 10-13:30 e 15:30-19:00.

Info e prenotazioni

tel. 055 3928712

(anche whatsapp)

info@dischifenice.it

In chiusura, sul tavolo degli ascolti, troviamo anche il libro di Andrea Battistoni, Non è musica per vecchi

Con questo libro pubblicato nel 2012, il direttore veronese, allora venticinquenne, parla ai suoi coetanei e in generale a tutti coloro che hanno sempre considerato noiosa la musica composta dai grandi del passato. «Può una musica "classica", normalmente ascoltata da un pubblico di quattro pensionate e quattro studenti nerd del Conservatorio, parlare alle giovani generazioni, ai figli di Internet, in un'epoca così frenetica ed entusiasmante? La risposta è: Sì! Sì, e io lo vorrei gridare ai quattro venti!» (Rizzoli, €15,00).

* prime parti

** concertino

Ispettore d'orchestra e Archivista

Larisa Vieru

VIOLINI PRIMI

Daniele Giorgi *

Virginia Ceri *

Paolo Gaiani **

Damiano Babbini

Samuele Bianchi

Stefano Bianchi

Gabriella Colombo

Clarice Curradi

Chiara Foletto

Ruben Giuliani

VIOLINI SECONDI

Fiammetta Casalini *

Francesco Di Cuonzo **

Francesca Bing

Virginia Capozzi

Marcello D'Angelo

Alessandro Giani

Marco Pistelli

Eleonora Zamboni

VIOLE

Stefano Zanobini *

Alessandro Acqui *

Pierpaolo Ricci **

Aurora Arcudi

Stella Degli Esposti

Sabrina Giuliani

VIOLONCELLI

Augusto Gasbarri *

Andrea Landi **

Simone Centauro

Leonardo Giovannini

Giovanni Simeone

CONTRABBASSI

Franco Pianigiani *

Giovanni Ludovisi **

Angelica Gasperetti

FLAUTI

Davide Chiesa *

Silvia Marini

OBOI

Alessio Galiazzo *

Flavio Giuliani *

CLARINETTI

Emilio Checchini *

Niccolò Venturi*

FAGOTTI

Umberto Codecà *

Marco Taraddei *

CORNI

Andrea Albori *

Gabriele Galluzzo

TROMBE

Stefano Benedetti *

Luca Betti *

TROMBONI

Benjamin Vuadens *

Alessandro Scerbo

Sergio Bertellotti

CELESTA

Loris Di Leo *

TIMPANI

Matteo Modolo *

#PROMEMORIA

Ricordiamo a tutti che la presentazione della nuova

Stagione 2023/24 - aperta al pubblico - si svolgerà al Teatro Verdi di Firenze, mercoledì 21 giugno ore 12:00.

Fondazione Orchestra Regionale Toscana

via Verdi, 5 - 50122 Firenze tel. (+39) 055 2340710 fax. (+39) 055 2008035 info@orchestradellatoscana.it orchestradellatoscana.it

Consiglio di Amministrazione

Maurizio Frittelli presidente

Nazzareno Carusi vice

Elisabetta Bardelli

Antonella Centra

Maria Luisa Chiofalo

Revisore unico

Vittorio Quarta

Direzione artistica

Daniele Spini

Paolo Frassinelli

Tiziana Goretti

Direttore principale

Diego Ceretta

Direttore onorario

James Conlon

Direzione generale, sviluppo, risorse umane, amministrazione e servizi tecnici

Marco Parri

Novella Sousa

Andrea Gianfaldoni

Arianna Morganti

Simone Grifagni

Cristina Ottanelli

Angelo Del Rosso

ICO stituzioni oncertistiche rchestrali

Direttore emerito

Daniele Rustioni Ospitalità e sala Teatro Verdi

Fulvio Palmieri

Paolo Malvini

Francesco Bazzani

Tommaso Cellini

Comunicazione

Riccardo Basile

Ambra Greco

Sara Bertolozzi

Biglietteria

Via Ghibellina, 97 - Firenze tel. (+39) 055 212320

NUOVO ORARIO

martedì, giovedì, venerdì il pomeriggio ore 15:00-19:00; mercoledì la mattina ore 9:00-13:00;

nei giorni feriali di spettacolo il pomeriggio e 1 ora prima dell'inizio dell'evento

Teatro Verdi

Via Ghibellina, 99 - Firenze teatroverdifirenze.it

Mattia Conti

Gaia Cugini

Ginevra De Donato

Elena Fabbrucci

Leone Fossati

Vittoria Frassinelli

Filippo Gori

Enrico Guerrini

Caterina Lupi

Chiara Marrucelli

Giulia Mazzone

Irene Modica Amore

Elisa Paterna

Gaia Pucci

Palcoscenico Teatro Verdi

Walter Sica

Carmelo Meli

Sandro Russo

Alessandro Goretti

Simone Bini

Crediti

Progetto grafico e impaginazione

Ambra Greco

Contributi

Gregorio Moppi (2, 9-10)

Rosaria Parretti (4-5)

Luciano Berio (8)

Chiara Foletto (11)

Daniele Spini (13)

Foto

Foto Gorzegno (cop, 8)

Marco Borrelli (12)

Ville e Giardini incantati

16 concerti in 8 Ville medicee

La Petraia, Poggio a Caiano, Cerreto Guidi, La Ferdinanda di Artimino, La Magia di Quarrata, Palazzo Mediceo di Seravezza, Parco mediceo di Pratolino, Giardino della Villa medicea di Castello

Visite guidate e Buffet in alcune Ville selezionate

PER INFO E PROGRAMMA orchestradellatoscana.it

MUSICA e CONCERTI

nelle VILLE MEDICEE

TOSCANE

10 ANNI PATRIMONIO

UNESCO

Giugno — Luglio 2023

7a edizione

inizio concerti ore 18:00 / 19:00 / 21:30

BIGLIETTO CONCERTO € 12,00

Per i soci Unicoop Firenze € 10,00

più commissioni a seconda del canale di acquisto Seravezza e Quarrata ingresso gratuito su prenotazione

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