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Stagione Concertistica 2019_20
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registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService
concerto fiorentino trasmesso in differita da Rete Toscana Classica con il contributo di
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PRIMA PARTE
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ
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Concerto n.1 in si bemolle minore per pianoforte e orchetra op.23 Allegro non troppo e molto maestoso, allegro con spirito Andantino semplice Allegro con fuoco
SECONDA PARTE
ANTONÍN DVOŘÁK Sinfonia n.7 in re minore op70 Allegro maestoso Poco adagio Scherzo Allegro
gio_19 dicembre 2019 / ore 21:00 PIOMBINO, TEATRO METROPOLITAN ven_20 dicembre 2019 / ore 21:00 LIVORNO, TEATRO GOLDONI sab_21 dicembre 2019 / ore 21:00 FIGLINE VALDARNO, TEATRO GARIBALDI lun_23 dicembre 2019 / ore 21:00 POGGIBONSI, TEATRO POLTEAMA mar_24 dicembre 2019 / ore 17:00 FIRENZE, TEATRO VERDI
COSA ASCOLTEREMO QUESTA SERA
“Sarebbe stata una vera vergogna litigare il giorno di Natale, dicevano. E così era, Dio lo sa che era così.” Charles Dickens - Il Canto di Natale Il Concerto di Natale è per l’Orchestra della Toscana un momento distintivo all’interno della propria programmazione. Un rito che si ripete magicamente il pomeriggio della vigilia al Teatro Verdi di Firenze e nei giorni precedenti in vari luoghi della Toscana. Un momento di gioia, festa, scambio di auguri anche tra i nostri professori che si salutano prima di ritrovarsi, dopo le feste, per i prossimi impegni. Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in si bemolle minore, op. 23 ■ di Pëtr I. Čajkovskij con il quale si apre la serata è uno dei concerti pianistici più eseguiti al mondo. Curiosamente ha una storia che lo lega propio alla vigilia di Natale. È il 1874, Čajkovskij ha 34 anni, è un compositore già maturo ed ha in quel giorno così particolare un appuntamento importante con Nikolaj Rubinštejn, direttore del Conservatorio di Mosca e pianista virtuoso. Vuole fargli ascoltare la sua nuova composizione che è a lui dedicata. Le cose non vanno come Čajkovskij si sarebbe aspettato.
L’accoglienza però è decisamente negativa. «Gli suonai il primo tempo. Non una parola, non un’osservazione! [...] Tuttavia mi armai di pazienza e suonai il Concerto sino alla fine. Il silenzio continuava. Mi alzai e dissi: “Allora, cosa ne pensa?”. Ma ecco che dalle labbra di Nicolas Grigorievic cominciò a sgorgare un profluvio di parole, dapprima in mormorio sommesso, quindi in tono fragoroso come il tuono di Giove. “Il suo Concerto non vale assolutamente nulla, non è possibile suonarlo, i passaggi sono volgari, goffi, e cosi mal scritti che non si vede neppure un modo per correggerli. La forma è cattiva e banale”». Offeso Čajkovskij lascia la stanza. «non cambierò neppure una nota e lascerò il pezzo nella sua forma attuale» è la sua risposta, decidendo di dirottare la sua dedica su di un altro grande interprete dell’epoca, il celebre pianista e direttore d’orchestra Hans von Bülow, allievo di Franz Liszt, che da parte sua definì l’opera “originale e nobile!”.
Timeline | La vita | Le opere 1700
1800
Rosa Triplex
matita, acquerello, guazzo e gomma arabica su carta (1874) Dante Gabriel Rossetti Collezione privata
Il concerto fu eseguito per la prima volta a Boston nel 1875 con Bülow al pianoforte. Il successo fu immediato e travolgente. Curiosamente von Bülow eliminò in seguito il concerto dal proprio repertorio, mentre Rubinštejn finì col dirigerne la première moscovita e ad eseguirne la parte solistica in numerose occasioni. Scherzi del destino. L’opera, nonostante fosse stata predisposta per un lavoro tipicamente di derivazione occidentale, conserva in buona parte forme e timbri della musica popolare russa cui spesso Čajkovskij fa riferimento. Echi della tradizione nazionale e popolare che sono ancor più evidenti nell’opera di Antonín Dvořák. La Sinfonia n. 7 in Re minore, Op. 70, B. 141 ■, composta nel 1885, è considerata la sua opera più romantica. Esponente centrale della musica nazionale ceca, è colui che meglio rappresenta il tentativo di integrazione fra tradizione colta e spirito popolare slavo. Aveva un vero e proprio culto per il canto popolare, ma senza alcun limite e
1900
pregiudizio nazionalistico, tanto che s’ispirò alla musica non solo boema e morava ma anche slovacca, polacca, russa, serba e perfino americana. Oltre il repertorio, vale la pena sottolineare come l’ORT ritenga di grande importanza la scelta degli interpreti. Di fronte a composizioni monumentali come queste è giusto cercare interpretazioni moderne, fresche. Ci siamo distinti nella nostra storia per aver valorizzato tanti giovani talenti e lo facciamo anche questa volta con Paolo Bortolameolli, direttore cileno che ha un approccio molto moderno e innovativo alla musica (consigliamo vivamente la visione del suo canale You Tube). Giovane anche il solista, il siberiano Dmitry Masleev, notevole talento e grande carattere, a dispetto dell’età. Il valore di questi nuovi interpreti sta nella capacità di offrirci inedite sfaccettature, visioni anche originali nell’accostamento delle dinamiche, esecuzioni non troppo codificate, qualcosa che sorprende.
2000
PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ
(Votkinsk 1840 – San Pietroburgo 1893)
Concerto n.1 in si bemolle minore per pianoforte e orchestra op.23 durata: 32 minuti circa Non esiste forse una pagina di Čajkovskij più celebre del Concerto n.1 per pianoforte: travolgente nel suo generoso profluvio di temi, ammirata perché richiede una versatile abilità da parte del solista. Eppure, questa musica che ancor oggi suona alle nostre orecchie così coinvolgente, conobbe da parte di Čajkovskij non pochi ripensamenti, e la sua prima accoglienza fu tutt’altro che favorevole. Čajkovskij scrisse il Concerto nell’autunno del 1874, ansioso di dedicarlo e farlo ascoltare a Nikolaj Rubinstein, fra i più celebrati virtuosi di pianoforte di allora nonché direttore del Conservatorio di Mosca. Proprio al Conservatorio, la sera di Natale del 1874, ne venne organizzata un’esecuzione privata, suonata dallo stesso Čajkovskij davanti a Rubinstein. Fu un disastro: Rubinstein si scagliò in una serie di collerici rimproveri, giudicando assolutamente ineseguibile il Concerto, troppo strampalato nella sua frammentarietà di idee musicali. Pur avvilito, Čajkovskij trovò il coraggio di rispondere a Rubinstein che non avrebbe cambiato neppure una nota, e sottopose la partitura ad Hans von Bülow, celebrato direttore d’orchestra e rinomato pianista (allievo e genero di Liszt, prima che Cosima cadesse fra le braccia di Wagner): ricevendone stavolta elogi incondizionati. E fu proprio Bülow, nuovo dedicatario del lavoro, a tenere a battesimo il Concerto n.1 di Čajkovskij, suonandolo sotto la direzione di Banjamin Johnson Lang a Boston, il 25 ottobre 1875. Un successo a dir poco trionfale. Čajkovskij continuò comunque a rivedere la partitura per altre tre volte, fino a giungere alla versione del 1889, quella oggi solitamente eseguita. Modifiche presumibilmente dettate anche dalla
consapevolezza che quel suo Concerto si proponeva con una fisionomia particolarmente innovativa, quella stessa che sulle prime aveva irritato Rubinstein, il cui gusto era imbevuto di cultura musicale tedesca. Una tradizione che il Concerto n.1 di Čajkovskij spazza via d’improvviso: gli equilibri fra solista e orchestra tipici del concerto pianistico classico, il rilievo del pianista in quello romantico, lasciano qui campo aperto a una concezione di natura competitiva, con il pianoforte e l’orchestra che si fronteggiano in una vera e propria gara di virtuosismo. «Il conflitto scoppia fra due avversari di forze uguali», aveva scritto Čajkovskij all’amica mecenate Nadezda von Meck a proposito del nuovo Concerto che stava componendo, «perché alla potenza dell’orchestra e alla sua infinità varietà di colori tiene testa questo avversario più piccolo e risoluto (il pianoforte, ndr)». La popolarità del Concerto n.1 rimane soprattutto legata all’Allegro non troppo e molto maestoso d’inizio: movimento aperto da un gesto a piena orchestra, ampio e sorprendente, che porta subito in scena il pianoforte con i suoi scultorei accordi. Si staglia possente e gradevolmente enfatico, a dispetto delle sue origini, riconducibili (stando a quanto scrive Čajkovskij alla von Meck, nel 1879) ad una melodia popolare ucraina che il compositore aveva sentito suonare sull’organetto da un cieco. Tema grandioso, sottoposto a una fioritura di piccole variazioni da parte del pianoforte, ma che, in maniera assai originale, non ricomparirà più all’interno del movimento. La sezione successiva del quale (Allegro con spirito) è dominata da un motivo saltellante, annunciato dal pianoforte e riverberato nelle varie famiglie orchestrali,
che a sua volta lascia il posto a due nuove idee: la prima struggente ed evocativa, la seconda, agli archi, segnata da quel carattere sognante e da quel senso di stupore che spesso troviamo nei balletti di Čajkovskij. Sono questi due motivi a fornire la pietra angolare per uno sviluppo particolarmente elaborato, che impegna il pianoforte in passaggi ora di atletico virtuosismo ora di delicata introspezione, mentre l’orchestra non cessa mai di fornire le sue più fantasiose risposte timbriche. E dopo la cadenza (luogo deputato all’esibizione solistica, che qui dà vita a un suggestivo distillato di puri colori pianistici), il materiale tematico già ascoltato conosce l’inspessimento di una nuova metamorfosi sonora, trascinando il movimento, col sostegno delle granitiche ottave del pianoforte, verso la sua risoluta conclusione. L’Andantino semplice si propone come momento di estatica dolcezza, aperto da lievi pizzicati sui quali scivola la sognante melodia, quasi quella d’una berceuse, intonata dal flauto; un motivo teneramente ripreso dal pianoforte, che lo impiega per una ghirlanda di delicate variazioni con la complicità dell’orchestra. Il solo pianoforte dà poi vita a una seconda sezione del movimento, quasi un volo fantastico che si interrompe con la ripresa dell’atmosfera cullante dell’inizio. L’Allegro con fuoco chiude il Concerto con la foga di un vorticoso rondò, mosso da passi che paiono quelli di una danza squisitamente russa. Due i temi che si rincorrono: una baldanzosa e scomposta danza di paese, un motivo puramente melodico e struggente. La vorticosa girandola delle soluzioni cui l’abilità di Čajkovskij li sottopone esige dal pianoforte uno spettacolare impegno virtuosistico e dall’orchestra un impeto di non minor difficoltà: con il risultato di un’altalena emotiva fatta di risolute accensioni e languidi ripiegamenti, segnali tipici del mondo čajkovskiano che trovano il loro suggello nella solenne quanto trionfalistica conclusione. Francesco Ermini Polacci
ANTONÍN DVOŘÁK
(Nelahozeves 1841 – Praga 1904)
Sinfonia n.7 in re minore op.70 durata: 37 minuti circa
La fortuna professionale di Antonín Dvořák comincia verso il 1873, in coincidenza di una crisi creativa che gli fa ripudiare il wagnerismo e ripensare i modelli classici di Beethoven e Schubert, mentre grazie all’influsso del connazionale Bedřich Smetana, padre del nazionalismo musicale cèco, inizia a maneggiare il folklore della terra natia. Questo nuovo corso artistico gli procura una borsa di studio del governo austriaco assegnata da una commissione di cui fa parte il compositore Johannes Brahms, di solito poco indulgente con i colleghi. Dvořák invece gli va a genio: ne apprezza temperamento e originalità di idee, e lo raccomanda al proprio editore Simrock. È così che, a fine anni Settanta, il nome del musicista prende a circolare in Europa e negli Stati Uniti. Ma il suo primo, vero trionfo internazionale data al 1883, quando a Londra viene eseguito lo Stabat Mater. Un successo talmente smisurato che l’anno dopo Dvořák è invitato dalla Royal Philharmonic Society a dirigere la sua sesta sinfonia, mentre gliene viene commissionata una nuova per il 1885. Sarà quella in re minore che oggi conosciamo come Settima, ma che allora risultava essere la seconda, dato che il compositore aveva ripudiato le prime quattro e ancora lasciava la quinta in un cassetto. La Settima è una partitura spontanea, delicata, forme arrotondate e sguardo sereno, che per trasparenza di scrittura pare voltarsi verso certi scenari apollinei alla Mozart e alla Schubert o verso l’arioso respiro en plein air della Pastorale di Beethoven, anche se non le è estraneo l’esempio della recente Terza di Brahms di cui si colgono infiltrazioni in alcune piegature di melodia e armonia. Viceversa non
si scorgono particolari tinteggiature cèche, benché l’autore dichiari di aver concepito quest’opera avendo ben presente la sua terra e le esigenze di libertà e autodeterminazione che vi si esprimevano («Amore, Dio e Patria» erano le parole che gli frullavano per la testa durante la composizione). Dunque la Settima intende offrirsi come un ideale manifesto politico, però articolato sulla base di linguaggio e architetture di matrice austro-tedesca, cioè espressione di un mondo da cui la Boemia aspirava ad affrancarsi sul piano culturale e amministrativo. La sinfonia si apre con un Allegro maestoso, il cui tema principale ombroso e afflitto, un’angoscia profonda che per un attimo chiude la gola, giustifica il sottotitolo Del tempo torbido apposto all’opera dall’autore, il quale tuttavia intendeva riferirsi specialmente alla mestizia del secondo movimento, Poco Adagio. La ragione di tale appellativo va ricercata nella serie di lutti familiari che aveva colpito Dvořák a partire dal 1876. Comunque, a parte che nel tema doloroso dell’inizio, perlopiù la Settima si sviluppa serafica, tersa. All’immaginazione dell’ascoltatore evoca pacificanti prospettive naturalistiche, foreste vaste, ombrose d’alberi, chiome investite da una brezzolina primaverile e, in lontananza, le montagne carezzate da qualche raggio di sole. Durante lo Scherzo, terzo movimento, questo paesaggio agreste si anima di danzatori che intrecciano un furiant, ballo popolare cèco. L’ultimo movimento della Settima è un Allegro dal nobile piglio brahmsiano. Un grande balzo che poi si ripiega tortuosamente su se stesso ne costituisce l’idea portante. Tema di segno tragico che motiva, anch’esso, il nomignolo della sinfonia. Gregorio Moppi
DISCOGRAFIA CONSIGLIATA
Per il Concerto per pianoforte n.1 di Čajkovskij gli amici di Dischi Fenice ci consigliano una tra le esecuzioni ritenute più belle e emozionanti in tempi moderni, quella di Martha Argerich durante un concerto nel 1994 con i Berliner Philharmoniker diretti da Claudio Abbado (al prezzo di € 15,00 - Deutsche Grammophon). Per la Settima Sinfonia di Dvořák il suggerimento va su un confanetto di 2 CD dove sono raccolte le Sinfonie più conosciute del compositore ceco (n.5, 7, 8 e 9 “Dal nuovo mondo”) eseguite dalla London Symphony Orchestra, sul podio il direttore ungherese István Kertész (Decca, € 12,00). Sono titoli che troverete in negozio ovvero in via S.Reparata 8/B e nella loro consueta postazione nel foyer del Teatro Verdi di Firenze. Non mancherà naturalmente anche la discografia ORT per Sony Classical diretta da Daniele Rustioni e l’ultimo disco di Beatrice Venezi (Warner Music Italia) che ci vede come esecutori.
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Dopo essere stato prima Conducting Fellow di Dudamel nella stagione 2016/17 e dalla Stagione 2017/18 Assisstant Conductor, a luglio 2019 l’italo-cileno Paolo Bortolameolli è stato nominato Associate Conductor della Los Angeles Philharmonic. La sua è un’agenda fitta di concerti tra America, Asia e Europa. In questa stagione si esibisce a Los Angeles presso l’Hollywood Bowl, lavora con le Orchestre Sinfoniche di Houston, Cincinnati, Detroit e Vancouver, l’Orchestra Gulbenkian / Lisbona e l’Orchestra of the Americas / Messico. Inoltre, debutterà con la Hong Kong Philharmonic all’Hong Kong Festival. Premiato tre volte in Cile dalla Arts Critics Association come Direttore Sinfonico e Direttore d’Opera dell’anno, è sempre impegnato nella sperimentazione di nuove forme di musica e nel ricercare nuovo pubblico. È artefice di progetti innovativi come il RiteNow, una celebrazione dei 100 anni di Rite of Spring, e come creatore di “Ponle Pause”, un progetto che cerca di rivoluzionare il concetto di educazione musicale attraverso la realizzazione di brevi video e concerti rivolti agli utenti dei social network. Nel 2018 è stato ospite di un TED Talk a New York.
DM M IT AS R LE Y EV “Una scoperta e un pianista eccellente”, questo è il modo in cui Boris Berezovsky descrive il suo pupillo e regolare partner artistico Dmitry Masleev, il quale si è imposto sulla scena musicale internazionale quattro anni fa come acclamato vincitore del Concorso Pianistico Internazionale “Čajkovskij” di Mosca. Da allora, in aggiunta alla Russia, Germania e Francia sono diventate destinazioni particolarmente importanti per il giovane pianista. In questi paesi Masleev ha collaborato con le principali orchestre e i suoi recital diventano sempre un trionfo per il pianoforte. Nato e cresciuto a Ulan-Ude (una città della Siberia situata fra il lago Baikal e il confine con la Mongolia), si è formato al Conservatorio di Mosca, avendo come insegnante il Professor Mikhail Petukhov, e all’Accademia Internazionale ‘Lago di Como’. Il nuovo album di Dmitry Masleev, inciso con la Sinfonica di Stato Siberiana, è stato pubblicato a dicembre del 2019 dalla leggendaria etichetta russa Melodia, famosa per le incisioni di Richter, Gilels, Davidovich e altri grandi pianisti russi.
www.dmitry-masleev.com @dmitrymasleev Dmitry Masleev @dmitrymasleev
Violini Primi Daniele Giorgi * Virginia Ceri * Alice Costamagna ** Paolo Gaiani ** Angela Asioli Stefano Bianchi Gabriella Colombo Francesco Di Cuonzo Alessandro Giani Susanna Pasquariello Violini Secondi Chiara Morandi * Marian Elleman ** Marcello D’Angelo Chiara Foletto Annie Fang Hsu Yu Marco Pistelli Paolo Vuono Eleonora Zamboni Viole Stefano Zanobini * Giulia Panchieri * Pier Paolo Ricci ** Caterina Cioli Alessandro Franconi Sabrina Giuliani
Violoncelli Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Andrea Landi ** Simone Centauro Giovanni Simeone Contrabbassi Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Margherita Naldini Flauti Fabio Fabbrizzi * Claudia Bucchini * Oboi Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani * Clarinetti Emilio Checchini * Marco Ortolani * Fagotti Paolo Carlini * Umberto Codecà *
Corni Andrea Albori * Alberto Bertoni Gianni Calonaci Gabriele Galluzzo Trombe Luca Betti * Donato De Sena * Tromboni Paolo Masi * Stefano Bellucci Sergio Bertellotti Timpani Tommaso Ferrieri Caputi * * prime parti ** concertino Ispettore d’orchestra e archivista Alfredo Vignoli @orchestradellatoscana Orchestra della Toscana @ort_insta
L’ORT PRESENTA I NUOVI DIRETTORI
La Fondazione ORT, alle porte dei 40 anni, annuncia le prime novità. Sono stati ufficialmente presentati i nuovi direttori dell’Orchestra della Toscana. Si sta infatti per chiudere un lungo e felice periodo della nostra storia che ha visto grande protagonista Daniele Rustioni. Nel maggio 2020 scadrà il contratto che lo lega all’ORT come direttore principale. Si tratta di un sodalizio iniziato nel 2011 quando Rustioni aveva appena ventotto anni. È stato per tutti un momento
di crescita e di sviluppo, coronato da numerosi successi, da tournée internazionali ed incisioni discografiche. Quando si chiudono cicli così lunghi e fortunati, si ha l’obbligo di cercare nuove strade. Serve qualcosa che faccia compiere un salto, uno scatto verso nuovi orizzonti. Ed ecco qua che a pochi giorni dall’ormai imminente 40.mo compleanno la Fondazione annuncia le prime importanti novità: la finlandese Eva Ollikainen sarà il nuovo direttore principale, mentre Beatrice Venezi e Nil Venditti saranno entrambe direttore ospite principale. Ma non è finita qui. Infatti, sempre a partire dal prossimo anno, sarà con noi e darà il suo apporto creativo come artista in residence Lorenza Borrani. Fiorentina ma ormai cittadina del mondo, svilupperà in piena libertà dei progetti autonomi con l’orchestra all’interno di un perimetro piuttosto ampio. Come degno completamento di questa nuova squadra tutta femminile siamo contenti di poter annunciare che James Conlon - uno dei più versatili e stimati direttori internazionali - sarà il direttore onorario dell’ORT e dirigerà due produzioni in stagione da qui al 2021.
PROSSIMI
APPUN
TAMENTI
h. 17.00
mer 01 GENNAIO
Concerto di Capodanno BEATRICE VENEZI direttore CLARISSA COSTANZO soprano GABRIELE MANGIONE tenore musiche di Puccini, Verdi, Rossini, J.Strauss
ven 10 GENNAIO DMITRY SITKOVETSKY direttore e violino
musiche di Prokof’ev, Čajkovskij, Brahms
h. 21.00
FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA
Via Verdi, 5 - 50122 Firenze tel. (+39) 055 234 2722 - 0710 fax (+39) 055 2008035 orchestradellatoscana.it Consiglio di Amministrazione Maurizio Frittelli pres Francesca Bardelli vice pres Elisabetta Bardelli Ricci Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi Revisore unico Vittorio Quarta Direttore artistico Giorgio Battistelli Direttore principale Daniele Rustioni
Direttore generale Marco Parri Direttore servizi musicali Paolo Frassinelli Area Comunicazione Riccardo Basile Ambra Greco Claudia Arcari
TEATRO VERDI Via Ghibellina, 99 50122 Firenze BIGLIETTERIA Via Ghibellina, 97 50122 Firenze da lun a sab 10-13 e 16-19 tel. (+39) 055 21 23 20 www.teatroverdifirenze info@teatroverdionline.it
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Sviluppo e fundraising Elisa Bonini Amministrazione Simone Grifagni Cristina Ottanelli Ufficio del personale Andrea Gianfaldoni Segreteria Stefania Tombelli dir generale Tiziana Goretti dir artistica Servizi tecnici orchestra Angelo Del Rosso
Personale di sala Lisa Baldi Francesco Bazzani Pietro Carnera Tommaso Cellini Gaia Cugini Lorenzo Del Mastio Elena Fabbrucci Enrico Guerrini Caterina Lupi Pasquale Matarrese Giulia Mazzoni Vieri Ulivi Alice Zanobini
OspitalitĂ e sala Teatro Verdi Fulvio Palmieri Paolo Malvini Palcoscenico Teatro Verdi Walter Sica Carmelo Meli Sandro Russo Alessandro Goretti Sara Bonaccorso
Progetto grafico e impaginazione Ambra Greco Foto e Illustrazioni Alikhan Photography (cop, 11) Michiko Tierney (cop), Gentileza (10) Marco Borrelli (12, 13) Marco Mazzari (14a), John Walsh (14b)
Stampa Grafiche Martinelli (Firenze)
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