numero 4
settembre 1965
• selezione
della. critica d'arte contemporanea
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La critica discorde- � S� K. Langer L' in fluénza sociale del design - T. Munro Recenti sviluppi dell'estetica in �e--:· rica - G.- v_eronesi_ Sull,.architettura- del secolo - L. Vinca Masini Le mostre del l'estate '65 - Libri, riviste e mostre ·
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edizioni « Il centro »
Op.cit. rivista quadrimestrale di selezione della critica d'arte contemporanea
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po
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E:lizioni e Il centro >
S. K. Langer
L'influenza. socia.le del design La
critica.
5 20
discorde
T. Munro
Recenti sviluppi dell'estetica. in America.
44
L. Vinca Masini
Le
65
G. Veronesi
Sull'architettura. del secolo
mostre dell'estate
Libri, riviste e
'65
mostTe
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Vitaliano Corbi, Teresa De Angeli, Lilliana De Fez, Renato De Fusco, Daniela Del Pesco, Cesare . De Seta, Italo Prozzillo, Simona Ricciardelli, Maria Luisa Scalvini, Lucio Tesauro. Alla redazione di questo numero hanno colla.borato:
L'influenza sociale del design* SUSANNE K. LANGER
Nel programma della conferenza· che ci riunisce qui siamo spinti a riesaminare la premessa su cui è basata l'intera discussione:
l'assunto e che l'ambiente circostante
ha, in realtà, effetti tangibili sui suoi abitanti >, cosicché c'è realmente una ragione nel cercare di formarlo in modo vantaggioso per la società e per le singole persone. e Am biente > è un termine vasto e così pure e effetti tangibili >. Un .ambiente artico ed uno tropicale, un deserto e una metropoli avrebbero evidentemente effetti diversi sui loro rispettivi abitanti. Io restringerò il termine a quello che ritengo
il lato umano dell'ambiente inteso come lo
aspetto visuale delle cose fatte dall'uomo:
dagli edifici,
i ponti, le strade principali e simili fino agli utensili delle nostre cucine e alle sedie dei nostri portici o patii. Questo è
il senso della parola e design > che va intenzio-:
nata, io penso, nel domandarsi se influisca realmente coi
suoi effetti positivi e negativi sulla gente. Il senso più ampio in cui alcuni dei partecipanti alla conferenza sem brano usare e design > - nel significato cioè di proget-. tazione sociale - difficilmente ci condurrebbe ad una que stione di valutazione. Cosl pure per
il termine e tan-
• Questo articolo è il testo d'una conferenza tenuta ad un semi nario organizzato dall'Università di Princeton durante lo scorso anno. Insieme alle altre relazioni verrà pubblicato prossimamente dalla casa editrice Doubleday & Co. di New York.
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gibili effetti > penso che i risultati di un design buono o cattivo sarebbero troppo difficili da valutare, anche se dovessero· risultare del tutto evidenti. Lasciatemi parlare, perciò, piuttosto di « apprezzabili effetti > ed indagare la realtà e l'importanza di tali influenze estetiche. La maggior parte dei problemi che sorgono da un contesto cosi genericamente definito ne richiama altri più vasti, che sono di natura_ filosofica : qual è la natura del design ? Qual è in esso il metro del buono e del cat tivo? Che relazione può mai avere con qualsiasi altro importante fattore della vita umana come benessere men tale, moralità, progresso intellettuale, o anche soltanto felicità· personale? Tali domande toccano l'intera que stione della natura e dell'importanza dell'arte. Inoltre sen za approfondire alcuni di questi fondamentali concetti basilari non è possibile rispondere in modo sistematica mente sviluppato e logicamente lungimirante a domande specifiche come per esempio, in che modo il design delle lampade stradali e il loro rapporto con gli alberi o i pro fili delle costruzioni all'angolo possano concernere la qua lità della vita cittadina, o perché le insegne commerciali, non importa quel che annuncino e i meriti o i deme riti della loro raffigurazione pittorica, abbiano un effet to cosi volgarizzante sulla vita giornaliera alla quale esse razionalmente e naturalmente appartengono. Noi siamo gente commerciale e le nostre città sono centri commer ciali; non può essere il commercio che dà alle insegne il loro carattere degradante. Le esposizioni nelle vetrine . dei negozi sono altrettanto commerciali, ma esse tendono a migliorare la scena del paesaggio urbano. Non intendo in alcun modo porre qui tali problemi, ma citarli soltanto per illustrare qual sorta di questione, eludendo il senso comune, può andar dritta a:lle radici filosofiche di un pensiero teoretico per trovare la sua 6
risposta.
Poiché queste radici appartengono a tutta quanta la filosofia dell'arte, estenderò il significato cli e design>, per gli scopi di questa discussione, a tutti i prodotti arti stici, teoricamente a tutte le arti della musica alla lette ratura fino alle arti plastiche, ma in pratica, per que sta occasione, alle sole forme visuali. L'influenza sociale del design, che siamo stati indotti a riesaminare e · ri considerare, poggia sulla natura e la funzione essenziale dell'arte. E poiché ho già avuto a che fare per diversi anni con questo argomento, sono pronta a soffermarmi su di esso. Naturalmente, nei limiti cli una singola ed isolata conferenza, non posso percorrere tutti i gradini che conducono dalle osservazioni empiriche - che noi tutti probabihnente abbiamo in comune - alle conclu sioni teoretiche,- ma posso soltanto formulare le ultime nella speranza che esse stimolino le vostre riflessioni. L'arte ha molte funzioni nella vita dell'uomo, pub- · blica e privata. I motivi sui· quali sono basate le compo sizioni - ossia ciò che è rappresentato nei dipinti, nelle sculture e nei disegni di decorazioni figurative - indi cano le preoccupazioni dell'artista che normahnente sono connesse a quelle del suo pubblico. L'inconscio simbo lismo che si insinua in esse rivela gli interessi più stret- · tamente privati dell'artista e può diffondere il suo la voro presso alcune altre persone perché (tale simboli smo) suona una campana anche per loro, sebbene non ne abbiano più coscienza di chi suona. L'arte può essere più . apertamente un prodotto della passione, il ricordo d'una esperienza emozionale; essa può essere concepita in un momento di rabbia o di amore o di dolore, in rassegnazione o rivolta, ed essere prodotta sotto costanti rinnovamenti dell'emozione originale a toglier via il tu multo. Oppure un'opera può essere commissionata, fatta per denaro o per fama; può essere stata ordinata come il simbolo di una condizione sociale del cliente che può
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essere un privato o una comunità civica o addirittura na zionale. L'arte può essere un veicolo di idee, di critica sociale, di confessione, o di ciò che è stato definito « pub blico sogno ad occhi aperti>. L'arte può servire e serve tutti questi fini. Ma così fanno molte cose diverse dall'arte; e, quel che
è più notevole, una cattiva arte le farà altrettanto
bene e spesso meglio che una buona arte. La rappre sentazione,
l'espressione
personale,
l'esibizione,
il predi
care e l'insegnare, il sognare possono tutti essere realiz zati .da ob;ets d'art che noi chiamiamo e mediocri> per sola
cortesia. Una sola funzione appartiene unicamente
alla buona arte ed
è proprio ciò che la rende buona: la
resa oggettiva del sentimento ad una percezione diretta dello spettatore. E questo differente dalla
è qualcosa di completamente
e espressione del
sentimento> in
senso
abituale, che è la rappresentazione di emozioni che sta provando l'artista. Tali emozioni sono espresse
sia dai
loro sintomi comuni, sia dalla rappresentazione di eventi e oggetti che fanno supporre cosa si debba sentire. La espressione artistica è una espressione di idee: dell'artista,
a che sentimento somigliano,
nascono
prendono forma,
e
le idee
in che modo
crescono, culminano
come
onde· che si infrangono. e si esauriscono; sono cose che ùn artista sa intorno alla realtà soggettiva e che
poi
proietta in termini visuali. Non il confluire di tumulti emozionali ma le concezioni del sentimento costituiscono l'importanza dell'arte. E qui può esserci una · chiarificazione sull'uso della parola e sentimento>. Per e sentimento> io intendo qual siasi cosa può essere sentita, compresa la sensibilità e l'emozione. La parola è spesso usata in significati più limi tati - percezione distinta socondo i sensi: vista, udito, odorato, etc., o in un senso particolare del tutto dif8
ferente come sentimento
di
piacere e dispiacere, o ancora
come consapevolezza di una generale condizione del cor po, un sentirsi bene o male, o per indicare disposizioni d'animo come sentirsi depresso o ardente o in qualsiasi altro modo.
Io mi servo di essa nel senso più ampio,
come comunemente la usiamo, comprendendo tutti i suoi significati
accettati. I
nostri organi
periferici
dei sensi
sentono l'urto col mondo esterno;
e ciò noi chiamiano
la
ogge�tiva.
nostra
percezione
della
realtà
Nell'intimo
sentiamo il sorgere, il vibrare e la cadenza delle emo zioni, gli slanci di un pensiero concertato e l'evocazione più o meno volontaria di immagini da qualche sconosciuta profondità della memoria e
della fantasia. Questi fatti
interiori sono noti a ciascuno di noi come un mondo pri vato di immediatezza soggettiva . La nostra concezione immaginativa o considerazione umanizzata di cose, luoghi, fatti, azioni è diretta da un
il mondo
costante sviluppo dei nostri sentimenti verso
intorno a noi. Il sentimento è innato, spontaneo, istintivo; ma esso è anche sviluppato, formato, educato. Questa può sembrare alla maggior parte della gente una strana asserzione;
come
possono . i
sentimenti
essere
educati?
Con che mezzi si formano e si sviluppano ? Essi si formano come le nostre idee del mondo: con l'influenza delle immagini che li articolano e li producono per la nostra contemplazione, cosicché i loro ritmi diven gono chiari e familiari. Il potere delle immagini molto
considerato
nella
recente
letteratura,
è stato
come
può
mostrare un rapido sguar�o ai soli titoli dei libri: Icona e
Idea, L'Icona verbale, L'Immagine, L'Immagine deli'uo mo nella letteratura drammatica, Immagine e significato, Immagine ed idea. E questi sono solo i pochi che si trovano sui miei scaffali. Proprio come la nostra visione è guidata verso una esatta ed · intelligente percezione delle cose dal modo in cui esse sono presentate, in due o tre proiezioni dimen-
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sionali o in semplici scritture o in qualsiasi altro modo, i nostri sentimenti sono guidati e plasmati dalle forme in cui i diversi artisti li hanno proiettati. Essi cadono naturahnente in quelle forme, e si sviluppano nei modi predisposti da esse. Inoltre noi impariamo il sentimento dal vederlo espresso in arte, perché quella espressione lo rende comprensibile. Un'opera d'arte è una logica proie zione in cui il sentimento appare come una qualità del l'oggetto creato, dell'opera. Quella qualità è ciò che ha la buona arte e manca alla cattiva; è l'idea dell'artista inesprimibile in proposizioni verbali, ma chiaramente per cepibile come quello che conta della sua rappresentazione. Per distinguere questo genere di espressione emotiva da quella che è geriericamente chiamata così, possiamo deno minarla espressività. L'espressività può appartenere a forme che non rap presentano affatto oggetti o esseri o avvenimenti - alle linee pure, alle composizioni in spazio, luce e colore, alle proporzioni, ai contrasti - ad ogni e a tutti gli elementi del design. Essa è realizzata sempre intuitivamente, spesso inconsciamente, cosi che molti artisti credono di seguire scopi del tutto differenti. La storia dell'arte ce ne dà un esempio sorprendente ed anche istruttivo perché essa pone non solo la formazione, m� l'influenza· delle idee artistiche su una scala piuttosto vasta, e può illustrare cosa io · in tendo per influenza sociale del design. Durante l'età aurea della pittura, il Rinascimento, e· per diversi secoli dopo, i grandi pittori hanno sempre so stenuto che loro scopo era una esatta raffigurazione della natura. Leonardo raccomandava l'abitudine di prendere un vetro e abbozzare su di esso i contorni degli oggetti visti attraverso di esso. Diirer. faceva reticolati e forme geometriche in cui si dovevario tracciare proporzionata10
mente figure. Alberti scrisse libri di consigli su come mi-
surare e rendere le forme e le �elative posizioni degli oggetti nello spazio. E tuttavia in realtà nessuno degli artisti raffigurò ·nei suoi affreschi o sulle sue tele ciò che una macchina foto- · grafica avrebbe mostrato. Nessuno dei loro dipinti risulta « corretto > quando si applica una misura geometrica alle loro prospettive, o ai gradi di torsione nei loro corpi umani. Friedrich Theodor Vischer fu forse il primo che fece notare che lo spazio di un quadro non era la semplice proiezione di un reale spazio visivo, come ci mostra lo specchio, sia pure con destro e. sinistro invertiti. Il che significava, naturalmente, che gli oggetti sulla superficie dipinta, anch'essi non erano semplicemente trascritti dalla immagine reale. Ma fu Gustav Britsch che analizzò la differenza e scoprì che le leggi della vista e quelle della rappresentazione del mondo visibile non erano le stesse. Lo sviluppo della · macchina fotografica e della foto grafia come un'arte venne a rinforzare le sue tesi. Per l'occhio della macchina fotografica, la misura di un oggetto diminuisce molto più rapidamente che per l'occhio del l'uomo con l'aumentare della distanza da una superficie frontale; e i principi della rappresentazione seguono la intellettualizzata, concettuale, interpretante percezione del l'occhio umano. Quell'occhio è parte della mente e perce� pisce qualunque cosa gli venga . offerta, nel modo come la mente la concepisce. Poiché noi non concepiamo ogni cosa in un singolo sistema coerente, in realtà non vediamo tutte le cose nella stessa proiezione spaziale. Vi sono più deviazioni dalla vista puramente fisica che la neutralizza zione della perdita della misura con la distanza, che gli psicologi chiamano e il principio della stabilità di misura > nella esperienza visuale. L'occhio è in perpetuo movimen to e a stento. uno su cento dei suoi mutamenti di fuoco si fissa nella nostra coscienza come un nuovo atto percettivo. Inoltre il gioco dei nostri fuochi del guardare e ri- 11
La maggior parte di questi oggetti non era mai sem brata importante prima semplicemente per la sua apparenza e sostanza, ma era stata sempre considerata solo per il suo uso, o come strumento del volere di Dio. Forme di foglie e di animali avevano decorato l'architettura medievale; vasi ed oggetti casalinghi erano stati raffigurati nelle mani di santi per identificarli, tendaggi e pilastri erano a volte rap presentati a circondare personaggi sacri o nobili; ma il con siderare tali accessori con un interesse per se stessi rivelò una nuova predisposizione verso il mondo materiale. Per i pittori del Quattrocento i principi della rappresentazione, che essi erano intenti a scoprire, erano anche i principi della rivelazione del nuovo mondo verso il quale le emozioni umane si rivolgevano. Molto prima dei nostri giorni, il concetto di Natura come un sistema di corpi identici a se stessi, che sono in relazione gli uni con gli altri secondo una rigida legge di causalità fisica, fu stabilito e accettato nella cultura euro pea e nelle sue ramificazioni. L'emozione della sua scoperta aveva abbattuto il medio uomo d'affari. Egli aveva impa rato la geometria di Euclide e poche cognizioni di fisica di Newton a scuola, ed esse sostenevano il suo senso della real tà. I suoi concetti religiosi, molto vecchi, dovettero in qual che modo essere adattati al mondo delle cose, alla gente, ai possibili fini, e agli standards di bene e male verso i quali egli aveva naturali sentimenti di fiducia; dove essi non fu rono adattati, egli probabilmente li lasciò impallidire e di venir vaghi, estranei al suo mondo accettato emozionalmente. La rivoluzione industriale, fin dal primo momento, segnò una rottura . in quel mondo di realtà, e la rottura si è ingrandita e approfondita da allora in poi con l'aumento della velocità e con le fratture scoppiate in tutte le direzioni, così che al giorno d'oggi la velocità è vertiginosa e il mondo, che la nostra stessa generazione ha accettato, ancora· è bellamente spezzettato e si sta sbriciolando. Noi diciamo che 13
viviamo in un nuovo mondo; ma, in effetti, quel nuovo mondo non esiste ancora. Non sappiamo neanche dove esi ste almeno in embrione. Noi siamo testimoni del passagg gio da un ordine di umana esistenza ad un altro, ma non abbiamo una chiara idea di dove il passaggio ci stia por tando e di cosa sarà fatto il nuovo ordine. Uno dei seri risultati di questo rapido cambiamento nei modi della esistenza umana per tutta la terra - l'im provvisa sostituzione delle tecniche tradizionali, ·arnesi, ma teriali e mobili, e degli edifici che li accoglievano, con nuo ve industrie, macchine e yita organizzata, nuove costruzio ni, nuovi paesaggi - è la perdita delle forme espressive familiari senza una immediata sostituzione. Uno sviluppo emozionale ha il suo ritmo, che è di rado precipitoso. Il riconoscimento di nuove forme come immagini di senti mento e il conseguente sviluppo della vita emozionale in armonia con la esperienza percettiva non può conseguirsi con un intenso corso di addestramento come possono di fre quente gli adattamenti pratici. Così c'è inevitabilmente un periodo di tregua dello sforzo individuale, che toc1:a un così vasto numero di persone da emergere ad un livello sociale come una diffusa incertezza morale, confusione o perdita di tutti i valori umani, un grande aumento di squi librio mentale ed un senso oppressivo di più o meno co stante insicurezza pervertitrice. L'insicurezza, naturalmen te, esiste davvero in un periodo di transizione; l'insicurezza politica ed economica sono abbastanza oggettive. Ma quan do tali precarie condizioni esteriori coincidono con una perdita generale di sicurezza interiore è più difficile per l'umanità armonizzare questi fenomeni di quanto .non lo sia in tempi di generale fiducia . e linearità. Sentimenti contraddittori e il conflitto di nuove necessità con gli ideali tradizionali generano un caos in cui tutto quello che è af fidato all'emozione è in pericolo. 14
Gli effetti psicologici sono estremamente vari e qual-
che volta non solo indicibili ma addirittura incomprensi bili. Per lo più, tuttavia, essi sono di due generi opposti: da un lato, indifferenza, frivolezza superficiale, temerarietà che cela sconfitta morale e resa e, dall'altra parte, un au- · mento di serietà e ricerca fino al punto di ansietà generale: l' < Angst> degli esistenzialisti, che è tensione emozionale confusa. La reazione arrogante è destinata a finire in un comportamento irresponsabile, in delinquenza occasionale, in accumulo di denaro; la reazione intellettuale in un nostalgico desiderio di disciplina e di istituzioni medie- . vali, in un ritorno alle tradizioni religiose, in una ricerca sentimentale di antiche usanze e e radici dell'erba>, e in . una preoccupazione per il significato dell'esistenza e della realtà delle passioni umane. Entrambe le sindromi sono ugualmente nevrotiche. In una tale epoca, l'arte come formulazione del sen timento
acquista una particolare importanza.
La punta
di lancio di una nuova epoca culturale è sempre un nuovo sentimento del mondo; finché esso non prende forma, le riforme, i progetti e le operazioni, tutte le meraviglie della tecnologia e della organizzazione non possono dare inizio ad una cultura. L'arte dei nostri giorni è ancora in fermento, per. molti la cosiddetta e arte moderna> è fredda, senza senso, addirittura brutta. Essi sono ancora immersi nella tradizione che muore, e sebbene molto poco di quella grande arte antica possa scuoterli profondamente, non realiizano che i suoi ritmi, i suoi argomenti (ai quali la maggior parte di essi sono attaccati oggi) sono diventati storia. La pittura · e la scultura contemporanee sono ancora troppo giovani, troppo incei:te esse stesse per guidare anime timide. Ma vi sono altre forme espressive meno riconosciute che sono più vicine e più accessibili al sentimento dell'uo mo medio:
opere di architettura e prodotti di arti più
umili, le cose con le quali si vive, che costituiscono il nostro ambiente.
Di gran lunga la più importante è, natural-
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mente, l'architettura che dà forma alla nuova scena umana nel suo insieme. È l'unica grande arte che il pubblico ac cetta, in gran parte perché il contatto con essa è inevitabile, ovvio e continuo; non bisogna andare a guardare l'opera e venirne via delusi. La familiarità supera presto l'iniziale rifiuto di ciò che si crede e radicale >, le interpretazioni utili taristiche lo giustificano. Nella nostra migliore architettura un nuovo ritmo, una vita e un senso dei movimenti di massa sono già molto articolati. Quando noi impareremo come com portarci con il vecchio ambiente che ancora ci circonda, come far continuare la sua vita in una costante trasformazione invece che in una irregolare distruzione, o in una folle sovrap posizione, saremo sulla via di una nuova cultura. L'architettura, tuttavia, non può portare il carico da sola. Non si può condurre dove non c'è nulla da seguire. Nel passato culture particolari furono edificate in gran parte dai loro artefici, che erano artigiani, e i sentimenti predominanti - non solo le emozioni, ma la vibrazione dell'opera e -della natura circostante - si manifestavano nel e design > di armi e di utensili come uno stile generale. Nel nostro mondo l'artigiano è scomparso, ma non lo è la sua responsabilità. Qualcuno ha questa responsabilità, anche se non vuole ammetterlo o se ne lava le mani. L'ope raio-artigiano è stato sostituito dall'industria.Z designer; ed è proprio questi il più vicino all'architettura nel dar forma alla scena visiva. È nelle nostre cose - le nostre cose senza importanza, fantasticamente moltiplicate praeter necessita
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tem, così come sempre ci circondano - che abbiamo biso gno di trovare qualche significato, un'apparenza di semplice onestà negli utensili di tutti i giorni, e di dignità nella merce d'argento e nella eleganza tecnologica delle nostre macchine. Senza dubbio vi rendete conto - concordando o meno con le mie tesi - del perché io insisto che la forma e la posizione delle lampade nelle strade, completamente
al di là della sufficienza della loro luce, possono influire sul tipo di vita della città. La confusione di stile o la sua totale assenza è proba bilmente inevitabile nel tumulto del ·mondo commerciale che si espande e della nostra popolazione esuberante; non possiamo che accettare queste cose finché i nostri artisti, - in particolare architetti urbanisti, designers - non ab biano dato forma alla nuova visione della realtà che incar nerà un nuovo sentimento del mondo finora enigmatico e inarticolato. Abbiamo constatato che non c'è rimedio evi dente per la generale violenza di un tal mutamento nel tempo di una sola vita; il mutamento dalla potenza del ca vallo alla energia atomica, dal carrozzino e dalla Victoria al jet e alla capsula spaziale. Il nostro vasto e comune problema è di prevedere un certo profilo del mondo verso cui ci muoviamo, al più presto e nello stesso tempo andare incontro alla presente e alla prossima generazione nel mi glior modo possibile dando loro alcuni esempi almeno di forma plastica, specie negli edifici pubblici, nei ponti, nei viadotti e in ogni sorta di moderne installazioni. Non c'è bisogno di stornare i vecchi simboli per instaurarne dei nuo vi al loro posto; la vitalità dei nuovi, una volta realmente manifestata in una vera forma espressiva, li sostituirà. Si può tollerare la loro persistente confusione se si vede un nuovo spirito venir fuori da essa. Ma vi sono settori dove ·l'influenza del design non è solo insufficiente ai nostri bisogni, ma è perniciosa e si impone una riforma: l'esempio più lampante è nella nursery e più particolarmente nel design delle bambole. Le nuove bambole comprate a migliaia in qualsiasi grande magazzi no, non sono piccole bambine per piccole madri,' da vestire . e portare in carrozzina e prendere in braccio, ma mario nette di teenagers, vendute in coppia di boy-friend e girl,. friend, apparentemente sulla maldestra teoria psicologica che una bambina si identifica con la sua bambola e che il
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suo ideale è la teenager. Questo è naturalmente tutto falso; un tal gioco è forzato nella bambina dalla natura , della bambola che le vien data dagli adulti, ed è a loro che la bambola interessa. Se guardate le bambole vedrete il compendio del sentimento volgare; un elegante e smor fioso ragazzino delle scuole superiori in pantaloni affu solati e una ragazzina incredibilmente provocante con un guardaroba per lo più di costwni da bagno, biancheria in tima, scarpe col tacco e simili. Se passate da questi discu tibili oggetti educativi ai giocattoli da tenere in braccio più standardizzati, che hanno sostituito l'orso Teddy e il più recente bay panda, è difficile trovarne uno, alla por tata dei prezzi popolari (che escludono cose come gli ani mali di Steiff) che non abbia un viso umano con un'espres sione furba o pagliaccesca. Il bambino non ha una innocente compagnia nel suo angolo dei giochl, nessuna schematica immagine semplificata che la sua mente renda realistica e viva. A questo proposito io credo che debba farsi qualcosa intorno alla educazione non del piccolo ma del designer e poi del pubblico. I giocattoli sono forse i prodotti più im portanti dell'arte popolare, perché essi agiscono su di un essere del tutto ricettivo; e gli effetti dei diffusi, volgari giocattoli non possono essère se non quello che Collingwood, a ben ragione, ha chiamato corruzione della coscienza. Questo esempio di influenza nociva può essere più con vincente di tutte le pretese di funzioni benefiche dell'arte; ma se è valide, l'uno è valido anche l'altro. L'arte è il segno distintivo del sentimento così come la lingua lo è del pensiero. Finora io ho insistito sulla funzione di ciò che chia miamo specificamente e design > al di sopra di quella delle arti figurative, pittura e scultura, della musica, della dan za, della letteratura, che stanno tutte muovendo decisamente avanti verso una nuova vita; ed ho detto che la 18 _ loro influenza è ancora insignificante o addirittura negativa
ora, aumentando la confusione dell'uomo medio, perché egli non ha superato le vecchie categorie visive abbastanza per accettare le nuove. Ma c'è un solo interessantissimo sviluppo al suo livello, o piuttosto al livello a cui è giunto: l'apprez zamento delle belle forme rivelate dalla macchina fotografi.: ca. Qui l'ingenuo spettatore non ha difficoltà a vedere ed ammirare forme che non sono descrittive, nel vecchio senso della parola, perché non mostrano le cose come egli le co nosce, bensì sono rappresentative, in un nuovo senso, ed egli è tutto preso ad accettarle perchè esse sono rivelanti. Egli può non aver mai visto ciò che rappresentano, eppure crede in esso, ha fiducia nell'occhio della macchina foto grafica, qualunque sia il suo obiettivo. Ed inoltre le rivela zioni che egli trova nelle fotografie artistiche spesso lo por tano direttamente alle bellezze di un ambiente che aveva respinto e deplorato senza entusiasmo - alle ombre delle travi, alle strane forme dei residui metallici industriali, alle linee ritmiche del moto, alle luci nel vetro e nella plastica; esse lo soddisfano come le forme naturali che egli ha sem pre trovato significanti, e la convergenza di design naturale · e design creato dalla macchina, apre la sua mente a que st'ultimo, spesso con meraviglia. Questo può essere per l'uomo il ponte tra il mondo e l'arte pittorica del suo fu turo, la grande arte non utilitaristica che in conclusione dà sicurezza e libertà alla mentalità di un'epoca. Io penso che l'importanza socia1e del design può es sere considerata fondamentale, e con essa la responsabilità dell'artista in un mondo difficile. La funzione dell'arte è l'articolazione del sentimento, e con essa l'equilibrio e il sostegno della vita emozionale, la rappresentazione di una ·realtà interiore per la conoscenza di noi stessi, che è la vera misura della cultura. SUSANNE K. LANGER
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La critica discorde
La presente rassegna intende raccogliere le opinioni di alcuni autori che hanno avuto verso l'arte moderna un atteggiamento ostile, svalutativo o anche di consenso ma per motivi tuttavia diversi da quelli delle poetiche e della . critica moderna. Si tratta in una parola d'una critica discorde avanzata da una visuale più radicale e anticonformista o, spesso, più reazionaria di quella visione ormai schematica . che ha accompagnato gli sviluppi dell'arte moderna. Definire tale visione e conseguentemeJ?-te la critica con essa di . scordante è assai difficile; riteniamo però che sia l'una che l'altra emergeranno volta a volta citando i vari autori. Per il lettore disattento o malevolo, premettiamo di non condividere, quasi per intero, la critica discorde, ma che ne riteniamo utile una rassegna in un momento come quello attuale dove la noia del neo-conformismo rischia di paraliz zare tanto la produzione quanto la fruizione artistica, e dove, come dice H. Rosenberg, la famosa « rottura con la tradizione • è durata tanto a lungo da aver dato ori gine a una tradizione sua propria. Procedendo in ordine cronologico, iniziamo la nostra rassegna con la citazione del pensiero di Spengler su alcuni aspetti dell'arte. La sua generale teoria sullo sviluppo sto rico delle civiltà, espressa nel famoso saggio Il tramonto del
l'Occidente, pubblicato in prima edizione nel 1918, si basava sull'osservazione del passaggio dall'organico all'inorganico, 20
dal vivente al meccanico, dalla direzione soggettiva a quella
oggettiva. Questi stadi comportavano un processo automa tico di ascesa e caduta delle civiltà. Soggetta allo stesso mec canismo era la sua interpretazione del fenomeno artistico. L'impressionismo, egli scrive, è ridisceso dalle altezze della musica beethoveniana e dagli spazi planetari di Kant sulla crosta della terra. Lo spazio del plein air è conosciuto ma non vissuto, osservato ma non contemplato; esso im plica uno stato d'animo ma non un destino (la sottolinea tura è nostra); ciò che è dipinto nei paesaggi di Courbet e di Manet è l'oggetto meccanico d'un fisico e non il mondo sentito nella musica pastorale. La toccante profezia di Rousseau, tragicamente espressa come il « ritorno alla natura », si compie in quest'arte agonizzante... Il nuovo artista è operaio non creatore. Egli giustappone i colori non separati dallo spettro solare... Arte pericolosa, tor mentata, fredda, malata, fatta per nervi raffinati, ma estre mamente scientifica, efficiente in tutto quel che concerne il dominio delle difficoltà tecniche, semplificata come un programma, vera satira che si prende gioco della più gran de pittura da Leonardo a Rembrandt. Quest'arte non poteva trovar posto che nella Parigi baudelairiana. · Più oltre Spengeler accentua il giudizio di disorganicità, accenna alle cause di essa e decreta addirittura la fine della moderna civiltà artistica: Tutto quanto Nietzsche ha detto di Wagner è vero anche per Manet. Ritorno appa rente all'elementare, alla natura, in opposizione alla pit tura sostanziale e alla musica assoluta dei periodi prece denti, la loro arte significa una concessione gratuita fatta alla barbarie delle grandi città, alla dissoluzione com merciale che si esprime concretamente in un miscuglio di brutalità e raffinatezza... Un'arte artificiale non è suscet tibile di alcuno sviluppo organico. Essa segna la fine. Ne consegue - amara confessione - che la fine del l'arte plastica occidentale è suonata inevitabilmente. La crisi del secolo XIX è stata una lotta mortale. L'arte
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faustiana muore di vecchiaia, come l'apollinea, l'egiziana, come tutte le altre... Quel che si fa oggi in fatto d'arte è impotenza e menzogna, tanto nella musica postwagneriana quanto nella pittura posteriore a Manet, Cézanne, Leibl e Menzel 1• Se. in altri campi Spengler an�icipp le irrazionalità e le violenze del nazismo (per cui, come ha scritto Mumford, e chi comprese il significato dell'atto di profezia di Spen gler ebbe poco da apprendere dai successivi sviluppi della storia europea>) nessun carattere anticipatore ebbe la sua riflessione estetica. Infatti l'impressionismo non solo non ha segnato la fine dell'arte occidentale, ma, svolgendosi in per fetta continuità storica, neanche la fine di un determinato stadio o concetto dell'arte per far posto ad un altro - ti pico tema spengleriano - in cui ricade spesso la critica contemporanea. L'interesse attuale per il pensiero artistico di Spengler, qui citato essenzialmente come capostipite della critica discorde, vale soltanto come indicazione di quello che ·non si può e deve profetizzare. Com'è noto uno dei" critici più severi delle moderne arti figurative fu Croce che, dalla sua visione artistica qua le espressione di individualità, negava ogni valore estetico ai programmi, ai movimenti, alle poetiche rifiutando come tali l'arte impressionistica, cubista, futurista e, in genere, decadentistica moderna. Inoltre Croce rimprovera la cri tica delle arti figurative pel suo trascurare le personalità e guardar.e all'evoluzione degli stili. (Questa critica) non aiuta forse, come dovrebbe, il lavoro... di sceverare le vere e geniali personalità artistiche (relativamente poche co me in poesia) dalla turba degli imitatori, dei plagiari, dei meccanici combinatori... degli intellettualistici autori di • arte nuova •, e programmisti, e fondatori di scuole, e morbosi dilettanti di sensazioni e di bizzarrie; tutti fornitori di molta materia alla storia della cultura, ma 22 di scarsa o nulla a quella· dell'arte propriamente detta 2•
A parte la discordanza di un tale atteggiamento con le intenzioni della gran maggioranza delle moderne poetiche, rimane tuttavia ancora attuale il senso prevalente ed emer gente delle personalità creative, mentre risulta inattuale ed inattuabile una così netta distinzione tra arte e cultura così come Croce riteneva in questo saggio del 1919. Di tipo diverso dall'opposizione crociana è quella di Ortega y Gasset; anzi la sua è una posizione favorevole per molti aspetti all'arte moderna, discostandosi dal filone cri tico nato dall'avanguardia, nel ravvisare in essa una qua lità estranea alla massa, una impopolarità che per il pensa tore spagnolo è un attributo di valore. Nella parte conclusiva del suo principale saggio sul l'arte Ortega scrive: Si dirà che l'arte nuova non ha prodotto finora niente che meriti la pena e io sono molto vicino a questa opinione. Dalle giovani opere ho cercato di estrarre la loro intenzione, che è ciò che vale, e mi sono disinteressato della loro realizzazione. Chissà cosa darà questo nascente stile ! L'impresa che intraprende è favolosa - vuole creare dal nulla. Spero che più avanti si contenti di meno e realizzi di più 3• Ma l'aspetto più peculiare .del pensiero di Ortega è quello artistico-sociolo gico. Il romanticismo - egli scrive - è stato per eccel lenza lo stile popolare. Primogenito · della democrazia fu lo stile favorito dalla massa. Viceversa, l'arte nuova tiene la massa contro e la terrà sempre. :t impopolare per .essenza; ma è anche anti popolare. Una qualsiasi opera d'arte moderna produce nel· pubblico automaticamente un curioso effetto sociologico. Lo divide in due parti: una, minima, formata da un ridotto numero di persone che le sono favorevoli; l'altra, maggio ritaria, innumerevole, che le è ostile. (Tralasciamo la fauna equivoca degli snobs) ... La musica di Strawinsky.o il dram ma di Pirandello hanno il potere sociologico di obbligare la massa a riconoscersi in ciò che è, come • solo popolo •, 23
mero ingre"diente, tra gli altri della struttura sociale, inerte materiale del processo storico, fattore secondario del mon do spirituale. D'altra parte l'arte giovane contribuisce a che i • migliori • si conoscano e riconoscano tra il grigiore della folla e si rendano conto della loro missione, che con siste nell'essere pochi e combattere i molti 4• Evidentemente una posizione tanto aristocratica è lon tanissima dal pensiero critico attuale. Ma, nonostante la repulsione che genera un tale atteggiamento, la posizione di Ortega può fornire, come vedremo, e forse suo malgrado, alcune indicazioni utili. Intanto va ricordato che per Ortega la nozione di massa assume un particolare significato. La massa è l'insieme di persone non particolarmente quali ficate. Non s'intenda, però, per masse, soltanto, né princi palmente, • le masse operaie •· Massa è l'uomo medio. In questo modo si converte ciò che era mera quantità - la moltitudine - in una determinazione qualitativa: è la qualità comune, è il campione sociale, è l'uomo in quanto non si differenzia dagli altri uomini, ma ripete in se stesso un tipo generico 11• A parte tale precisazione, la posizione di Ortega d'una arte per la minoranza contrasta con la concezione più- dif fusa della critica d'avanguardia O che ha generalmente so stenuto, ad eccezione di qualche poetica irrazionalista, un parallelo tra progressismo artistico e democrazia, una con fluenza di arte colta e gusto popolare, la coesistenza d'un'arte difficile e della cultura di massa: Le cose sono evidente mente molto più complesse della distinzione semplicistica proposta da Ortega, tuttavia bisogna tenerne conto se vo gliamo, come vogliamo, conciliare la tradizione dell'arte mo derna e la cultura per molti, poiché in definitiva i molti con.,. cordano sostanzialmente con la concezione del pensatore spa gnolo, accettando le limitazioni e i privilegi dell'essere massa. Per smentire il giudizio di Ortega, coincidente ora 24 con quello dell'uomo medio, è chiaro che la nostra inten-
zione d'un'arte, che sia allo stesso tempo colta e democra tica, necessita di basi affatto nuove. Il distacco dell'arte moderna dal pubblico ha inizio se condo alcuni autori con la crisi del naturalismo. Per Huizinga l'allontanarsi dalla natura è un fatto irrazionale e tale da compromettere la comunicazione artistica. L'allontanamento della poesia dalla ragione corrisponde nelle arti figurative allo stornarsi dalle forme visibili della realtà... La sottomis sione alla natura per l'espressione plastica significava in un certo senso sottomissione alla ragione in quanto questa è l'organo mediante il quale l'uomo interpreta e chiari sce ciò che lo circonda... Questo accordo con una dottrina oggi professata da molti (la filosofia vitalistica) significa per l'arte una pura fonte di forza? C'è da dubitarne. Proprio questo rifiuto di tutto ciò che è ragione e natura dà l'arte in balìa di tutti gli eccessi e di tutte le degenerazioni. La permanente spasmodica ricerca dell'originalità - una delle piaghe dell'epoca moderna - rende l'arte assai più accessibile della scienza a tutti i deleteri influssi sociali del di fuori. L'arte, così, manca non solo di disciplina, ma dell'indispen sabile isolamento. Nella sua produzione lo sfruttamento lucrativo dello spirito - altra piaga della vita moderna ha una parte molto maggiore che nella scienza. La ne cessità, che in una società fondata sulla concorrenza ob bliga i produttori a sorpassarsi continuamente nell'uso dei mezzi tecnici, conduce l'arte, sia per sete di pubblicità che per vanità pura, a quei malinconici eccessi d'insen satezza che dieci anni fa si spacciavano per espressione di un'idea: poesia formata di onomatopee o di segni mate� matici, e simili 7• Ancora di tipo razionalistico, fu l'avversione all'arte moderna di Julien Benda. Egli, se da un lato si oppose costantemente al vitalismo biologico bergsoniano, stigmatizzò in arte anche l'atteggiamento opposto, ossia l'astrazione in- 25
tellettualistica. :t risaputo che esiste anche il fenomeno dia metralmente opposto: quello della pittura sintetica (cubi smo), dell'astrazione ad oltranza, che vuol ridurre la rap presentazione delle cose a poche forme elementari, pure creazioni dello spirito. :t là il caso d'un altro romanticismo, il romanticismo della ragione. Benda indica così due tipi di romanticismo: il romanticismo della ragione e il ro manticismo della passione. Al primo farebbero capo cubismo e futurismo, al secondo, surrealismo ed espressionismo. Un altro critico discorde è Arnold Toynbee, che nella sua massiccia opera di filosofia della storia O considera l'arte moderna come un consapevole tradimento di una nobile ed antica tradizione, corrotta peraltro da elementi di cultura e di razza eterogenei. Di particolare interesse è il pensiero di Toynbee circa i fenomeni ricorrenti dell'arcaismo e del futurismo, presenti in molti e differenti campi dell'attività sociale. Futurismo e arcaismo sono entrambi tentativi di eva sione da un presente sgradito per. mezzo di un salto inteso a portare in un altro punto, sul fiume del tempo, senza abbandonare il piano della vita moderna terrestre. E questi due modi alternativi di evadere dal presente, ma non dalla dimensione-tempo, si somigliano anche perché consistono in tours de force che si dimostrano, all'esame, speranze vane (...). Possiamo definire il futurismo come un ripudio di qualsiasi mimesi e anche come uno di quei tentativi . di produrre cambiamenti forzati che producono nella misura in cui riescono, rivoluzioni sociali che falliscono il loro scopo cadendo nella reazione. Pensiero e letteratura non sono, naturalmente, le uni che sfere della cultura in cui ciò che il presente ha eredi tato dal passato sia esposto all'attacco del futurismo. Ci sono altri mondi da conquistare per il futurismo nel cam26 po delle arti visive e uditive. Sono infatti i lavoratori
nel campo dell'arte visiva che hanno coniato il nome «futurismo» per descrivere i loro capolavori rivoluzionari. Ma vi è una nota forma di futurismo, nel campo delle arti visive, che sorge sul terreno comune tra le due sfere della cultura secolare e della religione, ossia l'Iconoclastia. )'( L'iconoclastia somiglia al moderno campione della pittural cubista che ripudia un tradizionale stile d'arte, ma sua caratteristica è di limitare l'ostilità all'arte associata alla religione, e di essere mosso all'ostilità da motivi che non sono estetici ma teologici 10• � D'ordine morale e religioso è anche l'opposizione all'arte moderna dell'esistenzialista russo Berdjaiev che con sidera l'avanguardia come decadenza rispetto a tali prin cipi 11• Analogamente Mtiller-Armack osserva: La diss�; lozione della fede non è affatto un problema puramente teologico... Essa è invece un fenomeno concreto, dalle conseguenze spirituali e sociali estremamente reali... Essa racchiude addirittura valide leggi intrinseche del com portamento religioso, che seguitano a sussistere anche in un mondo completamente secolarizzato... L'uomo è libero di rifiutare la fede. Ma non è capace di vivere senza trascendenza. La sua libertà di negar Dio, l'uomo la sconta con la necessità di popolare il suo mondo di idoli e di fan tasmi. Tale posizione diventa più pertinente al nostro tema dell'arte quando Miiller-Armack afferma: In seno alla 'cultura secolarizzata si cerca, è vero, di ricavare fonti di un'etica personale e terrena dalla coscienza o dalla legge morale (o - come osserva il Sedlmayr nel commentare questo Autore - in un'estetica, fonti di norme artistiche). Ma simili tentativi vivono della sostanza di tempi pas sati, poiché i loro concetti sono ricavati dalla sfera reli giosa, e da questa soltanto ricevono un vero senso 12• Una conferma dell'assunto citato viene fornita da Peter Meyer che nella sua opposizione al razionalismo nelle arti e nel- 27
l'architettura in particolare osserva: Il carattere quasi re ligioso del materialismo si rivela nel fatto che le sue manifestazioni... vengono giudicate da un punto di vista morale: l'ornamentazione è definita una menzogna e una mascherata, la forma tecnica è detta vera e sincera ( ... ). La coscienza della personalità, nel profano, abdica dinanzi alle forme tecniche; egli le accetta come un miracolo... e appunto questo atteggiamento passivo di fronte ad un ambiente anonimo ed autoritario significa diventare mas sa. In tal modo il mondo tecnico è sulla strada di sci volare sul piano quasi-religioso: appunto sul piano « ma gico,. 13• Un accenno al vuoto lasciato nella cultura contempo ranea dalla crisi religiosa si trova anche in Brandi. Ne La fine dell'avanguardia egli scrive: Abbiamo cominciato questo saggio partendo dall' avanguardia : avanguardia come predicato stesso del Romanticismo. Giungiamo a do ver riconoscere in atto una crisi metafisica che è al tem po stesso crisi religiosa. Lo sforzo orgoglioso del pensie ro romantico era stato di riassorbire la metafisica e la religione, non tanto per staccarsi dall'uomo vecchio della civiltà settecentesca, quanto per concludere, saldare su se stesso, l'universo dell'uomo. nuovo ( ...). Altri potranno vedere nelle passioni politiche la manifestazione inconscia d'una Fede religiosa, perduta, · e insinuatasi con spoglie diverse nell'anima umana. Il pellegrino di Emmaus che solo alla fine si fa riconoscere. Ma noi non potremmo accettare una interpretazione simile se non rivolta al l'Età che si conclude, a quel Romanticismo che, di discesa in discesa, ci ha lasciato soli, di fronte alla nuda fla granza del nresente 14• Alla nozione di decadenza d'ordine religioso - cui non si può negare la previsione d' una fruizione estetica o para estetica basata · appunto su nuovi miti che si va 28 attuando sotto i nostri occhi - si può obiettare che,
per quanto alimentata dal pensiero laico, l'arte moderna ha avuto, generalmente, più di tanti altri settori, un suo riferimento religioso. S'è trattato ovviamente d'una religio 'sità sui generis, eterodossa, che solo qualche ·critico benin tenzionato è riuscito ad indicare, mai però priva di quella trascendenza che la critica ostile non poteva o voleva riconoscere. Una delle opposizioni più articolate e complete all'arte moderna è quella di Hans Sedlmayr. Per questo Autore l'arte moderna, la cui origine egli lega in senso negativo ali' Illuminismo e alla Rivoluzione francese, avrebbe quat tro principali caratteristiche: l'aspirazione alla purezza, il dominio della geometria e della costruzione tecnica, la pazzia come rifugio della libertà (il surrealismo), la ricerca delle origini (l'espressionismo). Non appena ciascuna delle arti (architettura, pittura, scultura) si sia liberata al massi mo da mescolanze di ogni altra - e questo stadio è so stanzialmente raggiunto nel primo decennio del sec. XX e ben presto superato - ognuna di esse è qualcosa di « tutto diverso » da ogni altra. Non vi sono mediazioni di trapasso fra esse, o almeno non vi dovrebbero essere 15• L'aspirazione alla purezza fa sì che l'arte scioglie il legame con l'ordine dell'essere e dei valori, vorrebbe a fare » arte « prescindendo da ogni riguardo etico e religioso •· Vor,, rebbe essere arte pienamente autonoma. Astratta è quel l'arte che prescinde da tutto ciò che non è arte. Quest'arte autonoma, però, non è altro che estetismo inteso come esteticità pura, valore superiore ad ogni altro ed autosufficiente. Conquistata l'autonomia, questo è il momento in cui l'arte « pura » diventa priva d'impulso, è afferrata dalla forza d'attrazione di una nuova tendenza. Divenuta inerte, essa cade, per così dire, nel campo di gravitazione della tecnica moderna, che allora appunto sta raggiungendo la sua prima perfezione e che aspira alla • totalità •· In
tutte le arti si manifesta la tendenza a confondersi a questa nuova grande potenza, nella quale si scorge erro neamente una potenza • spirituale » e a diventare • tec noidi •· Il trapasso si compie prendendo a modello la geometria (p. 80). . Circa la terza delle caratteristiche attribuite dal Sedl mayr all'arte moderna, egli scrive, tra l'altro: la molla1 dell'irrazionalismo surrealista è assolutamente razionale. Tale irrazionalismo deriva infatti non da una pazzia rea le, ma da una pazzia deliberata, premeditata. Del resto lo stesso tentativo di rappresentare allo stato • puro • l'ir razionale dell'inconscio, è di una razionalità estrema. Ri dotto al principio astratto il surrealismo, come ha notato giustamente il Weidlé, è semplicemente il rovescio degli errori razionalistici. Se, al polo razionalistico dell'arte moderna, l'artista è divenuto un costruttore, al polo opposto, irrazionalistico, è divenuto un automa (p. 107). Pur discordando con l'espressionismo che occupa il quarto posto del suo schema, Sedlmayr lo giudica in modo meno severo. Tutta l'impresa, in ultima analisi, è condan nata al fallimento. Non è possibile risalire alle origini sacrificando la ragione e l'intelletto. Non è possibile ri pristinare il mito e la religione mediante l'arte. Ma il tentativo ha qualcosa di eroico, e perfino nel suo falli mento ha spesso una certa grandezza (p. 113). Le caratteristiche suddette generano dei fenomeni se condari che, sostituendosi agli aboliti valori morali e reli giosi, secondo il principio di Milller-Armack sopra citato, generano dei veri e propri idoli dell'arte moderna: l'este tismo, lo scientismo, il tecnicismo, la pazzia deliberata. A parte il dissenso sui contenuti di un tale sistema, notiamo di sfuggita che all'espressionismo l'Autore non fa corri spondere nel suo schema alcun falso mito, per non contraddire la sua interpretazione dell'espressionismo come movi._1
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mento che è, nell'intenzione, arte religiosa anche quando rappresenta oggetti profani. (p. 113). Nella parte conclusiva del saggio Sedlmayr afferma il suo più peculiare punto di vista. La vera natura di questa rivoluzione consiste appunto in ciò che... l'arte o si è orientata verso potenze extra-artistiche, oppure si è proclamata autonoma e, come conseguenza di questa au tonomia, si è dissolta in non-arte. Ma non solo dissolta, quanto proclamata non-artejA questo punto il discorso di Sedlmayr tocca il rapporto"'½:ra avanguardia e politica., Le estreme tendenze rivoluzionarie dell'arte non volevano più essere arte. Ciò è stato proclamato apertamente dagli arti sti d'avanguardia intorno al 1920, nell'epoca della gran de sincerità, quando la democrazia popolare si chiamava apertamente ancora dittatura del proletariato... L'aver proclamato solo per breve tempo l'abolizione dell'arte e l'aver mantenuto il vecchio nome, sono fatti che hanno motivi evidenti e ben comprensibili. Infatti, nella fase involutiva, in cui l'alleanza fra la moderna arte rivoluzionaria e le potenze socialrivoluzio narie è stata sciolta da queste ultime, per cui l'avan guardia dovette inserirsi in un mondo fondamentalmente borghese, quel programma scoperto è stato vela� Non è chi non veda, tra l'altro, una palese contraddizione nel rimproverare da un lato all'arte la sua autonomia e dal l'altro il suo legame socio-politico. In realtà c'è stato un divario tra Rivoluzione ed avanguardia, ma le cause furono d'ordine storico e non nominalistico, vanno riferite all'in tenzionalità dell'uno e dell'altro settore e alle divisioni, interne di ciascun settore. Com'è da respingere un gene rico parallelo tra progressismo artistico e politico, avanzato da sinistra, a maggior ragione va respinto se avanzato da ·destra. Se il primo può sbagliare sulle previsioni future, il secondo sbaglia anche sul giudizio del passato. Sedlmayr a proposito dei cosiddetti architetti dell' Illuminismo os- 31
serva: C'è quasi un che di tragico nel fatto che già il primo tentativo, compiuto da un ramo dell'arte per ren dersi autonomo, sia subito fallito. Involontariamente si pensa che anche la grande rivoluzione francese ha posto ben presto l'individuo liberato sotto un nuovo e più cru dele sovrano: lo Stato assoluto della democrazia popolare giacobina (p. 25). Ostile verso l'arte moderna è spesso l'atteggiamento dei cultori di arte antica; tipico è il caso di Bernard Berenson. Mi sento tentato - egli scrive - di chiedere se Platone nel Filebo possa per caso aver pensato alla linea in movimento quando dice che per bellezza formale egli intende linee rette e circoli e le figure piane e solide che sono formate da torni che girano, e da regoli e da goniometri. Egli afferma che esse non solo son belle jn modo relativo come le cose ordinarie, ma belle in modo eterno e assoluto. C'è da temere che Platone avesse in mente proprio ciò che stanno producendo ora i pittori astrattisti e u non oggettivi ». Ma se egli tornasse ora fra noi, troverebbe il suo desiderio esaudito non tanto dalle pitture astratte e « non oggettive » che pel momento sono in voga, quanto dalle nostre macchine e dalle nostre armi 16• A parte le armi che trovarono posto forse solo in una fase della poetica futurista, è da supporre che l'eminente studioso americano non avesse la dimestichez za sufficiente con le poetiche d'avanguardia per ricono scere che quel paragone con le macchlne non era affatto sgradito, rientrava nel gioco, era in molti casi previsto dal programma. Ma meccanica o non, l'arte moderna non riscuoteva presso Berenson quello spirito di simpatia ne cessario ad ogni forma di comprensione. Oggi viviamo una decadenza che, come tutte le decadenze culturali, ignora i suoi sintomi ed euforicamente immagina di stare rivoluzionando il mondo mentre bamboleggia soltanto, scal32. dando, gridando e rompendo, o imbrattando o impastando
con i colori e l'argilla. Ciascuno ammira estaticamente i propri prodotti, e ciascuno crede di essere l'iniziatore di un'epoca nuova. {p. 144). Ritorna qui la nozione, generica quanto polivalente, di decadenza. Come ha giustamente osservato il Poggioli, la critica di destra è quasi per definizione quella che deduce il corollario del tradizionalismo culturale ed este tico dal postulato del tradizionalismo civile e politico. In essa vengono a ritrovarsi tutti i nemici dei tempi nuovi, che li condannano in blocco sotto l'accusa di de cadenza 17• Analogamente, se pure in senso opposto, la critica di sinistra condanna l'avanguardia come decadenza legata alla condizione civile e politica della borghesia e del capitalismo. In altri termini, - scrive ancora il Pog gioli - tanto la critica di destra quanto la critica di sini stra condannano l'arte d'avanguardia in nome d'un pre sente che entrambe rinnegano, né importa molto che l'una lo respinga in nome del passato, e che l'altra lo rifiuti in nome dell'avvenire 18• Tipico esempio di rimando al futuro per giudicare la stessa avanguardia di oggi è offerto da Lukacs, il più illustre critico discorde di sinistra. La grande missione storica dell'avanguardia letteraria consiste nell'afferrare e nel prefigurare queste tendenze sotterranee (d'indole sociale e politica). Soltanto l'evoluzione può dunque sta bilire se un dato scrittore è realmente d'avanguardia, di mostrando ch'egli ha individuato e prefigurato, con esat tezza e con durevole efficacia, le qualità fondamentali, le tendenze evolutive e le funzioni sociali di determinati tipi umani. E da quanto è stato detto finora, non dovreb be essere più necessario riaffermare che a una simile avanguardia possono soltanto appartenere i realisti più · significativi 19• · Per Lukacs l'arte progressista, quindi, è un'arte di opposizione d'indole sociale e politica e non di ordine lin-
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guistico-formale. Lo stesso espressionismo, al quale egli generalmente si riferisce quando parla d'avanguardia, non è immune dal formalismo. Nella Breve Storia della lettera tura tedesca egli scrive: Un panorama storico d'insieme come. il nostro deve porre a ogni • rivoluzione letteraria • la domanda: quale nuovo contenuto umano e sociale ha rivelato? In che cosa la nuova fisionomia artistica di una giovane generazione, in essa emersa, ha contribuito a illu minare la via della nazione tedesca? E qui il bilancio del1' Espressionismo è alquanto povero. Ciò si può vedere ancor meglio nel dramma espres sionista. Non parliamo nemmeno della teoria, che è piena di frammenti di idee prese da Husserl, Bergson ecc., e che, per esempio, nel dadaismo (fenomeno senza dubbio peri ferico) offre solo una variante del peggiore cinismo nichi listico del periodo imperialistico 20• Lukacs riconosce nell'espressionismo una letteratura di decisa opposizione, ma il confronto tra l'espressione soggettiva e la situazione storica oggettiva rivela che questa • rivoluzione ·letteraria • visse solo sulla carta, in esperimenti formali, senza incidere sulla vita del popolo stesso, senza cioè educarlo a rischiarare le oscurità attra verso la configurazione del più profondo· contenuto dei problemi reali dell'epoca (...). Brecht crede che un'arte • radicalmente nuova • abbisogni di mezzi espressivi del tutto diversi e originali per eliminare l'indegnità e l'in flusso nocivo del • culinario • nell'arte (soprattutto nel l'arte drammatica), e per reintegrare quest'ultima nella sua necessaria funzione sociale. Così anche la critica di Brecht rasenta il contenuto sociale senza toccarlo e riduce l'auspicato rinnovamento sociale della letteratura a un esperimento formale: indubbiamente interessante e intel ligente 21• L'espressionismo, pur avendone in parte l'intenzione, se 34 non ha assolto i precisi compiti assegnatigli da Lukacs,
certamente non è stato una rivoluzione sulla carta, gene rando la gran parte delle poetiche ad esso successive e in cludendo tali e tanti caratteri ·da interessare, sia pure par zialmente, visuali opposte come quelle di Lukacs e di Sedlmayr. Ancora nell'ambito marxista è l'opposizione all'arte mo derna di T. W. Adorno, esponente della più recente e « for tunata > letteratura moralistica. Sul rapporto tra l'aliena- ' zione e l'arte, Adorno scrive, riferendosi specificamente all'architettura: A che punto siamo con la vita privata, si vede dalla sede in cui dovrebbe svolgersi. • Abitare ,. non è più praticamente possibile ( ...). Le abitazioni moderne, che hanno fatto tabu'la. rasa, sono astucci preparati da esperti per comuni banausi, o impianti di fabbrica capi tati per caso nella sfera del consumò, senza il minimo rapporto con gli abitanti: esse contrastano brutalmente ad ogni aspirazione verso un'esistenza indipendente, che del resto non esiste più (...). Vista da lontano, la differenza tra Wiene,- We,-kstiitte e Bauhaus non è poi considerevole. Nel frattempo, le curve della forma puramente funzio nale si sono rese indipendenti dalla loro funzione e tra passano nel decorativo come le • forme elementari • del cubismo. ( ... ). • Fa parte della mia fortuna - scriveva Nietzsche nella Gaia scienza - non possedere una casa •· E oggi si dovrebbe aggiungere fa parte della morale non sentirsi mai a casa propria 22• Anch'essa basata sulla critica all'american way of life, cui va sempre riferito il giudizio di Adorno, è la posizione di Thorstein Veblen. La sua critica sociologica non è cen trata direttamente sui prodotti dell'arte moderna, ma insiste genericamente sugli articoli di consumo e sul giudizio di valore dato agli oggetti in funzione del loro costo. La mag giore soddisfazione che deriva dall'uso e dalla contempla zione di prodotti costosi ritenuti belli, è ordinariamente in gran parte una soddisfazione del nostro gusto della 35
dispendiosità, mascherato sotto il nome di bellezza (... ). t: a questo punto, in cui s'incontrano e si fondono il bello e l'onorifico, che nel caso concreto è assai difficile una discriminazione fra utilità e sciupio (... ). Con un'ulteriore assuefazione a percepire, da una punto di vista valuta tivo, i segni della dispendiosità dei beni, e con l'identifi cazione abituale di bellezza e rispettabilità, succede che un oggetto bello che non sia costoso non viene stimato bello 23• Questi rilievi che si integrano alle precedenti riflessioni moralistiche di Adorno, spiegano in parte la crisi del Design, nell'orientamento datogli dal Bauhaus, a contatto con la classe agiata americana e successivamente con la borghesia internazionale. La relazione bellezza=prestigio= dispendio spiega, in particolare, alcuni artifici atti a tener alto il prezzo dei prodotti, specie d'arredamento, nonché quelli, in generale, del mercato artistico. Ma se l'arte mo derna è tradita in tal modo nelle sue premesse sociologiche, essa, secondo Veblen, è complice del malcostume per il suo ermetismo. Eccetto là dove sia adottato come mezzo indi spensabile di comunicazione segreta - scrive Veblen l'uso di un gergo speciale in qualsivoglia attività è so stanzialmente un'ostentazione. Nell'ambito della sinistra radicale americana la critica· discorde presenta aspetti quantitativi e qualitativi assai rile vanti. Nei limiti della nostra ras(:legna citeremo il caso più noto e forse più pertinente alle arti figurative: il saggio di Clement Greenberg, Avant-Garde and Kitsch, che apparso nel 1946 ha, tra l'altro, il merito di aver anticipato una con dizione ancor oggi attuale. L'avanguarda - egli scrive - una volta staccatasi dalla società si è rivolta a ripudiare la politica rivoluzio naria al pari di quella borghese (, ..). Allontanandosi dal pubblico, il poeta o l'artista d'avanguardia cercava di 36 mantenere alto il livello della sua arte restringendola e
sollevandola alla espressione di un assoluto in cui tutte le relatività e le contraddizioni apparissero risolte (...). :E: stato nella ricerca dell'assoluto che l'avanguardia è arrivata all'arte «astratta,, o «non-oggettiva• nelle arti figurative come nella poesia. Il poeta o l'artista di avanguardia cerca in sostanza di imitare Dio creando qualcosa che sia valido solo nei suoi propri termini ... Ma l'assoluto è assoluto e il poeta o l'artista, così com'è, accarezza determinati valori relativi a preferenza di altri. Gli stessi valori nel nome dei quali egli invoca i valori assoluti sono valori relativi, i valori dell'estetica. E così egli ci appare imitare non Dio ma le discipline e i processi della stessa arte e letteratura; e qui uso «imitare » nel senso artistotelico. Questa è la genesi dcli' « astratto ». Distogliendo l'attenzione dagli oggetti della comune esperienza, il poeta o l'artista la rivolge ora sul mezzo del suo proprio mestiere. Il non-rappresentativo o l' «astratto », se deve avere una validità estetica, non può essere arbitrario o accidentale. Questo vincolo... può essere fondato solo nei vari processi o discipline coi quali l'arte e la letteratura hanno già imitato il precedente. Questi stessi processi diventano il nucleo dell'arte e della letteratura. Se, seguendo Aristotele, tutta l'arte e la let teratura sono imitazione, allora quel che abbiamo ora è l'imitazione dell'atto di imitare 24• La gran parte degli artisti contemporanei, secondo Greenberg, rientra in questo schema. Picasso, Braque, Mondrian, Mirò, Kandinsky, Brancusi, lo stesso Klee, Matisse e Cézanne traggono ispirazione principahnente dal medium con cui operano. Se l'argomentazione di Greenberg non è priva di inte resse, appare tuttavia evidente l'angustia del suo sillogismo nel contenere artisti e poetiche tra loro tanto differenti. Più convincente appare il rapporto · tra avanguardia e Kitsch stabilito da questo Autore che, dopo aver trattato isolata-
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mente i due termini, conclude: Se l'avanguardia imita i processi dell'arte, il Kitsch imita l'effetto dell'imitazione, intendendo che nei mezzi della cultura di massa sono già inclusi e previsti gll effetti ch'essa produnà sul pubbllco. Una posizione particolare rispetto al problema in esame è quella di Cesare Brandi. Nella vasta e complessa attività di ricerca di questo studioso, l'interesse verso l'arte moderna è prevalentemente angolato nel senso di una critica discorde. Tuttavia, anche se tra consapevoli incertezze ed ambiguità, questa si svolge come una analisi, per così dire, interna al processo formativo dell'arte d'oggi e, quel che più conta, come una indagine mutevole, una continua e costante messa a fuoco. Tali ci sembrano le modificazioni di giudizio che vanno dal famoso saggio La fine deU'avan guardia del 1949, a Segno e immagine del '60 fino alla re cente monografia su Burri. In un brano che sembra riassumere la nostra rassegna Brandi afferma: sostanzialmente una Crisi dei valori ve niva avanti anche dall'antagonista più aspro dell'Arte moderna, il Sedlmayr, nel suo Verlust der Mitte, come perdita di quel mezzo in cui stat virtus: perdita d'uma nità, d'organicità, del senso della realtà e del divino. Perdite, queste, che non è certo il solo Sedlmayr a la mentare, ma che, da più di trent'anni a questa parte, costituiscono l'amaro basso continuo del pensiero europeo, da Spengler a Berdjaiev, da Huizinga a Ortega y Gasset. La giustezza e l'inefficacia di queste lamentazioni sulla • disumanizzazione dell'arte•, sta proprio nel fatto che, né un ritorno alla natura né l'umanesimo, né la fede in Dio possono far nulla per l'arte, come invece vorrebbe far credere il Sedlmayr, mentre può farlo il ristabilimento di quella autonomia strutturale fra segno e immagine, la 38
cui confusione è sintomo di una civiltà viziata in tutti i suoi rami e non solo nell'arte 25• Ma prima di chiarire il senso di questa interferenza è
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necessario risalire ai precedenti scritti di Brandi per ritro vare il filo della sua requisitoria agli aspetti più diffusi del l'arte moderna. Nel primo dei saggi citati l'Autore parlava di fine dell'avanguardia come fine del Romanticismo; indi cava i caratteri esponenti dell'avanguardia in quelli della rivolta e della novità e considerava l'astrattismo, in ripresa negli anni '50, come la poetica che concludeva il movimento artistico iniziatosi nell'800. Nel saggio L'Arte oggi prendono corpo due nozioni che saranno al centro della critica di Brandi. La prima è l'assunto per cui l'astrattismo non si conforma in immagini e l'altra è la concezione che la cul� tura contemporanea non ammette altro che il tempo pre sente. Per quanto riguarda il primo punto l'Autore scrive: l'astrattismo avendo svuotato l'immagine di un conte nuto intelligibile, al momento stesso ha tagliato l'ormeg gio all'immagine e questa fluttua alla deriva. Dove va, va. E cioè è disponibile. Imbarca quel che ognuno ci vuol mettere, accetta quel che ognuno le affida: sbatte, naufraga, s'arena. La sua disponibilità è proprio la sua generica decoratività. Quel minimo anche Bi fa guar dare, riesce a farsi guardare. Non è immagine. I: ogget to 26• In riferimento al secondo punto, l'aspetto temporale, si legge più avanti: il nostro tempo vuol vivere: è un tempo ad una dimensione. Non ha che il presente. L'arte, che è il presente in assoluto, svaluta il presente come continuo trapasso del futuro nel passato. I: troppo pura, immobile, disinteressata. Va perciò ridotta in modo da non nuocere. Entrambe queste critiche saranno riprese in Segno e immagine e svolte l'una in chiave linguistica e l'altra socio logica. L'interpretazione dell'astrattismo come d'una poetica che ha degradato l'immagine nel segno e addirittura nel segno-non-significante, nonché l'analisi del costume contem poraneo, portano Brandi ad affermare: Di fronte a questo congegno sempre più ingrato e implacabile, che diviene 39
l'esistenza umana... il 'ricorso all'arte, come ad un'imma gine al di fuori della · gravitazione quotidiana, diviene impossibile, se l'arte non si accordi ad accorciare le di stanze: nulla è più adatto, allora, ad accorciare tale di stanza, che ridurre l'immagine sotto il segno, che non si pone al di là dell'interpretante... Quindi l'arte, per so pravvivere, è costretta a divenire segno per un'inter pretante ed a subire il traguardo incessante del pre sente 27 questa riduzione, nell'interferenza tra segno ed immagine, come s'è detto, l'Autore vede un sintomo della grave alterazione in atto nella civiltà co�temporanea. Abbiamo affermato che la posizione di Brandi, pur nel l'ambito della e letteratura sulla crisi> (come Garroni defi nisce un atteggiamento culturale, cui partecipa anche quella che abbiamo chiamato critica discorde), indica all'interno della stessa fenomenologia artistica i limiti di questa e, forse, i modi per superarli. L'avanguardia è finita - egli ribadisce in Segno e immagine, non solo perché è finito il Romanticismo come aveva detto in precedenza, ma per un motivo interno all'avanguardia stessa. L'avanguardia è con cepibile solo in termini di immagine, non in termini di segno. Poiché il segno varia ma non evolve: in quanto segno, vale per quel che designa, è nel presente, o non è, come segno. Mentre l'avanguardia è un tiro d'interdi zione nel futuro, un modo di precorrere se stessi e il tempo che deve venire, predisponendone la nuova clau sola formale, con un'immagine di contro alla quale quella subito precedente o la prevedeva o apparirà definitiva mente conclusa. Ma le vere avanguardie, per ciò stesso, sono il tessuto connettivo della tradizione... Ma non c'è avanguardia dove questa continuità dal passato al futuro si nega, dove solo conta l'eruzione astorica nel presente, e di questa eruzione non rimane che un'impronta 28• La nostra inchiesta, indubbiamente sommaria e lacu40 nosa di fronte ad una letteratura cosi vasta, che ha ormai
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l'autorità di una tradizione e la compattezza di un genere, potrebbe continuare citando gli autori più recenti. Ma la gran parte dei più giovani critici discordi, eleggendo l'am biguità e l'interdisciplinarità a guida della loro indagine, se offre tesi più nuove e stimolanti, non presenta tuttavia quella costanza, magari a volte ingenua, di molti autori citati; che vale almeno come punto di riferimento. I brani riportati documentano a sufficienza la parzialità e l'unilateralità di motivazioni della critica discorde. Vo gliamo dire che in essa si avverte costantemente la tendenza a generalizzare, isolandoli, alcuni aspetti dell'arte moderna, ignorando in tal modo proprio la caratteristica prima e più significativa delle avanguardie contemporanee: la loro com plessa intricata pluralità di esperienze, rispetto alla quale appare artificioso e restrittivo ogni tentativo di descrizione formale univoca e ogni interpretazione ideologica che voglia ricondurre quelle esperienze, nella loro interezza, sotto un unico segno. A chi guardi al di là della superficie delle cose, infatti, non può sfuggire che l'arte oggi, così intima mente compromessa nei suoi momenti singolari con le ra gioni della cultura (filosofica e scientifica soprattutto), della politica e dell'esistenza in genere, rifiuta poi nel suo insieme ogni pretesa di esclusività, da qualunque parte sia avanzata. Ciò significa anche, però, che la e critica discorde > spo gliata del suo tono apocalittico e delle sue ambizioni totali tarie, tocca talvolta qualche verità circoscritta e indizia delle esigenze che non è possibile rifiutare. È assurdo allora pen sare, come noi facciamo, che l'importanza di questa critica (quando non spari grossolanamente a vuoto per insensibilità o grettezza di interessi, ma colpisca qualche lembo vivo del presente) non debba essere trascurata da chi si senta implicato nel processo dell'arte contemporanea responsabil mente e senza riserve? Sia ben chiaro che non proviamo nessuna simpatia per le posizioni di rifiuto integrale o di accomodamento furbesco alla situazione. Ma tra l'oziosa
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rampogna moralistica e l'attivismo acefalo dei conformisti v'è certamente spazio per una posizione critica interna all'arte contemporanea; interna sia perché, accettando come proprio campo di indagine quello comune dell'arte attuale, non si abbandona· alle facili condanne in nome di puri mo delli ideali o di valori totalmente trascendenti, di fronte ai perché, senza ignorarli, non muove tuttavia da interessi di sociologia culturale, per toccare solo marginalmente o per sociologia culturale, per toccare solo marginalmente o per incidens l'arte, ma trova in questa il proprio centro costante di riferimento. Di particolare importanza, oggi, ci sembra tener ferma questa ultima esigenza, mentre dilagano, con il ritardo caratteristico di certa cultura italiana, la moda sociologica e le analisi approssimative e dilettantesche di critici improvvisati, che nell'affrontare i problemi dell'arte in termini di produzione, consumo, cultura di massa ecc. dimenticano puntualmente di dirci in che cosa poi il loro oggetto specifico di indagine (l'arte o come diversamente si preferisca dire) si distingua dai cento altri prodotti cui viene assimilato.
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1 O. SPENGLER, Le déclin de l'Occident, vol. I, Gallimard, Parigi 1959, pp. 'l:17 e 281. 2 B. CROCE, La critica e storia delle arti figurative e le sue con dizioni presenti in La critica e la storia delle arti figurative, Laterza, Bari 1946, p. 21. s J. ORTEGA y GAssET, La deshumanizacion del arte, Revista dc Occidente, Madrid 1964, p. 65. t J. ORTEGA y GASSET, Op. cit., pp. 15-17. 5 J. ORTEGA Y GAssET, La ribellione delle masse, Il Mulino, Bolo gna 1962, p. 7. 6 Con tale espressione intendiamo quella critica che ha accompa gnato, spiegato e sostenuto le varie tendenze dell'arte moderna e in particolare le sue emergenze d'avanguardia. 7 J. HUIZINGA, La crisi della civiltà, Einaudi, Torino 1963, p. 125-131. 8 Cit. in R. POGGIOLI, Teoria dell'arte d'avanguardia, Il Mulino, Bologna 1962, p. 207. t interessante notare che quella relazione nega tiva stabilita da Benda tra il vitalismo bergsoniano e l'arte moderna, viene ripresa in termini positivi da L. Venturi che spiega la pittura cubista proprio nei termini della teoria bergsoniana. (Cfr. L. VENTURI,
Premesse teoriche deli'a.rte moderna, in Sa.ggi di critica., Bocca, Roma
1956, pp. 313 e sgg. 9 Cfr. il compendio a cura di D. C. SoMERVELL: A. J. TOYNBEE, Le civiltà nella. storia., Einaudi, Torino 1950. 10 A. J. TOYNBEE, Op. cit., pp. 557-659-664. 11 Cf. N. BERDJAIEV, Seduzione e schia.vitù estetica. in Schia.vitù e libertà dell'uomo, Edizioni di Comunità, Milano 1952. 12 A. MiiLLER-AIIMACX, Da.s Jahrhundert ohne Gott, Mi.inster 1948, p. 54 e segg., cit. in H. SEDLMAYR, La. rivoluzione dell'arte moderna., Garzanti, Milano 1958, pp. 116-117. 13 P. MEYER, Eu.ropiiische Ku.nstgeschichte, cit. in H. SEDLMAYR, Op. cit., pp. 88-89. 14 C. BRANDI, La. fine dell'avanguardia. e l'a.rte d'oggi, edizioni la Meridiana, Milano 1952, pp. 112 e 147. 15 H. SEllLMAYR, Op. cit. p. 59. 10 B. BERENSON, Estetica. etica e storia. nelle arti della. ra.ppresentazione visiva, Electa, Milano, Firenze 1953, p. 103. 17 R. POGGIOLI, Op. cit., p. 190. 1s Ibidem, p. 191. 19 Cit. in R. POGGIOLI, Op. cit. p. 194. 20 G. Lurics, Breve storia. della. lettef"atura tedesca, Einaudi, Torino 1965, p. 169. 21 G. Lurics, Op. cit., p. 179. 22 T. W. ADORNO, Minima Moralia, Einaudi, Torino 1954, pp. 27-29. 23 T. VEBLEN, La. teoria. della. cla.sse agia.ta., Einaudi, Torino 1949, pp. 108-111. 24 C. GREENllERG, Avant-Garde a.nd Kitsch in Ma.ss Culture, Glencoe 1963, pp. 99-100. 26 C. BRANDI, Segno e Immagine, D Saggiatore, Milano 1960, p. 130. 20 C. BRANDI, La. fine dell'avanguardia. e l'Arte d'oggi, cit., p. 160. 27 C. BRANDI, Segno e Immagine, cit., p. 136. 28 Ibi dem, pp. 138-139.
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Recenti sviluppi dell'estetica in America* TuoMAS MuNRo
L'estetica come ramo della filosofia, forse futura scien za, abbraccia un campo molto più vasto di quanto non facesse pochi decenni or sono. Gli studiosi americani, euro pei ed asiatici hanno contribuito al suo rapido sviluppo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. La definizione tradizionale di e estetica > è. « filosofia del bello >, ma questa definizione è troppo limitata per abbracciare il campo differenziato di ricerca ora chiamato con quel nome. I dizionari spesso offrono come alternativa: « scienza dell'arte>, o qualcosa del genere 1• I due signi ficati non sono incompatibili, e la tendenza attuale è di includere ambedue le linee 'di indagine come parti dell'este tica. L'accento si è spostato dalla definizione della bel lezza come concetto astratto all'osservazione delle arti e dei generi di attività umana che esse implicano 2• In breve, l'estetica oggi è lo studio teorico delle arti e dei tipi atti nenti di comportamento e di esperienza. e Teorico > include
l'approccio filosofico, ma non è limitato ad esso. e I tipi attinenti di esperienza > includono i processi artistici ed
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• Questo saggio è stato precedentemente pubblicato in Newsletter dell'American Concil of Learned Societies (N. 2, Vol. XV, febbraio 1964) e nel J01Lrnal of Aesthetics and Art Criticism (N. 2, vol. XXIII, inverno 1964).
estetici. L'esperienza estetica può essere sollecitata dall'arte o dalla natura. Nell'arte e nella critica d'arte recenti, così come nella estetica, si fa meno attenzione alla bellezza come scopo o misura di valore; molti artisti contemporanei la rifiutan� completamente. L'estetica non lo fa, ma non sostiene più che essa sia sempre il valore più importante nell'arte. Precedentemente l'estetica era considerata una materia normativa, mirante a leggi stabilite di bellezza o di valore estetico sulla base di postulati metafisici. Negli ultimi anni, essa è diventata soprattutto una disciplina empirico-descrit tiva, mirante alla comprensione delle arti e delle attività umane che la riguardano, come la creazione; H piacere, l'uso e la valutazione dell'arte. Essa cerca di raccogliere, criticare ed organizzare l'informazione intorno a questi fenomeni proveniente da ogni possibile fonte, comprese la psicologia e la psicanalisi, le scienze sociali e la storia; si identifica con queste ed altre discipline in quanto esse trattano la natura e le funzioni dell'arte e degli artisti. L'este tica si differenzia dalla storia delle arti perché organizza la sua materia teorica�ente piuttosto che cronologicamente. Essa ha una visione più ampia della maggior parte della critica d'arte, la quale generalmente mette a fuoco una par ticolare opera d'arte, d'artista o di stile; non ignora i pro blemi di valutazione, ma li tratta in modo più generale e fondamentale di quanto non faccia la critica d'arte. L'assio logia o teoria del valore si occupa sia dei valori estetici che di quelli morali. L'estetica esamina i principi della cri tica d'arte passata e presente. Invece di cercare di dimo strare criteri di valutazione o di confutare quelli usati dalle generazioni precedenti, essa cerca di far luce sul problema, studiando come e perché alcuni valutino l'arte in quel dato modo, analizzandone le ragioni, e suggerendo come il pro cesso di valutazione possa essere reso più informato e razionale, se lo si desidera.
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L'estetica non formula regole per gli artisti, ma cerca di capire le varietà del processo e della produzione creativa in relazione ai differenti tipi di personalità, cultura, neces sità. e scopo. Questo può essere di una certa utilità per l'artista; ciò dipenderà da che specie di persona egli sia e se desideri riflettere teoricamente sulla sua opera: alcuni lo fanno ed altri no. In ogni caso, l'interesse principale del l'estetiéa oggi, come quello delle scienze più vecchie, è di aumentare la somma delle conoscenze umane, nella spe ranza che ciò possa essere eventualmente utile per l'uma nità. Un'applicazione l'abbiamo nel campo dell'educazione umanistica, dove l'estetica cerca di aiutare a capire le funzioni dell'arte nelle culture passate e presenti, inclusa l'attuale situazione mondiale. Incidentalmente l'estetica in dica i possibili pericoli dell'arte come strumento per con trollare i pensieri e le emozioni umane, se se ne abusa per dannosi fini politici o mercenari. La tendenza ad allargare il campo dell'estetica, a ren derla più descrittiva ed empirica negli scopi e nel metodo, è parte di una più vasta tendenza del pensiero americano che si stacca dall'idealismo e dualismo metafisici e tende ad un orientamento più naturalistico. In questo l'influenza di William James, John Dewey, Bertrand Russe!, e George Santayana è ancora forte, sebbene sia stata riveduta cri ticamente negli ultimi anni. Lo stesso si può dire di Karl Marx, Freud, Jung,. James Frazer e degli altri idoli della avanguardia intellettuale delle generazioni precedenti. Nes suna nuova influenza preminente ha preso il loro posto in estetica. Quella di Croce non è mai stata negli Stati Uniti tanto forte quanto in Italia ed in Inghilterra, né quella di Bergson e di Sartre tanto quanto in Francia. L'orien tamento al naturalismo in estetica è più forte negli Stati Uniti che in Francia e in Inghilterra, ma gli argomenti de gli articoli sull'estetica in tutti i · paesi mostrano una cer46 ta tendenza in quella direzione 8• Vi sono sempre II,1.eno
libri ed articoli sulla Bellezza dal punto di vista della metafisica· trascedentale: Kant, Schiller, Hegel, Schopen hauer e Croce sono ancora discussi, ma più come clas sici della storia della filosofia che come guide contempo ranee. Vi sono sempre più articoli su particolari opere e stili d'arte, su artisti e su teorie d'arte, soprattutto dal punto di vista del relativismo e dell'empirismo culturale. L'orien tamento nella metafisica e nella teoria del valore a stac carsi dall'assolutismo ed a tendere al relativismo
(il cosid
detto e Crepuscolo dell'Assoluto > che sembra nuovo e ri voluzionario ad alcuni scrittori francesi) ha prevalso a lungo negli Stati Uniti. Fu accettato senza eccessiva emo zione dagli studiosi di filosofia, che erano influenzati dal naturalismo evoluzionistico di Dewey prima della prima guerra mondiale. La questione se l'estetica, nel nuovo, ampio significato, sia ora una scienza, o potrebbe e dovrebbe cercare di diventarlo, è ancora controversa. L'attuale accordo tra gli studiosi in questo campo è che l'estetica non sia ora una scienza nel senso stretto, che implica misura, previsione e verifica, ma che potrebbe e dovrebbe fare un maggior uso d'informazione proveniente dalle scienze psicologiche e culturali. Dovrebbe ricorrere a conoscenze verificabili in spirito scientifico, senza fidarsi troppo dei metodi quantita tivi o aspettarsi leggi definite e universali. Essa può svilup pare ipotesi sperimentali e collaudarle in vari campi del pensiero e dell'azione, per vedere quali diano prova di essere più vantaggiose come mezzi per la comprensione, la previsione e la verifica. Durante là II guerra mondiale, l'America era lontana dal centro dell'azione militare, quindi fu possibile orga nizzare il Jou.rnal of Aesthetics and Art Criticism nel 1941 e la Società Americana per l'Estetica l'anno seguente. Nel 1956, la cooperazione degli studiosi su scala internazionale fu ripresa sotto forma di congressi d'estetica ogni quat-
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tro anni. Cominciati sotto gli auspici dei tedeschi nel 1913, questi erano stati discontinui dopo quello del 1930. Il terzo congresso internazionale sull'estetica fu tenuto nel 1956 a Venezia, il quarto nel 1960 ad Atene e il quinto nel 1964 ad Amsterdam. In ognuno di essi gli estetologi han no partecipato come membri del comitato organizzatore e mediante la presentazione di relazioni. Alcuni studiosi pro venienti dai paesi comunisti presero parte ai congressi del 1960 e del 1964. Ogni paese, naturalmente, sviluppa le sue idee sul l'arte in modo un po' diverso. Costruisce in parte sulle proprie tradizioni ed in parte sulla base comune che tutta la cultura occidentale eredita dai greci. Noi stiamo sco prendo ora, inoltre, quale imponente tradizione estetica giaccia non tradotta, nelle lingue dell' India, della Cina e del Giappone. Se l'approfondiamo meglio e la confrontiamo con le idee occidentali su problemi simili, possiamo sperare di fare dell'estetica un argomento veramente conosciuto e diffuso in tutto il mondo. La strada del progresso in estetica è stata preparata da parecchie generazioni che hanno importato e studiato le arti di tutte le grandi culture artistiche, civilizzate e pri mitive, antiche e moderne. L'aumento del numero dei musei d'arte americana nel ventesimo secolo, l'estensione mondiale e l'alta qualità delle loro collezioni, ancora stupi sce i visitatori stranieri. Prima del 1900, i musei d'arte ame ricana erano pochi e relativamente poveri; ora i più grandi forniscono un campionario rappresentativo di grandi opere provenienti da tutti i principali stili, regioni e periodi, integrati da proiezioni di diapositive, films a colori, libri e riviste illustrate. Oltre alle arti visive, anche il mondo della musica esotica e prinùtiva è stato recentemente schiuso agli stucliosi dovunque mediante lo sviluppo della registra zione fonografica e dei films, ciò che ha anche aiutato lo 48 studio della danza. Le traduzioni della letteratura mondiale
in inglese ed in altre lingue europee stanno procedendo a passo rapido, insieme con i commenti interpretativi. Mai prima d'ora vi è stata una schiera così ricca di dati concreti provenienti da tutte le arti e dalla informazione sui ruoli dell'arte nelle diverse culture, su cui l'estetica può co struire. Molto di questo lavoro viene fatto da storici specializ zati in particolari arti, nazionalità, periodi e stili; ma quanto più di esso procede lungo linee specializzate, tanto più grande è per gli estetologi il bisogno di criticarlo, coordi narlo e sintetizzarlo. Gli studiosi americani stanno rispon dendo a questa sfida con energia e competenza tecnica. Stanno procedendo lungo molte linee per interpretare, rior ganizzare ed assimilare nella cultura occidentale l'abbon danza di materiale che quotidianamente ricevono in gran de abbondanza. Come in molti altri campi umanistici, lo sviluppo del l'estetica americana procede in maniera diffusa, indivi
dualistica. Vi è grande varietà nei metodi, nei contenuti e nelle credenze espressi nei corsi universitari e negli scritti sull'argomento: questo contrasta con la situazione dei re gimi totalitari e di alcune democrazie occidentali dove il
sistema educativo è sotto influenza e sovvenzione più cen tralizzate. I professori universitari americani hanno, di re
gola, grande libertà nel decidere la forma e il contenuto dei loro corsi superiori specializzati. Nessuna istituzione, go vernativa e privata, ha il potere di controllare il pensiero
curri culum standard per insegnarla da un capo all'altro del
e l'espressione in estetica; nessuno può imporre un paese.
Vi è uno scotto (piccolo) per questa libertà: l'estetica
è presa meno sul serio dalla burocrazia di quanto non lo sia n�i paesi comunisti, dove è considerata un ramo della tecnologia per l'istruzione e la propaganda, cioè per con trollare le attitudini del pubblico coi mezzi dell'arte, così
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come per alzare il livello culturale delle masse. Nell' Occi dente,· dove la dottrina dell'arte per l'arte e per l'espres sione individale ancora prevale, l'estetica tende ad essere considerata dal pubblico come pura oziosa speculazione in torno alla bellezza, innocua ma piuttosto vana ed inutile. Gli estetologi americani si stanno rendendo conto che la loro materia ha la potenzialità per un'attiva influenza so ciale, che può essere esercitata saggiamente o stupidamente, bene o negativamente. Le società professionali nei campi umanistici, come la Società Americana per l' Estetica, hanno molto meno po tere di quelle di medicina e di legge. Esse raramente pa trocinano corsi attivi. I loro funzionari sono frequentemente cambiati in modo da rappresentare differenti aree geogra fiche e di tendenze. Lo scopo principale è di fornire un forum per lo scambio di idee trasmesse attraverso la stam pa e la parola. Si potrebbero fare progressi più rapidi lun go alcune linee mediante l'appoggio e la direzione gover nativa, ma questo metodo non è nella tradizione ameri cana 'e susciterebbe l'opposizione di molti studiosi. L'attuale sistema o mancanza di sistema, porta ad espressioni indivi duali' molto differenziate ed a poca cooperazione: una pro liferazione di argomenti specializzati, in quanto ognuno cerca un argomento che non sia stato molto discusso, in modo da poter dire qualcosa di nuovo. Vi è poca ricerca persistente ed intensiva di una qualsiasi linea di pensiero. Quantitativamente, l'estetica americana si è sviluppata in modo notevole dalla fondazione del suo Journal nel 1941 e della sua · società nazionale un anno più tardi. Prima di allora, i corsi e le pubblicazioni sull'argomento erano stati più individuali e sporadici, sebbene prodotti in alcuni casi da scrittori importanti come Emerson, G. L. Raymond, San tayana, e Dewey. L'interesse dei filosofi e degli psicologi per l'estetica scemava e andava avanti senza sostegno con50 tinuo e durevole. Dal 1942, il numero dei colleges e delle
università che danno corsi sull'estetica (sotto vari nomi, come « Principi di critica >) è aumentato in modo signi ficativo 4• Così pure il numero dei libri e degli articoli pubblicati in quel campo ed il numero degli incontri e dei simposi dedicati ad essa. Esiste una serie di argomenti molto più ampia, tutti sembrano indicare un crescente in teresse degli americani a capire e valutare l'arte in modo più completo e sistematico di quanto non sia possibile neg!i elementari corsi sulla e comprensione dell'arte > o nei resoconti cronologici della storia dell'arte. L'estetica con un nome o con un altro, è sulla buona via per diventare una materia formativa nella educazione superiore americana. L'aspetto quantitativo, naturalmente, non ha importanza ed è più importante vedere se la qualità è migliorata; ma questo non può essere misurato. Stabilire una base più ampia d'interesse per l'estetica da parte delle università e del pubblico comune può aiutare ad attirare un maggior numero dei migliori scrittori e così raggiungere lo scopo di migliorare la qualità. Sulla base della mia esperienza con il Journal, a partire dal 1941, ho l'impressione che il livello generale sia migliorato,
nonostante che alcuni dei suoi
grandi collaboratori degli anni passati (come Dessoir, Dewey, Croce e Lalo) non ci siano più. Vi è meno dogmatismo vago e soggettivo; più sicurezza nel trattare un problema specifico con ricerca obiettiva; maggior conoscenza di campi particolari del sapere; una dimostrazione più adeguata alle tesi specifiche. Una grande e vigorosa. generazione di scrit tori più giovani sta collaborando a . giornali competenti, alcuni molto originali. Fa piacere pensare che il Journal e la Società abbiano contribuito ad incoraggiare questo sviluppo. Man mano c;he la ricerca e gli scritti sull'estetica aumentano e si diversificano, alcune poche essenziali sud divisioni in questo campo si stanno gradualmente concre tizzando. Così, la morfologia estetica accentua lo studio
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comparativo delle varie arti, specialmente per quanto ri guarda le loro componenti, le forme e gli stili. La psico logia dell'arte dirige maggiormente la sua attenzione verso i processi della creazione artistica, della produzione, rap presentazione, valutazione, uso e critica. Include gli approcci psicoanalitici e gestaltici. La sociologia e l'etnologia dell'arte sottolineano i ruoli dell'arte e degli artisti nelle diverse culture, periodi ed ambienti sociali. Studiano la relazione tra questi e gli stili dell'arte prodotta. L'assiologia estetica mette in evidenza i problemi del valore nelle arti. La filo sofia della storia dell'arte sottolinea lo sviluppo delle arti attraverso l'evoluzione della cultura, in relazione a certi altri fattori come la religione, la filosofia, la scienza, la tecno logia, la politica e l'organizzazione socio-economica. Il pro blema del rapporto o e sistema > delle arti a volte è stato considerato come una sezione o questione essenziale del l'estetica; così anche il problema della natura dell' « oggetto estetico > e quello dell' « esperienza estetica > come proces so psicologico. Tutti questi campi di discussione si sovrap pongono e sono differentemente distinti dai diversi scrittori. Ciò che sembra importante ad uno sembra irrilevante o peri ferico ad altri. Parecchi contributi relativamente nuovi allo studio del l'arte stanno venendo da campi esterni; è ancora troppo presto per dire quanta duratura utilità forniranno all'este tica. Tra essi sono i seguenti: a) Semantica e semiotica; in generale lo studio delle parole e degli altri segni, simboli e significati, i loro ruoli nelle lingue (naturale ed artificiale) i loro significati e le loro funzioni nella comunicazione. Varietà dei segni (per es. iconico e aniconico) nel linguaggio. Rapporti tra segni e si gnificati (per es. metafora) nei vari campi, incluse la scienza e la conversazione comune. Questo metodo viene applicato anche ai segni ed ai significati in letteratura, pittura e mu52
sica ed al linguaggio dell'estetica.
b) La logica dei concetti, delle proposizioni e delle conclusioni in arte (specialmente letteratura) e in critica d'arte; specie per quanto riguarda i criteri descrittivi e va lutativi sull'arte. c) Teoria dell'informazione; studio ed esperimento su tipi diversi di comunicazione tra uomini (come nella stampa e telecomunicazione) o tra uomini e macchine come le mac chine calcolatrici. Le opere d'arte sono studiate e valutate in quanto éomunicano certi tipi di informazione (conoscen za, determinati segnali, etc.) messe in antitesi con il puro « rumore , . La comunicazione può essere auditiva, come nel parlato e nei suoni metallici, o visiva, come nei quadri, nelle luci etc. d) Cibernetica; lo studio del sistema nervoso e del cervello umano come sistema di controllo automatico ed il suo rapporto con i vari congegni meccanici ed elettrici per le comunicazioni, le registrazioni, le selezioni e le soluzioni di problemi. Questo ha portato a qualche esperimento sulla composizione meccanica o semi-meccanica della musica e dei disegni visivi. I suoni della natura, del traffico, dei macchi nari e dei· processi elettronici sono combinati ed alternati in vari modi. Nuovi toni e sequenze sono formati con i congegni elettronici. Alcuni dei problemi della composizione artistica possono essere risolti, in certo senso, dai congegni meccanici. Tutti questi metodi sono ancora in uno stadio molto rudimentale e speculativo, se lo guardiamo dal punto di vista della teoria estetica. Essi possono ampliare le risorse delle arti ed anche aiutare l'estetica a capire le funzioni comu nicative dell'arte; essi sollevano questioni fondamentali, come fino a che punto d'arte genuina possa essere prodotta mec canicamente. Fino a che punto è creazione artistica un processo di soluzione dei problemi, e fino a che punto pos sono questi problemi essere risolti scientificamente? Esperimenti su questa linea rivelano il grande presti-
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gio della tecnologia fisica ed il desiderio di alcuni scienzati di estenderla nel regno dell'arte. Alcuni esperti d'estetica sono attirati da queste nuove possibilità e le perseguono con entusiasmo. L'atteggiamento americano è caratterizzato da mentalità aperta verso le nuove idee, spesso al punto di esagerare la loro importanza per un certo tempo e di tra scurare i problemi tradizionali. Il pericolo è doppio: sem plificare eccessivamente il compito dell'estetica e riporre troppa fiducia nei metodi esatti (logico e quantitativo). I conservatori accentuano le differenze fondamentali tra uomi ni e macchine, in arte come altrove, e l'attuale impossibilità di misurare gli aspetti più importanti dell'arte e dell'espe rienza. Concepire le funzioni dell'arte come puramente co noscitive, o limitate alla comunicazione dell'informazione, significa ignorare le sue funzioni emotive, il suo potere di soddisfare i desideri e di stimolare esperienze diverse. Con- · siderare l'estetica confinata alla logica dei giudizi di valore, significa ignorare il suo compito primo di comprensione delle varietà dell'arte in relazione alla natura umana e alla società. La difficoltà principale che l'estetica deve affrontare in ogni paese è quella di assicurarsi il contributo di buoni autori con una certa conoscenza dei diversi campi, dai quali l'estetica deve estrarre i suo dati ed i suoi metodi. Per poter integrare, interpretare ed applicare queste diverse materie, l'ideale sarebbe che gli estetologi avessero una co noscenza più che elementare di (a) filosofia in tutti i suoi rami inclusa l'estetica, passata e presente, occidentale ed orientale; (b) della storia delle arti maggiori e di alcune delle minori in tutte le parti del mondo; di quelle aree della psicologia e della scienza sociale. che trattano dell'arte e degli artisti, del loro rapporto con la personalità individuale e l'ambiente culturale. I metodi logici e scientifici, presumi bilmente, sarebbero inclusi nella filosofia. Molti saggi sul54
l'arte e l'estetica mostrano la necessità di una almeno ele-
mentare istruzione in campo logico, ma non necessariamente con l'estrema esattezza richiesta dalla matematica e dalla logica formale. Questa preparazione ideale per lavorare in estetica è ora impossibile negli Stati Uniti o altrove. A parte l'eleva tezza e la duttilità delle capacità mentali che richiede, essa esige un programma educativo che unisca un lungo studio delle arti con una considerevole conoscenza della filosofia e delle scienze naturali. Il programma d'istruzione artistica in molti colleges americani oggi richiede che lo studente che si iscrive prenda uno o due « corsi di orientamento generale >, che scorrono rapidamente un'ampia serie di ar gomenti come quelli appena elencati. Ma egli è presto sol lecitato, nella scelta della laurea, a specializzarsi in un campo sempre più ristretto. Egli dovrà decidere se dare maggior rilievo alla scienza pura, alla tecnologia, o alle arti liberali e alle discipline classiche. Se sceglie le arti, deve specializzarsi in una di esse, come la letteratura in una lingua particolare, o la musica o le arti visive. Se le arti visive, deve scegliere un'esperienza storica o una pratica di studio. Gli storici dell'arte devono specializzarsi in un'arte e in .un periodo particolare. Nei paesi europei gli studenti devono cominciare a fare queste scelte nella prima età, e forse qualificarsi con un esame per il soggetto della loro scelta; una volta fatta la scelta, è più difficile cambiare, sebbene molti studenti non sappiano fino alla maturità quali siano i loro interessi principali e le loro capacità. Man mano che la conoscenza nelle discipline clas siche aumenta c'è più da imparare, per cui è difficile acquistare un'educazione umanistica globale, a meno che non si provveda con speciali corsi a questo scopo. Certamente nessuno può essere un'autorità in tutti gli argomenti che portano un contributo all'estetica moderna. Ma una persona può acquistare ·una concezione generale del loro contenuto e specializzarsi sui rapporti esistenti fra
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loro. Come alcuni estetologi contemporanei hanno fatto, qualcuno può specializzarsi nei rapporti tra musica e poesia o in quelli tra arte visiva e le concezioni dell'universo fisico, oppure la percezione visiva in quanto applicata alla pittura, o tra la musica e le condizioni socio-economiche, o la psicoanalisi ed il romanzo, o la metafisica e le teorie del valore estetico. La sintesi delle idee in un campo così . vasto come l'estetica moderna deve essere fatta lentamente e gradualmente, attraverso la cooperazione di molti indi vidui ed istituzioni. Come aiuto in questo processo, pe riodici specializzati forniscono ai loro lettori articoli e rassegne su molti differenti campi dell'argomento, consi derati da opposti punti di vista teoretici. La principale sede accademica e base dell'estetica nel le Università americane è ancora nei dipartimenti di filosofia. Si potrebbe ·sperare quindi per lo sviluppo della materia nella cooperazione tra i professori di filosofia e quelli delle varie arti, psicologia e storia della cultura. In pratica ciò sembra ancora essere raro, sebbene se ne esprima spesso il desiderio. Spesso interferiscono interessi personali e codifi cazioni; ma qualche passo verso il riavvicinamento si sta facendo da entrambe le parti. Nelle definizioni dei corsi sull'estetica filosofica, troviamo una crescente menzione delle arti; d'altronde, le sezioni di storia, arte, musica e lettera tura stanno includendo un maggior numero di corsi teore tici nei propri campi, e questo li porta più vicino all'estetica. È anche vero che molti storici americani e critici di arte hanno poca conoscenza di filosofia e poco interesse per la teoria generale, perfino entro i loro campi specifici: per loro, la storia è semplicemente un racconto di particolari avvenimenti e la critica un giudizio di particolari opere d'arte. Nelle istituzioni americane di istruzione superiore non si dà a tutti nemmeno un'introduzione elementare alla filo sofia e raramente la si richiede. Sotto questo aspetto, l'edu56 cazione superiore americana è inferiore a quella francese,
perché corsi elementari sui problemi e le teorie della filo sofia sono comuni nei licei francesi 6• Nelle università ame ricane, molti studenti avanti negli studi classici, che com prendono le arti belle, la musica, la letteratura e la storia della cultura completano la loro laurea senza aver neanche un corso in filosofia; la mancanza di base filosofica si mani festa troppo spesso in incapacità di organizzare teoricamente le materie ed anche in ingenui postulati e commenti dei pro blemi filosofici. I fattori che impediscono il progresso sono aggravati dalla relativa mancanza di abilità linguistiche tra i laureati delle università americane; ciò spesso porta ad un certo provincialismo: una limitazione del proprio alimento intel lettuale a quanto è scritto o tradotto in inglese. Questo ha contribuito a dare alla filosofia ed alla estetica britannica l'attuale grande influenza in America. Solo una piccola fra zione dei lavori importanti sull'estetica, pubblicati in lin gua straniera durante il ventesimo secolo è stata tradotta in inglese. Gli studenti e i professori americani di arte, filosofia ed altri argomenti si sono affollati a Parigi a migliaia per molti decenni ma la loro abituale incapacità di parlare, ca pire o leggere il francese correntemente ha impedito alla maggioranza di essi una diretta conoscenza dei filosofi fran cesi o dei loro scritti. Qualunque sia la ragione, è un fatto che l'esistenzia lismo francese ha avuto imprevedibilmente poca influenza sull'estetica americana, in confronto al grande successo che ha avuto altrove. Uno sguardo superficiale ai periodici sulla filosofia, la teologia, l'etica, l'estetica e la critica let teraria di tutta l'Europa, dell'America Latina e perfino del Giappone e dell' India è sufficiente per colpirci con la frequente reiterazione della parola esistenzialismo nelle varie lingue. I suoi rapporti con l'arte sono particolarmente stretti, in parte perché molti capi del pensiero esistenzialista, come
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Sartre e Camus, sono artisti ed hanno scritto sia opere di immaginazione, drammi e poesie che lavori filosofici. Le tradizioni filosofiche americane sono in modo predo minante protestanti; tuttavia l'esistenzialismo protestante con la sua angoisse, il suo amaro pessimismo nei riguardi della civiltà moderna non risveglia alcuna profonda risonanza nella cultura americana. I filosofi protestanti, ebrei, natu ralistici ed agnostici in America sono, nel complesso, più ottimisti, riformisti e di spirito pratico dei loro colleghi europei, anche più di quanto il tono pessimistico e negativo nella recente arte americana potrebbe far pensare. Eccetto che nei problemi decisamente religiosi, essi sono più simili tra di loro di quanto non lo siano i loro colleghi in Eu ropa. Sembra strano, in America, vedere le teorie estetiche classificate come e Esistenzialismo protestante >, e Esisten zialismo cattolico> e e Esistenzialismo laico > 6; nell'estetica americana ci sono poche prese di partito su posizioni reli giose o antireligiose, marxiste o anti-marxiste. Come l'antico Epicureismo, il moderno naturalismo ame ricano non vede nell'abbandono dei credi religiosi una causa di angoscia o di disperazione; pur ammettendo i mali ed i pericoli della attuale situazione mondiale, la maggior parte dei filosofi americani non segue gli esistenzialisti nel negare la possibilità di progresso o nel considerare le con dizione umana essenzialmente infelice ed assurda. Gli in tellettuali americani osservano il nero pessimismo dei loro colleghi europei con comprensione ed interesse · ma rara mente con pieno consenso; per loro il e teatro dell'assurdo > è insolito e piacevole, ma senza le implicazioni pessimistiche che esso ha in Europa. 'Gli americani tendono a considerare l'estremo pessimismo come un sintomo dell'attuale disor dine sociale che può scomparire se e quando i rapporti politici internazionali miglioreranno, non come il necessario risultato della scienza, della tecnologia o della perduta fede 58 religiosa. Gli estetologi americani tendono a considerare
l'arte e la filosofia esistenzialiste piuttosto estranee e re mote, più emozionali in arte che persuasive in filosofia, ma in entrambe come un fenomeno culturale transitorio; l'esi stenzialismo sembra più comprensibile in Europa, che ha sofferto più di tutti a causa delle guerre e delle rivoluzioni, ed in quei paesi dove una forte fede tradizionale è improv visamente stata minacciata dal laicismo radicale. (A tutte le generalizzazioni appena fatte vi sono eccezioni indivi duali; ma l'accordo è assoluto nel campo dell'estetica ame ricana). Uno dei meriti tradizionali e perenni della filosofia è stato quello di aiutare gli uomini a trovare un certo ordine e qualcosa che rimane nella molteplicità dei fenomeni pas seggeri, e di fissare queste qualità nel loro pensiero. Matthew Arnold lodava l'uomo e Che vide la vita costantemente e la vide nel suo complesso >. Il bisogno di questa· funzione integrativa della filosofia è forse più grande ora di quanto lo sia mai stato, ora che una dispersione esplosiva è avve nuta nella società e nella civiltà. Gli uomini sono turbati dall'apparente scisma tra le e due culture >, la scienza e le discipline umanistiche; gli studiosi sono confusi dalla molteplicità degli argomenti distinti e specializzati che de vono studiare. Il bisogno è specialmente grande in estetica, che osserva il diffuso rifiuto degli stili e dei metri di valore tradizionali, la frammentazione dell'arte in una moltitudine di tentativi di raggiungere auto-espressioni individuali, spesso frustrate e caotiche. Nessuno pretende che l'estetica scopra od imponga un �uovo sistema corazzato di leggi universali di bellezza e arte buona; ma un certo aiuto per adattare insieme i pezzi della propria interpretazione ed esperienza in arte sarebbe bene accetto dagli studiosi e dal pubblico: molti ancora guardano alla ·filosofia perché procuri questo aiuto. Ciò può essere fatto mediante elementari corsi di stu dio sulla storia, i problemi e le teorie della filosofia, inclusa l'estetica.
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Sfortunatamente la filosofia ai tempi nostri, specialmente in Inghilterra e negli Stati Uniti, è ampiamente votata ad un'opposta linea di condotta: quella di analizzare e criti care sempre più minuziosamente parole ed affermazioni scarse e spesso insignificanti. Il movimento, ora chiamato e filosofia analitica > e condotto dai seguaci inglesi di Witt genstein, ha dominato a lungo la filosofia britannica; più recentemente, ha esercitato una forte influenza sui più giova ni filosofi americani, specialmente quelli che hanno stu diato in Inghilterra a partire dalla seconda guerra mondiale. L'estetica non è stata uno dei loro maggiori interessi, ma scrittori di questa scuola occasionalmente la commentano, specialmente in termini di analisi logica e semantica. Il movimento è stato variamente descritto come « positivismo logico >, e analisi linguistica > e • analisi filosofica >; i suoi seguaci differiscono considerevolmente l'uno dall'altro, e l'accentuazione principale è cambiata considerevolmente dal lo stadio iniziale. Sotto il nome di e positivismo logico >, esso era allora guidato da Bertrand Russel, che lo ha poi sconfessato. Anni or sono, il metodo semantico esem plificato da L A. Richards e C. K. Ogden dette un valido contributo all'estetica analizzando il concetto di bellezza e la psicologia dei giudizi di valore letterari. Essi mostra rono i pericoli di errore e di confusione che risultano dal l'ambiguità e dalla deduzione fallace, ed il comune sbaglio, (ereditato dall'idealismo filosofico) di presumere che concetti universali stiano per entità eterne ed immutabili. Oggi, · alcuni filosofi portano il metodo analitico in estetica ad estremi che appaiono ai non competenti ostru zionistici e futili. Nessuno discute il loro desiderio di criti care e chiarire i concetti .e di smascherare i ragionamenti sbagliati; l'estetica ne ha bisogno almeno tanto quanto ogni altro ramo della filosofia, ma a molti, incluso chi scrive, sembra che la filosofia analitica raramente chiarisca qualche 60 cosa; che essa spesso renda la confusione più confusa ed
ignori gli errori nei propri ragionamenti. Vi sono modi migliori di analizzare i ragioname;,_ti filosofici. Una caratteristica della filosofia analitica nella sua forma più estrema è un esagerato scetticismo verso tutte le generalizzazioni positive in estetica. Così W. B. Gallie, un aderente a questa scuola di pensiero, loda lo « scettico in formato >, il cui atteggiamento in estetica filosofica, egli dice, « è interamente negativo> 7• Il fatto che definire l'« arte> o l' «estetica> in modo completamente obbiettivo, logicamente preciso, è difficile, ha portato alcuni estremisti a negare che questi termini abbiano qualsiasi riferimento obbiettivo, cioè che esista una tale classe di cose come arte, o una tale di sciplina come estetica. Persino le generalizzazioni empiri che su piccola scala, per quanto sperimentali, sono condan nate. Dice Stuart Hampshire: e quando in estetica si muove dal particolare al generale, si sta viaggiando nella direzione , sbagliata> 8; mentre, contro questo estremistico punto di vista, Bertram Jessup osserva che « i filosofi analitici, met tendo la propria pratica estetica insieme con la loro critica dell'estetica tradizionale, hanno perduto la semplice ma im portantissima distinzione tra generalizzazione e super-gene ralizzazione> 9• Estremisti o moderati, i filosofi analitici mostrano poco interesse per le arti, per la storia della cultura, o per i dettagli della morfologia estetica, della psicologia e della so ciologia. L'estetica per loro (ammessa l'esistenza di una tale disciplina) è principahnente un ramo o un'applicazione della logica e della semantica, uno studio degli aspetti conoscitivi dei giudizi di valore. Naturahnente essi hanno poco in co mune con quelli che vedono nell'arte e nell'esperienza estetica un vasto ed affascinante regno di fenomeni culturali, da esplorare per il proprio interesse così come per il mi glioramento della condizione umana. Invece, essi riducono il ruolo della filosofia e dell'estetica a proporzioni microsco piche. La peggiore caratteristica della filosofia analitica nella
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sua forma estrema non è quella che i suoi insegnamenti sono falsi o direttamente dannosi, ma che essa tende ad escludere o a scoraggiare tutte le altre specie di pensiero filosofico. I problemi perenni e le visioni universali della metafisica, dell'etica e dell'estetica sono quasi ignorati in favore di divertenti giochi di parole; eludendo tanti problemi ed esigendo relativamente poca conoscenza o ricerca, essa (la filosofia analitica) è facile da praticare, come la pittura astratta espressionista. Essa ha tentato di opporsi allo svi luppo dell'estetica americana, e della filosofia in generale, e di indebolire la stima in cui entrambe sono tenute dal pub blico colto. Ciò nonostante, nell'interesse dell' imparzialità verso tutte le opinioni teoretiche, il JournaL of Aesthetics and Art Criticism ha pubblicato una lunga lista di articoli tipici sulla filosofia analitica ed i suoi predecessori, il positivismo logico e la semantica; allo stesso modo che sul marxismo, l'esisten zialismo, il neo-scolasticismo, lo Zen ed altre opinioni al di fuori della corrente principale del pensiero americano. A dispetto di questa diversità, vi è in modo sorprendente po ca. polemica sotto forma di articoli dissenzienti, lettere al di rettore e simili. Molti lettori semplicemente ignorano ciò con cui non sono d'accordo, o si limitano ai commenti orali. Alcuni ritengono che le polemiche di stampa siano segno di cattivo carattere; ne risulta che questioni vitali sono di rado dibattute a fondo. Nel complesso, i professori e gli studenti americani sono meno litigiosi e meno partigiani dei loro colleghi europei, tanto in materia di studio quanto di politica e di religione. e Vivere e lasciar vivere > è la norma generale. Ognuno dichiara la propria opinione e basta, eccetto in scottanti que stioni morali come l'eguaglianza razziale e la libertà di parola accademica. È spesso difficile indovinare, leggendo un libro o un articolo americano sull'estetica, quali possano 62
essere le convinzioni filosofiche, religiose o politiche dello
scrittore. Gli scritti filosofici americani danno spesso l'im pressione di non essere fortemente « impegnati > nel soste nere una qualsiasi credenza o indirizzo e di riportare sem plicemente un pezzo di ricerca specializzata. Considerando la violenza verbale con cui la guerra fredda si è espressa negli anni recenti, è piuttosto sorprendente trovarne così poca in estetica. Le discussioni di estetica marxista-lenista in Ame rica sono meno numerose e meno polemiche ora di quanto non fossero pochi anni fa; le accuse e le contro-accuse si sono fatte e si sono susseguite attraverso analisi storiche e teoretiche più tranquille. Forse abbiamo bisogno di discus sioni un po' più calde su questa ed altre questioni della estetica e la critica americana. C'è sempre posto per la speciàlizzazione; sempre più man mano che si estendono i metodi scientifici e si suddi vidono i problemi per uno studio intensivo. Ma la fase sinte tica dello sviluppo, egualmente necessaria, è stata trascurata nell'estetica americana per molti anni. La generalizzazione per lungo tempo non è riuscita a tenersi al passo con la par ticolarizzazione ed ora è tanto più necessario ristabilire uno sviluppo equilibrato. Esiste un reale pericolo che l'era presente di ricerca diversificata, super-specializzata, possa disperdersi troppo e per troppo tempo, producendo soltanto una miscellanea slegata
invece di un'opera attivamente
coordinata. C'è da sperare che la crescente riserva di ri cerche specializzate sull'arte. e l'estetica tenti presto i gio vani studiosi che abbiano la necessaria abilità per intra prendere più vaste e più solide integrazioni.
1 A. LAI.ANDE definisce l'estetica come e Scienza che ha per og getto il giudizio di apprezzamento in quanto si applica alla distinzione del Bello e del Brutto ... È detta pratica o particolare in quanto studia le differenti forme d'arte>. VocabulaiTe technique et critique de la philosophie (Paris, 1947), p. 291. Confronta Webster's ThiTd Interna tional Dictionary, 1961: « Estetica: 1. Un ramo della filosofia che tratta la bellezza ed il bello, specialmente con giudizi di gusto che li riguardano... 2. La filosofia o scienza dell'arte; specificamente la scienza
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il cui oggetto è la descrizione e la spiegazione delle arti, dei feno meni artistici e dell'esperienza estetica ed include la psicologia, la sociologia, l'etnologia e la storia delle arti e gli aspetti essenzialmente attinenti >. 2 Per molti anni, JAAC ha dichiarato nell'interno della copertina di ogni numero che e estetica> è intesa come comprendente e tutti gli studi delle arti e relativi tipi di esperienza da un punto di vista filosofico, scientifico o altra visuale teoretica, inclusa quella della psicologia, sociologia, antropologia, storia della cultura, critica d'arte e pedagogia>. Le arti e includono le arti visive, la letteratura, la musica, e le arti teatrali>. S Per ulteriori dettagli sulla tendenza naturalistica in estetica, vedi T. MUNRO, e Meanings of 'Naturalism • in Philosophy and Aeste tics>, JAAC, XIX (Inverno 1960), 133-137. Pubblicato in francese in Proceedings of the Fourth International Congress on Aesthetics (Ate ne, 1960), pp. 507-514. 4 Una recente indagine, che sarà pubblicata in JAAC, mostra che i colleges e le università americane hanno svolto nel 1963 il doppio dei corsi sull'estetica e sulle materie affini di quelli effettuati nel 1953. 6 Per un più dettagliato confronto dell'estetica francese e ame ricana, vedi T. MuNRO e Les Tendances actuelles de l'esthétique amé ricaine>, in L'Activité philosophique contemporaine en France et aux États-Unis. Ed. Marvin Farber (Paris, Presses Universitaires Fran çaises, 1950) Ch. XV. 6 Come in G. MORPURGO-TAGLIABU!:°'S, L'Esthétique contemporaine (Milan, 1960), Ch. XV. 7 W. B. GALLIE, e The Function of Philosophical Aesthetics> in Aestretics and Language, Ed. W. Elton (Oxford, 1954) pp. 24 e sgg. 8 e Logie and Appreciation>, in Aesthetics and Language, p. 169. 9 e Analytical Philosophy and Aesthetics>, British Journal of Aesthetics, Ili, 3 (luglio 1063, 232).
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Le mostre dell'estate '65 LARA VINCA NASINI
Una breve panoramica sulle principali manifestazioni artistiche di questa estate italiana non porta a concludere troppo positivamente sulla situazione contingente (prefe risco parlare di e situazione contingente > invece che di e situazione attuale > per non rischiare la categorizzazione e la storicizzazione dei fenomeni che appaiono, invece, e sperabilmente, del tutto provvisori) delle arti figurative in Italia e fuori d' Italia. Da molto tempo si parla di crisi, senza tener conto del fatto che la situazione di crisi è, per l'arte, costante condizione di vita e indice di dinamismo e di fermento, sempre produttivo e stimolante. Lo specchio della crisi fu rono, infatti, la precedente Biennale di San Marino, l'ultima Biennale veneziana, e, in misura diversa, con attacchi a stimoli dilatati ma unilaterali, lo fu la Mostra di L'Aquila del '63. Particolarmente le prime due furono manifesta zioni che, per quanto contraddittorie e con elementi tal volta equivoci ed incerti, pure rivelarono una ricchezza di interessi ed una vitalità reale e prepotente, che fecero sperare in possibilita di aperture e in un desiderio di qua lificazione. · Soprattutto fecero indovinare una potenzialità ed una cosi prepotente carica di rinnovamento per cui il significato di crisi poteva assumersi veramente in senso
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delli di comportamento e come tale intesa ad inserirsi atti vamente nelle strutture odierne del mondo, delle quali tali ricerche operano una trascrizione in termini estetico formali, la battuta di arresto, se cosl si può chiamare, è dovuta all'ancora non perfetto dominio dei mezzi ed alla ancora non chiarita, ma immensa potenzialità di essi, come strumenti rivoluzionari. Non si deve più correre il rischio di ripetere gli errori commessi a suo tei:npo dal De Stijl e dal Bauhaus, le cui istanze furono inglobate nel grosso fenomeno dell'industrialesimo, che se ne servì a fini di potere, togliendo loro ogni possibilità di libertà di lin guaggio. Le nuove esperienze gestaltiche, neoconcrete, cinetiche, ottico-percettive, si trovano ad agire invece, e oltre l'informale >, facendo tesoro dell'immenso campo di libertà, che resta la maggiore eredità dell'informale stesso (anche se è stato poi causa della sua fine, della sua autodistruzione), e il loro compito non deve essere solo quello di assu mere i mezzi offerti dalle scienze e dalla tecnologia - che spesso si trasformano in mostri distruttori - e trasformarli in mostri addomesticati, in mezzi di nuova espressione for male. Si tratterà addirittura di trasformare le strutture del vivere. Ciò che sarà possibile soltanto se questa forma di arte riuscirà ad assumersi la responsabilità diretta di una nuova impostazione del mondo, della nuova e figuratività > e « figurabilità > di esso, che presuppongono un cambia mento altrettanto radicale nell'impostazione ideologica. Se nonché il cambiamento totale che questo nuovo linguaggio pòstula e prevede, anche se in gran parte già in atto, non è ancora completamente configurato, anche perché, a ritar darlo, operano c�ntro di esso forze resistenti e opposte; ed anche perché questo tipo di ricerca artistica e totale > è ancora, in certo senso, malgrado i notevoli risultati rag giunti, agli inizi, dovendo ancora operare entro strutture
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tradizionali, e potendo, a mio avviso, divenire realmente operante e incidente nella realtà, solo nella riscoperta di una nuova e destinazione pratica> (che sarà a livello archi tettonico - come già dimostrano alcune esperienze, come quelle, ad esempio, in Italia, di un'articolazione e flessibi lità totale di spazi con l'assunzione di nuovi mezzi lingui stici proposta dall'ultimo Sacripanti; di una nuova « orga nicità strutturata> quale propone Portoghesi; di una nuova e libertà nell'ordine> quale è quella della recente ricerca Mari-Morassutti; o sarà a livello urbanistico, quale pro pone Vieceslav Richter col
e Synturbanisme >,
o
quale
prevede Nicolas Schoffer con le strutture cibernetiche, o secondo la visione di Arata Isozaki; o quale propone Leo nardo Savioli con le sue cellule prefabbricate e modificabili per telai strutturali per la sua ipotesi di città-integrata; o sarà a livello di town-design, o nelle applicazioni di arredo urbano, e di configurazione della città; sarà di incidenza nei nuovi metodi didattici - Alviani, Scheggi, Mack a Leverkusen in un Kindergaten -; sarà negli oggetti di uso); ma dovrà essere soprattutto determinante nella tra sformazione della società. Oggi
ancora
la
situazione non
è definita.
Proprio
nelle due polarità linguistiche di cui ho parlato prece dentemente, che, in ultima analisi, tengono il campo, an cora una volta è palese la costante, ricorrente in tutta la storia umana, di un filone anticlassico· (o realista, per usare termini acquisiti e di riferimento) e dell'altrettan to costante riproporsi dell'idealismo classico. Mi sia per donato questo avvicinamento, un po' forzato, ma abba stanza esatto: surrealismo, nuova figurazione
=
anticlas
sicismo; gestalt, neoconcretismo, arte programmata, ottico percettiva
=
idealismo classico.
La Biennale di San Marino del '63, dove per la prima 68
volta, in Italia, si delinearono i due settori di ricerca (il
discorso pop e il nouveau-réalisme avevano, a nùo avviso, incidenza marginale, il primo come aspetto precipuo di un mondo non ancora, per l'esperienza europea, chiaramente caratterizzato, ma invece specchio di una civiltà esattamente definita quale l'americana, il secondo potendosi assumere, in ultima analisi, nell'ipotesi di recupero dell'immagine del l'uomo, anche nella sua avventura di attualità nel mondo), poneva per la prima volta in termini precisi, il problema della responsabilità del fare artistico nella dialettica quo tidiana. Che poi sarebbe stata, per così dire, codificata, nei due convegni del '63 e del '64 di Verucchio. Mentre la Mostra di L'Aquila cercava di recuperare, storicamente, i motivi costanti di un discorso ancorato ai miti surreali e alla Nuova Figurazione, enucleandone le istanze più dirette, con il linùte della unilateralità pesante e impositiva, ma col merito di una visione ampiamente do cumentata e sorretta; e con quello di avere affiancato, ad una mostra di pittura, scultura, grafica, una mostra di ar chitettura di avanguardia, la Biennale di Venezia, lo abbiamo già accennato, mostrava un panorama confuso, contrastante, polenùco, ma riapriva il discorso su una dialettica precisa, avvalorandolo anche con la presentazione delle opere ame ricane e con l'acquisizione all'Italia del fenomeno pop. Quest'anno si assiste invece all'allargamento delle for mule, alla diffusione dell'uso di certi stilenù e dei mòduli rivolti a recuperi figurativi e, nello stesso tempo, ad un generale e avvilente livellamento ed adeguamento, ad un preoccupante accademismo. Si veda, ad esempio, l'anonimo, inerte livello della 15• Biennale di San Marino che, malgrado l'apporto posi tivo di personaggi come Marchiori, al quale si devono alcune tra le presenze più autentiche tra gli italiani, e nonostante i nonù autorevoli dei commissari e la presenza dei paesi stranieri (Belgio, Cecoslovacchia, Francia, Ger-
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mania, Jugoslavia, Polonia), non che l'accurato allestimento della giovane Elena Ricci, non ha saputo tenersi al livello della edizione precedente che fu organizzata, soprattutto, da Argan, venendo a privarci di uno dei pochi, vivo, com pleto, aperto strumento di dibattito e di indagine critica. Né la presenza di alcune figure, di notevole peso interna zionale, come quella di Vie Gentils, di Walter Leblanc, di Serge Vandercam, di Lehoucka, di Peter Foldes, di Hervé Telemaque, di Lebenstein, di Rancillac; tra gli italiani di Adami, di Cremonini, di Del Pezzo, De Vita, Carmi, Romiti, Saroni, Pistoletto, Brunori, Perilli, Peverelli, Scanavino, Nanni, riesce ad eludere le troppo negative impressioni di strane ripetizioni a freddo quali quella di Bogaert, che ripropone abbastanza· pedissequamente - e tradendo il ma teriale - i mòduli di Kémeny; o come Gostom Sky che riproduce, in bianco e nero, quasi in una resa fotografica, i gradienti luminosi di Alviani. Ne risulta comunque una mostra senza vero mordente, in cui le pur buone presenze si annullano in una generalità di problematica ancora le gata, in molti degli stranieri, ad un informale-materico poco o niente caratterizzato. Venuto a· mancare il principale polo di oppos1z1one, rappresentato, appunto, dallo schieramento gestaltico della precedente edizione di San Marino (e anche la precedente ampiezza di documentazione e la partecipazione più vasta di nazioni straniere), si è così trovata a dominare sulle altre manifestazioni, per ampiezza e importanza, la Mostra di L'Aquila e Alternative attuali 2 >. Dominio indubbiamente unilaterale, ma esercitato con grande ampiezza di mezzi e con una impostazione culturale notevolissima. Tanto per non lasciare dubbi sulle intenzioni, gli Omaggi di quest'anno sono dedicati a Magritte, Mirko, Baj, la retro spettiva a ·Bepi Romagnoni. 70 In un tentativo di sistemazione categoriale la sezione
e Alternative Attuali> raggruppa i diversi artisti sotto varie denominazioni (La dinamica del reale, Ricordo e realtà, L'ottica quotidiana, Il peso della storia, L'ipotesi avveniristica, La favola e l'ironia, L'accentuazione grottesca, Le forze della natura, La presenza dell'oggetto, La dimen sione· della memoria, La simbologia magica, La prospettiva visionaria, Simboli e Segnali) che non vogliono, mi sembra, costituire un'etichetta, ma intendono soltanto chiarire, al l'interno delle diverse ricerche, un filo conduttore unita rio. « Una mostra a tesi e mostra di tendenza dunque anche questa terza rassegna aquilana Alternative attuali 2; ... ed ancora una volta alternativa, perché rifiuta la direzione unica, l'unica verità, il senso obbligatorio e obbligante che sia, e si propone invece la dialettica aperta, l'esito a di verse possibilità, il ventaglio di ipotesi, la fecondità dei contrasti, se la nostra realtà - alla quale queste esplo razioni si applicano - è infinitamente varia, molteplice, stratificata, rifrangente > - Così Crispolti nel catalogo documentatissimo. Senonché la dialettica, ancora una vol ta, è aperta in una sola direzione, rifiutando categorica mente tutto un settore, appunto il gestaltico, il cinetico visuale, le ipotesi di e opera aperta> che potrebbero e dovrebbero, almeno, costituire l'altra e alternativa>. Alcune tra le numerose presenze, nei settori della pittura, scultura, grafica, al di là di quell'allargarsi preoc cupante di stilèmi ripetitivi e anonimizzanti, comuni ad ogni manifestazione di quest'anno, e che talvolta coinvol gono anche alcune personalità fino ad oggi ben definite, risultano di notevole incidenza in una problematica di diretta azione sul reale. Tra gli italiani, ancora assai de finiti, con opere che dimostrano un severo approfondi mento, Adami, Cremonini, Rotell�, De Vita - con l'in quieta, violenta, profonda intensità della sua grafica -, Bergolli, Sterpini - con nuove opere di una vivace ag- 71
gressività, Pozzati - che riafferma prepotentemente
la
sua chiara, viva, aperta personalità, Del Pezzo - con la sua favolosa ed esatta metafisica dell'oggetto assoluto, Berni, Vespignani, Maselli, Fieschi, Vacchi - che alleg gerisce ed impallidisce la sontuosa violenza del suo mondo controriformistico, Del Greco, Marinucci - che ha chia rito e rarefatto l'acredine della sua aggressiva denuncia colorandola di una pungente, quasi gioiosa riscoperta del mito, pur nelle strette maglie del contingente, Mantova nelli, Gajani, Paolozzi, Biasi, Notari. Tra gli stranieri la presenza di nomi come quelli di Rauschenberg, di Rosenquist. di Saul, Tisserand,
Gaul,
Hundertwasser, Tilson, con quelli di Kalinowski, Downey, Vozniak, Langlois, Bak, Hoehme, Zimmermann, Twombly, dimostra quanto sia stata allargata la ricerca di documen tazione, che arriva a comprendere nove pittori sovietici inediti per l'Europa occidentale (Infante-Arana, Lopakov, Nusberg, Bruzilowski, Kabakov, Joutowski, Sooster, Sobolec, Yaneilevski) e uno scultore (Neisvestnij). Infante-Arana e Nusberg perseguono ricerche di ordine ottico-cinetico. La loro presenza può quindi essere spiegata con l'interesse di novità, offerto dal fatto di essere artisti sovietici. · Non è invece molto spiegabile, in una rassegna che programmaticamente ne rifiuta le istanze, la presenza della bella grafica di Bompadre, delle opere di Drago e di Cri stiano, pure _nell'ordine di ricerche neoconcrete. Tra gli scultori alcune nuove, vive opere di Trub biani, di Perez, Ghinzani, Somaini, Benevelli, Rambelli, Scanavino - che trasferisce nella scultura il suo mondo pittorico, Raimondi - che complica le sue forme di baroc chismi decorativi, Cavaliere. Tra gli stronieri Geissler, Hiltmann, Roca-Rey, ecc. La mancanza, quest'anno, del settore dedicato all'ar72
chitettura, priva la rassegna di un aggancio diretto con la
realtà, e di· una documentazione utile, anche perché sem pre più si sente la necessità di un dialogo più aperto e preciso tra le altre arti figurative e l'architettura e di questa col pubblico, dato il rischio crescente di uno spe cialismo che sempre più crea abissi tra un'architettura di élite incomunicabile e non-fruibile, e un'edilizia inerte ed incapace di sopperire alle esigenze dell'uomo. A questo scopo, aperta ad una verifica che ci augu riamo stimolante e proficua, ha inizio a settembre, par tendo da Cortona - proseguendo poi per Riccione, Pi stoia, Pietrasanta,
Carrara,
Anghiari,
Perugia,
L'Aquila,
Caserta, Salerno - la I Triennale Itinerante di Architet tura Italiana Contemporanea che porterà nella provincia italiana alcune tra le esperienze più vive dell'architettura di avanguardia, (presenti, tra gli altri, Castigliani, Dezzi Bardeschi, D'Olivo, Galvagni, Gregotti, Magistretti, Man giarotti, Portoghesi, Ricci, Rossi, Sacripanti, Savioli, Vi ganò, Vittoria), evidenziando, allo stesso modo, sul piano nazionale, a titolo campionale, alcuni problemi specifici di carattere architettonico e urbanistico, dei centri ai quali la Mostra fà capo. Inevitabilmente i problemi della pro vincia italiana sono troppo urgenti e spiccioli, per trovare un rapporto con le esperienze a livello formale e dialettico, presentate a questa mostra. Ma sarà, speriamo, proficuo lo incontro delle esperienze architettoniche più direttamente impegnate, con la provincia italiana, sempre così aperta e curiosa, e permeabile, assai più della grande città, verso istanze nuove. Per continuare nella rassegna, forzatamente affrettata, delle varie mostre nazionali di questa estate italiana, la sola, vera alternativa a L'Aquila, sia pure su piano sol tanto nazionale, è stata (con la Mostra di Arte cinetica, tenutasi a Trieste in occasione del Festival della Fanta scienza, con implicazioni non sempre chiarificate e con
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intenti non solo di precisa aderenza critica) la Mostra nazionale « Premio Castello Svevo > di Termoli che, pure aperta ad ogni tendenza, dedicava una grande sala ad un non ampio, ma preciso e Omaggio a Capogrossi > e alle ricerche ottico-cinetiche, neo-concrete, nelle quali appa riva notevole un precisato affinamento dei mezzi e una più esatta intenzionalità, pur permanendo l'evidenza di una situazione generale non ancora definita. Accanto al gruppo dei concretisti romani citiamo, tra gli altri, i nomi di Alviani, Di Blasio, Colombo, Massironi, De Vecchi, Pa lumbo, Alfano, Pierelli, Gentili, Bassi, Calderara, Pace, Nigro, Bargoni, Bompadre, Orlando, Santoro, Scheggi, Va risco, Marina Apollonio, Gordigiani, Bruno e Michelangelo Conte, Lazzari, Acquaviva, Spalletti, Summa. Nell'altro settore, con un e Omaggio a Calò > la mostra compren. deva, tra le più impegnate, opere di Barisani, Bortoluzzi, Caraceni, Fergola, Filippucci, Del Greco, Pozzati, Roma nelli, Kounellis, Persico, Ori, Marotta, De Gregorio, Anna Sanesi, Gruppo Atoma, Lastraioli, Remotti. Per la scul tura segnaliamo la presenza di Carlucci, con le sue strut ture dinamiche, in una continua dialettica di spazio-luce, di Guasti, con nuove ricerche di accostamenti di materie diverse in una strutturazione di rapporti esterno-interno, di Cappello, Lorenzetti, Nedda Guidi, Gheno. Ne risultava una mostra assai vivace, che meriterebbe, per il livello qualitativo, una sistemazione più ampia, (avendo dovuto gli allestitori limitarsi ad esporre, contro tre opere richie ste, una sola opera per artista) e una più vasta riso nanza. Alla scultura internazionale è dedicata la V Bien nale di Carrara che, malgrado alcune assenze importanti e, viceversa, alcune presenze insignificanti, costituisce un panorama sufficientemente completo della situazione odier na della scultura contemporanea; che, se da un lato ap74 pare la più inserita nella realtà, per la sua più diretta
compromissione con lo spazio, per la sua capacità di configurarlo e di caratterizzarlo razionahnente e psico logicamente, sembra postulare, dall'altro, una diversa e nuova relazione con esso, - non più spazio statico, ma dinamico, mutuato, assunto come spazio-tempo, e perciò interiorizzato - nelle sue _espressioni più nuove, quelle che risalgono a Pevsner, a Calder, che si servono di nuovi materiali e di nuovi mezzi, che includono le ricerche dina mico-percettive, affrontano il tema dello spazio-luce, del ritmo, della strutturazione dinamica della forma. Da questo lato la mostra di Carrara conta soltanto sulla presenza di Enzo Mari. Non c'è Calder, né Albers, né Max Bill, né Naum Gabo, né Nicholson, né Kémeny; né, tra gli italiani, Fontana, il gruppo Enne, il gruppo T, Alviani, Carlucci ecc. Per quanto riguarda la scultura tradizionale, le presenze vi sono, in generale, assai qua lificate, da Adam a Moore, a Chadwich, ad Armitage, Toyofuku, la Hepworth, la Alicia Penalba, Hajdu, Zad kine, Butler, Stahlij, Avramidis, Azuma, Ubac. Tra gli italiani, presenti quasi tutti gli scultori più impegnati (manca, però, ad esempio, Trubbiani), da Gher mandi a Cassani, a Somaini, a Pomodoro, Trafeli, Venturi, Guasti, Negri, Signori, Cappello, Perez, Garelli, Min guzzi. Non è una mostra che porti scoperte o grandi novità. È comunque uno specchio abbastanza sincero della . si tuazione che, appunto, è così, non estremamente brillante, un po' statica, acquisita, senza grandi scatti, ma pur sempre positiva. Se a queste, indubbiamente le mostre più importanti, accostiamo le altre, alcune più esattamente caratterizzate (come la non grande mostra di Modigliana, e Premio Sil vestro Lega>, - dove i premi sono stati attribuiti ad Alviani, Castelli, Sanfilippo, Scheggi, Bonalumi, Toni Costa, Remotti, Ciussi, Fellini, - cui si abbinàvano una per- 75
sonale di Capogrossi e una di Korompay; o come il Premio di San Benedetto del Tronto, con l'omaggio a .Romagnoni, con una piccola rassegna delle opere grafiche stampate nella Stamperia di Sergio Tosi di Milano, e del Torchio, sia pure meno precisato nella mostra a inviti, ma sempre di buon livello) ci possiamo render conto di una situa zione generale che si stempera e disperde nelle altre ras segne minori, dal Premio La Spezia, al Michetti, al Capo d' Orlando, ai vari premi locali estivi, con risultati di scarsa necessità e di scarso interesse. LARA VINCA MAsrn1
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