L’innovazione di processo l’area delle operations (parte 2)

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➲ G. di Monte e G. Fiacconi (O.PeR.A. srl)

L’innovazione di processo: l’area delle operations (parte 2) AL FINE DI GARANTIRE IL FLUSSO L’APPROCCIO LEAN PREVEDE DI ADATTARE LA CAPACITÀ PRODUTTIVA ALLA DOMANDA PUNTANDO AL LIVELLAMENTO DELLA PRODUZIONE E DI CONSEGUENZA ALLA SINCRONIZZAZIONE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI

I

In un contesto produttivo caratterizzato da una sostanziale stagionalità, in cui quindi la domanda tende a concentrarsi in precisi momenti dell’anno, adattare la capacità produttiva alla domanda pone le aziende di fronte a scelte necessarie che se non adeguatamente pianificate rischiano di vanificare con livelli di servizio inaccettabili tutti gli sforzi di ricerca che continuamente si fanno sul prodotto e sulle collezioni. Senza scendere nel merito della possibili leve commerciali, troppo legate al mercato delle singole aziende, che potrebbero comunque aiutare a disegnare un piano delle domanda più adeguato alla capacità produttiva, smorzando i picchi della domanda attraverso una più uniforme distribuzione della stessa nell’intero periodo produttivo, di fronte a una domanda concentrata e con una capacità produttiva interna sostanzialmente fissa (Fig. 1), adeguare la capacità produttiva alla domanda, consegnando puntualmente al cliente vuol dire: a) Dimensionare il momento di inizio della produzione (assemblaggio e rifinitura) che ci permetta di produrre in tempo tutto quanto richiesto;

b) Verificare se è necessario ricorrere a lavoro straordinario ed eventualmente in quale periodo e in quale misura; c) Individuare le eventuali quantità da esternalizzare presso terzisti definendone periodo e quantità. Spesso la soluzione a cui porta la pianificazione è un ibrido che ricorre a tutte le suddette leve e che dovrebbe trovare nella soluzione attuabile economicamente più conveniente la via da seguire.

Linee di produzione più efficienti Guardando alla pianificazione in questi termini sembrerebbe tradire uno dei principi lean relativo alle “zero scorte”, sta di fatto che il pensiero lean rifiuta gli sprechi e quindi tutto ciò che non è indispensabile a servire il cliente e quindi che il cliente subisce come costo e non percepisce come valore. Ripercorrendo le logiche seguite, magari rifacendosi anche ai precedenti articoli in cui il processo di pianificazione della produzione è stato ben descritto, ci accorgiamo quindi che pesando corret-

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Confronto domanda-capacità produttiva 16,0% 14,0% 12,0% 10,0% 8,0% 6,0% 4,0% 2,0% 0,0% gen

feb

mar

apr

mag

domanda

giu

lug

ago

set

ott

nov

dic

capacità produttiva

Fig. 1 – La stagionalità della domanda

Processo PACEMAKER

Logica FIFO Taglio

Giunteria

Preparazione assemblaggio

Assemblaggio

Rifinitura

Fig. 2 – Il processo pacemaker

tamente le nostre scelte di pianificazione andremmo proprio nella direzione del miglior servizio al minor costo che non contraddice affatto la lotta agli sprechi. Gli sprechi vanno viceversa ricercati e rimossi all’interno dei processi produttivi perché hanno un forte impatto sulla capacità di rispettare i piani definiti. Processi instabili o forniture inaffidabili, quantitativamente o qualitativamente, capacità produttiva insatura o poco flessibile, sono in sè sprechi che inducono le aziende ad adottare scorte di sicurezza (sprechi ulteriori) su materiali, componenti e semilavorati come soluzione a questi. I principi lean assumono una valenza strategica nella ricerca continua delle cause alla radice di ogni potenziale causa di spreco e su queste è necessario concentrarsi. La qualità del prodotto “vissuta” come il frutto di processi di qualità in cui siano state ricercate le condizioni a garanzia del risultato atteso, una manodopera flessibile (cioè capace di adattarsi in modo efficiente alla variazioni di mix), la stabilità e standardizzazione dei processi, sono elementi basilari per bilanciare e quindi rendere più efficienti le linee di produzione. Pur in assenza delle condizioni “ideali” anche la conoscenza della rigidità del sistema produttivo e dell’eventuale gap da

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colmare in termini di flessibilità possono diventare strumenti efficaci per garantire il rispetto dei piani di produzione; infatti la reale capacità produttiva in funzione del mix di prodotto permette di dimensionare con esattezza l’input da fornire ai reparti di assemblaggio affinché diano in output il risultato atteso; in questo ambito si parla di livellamento. Effettuare il livellamento della produzione significa mantenere il più possibile costanti nel tempo mix e volume del flusso tra le diverse fasi del processo, in modo tale da regolarizzarlo e da renderlo più facilmente controllabile. È naturale che questo mix non può essere costante e stabile per tutto il periodo produttivo ma dovendo essere estratto dal piano di produzione per rispondere alla domanda sarà variabile in periodi di consegna diversi, ma fisso all’interno di un dato periodo produttivo. Adottare e pianificare un mix livellato, come facilmente intuibile, contribuisce a rimuovere un primo grande “spreco” ossia la necessità di dover disporre di volumi di tomaie giuntate decisamente più grandi rispetto alla capacità di assorbimento delle linee di assemblaggio a valle, soluzione generalmente adottata per disporre delle tipologie di prodotto che opportunamente caricate permettano di garantire la giusta produttività con le risorse a disposizione. Nell’adozione di un mix livellato tuttavia la difficoltà non è tanto nel dimensionamento, che richiede di conoscere la capacità produttiva disponibile e quella assorbita da ciascun articolo e quindi di bilanciare le linee di conseguenza, ma nel garantirne la disponibilità coordinando l’intera filiera a monte. Analizzando il flusso dei processi produttivi tipici calzaturieri, infatti non è difficile riconoscere come le linee di assemblaggio e rifinitura, a meno di carenze qualitative, siano capaci di garantire un “flusso teso”, dove cioè vige la logica FIFO, ciò che invece è necessario coordinare e sincronizzare è l’intera filiera a monte. La necessità di sincronizzare è tanto più stringente quanto più ci si voglia spingere nella direzione della riduzione delle scorte di materie prime e semilavorati, per cui in ottica lean è necessario attivare un sistema efficace per raggiungere questo obiettivo. In questo conteso si introduce il concetto di pacemaker ossia di elemento di programmazione (il cui oggetto è il mix livellato) con lo specifico obiettivo di coordinare, tirandoli, i processi a monte, che viceversa, rischierebbero di muoversi in maniera slegata e pur se efficiente, non funzionali agli obiettivi di servizio e performance complessivi della filiera. Nel caso del processo calzaturiero può essere immaginato per esempio un pacemaker proprio in prossimità della fase di preparazione all’assemblaggio e alla rifinitura (Fig. 2).


famiglie

TC (min)

paia/gg

mix sett.

mix gg.

% paia

n. bolle

GT A

45,00

320

480

96

20,0

8

GT B

30,00

480

240

48

10,0

4

GT C

24,00

600

1200

240

50,0

20

GT D

18,00

800

300

60

12,5

5

GT E

32,00

450

180

36

7,5

3

2400

480

100

40

Fig. 3 – Mix livellato per il processo pacemaker

Livellare la produzione Un primo passo verso il livellamento è quello di definire le famiglie di prodotto (Group Technology) in cui risulta divisa la produzione. Per definire una Group Technology occorre classificare le componenti di un prodotto e riunirli in famiglie composte da “parti” simili per sfruttare i vantaggi che le similitudini possono offrire nella programmazione della produzione, avendo lo stesso ciclo di lavorazione e tempi confrontabili (entro il 10% di differenza l’uno dall’altro). Ipotizziamo per esempio che in una azienda calzaturiera si siano suddivisi tutti gli articoli da produrre in una stagione in 5 Group Technology e per ciascuna di queste siano stati rilevati i tempi di produzione delle fasi di assemblaggio e rifinitura. Ipotizzando che si conosca il mix richiesto settimanale per un certo periodo è possibile determinare la domanda giornaliera richiesta; noto il Takt Time, che si suppone pari ad 1’ ossia 480 paia richieste al giorno e identificata la quantità ideale per lotto di ciascun articolo appartenente alla famiglia di prodotto (nel nostro caso 12 paia) che di solito sono pari alle tomaie che è possibile introdurre in un contenitore nella fase di preparazione, si avranno i dati riportati nella tabella di Figura 3. Dalla tabella è possibile a questo punto calcolare il numero di pitch (bolle) da mandare in produzione per soddisfare la domanda giornaliera e che quindi saranno proprio oggetto della programmazione del processo pacemaker che si è detto porre nella fase di preparazione all’assemblaggio. Sulla base dei tempi di ciascuna bolla, che risulteranno pari a 12’ (ossia paia per takt time) sarà anche possibile definire delle sequenze produttive ottimali. Nel nostro caso si è scelto per esempio, in presenza di alcuni vincoli di natura tecnica (disponibilità delle forme e di altre attrezzature), di suddividere la giornata lavorativa in 4 intervalli e di mandare in produzione le sequenze così come riportate in Fig. 4. È chiaro che nel caso suddetto per ogni bolla può essere presente uno specifico articolo della Group Technology o al limite lo stesso articolo. Le sequenze possono essere variate a seconda

sequenze possibili C

C

C

C

C

A

A

B

D

E

120’

C

C

C

C

C

A

A

B

D

E

120’

C

C

C

C

C

A

A

B

D

E

120’

C

C

C

C

C

A

A

B

D

D

120’

Fig. 4 – Sequenze possibili per il mix livellato

delle necessità così come lo stesso mix laddove la domanda del cliente dovesse variare per una specifica settimana. Questa impostazione consente anche di organizzare al meglio la zona di carico della linea di produzione disponendo i contenitori prossimi alla produzione nella stessa sequenza definita; al tempo stesso tale disposizione può consentire di ottimizzare le fasi di prelievo e preparazione dei componenti necessari alla produzione da parte del magazzino e dai rifornitori. Uno studio dei LT di lavorazione e approvvigionamento, come pure un’attenta analisi dell’affidabilità dei diversi terzisti e fornitori, nonché il dimensionamento di eventuali scorte minime di sicurezza, può permettere al pacemaker di definire il momento al più tardi entro il quale emettere ordini di acquisto e lavorazione per far arrivare in azienda tutto e solo quello che serve al completamento del mix livellato. È chiaro che il raggiungimento di questi risultati non può prescindere dalla definizione di rapporti strutturati con la supply chain senza il contributo collaborativo della quale è pressoché impossibile sincronizzare le forniture nella direzione di specifici mix programmati, a meno di non aumentare notevolmente le scorte di materie prime e semilavorati.

Sincronizzare l’approvvigionamento e l’utilizzo dei materiali con la domanda Una delle maggiori sfide che le aziende sono chiamate a svolgere è quella di disporre di tutti i materiali necessari per realizzare la produzione nei tempi richiesti dal mercato, sfida fortemente sentita dalle aziende calzaturiere che devono sin-

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Attrezzature per la produzione

Fondi Tacchi Solette Accessori

Materiale di taglio

Componenti a numero

Prodotti in corso di lavorazione

Semilavorati

Pellami Fodere Tessuti

Materiali di consumo

Lavorazioni su componenti Lavorazioni su tomaia

Fig. 5 – Materiali e componenti nella filiera calzaturiera

Materiali gestiti

Posizione dei materiali

Percorsi dei materiali

- Giacenza - Fabbisogno - Tempo di riordino

- Si trovano facilmente i materiali in magazzino? Quanto tempo si impiega (perde) per cercarli? - È semplice ed ergonomico prelevarli? (disposizione dei materiali in magazzino) - È semplice ed ergonomico la modalità di prelievo dei materiali durante la lavorazione? (disposizione dei materiali sul posto di lavoro)

Come sempre il ruolo delle informazioni è determinante per garantire la buona organizzazione del lavoro (Fig. 6) , in quest’ambito l’approccio Lean, malgrado sia stato pensato e testato su aziende caratterizzate da produzioni molto più standardizzate e meccanizzate rispetto alle aziende calzaturiere che invece realizzano produzioni molto frazionate sia per quantitativi che per numerosità di articoli in produzione, può fornirci un valido aiuto non solo con le linee guida che ci suggerisce di seguire ma anche con strumenti molto operativi e disarmanti nella loro semplicità (Fig. 7). Giusto per fare un esempio immaginiamo cosa succede alla produzione se finisce il termoplastico per la premonta e questo non sia immediatamente disponibile presso la postazione di lavoro. Il nostro premontatore (uno degli operatori più esperti e costosi della produzione) parte per il magazzino e va a “cercarsi” il termoplastico; se lo trova ha risolto l’emergenza, altrimenti occorre uscire (lui o un’altra persona), abbandonando qualsiasi altra attività portata avanti, per reperire il termoplastico. Normalmente, per non correre questo rischio, accanto alla premonta sono disponibili tali quantità di termoplastico da poterci fare anni di lavoro. Questo esempio potrebbe essere ripetuto per tanti dei materiali di consumo, materiali di cui, spesso, conosce l’esistenza solo l’utilizzatore. Quali gli effetti di questa gestione?

- Si adotta il percorso più lineare per far entrare ed allocare i materiali in magazzino? - Si adotta il percorso più lineare per trasferire i materiali dal magazzino al punto di utilizzo?

Fissare gli obiettivi Affidabilità delle forniture

- Esiste un sistema di valutazione delle formule in funzione di parametri di qualità, quantità, tempo e costo?

Fig. 6 – Le informazioni giuste per la sincronizzazione

cronizzare diverse tipologie di materiali e coordinare diversi fornitori (Fig. 5). Nella maggior parte dei casi le difficoltà riscontrate nella gestione di questi aspetti si giustificano con una insufficiente o poco puntuale attività di pianificazione, ma, lasciando da parte la pianificazione, l’azienda calzaturiera mette in atto tutte le azioni possibili per garantire una corretta gestione delle scorte?

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Osservare i processi

Implementare le soluzioni più semplici

Attuare il miglioramento continuo Fig. 7 – I passi dell’implementazione dei concetti lean


Punto d’uso

Quantità

PREMONTA

6

Codice

Descrizione

TMP01

TERMOPLASTICO 01 Ubicazione magazzino A8 Kanban n.1 emesso il 28/02/2013

Fig. 8 – Esempio di cartellino kanban di prelievo

1. Perdita di efficienza. 2. Pessimo impiego delle risorse, nel nostro esempio la più costosa (l’azienda paga per camminare invece che per produrre). 3. Interferenza con altre attività produttive per risolvere l’emergenza. 4. Occupazione di spazi dedicati alla produzione con materiali non necessari alla stessa. 5. Volumi di scorte elevati.

La Lean Manufacturing suggerisce di utilizzare il “kanban di prelievo” uno strumento utilizzato dalla produzione per segnalare al magazzino la necessità di materiali (Fig. 8). Il kanban viene esposto quando si raggiunge il “punto di riordino” ovvero il quantitativo che deve sempre essere presente sul punto di utilizzo per far sì che la produzione non si fermi mai. Benefici: 1. La produzione si ferma solo per cause eccezionali. 2. Gli addetti alla produzione impiegano il loro tempo per produrre. 3. Il magazziniere sa esattamente cosa prelevare, dove e dove riportare il materiale. Analogamente a questo esempio è possibile organizzare al meglio tutti i rifornimenti di materiali e componenti per le fasi successive di produzione ottimizzando chiaramente nel miglior modo possibile quelle in prossimità del processo pacemaker che, come detto, deve garantire un flusso teso tra la fasi di preparazione fino al versamento dei prodotti finiti in magazzino. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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