Il Giornale dei Biologi - N. 6 - Giugno 2020

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Edizione mensile di AgONB, Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi. Registrazione n. 52/2016 al Tribunale di Roma. Direttore responsabile: Claudia Tancioni. ISSN 2704-9132

Giugno 2020 | Anno III - N. 6 | www.onb.it

Il Giornale dei

ALLA RICERCA DELLA NORMALITÀ MIgliorano tutti i dati, ma l’emergenza sanitaria non può essere considerata alle spalle


INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI EMILIA-ROMAGNA E MARCHE DELL’ONB BOLOGNA* 25 settembre 2020 Ore 10:30 Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Dott. Pietro Sapia

Consigliere tesoriere dell’Onb e delegato regionale di Emilia-Romagna e Marche

Dott. Massimo Zerbini

Commissario della delegazione di Emilia-Romagna e Marche

Autorità convenute

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Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

*Via Corticella 89/2 www.onb.it


Sommario EDITORIALE 3

L’Albero del lavoro di Vincenzo D’Anna

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PRIMO PIANO 6

Il Covid-19 potrebbe avere le ore contate?

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Covid, l’Italia nella fase 3 va a caccia di normalità di Daniele Ruscitti

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Fase 3 e ripartenza: il ruolo dei biologi di Stefania Papa

12

L’Onb e la formazione professionale ai tempi del Coronavirus di Claudia Dello Iacovo

14

Fase 3: ritorno in classe a settembre di Stefania Papa

16

Una scuola in “Classe A” di Pasquale Santilio

17

Schermi facciali riutilizzabili di Chiara Di Martino

18

Lockdown e addio alle “bionde” di Daniele Ruscitti

19

I giovani tornano a donare il sangue di Daniele Ruscitti

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INTERVISTE 24

Così abbiamo isolato il Covid-19 di Carmine Gazzanni

26

Come ho sconfitto il super-batterio dell’antrace di Carmine Gazzanni

SALUTE 28

Un nuovo studio tedesco sulla risposta immunitaria al cancro di Sara Lorusso

30

Schizofrenia, la chiave in una molecola cerebrale di Marco Modugno

31

Scoperto il segreto alla base dell’ipermemoria di Carmen Paradiso

32

Un “sarto” chiamato spliceosoma di Pasquale Santilio

34

LLLT: curare pelle e capelli con la luce di Biancamaria Mancini

36

Colesterolo nell’intestino. Scoperti i batteri che lo abbattono di Chiara Di Martino

38

L’obesità giovanile aumenta il rischio di tromboembolia venosa di Sara Lorusso

40

Le piante, chimici eccezionali di Chiara Di Martino

42

Il licopene, un’arma contro l’invecchiamento di Carla Cimmino

44

Alimenti probiotici e difese immunitarie di Emanuele Rondina

6 BIOLOGIA DEL PALAZZO 20

22

Caos, ritardi e burocrazia: tutte le accuse al Governo di Riccardo Mazzoni La doppia sfida di Conte: aiuti Ue e riforme in Italia di Riccardo Mazzoni

Attualità

Scienze

Contatti


BENI CULTURALI 66

Art Bonus, 20 milioni ai beni culturali di Pietro Sapia

67

C’era una volta Sergio Leone di Matteo Piccirilli

68

L’importanza della biologia nella tutela dei beni culturali di Matteo Montanari

73

Banksy al Chiostro del Bramante di Matteo Piccirilli

48 AMBIENTE 48

La corsa veloce della sesta grande estinzione di massa di Giacomo Talignani

SPORT 74

La partita del secolo compie 50 anni e sembra ieri di Antonino Palumbo

50

La lotta per la conservazione? Passa dallo spazio di Giacomo Talignani

52

Quella passata non sarà l’ultima pandemia di Gianpaolo Palazzo

76

I 70 anni di Adriano Panatta di Antonino Palumbo

54

Buone e cattive acque: il 60% di fiumi e laghi non è inquinato di Gianpaolo Palazzo

77

Calcio, infortuni triplicati dopo il lockdown di Antonino Palumbo

78

BREVI

56

Giù la masche…rina, ma responsabilmente di Gianpaolo Palazzo

57

Turismo a due passi da casa di Felicia Frisi

LAVORO 80

INNOVAZIONE 58

Ricerca e innovazione: sfide di un coordinamento a regia nazionale di Ines Di Paolo

60

Super produzione di flavonoidi? Ora si può di Pasquale Santilio

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Concorsi pubblici per Biologi

SCIENZE 82

Il carico sociale ed economico della cirrosi di Sara Lorusso

86

Qual è il carico globale del carcinoma esofageo? di Sara Lorusso

Una goccia che diventa uno spettrometro di Pasquale Santilio

90

Le strategie patologiche del melanoma

Finestre illuminate da fonti organiche di Felicia Frisi

94

Peso forma ed equilibrio del microbiota

63

Patto green per la Capitale di Felicia Frisi

64

Il Parkinson negli occhi di Felicia Frisi

di Giada Fedri

di Laurie Lynn Carelli et al.

ECM 98

Virus batterici come strumenti...

di Vittorio Verzillo e Andrea Morello Attualità

Scienze

Contatti


EDITORIALE

L’Albero del lavoro di Vincenzo D’Anna Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

P

er un Ordine che ancora oggi, dopo due abbia fatto sforzi considerevoli per rendere anni di svariati tentativi, stenta a trovare tutto il suo operato più a portata di mano e una interlocuzione con tutti gli iscritti, di conoscenza degli iscritti. Per i cultori della non è facile capire quali e quante siano particolarità di genere, riferito al tipo di attile lacune da colmare. Quali e quanti siano gli vità professionale svolta, non ha alcun valore strumenti per abbattere il muro della incomu- che tutte le procedure amministrative, i renicabilità tra chi amministra e chi è ammini- golamenti, i bilanci (legittimi e trasparenti) strato. Non è bastato aprire nuove vie di comu- siano improntati alla legalità e alla metodolonicazione con gli iscritti (ONB TV; Radio Bio; gia in uso presso gli Enti pubblici. Eppure in Giornale on Line; Magazine di informazione poco più di due anni il Consiglio dell’Ordine culturale Cartaceo; MyONB ed Area riserva- ha adottato e pubblicato oltre seicento atti deliberativi per argomenti ta; Facebook e Sito istituzionale specifici. sempre aggiornato; Newsletter Non s’ode alcun apprezzaed sms) per abbattere, compleL’Onb ha aperto nuovi mento per tutte le innovaziotamente il muro della disaffeni messe in campo, come se i zione e l’abitudine alla critica canali di comunicazione principii di legalità, rendiconpreconcetta. per essere più vicino to dell’operato e democrazia, In genere questo due cose fossero degli elementi marginegative provengono da parte agli iscritti, che vengono nali e trascurabili nella vita di coloro che si affidano ad altre aggiornati costantemente dell’Ordine dei Biologi. Cerforme di tutela professionale e to nessuno di coloro che sono di informazione, che utilizzasui temi d’interesse stati eletti in seno al Consiglio no come surrogati dell’ONB. dell’Ordine si aspetta che Sono ancora molti, troppi, i della professione giungano delle consideraziositi chiusi oppure esclusivi sui ni di apprezzamento, convinsocial network, le Associazioni con finalità particolari riferite alla branca di ti come sono che si porti avanti il programma attività svolta (leggi Nutrizionisti e Genetisti) esposto ai colleghi, a tempo debito, e approche svolgono attività para ordinistica. Molti si vato col consenso elettorale, senza altre soveraffidano da molto tempo all’Ente di Previden- chie aspettative. Tuttavia, occorre sviscerare za dei Biologi, Enpab, che da tempo imme- l’origine di questa disaffezione, di questa inmore alimenta una rete, che spesso si rivela clinazione alla lamentazione più che alla crivicariante di ONB. Sono perlopiù Biologi fi- tica, mancando quasi sempre, in colui che si delizzati alla nutrizione e poco si interessano lamenta, l’indicazione di una soluzione pratidella intera categoria. Per questa tipologia di cabile. C’è da chiedersi perché siamo l’unica iscritti, per necessità, ma non per convinzio- categoria professionale, oggi professione sanine, a poco serve che Il Consiglio dell’Ordine taria parificata alle altre più antiche e numeIl Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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rose categorie, che raggiunge un’evasione del mio dire avrebbe avuto più peso e risonanza. 60% in termini di mancata iscrizione all’ONB. Il compito più arduo che si para innanzi alla Perché invece di dare forza e compattezza, nu- Nostra Categoria è la parificazione con le almerica ed economica alla categoria, si preferi- tre categorie in Enti, Ministeri, Commissioni sce disperdersi in una miriade di gruppi auto- Tecniche. Così per il riconoscimento di pari referenziali che sottrae risorse finanziarie e si diritti, come quello delle borse di studio agli dedica alla pratica dell’abuso di esercizio della specializzandi non medici, l’esenzione della professione, peraltro in danno di tutti gli al- tassa per coloro che devono sostenere l’esame tri che rispettano la legge. Un ostacolo grande di Stato. Vero è che emendamenti legislativi quanto una montagna che si frappone sul via in tal senso abbiamo fatto presentare in Parladella piena consapevolezza di una categoria mento, ma sempre da Nani che competono coi ancora piccola è divisa. Eppure questo stato Giganti. Il mezzo milione di medici, gli ottodi cose non genera esecrazioni e spesso molti centomila infermieri, i centomila Farmacisti, tra gli iscritti solidarizzano con gli evasori, riu- sono un esercito che ha leve di potere e di rappresentanza politica che i Biologi ancora non niti in uno stesso gruppo associativo. Non sono pochi quelli che invocano mag- hanno e che non avranno fino a quando non giore considerazione per i Biologi e i Biotec- giungerà la stagione della presa di coscienza nologi, che pretendono un maggiore protago- del dovere di essere dentro all’Ordine a lavonismo e riconoscimento del ruolo scientifico e rare, non fuori o contro l’ordine a lamentarsi. Ormai siamo convinti che la scossa sia sociale di questa categoria e dei suoi indiscussi meriti. Possibile mai che nessuno faccia ri- stata data e che il parlare sia stato schietto e salire a questa profonda disarmonia, a questa veritiero, senza promesse mirabolanti e rappresentazioni di comodo dello vecchia disaffezione verso il stato dell’arte della Categoria. proprio Ordine, a questo ostaIl Consiglio dell’Ordine si apcolo, una delle cause vere della Ai rappresentanti presta a realizzare la fase di debolezza della rappresentandecentramento abilitando al za dei Biologi Italiani. Insomistutuzionali, incontrati massimo possibile quelle che ma si hanno grandi pretese, agli Stati Generali sono ancora Delegazioni Regrandi aspirazioni, continue gionali dell’ONB e che divenlamentazioni e nessuna capadi Villa Pampphilj, teranno Ordini Regionali dei cità di critica verso l’evasione ho chiesto maggiore Biologi. Ma non basta, un altro e l’abusivismo di colleghi che compito essenziale ci preme esercitano, tra l’altro operano attenzione verso la attuare, quello dell’indirizzo e senza l’abilitazione di legge? delle informazioni ai colleghi Ho incontrato in questi giorcategoria dei biologi perché scelgano la loro attini a Villa Pamphilj, durante gli vità professionale. AccompaStati Generali della Economia per il rilancio della Nazione, il capo del Go- gnando alla indicazione, per ciascun ambito verno, Giuseppe Conte, il Ministro della Salu- di attività e di speciali competenze, la relatite, Roberto Speranza, il Ministro dell’Econo- va preparazione teorico e pratica sul campo. mia, Roberto Gualtieri, esponendo agli stessi Ci sono decine di nuove e vecchie strade che i torti e le dimenticanze verso una Categoria possono condurre i Biologi al mondo del lache spesso sembra essere figlia di un Dio Mi- voro. Bisogna indicarle chiaramente, declinarnore, se non proprio confusa con quella dei le in tutte le sub specie di indirizzi lavorativi, Tecnici di Laboratorio. Questi ultimi destina- spaziando in tutte le decine di diverse attività. tari di gratificazioni economiche che non sono Sarà costruito un apposito grafico, un albero con i suoi rami principali e secondari fino alle state riconosciute ai Biologi. Ho invocato maggiore attenzione, consi- diramazioni in modo che siano contemplate derazione e le soluzioni legislative praticabili le molteplici possibilità di avviamento al laper inserire i Biologi nei posti ove loro compe- voro. È un compito complesso e arduo che te. Ho proposto cose semplici, ma che allarga- sarà successivamente sviluppato anche presno gli ambiti occupazionali, spazi finora non so gli Ordini Regionali Autonomi, secondo esplorati sia nella pubblica amministrazione le peculiarità specifiche offerte dai territosia nei nuovi ambiti di intervento che la Biolo- ri. Ciascuno si orienterà verso quelle attività gia, Scienza giovane e prolifica, dischiude alla che maggiormente possono trovare ai Biologi intera società. Ne ho ricavato attenzione e ap- l’occupazione. Sarà quello il tempo nel quale puntamenti specifici per sanare le disparità a qualche collega chiamato a gestire capirà che cui ho accennato, ma se avessi potuto contare è tanta dura la fatica del fare che passa la vosu alcune decine di migliaia di iscritti in più, il glia di criticare. 4

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Ordine Nazionale dei Biologi

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PRIMO PIANO

Il contributo della medicina ossidativa nella lotta contro il virus della Sars Cov-2: l’esperienza del professor Barco

IL COVID-19 POTREBBE AVERE LE ORE CONTATE? 6

Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

I

l condizionale è d’obbligo, soprattutto in casi del genere. Ma realmente la Covid 19 potrebbe avere le ore contate grazie alla medicina ossidativa. A darne notizia, un interessante servizio pubblicato sul portale www.6insalute. it in cui si cita lo studio degli scienziati dell’Università di Oxford i quali hanno indicato nell’antinfiammatorio steroideo “Desametazone” il primo vero presidio terapeutico per i pazienti gravemente colpiti dal virus della Sars Cov-2, capace di ridurre di un terzo il rischio di mortalità per i malati ricoverati in terapia intensiva e sottoposti a ventilazione. Tale sperimentazione, scrive il webmagazine, “ha dimostrato che l’introduzione in terapia del Desametazone avrebbe salvato, nel Regno Unito e non solo, qualche migliaio di malati affetti dalla sintomatologia


PRIMO PIANO

Gli scienziati dell’Università di Oxford hanno indicato nell’antinfiammatorio steroideo “Desametazone” il primo vero presidio terapeutico contro la Sars Cov-2 virale”. Insomma: quella che, prima ancora dei ricercatori britannici, fu l’intuizione del professor Giovanni Barco, potrebbe essere ritenuta l’arma in grado di sconfiggere il nuovo coronavirus. Barco, direttore sanitario dell’istituto internazionale Barco, è stato un autentico pioniere - in termini di innovazione e ricerca - nel campo della medicina ossidativa, tanto che già nel 2002, a proposito della Sars (acronimo di sindrome respiratoria acuta severa), il suo gruppo di studio, insieme a un team di scienziati cinesi, testò una terapia anti Sars (oggi descritta anche su Wikipedia) a base di steroidi e ribavirina, considerata “non provata” ma che allora consentì di salvare molti vite umane. Finita quell’epidemia (durata fortunatamente solo alcuni mesi), il team di ricerca dell’Istituto Barco intraprese per alcuni anni studi farmacologici basati su evidenze cliniche e sull’uso di possibili farmaci da utilizzare in stati patologici sostenuti da virus dotati di pericapside, come Epstein Barr Virus (agente eziologico della mononucleosi) e varicella. I risultati ottenuti permisero di mettere a punto, nel 2017, una ricerca di trattamento per virus dotati di pericapside. Nel piano terapeutico, oltre agli steroidei (glucocorticoidi), erano compresi anche una cefalosporina di quarta generazione (antibiotico) e l’uso di una miscela acquosa satura di Rons (specie altamente reattive dell’ossigeno e dell’azoto) nominata “Ossigeno Poliatomico Liquido®” e definita dall’acronimo OPL-RONS® o semplicemente OPL. “Dagli anni ‘90 in poi - ha spiegato Barco - il mio gruppo di ricerca, con l’indispensabile supporto scientifico del National Research Council of Italy, C.N.R., Institute of Chemistry of Organo Metallic Compounds-ICCOM di Pisa, ha realizzato sistemi di produzione di specie altamente

reattive dell’ossigeno in stato di plasma, ottenute allo stato puro in condizione di ioni anidri più stabili attraverso setacci ionici molecolari”. “La contemporanea introduzione di accurati misuratori quantitativi spettrofotometrici - ha proseguito il professore - ha reso la terapia ossidativa sicura ed efficace al punto da studiare diversi protocolli per alcune malattie gravi, tra cui quelle da infezioni da virus con pericapside compreso il Sars-CoV-2 virus”. “Il mio gruppo di ricerca all’Istituto Barco - ha aggiunto ancora il professionista dalle colonne di 6insalute. it - studia alcune possibilità di somministrazione di soluzioni ad azione ossidativa radicalica”. Si tratta, ha aggiunto barco, di “soluzioni acquose di ioni idrati di ‘Specie Altamente Reattive dell’Ossigeno e dell’Azoto’ conosciute come Ossigeno Poliatomico Liquido®”. Ebbene, “tali studi - ci ha tenuto a rimarcare ancora Barco - hanno poco in comune con il premio Nobel per la fisiologia e per la medicina 2019 assegnato ai tre ricercatori William G. Kaelin Jr., sir Peter J. Ratcliffe e Gregg L. Semenza”, tuttavia rappresentano il “riconoscimento” di come “ancora una volta si sottolinei l’importanza dell’ossigeno come regolatore del metabolismo cellulare”. Ormai moltissimi dati, secondo il professor Barco, indicano che la cura di alcune importanti malattie passa attraverso lo studio dei metabolismi ossidativi cellulari. Bisogna pure sottolineare - è sempre lo scienziato a rimarcarlo - che è la carenza di ossigeno, quella condizione chiamata dai fisiologi “ipossia”, a definire in un tumore sia il grado di progressione sia la capacità di produrre metastasi. “Quando si parla di medicina ossidativa radicalica - spiega il professor Barco - si fa riferimento all’uso di Specie altamente reattive dell’ossigeno e dell’azoto, e nel caso dell’Ossigeno Poliatomico Liquido®,

si trovano come idrati stabili in una soluzione acquosa iniettabile. Si tratta soprattutto di ione superossido, una molecola di ossigeno che grazie a un elettrone in più è in grado di attraversare come sciame ionico tutti i tessuti, raggiungendo le cellule senza l’utilizzo del sistema navetta emoglobinica e portando a una vasta ossigenazione tessutale, compresi i tessuti che non sono serviti da un efficiente apparato circolatorio, come nel caso di quelli invecchiati”. “Bisogna sempre ricordare - ha aggiunto Barco - che l’ossigeno che respiriamo attraverso i polmoni, e che raggiunge le cellule attraverso il circolo sanguigno legato all’emoglobina, per poter essere utilizzato dai mitocondri cellulari deve essere sempre trasformato in ione superossido grazie all’addizione di un elettrone”. Le cellule umane ogni giorno producono almeno 3 grammi di ione superossido - la stessa specie chimica ossidativa radicalica che viene fornita con l’Ossigeno Poliatomico Liquido® - attraverso una ‘reazione riduttiva’: reazione chimica mitocondriale che richiede per le cellule un notevole costo energetico, azzerato invece con l’uso dell’OPL-RONS®. “Un notevole vantaggio per chi è vittima di importanti malattie come quelle cardiocircolatorie e degenerative del sistema nervoso centrale, ma anche quelle virali” ha aggiunto Barco. “Comparso sulla scena il virus SarsCoV-2 - ha proseguito il direttore sanitario dell’Istituto Internazionale Barco - un precedente nostro protocollo sperimentale (approvato dai Comitati Etici), chiamato ‘studio monocentrico sperimentale prospettico: associazione OPL (Ossigeno Poliatomico Liquido) e chemioterapia nel trattamento di II linea dell’adenocarcinoma del pancreas localmente avanzato e/o metastatico’, ha offerto un nuovo approccio terapeutico ossidativo alle patologie virali con pericapside (Virus SARS-CoV-2). Si tratta di un protocollo depositato a marzo del 2020 a base di miscela OPL e il Cefepime cloridrato”. Insomma, per la prima volta viene raccomandato, sulla scorta delle precedenti esperienze nella terapia per i virus con pericapside come è appunto la SarsCoV-2, una dose giornaliera intramuscolare di 1,5 mg di Betametasone, un glucocorticoide antinfiammatorio steroideo. Un approccio terapeutico, come si vede, suggerito ben prima che arrivassero gli studiosi di Oxford. Fonte: www.6insalute.it Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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PRIMO PIANO

di Daniele Ruscitti

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upera le 240mila unità il totale delle persone che hanno contratto il Covid nel nostro paese. La Lombardia è sempre la Regione con più casi anche se, in diverse realtà territoriali, cominciano a diventare tanti i giorni in cui non si registrano decessi e nuovi casi di contagio. Ci sono poi altri numeri confortanti: il numero dei malati di Coronavirus continua a diminuire, così come scende quello delle persone ricoverate nei raparti di terapia intensiva. All’inizio della Fase 3, l’Italia fa le prove di normalità. L’emergenza non è però assolutamente superata. Anche se in Europa i casi di Covid-19 sono in calo “la pandemia non è finita e servono sforzi continui per garantire che il distanziamento fisico e le altre misure di prevenzione dell’infezione siano osservate”. Lo scrive l’Ecdc (European Centre for disease prevention and control) nel suo ultimo documento di valutazione del rischio. Le misure adottate dai paesi europei, si legge nel documento, hanno ridotto collettivamente la trasmissione e, a partire dal 9 giugno, l’incidenza a 14 giorni nell’Ue e nel Regno Unito è diminuita dell’80% dal picco del 9 aprile. L’ondata iniziale di trasmissione ha superato il suo picco in tutti i paesi, tranne Polonia e Svezia. Sebbene queste rigorose misure di allontanamento fisico abbiano ridotto la trasmissione, sono altamente dirompenti per la società, sia sul piano economico che sociale. Tutti i paesi che hanno attuato gli ordini di “permanenza a casa” forzati per la popolazione in generale hanno avviato un allentamento totale o parziale di queste misure e molti hanno iniziato una riapertura totale o parziale di piccoli negozi al dettaglio e altri spazi pubblici. Al momento, poco prima del periodo delle vacanze estive, poiché gli Stati membri allentano i limiti, esiste il rischio che le persone non aderiscano fermamente alle misure raccomandate ancora in vigore

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COVID, L’ITALIA NELLA FASE 3 VA A CACCIA DI NORMALITÀ Migliorano tutti i dati. Il ministro Speranza: la svolta solo col vaccino

a causa della “fatica da isolamento”. Per- almeno 6-7 anni rispetto al periodo precetanto, sono necessari sforzi continui per ga- dente e questo anche aiuta a spiegare una rantire che le rimanenti misure di controllo riduzione del rischio di morte. Nell’analidella distanza e di prevenzione dell’infezio- si sono stati presi in considerazione circa ne continuino a limitare la diffusione della 30mila decessi avvenuti prima del 4 maggio malattia. e più di 3mila dopo questa data. Per le donIn Italia, secondo un’analisi dell’I- ne l’età media è passata da 83.1 a 85.1 anni, stituto superiore di mentre per gli uomini sanità, l’età media da 77.6 a 79.1. L’emergenza non è però dei deceduti positivi «L’età media delal Covid-19 è andala popolazione deassolutamente superata. ta progressivamente ceduta per Covid-19 Anche se in Europa crescendo da marzo a va progressivamente giugno, al punto che aumentando dopo i casi sono in calo se si prendono i dati la metà di marzo prima del 4 maggio e spiegano gli autori -. dopo questa data, si passa da 79,8 a 82,5 Questo può essere legato a diversi fenomeanni. Il fenomeno, dice lo studio, potreb- ni: migliore capacità di trattamento dell’inbe essere dovuto a una serie di fattori le- fezione, migliore organizzazione sanitaria gati all’assistenza sanitaria, da una migliore per contrastare l’epidemia soprattutto in capacità di trattamento dell’infezione ad una fase senza un sovraccarico delle strutuna migliore organizzazione nel contrasto ture sanitarie dedicate alle persone con Codell’epidemia. L’età media dei casi diagno- vid-19, e anche all’esecuzione di un magsticati più recentemente si è abbassata di gior numero di tamponi che nei mesi più


SALUTEPIANO PRIMO

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Iss: neomamme a rischio depressione

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recenti sono stati eseguiti anche in pazienti un vaccino, che ci metterà in sicurezza». molto anziani e complessi (per esempio in Secondo il ministro «l’Italia deve guardaRsa), in cui non sono stati eseguiti nelle re con fiducia al futuro ma queste regole prime fasi dell’epidemia (mese di marzo). restano fondamentali. Guai a pensare che Questo può aver determinato un aumento la battaglia sia vinta» anche perché il vero dell’età media dei deceduti diagnosticati». punto di svolta sarà il vaccino. «Nel conPredica prudenza anche il ministro tratto cha abbiamo firmato per vaccino della Salute, Roberto anti-Covid le prime Speranza. «I bilanci 60 milioni di dosi saL’uso delle mascherine, vanno fatti alla fine, ranno distribuite ene purtroppo non siatro la fine dell’anno. il distanziamento sociale Certo, stiamo parlanmo alla fine. Il virus circola, ancora le e il lavaggio delle mani sono do di un “candidato” vaccino, anche se il persone perdono la le regole da seguire più promettente, ma vita, dobbiamo senè bello che l’Italia tirci dentro questa sfida, se pensiamo che la battaglia è vinta sia in testa in questa sfida. Dentro questo rischiamo di commettere errori: il Pae- vaccino c’è tanta Italia, non solo perché se è ripartito, come è giusto che sia, ma sono stato uno dei primi ministri a firmaservono cautela e prudenza. L’uso delle re l’accordo ma anche perché molta delmascherine, il distanziamento sociale e il la progettazione e della realizzazione del lavaggio frequente delle mani sono le tre vaccino ha a che fare con l’Italia. Saranno regole fondamentali che dovremo conti- coinvolte realtà importanti, una con sede nuare a seguire fino a quando non avremo a Pomezia, un’altra ad Anagni».

econdo l’Oms, il 10% delle donne in gravidanza e il 13% di quelle che hanno appena partorito soffrono di un disturbo mentale, in primis la depressione. In Italia, i pochi studi disponibili mostrano una grande variabilità con percentuali che vanno da 1,6% a 26,6% per la depressione e da 6,4% a 20,5% per l’ansia. Non c’è dubbio che gli effetti delle politiche di lockdown possano peggiorare un tale contesto di fragilità. C’è ora un rapporto dell’Iss che descrive un programma di intervento per intercettare il disagio psicologico delle donne in gravidanza e nel periodo post-parto, già attivo prima dell’emergenza Covid19. Il programma si basa sul coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari del settore materno-infantile prevede uno screening iniziale con la raccolta dei dati socio anagrafici e la somministrazione di questionari, sia prima che dopo il parto. Alle donne che risultino a maggior rischio di ansia e depressione viene proposto un percorso di sostegno psicologico e un follow up presso i consultori familiari o i Reparti ospedalieri.

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PRIMO PIANO

FASE 3 E RIPARTENZA: IL RUOLO DEI BIOLOGI

Speciali competenze al servizio del bioterritorio e della salvaguardia dell’ambiente: parte da qui il nuovo domani

di Stefania Papa*

R

ipartenza, riapertura dei confini, fase 3. E ancora: imparare a convivere col virus, stare attenti alla curva del contagio. Non si parla d’altro, in questi giorni. La pandemia ha sconvolto le nostre vite, modificato le nostre abitudini. Distanziamento sociale, obbligo di guanti e mascherine (i celebri DPI) hanno mutato drasticamente anche il modo stesso che abbiamo di approcciarci al prossimo o, anche, semplicemente, di camminare sul marciapiede. Gesti che prima sembravano normali, come una semplice stretta di mano, sono oggi diventati un bene raro e prezioso, di quelli particolarmente ambiti e quasi senza prezzo, proprio come può esserlo un sorso d’acqua nel caldo torrido del deserto. C’è poco da fare: è il mondo disegnato dal nuovo coronavirus. Un mondo in cui regna il timore, la paura per le vite dei nostri cari, in particolare gli anziani, i più fragili e indifesi di fronte alla malattia. Ma anche la voglia che abbiamo di “fargliela vedere” alla Covid-19, di tornare ad uscire e ad abbracciarci, come accadeva fino a non molte settimane fa. Eppure uno sguardo al passato, non necessariamente rivolto al secolo buio della “peste nera”, può aiutarci a migliorare il futuro. Perché sì, l’umanità è già passata attraverso sfide così ostiche e letali. Non

Consigliere dell’Onb. Delegato Regione Toscana e Umbria.

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più tardi di cento anni fa, per capirci, con le nazioni ancora provate dallo sforzo bellico della Prima Guerra Mondiale, un altro e ancora più grande conflitto, si abbatté come un flagello, sui Paesi della Terra: l’epidemia di Spagnola. Dal 1918 al 1920, quel morbo venuto, sembra, dal Nord America, mieté più di 50milioni di vittime, facendo più morti di quanti ne avesse fatti la guerra appena finita. Eppure anche da quel cataclisma gli uomini seppero venir fuori. E lo fecero accettando la sfida, non certo respingendola, impegnandosi come non mai nella battaglia contro il male gettando le basi di quelli che, di lì a poco, sarebbero stati ribattezzati come i nuovi Sistemi Sanitari Nazionali (antesignani degli nuovamente lanciata. Una sfida che ci chiama attuali modelli occidentali). a convertire sfiducia, indignazione, rabbia e Dispositivi come le mascherine di prote- sconforto in resilienza e tenacia. “Insieme ce zione ed accorgimenti come il rispetto delle la faremo” non è stato solo uno slogan scandistanze di sicurezza, videro per la prima dito per farci compagnia durante la “quavolta l’applicazione di massa, proprio in que- rantena”. Anzi, ne sono certa, è una verità gli anni difficili. Alla sacrosanta e scolpita, fine la “Spagnola” fu dalla quale ricominciaDistanziamento sociale, sconfitta e gli uomini re, poiché solo agendo poterono tornare ad guanti e mascherine hanno insieme, solo operanabbracciarsi. Insomdo uniti, magari traencambiato il modo ma, oggi come allora, do spunto dallo sforzo ci fu chi programmò di approciarci al prossimo e dalla sagacia messa e preparò il futuro, afin campo dai nostri frontando un presente padri nei burrascosi che, ai loro occhi, appariva torvo e difficile, anni del XX secolo, saremo in grado di spaforse oscuro e senza prospettive. lancare nuovi orizzonti. A patto, s’intende, Ma così non fu. Perché sì, cari amici: an- che l’opera sia veramente meritoria e frutto che allora il mondo tornò ad alzare la testa. di impegno e dedizione reciproca. Un’opera Perché il domani fu preparato senza inutili e che si mostri più responsiva alle esigenze dei passive attese. E noi, in questo clima di stra- territori. ordinarietà di eventi, siamo chiamati a fare E soprattutto efficacemente virtuosa e altrettanto accettando la sfida che ci viene immediatamente percepibile, in modo che


PRIMO PIANO

Nella foto di sinistra, la dottoressa Stefania Papa, consigliere dell’Ordine Nazionale dei Biologi e delegata dell’Onb per l’Igiene e la sicurezza alimentare.

non siano sempre e solo i “soliti pochi” quelli pre più a 360 gradi insieme a tutti quanti gli che poi riescono a comprenderne il signifi- altri “professionisti intellettuali”, nella lotta cato. Insomma: un sapere a misura d’uomo. contro gli effetti della pandemia. Da questo Fuor di metafora: tra ricerca e sviluppo, la punto di vista, merita tutto il nostro plauso scienza è chiamata a fare opera di discerni- la recente “apertura” da parte dell’Anci Ummento e di comunicazione affinché le teorie bria, al coinvolgimento diretto della nostra eventualmente confucategoria nelle varie tate siano poi effettiprogettualità finora I biologi, insieme alle altre messe in campo dagli vamente calate nella realtà della nostra professioni sanitarie, sono enti locali. professione ma anche Un’apertura che stati protagonisti assoluti del vivere quotidiano fa ben sperare. Percosì che la conoscenza ché - è il nostro forte nella lotta al coronavirus possa trasformarsi in convincimento - solo humus capace di acmuovendoci in direcrescere le tanto care e mai lodate “speciali zione della collaborazione, della concertacompetenze”. E chi se non i biologi possono zione e della multidisciplinarietà, ponendo dare una grossa mano nella realizzazione di ovviamente la giusta attenzione nei confronti questo difficile quanto impegnativo proget- del bioterritorio e della salvaguardia dell’amto? I biologi, esatto. Protagonisti assoluti, in- biente (due ambiti fortemente connessi alla sieme ai rappresentanti delle altre professioni salute pubblica intesa anche in termini di sanitarie, nella lotta contro il coronavirus. prevenzione), il ritorno alla normalità potrà A patto, s’intende, di coinvolgerli sem- essere ancora più efficace. Efficace proprio

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perché gestito in un’ottica d’integrazione tra i vari enti preposti con la partecipazione attiva dei rappresentanti di tutte le professioni intellettuali. E quando diciamo tutti vogliamo veramente dire nessuno escluso. Ciascuno forte del proprio “know-how”. Occorre, insomma, implementare tale forma di cooperazione con i biologi, soprattutto presso quegli sportelli che pongono attenzione all’alimentazione e ad un corretto stile di vita: due priorità che devono essere pensate per le diverse necessità che tutti quanti noi stiamo vivendo ed affrontando in questo difficile periodo storico. Per tale motivo, enti come Regione e Comuni dovrebbero muoversi lungo il solco tracciato dall’Anci Umbria, coinvolgendo tutti i rappresentanti delle “professioni intellettuali” già presenti nelle apposite commissioni (sull’esempio della Consulta delle professioni in Toscana), o anche i singoli Ordini (o organi) delegati alla loro piena rappresentatività. Solo così ne usciremo veramente fuori. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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L’ONB E LA FORMAZIONE PROFESSIONALE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS Crediti formativi 2020 riconosciuti anche ai Biologi e un altro anno di tempo per mettersi in regola con gli obblighi dell’ultimo triennio: l’impegno della Commissione ECM nuovamente riunita

di Claudia Dello Iacovo*

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ormazione professionale ai tempi del coronavirus. Lo scorso 10 giugno, la Commissione Nazionale per la Formazione Continua (ECM) è tornata a riaprire i battenti. Non accadeva dai primi di marzo quando, a causa del lockdown, ogni attività, anche in questo settore, andò incontro ad un brusco stop per limitare al massimo i danni della pandemia. Alla seduta, svoltasi nei locali del Ministero della Salute in via Lungotevere Ripa a Roma, erano presenti, fisicamente, il dott. Filippo Anelli presidente della Fnomceo; la dott.ssa Rossana Ugenti, direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale presso lo stesso Ministero, e la dott.

Consigliere dell’Onb. Delegato alla Formazione Professionale.

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ssa Olinda Moro, segretario organizzativo. particolare, per quanto concerne il riconoTutti gli altri rappresentanti delle profes- scimento dei crediti formativi per il 2020, sioni sanitarie, tra i quali la sottoscritta, la condivisione è stata totale. Ma volendo riepilogare il tutto, potrei dire che i punti erano presenti in videoconferenza. Lo confesso: dopo tre mesi di chiusu- salienti affrontati e discussi per noi biologi ra, ritrovarsi insieme, sia pur collegati at- durante la seduta, sono stati due. Primo: la commissione ECM ha preso traverso il web, è stato molto emozionante. Ma ancor più lo è stato perché la riunione impegno di attivarsi presso le competenti si è aperta con un momento toccante: il istituzioni (Parlamento, Ministeri e Governo) per far sì che, ricordo di un comcome già riconosciuponente illustre della Lo scorso 10 giugno, to ai medici nel Dl Commissione, il dott. Roberto Stella, pre- la Commissione Nazionale Scuola, si intendano come già conseguiti sidente dell’Ordine dei Medici di Varese, per la Formazione Continua 50 crediti formativi per l’anno 2020 anuno dei tanti “camici si è nuovamente riunita che per il resto delle bianchi” caduti nella professioni sanitarie terribile lotta contro impegnate nella batil virus della SarsCov2. E proprio alla luce del delicato mo- taglia contro il coronavirus e quindi Biolomento emergenziale attraversato dal nostro gi compresi. Secondo: il termine ultimo del 31 diPaese, tuttora costretto a fare i conti con i morsi della crisi del post Covid, i lavori del- cembre 2020, fissato inizialmente per i la Commissione hanno assunto subito una professionisti sanitari, come limite maspiega che è stata accolta favorevolmente simo per potersi mettere in regola con il da tutti i rappresentanti dell’organismo. In “recupero” del debito formativo (relativo


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Nella foto di destra, la dottoressa Claudia Dello Iacovo, consigliere dell’Ordine Nazionale dei Biologi e delegata dell’Onb per la Formazione professionale.

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al triennio precedente), è stato prorogato Commissione (dove l’ONB, sarà rapal 31 dicembre 2021. Dunque è stato loro presentata dalla sottoscritta, già comconcesso un altro anno di tempo. Anco- ponente Cogeaps) che sarà chiamata ra. Sul fronte dell’attività dei provider, la a scriverne lo statuto, fino a giungere Commissione ha consentito la trasforma- all’edificazione - a partire dalla ragione sozione degli eventi formativi residenziali ciale, dai ruoli e dalle competenze - di un (vale a dire “in presenza”) organizzati in nuovo, più funzionale ed immediatamente FAD oppure in res-videoconferenza (vale fruibile Consorzio. Infine, lasciatemi una riflessione. È a dire in webinar). vero che, come ComAltro importanmissione ECM, abte capitolo che pure sottoscritto è stato affrontato in Durante il lockdown, l’Onb biamo un appello unitario sede di riunione: il fuha offerto ai propri iscritti da rivolgere alle istituro del Co.Ge.A.P.S. tuzioni affinché i (Consorzio Gestione un grande ventaglio di crediti formativi per Anagrafica Professioeventi formativi a distanza l’anno 2020 siano ni Sanitarie). Ormai riconosciuti a tutti i ingrandito e con semprofessionisti del piapre più dati da gestire, l’organismo che riunisce le Federazioni neta sanità risultati impegnati nella lotta al Nazionali degli Ordini e dei Collegi e le Covid-19 e dunque non solo ai medici (lo Associazioni dei professionisti della salute abbiamo fatto per una questione di princiche partecipano al programma di Educa- pio: il principio deve valere per tutti), ma zione Continua in Medicina, non potrà es- occorre anche dire che, nella fase delicata sere più gestito così come accaduto finora. del lockdown, l’Ordine dei Biologi non è Da qui la decisione di istituire un’apposita rimasto con le mani in mano. All’opposto,

si è propositivamente interfacciato con la platea dei propri iscritti e lo ha fatto con tutta una serie di eventi formativi che hanno abbracciato tutti i vari ambiti di competenza nei quali si dipana la nostra straordinaria professione. Un’offerta, quella messa in campo dall’Ordine, che è risultata particolarmente gradita ai Biologi (pensate: in più di 20mila si sono collegati alla piattaforma dell’ONB). Insomma: qualora non lo si fosse capito, il nostro Ordine non si è mai fermato. Neanche in quarantena. Né ha certo intenzione di farlo ora! Questo perché la formazione, al di là del mero conseguimento dei 50 crediti per il 2020, rappresenta per noi dell’ONB, non uno scomodo orpello o, peggio ancora, un obbligo da assolvere a norma di legge, ma un momento alto di crescita professionale. È sempre stato così per noi e sempre così dovrà essere in futuro. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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di Stefania Papa*

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on la riapertura dei confini tra le regioni, l’Italia è entrata ufficialmente nella cosiddetta “fase 3”, quella che dovrà portare lentamente il Paese alla normalità. Il lockdown, ormai, si avvia a diventare solo un ricordo. Ma badate: le regole di igiene, protezione e distanziamento sociale restano in vigore non essendo state ancora “annullate”. Il virus, infatti, è più vivo che mai: non è stato sconfitto. Certo non fa più paura come fino a due mesi fa, ma da qui al pensare di essere arrivati al “liberi tutti”, ce ne passa che ce ne passa! Dunque è opportuno continuare a rispettare tutte quelle stesse misure che fin qui ci hanno consentito di limitare al massimo la diffusione del Sars Cov-2. Insomma: massima accortenza, distanze di sicurezza tra le persone, mascherine sul volto e mani lavate per bene. Tuttavia, come dicevamo, il Paese è avviato, in questi giorni, a calcare, a pieno ritmo, la strada della “fase 3”: quella della vera e definitiva ripartenza. Attenzione, però. E’ sempre bene sottolinearlo, anche in questo contesto. Non c’è “fase 3” che tenga senza la progettazione condivisa con tutti gli stakeholder e la partecipazione proattiva delle istituzioni coinvolte. In primis i Comuni chiamati a guidare, in questa fase, il sistema su base programmatica anche attraverso l’indizione di una conferenza di servizi che sia quanto più funzionale alla messa in opera del progetto di “decollo” Ora, uno degli argomenti che più sta a cuore agli italiani, in queste tribolate settimane di dibattito e confronto, è il “capitolo Scuola”. Il ministro dell’Istruzione

Consigliere dell’Onb. Delegata Igiene e Sicurezza Alimentare.

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FASE 3: RITORNO IN CLASSE A SETTEMBRE

Scuola, tra tempo pieno e mensa: le linee guida del Miur per ripartire in sicurezza Lucia Azzolina ha più volte fatto inten- lungo “a contatto”, gli uni accanto agli dere che a settembre ci potrebbe essere il altri, in spazi che magari non sempre rientro in classe, con la fine della didattica sono ampi ed arieggiati come tutti quanti a distanza, soprattutto per gli alunni della noi vorremmo. Pensiamo, ad esempio Scuola d’Infanzia e per le Elementari. al di là della normale didattica di classe Ma con il ritorno tra i banchi, si sono - all’attività ludica o ai pasti consumati chiesti tanti genitori, nelle mense, con inriprenderà anche il tere classi stipate in Le speciali competenze cosiddetto “tempo spazi angusti. pieno”? Nei giorni dei biologi sono più che mai Viene dunque scorsi, il comitato lecito chiedersi chi, importanti per consentire in circostanze del getecnico scientifico è intervenuto sull’arnere, potrebbe dare la ripresa del Paese gomento per dettare una grossa mano ai le linee guida (poi docenti, al personale pubblicate dal MIUR) necessarie affin- Ata, ma anche agli stessi ragazzi per imché la ripresa delle normali attività scola- parare a conoscere e quindi rispettare le stiche subito dopo l’estate, possa vedere norme di igiene e sicurezza, che rappreridotto al minimo il rischio contagio da sentano, poi, un autentico baluardo per coronavirus. Perché, si sa, col “tempo tenere a distanza il tanto temuto virus. pieno”, aumentano anche le possibilità Be’, cari amici, la risposta ormai avreper i nostri figli (ma anche per lo stesso te imparato a conoscerla da tempo: i Biopersonale scolastico), di rimanere più a logi, chi se non loro? Stiamo parlando di


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professionisti del sistema sanitario dotati attività possa svolgersi regolarmente ed di tante e tali “speciali competenze” ma- in sicurezza. Regole però che non tutti turate nel campo della Nutrizione, dell’I- gli istituti potrebbero essere in grado di giene, della Sicurezza Alimentare, della rispettare e per questo motivo potrebbero Sicurezza dei Luoghi di lavoro (solo per anche esserci realtà che decideranno, alla citare le aree, diciamo così, più “gettona- fine, di rinunciare al servizio. te” del momento), da Il consumo del renderli addirittura pasto a scuola, è Il pasto consumato nelle indispensabili in casi sempre bene tenerlo e circostanze del gea mente, rappresenta scuole è importante per nere. Non ci credete? un momento di fonla socializzazione dei più Veniamo allora alle damentale imporindicazioni fornite piccoli e va gestito in sicurezza tanza per i più pical Miur dal comitato coli, sia da un punto tecnico scientifico e di vista educativo sulle quali adesso le scuole sono chiamate (per l’acquisizione di corrette abitudini ad organizzarsi per garantire la ripresa in alimentari), sia da un punto di vista sasicurezza delle attività didattiche: non c’è nitario in quanto è fondamentale mettere alcun divieto per la mensa. “a tavola” un piatto sano ed equilibraDunque i ragazzi potranno tran- to. È pertanto essenziale preservarne il quillamente mangiare a scuola. Ma sono consumo a scuola garantendo tuttavia comunque previste delle indicazioni da soluzioni organizzative che assicurino rispettare affinché anche questo tipo di il distanziamento tra gli alunni, così da

ridurre al minimo l’eventuale rischio di contatto e dunque di contagio. Da qui la richiesta avanzata dal MIUR alle singole realtà scolastiche di identificare soluzioni organizzative ad hoc che consentano di assicurare il necessario distanziamento attraverso la gestione degli spazi (refettorio o altri locali idonei), dei tempi (si potrebbero ipotizzare turnazioni) e, in misura residuale, attraverso la fornitura del pasto in “lunch box” per il consumo in classe, come accadeva anni fa con la vecchia “merendina” portata da casa. Tutte circostanze che possono vedere il Biologo attivamente protagonista grazie al suo speciale “know how” che lo rende in grado, come pochi, di agire in maniera strategica, con sempre più efficacia e sicurezza, in un ambito di multidisciplinarietà e di stretta sinergia con le istituzioni e tutti gli altri rappresentanti delle professioni intellettuali. È necessario, anche per questo - è sempre il comitato tecnico scientifico a suggerirlo - predisporre iniziative di informazione sulle misure di prevenzione e protezione che vengono, di volta in volta, adottate dalle scuole: il dirigente scolastico, secondo le linee guida fissate dal Miur, è chiamato infatti ad assicurare un’adeguata comunicazione quanto il più efficace possibile alle famiglie, agli studenti, al personale scolastico, in modalità telematica (sito web scuola o webinar dedicati) e anche su cartellonistica, o altro supporto fisico, ben visibile all’ingresso della scuola e nei principali ambienti, da realizzare tutto o in parte prima dell’inizio dell’anno scolastico. Consigli che, se adottati - come tutti quanti noi auspichiamo e ci auguriamo potranno realmente aiutarci a rispettare le regole tenendo definitivamente a bada l’eventuale ritorno del virus. Fidatevi dei Biologi. Noi ci siamo. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Una scuola in “Classe A” Arrivano le indicazioni dell’Enea per aule più salubri ed efficienti

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n vista del ritorno degli studenti in classe a settembre, dopo e deumidificare aprendo le finestre. Rinnovare l’aria che si respira. un anno scolastico caratterizzato da attività didattica a distanza Vivere per molte ore in un ambiente chiuso, privo di una adeguata per l’emergenza sanitaria COVID- 19, l’Enea ha realizzato una ventilazione, provoca un aumento della concentrazione di anidride pubblicazione con l’obiettivo di fornire indicazioni utili per dicarbonica e di sostanze volatili inquinanti (COV), con conseguente sporre di aule confortevoli, efficienti e salubri sia a livello energetico sonnolenza, calo di concentrazione e di rendimento, ma anche un che di qualità dell’aria. L’opuscolo informativo “Scuola in Classe Aincremento dei mal di testa e delle irritazioni respiratorie, poiché Istruzioni per l’uso” è stato redatto nell’ambito della campagna naspesso anche i batteri e i virus trovano un ambiente favorevole alla zionale per l’efficienza energetica “Italia in Classe A” promossa dal prolificazione. Pertanto, è indispensabile aprire le finestre in preMinistero dello Sviluppo Economico e prodotto dall’Enea, prevede senza di cattivo odore e di aria viziata ed evitare di appendere i capattività di formazione ed informazione rivolte alla Pubblica Amminipotti in aula. L’aria che proviene dall’esterno riduce temperatura e strazione, grandi imprese e PMI, istituti bancari, famiglie e studenti. umidità e favorisce la diminuzione della concentrazione di anidride “Le tante ricerche scientifiche svolte a livello internazionale, ha carbonica e degli inquinanti chimici e biologici che si trovano spesso spiegato l’esperta di Enea Patrizia Aversa che insieme ad Antonia negli ambienti chiusi. Marchetti ha curato la pubblicazione, han• Ottimizzare e rendere efficace il ricamno mostrato con chiarezza come l’eventuale bio d’aria. Alcuni studi hanno dimostrato che Le direttive prevedono presenza di inquinanti chimici negli ambienti la qualità dell’aria è buona o ottima all’inizio chiusi e i valori non confortevoli di temperatudelle lezioni e peggiora progressivamente fino attività di formazione e ra ed umidità peggiorino la qualità dell’aria e a che, durante le ultime ore, può diventare così informazione per enti, del microclima e portino a un aumento o a una scadente da poter essere valutata come insufficronicizzazione delle problematiche respiratociente dal punto di vista igienico. Quindi, è nefamiglie e studenti rie, dei mal di testa, delle allergie e alla maggiocessario aprire le finestre regolarmente per non re diffusione di batteri e virus. Tutto questo è meno di 5 minuti, più volte al giorno e a preancora più evidente nelle scuole, dove tante persone convivono per scindere dalle condizioni atmosferiche, prima delle lezioni, ad ogni diverse ore. Quindi, nelle aule bisogna garantire i giusti valori di cambio di insegnante, durante la ricreazione e, soprattutto, dopo la temperatura e umidità, assicurando sempre un opportuno ricambio pulizia dell’aula. d’aria”. • Accendere la luce solo quando serve. Un impianto di illuEcco i suggerimenti nel dettaglio: minazione ben dimensionato e finestre dotate di tende e tapparelle, • Controllare la temperatura e l’umidità. In inverno, secondo se utilizzate correttamente, permettono di evitare zone d’ombra e quanto stabilito per legge, la temperatura deve essere compresa tra abbagliamenti. Inoltre, l’impiego di lampade come i Led riducono i 18 e i 20°C, mentre nel corso della stagione estiva deve fermarsi sensibilmente i consumi di energia. attorno ai 26°C. L’umidità, invece, va mantenuta tra il 40 e il 60%. • Circondarsi di piante. Le piante hanno un effetto rilassante Al fine di rendere l’ambiente confortevole e salubre, è necessario e possono contribuire a regolare la qualità dell’aria e il microclima regolare il termostato se la temperatura è diversa da quella stabilita interno all’aula. (P. S.).

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Schermi facciali riutilizzabili Testate visiere più ampie e protettive per il personale sanitario

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ono dispositivi di protezione individuali diffusi da temte le forniture ospedaliere. Le osservazioni dei ricercatori hanpo per alcune categorie di lavoratori, ma con la pandemia no come contesto, naturalmente, gli Stati Uniti, ma si tratta di non c’è persona che oggi non sappia cosa sia uno schermo un’analisi esportabile in molte altre parti del mondo. Negli Usa facciale (e non sia stata tentata di acquistarne una). Prima come altrove, molti operatori si sono rivolti a fabbricanti locali confinati nei luoghi di lavoro dove si correvano rischi chimici, che utilizzano la stampa 3D per fornire sostituti di prodotti come meccanici o termici, ormai se ne vedono al supermercato o nei schermi facciali, respiratori con filtro e persino componenti del centri estetici, a tutela del personale e della clientela. Nella fase ventilatore. Come avvenuto anche in Italia con le mascherine – più acuta dell’emergenza da Covid-19 il loro approvvigionamendove, da inizio maggio, l’Istituto superiore di Sanità ha dato il via to si è mostrato complesso così, presso il Dipartimento di emerlibera a quelle fai da te – fin da aprile la Food and Drug Adminigenza dell’ospedale Brigham and Women’s di Boston, in collastration statunitense ha annunciato di non “opporsi alla distribuborazione con il gruppo volontario Greater Boston Pandemic zione e all’uso dei DPI improvvisati quando non sono disponibili Fabrication Team e la comunità di produttori locali, è stato proalternative”. gettato, fabbricato, testato e implementato in brevissimo tempo Per introdurre nella catena ospedaliera Dpi in modo siuno schermo facciale riutilizzabile destinato curo e controllato, il gruppo di ricerca ha al personale medico in prima linea. utilizzato un protocollo di ricerca sotto la Dispositivi progettati Descritto in un lavoro pubblicato su supervisione del comitato di revisione istiMed, lo studio fornisce tutte le istruzioni e dal Dipartimento di emergenza tuzionale dell’università. Quattro sostani modelli per produrre gli schermi facciali. ziali modifiche a un design sviluppato in dell’ospedale Brigham and «Tutti i progetti e i protocolli generati da Repubblica Ceca per garantire una limitata questo sforzo vengono condivisi liberamente esposizione ad aerosol e schizzi provenienti Women’s di Boston per il riutilizzo e il miglioramento, e i risuldalla parte anteriore e superiore, resistenza tati dei nostri test sono riportati per intero all’appannamento e comfort adeguato per per facilitare l’esecuzione di sforzi simili in altre strutture - ha essere indossati tutto il giorno in un ambiente clinico ad alta detto l’autore senior dello studio Sherry Yu della Brigham and intensità, con un risultato che include molte funzionalità non Harvard Medical School -. Prevediamo che questo lavoro fornirà presenti negli schermi facciali monouso commerciali. Ampiezza un quadro per la progettazione e l’implementazione di approcci ampliata, velcro a strappo per adattarlo al singolo, tenuta ridotsimili per carenze attuali e future». ta e visiera aggiuntiva sopra la fascia per evitare che eventuali Proprio la carenza di Dpi di fronte alla rapida espansione fluidi possano penetrare. Ottimo il riscontro tra i membri del del Covid-19 riflette, secondo gli studiosi, la fragilità delle filiepersonale quanto a sicurezza, protezione e affidabilità: attualre mediche, in cui relativamente pochi venditori internazionali mente il team sta valutando procedure per la sterilizzazione e dominano le aree più critiche dei prodotti medici. Poiché molti il riutilizzo di visiere e DPI simili e testando clinicamente un ospedali utilizzano la gestione dell’inventario just-in-time, i prodesign alternativo di visiera che può essere imballato in piano blemi della catena di approvvigionamento riducono rapidamenper facilitare la spedizione e lo stoccaggio. (C. D. M.) Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Lockdown e addio alle “bionde” Sono 630mila gli italiani che hanno detto addio alle sigarette

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l lockdown è stato una straordinaria occasione per aiuche il fumatore fortemente motivato ce la può fare a smettere tare gli italiani a dire addio alle “bionde”. Molti (circa e che situazioni di particolari emergenza sanitaria possono di630mila) ci sono riusciti, ma in tanti hanno purtroppo ventare una grande opportunità di salute». dirottato il vizio sulla sigaretta elettronica. Sono pieni Purtroppo però, il 9,0% della popolazione la cui stima di luci e ombre i dati del rapporto messo a punto dall’Istituto è di circa 3,9 milioni di persone ha aumentato o iniziato il superiore di Sanità, in collaborazione con l’Istituto di Ricerconsumo di tabacco. Infatti, l’8,55 ha aumentato il numero di che farmacologiche Mario Negri, l’Università Vita-Salute San sigarette fumate al giorno e 218 mila persone sono diventate Raffaele, l’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete Onnuovi fumatori. Precisamente il consumo medio di sigarette cologica (Ispro) e la Doxa. Durante il lockdown, sono dimial giorno è passato da 10,9 a 12,7 con un incremento percennuiti i fumatori di sigarette tradizionali, ma sono aumentati i tuale di 9,1. Particolarmente alta la percentuale di incremento consumatori di tabacco riscaldato e sigaretta elettronica. delle sigarette consumate al giorno nelle donne che è stato del Alto il numero anche di chi li ha provati per la prima volta 15,2% rispetto al 3,6% riscontrato negli uomini. Gli utilizzaproprio durante questo periodo. Tra i fumatori di sigarette tori di sigaretta elettronica prima del lockdown erano l’8,1% tradizionali chi non è riuscito a smettere della popolazione italiana (18-74 anni). ha invece aumentato il numero di sigarette Durante il lockdown tale percentuale Ma in tanti hanno fumate. L’indagine, svolta con l’obiettivo è salita al 9,1% con un incremento degli di cogliere gli effetti del lockdown sulpurtroppo dirottato il vizio utilizzatori di sigaretta elettronica pari a le abitudini al fumo degli italiani, è stata circa 436.000 persone. sulla sigaretta elettronica effettuata nello scorso mese di aprile meTra gli utilizzatori di sigaretta elettrodiante la compilazione anonima di un quenica che hanno peggiorato la loro condio sul tabacco riscaldato stionario online. Rispetto all’opportunità zione di consumatori durante il lockdown, colta si osserva che diminuisce la prevail 38,9% ha incrementato il numero di lenza dei fumatori durante il lockdown che passa dal 23,3% puff, il 18,0% ha ripreso regolarmente ad utilizzarla, il 17,0% al 21,9%. 1,4 punti percentuali in meno che corrispondono era un consumatore occasionale ed è diventato abituale (tutti ad una stima di circa 630 mila fumatori in meno (circa 334 i giorni), il 13,0% la utilizzava raramente (1-2 volte nella vita) mila uomini e 295 mila donne). Rispetto alle fasce d’età haned è diventato un consumatore abituale, il 13% non l’aveva no cessato il consumo di sigarette circa 206 mila giovani tra mai provata prima del lockdown. 18-34 anni, 270 mila tra 35 e 54 anni e circa 150 mila tra 55 Gli utilizzatori di prodotti a tabacco riscaldato prima che e 74 anni. Inoltre, un altro 3,5% della popolazione pur non iniziasse il lockdown da coronavirus erano il 4,1% degli itacessando completamente il consumo dei prodotti del tabacco liani (18-74 anni), ovvero circa 1.787.600 persone. Durante i ha diminuito la quantità consumata mesi del lockdown tale percentuale è salita al 4,4% con un in«I dati dell’indagine - dice Roberta Pacifici, direttore del cremento degli utilizzatori di sigaretta elettronica pari a circa Centro nazionale Dipendenze e doping dell’Iss - ci dicono 130.800 persone. (D. R.)

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I giovani tornano a donare il sangue Nel 2019 raccolta stabile, forte risposta durante la pandemia

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un bel segnale di speranza quello che arriva dai dati 14mila in più rispetto all’anno precedente, pienamente in lisulle donazioni di sangue in Italia. Ed è un segnale nea con gli obiettivi del Programma Nazionale Plasma. Per il ancora più bello perché viene lanciato dai più giosangue è stata garantita anche lo scorso anno l’autosufficienvani. Torna infatti a crescere il numero dei donatori za totale, che per i medicinali derivati dal plasma è a livello di sangue dai 18 ai 25 anni, invertendo una tendenza che li nazionale mediamente del 70% circa. vedeva in calo costante dal 2013. «Viviamo in una situazione di sostanziale equilibrio, ma Il trend positivo è stato certificato dal Centro nazioin alcune regioni periodicamente è necessario ricorrere al sinale Sangue che ha reso noti i dati della raccolta del 2019. stema della compensazione – commenta il direttore generaQuest’anno l’Oms aveva scelto l’Italia per ospitare la manile del Centro Nazionale Sangue Giancarlo Liumbruno –. La festazione mondiale, che è stata rinviata al 2021, sempre nel generosità dei donatori ci permette comunque di far fronte nostro paese, a causa della pandemia. I donatori totali sono sia alle esigenze ordinarie sia a quelle straordinarie, come stati 1.683.470, sostanzialmente stabili rispetto allo scorso avvenuto quest’anno a causa della Pag. 2 di 2 pandemia di anno. Tra questi il Cns ha censito 213.422 donatori nella faCovid-19. Ad un iniziale calo delle donazioni ha fatto seguito scia più giovane (18-25 anni), 1,6% in più una risposta straordinaria agli appelli, al rispetto all’anno precedente. Un indicatopunto che durante la “fase 1” hanno coCrescono i donatori re positivo che però rimane isolato, come munque donato il sangue 411.018 persodimostrano il calo registrato nelle fasce dai 18 ai 25 anni, invertendo ne». 26-35 anni (-1,4%) e 36-45 anni (-3,6%) «L’edizione di quest’anno della Giorla tendenza che li vedeva e l’aumento del numero dei donatori di nata Mondiale del Donatore rappresenta tutte le fasce di età superiori (dai 46 ai 55 un’occasione speciale per ringraziare tutti in calo costante dal 2013 +0,5%, dai 56 ai 65 +5,1%). i donatori, che anche durante i momenti I nuovi donatori sono poco più di difficili degli ultimi mesi non hanno mai 362mila, in calo del 2,3%, e le donne sono 538.386 (il 32% fatto mancare il loro apporto prezioso – afferma il Gianpiedel totale). Circa il 92% del totale dei donatori del 2019, tro Briola, coordinatore pro-tempore del Civis, la sigla che rilevano i dati del Cns, era iscritto alle associazioni. Aumenriunisce le principali associazioni di donatori volontari - L’etano i pazienti trasfusi, che nel 2019 sono stati circa 638mila mergenza del Coronavirus ha posto ulteriormente l’accento contro i 630mila dell’anno precedente, mentre le trasfusioni sulla necessità di garantire sempre e ovunque la disponibilità sono state circa 3 milioni, ovvero una ogni 10 secondi. Resta di sangue ed emocomponenti, senza i quali non saremmo in stabile anche il numero dei donatori in aferesi, la procedugrado di salvare vite umane e curare ogni giorno oltre 1.800 ra che permette di donare soltanto alcune parti del sangue pazienti. La sfida più importante, ora, deve essere quella di intero come il plasma e le piastrine, che sono stati 202mila. proseguire sulla strada intrapresa e continuare a compiere Nel 2019 sono stati comunque raccolti 858.170 chilogrammi questo gesto di solidarietà in modo costante durante tutto di plasma per la produzione di farmaci plasmaderivati, quasi l’arco dell’anno». (D. R.) Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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BIOLOGIA DEL PALAZZO

CAOS, RITARDI E BUROCRAZIA: TUTTE LE ACCUSE AL GOVERNO

Il centrodestra: Parlamento ignorato, maggioranza costretta ad affidarsi a comitati e task-forces. “Puntare su acciaio e automotive, non sui monopattini cinesi”. Rinviare tutte le scadenze fiscali al gennaio 2021 di Riccardo Mazzoni

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l centrodestra si è sentito totalmente escluso dalla gestione della crisi: agli appelli alla responsabilità del premier non è infatti mai seguita la disponibilità a collaborare da parte della maggioranza, e la prova di questo atteggiamento si ritrova negli atti parlamentari, dove gli emendamenti dell’opposizione approvati si contano sulle dita di una mano. Forza Italia è apparsa comunque molto più dialogante rispetto a Lega e Fratelli d’Italia, ed è disposta a votare anche il Mes, ma il giudizio sui ritardi del governo nell’affrontare la crisi e nel garantire sostegno all’economia è assolutamente unanime. L’accusa più frequente è stata una: il governo fugge dal Parlamento, derubrica le comunicazioni sul Consiglio europeo a semplice informativa e pone la fiducia su tutti i decreti perché non si fida della sua maggioranza, fragile ma soprattutto divisa su questioni cruciali come fisco, giustizia, Fondo Salva Stati, Ilva, Alitalia, Codice degli appalti. Un governo troppo debole e

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politicamente disomogeneo per avere una ha pensato il presidente dell’Inps Tridico, visione strategica sul futuro del Paese, che definendo gli imprenditori italiani “pigri infatti scarica responsabilità che sarebbe- e opportunisti”. Quegli imprenditori che ro della politica a comitati tecnico-scien- hanno in gran parte anticipato la cassa intifici, task-forces e consessi di esperti (ne tegrazione ai loro dipendenti e che stanno dando fondo a tutte le risorse per salvasono stati mobilitati più di mille). “Noi capiamo che lei, per prendere re le proprie aziende e i posti di lavoro tempo - ha detto la presidente dei senatori dei dipendenti. Il conto del Covid è già di Forza Italia Anna Maria Bernini - abbia tragico: un milione di posti di lavoro perbisogno di chiamare gli Stati generali delle duti, 270.000 aziende a rischio chiusura, 1.222.000 cassaintechiacchiere, aggirangrati che non hanno dosi per i blindatisla cassa insimi giardini all’itaIl conto del Covid è tragico: ricevuto tegrazione. Il cenliana di Villa Doria Pamphilj, invitando un milione di posti di lavoro trodestra ritiene che, essendo arrivata passerelle di vip, di perduti e 270mila aziende non la liquidità promessa, sigle, siglette e sigloa rischio chiusura l’unica ricetta possine, mentre il mondo bile per uscire dalla reale fuori soffre, crisi sia la sospenmentre le categorie produttive le lanciano dei richiami dispe- sione di tutte le scadenze fiscali fino al 31 rati; ma non quelli che vengono da lei. Le gennaio 2021. Invece a metà giugno milioni di itasaracinesche che si chiudono per non risollevarsi più sono dei pezzi delle nostre liani, famiglie e imprese, hanno dovuto città e della nostra economia che muoiono versare 10 miliardi di euro di Imu. “È per sempre”. Con i sussidi in drammatico una follia far pagare le tasse a famiglie e ritardo, a infuocare il dibattito politico ci imprese in questo momento - ha detto il


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Election day il 20 e 21 settembre: voteremo anche per il referendum

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leader della Lega Salvini -. Vi sottoponiamo l’emendamento che abbiamo proposto per la proroga di saldi e acconti Irpef, Ires e Iva di giugno e di luglio. Chiedere agli italiani 40 miliardi di euro adesso significa vivere su Marte. Questi soldi le famiglie non li hanno”. Il centrodestra ha portato in Parlamento l’sos del mondo produttivo e delle categorie messe in ginocchio dal Coronavirus: se un piccolo o un grande imprenditore dice “io sono andato in banca perché il governo mi aveva detto che c’era il bazooka da 400 miliardi, ma invece del bazooka ho trovato la fionda e non mi hanno dato un euro”, evidentemente non è colpa dell’opposizione che non collabora: il problema è che è stato fatto male il decreto. Poi, zero burocrazia per far ripartire i cantieri e invece dei bonus monopattino una rottamazione sull’auto e sull’acciaio, come stanno facendo la Germania e la Francia, visto che automotive e acciaio sono settori da sempre strategici dell’industria italiana e che i monopattini invece si producono in Cina. Quanto al codice degli appalti, ci sono 200 miliardi di euro di lavori pubblici fermi: il

l rinvio della tornata elettorale di primavera è stata una decisione inevitabile a causa del Coronavirus. Un provvedimento eccezionale in una situazione eccezionale, e proprio per questo il governo aveva assicurato che tempi e modalità del voto posticipato sarebbero stati condivisi con le opposizioni. Alla fine non è andata così: la data l’ha infatti decisa la maggioranza da sola e sull’election day fissato per decreto è stata posta la fiducia, con relativa e immancabile bagarre parlamentare. Peccato, perché trattandosi di una materia democraticamente così delicata, ed essendo stati prolungati di mesi – in deroga alla legislazione vigente - legislature regionali e mandati amministrativi, una soluzione bipartisan sarebbe stata sicuramente più opportuna. La deroga, peraltro, ha necessariamente riguardato anche il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: con un decreto del 17 marzo, in piena pandemia, il governo ha infatti allungato a 240 giorni il termine per indire la consultazione, “in considerazione della situazione epidemiologica da Covid-19, al fine di evitare fenomeni di assembramento al di sotto delle misure precauzionali adottate”. E un ulteriore strappo alla regola è stato ora aggiunto estendendo anche alla giornata di lunedì le operazioni di voto, che la legge limiterebbe alla sola giornata di domenica. Il 20 e 21 settembre dunque si terranno nell’ordine: le elezioni suppletive per i seggi vacanti di Camera e Senato, le elezioni per rinnovare presidente e consigli di sette regioni, elezioni comunali (19 i capoluoghi coinvolti) con annesse circoscrizionali, e anche alcuni rinnovi dei consigli provinciali. Nonostante le vibrate proteste del comitato promotore, nell’election day è stato inserito anche il referendum costituzionale, ma un tale assembramento di schede rischia di disorientare gli elettori, messi di fronte a due campagne parallele, per di più nella situazione anomala dello svolgimento in piena estate. Non solo: l’affluenza diversa, e sicuramente molto più bassa, nelle regioni in cui si va alle urne solo per il referendum, è un altro elemento che non inficia la regolarità della consultazione, ma su cui comunque un supplemento di riflessione sarebbe stato utile. Anche perché la legge che ha istituito l’election day non prevede la possibilità di accorpare a voti politici un voto sulla Costituzione. Nella storia repubblicana, infatti, ci sono solo tre precedenti di referendum confermativi: nel 2001, nel 2006 e nel 2016, e mai nessuno di questi casi è stato abbinato ad altre elezioni. R.M.

centrodestra propone di sospenderlo, chiedendo di far entrare in vigore al suo posto una direttiva europea, la 24 del 2014, e di estendere a livello nazionale il modello Genova, che ha consentito la ricostruzione in tempi record del Ponte Morandi. E infine il turismo, che vale il 13 per cento del nostro

Pil: la Francia ci ha investito 18 miliardi di euro, noi solo tre. Ci sono albergatori, ristoratori, baristi, agenzie di viaggio, autisti e tour operator disperati. “Se i soldi europei arriveranno nell’estate del 2021 non serviranno a nulla: o arrivano adesso o le aziende avranno chiuso”. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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a ripresa post-Covid passa prima dall’entità e dai tempi di risposta del governo, e subito dopo dal pacchetto dei fondi europei. Sono questi i nodi principali dell’attualità politica, e nell’ultimo confronto parlamentare alla vigilia del Consiglio europeo le posizioni delle forze politiche sono state ribadite cin chiarezza, così come pare evidente che sul Mes - il Fondo Salva Stati - sia la maggioranza che l’opposizione sono divise al lorom interno. Il presidente del consiglio ha ricordato sia il Recovery Fund, sia il Sure per la cassa integrazione, sia le imponenti misure monetarie messe in campo dalla Banca centrale europea. Il governo, con gli Stati Generali di Villa Pamphilj, ha svolto un’ampia consultazione con tutte le forze politiche, produttive, sociali e culturali del Paese per elaborare un piano di rilancio da cui potrà essere successivamente ricavato lo specifico recovery plan che l’Italia presenterà in adesione al programma next generation EU. Conte ha assicurato che le risorse comunitarie “non potranno essere gestite dal governo in carica come un proprio tesoretto”, ma costituiranno una base importante per finanziare il rilancio del Paese. Non solo: “L’Italia in questi mesi ha lavorato intensamente per far maturare la comprensione che l’unica risposta possibile ed efficace ai danni prodotti dal coronavirus è una risposta europea ambiziosa ed effettivamente in grado di dare una forte scossa alle economie del continente, che sono strettamente interdipendenti. Lo sforzo italiano, condiviso in una prima fase da altri otto Stati membri, è divenuto al Consiglio europeo del 23 aprile un consenso a 27 sul riconoscimento del Recovery Fund come misura necessaria e a cui lavorare con urgenza per superare una crisi straordinaria, le cui dimensioni sono state recentemente confermate anche dal-

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LA DOPPIA SFIDA DI CONTE: AIUTI UE E RIFORME IN ITALIA

Partita decisiva sugli aiuti al Consiglio europeo La ripresa finanziata con debito comune è una svolta storica. Restano le divisioni sul Mes

le stime economiche delle organizzazioni e un finanziamento straordinario e a lungo istituzioni internazionali più accreditate”. termine tramite debito comune europeo. Secondo il governo italiano, la propo- Una novità storica, questa, nel solco della sta della Commissione europea sul Reco- solidarietà europea, e Conte ha rivendicavery Fund rappresenta una buona base di to con orgoglio la paternità di una svolta, partenza, come la proposta franco-tede- quella della ripresa finanziata con debito sca: un positivo pascomune, che a molti so nella direzione di era parsa impossibiConte, con gli Stati Generali le. una risposta europea ambiziosa, all’altezza “La posta in giodi Villa Pamphilj, ha svolto dei bisogni e delle co di questa sfida aspettative dei citta- un’ampia consultazione con le epocale - secondo dini del nostro conConte - è la tenuta forze politiche tinente. La decisione dell’economia e delpolitica che spetta la questione sociale ora al Consiglio europeo rappresenta un dell’Unione; è il funzionamento dello stesobiettivo storico per rispondere alla peg- so mercato unico, uno dei cardini, come gior crisi continentale da oltre settant’an- Schengen, dell’Europa unita; è la possibini. La posizione italiana in questo senso lità, ancora, di rendere le economie euroè che non ci si discosti dalla proposta pee resilienti di fronte a future analoghe della Commissione quanto al volume e crisi, a cominciare dalla paventata seconda alla composizione ad ampia prevalenza di ondata del Covid-19, che siamo comunque sussidi e che rimanga fermo il principio di tutti impegnati a prevenire e a contenere,


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forti dell’esperienza già maturata; è anche sussidi non arriveranno prima del 2021. nell’opportunità di far vincere all’Europa Responsabilità e solidarietà dovranno esla sfida del futuro nella transizione verde, sere i punti di ripartenza dell’Unione. In il green deal europeo, e in quella digitale”. questo senso, Conte ha indicato al ParlaDal Consiglio europeo di luglio, dunque, mento una direttrice chiara: l’Italia non dovrà uscire una comunità di valori che, può permettersi di ritornare allo” status con coerenza, persequo” antecedente a gue interessi comuni. questa crisi. Da oltre Per il Governo, la proposta vent’anni fatichiaSe prevarranno gli egoismi dei cosiddeteuropea sul Recovery Fund mo a tenere il passo ti “Paesi frugali”, l’Idelle altre economie potrebbe essere una buona avanzate, il nostro talia è pronta a porre il veto sui privilegi, Paese sconta tassi di base di partenza definiti ormai anacrescita del prodotto cronistici, per pochi lordo e della produtStati membri previsti nel quadro finanzia- tività che sono al di sotto, pressoché stario pluriennale. bilmente, della media europea e ha subito Ma la sensazione è che il semestre te- ben più, rispetto ad altri Paesi europei, desco di presidenza europea che si è ap- le conseguenze della crisi finanziaria del pena aperto porti a un accordo comples- 2008, nonché di quella dei debiti sovrani sivo sul Recovery Fund, anche se l’entità del 2011. “L’esperienza della coraggiosa risarà leggermente inferiore alla proposta della Commissione Europea e se i primi sposta all’emergenza sanitaria posta dal

coronavirus - ha detto il premier -, della resilienza dimostrata da molti settori economici pubblici, ma anche privati, nonché l’eccezionale prova superata da tutti i nostri concittadini sono le stesse leve che consentiranno di far ripartire l’economia italiana su nuove basi che assicurino una rapida ripresa e, al contempo, un nuovo modello di sviluppo che superi i ritardi e rimuova gli ostacoli del vecchio”. Insomma: le decisioni del Consiglio europeo consentiranno di mettere in campo ulteriori risorse economiche importanti, ma l’Italia dovrà finalmente affrontare con decisione un percorso preciso di riforme strutturali. “Un percorso di riforme ambizioso, indispensabile per dare un futuro migliore al nostro Paese e ai nostri figli. Il governo è coeso. Si lavora insieme uniti soprattutto da una cosa: la fiducia nell’Italia, la speranza che sentiamo riposta in noi dagli italiani e non possiamo deluderli”. (R. M.). Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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INTERVISTE

COSÌ ABBIAMO ISOLATO IL COVID-19 di Carmine Gazzanni

Risultato raggiunto a Perugia: sarà fondamentale per la creazione di un vaccino

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n grande successo non solo per l’Umbria, ma per l’Italia intera. Dopo la terribile emergenza legata al Covid-19 tutta la comunità scientifica si è adoperata e si sta adoperando per la ricerca di soluzioni che contrastino la diffusione del virus. E un importante risultato, appunto, arriva dal Laboratorio di Virologia della Clinica di Malattie Infettive di Perugia, dove il virus SARS-CoV2 è stato isolato da campioni biologici (tamponi rino-faringei) di pazienti che lo avevano contratto. «Un traguardo – commenta a Il Giornale dei Biologi la biologa Sabrina Bastianelli – raggiunto grazie al team di cui faccio parte, guidato dalla professoressa Daniela Francisci (direttore della Clinica di Malattie Infettive, ndr), e che potrebbe essere fondamentale nella ricerca di un vaccino». Partiamo da principio. Come avete fatto ad isolare il Covid-19 dai pazienti? «L’isolamento è avvenuto il 20 maggio scorso, grazie ai tamponi rino-faringei prelevati nei mesi precedenti da pazienti umbri risultati positivi al virus e congelati a -20°C. I campioni sono stati scongelati e inoculati su colture di cellule Vero E6 in vitro. Dopo 40 ore dall’inoculo è emerso l’effetto citopatico causato dal virus – e dunque abbiamo osservato l’insieme di cambiamenti morfologici che una cellula infetta può assumere – e l’identificazione è stata eseguita mediante Realtime PCR (il metodo che simultaneamente amplifica e quantifica il Dna, ndr) sul liquido sovranatante della coltura infettata». Cosa è emerso dai vostri studi? «Gli studi sono in corso e serviranno per valutare le caratteristiche del genoma virale. Tutto questo ci consentirà di sequenziare il ceppo virale circolato in Umbria nei mesi scorsi. Oltre a ciò il virus attivo ci permetterà di eseguire test di

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titolazione degli anticorpi neutralizzanti sia ancora alto e chi, invece, ritiene che si nel plasma di pazienti guariti, plasma che sia ormai affievolito. Qual è la sua posipotrà essere utilizzato per il trattamento zione a riguardo? di soggetti Covid-19 nell’ambito del pro«Siamo in una fase epidemiologica tocollo regionale e per altri progetti di in cui c’è una riduzione dei casi, dovuta ricerca da svolgere in anche alle misure di collaborazione con contenimento adotL’isolamento è avvenuto l’Osservatorio Terza tate. I dati che stanMissione dell’Uni- grazie a tamponi rino-faringei no emergendo nelle versità di Perugia». ultime settimane ci prelevati da pazienti umbri dicono che gli attuali Quale obiettivo vi siete prefissati? positivi sono per la positivi al virus «Siamo orienmaggior parte asintate verso lo studio tomatici. Questo, di eventuali molecole antivirali, anche se però, non vuol dire che il virus si sia atl’isolamento del virus è sicuramente im- tenuato». portante per la creazione di un vaccino». Massima prudenza, dunque? Il Covid ha in parte diviso la comu«Assolutamente sì. È importante rinità scientifica nel corso di questi mesi. manere vigili rispettando le indicazioni Anche oggi c’è chi ritiene che il rischio dettate in questa fase 3. E dunque masche-


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rine, distanziamento sociale, frequente laIl traguardo che avete raggiunto testivaggio delle mani, e così via». monia come anche la ricerca italiana può Crede che ci saranno nuove ondate essere all’avanguardia e può competere Covid-19 oppure la ricerca scientifica ar- con gli altri Paesi. Cosa manca al nostro riverà in anticipo rispetto a un’eventuale Paese - se manca qualcosa - per essere ricaduta? sempre al livello de«Da questo pungli altri Stati? Tutto questo ci consentirà to di vista quanto «La ricerca itaaccaduto nel passato di sequenziare il ceppo virale liana è sicuramenpuò essere d’aiuto. te all’avanguardia e circolato nella regione Guardando l’andapuò assolutamente mento di altri virus competere col resto nei mesi scorsi circolati negli anni e del mondo. Abbianelle epoche precemo molti ricercatori denti, infatti, potremmo aspettarci un’al- preparati, e quanto fatto a Perugia – e non tra ondata, ma non abbiamo attualmente solo a Perugia – ne è l’esempio. Il problela certezza che accada. In ogni caso, se ma è che si investe poco sulla ricerca a dovesse accadere, sicuramente saremmo differenza di tanti altri Paesi. Questa emerpiù preparati rispetto al passato per con- genza sanitaria ci ha fatto capire più che mai l’importanza di tali investimenti». trastare il virus».

Il team

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l team che ha condotto lo studio è guidato dal direttore della Clinica di Malattie Infettive di Perugia, la professoressa Daniela Francisci. Le tre biologhe, tutte dipendenti dell’Università umbra, sono le dottoresse Sabrina Bastianelli, Sara Pierucci e la borsista Chiara Busti.

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INTERVISTE

COME HO SCONFITTO IL SUPER-BATTERIO DELL’ A NTRACE Parla Antonella Fioravanti, premio

“migliore scienziata promettente dell’anno”

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ntonella Fioravanti ha una capacità non comune: spiegare meccanismi microbiologici complicati in parole semplici, rendendo concetti a molti inaccessibili di una semplicità quasi spiazzante. Poi ci si ferma un attimo e si ragiona sul fatto che la Fioravanti, proprio lei, è la scienziata più promettente dell’anno. Il titolo, uno dei più ambiti nella comunità scientifica, è conferito dall’Accademia reale delle scienze del Belgio. E lei, pratese di 37 anni, una vita intera dedicata, come lei dice, «alla ricerca e al valore che questa può avere per il bene della collettività», è la prima straniera a vincere questo premio. E il record è più che giustificato dato che, allo stesso modo, è la prima ad aver scoperto il segreto per vincere il super-batterio dell’antrace che ha ucciso nel mondo milioni di persone. Non c’era riuscito nessuno prima di lei. «Sono consapevole degli effetti che potrà avere la mia ricerca, a cui ho dedicato parecchi anni della mia vita – racconta – ma è cosa ben diversa avere la riconoscenza di tutta la comunità scientifica. È una cosa incredibile, che ripaga i sacrifici del lavoro svolto. È un’emozione unica che mi riempie il cuore, ma non le nascondo che tuttora la vivo con una punta di imbarazzo. Anzi, le racconto un aneddoto». Mi dica. «Quando l’istituto per cui lavoro (Vrije Universiteit di Bruxelles, ndr) ha deciso di candidarmi, per me era già una cosa incredibile: un ateneo così prestigioso aveva scelto me per una candidatura di così alto prestigio. Però ho pensato: ok, accetto, anche per riconoscenza. Ma dentro me pensavo che, essendo un’outsider, non essendo peraltro neanche belga, non avrei mai vinto». E invece così non è stato. «Quando a febbraio mi hanno comunicato che ero nella cinquina dei finalisti non credevo ai miei occhi. Ero talmente incredula che per una settimana non sono riuscita a rispondere alla domanda per confermare la mia partecipazione. Mi creda: proprio non credevo a

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quel traguardo. Poi è arrivato il mio professore sempre stata guidata dal desiderio umano di che mi ha esortato a rispondere». aiutare l’altro. Ho trovato la spinta per affronImmagino, a maggior ragione, che mai tare sacrifici e ore infinite in laboratorio, semavrebbe pensato addirittura di vincere. pre nell’idea che il mio lavoro potesse portare «(ride) Assolutamente no. Peraltro, i cin- a dei benefici, che il mio lavoro stesse portanque finalisti erano tenuti a fare un video che do la scienza in una direzione positiva per la poi sarebbe stato visto da vari membri della collettività». comunità scientifica per parlare della propria Da qui il suo interesse per i batteri. ricerca. E tutti ovviamente hanno realizzato «Esattamente. Dopo gli studi a Firenze e quei video in fiammingo o in belga. Io inve- il dottorato a Lille, avevo avuto diverse proce, dopo una piccola poste di lavoro, ma cerintroduzione in fiamcavo un istituto che mi Pratese, 37 anni, è la prima permettesse di portare mingo, illustravo il mio studio in inglese. E avanti la mia ricerca. E italiana a vincere il titolo quindi pensavo a magl’ho trovata in Belgio». assegnaro dall’Accademia gior ragione che mai La domanda però avrei vinto». sorge spontanea: perreale delle scienze del Belgio Ennesimo pronoché l’antrace? stico sbagliato. «La storia di que«Il momento in cui mi hanno detto che sto batterio è, pur nella sua drammaticità, quell’ambito titolo sarebbe andato a me, è straordinaria. È un batterio che ha viaggiato, stato incredibile, un istante che mai dimenti- nelle ere e nelle epoche, accanto all’evoluzione cherò». umana». D’altronde è “solo” riuscita lì dove chiunIn che senso? que finora aveva fallito: sconfiggere l’antrace. «Pensi: si trovano le prime tracce di an«Sin dai miei studi universitari, mi sono trace già nei mammut. Si parla di antrace aninteressata alla scienza di base, ma sempre in che nella Bibbia: è la Quinta Piaga d’Egitto rapporto alle malattie. Nel mio lavoro sono con cui Mosè minacciò il Faraone. Al tempo


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Antonella Fioravanti.

«Esattamente. Noi siamo riusciti a ricreare in laboratorio questa corazza e poi a trovare un modo per distruggerla, mettendo così fuori gioco il batterio, grazie all’utilizzo di un nanobody, un pezzetto di anticorpo preso dai lama. Mi sono detta: se riesco a “strappare” questa armatura e lascio “nudo” il batterio posso danneggiarlo talmente da permettere al sistema immunitario di riuscire sconfiggerlo». La domanda però è d’obbligo: perché i lama? «Deve sapere che l’Università di Bruxelles si era già resa famosa negli anni 2000 perché aveva scoperto la particolarità degli anticorpi dei lama, che sono diversi da quelli di © CASTALDOstudio.com/www.shutterstock.com altri mammiferi. I nostri anticorpi sono troppo grandi per entrare nell’armatura di cui parlasi pensava fosse una maledizione, ma in realtà vamo prima. I lama hanno anticorpi dai quali è più prosaicamente i campi erano stati infettati. possibile isolare in maniera stabile il frammenE lo stesso è accaduto con la medicina moder- to che lega il target. Tale frammento, chiamato na. Nel 1881 Pasteur effettuò un esperimento Nanobody (nono-anticorpo), può essere usato pubblico per mostrare la potenza della vac- come strumento versatile biotecnologico. Nel cinazione. Preparò due gruppi di 25 pecore, mio caso è servito ad isolare i mattoncini che uno dei quali venne vaccinato, l’altro no. A formano l’armatura che protegge il batterio entrambi i gruppi venne poi iniettato proprio dell’antrace». l’antrace: il gruppo vaccinato sopravvisse, il seQuesto che cosa vuol dire? «Innanzitutto, abbiamo potuto studiare la condo no. Fino ad arrivare all’età contempostruttura atomica della ranea: l’antrace, svilupproteina e, soprattutto, pato dai nazisti nella Ha messo fuori gioco abbiamo capito come Seconda guerra mondiale come arma bioil batterio, grazie all’utilizzo bloccare la formazione dell’armatura del batlogica, è ancora oggi al centro delle strategie di di un nanobody, un pezzetto terio». A questo punto bio-terrorismo». di anticorpo preso dai lama cos’è accaduto? Com’è riuscita a «L’istituto mi ha trovare una soluzione dato la possibilità di testare in vivo la mia ria quest’incredibile batterio? «Bisogna sapere innanzitutto che moltis- cerca. Mi è stata dunque data la possibilità di simi batteri hanno una struttura tramite cui si mettere su un laboratorio dove studiare l’andifendono, una sorta di “armatura” costituita trace, che non è certamente qualcosa che acda mattoncini di proteine. Fino ad oggi queste cade tutti i giorni». Gli effetti per il futuro potrebbero essere armature sono state visualizzate, ma mai caratterizzate o riprodotte in vitro e pertanto mai incredibili. «Assolutamente sì. Abbiamo dimostrato analizzate in dettaglio». che, se riusciamo a distruggere l’armatura del Fino ad oggi, appunto.

batterio, l’antrace collassa. I topi su cui abbiamo effettuato l’esperimento, si ripuliscono dall’infezione e poi guariscono in sei giorni di trattamento. In sintesi, siamo riusciti a dimostrare che le armature dei batteri si possono studiare, controllare e soprattutto smontare. Il punto è che, anche al di là dell’antrace, il target terapeutico è promettente: ci sono una miriade di batteri, fra i quali molti patogeni, che possiedono queste armature e che finora non sono mai studiati appieno, mentre ora siamo in grado di farlo». Prossimi fronti della ricerca? «Io continuerò a lavorare sull’antrace. Innanzitutto, dev’essere ottimizzata la cura; e poi si aprono interrogativi molto interessanti da un punto di vista microbiologico: dobbiamo comprendere cosa succede alle cellule una volta strappata l’armatura del batterio, perché collassa, è forse un esoscheletro? In più ho una sorta di “black list dei cattivi”: vorrei concentrarmi su altri batteri, come ad esempio il Clostridium difficile, un super batterio resistente a ogni tipo di antibiotico». (C. G.)

Chi è

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ntonella Fioravanti è una scienziata che ama definirsi “europea”: laureata in Italia all’Università di Firenze in Biotecnologie Mediche (110 e lode con encomio nel 2010), dottorata in Francia all’Università di Lille (Dottorato in Biologia molecolare e cellulare con encomio), è oggi ricercatrice alla Vrije Universiteit di Bruxelles dal 2014. Il suo lavoro sull’antrace è stato pubblicato nel 2019 su Nature Micrbiology («Structure of S-layer protein Sap reveals a mechanism for therapeutic intervention in anthrax»).

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SALUTE

Dall’università di Monaco la scoperta di un metabolite da usare come marcatore per l’inibizione dell’immunità specifica del tumore

UN NUOVO STUDIO TEDESCO RISPOSTA IMMUNITARIA AL di Sara Lorusso 28 Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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SALUTE

Il nobel per l’immunoterapia

Tra le ragioni alla base dello sviluppo delle neoplasie c’è l’irregolare funzionamento del sistema immunitario. Per questo vanno compresi a fondo i suoi meccanismi

L’

irregolare funzionamento del sistema immunitario è uno dei motivi per cui il cancro si sviluppa. Comprendere a fondo i meccanismi che regolano questo processo significa compiere ulteriori passi in avanti nella definizione di diagnosi adeguate e terapie efficaci contro il tumore. All’Università Tecnica di Monaco (TUM), un gruppo di ricercatori, approfondendo i processi di difesa che si innescano in presenza di cellule tumorali, ha individuato il meccanismo che identifica le cellule regolatorie che sopprimono la risposta immunitaria. Si sono concentrati in particolare sui linfociti T CD8 +, le speciali cellule citotossiche che riconoscono le cellule infette o cancerose e le aggrediscono in modo specifico. Il legame esistente tra sistema immunitario e cancro non fa parte delle informazioni più conosciute rispetto a una malattia di cui tanti al mondo fanno esperienza. Il sistema immunitario non protegge solo dalle infezioni, ma anche dal cancro. Un ruolo chiave nella risposta adattativa, nella forma cellulo-mediata, è affidato proprio ai linfociti T citotossici, capaci di riconoscere attraverso i propri recettori le molecole estranee presenti su altre cellule, che vengono così individuate e contro cui si scatena la reazione di difesa ed eliminazione. Le cellule tumorali, però, sono capaci di inviare dei segnali che rallentano la risposta im-

SULLA CANCRO

munitaria. Si tratta del meccanismo che è alla base dello sviluppo delle immunoterapie contro il cancro: la somministrazione di anticorpi, chiamati inibitori del checkpoint proprio per la capacità di agire su quei segnali, può rinvigorire la risposta immunitaria del malato di tumore, ripristinando il controllo del sistema immunitario. Lo studio dell’università TUM di Monaco, pubblicato di recente su “Nature Immunology”, ha scoperto un nuovo meccanismo di soppressione che inibisce le risposte immunitarie specifiche del cancro. Il gruppo di ricerca è guidato da Bastian Höchst e Percy Knolle, dell’Institute of Molecular Immunology and Experimental Oncology presso la TUM. All’attività di ricerca hanno contribuito anche scienziati dell’Università di Heidelberg e dell’Università Otto von Guericke di Magdeburgo e i ricercatori della Yale University negli Stati Uniti. «La capacità del sistema immunitario e in particolare dei linfociti T CD8+ di eliminare le cellule cancerose in tessuti come polmone, intestino e fegato è spesso limitata nei pazienti con tumore – ha spiegato Knolle – Ma i nostri risultati apriranno la strada allo sviluppo di nuove forme di immunoterapia contro il cancro». Gli scienziati hanno notato che le cellule soppressorie di derivazione mieloide (MDSC), capaci di inibire energicamente l’attivazione delle cellule T CD8+, si trovano spesso all’interno o nei pressi dei tessuti tumorali. Queste cellule sono note per la capacità di paralizzare le funzioni dei linfociti antitumore e, dunque, di limitare gravemente l’immunità specifica del cancro. Fino ad oggi, scrivono in premessa gli autori del paper, la mancanza di informazioni sul funzionamento dell’attività soppressiva delle MDSC e l’assenza di un marcatore per la loro identificazione hanno ostacolato i tentativi di superare il processo di inibizione dei linfociti T e di scatenare, di conseguenza, l’immunità anticancro. Secondo quanto scoperto dagli autori dell’articolo, il meccanismo di soppressione che inibisce la ri-

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a ricerca sull’immunoterapia è così determinante nella mai sopita attività di contrasto del cancro da aver meritato nel 2018 il Premio Nobel. La medaglia di quell’anno per la medicina è stata assegnata a James Allison (del dipartimento di immunologia dell’Anderson Cancer Center di Houston) e a Tasuku Honjo (del dipartimento di immunologia e medicina genomica all’Università di Kyoto) che, in maniera indipendente, avevano contribuito «alla scoperta della terapia del cancro mediante l’inibizione della regolazione immunitaria negativa». I due scienziati si sono concentrati sui meccanismi di inibizione dei checkpoint immunitari. Il Nobel di quell’anno arrivò a distanza di dieci anni dall’ultimo premio assegnato dall’Accademia Svedese nel campo dell’oncologia (era toccato a Harald Zur Hausen, per la scoperta del papillomavirus quale causa del cancro della cervice uterina) e diversi anni dopo il riconoscimento nel 2011 a Bruce Beutler e Jules Hoffman per le loro scoperte sui meccanismi di attivazione dell’immunità innata e a Ralph Steinman per le scoperte sul ruolo delle cellule dendritiche nell’immunità adattativa.

sposta specifica alle cellule cancerose è mediato da un prodotto della decomposizione del metabolismo del glucosio. Il team tedesco ha scoperto che l’inibizione delle cellule T CD8+ specifiche per il cancro è generata da questo metabolita soppressivo attraverso l’esaurimento degli aminoacidi che sono essenziali per l’attivazione delle cellule immunitarie. Tali cellule immunitarie inibite rimangono in vita, ma vengono arrestate in uno stato di letargo di bassa attività metabolica. «Siamo stati in grado – ha spiegato Höchst – di identificare l’eccessiva presenza del prodotto della decomposizione dal metabolismo del glucosio come una caratteristica delle cellule soppressorie nel tumore e allo stesso tempo di attribuire l’inibizione dell’immunità specifica del cancro a questo metabolita soppressivo». I ricercatori sono riusciti a riconoscere il metodo con il quale queste cellule immunitarie “in letargo” possono essere risvegliate. Combinando l’azione di “inibizione del checkpoint” con la neutralizzazione del metabolita soppressivo hanno ottenuto durante la sperimentazione un forte aumento della risposta immunitaria specifica del cancro. Un risultato che apre la strada a nuove immunoterapie anti-tumore. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Schizofrenia, la chiave in una molecola cerebrale Dall’acido cinnabarinico, nuovi interventi farmacologici e diagnosi precoce

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ubblicato sulla rivista “Schizophrenia Bulletin”, uno studio di acido cinnabarinico risultassero marcatamente ridotti rispetto a condotto dal dipartimento di Patologia molecolare dell’Ircquelli provenienti da persone non affette dalla patologia. Questo ci cs Neuromed di Pozzilli (Isernia), che ha visto la collaboinduce a pensare che una ridotta formazione della molecola possa razione dell’Accademia Polacca delle Scienze, dell’Univeressere un fattore determinante nella patologia». sità Sapienza di Roma e di altri istituti, sia italiani che stranieri, che Lo step successivo prevedeva la somministrazione della moleavrebbe individuato un particolare ruolo svolto da una molecola cola in animali sottoposti a protocolli farmacologici che riproducopresente nel nostro cervello, l’Acido Cinnabarinico. Questa scoperno aspetti della schizofrenia nell’uomo. «In questa fase - continua ta potrebbe dare il via a nuovi scenari sia per quanto concerne la Fazio - è stato possibile dimostrare che dosi estremamente basse di possibilità di intervenire con farmaci innovativi contro la schizofreacido cinnabarinico hanno un effetto antipsicotico sui topi, legato nia, sia perché permetterebbe di diagnosticare con largo anticipo la almeno in parte all’attivazione di specifici recettori presenti sulle celpresenza della patologia. lule nervose, i recettori metabotropici per il glutammato mGlu4». «L’acido Cinnabarinico è un prodotto del metabolismo del «Sono diverse le prospettive aperte da questo studio - commenta triptofano e si forma a seguito di una serie di Ferdinando Nicoletti, responsabile del Laboreazioni chimiche note come “via delle chinuratorio di Neurofarmacologia del Neuromed e renine”. Collegamenti tra molecole di questa professore ordinario di Farmacologia della SaÈ un prodotto del via metabolica e disturbi psichiatrici, tra cui la pienza –. Da una parte possiamo pensare che schizofrenia, erano già noti - ricorda l’Irccs - I metabolismo del triprtofano la misurazione dei livelli di acido cinnabarinico ricercatori Neuromed, studiando i tessuti aue si forma a seguito di una nel sangue potrebbe aiutarci a diagnosticare la toptici umani, hanno scoperto come in quelschizofrenia, e a farlo in tempi precoci rispetserie di reazioni chimiche to al suo esordio, quindi in assenza di sintomi lo cerebrale di soggetti schizofrenici, l’acido cinnabarinico presenti ridotti livelli d’espresmanifesti. Dall’altra, la somministrazione della sione». I ricercatori hanno inoltre dimostramolecola, a dosaggi molto bassi, potrebbe rito che somministrando acido cinnabarinico, su modelli animali, durre i sintomi psicotici nei pazienti. Dobbiamo sottolineare come impiegati per la validazione di farmaci antipsicotici, si generi una l’acido cinnabarinico si sia dimostrato efficace in diversi modelli anichiara azione terapeutica. mali, ognuno rappresentante aspetti diversi della patologia. «Abbiamo studiato - spiega Francesco Fazio, ricercatore del diQuesto lascia sperare che potrebbero essere alleviati non solo partimento di Patologia molecolare Neuromed, attualmente all’Ali sintomi positivi (come deliri, allucinazioni, disorganizzazione del bert Einstein College of Medicine di New York - campioni di tessuto pensiero), già ben controllati dalle terapie farmacologiche esistenti, autoptico cerebrale umano gentilmente concessi dall’Harvard Brain ma anche i sintomi negativi (spesso correlati ad episodi di suicidio) Tissue Resource Center, sotto la direzione della professoressa Sabie cognitivi (deficit della memoria e dell’attenzione). Naturalmente si na Berretta. Grazie a metodiche analitiche estremamente sensibili tratta di una strada nuova, e molto lavoro c’è ancora da fare prima abbiamo potuto determinare come, nei campioni di corteccia predi pensare ad una concreta applicazione clinica di questa ricerca», frontale dorso-laterale provenienti da pazienti schizofrenici, i livelli conclude Nicoletti. (M. M.).

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Scoperto il segreto alla base dell’ipermemoria La risonanza magnetica funzionale individua le aree più attive del cervello di Carmen Paradiso

dinata dall’equipe di ricercatori composta da Patrizia Campolongo, Valerio Santangelo, Tiziana Pedale e Simone Macrì, e ha coinvolto la Sapienza Università di Roma, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Uno studio italiano ha identificato le aree più attive del cerniversità degli Studi di Perugia. Già nel 2016 gli stessi ricercatori vello nel ricordare un evento passato attraverso la risoavevano iniziato uno screening sulla popolazione italiana per innanza magnetica funzionale, una tecnica non invasiva che dividuare questi soggetti, il risultato di questa prima ricerca aveva consente di rilevare, in tempo reale, l’attività neuronale e evidenziato come area fondamentale quella prefrontale che oggi è di identificarne le aree più attive durante il ricordo dell’evento. Lo diventata l’area su chi si è focalizzato lo studio. «Infatti- hanno spiestudio, pubblicato sulla rivista Cortex, ha riguardato otto persone gato gli autori - nel discriminare tra ricordi autobiografici vecchi e ipermemori, cioè capaci di ricordare tutti i dettagli di un evento acnuovi, per le persone con ipermemoria si rileva un’elevata specializcaduto venti anni prima. Quella degli ipermemori è una condizione zazione della porzione ventro-mediale della corteccia prefrontale del cervello, un’area che si ritiene sia deputata all’organizzazione delle molto rara rispetto alla popolazione italiana. Solo negli Stati Uniti esiste un gruppo simile che viene costantemente monitorato attrafunzioni cognitive superiori. Questa stessa regione del cervello semverso test, gli stessi che poi i ricercatori italiani bra essere meno precisa nelle persone con una hanno adattato al gruppo italiano. memoria normale, fino a farci “confondere” la Grazie allo studio del cervello degli iper- La scoperta vede primeggiare dimensione temporale del ricordo, vecchio o memori si è potuto individuare quelle che sono i ricercatori italiani di Irccs nuovo». le aree che riescono a dare una dimensione «La memoria autobiografica – hanno temporale ai ricordi cioè che riescono a data- Santa Lucia, “La Sapienza”, specificato i ricercatori- permette di rievocare tutti i momenti, attraverso la ricostruzione Iss e Università di Perugia re esperienze relative a tutto l’arco della vita dell’evento che avviene in un tempo molto breconsentendoci di conferire una dimensione ve e soprattutto con accuratezza di dettagli. La temporale e narrativa alla nostra esistenza e differenza con i soggetti normali è che nei cervelli di questi ultimi qui per la prima volta al mondo sono stati studiati i meccanismi neui ricordi delle esperienze neutre che riguardano il passato restano robiologici associati alla dimensione temporale dei ricordi tramite sfocati, non distinguibili e spesso vengono dimenticati. una metodologia innovativa e, soprattutto, in un gruppo di persone Nel corso dello studio gli otto ipermomori sono stati affiancati ‘speciali’». Il risultato di questa ricerca è fondamentale perché apre da ventuno persone che non presentavano né deficit della memoria nuovi spazi di ricerca per la neuroriabilitazione della memoria e per né abilità particolari. La tecnica innovativa utilizzata per lo studio la ricerca sulle funzioni mnesiche, in pazienti con una lesione del siè stata la Multivoxel Pattern Analysis (MVPA) che ha consentito stema nervoso centrale. «Comprendere i sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento della memoria – hanno concluso i ridi capire come in questi soggetti ci fosse un ruolo fondamentale di cercatori - fornisce importanti indicazioni su quali aree è necessario alcune aree del cervello la cui funzionalità consentiva una migliore rappresentazione neurale dei ricordi. Condotta presso i laboratori intervenire per stimolare il ripristino di un funzionamento adeguato della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma la ricerca è stata coordella memoria in persone con deficit o lesioni neurologiche».

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Un “sarto” chiamato spliceosoma Un nuovo studio sulla propagazione dell’informazione giusta nelle cellule di Pasquale Santilio

quali almeno 33 tipi di tumori. «Il nuovo studio spiega, ha proseguito la ricercatrice, a livello atomistico, come avvengono i complicati cambiamenti strutturali dello spliceosoma necessari a collocare introni ed na ricerca basata su simulazioni al computer dell’Istituto esoni nella posizione ottimale per effettuare lo splicing. Ciò avviene officina dei materiali del Cnr, condotto in collaborazione attraverso uno scambio di segnali tra le diverse parti proteiche che con la Sissa, Scuola internazionale studi superiori avanzati, compongono il sistema». pubblicato su Journal of the American Chemical Society, Andrea Saltalamacchia della Sissa e primo autore della ricerca ha consentito di spiegare il funzionamento dello spliceosoma, un imha dichiarato: «Tutte le proteine che compongono lo spliceosoma portante “macchinario biologico” per la vita delle cellule. Affinché comunicano tra loro per poter agire in modo coordinato e regolare avvenga la sintesi proteica, un gene (vale a dire una sequenza di DNA) accuratamente il processo di taglia e cuci. In pratica, tramite piccoli viene inizialmente copiato su una molecola denominata RNA mesriadattamenti locali, si innesca uno scambio di segnali che si propaga progressivamente tra proteine adiacenti, fino a coprire grandi distansaggero o mRNA, a cui viene assegnato il compito di trasportare l’informazione contenuta nel DNA ad altri apparati ze. Visto il coinvolgimento di questo sistema cellulari che, in tal modo, danno inizio alla sinin numerose patologie umane, comprendere il tesi proteica. Tuttavia, l’RNA messaggero che di trasmissione di questi segnali La ricerca è stata condotta dal meccanismo viene copiato dal gene è in forma prematura e, potrebbe permettere di individuare farmaci che, pertanto, deve seguire alcuni passaggi prima di Cnr, in collaborazione con la bloccandone la comunicazione, interferiscano poter essere utilizzato. Scuola internazionale studi con lo splicing e che possano quindi rappresenAlessandra Magistrato del Cnr- Iom e cotare nuovi possibili terapie». La complessità di ordinatrice del progetto spiega: «Nei geni le in- superiori avanzati di Trieste questo sistema è tale che la ricerca sta ora muoformazioni utili alla sintesi di proteine sono convendo solo i primi passi indirizzandosi verso tenute in sequenze chiamate esoni, intervallate una sua completa e meglio definita comprenda lunghi tratti che non contengono tali informazioni, cioè gli introni. sione a livello atomistico. Questo risulta di fondamentale importanza Questi, devono essere quindi tagliati via attraverso un meccanismo al fine di identificare gli inibitori necessari alla cura e, talvolta, alla chiamato splicing. Una volta rimossi gli introni, gli esoni devono esseprevenzione delle numerose patologie che sono annesse. «Il nostro re ricuciti tra loro, in modo da avere un filamento di mRNA maturo studio è svolto con delle sofisticate simulazioni, possibili grazie all’ue contenente tutte le informazioni necessarie per sintetizzare le protilizzo di moderni supercomputer, che ci permettono di vedere con la teine. Qui entra in gioco lo spliceosoma, un complesso macromolerisoluzione a livello dell’atomo come avviene questo processo di taglia colare composto da centinaia di proteine che agisce come un sarto e cuci» ha concluso Alessandra Magistrato. La ricerca è stata realizzata grazie al contributo dell’Università di Yale e di Bologna, che ha aiuche, tagliando e cucendo, regola questo meccanismo cellulare». Se nel tato ad individuare il percorso seguito dallo scambio di informazioni, corso di questo processo intervenisse il minimo errore, l’informazione risulterebbe alterata con gravi ripercussioni per la salute dell’uomo. e dell’Università di San Diego e dell’Istituto nazionale di chimica di Infatti, i difetti di splicing sono responsabili di circa 200 malattie tra le Ljubljana, che hanno collaborato nelle fasi iniziali del progetto.

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INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI PIEMONTE, LIGURIA E VALLE D’AOSTA DELL’ONB TORINO* 19 settembre 2020 - Ore 10:30 Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

Dott. Valter Canavero

Delegato regionale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

Dott. Alessandro Miceli

Commissario della delegazione di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

Autorità convenute

*Via Alberto Nota, 3 Terzo Piano www.onb.it

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LLLT: CURARE PELLE E CAPELLI CON LA LUCE La terapia laser come metodo di trattamento dell’epidermide e del bulbo pilifero di Biancamaria Mancini 34 Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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a terapia laser a bassa intensità, o LLLT (Low-Level Laser Therapy) fu scoperta per caso negli anni ‘60 dallo scienziato ungherese Endre Mester nel tentativo di curare i tumori maligni nei ratti tramite un laser a rubini (lunghezza d’onda 694,3 nm) a bassa densità di energia (1 J/cm2). Sebbene non riuscì a curare alcun tumore, osservò per la prima volta che il laser induceva crescita dei peli e migliorava la guarigione delle ferite in vivo. In seguito, ulteriori studi approfondirono l’effetto della laserterapia nella crescita dei capelli e nei processi di guarigione [1]. Tale meccanismo è noto come foto-biomodulazione o stimolazione dei processi biologici nel tessuto bersaglio [2]. L’energia luminosa, impostata ad una determinata intensità e lunghezza d’onda, colpisce le cellule dell’epidermide e viene ceduta ai cromofori intracellulari mitocondriali (porfirine endogene) e alle componenti della catena

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L’energia luminosa colpisce le cellule dell’epidermide e viene ceduta a cromofori intracellulari mitocondriali e componenti della catena respiratoria respiratoria (citocromo-C ossidasi). L’energia così assorbita viene convertita in energia metabolica con produzione di ATP [3]. La LLLT può essere utilizzata sia nello spettro del visibile, e allora i foto-accettori primari sono le catene respiratorie mitocondriali, oppure nell’infrarosso attraverso i canali del calcio a livello della membrana cellulare [4]. L’attivazione a breve termine della catena respiratoria comporta l’ossidazione del NADH determinando cambiamenti nello stato redox sia mitocondriale sia citoplasmatico. L’attivazione della catena di trasporto degli elettroni determina un aumento del potenziale elettrico della membrana mitocondriale e della riserva di ATP e l’attivazione della sintesi degli acidi nucleici. Il cambiamento di potenziale redox cellulare indotto dalla LLLT, e i relativi effetti biologici, variano da tessuto a tessuto in quanto le diverse condizioni cellulari presentano diversi stati redox. Nella LLLT esiste una Finestra Terapeutica d’azione, ovvero un range di lunghezze d’onda utili per avere risposta metabolica, che va da 600 a 1150 nm. Lunghezze d’onda inferiori a 600 nm risulterebbero troppo assorbite dall’emoglobina e quindi inutilizzabili, mentre quelle superiori a 1.150 nm sarebbero assorbite dall’acqua nei tessuti [5]. Per produrre le lunghezze d’onda nella finestra terapeutica si utilizzano laser a elio-neon o He-Ne (632,8 nm) e laser a diodi (630-940 nm). Gli effetti biologici della terapia LLLT si riassumono in diverse azioni [6-7]. • Stimolazione della riparazione dei tessuti cutanei e della crescita dei capelli grazie alla nuova sintesi di DNA, la maggiore proliferazione di cheratinociti, dei fibroblasti e delle cellule en-doteliali, la sintesi e la deposizione di collagene, l’attivazione dei macrofagi e la rivascolarizzazione. • Azione antinfiammatoria per l’aumentata

attività di macrofagi e neutrofili, l’inibizione dei mediatori catabolici dell’infiammazione, la riduzione dell’afflusso di neutrofili a livello del tes-suto infiammato e la stimolazione e produzione di metaboliti antinfiammatori come le ciclos-sigenasi-1 e 2. • Azione antisettica in quanto la stimolazione energetica e metabolica comporta una maggiore produzione locale di anticorpi stimolando la risposta immunitaria. • Azione vasodilatatrice in quanto l’esposizione ai raggi rossi e infrarossi aiuta ad aumentare la circolazione sanguigna nella zona direttamente interessata, con migliore apporto di ossigeno e conseguente azione eutrofica. • Azione analgesica per l’aumento della soglia di nocicezione con blocco neurale. • Azione detossificante in quanto la variazione di temperatura che si manifesta nei primi strati di tessuto mediante emissione di rosso e infrarosso, aiuta ad attivare il metabolismo delle cel-lule stimolando il rilascio delle tossine contenute. Le tossine infatti, sono sospese in molecole d’acqua, quest’ultime assorbono facilmente queste lunghezze d’onda che rompono i legami con le tossine stesse e ne favoriscono l’espulsione. La tecnologia LLLT è oggi sempre più applicata in campo medico estetico e tricologico [8]. Una revisione di cinque studi in doppio cieco sugli effetti di emissione di rosso e infrarosso in casi di diradamento capillare, riporta un aumento della densità dei capelli in un tempo di 16-26 settimane di terapia con LLLT. [9]. In un recente studio pubblicato su Aesthetic Medicine, si conclude che l’uso combinato di diverse e specifiche lunghezze d’onda con tecnologia LLLT per il trattamento dell’alopecia androgenetica negli uomini ha fornito buoni risultati per la crescita dei capelli [10]. La Food and Drug Administration statuni-

tense ha attribuito la Classe III ai laser più comunemente utilizzati per la LLLT, gli unici effetti collaterali riguardano l’esposizione degli occhi alla luce e si sconsiglia in chi ha ipersensibilità solare, in presenza di ferite infette, su lesioni tumorali e ai portatori di pacemaker. Grazie ai risultati descritti, le terapie laser LLLT sono opzioni di trattamento sempre più apprezzate per i pazienti con alterazioni cutanee e perdita di capelli, per la facilità di azione e l’assenza di invasività, di traumaticità e di effetti collaterali.

Bibliografia 1. Mester E et al. “Effect of laser rays on wound healing.” Am J Surg 1971;122(4):532-5 2. E. Merigo et al. “Low-Level Laser Therapy in odontostomatologia: istruzioni per l’uso” DENTAL CADMOS 2015;83(7):457-469 3. Karu TI et al. “Cellular effects of low pow-er laser therapy can be mediated by nitric oxide.” Lasers Surg Med 2005;36(4):307-14. 4. Smith KC. “The photobiological basis of low level laser radiation therapy.” Laser Ther 1991;1(3):19-24. 5. Huang YY et al. “Biphasic dose response in low level light therapy. An update.” Dose Response 2011;9(4):602-18 6. Al Ghamdi et al. “Low-level laser therapy: a useful technique for enhancing the proliferation of various cultured cells.” Lasers Med Sci 2012;27(1):237-49. 7. Kingsley JD et al. “Low-level laser therapy as a treatment for chronic pain.” Front Physiol 2014; 5:306. 8. Antonella Tosti “Laser and Light-Based Therapies in the Treatment of Hair Loss” Hair and Scalp Treatments pp 47-63. 13 September 2019 9. Aditya K. Et al. “A critical assessment of the Evidence for Low-Level Laser Theraphy in Treatment of Hair Loss” Dermatologic Surgery: February 2017 - Volume 43 - Issue 2 - p 188-197 10. Pablo Naranjo García et al. “Use of Helmet with Combined Low-Level Laser Therapy, Light- Emitting Diodes, and Magnetic Field Technologies for Hair Growth Treatments of Male Androgenic Alopecia in Adult Patients” Aesthetic Medicine / Volume 5 / Nº4 / December 2019

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COLESTEROLO NELL’INTESTINO SCOPERTI I BATTERI CHE LO ABBATTONO

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ossono sembrare un po’ come le stelle nascoste nelle parti più buie del mondo ma sono addirittura di più: ci sia consentito il parallelismo poetico malgrado il tema tutt’altro che romantico, ma in effetti i batteri, anch’essi nascosti alla vista, compongono un intero universo dentro un solo intestino umano, e pur in spazi decisamente più ristretti sono più numerosi dei corpi celesti percepibili semplicemente alzando lo sguardo al cielo. Ne sono note molte specie – tra queste i celebri E. Coli – ma molte altre (definite “materia oscura microbica”) rimangono ancora ignote. «Sappiamo che sono lì - ha detto Doug Kenny, co-autore di uno studio pubblicato su Cell Host and Microbe che getta luce su una specie di batteri intestinali che può influenzare i livelli di colesterolo nell’uomo – e lo sappiamo dal momento che influenzano le cose intorno a loro». «Il metabolismo del colesterolo da parte di questi microbi può svolgere un ruolo importante nel ridurre le concentrazioni di colesterolo nell’intestinale così come nel sangue, incidendo direttamente sulla salute - ha spiegato Emily Balskus, membro del Broad Institute of Mit and Harvard, professore di chimica e biologia chimica all’Università di Harvard e co-autore senior con Ramnik Xavier del Center for informatics and therapeutics del MIT e ricercatore al Massachusetts General Hospital -. I batteri appena scoperti potrebbero un giorno aiutare le persone a gestire i loro livelli di colesterolo attraverso la dieta, i probiotici o nuovi trattamenti basati su singoli microbiomi». Nel 2016, ci dicono i Centers for Disease Control and Prevention, organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Usa, oltre il 12% degli adulti americani di età pari o superiore a 20 anni presentava livelli elevati di colesterolo, fattore di rischio della prima causa di morte nel paese: le malattie

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La ricerca sviluppata a Harvard segna un primo risultato positivo per arrivare a nuove terapie

cardiache. Solo la metà di quel gruppo as- trovato in stagni di liquami di maiali prove sume farmaci come le statine per gestire i li- di batteri in grado di consumare colesterolo. velli di colesterolo; se da un lato i medicinali Ma non negli uomini. sono uno strumento prezioso, dall’altro non La summa degli studi precedenti è funzionano per tutti i pazienti e, sebbene come un percorso lastricato di indizi (un rari, possono avere effetti collaterali. laboratorio del 1977 ha persino isolato il mi«Non siamo alla crobo rivelatore ma i ricerca di una baccampioni sono andati Oltre il 12% degli adulti chetta magica per persi): uno di questi risolvere le malattie indizi è il coprostanoamericani di età pari cardiovascolari – ha lo, sottoprodotto del proseguito Kenny o superiore a 20 anni ha livelli metabolismo del cole- ma c’è quest’altro sterolo nell’intestino. elevati di colesterolo organo, il microbio«Poiché il mima, che costituisce un crobo trovato nelle altro attore in gioco in grado di regolare i acque reflue dei maiali formava anche colivelli di colesterolo». prostanolo - ha detto Balskus - abbiamo Che stesse accadendo qualcosa al cole- deciso di identificare i geni responsabili di sterolo nell’intestino era chiaro agli scienzia- quest’attività, sperando di trovare geni siti fin dal 1800: da allora, il fenomeno è stato mili nell’intestino umano». A provarci, in sotto i riflettori fino a che, oggi, non ci si concreto, è stato Damian Plichta, scienziato è avvicinati a una risposta. Uno degli studi computazionale al Broad Institute: centinaia che ha cercato di analizzarne gli effetti aveva di specie di batteri, virus e funghi che vivo-


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I dati in Italia © Ben Schonewille/www.shutterstock.com

no nell’intestino umano devono ancora esse- lunga serie di test, è stato trovato il miglior re isolate e descritte, ha tenuto a precisare. candidato, che il team ha chiamato “IntestiMa la cosiddetta metagenomica può aiuta- nal Steroid Metabolism A (IsmA) gene”. re i ricercatori ad analizzare la ricchezza di Utilizzando set di dati sul microbioma materiale genetico presente nei microbiomi umano provenienti da Cina, Paesi Bassi e umani per determinare quali capacità co- Stati Uniti, hanno scoperto che le persodificano questi geni. ne con il gene IsmA Plichta ha così incronel loro microbioma ciato i dati sul geno- Le persone con il gene IsmA avevano il 55-75% in ma del microbioma nel loro microbioma hanno meno di colesterolo con campioni di feci nelle feci rispetto a il 55-75% in meno umane per scoprire quelli senza. Il possiquali geni corrisponbile impatto di quedi colesterolo nelle feci dessero a livelli elevati sta scoperta non è da di coprostanolo. «Da poco: all’orizzonte, questa enorme quantità di correlazioni - ha infatti, potrebbero esserci nuove terapie per detto – ci siamo concentrati su alcuni geni gestire i livelli di colesterolo nel sangue. Pripotenzialmente interessanti». Nel frattem- ma, però, sarà necessario aggiungere all’inpo, dopo aver sequenziato l’intero genoma dividuazione della causa (perché, cioè, il del batterio del maiale che consuma coleste- batterio e il suo enzima siano direttamente rolo, Balskus e Kenny hanno estratto i dati responsabili della riduzione del colesterolo) e scoperto geni simili per cercare la connes- e analizzare gli effetti del coprostanolo sulla sione con l’uomo. In laboratorio, dopo una salute umana. (C. D. M.)

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noto che il colesterolo sia uno dei grandi “nemici” del cuore. In particolare, il vero rischio è rappresentato dalla quota di colesterolo Ldl – il cosiddetto “colesterolo cattivo” - che, depositandosi all’interno delle arterie, favorisce la comparsa di lesioni che possono ostruire il flusso del sangue. Secondo i dati riportati sulla rivista The Lancet Public Health, relativi a un’indagine sulle performance sanitarie nazionali, nel 2017 in Italia sarebbero stati 47mila i decessi per cause cardiovascolari attribuibili ai valori di colesterolo Ldl troppo elevati. «Non esiste un limite inferiore assolutamente sicuro – ha detto all’indomani della pubblicazione dei dati Pasquale Perrone Filardi, ordinario di cardiologia dell’Università Federico II di Napoli -. Un’affermazione che giustifica un impegno diffuso a tutta la popolazione per tenere sotto controllo la frazione più pericolosa del colesterolo, tra le maggiori cause di insorgenza degli infarti e degli ictus».

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e ricadute negative dell’obesità sono tali da rendere sempre più urgente l’identificazione del problema fin dall’adolescenza, così da individuare i rischi a lungo termine per la salute. Tra questi, soprattutto negli uomini, figura quello della tromboembolia venosa (TEV). L’embolia polmonare, una delle manifestazioni cliniche della tromboembolia venosa, è inoltre tra le malattie cardiovascolari più frequenti, con un innalzamento del rischio che corre di pari passo con l’età. Una ricerca sviluppata all’università di Göteborg ha individuato un’associazione tra l’indice di massa corporea (IMC) in età adolescenziale e il conseguente rischio di TEV. Lo studio, pubblicato sul Journal of Internal Medicine, è partito dall’osservazione di una popolazione di oltre un milione e mezzo di individui. Nello specifico si trattava di 1.639.838 uomini arruolati per il servizio militare in Svezia nel periodo compreso tra il 1969 e il 2005, dunque poco più che diciottenni al momento della prima registrazione dei dati. Gli anni successivi di vita sono stati “osservati” attraverso i registri di morte e le cartelle cliniche disponibili. «Fino ad oggi – ha spiegato Katarina Glise Sandblad, medico dell’ospedale universitario di Sahlgrenska e primo autore dello studio – l’associazione tra TEV e obesità è stata studiata principalmente nelle popolazioni in cui l’indice di massa corporea viene misurato in una fase avanzata della vita. Ma a quel punto gli individui potrebbero aver già sviluppato malattie legate all’obesità, come alcune forme di cancro o malattie cardiovascolari, in grado di influenzare anche il rischio di trombosi». Secondo il gruppo di ricerca guidato da Annika Rosengren, professoressa di medicina all’Università di Göteborg, la platea solo maschile su cui è stato sviluppato il lavoro non ne rende meno rilevanti i risultati: è probabile, ipotizzano gli autori dello studio,

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L’OBESITÀ GIOVANILE AUMENTA IL RISCHIO DI TROMBOEMBOLIA VENOSA

Studio dell’Università di Göteborg sulla popolazione svedese: cresce il pericolo per chi ha un elevato indice di massa corporea

che i modelli e le associazioni individuati si- dal 1975, raggiungendo il 5,6% nelle ragazano simili per le donne. ze e il 7,8% nei ragazzi, fino al 20% di obeIl pericolo più volte sottolineato è quel- sità infantile raggiunto in molti Paesi. lo di sottovalutare le conseguenze dell’obe«Ecco perché – ha aggiunto Glise sità, che è in costante Sandblad – è semaumento anche tra pre più importante i più giovani. Nel Uno studio pubblicato su The studiarne i rischi a 2016 un’analisi di un Lancet spiega come l’obesità lungo termine». gruppo di scienziati Il meccanismo nei giovani sia aumentata della rete NCD Risk fisiopatologico che Factor Collaboration costantemente dal 1975 ad oggi sorregge l’associa(NCD-RisC) sugli inzione tra l’aumento dici di massa corporea del rischio di TEV e misurati in 200 Paesi ha reso noto che alme- l’obesità non è ancora chiaro. Gli studiosi no il 2,3% degli uomini e il 5% delle donne fanno notare che tra le cause potrebbero si possono considerare gravemente obesi. esserci problemi con l’emostasi, il delicato L’anno successivo, a partire dallo stesso pro- equilibrio che garantisce l’integrità dei vasi getto, un’indagine pubblicata su The Lan- sanguigni e la fluidità del sangue, o la stasi cet ha sottolineato che la prevalenza globale venosa dovuta alle adiposità. Ma è impordell’obesità nei ragazzi di età compresa tra i tante sottolineare che anche gli studi prece5 e i 19 anni è aumentata in modo costante denti hanno dimostrato come l’aumento del


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in un contesto con maggiore possibilità di screening e accesso a misure diagnostiche migliorate rispetto al decennio precedente. Allo stesso modo è possibile ipotizzare che in presenza di obesità gli individui siano a contatto con i medici per patologie metaboliche note e, di conseguenza, abbiano maggiore possibilità di affrontare il rischio tramite una diagnosi precoce. (S. L.).

L’obesità in Italia

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rischio di TEV mediato dall’obesità, se si superiore al livello considerato normale. Tra agisce nella prima fase della vita, può essere gli uomini considerati obesi (IMC compreso abbattuto attraverso una riduzione del peso. tra 30 e 35) il relativo rischio di tromboemLo studio svedese ha preso in carico la bolia venosa è risultato di 2,93 rispetto al popolazione seguengruppo di riferimendola per un periodo to nello studio, cioè In molti Paesi, il livello di follow up medio più del doppio. Ma lo di 28 anni. In questo stesso rischio di TEV di obesità infantile ha spazio temporale per durante il periodo di oltre l’1% dei parte- raggiunto il 20 per cento della follow-up si moltiplicipanti (pari a 18.665 fascia totale di riferimento cava di quasi cinque individui) sono stati volte per gli uomini registrati eventi di con obesità grave. trombosi venosa profonda o embolia pol- Lo studio ha associato l’obesità grave (IMC monare. Dell’intero gruppo di partecipanti, maggiore di 35) a un rischio complessivo di 36.000 uomini rientravano nelle categorie TEV dell’8,4% prima dei 65 anni. dell’obesità e dell’obesità grave, gruppi per Ai fini dell’analisi scientifica contano cui il rischio di tromboembolia venosa è ap- anche il fattore età e il contatto con l’osparso più elevato. Ma il rischio è stato osser- servazione sanitaria. È possibile che, visto vato anche nel gruppo di individui che pos- l’ampio periodo di analisi, parte della poposedevano un indice di massa corporea poco lazione sottoposta a indagine abbia vissuto

dati res noti da PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) sul portale EPICENTRO dell’Istituto Superiore di Sanità dicono che quattro adulti su dieci sono in eccesso ponderale, cioè in una condizione di eccessivo accumulo di grasso corporeo, in genere causato da un’alimentazione scorretta e da una vita sedentaria. Di questi, tre sono in sovrappeso (con un indice di massa corporea compreso fra 25 e 29,9) e uno è obeso (IMC maggiore di 30). La Campania è la regione con la quota più alta di persone in eccesso ponderale. Seguono Molise, Calabria, Sicilia. Una delle valutazioni più interessanti riguarda la consapevolezza della condizione. Le persone in sovrappeso o obese – è evidenziato sul portale di sorveglianza PASSI – sembrano essere poco consapevoli del loro stato di eccesso ponderale e non si percepiscono tali: fra le persone in sovrappeso meno della metà ritiene troppo alto il proprio peso corporeo. Fra le persone obese c’è maggiore consapevolezza, ma quasi una persona su dieci non ritiene che il proprio peso sia troppo alto.

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di Chiara Di Martino

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difficile immaginare una pianta alle prese con provette e reagenti, e in effetti non è un accostamento verosimile. Anche se, in natura, questi organismi sembrano essere chimici straordinari. A differenza degli animali non possono scappare da predatori o da agenti patogeni, né possono sradicarsi per cercare un compagno o diffondere i loro semi. Così, producono sostanze chimiche: tossine per uccidere i batteri, alcaloidi amari per allontanare gli erbivori, nettare dolce e pigmenti seducenti per attirare gli impollinatori o gli uccelli che possono aiutar loro a disperdere i semi. In che modo? Una possibile risposta arriva da un nuovo studio portato avanti da un folto gruppo di scienziati pubblicato sulla rivista BMC Biology che ci sono arrivati studiando l’evoluzione della gardenia, più precisamente Gardenia jasminoides, un arbusto sempreverde con fiori bianchi piantato come pianta ornamentale. Per la prima volta, in questa ricerca, ne è stato sequenziato il genoma, analizzando il percorso dedicato alla biosintesi della crocina, una sostanza chimica dalle sfumature vivaci (è quella che dà allo zafferano la sua caratteristica tonalità tendente al vermiglio) che è anche responsabile delle venature rosso-arancio dei frutti maturi della gardenia. Gli scienziati hanno così identificato i geni coinvolti nella produzione di questa sostanza usandoli poi per creare il composto in laboratorio. Con quale obiettivo? Produrla su larga scala, dal momento che si ritiene abbia proprietà antiossidanti. È infatti da tempo utilizzata nella medicina tradizionale cinese. In particolare, la ricerca ha esplorato le origini della crocina evidenziando il potere di un processo evolutivo chiamato duplicazione tandem del gene, in cui la copia accidentale del DNA offre agli organismi la flessibilità di espandere l’arsenale di strumenti genetici a loro disposizione. È solo un modo in cui le piante possono sviluppare nuove capacità,

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LE PIANTE CHIMICI ECCEZIONALI Sequenziato il genoma della gardenia individuando l’origine della crocina, sostanza dalle proprietà antiossidanti

ma è cruciale. «Il principio importante è che stica di medicina cinese in Cina, affiliato con le piante possono reinventare le cose – ha l’Accademia cinese delle scienze mediche e spiegato uno dei coautori dello studio, Victor il Peking Union Medical College. Con lui a A. Albert, professore di Scienze biologiche al guidare il progetto, Shilin Chen, in servizio College of Arts and Sciences dell’Università presso lo stesso centro, e l’italiano Giovanni di Buffalo -. Possono duplicare alcune parti Giuliano, dell’Agenzia nazionale per le nuodel loro toolkit genetive tecnologie, l’energia co e modificarne lege lo sviluppo economiStudio portato avanti germente le funzioni. co sostenibile (Enea). Quindi supponiamo Nella duplicada un folto gruppo di avere un cacciavite, zione in tandem, un di scienziati pubblicato ma la testa è davvero singolo gene viene gigantesca. Immagisulla rivista BMC Biology replicato per errore niamo di poterlo dudurante la riproduzioplicare e macinarne la ne. Quindi, man mano testa per renderla più funzionale per le viti che una specie si evolve nel tempo, il DNA in piccole, eppure abbiamo sempre anche l’o- eccesso è libero di mutare e assumere nuove riginale per gestire quelle grandi. Ecco cosa funzioni. Nella Gardenia jasminoides, la dustanno facendo queste piante». Un esempio plicazione in tandem ha portato – ed è questa illuminante per comprendere i “trucchi del la conclusione dello studio - all’evoluzione di mestiere” molecolari, una scoperta impor- un gene necessario per la sintesi della crocitante, dice un altro autore dello studio, Jin- na: questa forma di replicazione genetica, tra gyuan Song, del Centro di ricerca ingegneri- l’altro (ed è questa un’altra evidenza della ri-


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Utilità per l’uomo

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«È risaputo che la stessa sostanza chicerca), ha anche permesso a un parente stretto della gardenia - la pianta del caffè Coffea mica può comparire più e più volte in specanephora - di sviluppare geni che produco- cie distanti di piante – ha precisato Giuno caffeina. A questa conclusione si è arrivati liano -. Ma in che modo i geni coinvolti confrontando il DNA delle due piante e di nella biosintesi di tali sostanze chimiche altre. compaiono contemporaneamente in que«Questo è uno dei ste diverse specie? casi in cui vediamo lo Il nostro lavoro non stesso meccanismo Le piante possono duplicare solo descrive per la evolutivo sottostanalcune parti del loro toolkit prima volta il perte che genera questi corso completo della genetico e modificarne duplicati in tandem biosintesi della crocicreando due diversi na in qualsiasi pianleggermente le funzioni percorsi biosintetici di ta, ma anche che il interesse in due piante percorso si è evoluto – aggiunge Albert, che è anche visiting pro- nelle gardenie attraverso la comparsa di fessor alla Nanyang Technological University un solo gene che agisce all’inizio, mentre di Singapore, che ha contribuito soprattutto i successivi erano preesistenti e facevano per la parte di Bioinformatica -. Abbiamo l’autostop per produrla. Questa è un’elecaffè e gardenia, che si sono evoluti da uno gante dimostrazione, a livello biochimico, stretto antenato comune, e in un caso si sono di come la natura riutilizza e adatta meccaformati duplicati in tandem per generare in nismi preesistenti, anziché crearne di completamente nuovi». un caso caffeina, nell’altro crocina».

a crocina si trova non solo nelle gardenie, ma anche nella pianta di crocus, ovvero la pianta dello zafferano. Queste specie non hanno ereditato la capacità di produrre questa sostanza chimica da un antenato comune: hanno fatto evolvere il loro corredo genetico in modo indipendente. Lo stesso è accaduto per i geni della caffeina nelle piante di caffè, tè e cioccolato. «Le piante stanno giocando a molteplici evoluzioni di fitochimici interessanti - ha detto il biologo dell’Università di Buffalo Victor A. Albert - E, naturalmente, tutte queste sostanze sono utili alle piante, probabilmente nella lotta contro i patogeni o nel servire da attrattori per gli insetti». Ma se le piante puntano al proprio bene, i composti che producono possono giovare anche agli umani. L’aspirina, per esempio, è strettamente correlata a un composto trovato nella corteccia di salice; la digossina, usata per trattare i problemi cardiaci, proviene dalla pianta della digitale. Ma è solo un brevissimo elenco, in realtà molto più lungo.

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Il licopene, un’arma contro l’invecchiamento Si trova nel pomodoro, che ha un’azione disintossicante e rigeneratrice di Carla Cimmino

primo tra tutti c’è il potassio (297 mg/100 g), che aiuta l’organismo a combattere la ritenzione idrica, la stanchezza, i crampi, la debolezza muscolare e l’ipertensione; poi c’è il fosforo (26 mg), fondamentale rtaggio originario dell’America del Sud, il pomodoro, è per le ossa e i denti, il calcio (11 mg/100 g) che riequilibra il sistema riconosciuto per il suo colore e le sue proprietà antiossinervoso e persino il mal di testa, il ferro (0,3 mg/100 g), importante danti, che permettono di mantenere la pelle giovane più per combattere l’anemia, lo zinco (0,11 mg) e il selenio (2,3 mcg) che a lungo. Contiene licopene, responsabile del colore rosso, favoriscono la riparazione delle cellule e contrastano l’invecchiamento un antiossidante naturale in grado di proteggere le cellule dall’invecdella pelle, fibre (2%), concentrate nella buccia e nei semi. È anche chiamento, e contrasta la formazione dei radicali liberi causati dallo ricco di vitamine, soprattutto C, utilissima per la produzione dell’estress ossidativo. L’organismo dell’uomo non riesce a sintetizzare il moglobina e dei globuli rossi nel midollo osseo; vitamina A sotto forlicopene e quindi può assumerlo solo attraverso l’alimentazione. ma di betacarotene, vitamine del gruppo B invece, presenti anch’esse, favoriscono il ricambio e l’ossigenazione delle cellule. Alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che la quantità di licopene aumenta nei pomodori cotti e ridotti in Il pomodoro svolge: azione disintossicante salsa, esaltando così il suo potere antiossidante. e rigeneratrice di cellule dei tessuti; stimola la Una ricerca pubblicata sulla rivista Internatioproduzione di collagene; protegge la pelle dalle La pianta appartiene alla nal Journal of Cancer, ha evidenziato che inseradiazioni solari e riduce le iperpigmentazioni. famiglia delle Solanacee rire il pomodoro nella dieta settimanale aiuta L’ istituto di ricerca britannico, Royal Society of a ridurre in maniera importante il rischio di (Solanum Lycopersicum) e ha Medicine, attraverso degli studi ha dimostrato l’ tumore dell’apparato digerente. Un’altra ricerimportanza ed efficacia dei pomodori dal punto ca, condotta dalla Harvard Medical School su grandi proprietà antiossidanti di vista estetico, definendolo un potentissimo 48mila uomini, ha evidenziato che in quelli che anti-age. Chi consuma pomodori, essendo queconsumano alimenti a base di pomodoro più di sti ricchi di acqua e fibre, hanno un miglioradue volte alla settimana, si riduce il rischio di cancro alla prostata. Il mento del transito intestinale e della circolazione linfatica. Oltre ad aspomodoro è povero di calorie, ma ha un buon contenuto di minerasumerlo con l’alimentazione è possibile applicarlo anche direttamente li e oligoelementi, ricco di acqua e vitamine idrosolubili. Contiene il sulla pelle, la vitamina A aiuta a guarire e riparare le cellule danneg94% di acqua, 1% di porteine, 0,2% di grassi, 2,8% di carboidrati giate , essendo un ottimo rimedio anche contro le scottature dovute (fruttosio e glucosio). all’esposizione al sole. Può rivelarsi un ottimo tonico, per la sua azione Una sua caratteristica fondamentale è di facilitare la digestione dei rinfrescante, strofinando qualche fettina sul viso e poi risciacquando cibi che contengono amidi, quali pasta, riso, patate, e di eliminare un con acqua tiepida; un ottimo rimedio per curare la pelle grassa, perché aiuta a contrastare la comparsa di acne, perché contiene acidi organici sovraccarico di proteine, che può essere causato da un’alimentazione che permettono la fuoriuscita del sebo in eccesso; un’ottima maschera ricca di carne. Aiuta anche la digestione per chi ha un processo lento, grazie all’acido malico e all’acido lattico, ed è un ottimo disintossiper il viso con effetto idratante, adatta ad ogni tipo di pelle utilizzancante grazie al contenuto di zolfo. Tra i sali minerali e oligoelementi, dolo da solo oppure accompagnato con yogurt, cetriolo, o avocado.

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SALUTE

ALIMENTI PROBIOTICI E DIFESE IMMUNITARIE

Come gli alimenti possono riequilibrare la flora intestinale garantendone l’equlibrio batterico

di Emanuele Rondina* L’importanza dell’equilibrio batterico intestinale intestino di un individuo sano è popolato in larga parte da differenti ceppi batterici definiti commensali (lattobacilli e bifidobatteri ecc). Questi, formano la flora batterica intestinale, che influenza: il metabolismo di certi nutrienti, la produzione di alcuni neurotrasmettitori (serotonina ecc.) e l’attività e l’espressione di agenti coinvolti nella risposta immunitaria (citochine, linfociti, cellule dendritiche, agenti pro/ anti-infiammatori ecc.). L’influenza degli alimenti sulla flora batterica intestinale I batteri intestinali svolgono quindi, un ruolo indispensabile per un’adeguata funzionalità del sistema intestinale e del sistema immunocompetente. Se però questo

L’

*

Biologo nutrizionista.

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equilibrio viene alterato a causa ad esempio di un’alimentazione non equilibrata (ricca di grassi e carboidrati e povera di fibre), si potrebbe generare una “disbiosi intestinale“, circostanza per cui i batteri positivi per la nostra salute, normalmente presenti in alto numero a livello intestinale, sono pesantemente ridotti a favore di batteri patogeni rendendoci in questo modo, anche più fragili agli agenti biologici aggressivi provenienti dall’esterno (batteri e virus). Riequilibrare la flora batterica con l’alimentazione Per aiutare a riequilibrare la flora batterica con l’alimentazione, è utile inserire degli alimenti “probiotici”, che sulla nostra tavola non devono mai mancare. Tali alimenti sono esempio: • yogurt, • formaggi fermentati, • prodotti da forno derivati dalla pasta acida, • crauti fermentati, • tè kombucha, • miso, • kefir, • tempeh,

• aceto. Tutti questi cibi derivano da una fermentazione batterica e pertanto contengono microrganismi (lattobacilli e bifidobatteri ecc) in grado di portare la flora batterica ad uno stato di eubiosi (equilibrio). Gli alimenti probiotici aiutano quindi a modulare la risposta immunitaria e infiammatoria interagendo a livello dell’intestino, con le cellule epiteliali, le cellule dendritiche e i follicoli linfoidi (placche di Peyer). Gli effetti però non sono solo limitati al lume intestinale ma influenzano anche il sistema immunitario sistemico (di tutto l’organismo). Come i batteri probiotici stimolano il nostro sistema immunitario La particolarità degli alimenti probiotici, è che contengono ceppi batterici appartenenti al genere Lactobacillus, Bifidobacterium ed Enterococcus in diversi studi, hanno mostrato la capacità di agire sulle cellule epiteliali attraverso la stimolazione dei recettori dell’immunità innata i PRRs (Pattern Recognition Receptors) che giocano un ruolo cruciale nelle funzioni chiave del sistema immunitario innato.


SALUTE Batteri intestinali.

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I PRRs riconoscono specifiche molecole dei microbi oppure strutture batteriche chiamate Patterns Molecolari associati ai Patogeni (PAMPs) che includono: • Carboidrati specifici dei batteri (come il lipopolisaccaride/LPS, mannosio); • Peptidi specifici dei batteri (come la flagellina, fattori di allungamento dei microtubuli); • Macromolecole complesse specifiche dei batteri Gram-positivi (come peptidoglicani); • Acidi nucleici (come DNA o RNA batterico/virale); • Molecole specifiche dei funghi (glucano); • Altro (N-formilmetionina, lipoproteine, chitina). I PRRs possono essere classificati in numerosi modi, ad esempio in base alla specificità del ligando, alla loro funzione, localizzazione e/o rapporti filogenetici. In base alla loro ubicazione distinguiamo tra: • PRRs legati alle membrane, che includono i TLRs (Toll-like receptors); • CLRs (C-type lectin receptors). Questi recettori transmembrana, riconoscono determinate strutture tipiche

di patogeni e microbi (PAMPs), una volta che il patogeno entra nel nostro corpo (es. cute o mucosa intestinale dell’uomo) esso è riconosciuto grazie ai TLR inducendo il rilascio di citochine da parte di cellule mononucleate di sangue periferico (PBMC) attivando così le risposte immunitarie delle cellule sentinella. Quali citochinine possono essere stimolate? Le citochine sono proteine multifunzionali che rivestono un ruolo importante nella risposta infiammatoria acuta, le più importanti sono rappresentate da alcune interleuchine (IL-4, IL-6, IL-10, IL-12), Interferone-γ (IFN-γ) e Fattore di Necrosi Tumorale-alfa (TNF-α). L’induzione di alcune citochine, e la loro prevalenza rispetto ad altre, assume notevole importanza per il mantenimento dell’omeostasi immunitaria: L’interleuchina-6 (IL-6): riveste un ruolo importante nella risposta infiammatoria acuta, nell’emopoiesi e nella risposta immunitaria. In particolare la IL- 6 stimola la proliferazione dei linfociti B e, quindi, la

secrezione di immunoglobuline. Il suo ruolo nell’infiammazione, che si esprime attraverso l’effetto inibitorio esercitato su TNF- α, IL-1 e sull’attivazione di IL-10, è importante soprattutto nella cronicizzazione dell’infiammazione, in quanto media il passaggio dallo stadio acuto a quello cronico. Insieme al TNF-α e alla IL-1 la IL-6 forma la triade infiammatoria. L’interleuchina-10 (IL-10): nota anche come Fattore Inibitorio della Sintesi di Citochine (CSIF) ed è prodotta prevalentemente dai monociti. Esprime effetti pleiotropici sull’immunoregolazione, inibisce l’espressione di citochine Th1, antigeni MHC di classe II e di molecole costimolatorie sui macrofagi, aumenta la sopravvivenza e la proliferazione dei linfociti B e, di conseguenza, la produzione di anticorpi. Ha un effetto inibitorio sulla sintesi di citochine proinfiammaorie quali IL-1, IL3, IL-6, TNF-α, IFN-γ, GM- CSF e sulla capacità delle APC di presentare l’antigeIl Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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SALUTE

© Dream79/www.shutterstock.com

ne. Ciò spiega perché nei monociti dei pazienti con asma grave si riscontra una bassa secrezione di IL-10 e IL-12. L’interleuchina-12 (IL-12): ha un’azione sia immunosoppressiva che immunostimolante. La sua azione biologica principale consiste nell’incrementare la risposta immunitaria cellulomediata, stimolando la produzione di IFN-γ e TNF-α da parte di linfociti T-citotossici e cellule NK. Induce inoltre la differenziazione dei linfociti T naive in Th1, evento chiave per i processi di adesione dei patogeni alle mucose intestinali. L’IFN-γ è un potente immunoregolatore della risposta cellulo-mediata. La sua azione si esplica nell’attivazione della presentazione dell’antigene da parte dei macrofagi, nell’aumento dell’attività lisosomiale dei macrofagi stessi, nell’incremento dell’attività delle cellule NK, nell’attivazione delle APC e nel promuovere la differenziazione dei linfociti T naive verso la sottopopolazione Th1. Oltre ad avere una spiccata azione immunoregolatoria, l’IFN-γ possiede attività antivirale aspecifica, inclusa quella verso i virus respiratori e contro vari patogeni intracellulari. I benefici osservati in studi clinici nei quali la somministrazione long-term di probiotici ha ridotto l’impatto della malattia influenzale, in termini di contagio e durata, sono probabilmente da attribuire per la maggior parte all’induzione di questa citochina, le cui concentrazioni erano in questo studio più che triplicate rispetto al basale dopo stimolazione con il preparato in esame. Il TNF-α è la prima citochina ad essere

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rilasciata in seguito ad infezioni virali e batteriche, soprattutto da Gram-, ed è coinvolta nei processi di infiammazione locale, nell’attivazione di cellule endoteliali, nel meccanismo di insorgenza della febbre e nell’induzione di proteine della fase acuta (APP). Dagli esperimenti effettuati si osserva un incremento statisticamente significativo nella produzione di TNF-α. Conclusioni Sempre di più sono le evidenze scientifiche che sostengono l’efficacia dei probiotici nel supportare le nostre difese immunitarie, oltre che il benessere del microambiente intestinale. In particolare i microrganismi probiotici (che includono ceppi batterici appartenenti ai generi Lactobacillus, Bifido-

bacterium ed Enterococcus) presenti negli alimenti citati, sono in grado di modulare le risposte immunitarie per mezzo della stimolazione delle cellule del sistema immunitario. Infatti, grazie anche al legame tra le loro proteine di superficie (SLPs) e i recettori glicoproteici o glicolipidici presenti sulla superficie degli enterociti (le cellule dei villi intestinali), i batteri probiotici, possono promuovere la sintesi di diverse citochine e modulare la risposta immunitaria. Diversi studi hanno mostrato che i microrganismi probiotici hanno diverse proprietà e funzioni, tra cui quelle di: • aderire al tessuto epiteliale dell’ospite; • eliminare i patogeni; • ridurne la capacità di adesione; • produrre acidi, perossido d’idrogeno e batteriocine che impediscono la riproduzione dei patogeni stessi. Stabilizzare la microflora intestinale con la corretta alimentazione, permetterebbe quindi di indurre una specifica risposta da parte del sistema immune, caratteristica di fondamentale importanza al fine di migliorare la risposta immune, sia innata che acquisita. Gli Alimenti Il the kombucha è una bevanda fermentata ottenuta da colture di batteri, funghi e lieviti, aceto di mele e zucchero chiamata SCOBY (Symbiotic Colony of Bacteria and Yeast), dall’aspetto gommoso che, in presenza di ossigeno, attiva il processo di fermentazione. Al termine del processo di fermentazione viene miscelata con due varietà di the (quello nero e quello verde). Questa bevan-

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SALUTE AMBIENTE da è consumata sin dai tempi più antichi in Cina dove le vengono attribuite virtù terapeutiche eccezionali, tali da essere considerata “ miracolosa e curativa”. Il miso È ottenuto dalla lunga fermentazione dei fagioli di soia gialla in acqua e sale marino a volte vengono aggiunti cereali diversi come riso o orzo. Il miso contiene molti microrganismi probiotici quali: Tetragenococcus halophilus e Lactobacillus acidophilus e Enterococcus spp. Per giovare di questa caratteristica, il miso andrebbe mangiato crudo o a temperature inferiori ai 72°C (per evitare che il calore li distrugga), possibilmente lontano dai pasti (onde evitare che gli acidi gastrici li annientino). Il kefir Il Kefir è una bevanda fermentata che contiene numerosi Lactobacillus spp. e Bifidobacterium spp. Si ottiene utilizzando il latte fresco e i fermenti o granuli di kefir, formati da un polisaccaride chiamato kefiran che ospita colonie di batteri in prevalenza mesofili e lieviti in associazione simbiotica. In pratica, la bevanda si ottiene proprio dalla fermentazione del latte. I crauti fermentati sono il risultato della fermentazione del cavolo cappuccio la quale grazie all’acidificazione data dalla fermentazione lattica (produzione di acido lattico), permette la crescita di Lattobacilli quali Lactobacillus plantarum e Lactobacillus brevis. Contengono anche un buon quantitativo di vitamina C, poche calorie (circa 25 per cento grammi di prodotto) e fibre benevole per un buon transito intestinale. Il tempeh è un lavorato della soia gialla fermentata che contene Lactobacillus plantarum e Rhizopus oligosporus. La preparazione del tempè prevede che si ammorbidiscano, riducano in poltiglia e cuociano parzialmente i semi di soia. Successivamente viene aggiunto un composto acidificante (di solito aceto) e un fungo fermentante, lo Rhizopus oligosporus. Il preparato viene poi disteso e messo a fermentare per circa 24 ore a una temperatura di circa 30 °C. Il gusto molto particolare ricorda quello del sottobosco (funghi e noci). La fermentazione ne garantisce la massima digeribilità. È un alimento necessario nell’alimentazione del vegano perché contiene fonti apprezzabili di omega tre e soprattutto di B12 altrimenti

difficile da reperibile. Aceto balsamico L’aceto è il prodotto della trasformazione ossidativa (fermentazione acetica) da parte di microrganismi strettamente aerobi il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di ossigeno di liquidi debolmente alcolici, provocata da microrganismi aerobici del genere Acetobacter e Gluconobacter. La fermentazione ha luogo fra i 20 e i 30 gradi con mosti che abbiano una concentrazione alcolica non superiore al 10-12%, sottoposti ad aereazione stabilendo una situazione in cui i suddetti batteri si sviluppino numerosissimi, formando quella che viene comunemente chiamata la madre dell’aceto.

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LA CORSA VELOCE DELLA SESTA GRANDE ESTINZIONE DI MASSA Un’equipe di scienziati spiega quanto e perché la colpa sarebbe da attribuire all’uomo

di Giacomo Talignani

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he cosa hanno in comune il panda gigante con il piccolo coniglio di fiume? Oppure il bufalo tamarù e la lince iberica? Ognuno di questi animali è fra gli ultimi mille della propria specie. Come loro, altre centinaia di specie si stanno avviando verso l’estinzione, prendendo parte a quella che è stata definita la sesta grande estinzione di massa, che purtroppo corre più veloce del previsto. Soltanto tra il 2001 e il 2014 si sono estinte circa 173 specie, 25 volte più di quanto sarebbe accaduto in condizioni “normali” di estinzione registrate in passato. E se questo sta avvenendo, vale la pena ricordarlo, secondo gli scienziati è in gran parte per colpa è dell’uomo Oggi infatti ci sono oltre 500 specie di vertebrati che sono sull’orlo dell’estinzione, che contano popolazioni con meno di mille individui: la sesta estinzione di massa, viaggiando più velocemente di quanto

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inizialmente previsto, sta portando queste sione che «la conservazione delle specie in pericolo dovrebbe essere elevata a emermeravigliose creature verso la scomparsa. Della costante perdita di biodiver- genza nazionale e globale per i governi e sità nel mondo e degli effetti dell’azione le istituzioni, pari alla crisi climatica a cui è dell’uomo sulla natura, si sono occupati re- collegata» sostengono i ricercatori. Cebalcentemente il messicano Gerardo Ceballos los, Ehrlich e Raven, in particolare, hanno dell’Instituto de Ecología dell’Universidad valutato lo stato di circa 30mila vertebrati Nacional Autónoma de México, Paul R. terresti usando i dati della lista rossa IUCN Ehrlich dell’Università di Stanford e Peter e di Birdlife International. Presenti soprattutto nelle regioni troRaven del Missouri Botanical Garden. In picali e subtropicali, uno studio pubblicaricche di biodiversità, to sulla Accademia nazionale delle scien- Tra il 2001 e il 2014 si sono gli scienziati hanno 75 specie ze americana (Pnas) estinte 173 specie, 25 volte identificato di mammiferi, 335 di hanno raccontato che «il tasso di estinzione più di quanto accadrebbe uccelli, 41 rettili e 65 anfibi che risultano è probabilmente molin condizioni “normali” oggi tutti “sull’orlo to più alto di quanto dell’estinzione”. Alsi pensasse in prececune di queste specie denza e sta erodendo la capacità della natura di fornire servizi avevano addirittura meno di 250 individui rimasti. vitali alle persone». Fra i “meno di mille” si contano per Lo studio ha analizzato le condizioni di 515 specie animali tutte con meno di mille esempio i rinoceronti di Giava, tra i mamesemplari rimasti ed è giunto alla conclu- miferi più rari al mondo, di cui in natura e


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© Marco Govel/www.shutterstock.com

A sinistra, un esemplare di panda gigante. In alto, una lince iberica.

L’introduzione di specie non autoctone, di patogeni, pesticidi, prodotti chimici e inquinamento, oltre a crimini come bracconaggio e commercio illegale, hanno letteralmente sconvolto interi ecosistemi. Per gli autori dello studio è infatti chiaro che “l’estinzione genera estinzione”, tutto è collegato e ciò che «faremo per far fronte all’attuale crisi di estinzione nei prossimi due decenni definirà il destino di © birdiegal/www.shutterstock.com milioni di specie» sostiene Ceballos. «Durante l’intero XX secolo - proseguono i ricercatori - almeno 543 specie di allo stato brado rimangono si crede meno vertebrati terrestri si sono estinte» e si teme di 100 esemplari. Poi ci sono animali curio- che «lo stesso numero di specie si estinguerà si come i vombati dal naso peloso setten- solo nei prossimi due decenni». È una eftrionale, di cui si crede ne restino appena fetto domino, quello legato alle estinzione, 250. Ma anche le rane “pollo di monta- che a catena potrebbe coinvolgere sempre gna”, ormai rarissime nei Caraibi, oppure il più specie. «La stragrande maggioranza famoso kakapo della Nuova Zelanda, gran- circa l’84% - delle specie con popolazioni de uccello incapace di volare, destinato a inferiori a 5mila individui vive nelle stesse estinguersi dato che ne restano poco più di aree delle specie con popolazioni inferiori duecento in natura. a mille. Ciò crea le condizioni per una reE ancora l’alligaazione a catena nella tore cinese, oppure il quale l’estinzione di numbat, noto anche una specie destabilizLo studio ha analizzato come formichiere fal’ecosistema, metle condizioni di 515 specie za sciato, o il leontocebo tendo le altre specie dal sedere rosso. L’ea maggior rischio di animali tutte con meno lenco è davvero lunchiosano di mille esemplari rimasti estinzione» ghissimo. gli autori. «La sesta estinC’è un solo modo zione di massa appaper evitarlo: «Porre irreversibile» scrivono gli autori preoc- re la salvaguardia della natura al centro e cupati e la causa è soprattutto l’uomo. Le agire immediatamente. Se intraprendiamo nostre azioni hanno portato all’attuale crisi subito azioni per ridurre la pressione umaclimatica, alla distruzione e frammentazio- na sulla biosfera, per esempio imponendo ne di habitat, alla perdita di biodiversità. divieti sul commercio di specie selvatiche,

rallentando la deforestazione e allargando la definizione di specie criticamente a rischio a quelle con meno 5 mila esemplari, qualcosa forse potrebbe cambiare».

Un milione di specie potrebbe scomparire

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u circa 8 milioni di specie totali, un milione potrebbe scomparire. «A livello globale il quadro è pessimo: circa un milione di specie viventi rischia di sparire per sempre, processo che potrebbe completarsi entro pochi decenni» ha ricordato di recente l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) citando lo studio dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services che ha fatto il punto sulla scomparsa delle specie. Sempre l’Ispra ci ricorda che «negli ultimi 120 anni l’abbondanza media di specie autoctone nella maggior parte degli habitat terrestri è diminuita di almeno il 20%; dal XVI secolo a oggi almeno 680 specie di vertebrati sono state forzate all’estinzione; oltre il 9% di tutte le razze di mammiferi domesticati si sono estinte e almeno mille razze sono minacciate. La struttura, la composizione, il funzionamento degli ecosistemi di ogni angolo del pianeta, da cui la nostra e tutte le specie dipendono, si stanno deteriorando rapidamente. È rimasto ‘intatto’ solo il 5% degli ecosistemi terrestri e marini della Terra».

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LA LOTTA PER LA CONSERVAZIONE? PASSA DALLO SPAZIO

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a lotta per la conservazione passa dallo spazio. Lassù, a circa 400 km sopra la Terra, le antenne della Stazione spaziale internazionale ricevono messaggi da elefanti, merli che volano sulle case della Finlandia, oche presenti in Veneto, piccoli roditori africani e in futuro persino minuscoli insetti. Dati che ci permetteranno, col tempo, di elaborare strategie efficaci per proteggere gli animali stessi: monitorandoli dallo spazio potremo capire sempre di più su come vivono e si spostano, su cosa servirà per poterli aiutare. Questa estate entra infatti nel vivo il progetto ICARUS (International Cooperation for Animal Research Using Space), una iniziativa internazionale (guidata dalla Germania) che grazie a minuscoli sensori e tecnologie satellitari permette di tracciare e controllare lo spostamento di oltre 800 specie di animali, dai grandi mammiferi ai piccoli uccelli. Darà vita a una sorta di unica rete globale che avrà il compito di raccogliere dati sulla vita del nostro Pianeta ed inviarli alla Stazione spaziale Internazionale (Iss), fornendoci più dettagli su interazioni e migrazioni di numerose specie da proteggere. Il progetto, nato già da qualche anno ma che ora entra concretamente nel vivo, fornirà una serie di cifre e dati che saranno disponibili per migliaia di ricercatori. “I sensori consentono agli animali di essere i nostri occhi, orecchie e nasi nel mondo e stiamo collegando tutto insieme”, ha spiegato Martin Wikelski dell’Istituto Max Planck e direttore del progetto. Le informazioni che verranno raccolte potranno essere utili sia per la conservazione degli animali stessi, sia per la vita dell’uomo, dato che “in futuro useremo ogni animale che vola come un drone meteorologico” ha spiegato

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In estate al via il progetto Icarus, satelliti per controllare gli spostamenti di mammiferi e insetti

Wikelski. “Misurare la temperatura nel Spacewalking del 2018. Quest’estate quemezzo del Pacifico a 20 metri di altitudi- ste tecnologie saranno testate e diventene è impossibile, ma gli uccelli lo fanno ranno operative: si ipotizza che il sistema possono fare”. trasmetterà una gamma di dati molto più Secondo Walter Jetz, ecologista della ampia rispetto alle precedenti tecnologie Yale che collabora di localizzazione, reall’iniziativa ICAgistrando non solo la RUS, “scopriremo posizione di un aniMonitorare gli animali nuovi percorsi mimale ma anche la fidallo spazio permetterà di siologia e l’ambiente gratori, i dettagli sugli habitat e sul circostante. capire come vivono, comportamento delGrazie a trasi spostano e come aiutarli smettitori sempre le specie a cui non abbiamo nemmeno più piccoli (ed ecomai pensato. Sconomici) indossati daperte che ci porteranno a nuove doman- gli animali permetteranno di raccogliere de”. dati sulla crisi climatica in corso, ma anTutto sarà possibile grazie all’antenna che per esempio rintracciare e analizzare e le altre attrezzature tecnologiche piaz- i movimenti degli stormi mentre migrano zate in orbita dagli astronauti russi nello su lunghe distanze, oppure monitorare


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per esempio il singolo movimento di un collari ai trasmettitori, la maggior parte unico uccello in volo. degli strumenti per la localizzazione delIn futuro, addirittura, chiunque po- la fauna selvatica non può essere assotenzialmente grazie a ICARUS potrà ac- ciato ad animali che pesano meno di 100 cedere tramite una app dello smartphone grammi: grazie ai nuovi sistemi e un dea quella che sarà la sign avanzato i nuovi rete o l’internet del dispositivi saranno regno animale, seL’iniziativa internazionale, invece in grado di esguendo un falco opsere applicati a varie guidata dalla Germania, pure una tartaruga, specie, di cui raccoo addirittura un pe- consentirà di tracciare la vita glieranno informasce localizzato dalzioni che vanno dalla stazione spaziale di 800 specie con dei satelliti lo spostamento alla quasi in tempo reale. temperatura, sino Grazie a bio-logger, alla posizione del tag e dispositivi minuscoli capaci di fun- corpo. I sensori costeranno meno di 500 zionare a energie solare, grandi quanto dollari e potranno durare per l’intera vita un’unghia e pesanti meno di tre grammi, di alcuni animali, essere riutilizzati e mepotenzialmente si potrà avere traccia di morizzare centinaia di megabyte di dati. qualsiasi esemplare. Al momento, dai I comportamenti degli animali, forniti in

tempo reale, potrebbero inoltre indicare importanti informazioni anche per la vita di tutti noi. Wikelski per esempio sta portando avanti studi, basati su mucche e pecore allevate in Italia, che potrebbero aiutarci a percepire terremoti o eruzioni poco prima che accadano. Allo stesso tempo, ICARUS potrebbe permetterci di tracciare animali vittime del bracconaggio o altri, come pipistrelli e potenziali animali ospiti di virus, che hanno avuto un ruolo nella diffusione della pandemia. Per Nathan Senner, biologo dell’Università della Carolina del Sud, ICARUS è davvero destinato a “cambiare lo studio sulla migrazione degli animali. Potremmo ottenere stime di localizzazione che sono molto più precise e ci aiuteranno a sviluppare misure mirate per la conservazione”. Uno dei primi studi collegati a questo nuovo progetto, probabilmente, riguarderà gli uccelli. In Europa il 30% degli uccelli canori migratori (circa 420 milioni) sono scomparsi. Wikelski e altri ricercatori del Max Planck Institute stanno taggando 1.200 merli proprio nella speranza di comprendere meglio i motivi alla base della scomparsa e sviluppare strategie di conservazione. Nelle Galapagos invece, i satelliti aiuteranno a comprendere meglio i movimenti delle tartarughe. Infine, fra gli obiettivi dell’iniziativa, c’è quello di permettere a centinaia di biologi, ricercatori e conservazionisti, di ottenere dati e risposte che vadano oltre i confini: le aree protette come i parchi naturali e le riserve sono definite da confini che valgono probabilmente per l’uomo ma non certo per gli animali. Sapere quali confini attraversano potrà incentivare la collaborazione fra Paesi e, su consiglio degli scienziati, laddove è necessario creare così nuove aree e corridoi protetti. (G. T.). Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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QUELLA PASSATA NON SARÀ L’ULTIMA PANDEMIA Con lo sfruttamento della natura e del territorio abbiamo creato le basi per nuove emergenze sanitarie

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ontinuando a sfruttare la natura e la terra abbiamo creato la tempesta perfetta. Quella che ci porterà, dicono gli esperti, a nuove pandemie. L’attuale emergenza legata al Covid-19 non sarà infatti, secondo le stime di diversi scienziati internazionali, l’ultima pandemia. La buona notizia è che lavorando nella direzione della conservazione e della sostenibilità e usando modelli scientifici che ci aiuteranno a prevedere le epidemie, potremmo tentare di arginarle. Ma non sarà semplice. Soprattutto negli ultimi sessant’anni abbiamo costantemente tolto spazi alla fauna selvatica che, di conseguenza, ha imparato a convivere sempre di più con gli esseri umani: togliendo habitat agli animali, si moltiplica dunque il rischio di “spillover” e di salti di virus da diverse specie all’uomo, come avvenuto recentemente per la SARSCoV-2 dai pipistrelli a noi. Recentemente, un pool internazionale di scienziati dell’Università di Liverpool, ha compiuto uno sforzo per sviluppare un sistema di riconoscimento di modelli in grado di prevedere future malattie della fauna

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selvatica che possono rappresentare un ri- ranno una minaccia per la salute dell’uomo schio per l’uomo. Un metodo che potrebbe (e anche degli animali). «Sarà un altro passo per scoprire quaaiutarci a prepararci a nuovi focolai. Per il professor Matthew Baylis dell’Università li malattie potrebbero causare una pandedi Liverpool «negli ultimi 20 anni abbia- mia» ha spiegato lo scienziato di Liverpool. mo avuto sei minacce significative: SARS, Se lavorare su modelli scientifici e matemaMERS, Ebola, influenza aviaria e influenza tici potrà aiutarci a prevedere e intervenire, suina. Abbiamo schivato in parte cinque soltanto cambiando le regole del gioco nel proiettili ma il sesto ci ha colpito» spiega rapporto fra uomo e natura selvaggia potremo però realmenparlando della nuova te mutare quello che pandemia. «Questa Togliendo habitat, sembra un inevitabile non sarà l’ultima pandestino. Dalla deforedemia che affronteresi moltiplica il rischio stazione all’invasione mo, ecco perché dob“spillover”, ossia il salto di habitat ed ecosistebiamo analizzare più da vicino le malattie di virus da animali all’uomo mi, l’uomo ha infatti trasformato il Pianeta della fauna selvatica». riscrivendo in peggio Grazie a un sigli equilibri. stema basato su daPer Kate Jones dell’University Colletabase globali, biologi e ricercatori hanno progettato una sorta di riconoscimento ge di Londra «l’evidenza suggerisce ampredittivo di alcuni modelli legati allo svi- piamente che gli ecosistemi trasformati luppo delle malattie negli animali. Si trat- dall’uomo in ecosistemi con una bassa biota di analisi di migliaia di batteri, parassiti diversità, come i paesaggi agricoli o le piane virus già noti e che potrebbero fornirci tagioni, sono spesso associati ad un aumenindizi per capire quali future pandemie sa- tato rischio umano di numerose infezioni.


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Quindi la perdita di biodiversità può creare ca sono al centro della possibile comparsa paesaggi che aumentano i rischiosi contatti di nuove malattie. Così come lo sono i “wet uomo-natura e aumentano le possibilità che market” asiatici o tutti quei punti di contatalcuni virus, batteri e parassiti si riversWino to uomo-animale che si potrebbero evitare. Prevenire nuove pandemie significa nelle persone». Gli scienziati ricordano come nel 1999 dunque anche «essere costantemente alla in Malesia la diffusione del virus Nipah fos- ricerca di questi punti di incontro e dise proprio collegata all’invasione dell’uo- sporre sistemi in grado di rispondere se mo. Il virus fece il salto dai pipistrelli del- vediamo qualcosa di insolito» chiosano gli scienziati. «Spetta a la frutta ai maiali di tutti noi pensare alle una fattoria costruita che consumiaproprio ai margini Alterando gli ecosistemi, risorse mo e all’impatto che della foresta: i suini l’uomo ha riscritto hanno» sostengono i mangiarono la frutta ricercatori come mocoperta di saliva di gli interi equilbri nito per il futuro. pipistrello, presero il del nostro Pianeta Secondo i dati virus e lo trasmisero del Global Virome poi a circa 250 persoProject gli animali ne, di cui cento morirono. Fu un esempio lampante di come selvatici sono portatori di circa 750mila vil’attività antropica, impossessandosi di spa- rus che potrebbero essere trasmessi all’uozi e confini destinati alla natura selvaggia, mo e negli ultimi quaranta anni, come ha rompendo gli equilibri facilitò la trasmis- ricordato il virologo Dennis Carroll, i salti sione del virus. Ancora oggi, sostengono gli di specie sono duplicati o anche triplicati riscienziati, i rapporti tra aziende agricole e spetto al passato. Con la popolazione umaattività umana e habitat della fauna selvati- na passata da 1,5 a 7 miliardi in poco più

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di un secolo, è logico comprendere come le nostre attività siano entrate sempre più in contatto con quelle della fauna selvatica, aumentando dunque il rischio di pandemie. Ecco perchè, chiosa Carroll, «Il singolo migliore predittore di un evento di spillover è il cambiamento della destinazione d’uso della terra». Infine, ipotizzare nuove pandemie future, significa anche tentare di prevedere dove avverranno. Una mappa pubblicata in uno studio sulla rivista Lancet ci mostra che le zone più a rischio per le future emergenze globali saranno nuovamente quelle ad alta densità di popolazione, o dove l’interazione con la fauna sarà più probabile. Tra queste Cina, estremo oriente e India, ma anche Africa sub sahariana e America centrale e meridionale. Anche secondo l’autore di “Spillover”, David Quammen, “questa non sarà l’ultima pandemia”, ma la scienza ci ricorda che oggi abbiamo una maggiore consapevolezza del problema e possiamo tutti lavorare per invertire l’invasione umana, sulla natura, così ferocemente in atto nell’ultimo secolo. (G. T.). Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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BUONE E CATTIVE ACQUE: IL 60% DI FIUMI E LAGHI È INQUINATO

Lo rivela uno studio di Legambiente, che afferma come nelle nostre aree blu si registrino tonnellate di sostanze chimiche di Gianpaolo Palazzo 54 Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020


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L’Unione Europea ha identificato quarantacinque agenti tossici prioritari che rappresentano un “rischio significativo per l’ambiente acquatico acquatico”

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iumi, laghi, mari e falde sotter- plastici industriali, prodotti per la cura ranee sono stati contaminati da personale, nuovi ritardanti di fiamma e scarichi inquinanti, ma oggi, ci microplastiche. Seppur presenti in picsono nuovi nemici da combatte- cole concentrazioni, possono creare un re, diversi e non meno insidiosi. Il menu “effetto cocktail”, interagendo per molto che si trova nelle pagine del rapporto di tempo tra loro. Legambiente “H₂O - la chimica che in«Servono un sistema di controllo e moquina l’acqua” è lungo: si va dai pesticidi nitoraggio sempre più accurato e uniforme agli antibiotici, dalle microplastiche alle su tutto il territorio nazionale e un’azione creme solari. Come stanno, dunque, le di denuncia degli scarichi illegali. Al connostre acque? Cirtempo, - commenta ca il 60% dei fiumi Giorgio Zampetti, e dei laghi non è in Dal 2007 al 2017 gli impianti direttore generale di buono stato; quelLegambiente - occorindustriali hanno immesso re intervenire sull’ali che si salvano, spesso non vengono 5622 tonnellate di sostanze deguamento e l’amprotetti a sufficienpliamento dei sistemi chimiche nelle acque za. Studiando i dati di depurazione a serdel registro E-PRTR vizio delle attività in(European Pollutant dustriali e promuoveRelease and Transfer Register), l’asso- re investimenti e interventi di innovazione ciazione ambientalista ha calcolato che tecnologica e ammodernamento degli stanel decennio 2007 - 2017 gli impianti bilimenti. Le storie che abbiamo raccolto industriali abbiano immesso, secondo le nel dossier ben ci raccontano le pratiche dichiarazioni date dalle stesse aziende, legali e illegali che tutt’oggi continuano ad 5.622 tonnellate di sostanze chimiche. avvelenare acque, persone e territori. ConL’Unione Europea ne ha identifi- dotte che non sono più tollerabili, specie in cate quarantacinsettori che dovrebbeque prioritarie che ro essere protagonisti rappresentano un una nuova fase di Serve un sistema di controllo di “rischio significatransizione ecologiaccurato e uniforme su tutto ca». tivo per l’ambiente acquatico o proveL’ a s s o c i a z i o il territorio e un’azione di niente dall’ambiente ne ambientalista acquatico” e devono denuncia degli scarichi illegali partendo da Porto essere monitorate Marghera in Veneto, dagli Stati membri. primo sito nazionale Sono due le grandi famiglie, quelle delle da bonificare indicato nel 1998, ricorda sostanze organiche e dei metalli pesanti, poi la Sardegna con l’inquinamento da ma tra gli “emergenti” ci sono migliaia metalli pesanti nella zona industriale di di contaminanti stimati in oltre 2.700 in Portoscuso e quello da sostanze organicommercio e per la maggior parte non che, solventi clorurati e idrocarburi nella regolamentati. Fra questi, fitofarmaci, zona industriale di Porto Torres. In Sifarmaci a uso umano e veterinario, pe- cilia, a Milazzo, Gela, Augusta Priolo e sticidi di nuova generazione, additivi Melilli le aree sono state trasformate dal-

le industrie del petrolchimico. Risalendo la Penisola, possiamo registrare molti Siti d’interesse Nazionale: la laguna di Grado e Marano in Friuli, la Caffaro di Brescia in Lombardia; in Toscana abbiamo Piombino, Livorno e Orbetello, nelle Marche Falconara Marittima, la Valle del Sacco nel Lazio fino ai siti pugliesi di Brindisi, Taranto e Manfredonia. Tutti luoghi dove idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), policlorobifenili (Pcb), metalli pesanti, diossine, pesticidi e idrocarburi hanno costretto molti cittadini a convivere insieme a problemi sanitari, oltre che ambientali. A questo proposito come dimenticare la Campania con la Terra dei Fuochi, l’inquinamento del fiume Sarno e delle falde del Solofra, Tito e la Val Basento in Basilicata, la contaminazione del lago Alaco in Calabria, del lago d’Orta in Piemonte o dell’acquifero del Parco Nazionale del Gran Sasso, in Abruzzo. Si tratta di ferite ancora aperte che il sistema Paese non è riuscito a curare. Possiamo, però, alzare lo sguardo fiduciosi nel futuro con l’ultimo focus del rapporto. Viene citata la ricerca del Dipartimento di chimica, materiali e ingegneria chimica “Giulio Natta”, presso il Politecnico di Milano, sui Polymer Flakes. Sono microparticelle polimeriche personalizzabili le quali, a contatto per pochi secondi con una corrente fluida, consentono di assorbire i pericoli presenti nell’acqua. La polivalenza della tecnologia fa sì che, modificando la chimica superficiale, i Flakes possano rimuovere diverse tipologie d’inquinanti come metalli pesanti, composti organici e sostanze perfluoroalchiliche (Pfas). Le piccole particelle, nate nei laboratori meneghini, saranno poi facilmente rimosse con filtrazioni, cicloni e centrifughe, grazie alle dimensioni comprese tra 30 e 50 μm. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Giù la masche...rina, ma responsabilmente Dall’Enea l’idea di una filiera circolare e Made in Italy per il loro riciclo

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FP1, FFP2, FFP3, DPI. Il Covid-19 ha portato una rivoluzio«Stiamo parlando potenzialmente di 35 - 40 milioni di mascherine che ne nel nostro modo di parlare con l’irruzione del linguaggio devono essere conferite tutti i giorni nei rifiuti indifferenziati e, anche tecnico: dispositivo di protezione per il corpo, semimaschese c’è la possibilità di smaltirli, perché a livello di peso non si tratta di ra filtrante, maschera facciale protettiva monouso etc. Poi, una quantità elevata rispetto a quello che finisce normalmente nell’inperò, le tute, i guanti o la mascherina vanno smaltiti e riciclati. L’Enea, differenziata, l’obiettivo del progetto è quello di trarre un’opportunità Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo ecosostenibile dall’attuale criticità». nomico sostenibile ha proposto una nuova filiera, per le mascherine L’idea è di produrre dei filtri monouso capaci di garantire le caad uso civile, dalla produzione al riciclo. ratteristiche che attualmente hanno le mascherine chirurgiche, comParole d’ordine economia circolare ed ecodesign, come conferposti da un solo materiale, «in particolare polipropilene che presenta ma Claudia Brunori, responsabile della Divisione per l’uso efficiente le prestazioni migliori in termini di traspirabilità e filtrazione. I filtri delle risorse e chiusura dei cicli, Dipartimento sostenibilità dei sistemi andrebbero poi inseriti in mascherine lavabili e riutilizzabili. Quindi, produttivi e territoriali: «Si tratterebbe di una filiera completamente filtri senza elastico e nasello, ma inseriti in una mascherina fissa, non nuova, ma necessaria sia per motivi sanitari sia ambientali, perché conusa e getta». Una volta usati, potrebbero essere conferiti in punti di tribuirebbe ad evitare il rischio di dispersione di raccolta «come quelli dei farmaci scaduti magari mascherine nell’ambiente, oltre ad essere un’oppresso farmacie o supermercati o in altri luoghi. Il progetto è quello di trarre Contenitori smart che siano in grado di riconoportunità di buona pratica di lavoro e riconversione delle attività produttive». scere il filtro, sanificarlo e contabilizzarlo assoun’opportunità sostenibile La prima sfida è quella di pensare ai prociandolo a chi lo ha conferito, affinché si possadotti e alla loro efficacia nella capacità di filtra- dall’attuale periodo di criticità no elaborare anche forme d’incentivazione per zione e traspirabilità, dato che sono indossati il corretto smaltimento rivolte al cittadino come, legato al coronavirus anche per molto tempo. «I materiali che di per esempio, bonus per l’acquisto di nuove manorma vengono utilizzati nelle mascherine chischerine. Ci vuole, infine, il coinvolgimento del rurgiche - spiega la Brunori - sono dei polimeri plastici, polipropilegestore rifiuti nella filiera, il tutto deve arrivare all’impianto di riciclo. ne, poliestere, polietilene. Poi c’è l’elastico, il ferretto per stringere la Lo stesso polimero utilizzato per il filtro potrebbe essere riutilizzato mascherina sul naso. Quindi, ci possono essere una serie di materiali per produrre altri filtri o altri materiali in tessuto non tessuto (Tnt) che che rendono il successivo riciclo economicamente non sostenibile. rientrerebbero nel ciclo produttivo». In collaborazione con “RadiciL’unica possibilità di smaltimento, stando pure a quelle che sono le Group”, una realtà a livello internazionale nel campo di poliammidi, indicazioni, è di conferire tutto nell’indifferenziato. Non è possibile fibre sintetiche e tecnopolimeri, Enea vorrebbe partire da un primo una valorizzazione». Secondo elaborazioni Ispra, l’Istituto superiore progetto pilota nella zona di Bergamo - Brescia. «La stessa tipologia di per la protezione e la ricerca ambientale la produzione complessiva organizzazione - conclude Brunori - potrebbe essere allargata ad altri di rifiuti derivanti dall’utilizzo di mascherine e guanti, fino alla fine territori o filiere. Occorrono i finanziamenti, ma nel momento in cui del 2020, sarebbe approssimativamente ricompresa tra le 160.000 c’è la volontà di partire a livello istituzionale, si può realizzare in breve e le 440.000 tonnellate, con un valore medio di 300.000 tonnellate. tempo».(G. P.).

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Parco archeologico di Egnazia (Fasano, Brindisi).

Turismo a due passi da casa La guida di Touring Club e Legambiente per le vacanze italiane

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l coronavirus è stato un salasso per l’economia italiana. SoQualche esempio? La Val Trebbia di Hemingway in provinprattutto per il settore turistico che, con l’arrivo della bella cia di Piacenza. Si narra che qui, il famoso scrittore, attraversando stagione, ha registrato una valanga di prenotazioni cancellate. questo territorio nel 1945, in qualità di giornalista al seguito di una Il Touring Club Italiano e Legambiente non si arrendono colonna motorizzata di truppe alleate, lo definì la “valle più bella alle prospettive assai fosche di un’estate grama e hanno lanciato la del mondo”. Non si sa se sia vero, ma l’itinerario mette in luce una guida “Vacanze italiane” con 200 mete a due passi da casa. delle zone meno note e più affascinanti dell’Emilia-Romagna. La Se il Covid-19 ha imposto mascherine, distanziamento sociale partenza è da Bobbio, borgo medioevale Bandiera arancione noto e concerti a numero chiuso, si può tuttavia puntare su scoperte inaper l’Abbazia di San Colombano e il Ponte Vecchio che. Si prosespettate. Secondo le due organizzazioni italiane, tanti viaggiatori, gue poi per Brugnello, meglio conosciuto come “il Borgo degli Arcostretti a fare a meno dei viaggi all’estero e dei luoghi di aggretisti”, con la sua terrazza panoramica sulla valle. Il tour si conclude gazione più tradizionali, potranno provare a scoprire la vacanza al Castello di Momeliano, una struttura dell’anno 1000 affacciata della porta accanto, quel parco di cui tutti ci parlavano e dove non sulle vigne della Val Luretta. siamo mai stati, quel posticino a poche decine di chilometri che ci Altra regione, altro itinerario. Un percorso ideale per viansi era sempre proposti di andare a visitare, ma danti e amanti delle due ruote è la Via Trache poi veniva sempre superato nella scelta da iana, che in Puglia attraversa la Piana degli Proposte 200 mete mete più blasonate o più esotiche. ulivi secolari. Inserita negli itinerari ciclabili Sono state selezionate proposte di vacanche potrebbero far scoprire di lunga percorrenza, di recente è stata ricoze attive su distanze brevi. “Non solo paesagnosciuta parte della Via Francigena del Sud, luoghi inaspettati e inusuali ossia la prosecuzione dell’antico tracciato gi da vedere – fanno sapere il Turing Club e Legambiente – ma territori da pedalare, da che, con partenza da Canterbury, dalla città ai visitatori camminare, da percorrere a cavallo, a dorso eterna giungeva fino a Brindisi. Lungo il tradi mulo o in canoa. E soprattutto luoghi da gitto si attraversano due aree naturali protette gustare. Per tutte le età e per tutti i fisici, abbiamo scelto tra le (il Parco delle Dune Costiere e la Riserva di Torre Guaceto) dove è migliaia di occasioni di vacanza che il nostro Paese è in grado di possibile visitare frantoi ipogei di epoca romana, bizantina e tardo offrire, con i consigli di operatori qualificati e attenti ai temi della medioevale, un dolmen di 4000 anni fa, la città romana di Egnazia sostenibilità e del rispetto dell’ambiente”. e numerosi insediamenti rupestri con affreschi di monaci basiliani. Ne è venuto fuori un bouquet variegato, suddiviso per regioIl percorso raggiunge il porto di Brindisi, da dove ci si imbarcava ni, che racconta di cammini e pedalate, di affascinanti percorsi per l’Oriente fino a Gerusalemme. Lungo il percorso è possibile nell’entroterra e di trekking in quota, di percorsi ombrosi fra cacontattare servizi per visite guidate, noleggio bici, escursioni tra gli scate e abbazie o assolati nelle campagne che odorano di paglia e oliveti, degustazioni in masseria e visita ai centri abitati di Ostuni, letame. Sono vacanze che possono essere fatte nel rispetto delle Monopoli, Fasano, Cisternino, Carovigno e Brindisi. prescrizioni sanitarie, ma che permettono di godere della cordialità Per tutte le altre mete, basta visitare i siti internet www.tourine dell’ospitalità che caratterizza il nostro Paese. gclub.it o www.legambiente.it. (F. F.) Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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INNOVAZIONE

RICERCA E INNOVAZIONE: SFIDE DI UN COORDINAMENTO A REGIA NAZIONALE Nasce l’Agenzia Nazionale per la Ricerca, ma la sua effettiva capacità di dare risposte dipenderà dalle scelte organizzative e operative di Ines Di Paolo*

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Italia ha recentemente istituito una propria Agenzia Nazionale per la Ricerca allo scopo di rendere più competitivo il nostro Paese. Una buona scelta senza dubbio, anche perché è stata superata la forte connotazione politica data all’Agenzia nel primo disegno di legge discusso in Parlamento. Con l’Agenzia si auspica di ridurre i problemi derivanti dall’eccessiva parcellizzazione della gestione della ricerca e del suo finanziamento, visto che ad oggi ben 7 ministeri sostengono il funzionamento di università e altri enti di ricerca da essi vigilati (22 in tutto) ed erogano finanziamenti contrattuali. Ad essi vanno aggiunte altre strutture (come il Consiglio Nazionale della Ricerca, l’Istituto Superiore di Sanità, ecc.), mentre anche le Regioni sostengono la ricerca e l’innovazione, pur se con un impegno minore, attraverso procedure competitive e la copertura di spese istituzionali di alcune proprie strutture di ricer-

*

CREA – Politiche e Bioeconomia.

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ca e divulgazione. Bisogna considerare che di ricerca e innovazione, attraverso una il nostro sistema di ricerca e innovazione gestione di fondi basata sulla valutazione e è notoriamente sotto finanziato, gli inve- sul finanziamento dei progetti migliori in stimenti nel settore sono infatti al di sotto modo indipendente dalla politica. Quasi tutte le Agenzie straniere, private dell’1,5% del PIL, contro una media UE del 2%. Tale stato di cose determina, tra o pubbliche che siano, finanziano sia ricerl’altro, il fenomeno della “fuga di cervelli” ca di base che applicata, mediante bandi a all’estero, che costa al Paese circa 14 mi- tema libero o programmi strategici, incenliardi di euro all’anno. Secondo l’ISTAT, tivando anche le partnership pubblico-prinel 2017 sono emigrati circa 33 mila diplo- vate, l’interdisciplinarietà e il networking fra scienziati. Si tratta generalmente di enti mati e 28 mila laureati. La ciclica difficoltà della finanza pub- con un budget autonomo, gestiti da mablica di sostenere il sistema della ricerca ha nager della ricerca e consiglieri scientifici. dato origine a vari tentativi tesi a rendere il L’organo direttivo con funzioni strategiche, in cui è rappresentato sistema più efficiente, il mondo degli scienefficace, sostenibile e socialmente accet- Si auspica che tra i compiti ziati (anche stranieri) insieme talvolta a tabile. Una maggiore dell’Agenzia ci sarà quello equello degli operatori efficienza porterebbe a migliorare anche lo di ridurre la parcellizzazione economici, è di solito affiancato da un orsquilibrio tra quandel settore della ricerca gano scientifico con to l’Italia versa come funzioni consultive e contributo al bilanoperative. cio per la ricerca e L’Agenzia italiana sarà una struttura innovazione dell’Unione Europea (circa l snella (34 unità di personale) che opererà 12,5%) e quanto ne riceve (solo l’8,7%). Diversi Paesi nel mondo vantano e fi- con un budget annuo di 25 milioni di euro nanziano proprie Agenzie nazionali per la nel 2020, di 200 nel 2021 e di 300 dal 2022. ricerca (es. USA, Regno Unito, Finlandia, Sarà vigilata dalla Presidenza del Consiglio Svizzera, Germania, Francia, Spagna) de- dei Ministri e dal Ministero dell’Università putate a coordinare le attività dei sistemi e della Ricerca e sarà guidata da esponen-


INNOVAZIONE AMBIENTE

Lo scopo è di promuovere partnership pubblico-private, interdisciplinarietà e networking fra scienziati. Sono enti con un budget autonomo, gestiti da manager della ricerca e consiglieri scientifici

Presidente del Consiglio e presiede il Comitato direttivo, i cui 8 componenti sono nominati sia dal mondo politico (ossia dai ministri di MIUR, MiSE, Ministero salute e Ministero innovazione) sia da organizza© G-stock studio/www.shutterstock.com zioni universitarie (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e Comitato Universitario Nazionale) e di altri enti ricerca ti del mondo della ricerca per coordinare (Consulta dei Presidenti degli Enti Puble attività di poli universitari e altri enti blici di Ricerca) e da strutture scientifiche di ricerca e innovazione verso obiettivi di (Accademia nazionale dei Lincei). eccellenza, di maggiore integrazione interIl Direttore e i membri del Comitato nazionale, promuovendo anche collabora- dovranno essere scelti tra 25 studiosi di zioni con il sistema economico-produttivo. riconosciuta esperienza (anche stranieri) Il suo intervento sarà duplice: da un lato e di diverse aree disciplinari, preventivapotenzierà il finanziamento alle attività di mente selezionati da una commissione di università e centri di ricerca italiani per valutazione altamente qualificata. Anche renderli più indipendenti dai bandi co- i 5 membri del Comitato scientifico, che munitari, dall’altro curerà il raccordo dei vigilano il rispetto dei principi di libertà progetti italiani con quelli della ricerca so- e autonomia della ricerca e forniscono vranazionale, soprattutto europea. consulenza all’organo direttivo, sono noA tal fine, l’Agenzia finanzierà solo minati (dal Direttore) all’interno di una progetti, privilegianrosa di 25 esperdo quelli coerenti con ti preventivamente le priorità strategiche selezionati da una delle politiche gover- Gli investimenti nel settore commissione di vanative e selezionansono al di sotto dell’1,5% lutazione. La scelta doli “secondo criteri istituire un’Agendel Pil, contro una media di e procedure conformi zia nazionale della europea del 2% alle migliori pratiche ricerca è certamente internazionali”, in positiva, ma l’impatmodo da premiare to sul nostro sistema l’eccellenza e il merito. La legge di bilancio di ricerca e innovazione dipenderà dalle 2020 che istituisce l’Agenzia, contiene an- successive scelte organizzative e operative che alcune disposizioni relative alla sua go- che saranno adottate per il suo funzionavernance, che riprendono l’impostazione mento. In realtà, un’efficace ed efficiente di agenzie omologhe già esistenti all’estero, governance del sistema di ricerca e innorese più o meno indipendenti dalla politi- vazione nazionale dovrebbe partire dalla ca. In particolare, il Direttore è scelto dal constatazione che i vari ambiti a cui esso

offre il proprio supporto hanno peculiarità, strutture, problemi ed esigenze completamente differenti. Non esiste pertanto un solo sistema nazionale della ricerca, ma vari sistemi, ciascuno da considerare in funzione delle sue specificità. Cosi, per ambiti come turismo, agro-alimentare e pesca può essere cruciale sostenere la ricerca applicata-sperimentale e le attività di divulgazione di enti distribuiti e di servizio ai territori, piuttosto che supportare soltanto la conoscenza di eccellenza o la competizione con la produzione scientifica internazionale o la capacità di aggredire i fondi europei. Secondo questa visione multipla, l’Agenzia dovrebbe organizzarsi per poter offrire ricette differenti, magari strutturandosi in settori su grandi aree di ricerca (es. ambiente, energia, salute, cultura, agricoltura, ecc.) e promuovendo collaborazioni tra i vari soggetti interessati, non solo a livello internazionale e nazionale, ma anche con le Regioni. È anche questo il senso della parola chiave “coordinamento,” ossia quello di una governance forte e unitaria in grado di mettere a sistema le tante realtà di ricerca e sperimentazione esistenti nei territori. L’obiettivo è “fare rete”, evitare sovrapposizioni e lacune di ricerca, favorire la compartecipazione istituzionale, promuovere progetti e partenariati di ricerca e innovazione su problematiche multisciplinari, sostenere imprenditori che siano alla ricerca di soluzioni per problemi concreti. In questo modo si assicura anche l’incontro tra domanda e offerta di ricerca e innovazione, tema oggi particolarmente sensibile. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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INNOVAZIONE

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Super produzione di flavonoidi? Ora si può Ecco una migliore tecnologia per estrarre i composti degli agrumi

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flavonoidi sono il gruppo più comune e presente di compore inferiori rispetto al punto di ebollizione, che genera microamsti fenolici nella pianta; in particolare, si trovano nelle celbienti caratterizzati da temperature locali elevatissime e intense lule vegetali addette alla fotosintesi. Sono parte integrante onde di pressione e getti idraulici, «capaci di intensificare una della dieta umana e animali, ma non possono essere sintetizserie di processi fisici, chimici e biochimici in modo efficiente e zati da quest’ultimi. Quelli presenti negli animali sono di origine verde. Nessun’altra tecnologia consente di estrarre, in appena 10 vegetale anziché essere bio- sintetizzati in situ e i più abbondanti minuti e 120 litri di sola acqua, fino al 60% dei flavonoidi presennei cibi sono i flavonoli. Quelli presenti negli alimenti sono reti in 42 kg di bucce di arancia e di concentrarli stabilmente sulla sponsabili del colore, del gusto, della prevenzione dell’ossidaziopectina» ha concluso Meneguzzo. ne dei grassi e la protezione delle vitamine ed enzimi. Federica Zabini di Cnr- Ibe fa osservare che: «La pubblicaUno studio coordinato da ricercatori del Cnr del HCT- Agrizione su Processes offre poi una review degli studi indirizzati verfood Laboratory dell’Istituto per la bioeconomia e dell’Istituto so l’individuazione di composti bioattivi naturali con proprietà per lo studio dei materiali nanostrutturati, dal titolo “Review of preventive o terapeutiche, in base al presupposto che la risposta Evidence Available on Hesperidin- Rich Product sas Potential del sistema immunitario individuale sia efficace contro l’insorTools against Covid-19 and Hydrodynamic genza e il progresso di Covid- 19. A partire Cavitation – Based Extraction as a Method dai modelli computazionali teorici, che indiof Increasing Their Production”, pubblicato La ricerca, condotta dal Cnr cano in particolare il flavonoide esperidina dalla rivista Processes, oltre ad analizzare gli come una delle molecole con maggior affiè stata pubblicata studi sul ruolo dei flavonoidi presenti nelle nità di legame con i recettori di Sars- Cov- 2 sulla rivista internazionale presso le cellule epiteliali polmonari, e il flabucce degli agrumi rispetto all’insorgenza dell’infezione causata dal virus Sars- Cov-2 vonoide naringina come una tra le molecole Processes e delle sovra-reazioni del sistema immunitapiù efficaci nella regolazione delle risposte rio, propone un metodo per la produzione del sistema immunitario, sono ora in fase di su vasta scala di estratti liquidi e compresse ricche in esperidina, avvio anche studi in vitro e clinici, per verificarne l’effettiva canaringina e altri flavonoidi e oli essenziali degli agrumi. pacità terapeutica e preventiva». La ricercatrice ha aggiunto: «Se Francesco Meneguzzo del Cnr- Ibe, primo autore dello stutali studi in vitro e clinici confermassero il valore in tal senso dei dio ha dichiarato: «Le virtù delle bucce degli agrumi erano già flavonoidi concentrati nelle bucce degli agrumi, il Cnr dispone emerse con le esperienze di estrazione a cavitazione idrodinamica di una tecnologia efficace ed efficiente per la loro estrazione già da cui abbiamo ottenuto estratti ricchi di flavonoidi, oli essenziasperimentata con l’estrazione di composti bioattivi dalle bucce di li e pectina. Liofilizzando la pectina, si è poi scoperto che vi si arancio e limone e saremo pronti a offrire tale competenza per concentra la maggior parte dei composti bioattivi, ottenendo una sviluppare sistemi di produzione di estratti liquidi o compresse polvere con notevoli effetti antiossidanti, antibatterici e priva di di pectina su vasta scala. Coniugando naturalmente i flavonoidi tossicità». La cavitazione è una tecnica di formazione, accrescialla pectina, si ha una superiore biodisponibilità dei flavonoidi mento e implosione di bolle di vapore in un liquido a temperatustessi». (P. S.).

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INNOVAZIONE

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Una goccia che diventa uno spettrometro Nuovi orizzonti per la spettroscopia e il sensing biochimico

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ricercatori dell’Istituto nazionale di ottica del Consiglio na• Ad assorbimento: quando la luce emessa da una sorgente, zionale delle ricerche di Pozzuoli hanno ideato e dimostrato passa per un gas a bassa pressione. Esso consente di identificare la un metodo unico e innovativo per l’analisi spettrochimica dei natura chimica di una sostanza allo stato però gassoso. materiali che si basa sull’evaporazione di una goccia di liqui«L’analisi spettrochimica è fondamentale per tutte le discido poggiata sulla punta di una fibra ottica attraversata dalla luce. pline scientifiche e per innumerevoli applicazioni industriali, ma Tale tecnica rende possibile individuare e quantificare la presenza nella maggior parte dei casi richiede strumentazioni di laboratorio di specifiche molecole in un campione, grazie alla traccia impresingombranti e costose» ha affermato Gianluca Gagliardi, ricersa nella radiazione che lo attraversa o ne viene riflessa. I risultati catore del Cnr- Ino responsabile della sezione di Napoli. Inoltre, dell’esperimento, pubblicati su Nature Communications, permetha aggiunto che «L’esperimento condotto al Cnr- Ino mostra che tono la realizzazione di un nuovo tipo di spettrometro automatico, tale analisi può essere realizzata dal più semplice dei sistemi miminiaturizzato ed economico, che apre nuovi scenari nell’ambito crofluidici: una goccia sulla punta di una fibra ottica. La radiaziodelle applicazioni per la spettroscopia e il sensing biochimico. ne da investigare, inviata attraverso la fibra ottica, viene riflessa La spettroscopia, in fisica, indica la misurazione e lo studio prima dall’estremità della fibra e poi dalla superficie della goccia. di uno spettro elettromagnetico. Uno struLa sovrapposizione delle due retroriflessioni mento che permette di misurare uno spettro all’interno della fibra genera così un segnale Lo studio è dell’Istituto viene chiamato spettrometro. In seguito alla di interferenza. Poiché la superficie della gocscoperta della natura ondulatoria della luce, cia recede durante l’evaporazione del liquido, nazionale di ottica del il termine spettro venne riferito all’intensità il segnale di interferenza cambia nel tempo Consiglio Nazionale delle e, dalla sua variazione, può essere ricavata della luce in funzione della lunghezza d’onda o della frequenza. La spettroscopia è la scienl’informazione sullo spettro elettromagnetico Ricerche di Pozzuoli za della misurazione dell’intensità della luce a della radiazione incidente tramite un procedidiverse lunghezze d’onda. Le rappresentaziomento matematico quasi istantaneo». ni grafiche di queste misurazioni sono chiamate spettri. Esistono 3 Pietro Malara, ricercatore del Cnr- Ino presso la città partetipi di spettri: nopea, ha spiegato: «L’apparato goccia- fibra descritto è analogo • Ad emissione continua: studiando la radiazione ottenuta ad un interferometro a braccio mobile, che è l’elemento chiave dei scaldando un corpo nero si otterrà uno spettro continuo che condiffusissimi spettrometri in trasformata di Fourier. Ma in questo tiene tutte le onde elettromagnetiche esistenti, poiché in esso non caso il motore della scansione è la spontanea evaporazione del livi sono interruzioni tra una radiazione e l’altra. quido. La semplicità del sistema e l’assenza di parti meccaniche in • Ad emissione a righe o bande: si ottiene usando come sormovimento permettono di realizzare uno spettrometro miniaturizgente un gas rarefatto ad elevata temperatura. Lo spettro che ne deriva zato con costi contenuti, robusto e capace di operare automaticanon è continuo ma a righe o bande. Gas con diversa composizione mente in assenza di sorgenti di energia. La tecnica dimostrata apre danno diversi insiemi di righe caratteristiche, per questo motivo esso è dunque un nuovo orizzonte per le applicazioni dell’analisi spettroutile per identificare la composizione chimica di un gas. chimica». (P. S.). Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Finestre illuminate da fonti organiche Parte il progetto Oledwind con l’Enea e una società privata di Felicia Frisi

estrema versatilità in termini di design, in sintonia con l’approccio alle nuove produzioni industriali del “Made in Italy”. Oledwind «consentirà di realizzare finestre intelligenti che di idurre la bolletta energetica, salvaguardare l’ambiente e migiorno svolgeranno il normale compito di far entrare la luce naturagliorare l’estetica di un’abitazione con materiali economici le, mentre dal crepuscolo in poi, grazie agli Oled inseriti nel vetro, e sostenibili sono sempre stati obiettivi difficilmente ragmanterranno il livello desiderato di luminosità negli ambienti», spiegiungibili congiuntamente. Ma la ricerca e l’innovazione ga Maria Grazia Maglione, ricercatrice del Laboratorio Nanomatedell’Enea che spesso collabora con aziende private, in questo caso la riali e dispositivi nel Centro ricerche Enea di Portici (Napoli). campana Materia srl, dà risultati futuristici, che contrastano sprechi Le persone passano gran parte del proprio tempo all’interno di e inquinamento. edifici nei quali la luce naturale contribuisce solo in minima parte Con il progetto Oledwind, i due attori dell’innovazione, intenall’illuminazione necessaria. In generale, abitazioni, luoghi di lavoro, uffici pubblici e scuole utilizzano sorgenti luminose artificiali, dono sviluppare innovative sorgenti luminose organiche, gli Oled (Organic light emitting diode), da integrare in finestre per illumicome lampade a fluorescenza (neon) e Led, che raramente replicano nare gli interni degli edifici in assenza di luce il contenuto spettrale e di intensità della luce naturale. Grazie anche all’impiego di materiali naturale. Ciò, sostengono all’Enea, ha conseLa tecnologia Oled economici e sostenibili, i nuovi dispositivi conguenze sul benessere abitativo e sulla salute desentiranno di ridurre il costo per l’illuminaziogli occupanti, specialmente in caso di presenza (Organic light emitting ne e di migliorare il benessere abitativo delle prolungata in tali ambienti. diode) sviluppa sorgenti persone. Il progetto ha ottenuto un finanzia«Da qui la necessità di ripensare le modalità mento di 46.500 euro dal programma “Proof di illuminazione degli ambienti di vita – aggiunluminose organiche of Concept” messo in campo dall’Enea per lo ge Maglione – impiegando nuovi tipi di sorgenti sviluppo e il trasferimento tecnologico all’inluminose che siano più simili alla luce naturale, dustria. cioè producano luce diffusa, non siano abbaglianti, abbiano un conteLa tecnologia Oled si configura come l’evoluzione dei metodi nuto spettrale eventualmente regolabile, ma che siano anche efficiendi illuminazione per ambienti chiusi, grazie alle peculiari caratteriti, cioè a basso consumo, costino poco, utilizzino materiali facilmente stiche dei dispositivi, come grande area di emissione luminosa con reperibili e sostenibili, ma anche biodegradabili e che a fine vita siano generazione di luce diffusa, dispositivi sottili e leggeri, elevata effifacilmente gestibili e riciclabili, quindi ecocompatibili». cienza, ampia possibilità di regolare il colore della luce emessa, dissiNella prima fase del progetto, la ricerca sarà focalizzata sullo svipazione termica che non necessita di dissipatori di calore aggiuntivi luppo di prototipi Oled semitrasparenti che prevedono l’impiego di materiali e processi a basso impatto ambientale ed ecosostenibili, per e dunque bassa temperatura di funzionamento, possibilità di essere il loro possibile utilizzo in finestre intelligenti per l’illuminazione di realizzati con processi a basso costo e su substrati flessibili, trasparenza, con la possibilità di realizzare forme e geometrie qualsiasi. A interni. In una seconda fase saranno incrementate l’area emissiva e le questo proposito, dal punto di vista del design, gli Oled permettono prestazioni generali dei dispositivi, inclusa la stabilità nel tempo.

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Patto green per la Capitale Una partnership pubblico-privata per la gestione sostenibile dei rifiuti

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oma, città più bella del mondo. Roma, città ricca una gestione in chiave sostenibile e circolare dei rifiuti in condi storia. Roma, città del sole. Le lodi alla Capitadivisione con gli attori pubblici e privati del territorio. L’anale d’Italia non sono mai abbastanza. Come, tuttavia, lisi si focalizzerà sull’attuale contesto nella città metropolitana le osservazioni sulle sue criticità. Su quest’ultimo e su alcune realtà particolarmente virtuose nel resto d’Europa. aspetto, l’Urbe sconta un’elevata concentrazione abitativa, olNell’ambito del Protocollo è inoltre previsto l’avvio attivitre 2milioni e 800mila abitanti iscritti all’anagrafe della città, tà di supporto alle aziende locali, con particolare riguardo alle con circa 2milioni di pendolari che arrivano quotidianamente piccole e medie imprese, con l’obiettivo finale di incrementardall’hinterland (fonte: Roma Capitale). ne competitività e circolarità, per ottenere vantaggi economiCon queste coordinate, offrire servizi al cittadino diventa ci, ambientali e sociali. un processo articolato e con diverse criticità, come nel caso «La nascita di una partnership pubblico-privato – ha sotdella gestione dei rifiuti. La città di Roma produce quotidiatolineato il Presidente ENEA Federico Testa – in un settore namente circa 4.600 tonnellate di rifiuti: 2.000 tonnellate sono sfidante quale è l’economia circolare e, in particolare, la gecostituite da materiali raccolti in modo differenziato e avviati stione sostenibile dei rifiuti consente di ottimizzare le possibili a recupero mentre le restanti 2.600 tonnelsinergie ed è quindi un segnale molto polate sono invece rifiuti indifferenziati. sitivo. Questo protocollo si inserisce nella Roma produce Al riguardo, pochi giorni fa è stata vanostra Knowledge Exchange Strategy di rata un’alleanza green fra ricerca pubblica quotidianamente circa 4.600 supporto e collaborazione con le impree impese private per un approccio innose per lo sviluppo di tecnologie, processi, tonnellate di rifiuti, di cui progetti e servizi innovativi. Nel campo vativo e sostenibile alla transizione verso l’economia circolare. È quanto prevede il dell’economia circolare, come ente guida 2.000 “differenziate” protocollo d’intesa firmato dai presidenti del settore, ENEA mette a disposizione le dell’Enea, Federico Testa, della Camera di proprie competenze tecnologiche per conCommercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, e di Unindustria, tribuire alla definizione di un modello territoriale di gestione Filippo Tortoriello, per l’avvio di una partnership per prodei rifiuti basato su un approccio integrato condiviso anche muovere l’uso efficiente delle risorse, a partire da una gestione con le istituzioni, le aziende e la società civile del territorio di sostenibile dei rifiuti sul territorio di Roma. Roma». In particolare, sarà avviato il progetto “Scenario per una «I 17 obiettivi dell’agenda 2030 – ha sottolineato, durante gestione sostenibile e circolare dei rifiuti urbani di Roma Cail suo intervento, il Presidente Lorenzo Tagliavanti – ci dicono pitale” per individuare un modello innovativo, basato sull’utichiaramente che la crescita economica futura o sarà sostenibilizzo delle migliori tecnologie disponibili e sul coinvolgimento le o non sarà crescita. E tutti i più recenti studi internazionali e di tutti gli attori della filiera. Dal punto di vista operativo, è i piani di sviluppo dell’Unione europea ci confermano che greprevista l’elaborazione di uno scenario con relativa valutazioen economy e innovazione tecnologica saranno i motori della ne degli impatti economici ed ambientali, per poter avviare crescita futura». (F. F.) Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Il Parkinson negli occhi Il Cnr e il Tigem osservano la malattia attraverso la retina

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l morbo di Parkinson colpisce l’1-2% della popolazione italiana difetti della vista molto precoci e accumuli di alfa-sinucleina anche al di sopra dei 60 anni e il 3-5% della popolazione al di sopra nella retina. Lo studio dimostra, per la prima volta su un modello anidegli 85 anni. Secondo le stime del Ministero della Salute, sarebmale, che l’alfa-sinucleina in grandi quantità uccide anche le cellule bero 230mila gli ammalati in Italia. Alcuni ricercatori sostengono dopaminergiche presenti nella retina, in modo specifico e molto preche questa patologia potrebbe interessare molte più persone non ancocemente, dando luogo agli stessi difetti a carico della vista che si cora sottoposte a diagnosi. riscontrano nei pazienti. Dunque, la diagnosi gioca un ruolo cruciale per individuare da La ricerca apre nuove prospettive sul fronte dell’individuaziosubito l’insorgenza del male, la prognosi corretta e la terapia adeguata. ne della patologia in fase precoce. La retina è facilmente accessibile Un punto di osservazione può essere la retina del paziente. dall’esterno e oggi c’è grande attenzione ai tentativi di sviluppare miUno studio condotto nel laboratorio diretto da Elvira De Leocroscopi in grado di rilevare questi aggregati di proteine nell’occhio. nibus dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Cnr Al momento, infatti, per diagnosticare le malattie neurodegenerative, di Roma, che ha coinvolto anche ricercatori del Telethon Institute of l’unica possibilità di individuare questi aggregati è quella di prelevare Genetics and Medicine (Tigem) di Pozzuoli (Napoli), ha chiarito cosa il liquor con una procedura invasiva, che non può essere correlata ad accade nell’occhio umano quando sono presenaltre misure cellulari. Nello studio è stata corti elevate concentrazioni di alfa-sinucleina, una relata la presenza di questi aggregati e i difetti La patologia colpisce l’1-2% della visione all’attività elettrica dell’occhio, che proteina presente nel cervello. Lo studio, pubblicato su Scientific Repor- della popolazione italiana over può essere misurata con strumenti non invasivi ts, rivela importanti informazioni sul morbo come l’elettroretinografia. di Parkinson. È noto, infatti che accumuli di 60 e il 3-5% della popolazione Si è, inoltre, dimostrato che i difetti della alfa-sinucleina nel cervello uccidono i neuroni vista, e anche quelli elettrofisiologici, possono al di sopra degli 85 anni dopaminergici, portando allo sviluppo dei sinessere recuperati somministrando la levodopa, tomi motori come la rigidità, il tremore a riposo un farmaco che serve per produrre dopamina e e la lentezza dei movimenti. che viene dato ai pazienti parkinsoniani per correggere i difetti motori. I ricercatori hanno dimostrato che, se nella retina sono presenti Anche questo è un dato importante, in quanto indica che la retina può elevate concentrazioni della proteina, questa porta alla morte delle celessere considerata uno strumento di diagnosi precoce (fondamentale lule amacrine che contengono dopamina, a una riduzione dell’acuità per tutte le malattie neurodegenerative) e un “modello di cervello” su visiva e all’alterazione della risposta di adattamento alla luce, misurata cui testare nuove strategie terapeutiche. Lo studio è il risultato di un con l’elettroretinogramma. lavoro di squadra tra i diversi co-autori dell’articolo, con un contributo Lo studio ha utilizzato l’occhio come un “cervello in miniatura”, particolare offerto da Federica Esposito e da Elena Marrocco del Tinel quale si riproducono gli stessi meccanismi che si trovano all’intergem, esperte di elettroretinografia e di test per lo studio della visione nei no del cervello e dove sono le cellule dopaminergiche che normalmenmodelli murini, da Alessia Indrieri, neoricercatrice Cnr e ricercatrice te controllano l’acuità visiva, l’adattamento alla luce e, si ritiene, anche Tigem, esperta di patologie neurodegenerative dell’occhio e da Maria i ritmi sonno-veglia. I pazienti con malattia di Parkinson mostrano De Risi, ricercatrice Cnr-Tigem, esperta di proteinopatie. (F. F.)

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È arrivata Radio Bio l’emittente online dell’ONB

Sul sito internet www.onb.it e sull’app per smartphone Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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BENI CULTURALI

Art Bonus, 20 milioni ai beni culturali dei Comuni Protocollo d’intesa per interventi conservativi del patrimonio artistico di Pietro Sapia*

ancora più semplice ed efficace l’utilizzo di questo strumento e dare nuova linfa a una ripartenza che ponga le sue basi sull’immenso patrimonio artistico e culturale diffuso su tutto il territorio nazionale». Andrea Abodi, presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo spiega n protocollo d’intesa sull’Art Bonus che metterà a dispocome «l’Istituto per il Credito Sportivo è pronto ad assumersi nuove sizione dei comuni italiani un budget di 20 milioni di euro responsabilità, coerentemente con le proprie finalità, per sosteneper la concessione di mutui a tassi agevolati finalizzati al re concretamente le esigenze del sistema culturale italiano. Il primo completamento di opere e interventi di ristrutturazione e impegno, mettendo a disposizione risorse umane e finanziarie, sarà riqualificazione dei beni culturali pubblici di loro proprietà, destiquello di collaborare con Ales e Anci per contribuire a potenziare natari di erogazioni liberali attraverso Art Bonus. Questo è quanto lo strumento Art Bonus, non solo attraverso finanziamenti a condiprevede l’accordo sottoscritto pochi giorni fa da Anci (Associazione zioni fortemente agevolate, ma anche promuovendo e raccogliendo nazionale comuni italiani), Istituto per il Credito Sportivo e Ales donazioni da soggetti privati. In questo modo intendiamo favorire Arte Lavoro e Servizi S.p.A., la società del Ministero dei Beni e delle Attività che si occupa delle attività di supporto lo sviluppo di progetti, l’apertura di cantieri e alla conservazione e valorizzazione del patrila ripresa di attività che potranno contribuire, monio culturale. attraverso la Cultura e la piena fruizione dei Alle amministrazioni locali Ciascun comune potrà ottenere più mutui suoi beni pubblici, al ritorno alla normalità e per un importo massimo di 6 milioni di euro. sarà assegnato un budget per la alla ripartenza di tutto il Paese». I sottoscrittori del protocollo, che dal 2017 Per accedere ai prestiti, che dovranno essere concessione di mutui agevolati collaborano a progetti legati al tutela dei beni utilizzati per completare il fabbisogno economico utile al completamento del progetto, le per le opere di riqualificazione culturali italiani già, si sono inoltre impegnati a sostenere le amministrazioni locali qualora i amministrazioni dovranno aver ottenuto donafondi legati alle donazioni con Art Bonus non zioni con Art Bonus almeno per il 51 per cento bastino alla copertura degli interventi conservativi e protettivi. «I del costo complessivo dell’intervento, che si riduce al 30 per cento Comuni sono custodi dell’identità profonda del Paese e di ciò che lo per i comuni delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, rende unico a livello internazionale. Con il potenziamento dell’Art Sardegna e Sicilia. Bonus sarà possibile portare a conclusione interventi di salvaguardia «L’Art Bonus si conferma una risorsa di grande importanza per del patrimonio culturale che ne consentano una fruizione ampia e il sistema dei beni culturali italiani - ha detto Mario De Simoni, Prediffusa e contribuiscano a rafforzare la capacità di attrattiva turistica sidente e AD di Ales -. Con il nuovo protocollo intendiamo rendere delle realtà territoriali italiane» ha affermato Roberto Pella, vicepresidente dell’Anci. L’Art Bonus, introdotto nel 2014, ha consentito * negli ultimi sei anni di sostenere 1884 enti locali, per un totale di circa Consigliere tesoriere dell’Onb, delegato nazionale per le regioni 4mila interventi su opere pubbliche, con oltre 464 milioni di euro racEmilia Romagna e Marche. colti in tutto il Paese.

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BENI CULTURALI

Clint Eastwood, protagonista di alcuni film di Sergio Leone.

C’era una volta Sergio Leone Fino al 30 agosto all’Ara Pacis di Roma la mostra dedicata al regista

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l cinema deve essere spettacolo, è questo che il altro Paese rischia di creare uno “scontro” fra la tradizione e la pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è rivisitazione: è proprio la stampa americana a coniare l’espresquello del mito. Il cinema è mito». Cosi affermava sione inizialmente dispregiativa spaghetti western per definire Sergio Leone, tra i registi più rappresentativi della versione italiana di questo filone. Leone non ne è l’iniziatore la storia del cinema italiano, maestro del western all’italiana. assoluto, infatti afferma che probabilmente è Omero il primo Fino al 30 agosto all’Ara Pacis di Roma si terrà la mostra autore di western, ossia il primo che intuisce una comunione dedicata al regista, per celebrare i 30 anni dalla morte e i 90 tra la narrativa storica- mitologica e l’epica greca. Negli Anni dalla sua nascita. L’esposizione è realizzata con il contributo Sessanta, ciò che stupisce maggiormente della produzione di del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Leone è la creazione di un nuovo immaginario relativo al West, e curato dal direttore della Cineteca di Bologna; il percorso che non gli appartiene storicamente o familiarmente ma lo afespositivo ci proietterà in un universo sconfinato, quello di fascina in senso mitico ed esotico. Come afferma Italo MoscaSergio Leone, che affonda le radici nella sua stessa tradizione ti, «Leone vede l’America con gli occhi di un romantico». familiare: il padre, regista nell’epoca d’oro del muto italiano. Nei film di Sergio Leone più emblematici come, il buoLa produzione filmica di Sergio Leno, il brutto e il cattivo (1966) e C’era una one (Roma, 1929-1989) prende inizio volta il West (1968), si nota come il regiScomparso 31 anni fa, ha negli anni Sessanta, essa è lontana sia sta abbia rivisitato l’America con costrutti culturalmente che stilisticamente dal “ci- reinventato il cinema western culturali differenti, con gli occhi di un itanema d’autore’’, mentre il cinema autoliano che vive la sua adolescenza nel corso e vedeva l’America “con gli dei complessi anni del fascismo e realizza riale italiano si configura come un cinema intellettuale, elitario e austero, che lotta il suo primo film western nei rivoluzionari occhi di un romantico” contro l’avanzare preponderante dei film anni Sessanta. Ciò che li rende emblematihollywoodiani, il regista Sergio Leone sceci e diversi tra loro rispetto alla creazione glie altre strade affini allo spettacolo, all’azione e a una certa di un nuovo immaginario dell’Occidente americano è lo studio produzione americana. e la rivisitazione dei soggetti, il concetto di eroe, di narrativa Sono proprio i film statunitensi ad accompagnare l’adoledel genere western, delle ambientazioni, degli attori, dei moviscenza del regista; infatti con la fine del fascismo e la censura menti di macchina, delle musiche, della storia, dei personaggi, di ogni prodotto americano, Hollywood diviene il più esubedella sceneggiatura… E soprattutto i luoghi in cui vengono rante centro propulsore di cultura cinematografica al mondo. realizzate le riprese. Il rapporto appassionato che Leone instaura con il cinema Questi aspetti possono fornire un’idea di quali influssi culstatunitense lo spinge a rivisitare con gli occhi di un italiano il turali, politici e sociali Leone possa trasporre nei suoi lavori, genere western, che negli USA alla fine degli Anni Cinquansebbene nel corso della sua vita egli non ami intavolare dibatta comincia a decadere e a entrare in crisi dopo una lunga titi politici con i giornalisti o partecipare alle proteste e alle tradizione. Il fatto di ripensare audacemente un genere di un manifestazioni di quegli anni. (M. P.) Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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L’IMPORTANZA DELLA BIOLOGIA NELLA TUTELA DEI BENI CULTURALI Come salvaguardare le opere artistiche e culturali italiane per tramandarle alle generazioni future

di Matteo Montanari

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econdo molti osservatori la biologia sarà la disciplina principale del XXI secolo. Le biotecnologie si sono ormai sviluppate in quasi tutti i settori e sono sempre più alla portata di tutti. La capacità del uomo nel saperle usare con prudenza e nel saper gestire con lungimiranza i fenomeni biologici sarà fondamentale per il destino delle nostre civiltà. Lo studio e la conoscenza dell’interazione tra il clima, le comunità biologiche e la materia organica ed inorganica che supporta e nutre il vivente è fondamentale per poter salvaguardare nel tempo quei beni materiali che rappresentano la nostra memoria e la nostra cultura. Il mondo globalizzato ha portato a numerosi vantaggi materiali e ha innescato progressi culturali importanti, non da ultima la presa di coscienza dell’arte e della cultura come beni collettivi da tutelare e tramandare alle generazioni future. Tuttavia, accanto ai vantaggi si nascondono anche numerose insidie sociali, ambientali e non da ultimo biologiche. La necessità economica di favorire flussi e scambi sempre più intensi ha spinto l’uomo a semplificare

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e a trasformare gli ecosistemi, amplificando così le minacce biologiche. La mancanza di equilibrio nell’ambiente provoca talvolta processi incontrollati e catastrofici che colpiscono la nostra integrità fisica, le nostre case e in ultimo i nostri beni materiali.

volto alla conoscenza approfondita della materia di cui sono fatti i beni è diventato funzionale all’idea del minimo intervento, una pratica di restauro che ha l’obiettivo di conservare gli oggetti nel tempo arrecando loro il minimo disturbo. Conoscere la materia infatti significa sapere quali prodotti Introduzione possono essere applicati in modo reversibiL’osservazione del fenomeno del degra- le e non invasivo e quali sono le condizioni do dei manufatti artistici è antica quanto ambientali che inibiscono o rallentano il del’arte stessa. Già al tempo degli antichi greci grado. Gli approfondimenti scientifici volti i poeti si lamentavano dell’effimera durata alla caratterizzazione del degrado si sono delle loro poesie scritte su papiri aggrediti pertanto moltiplicati e diversificati nelle dida insetti, mentre i Romani si lamentavano verse branche della scienza. degli attacchi fungini in Europa gli stusulle tavolette ceradi sistematici sulla te usate per scrivere biologia del degrado Già gli antichi greci e fare di conto. Di dei beni artistici si certo gli architetti e lamentavano l’effimera durata possono storicamengli artisti di epoche te far risalire al tridei loro papiri, rovinati più recenti erano ben ste caso del degrado dagli insetti consci del probledelle famose pitture ma e di conseguenza rupestri della grotta adottavano materiali di Lascaux in Frane tecniche per evitare o meglio ritardare il cia, unanimemente considerata la cappella biodegrado delle loro opere. sistina dell’arte paleolitica. La grotta fu scoCon l’affermarsi nel secolo scorso di un perta subito dopo la II guerra mondiale e idea di restauro rispettoso dell’integrità del aperta al pubblico attorno agli anni 50 del materiale originale, l’approccio scientifico secolo scorso. In seguito, una serie di errori


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Lo studio dell’interazione tra clima, comunità biologiche e materia organica e inorganica è fondamentale per salvaguardare i beni materiali che rappresentano la nostra cultura so il controllo dei parametri ambientali. Ma, come vedremo, le sfide per la biologia applicata al restauro e alla conservazione non sono finite: l’avvento del villaggio globale ha portato infatti con se nuovi e imprevisti fattori biologici di degrado che minacciano l’integrità dei nostri beni materiali. La conservazione preventiva Così come nella medicina, anche nel settore della conservazione dei beni culturali si è finalmente capito che l’ambiente è fondamentale per modulare il naturale fe© Polvo 2020/www.shutterstock.com nomeno del degrado, che nel caso degli esseri viventi coincide con la malattia mentre nel caso della materia inanimata con il suo gestionali e tecnici introdussero nella grotta deterioramento biotico o abiotico. Sulla base di questo concetto, il conserun inarrestabile fenomeno di degrado biologico che in pochi decenni portò alla rovi- vatore contemporaneo nella sua azione ha na irreversibile molte delle pitture presenti. cominciato a tenere conto dei principali fatAd oggi la grotta originale è chiusa al pub- tori ecologici che governano la relazione tra blico e le pitture rifatte si possono visitare substrato e comunità biologiche. Prendensolo all’interno di una grotta finta, costata do a prestito concetti di ecologia agraria, allo stato francese milioni di euro. Per la il conservatore dell’arte ha così imparato prima volta il mondo della conservazione che a seconda del tipo d’ambiente (outdei beni culturali si accorse della mancanza door-indoor), del clima o microclima che di conoscenze e di strumenti adeguati per lo caratterizza e della natura chimico-fisica proteggere le proprie opere dall’aggressio- dell’oggetto di tutela, il primo approccio ne degli agenti biologici. per limitare il fenomeno del degrado bioL’interesse per gli aspetti legati al bio- logico consiste nell’individuare i fattori lideterioramento si svimitanti che modulano luppò ulteriormente la crescita dei biodein Italia dopo le famo- Conoscere la materia significa teriogeni, vale a dire se alluvioni di Firenze quei fattori ambientali e Venezia degli anni capire i prodotti e gli ambienti (luce, acqua, tempera60, quando intere utili a rallentare il degrado tura, pH, ecc.) che risultano maggiormente collezioni artistiche e delle opere d’arte critici per il successo o culturali di inestimameno di una comunità bile valore vennero biologica su un certo distrutte dalla furia dei flutti e dal degrado provocato dalle muf- substrato. Una volta individuato il o i fattori fe e batteri portati dai fanghi. Oggi gli studi maggiormente limitanti, l’obiettivo del consi sono ulteriormente affinati con l’avvento servatore sarà dunque quello di mantenerli delle tecniche di conservazione preventiva, sotto al limite, e cioè non idonei/disponibili che mirano a prevenire il degrado attraver- per gli organismi capaci di crescere sull’og-

getto che s’intende tutelare. Chiaramente, questo approccio, che rientra nelle tecniche di conservazione preventiva, prevede una contestuale caratterizzazione quali-quantitativa del biota presente nell’ambiente, attraverso campionamenti e monitoraggi mirati da parte di biologi specializzati. Un esempio classico che possiamo fare è quello del controllo del biodegrado di materiali organici in ambiente indoor, quale può essere quello di un museo o di un archivio. In tali ambienti i biodeteriogeni principali sono senz’altro le muffe e gli insetti, il cui fattore maggiormente limitante, vista l’assenza di precipitazioni meteoriche, è quasi sempre l’acqua, o per meglio dire il contenuto idrico nei supporti, a sua volta principalmente regolato del tenore di umidità relativa dell’aria. Il controllo preventivo più efficace risiede dunque nel controllo di questo fattore, attraverso una serie di accorgimenti ambientali che mirano all’abbassamento dell’umidità dei locali indoor. Tra questi possiamo citarne alcuni: la riduzione dei fenomeni di condensa sulle strutture edili interne, l’aumento passivo o attivo della ventilazione e ricircolo dell’aria, l’individuazione dei punti più critici con conseguente distanziamento delle opere, la protezione dei retri (di opere collocate al muro), la regolazione dei flussi di visitatori per evitare aumenti repentini del vapore acqueo indoor, la regolazione della temperatura, l’uso delle superfici idrofobiche per arredi e strutture edili e quello di dispositivi per la rimozione di umidità ambientale (deumidificatori, silica gel, ecc.). Il restauro delle Nozze di Cana del Longhi: un caso esemplare di collaborazione proficua tra biologo e restauratore Le Nozze di Cana del pittore ravennate Longhi è un dipinto murale di grandi dimensioni risalente al XVI sec., collocato a Ravenna su una parete della Biblioteca Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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BENI CULTURALI Classense di Ravenna. Il dipinto ha una lunga storia di danneggiamenti e restauri sbagliati, soffrendo da sempre di grossi problemi di umidità muraria. L’ultimo restauro degli anni 70 del secolo scorso ha comportato il complicato distacco del dipinto dalla parete, resosi necessario per poter inserire un supporto in alluminio rigido e ventilato tra il dipinto e il muro, per fermare la migrazione idrica proveniente dalla parete. La tecnica del distacco avviene incollando reversibilmente sulla superficie del dipinto uno o più strati di spessa tela che servono come agganci per lo strappo dal muro. Il procedimento, descritto sommariamente nelle relazioni del restauratore dell’epoca, non indicava nel dettaglio i materiali usati per lo strappo, si accennava soltanto all’uso di un prodotto organico frapposto tra la tela di strappo e la superficie del dipinto, avente come scopo il consolidamento degli strati pittorici durante la successiva rimozione della tela incollata. Nonostante il successo della ricollocazione in opera, il dipinto negli anni successivi andò incontro ad un progressivo degrado, fino a che nel 2016 la soprintendenza regionale dell’Emilia Romagna decise di eseguire un nuovo restauro, affidandolo ad un team composto da restauratori e tecnici scientifici, tra cui chimici, fisici e biologi. Oltre a distacchi e scolorimenti della superficie pittorica, nel corso della fase diagnostica si constatò la presenza su diverse campiture di colore di un efflorescenza biancastra di sospetta natura biologica. Per confermare l’ipotesi vennero eseguiti diversi campionamenti con tecniche di prelievo non invasivo e successive analisi microbiologiche in microscopia ottica ed elettronica, colturali e biochimiche. Le analisi confermarono la presenza dominante di un fungo molto particolare, Eurotium halophlicum, un aspergillo estremofilo e xerofilo obbligato (è inibito dalla presenza di acqua libera) capace di crescere a tenori idrici bassissimi ed in grado di attaccare moltissimi materiali complessi come cere, colle sintetiche e resine. Il fungo, come vedremo anche in seguito, era già noto in associazione con i beni culturali in particolare con i libri e faldoni, la novità riguardava il suo ritrovamento, mai riportato prima, su un dipinto murale policromo. Le analisi biochimiche dimostrarono che l’organismo era metabolicamente attivo. La fase diagnostica si completò infine con l’analisi chimica degli strati pittorici che, tra le altre informazioni, indicò la pre-

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senza sulla superficie di residui di natura acrilica associati alle efflorescenze fungine, probabile causa del loro sviluppo. Come già si può intuire, l’approccio diagnostico preliminare ha avuto la finalità fondamentale di evidenziare le cause del degrado e di suggerire al restauratore e al conservatore l’adozione dei materiali e metodi migliori per affrontare i problemi. Attraverso sperimentazioni in vitro e in vivo si scelse dunque il biocida più efficace per la rimozione dell’agente biodeteriogeno. La scelta cadde su un biocida acquoso a bassa concentrazione per due principali ragioni: in primo luogo si esclusero i biocidi Le Nozze di Cana, di Luca Longhi. in solvente organico, in quanto questo tipo di solvente sarebbe stato troppo rischioso del biologo tornò utile per affrontare anche per la possibile migrazione dei residui acri- questo problema, non più attraverso il relici rilevati in superficie, in secondo luogo stauro, bensì attraverso strategie di conserun’applicazione a così bassa concentrazio- vazione preventiva, come la progettazione ne di soluti avrebbe creato sulla superficie di un sistema di areazione e climatizzazione un ambiente ad elevata attività idrica che dell’ambiente e la proposta di un piano di avrebbe contribuito, sinergicamente all’a- monitoraggio microclimatico e biologico zione del principio attivo, alla disattivazio- periodico volto a verificare la validità dei ne dell’agente eziologico. parametri ambientali selezionati e ad eviQuesta stessa situazione tuttavia poteva denziare sul nascere l’insorgenza di nuove attivare possibili contaminanti secondari, contaminazioni. più idrofili. Pertanto si programmò un sucLe minacce emergenti cessivo trattamento Proprio mentre Il dipinto de “Le Nozze con lo stesso biocida scrivo questo articoa concentrazioni più di Cana” ha una lunga storia lo l’umanità affronta alte, da effettuarsi a la più grave minaccia di restauri, soffrendo da poche ore dal primo. biologica degli ultimi Dopo la disinfe- sempre problemi di umidità 100 anni. La pandezione, il restauro promia provocata dal seguì con le operaziovirus Sars-Cov 2 sta ni di pulitura, ritocco, consolidamento e mietendo centinaia di migliaia di vittime risarcimento. Non fu possibile però rimuo- e sta mettendo in ginocchio l’economia di vere i residui acrilici, che dunque avrebbero interi paesi. Non c’è settore economico e potuto rappresentare un rischio per succes- sociale, compreso come vedremo quello sive ricontaminazioni. Di nuovo la figura della conservazione dei beni culturali, che


BENI CULTURALI emergenze biologiche sono già da tempo presenti in molti settori cruciali come l’agricoltura, la produzione animale e la produzione energetica. Il loro impatto, sebbene meno scioccante delle pandemie, ha effetti spesso deleteri per le economie locali e obbliga gli addetti ai lavori ad un continuo rimodellamento dei piani di gestione. Non fa eccezione nemmeno il settore della conservazione dei beni culturali. Con la massificazione della fruizione dell’arte, sempre più intensa grazie all’incremento dell’offerta turistica, i luoghi deputati alla tutela delle opere d’arte hanno dovuto fronteggiare minacce mai viste nei secoli precedenti. Il continuo afflusso di non ne sia stato sconvolto, magari anche persone, specie nei luoghi più delicati da un punto di vista ambientale (vedi il caso di solo indirettamente. Molti esperti sostengono che le minac- Lascaux citato precedentemente), ha spesce biologiche saranno una costante presen- so comportato la rottura degli equilibri miza per le società globalizzate. L’incremen- croclimatici e l’aumento repentino dell’intato esponenziale dei flussi e degli scambi quinamento biotico, ponendo l’uomo in commerciali ha amplificato il rischio di dif- cima alla lista degli agenti biodeteriogeni fusione delle epidemie e ha semplificato gli più dannosi per l’integrità dei beni artistici. habitat naturali, riducendo le capacità tamAnche la globalizzazione del mercato pone e di resilienza degli ecosistemi naturali dell’arte ha innescato nuove minacce bionei confronti degli squilibri ecologici. logiche. Il continuo scambio di collezioni La reazione spesartistiche tra musei so scomposta delle e gallerie è una sfida società, soprattutto immane per il conserLe emergenze ambientali quelle più industriavatore, costretto ad hanno evidenziato la lizzate e prospere, nei adottare ingenti miconfronti dell’attuale mancanza di soluzioni per sure di prevenzione minaccia dipende in per evitare l’ingresso la tutela dei beni culturali parte dal loro prodi specie pericolose negli ambienti di gressivo distacco dalconservazione. A tal la natura e dalle sue leggi - che le rendono meno disponibili ad riguardo esistono trasporti certificati che accettare i rischi naturali - e in parte dal fat- mirano a ridurre al minimo le contaminato che questa volta la minaccia colpisce in zioni durante le trasferte e spesso le opere vengono sottoposte a periodi di quarantena modo diretto la salute delle persone. In realtà nel mondo globalizzato le prima dell’ingresso in altri paesi. Purtrop-

po tutto questo non sempre viene seguito alla lettera e può capitare che con le opere vengano introdotte specie dannose, se non addirittura invasive, per il museo e il territorio che le ospita. In Italia, ad esempio, si presume che la recente introduzione della termite del legno secco Cryptotermes brevis, originaria dell’India, sia avvenuta con l’importazione dall’estero di mobili lignei. Ma gli sconvolgimenti maggiori derivano soprattutto dai cambiamenti climatici in atto, che provocano negli ecosistemi naturali o antropizzati rivoluzioni nella composizione del microbioma, della flora e della fauna. Eurotium halophilicum, la specie di aspergillo citata precedentemente, è comparsa in Italia nei primi anni 2000, inizialmente confinata in aree limitate di archivi polverosi. Oggi la sua presenza è ormai endemica nel nostro paese e riguarda non solo il materiale archivistico e librario ma anche le opere policrome conservate nei musei. Come si è detto si tratta di una specie estremamente xerofila (amante dei substrati aridi) e il suo appellativo di “muffa del deserto” dipende dalla sua probabile provenienza nord africana, Egitto in particolare. Sempre dal nord Africa sembra che sia arrivata più o meno nello stesso periodo una specie di tarlo chiamata Gastrallus pubens, vorace divoratore di carta, anche lui diventato ormai endemico nelle biblioteche del nostro paese. Ma i cambiamenti climatici, come si sa, sono anche all’origine di fenomeni metereologici sempre più frequenti e distruttivi. Negli ultimi anni l’impatto delle alluvioni sul nostro patrimonio culturale è stato elevatissimo, in particolare per quanto riguarda i beni archivistici e i depositi museali, spesso relegati nei piani seminterrati di edifici storici privi di misure di contrasto. La recente alluvione di Venezia (Novembre 2019) ha causato la perdita e il danneggiamento di centinaia di documenti antichi, che una volta imbibiti d’acqua sono stati velocemente attaccati dall’azione simultanea di funghi e batteri nelle successive fasi di asciugamento. La contestuale presenza di acque contaminate, sia da un punto di vista biologico che chimico, pone un ulteriore ostacolo al recupero dei beni, per i quali sarebbe necessaria, ma ahimè purtroppo quasi mai praticata, un accurata valutazione dei rischi per gli addetti ai lavori. Dopo le storiche alluvioni di Firenze e Venezia degli anni 60, gli Istituti nazionali per la tutela dei beni culturali si sono dotati di piani e strumenti per la gestione di questi fenomeIl Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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© Orolok/www.shutterstock.com

ni, come ad esempio lo stoccaggio in crioconservazione dei beni colpiti, i processi di asciugatura di massa tramite liofilizzazione, la decontaminazione di massa tramite irraggiamenti ionizzanti, ecc. Tuttavia i costi che derivano da queste misure restano molto elevati e spesso non sono praticabili in contesti e periodi di ristrettezza economica. L’impatto della pandemia sulla gestione dei beni culturali Sars Cov 2 è un nuovo virus della famiglia dei Coronavirus pericoloso per la salute umana e ad oggi molto infettivo. La sua contagiosità pandemica non dipende solo dall’attuale mancanza di anticorpi nelle popolazioni colpite ma anche dalla sua buona capacità di resistere sulle superfici inanimate. Sebbene la sua stabilità infettiva sulle superfici sia stata ridimensionata da recenti studi, il virus sembra comunque poter restare infettivo sulla carta, tessuti e legno per 24-48 h e su alcune superfici plastiche addirittura per più giorni. Nell’ambito dei beni culturali molte sono le superfici di pregio che possono venire direttamente in contatto con il pubblico. Si pensi innanzitutto a quei beni oggetto di consultazione e di scambio, come ad esempio i beni archivistici e librari. Inoltre si consideri la possibilità da parte di un

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utente o visitatore di venire in contatto con arredi di servizio o di conservazione, come le sedute di un teatro antico o di una chiesa o altri mobili e scaffali museali, spesso a loro volta storicizzati e quindi oggetto di tutela. Si è venuta così a creare la necessità di garantire la sicurezza biologica anche nel contesto di musei, biblioteche, chiese, dimore storiche ed in generale edifici indoor aperti al pubblico. In Italia l’Istituto Centrale del restauro e conservazione dei beni archivistici e librari ha emanato linee guida per la prevenzione del rischio da Covid19 nelle biblioteche. Per quanto riguarda i beni disponibili alla consultazione o al prestito il protocollo prevede una quarantena cautelativa di 9 giorni in specifichi ambienti dedicati. Sebbene questa misura sia senz’altro efficace e rispettosa dell’integrità dei beni, per molti istituti ciò ha rappresentato una serie di problemi logistici e gestionali, per la mancanza di spazi dedicati e per le procedure del prestito. Così in molti, non solo in ambito librario, sono corsi ai ripari attraverso programmi di sanificazione ambientale. Purtroppo nell’emergenza alcune di queste azioni si sono dimostrate non idonee e anzi pericolose per l’integrità delle superfici di pregio. A causa della mancanza in questo set-

tore di una vera sperimentazione sui biocidi, molti interventi sono stati eseguiti con agenti fortemente ossidanti, come perossido d’idrogeno, ozono o candeggina, spesso senza alcuna procedura di protezione per le opere presenti e già adesso alcuni addetti ai lavori lamentano effetti nefasti sui beni, come corrosioni e discoloramenti spesso irreversibili. Conclusioni Le continue emergenze ambientali innescate dai cambiamenti climatici e socioeconomici hanno evidenziato la mancanza di soluzioni innovative per il controllo del rischio biologico e biodeteriogeno negli ambienti deputati alla conservazione dei beni culturali. Mentre in altri settori più strategici, come quello sanitario e agroalimentare, nuovi prodotti e tecnologie sono state presentate sul mercato, nel settore dei beni culturali le proposte sono state invece carenti e spesso limitate a ricerche accademiche di breve respiro. La figura del biologo specializzato nel restauro e nella conservazione dovrebbe essere centrale per colmare queste lacune, attraverso la ricerca, la sperimentazione sul campo e la sinergia con le altre figure scientifiche, come il chimico e il fisico, e soprattutto la figura del restauratore.


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Banksy al Chiostro del Bramante La mostra a Roma dall’8 settembre 2020 all’11 aprile 2021 di Matteo Piccirilli

mondo, ognuna differente per stile, tematiche e raffigurazione, ma legate tutte dallo stesso messaggio: la società è debole e influenzabile. Ci sono però delle opere che rappresentano delle “pietre miliari”, ossia volte sei tu che mangi l’orso e a volte è l’orso che pezzi essenziali per comprenderne la corrente artistica. mangia te». Diceva Lo Straniero, consolando il proPrima fra tutte è senz’altro la più celebre e conosciuta “Flower tagonista Drugo, nel Grande Lebowsky, pellicola Thrower”, realizzata sul muro di un edificio privato a Gerusalemme. del 1998 diretta da Joel Conen. Metaforicamente Il soggetto del graffito è un giovane uomo, coinvolto in uno scontro: questa frase spiega come a volte nella vita si vince e si perde, l’universo indossa un fazzoletto per coprire il volto ed è in procinto di lanciare funziona in questo modo, e non si può far nulla per cambiarlo ma la sua “arma”, che sarebbe un mazzo di fiori al posto di una molobisogna accettarlo e andare avanti. tov. L’unico elemento colorato in risalto sono i fiori, segno di speranza Nonostante ciò, al giorno d’oggi esistono persone che non si rascontro la distruzione. Il murales è stato realizzato nel 2003, anno in cui viene terminata la costruzione del muro di separazione tra i territori segnano, che non accettano leggi universali che governano il mondo, che non guardano vittorie o sconfitte, ma si battono per un’uguaglianpalestinesi e Israele, barriera su cui Banksy nel corso degli anni ha za etica e sociale. La figura attuale che meglio realizzato diversi murales. rappresenta questa lotta di valori è l’artista inLa seconda è chiamata “Kissing Coppers” e Saranno esposte più di 90 glese Banksy. ha da sempre creato scalpore e molta curiosità, Chi sia Banksy si sa poco e niente, si sa di opere comprese tra il 2001 perché non è un’opera qualsiasi. Si tratta di uno certo che sia nato Bristol, contea nel sud-ovest dei segni più tangibili dell’arte provocatoria di e il 2017, tutte provenienti Banksy: l’immagine dell’omosessualità dei due Inglese, ma della sua identità ci sono solo supposizioni, c’è chi pensa sia una donna, chi pensa poliziotti assume un significato di sberleffo nei da collezioni private sia un collettivo di artisti emergenti, e l’ipotesi confronti dell’autorità; ma è al tempo stesso anpiù accreditata, che sia il leader della band inche un invito a parlare e a riflettere sull’omofoglese “Massive Attack”, Robert Del Naja. bia. Lo stencil intitolato Napalm, è una delle opere più contestate ed Dall’8 settembre 2020 all’11 aprile 2021, al Chiostro del Bramanemblematiche dell’artista, risale al 2004 e rappresenta due personaggi, te di Roma, aprirà “Banksy A Visual Protest”, mostra già annunciata simbolo del consumismo contemporaneo, che tengono la mano ad per la primavera 2020 ma posticipata per l’emergenza sanitaria. una delle tante bambine che furono vittime dei bombardamenti al naSaranno esposte più di 90 opere comprese tra il 2001 e il 2017, palm, durante la guerra del Vietnam. L’immagine, tratta da una foto tutte provenienti da collezioni private, molti pezzi iconici, progetti pastorica, è molto forte, quanto del resto è il messaggio che veicola. ralleli, come le stampe realizzate per la mostra “Barely Legal” e le coGrazie alle opere di Banksy la street-art si è evoluta, arricchita e incrementata di simbolismi, i suoi messaggi hanno influenzato artisti, pertine di vinili e cd. Insomma, un percorso completo e coinvolgente, ispirato compositori e incentivato masse. Non possiamo far altro che comprensivo di tutte quelle immagini che abbiamo visto sul web e che hanno reso celebre l’anonimo street artist britannico. sperare, in un giorno caotico, in cui camminando nei vicoli delle noAd oggi ci sono migliaia di opere dell’artista sparse in tutto il stre città ci imbatteremo in un murales dell’artista degno di nota.

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SPORT

di Antonino Palumbo

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na partita quasi anonima, fino al 92’. La partita del secolo, dopo. Italia-Germania 4-3 è diventata libro, pièce teatrale, film. Ma, soprattutto, si è trasformata nel match più pazzo e imprevedibile della storia del calcio. Almeno in un Mondiale. Il trionfo dell’agonismo sulla tattica. Lo scorso 17 giugno il “Partido del siglo”, come la ricorda una targa allo Stadio Azteca di Città del Messico, ha compiuto cinquant’anni. E sembra ieri, forse perché (ormai) ricordiamo i gol a memoria, con telecronaca di Nando Martellini annessa. Pazienza, poi, che quell’impresa abbia poi segnato la finale persa per 4-1 contro il Brasile, sia per la bravura di Pelè & company, sia per la stanchezza che, alla lunga, mise i nostri all’angolo. Pazienza che sia stata un sabato del villaggio, un’euforia fine a se stessa: nella storia romantica del calcio quel match, terminato oltre la mezzanotte italiana, vale quanto un titolo mondiale. Quello del 1970 è il primo Campionato del Mondo organizzato da un Paese della Concacaf, il primo trasmesso dalla TV a colori in 50 stati, via satellite, il primo con i cartellini giallo e rosso (mai usato) e con l’Adidas Telstar, il pallone ufficiale con 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi. È il nono e ultimo atto della Coppa Jules Rimet, che il Brasile vincerà per la terza volta portandola definitivamente a casa. L’Italia, campione d’Europa in carica, si è qualificata vincendo il girone 3 della Uefa, davanti a Germania Est e Galles. In Messico gli azzurri hanno capitalizzato l’unico gol segnato nel girone, di Domenghini contro la Svezia, inchiodando sul pareggio Uruguay e Israele. Dopo quest’ultima partita, c’è stato l’avvicendamento tra i telecronisti Nicolò Carosio e Nando Martellini, dopo che il primo è stato accusato di un insulto razziale nei confronti del guardalinee etiope. Ai quarti una doppietta di Riva e una rete di Rivera, pallone d’oro in carica, hanno risolto la sfida con i padroni di casa del Messico,

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LA PARTITA DEL SECOLO COMPIE 50 ANNI E SEMBRA IERI

Italia-Germania 4-3. Cronanca di un match entrato nella storia del calcio

andato in vantaggio con González e raggiunto in maniera fortunosa un rimpallo sulla tre da un’autorete di Peña. Dominato il proprio quarti e infila sulla destra Sepp Maier con un girone, la Germania ha invece recuperato da sinistro al fulmicotone. 0-2 con l’Inghilterra battendola poi ai supple«Ho indovinato un gran tiro - racconterà mentari, nella rivincita della discussa finale del Bonimba - e del resto battere Maier da fuori Mondiale del ‘66, che segnò anche il primo area era quasi impossibile». Dal possesso palsuccesso in assoluto dei la iniziale, gli azzurri tedeschi sui “maestri” passano al fisiologico Come un match quasi del football. “difesa e contropieAlle quattro di pode”. Che funziona, anonimo fino al 92’ è meriggio di mercoledì almeno fino a quando, diventato indimenticabile nel cuore di un recu17 giugno, mentre a Guadalajara scendopero insensato ai limiai supplementari no in campo Brasile e ti del rivoluzionario, Uruguay (finirà 3-1 in il difensore milanista rimonta), a Città del Messico si schierano Ita- Karl-Heinz Schnellinger si avventa alla dilia e Germania. Siamo a 2.200 metri d’altitu- sperata su un cross mancino di Grabowski dine, ci sono 25 gradi che l’umidità moltipli- lasciando di sasso Albertosi. Uno a uno. Uno ca e dilata. Sugli spalti 102.444 spettatori. In come tanti. «La nostra difesa ha dormito, ma Italia è sera inoltrata: la partita finirà dopo la dobbiamo ringraziare quell’errore lì, perché mezzanotte e sarà seguita dai primi caroselli i tempi supplementari hanno fatto di noi i di tifosi festanti. La sbloccano i nostri, all’ot- giocatori che hanno disputato la partita del tavo, con Roberto Boninsegna, che chiude secolo» il ricordo di Boninsegna.


SPORT

A sinistra, una fase di gioco della partita. Nel riquadro, in basso, Gianni Rivera premiato con il Pallone d’Oro.

Il Pallone d’Oro italiano

G Finita? Macché. Colpo di testa di Seeler, Il bello, infatti, deve ancora venire. Anche se è tutt’altro che bella la leggerezza di correzione di Müller e palla tra il braccio di Poletti che manda in gol Gerd Müller al 4’ Rivera (entrato al posto di Mazzola al 46’: la del primo tempo supplementare. Per for- celebre staffetta) e il palo. Che il nostro nutuna, Held restituisce il favore, servendo in mero 14 abbraccia sconsolato, mentre Alberpiena area Burgnich, non proprio un cec- tosi lo copre di insulti. Il fuoriclasse, però, è chino. Sassata di siniquello che sa trasforstro, il piede debole mare l’inferno in paLa cronaca ipnotica (ma non questa volta) radiso. Palla al centro, e gol, il secondo in 66 fuga di Boninsegna di Nando Martellini partite con la Naziosulla sinistra e cross sui gol italiani nale. «Esultai poco basso verso il dischetma non per la tento del rigore, dove c’è è diventata di culto sione. Proprio non Rivera che di piatto ero abituato a fare destro spiazza Maier gol. E poi non sono uno da tante scene» per il 4-3. «Se non avesse segnato, l’avremmo ricorderà, in futuro. Esulta, eccome, Gigi rinchiuso in un armadio dell’Azteca» scherRiva dopo il gol che porta l’Italia sul 3-2 zerà Gigi Riva, che per soli quattro voti s’era allo scadere del primo tempo supplementa- visto soffiare dal Golden Boy il Pallone d’Ore. Controllo, sterzata e diagonale, tutto di ro del 1969. Da allora sono passati 50 anni, sinistro: «Riva, Riva, Riva, tiro… ed è gol... due trionfi azzurri ai mondiali e tante staffetRiva! Riva ha segnato! 3-2 per l’Italia», la te tra campioni. Ma Italia-Germania rimarrà la partita del secolo. racconta ipnoticamente Martellini.

ianni Rivera 83, Gigi Riva 79. Fu questo l’esito della votazione dei 26 giurati di France Football, per l’assegnazione del Pallone d’Oro 1969. Due italiani su tutti, come mai era successo prima e come sarebbe accaduto solo 37 anni più tardi, con Fabio Cannavaro primo e Gigi Buffon secondo, nell’anno del terzo Mondiale azzurro. Riva non riuscì a “sfruttare” i 21 gol che portarono il Cagliari allo scudetto, né le 8 reti in 6 match con la Nazionale nell’anno solare. Furono invece premiate le imprese internazionali del Milan illuminato da Gianni Rivera. Nella finale della Coppa dei Campioni, 4-1 all’Ajax con tripletta di Prati (scomparso pochi giorni fa), il Golden Boy offrì lampi di classe propiziando il secondo e il quarto gol. Poi fu decisivo nella vittoria dell’Intercontinentale, con un gol sul campo dell’Estudiantes. Rivera e Riva precedettero Gerd Muller, che si sarebbe riscattato nell’edizione successiva, e Johann Cruyff, tre volte Pallone d’Oro fra il 1971 e il 1974.

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SPORT

I 70 anni di Adriano Panatta

È stato ed è tuttora un simbolo del tennis tricolore

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a piccolo sognava di diventare un nuotatore. Poi tunitense Harold Salomon, uno degli avversari che non ha mai ha stregato l’Italia (e affascinato Parigi) imbracdigerito. L’ha definito “antipatico”, al pari di quel Jimmy Conciando una racchetta. Sembra ieri, ma ne sono pasnors che l’anno prima aveva domato a Stoccolma, nell’unico sati di ace, di assi e di passi sui campi di tutto il titolo ATP conquistato da Panatta su cemento indoor. Ancora mondo. Con la dovuta referenza e i rituali omaggi all’anniveroggi, Adriano è stato l’ultimo italiano ad aver vinto gli Intersario numero 14 del trionfo azzurro ai Mondiali di Germania, nazionali d’Italia, l’unico ad aver centrato l’accoppiata nella quest’anno il 9 luglio sarà una data ancora più speciale per gli stessa stagione, e il solo ad aver conquistato una prova del amanti del tennis e per un campione che ha contribuito a farlo Grande Slam nell’era Open. All’indimenticabile 1976 sono leamare nel nostro Paese. Adriano Panatta compirà infatti setgati anche la storica vittoria della Coppa Davis da parte della tant’anni, lui che degli anni Settanta è tutt’oggi un testimonial nazionale italiana e il quarto posto in classifica ATP, toccato indiscusso. Un decennio di creatività ma anche di conflitti e nel mese di agosto e mai più eguagliato da alcun “azzurro”. rivoluzioni in ogni settore, che vide il tennis trasformarsi da Non solo trofei. Panatta fu colui che nel doppio decisivo pratica aristocratica dei circoli a fenomeno di massa. per la Coppa Davis, a Santiago del Cile, convinse Paolo BertoDieci anni, come quelli passati tra il lucci a sfoggiare magliette rosse in mondoprimo trionfo ai Campionati italiani asvisione per manifestare dissenso politico al Il suo anno d’oro è stato regime di Pinochet. soluti, in cinque set, in un autentico passaggio di testimone dalla leggenda Nicola È uno che ha manifestato la stima per il 1976 grazie ai trionfi in Pietrangeli, e il suo ultimo titolo ATP in colleghi come Arthur Ashe, Martina Nacarriera, su 26 finali. Dieci avversari per singolare agli Internazionali vratilova e Billi Jean King che, oltre al altrettanti successi, con la sola Firenze ad d’Italia e al Roland Garros tennis, si sono fatti portavoce di battaglie aver applaudito un suo bis in tornei ATP extrasportive. Che rimase sbalordito di (1974 e 1980). Il primo fu Marty Mulligan, fronte ai cartelli “only white” sulle panchia Senigallia, nel 1971. L’ultimo, sulla terra rossa della Toscana, ne del Sudafrica. Un professionista serio che ha sempre avuto Raúl Ramírez. Tra gli altri rivali sconfitti in finale, il connauna spiccata sensibilità verso chi non ha avuto le sue stesse zionale Paolo Bertolucci, il ceco Jan Kodeš (a Kitzbuhel), gli possibilità. americani Vitas Gerulaitis e Pat du Pré e il romeno Ilie NaDopo il ritiro, è stato capitano non giocatore dell’Italia stase, futuro compagno di successi nel doppio, che nel 1973 in Coppa Davis e si è divertito, con successo, nell’offshore a Bournemouth concesse - a malavoglia - l’unica di tre finali ottenendo il primato mondiale di velocità nella categoria enATP ravvicinate al campione romano. trobordo e il titolo di campione del mondo 2004 nella classe L’anno d’oro di Panatta è stato il 1976 grazie ai trionfi in Evolution con il team romano Thuraya. La politica, i libri, la singolare agli Internazionali d’Italia (“L’ottavo re di Roma”) radio. Carismatico ed elegante, in campo e fuori, Panatta ha e al Roland Garros, entrambi vinti al tie-break del quarto set, smesso di giocare a 33 anni, ma non ha mai smesso di scendere rispettivamente con l’argentino Guillermo Vilas e con lo staa rete. Neppure fuori dal campo. (A. P.)

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SPORT

Zlatan Ibrahimovic.

Calcio, infortuni triplicati dopo il lockdown Come prevenire gli stop agonistici dovuti all’inattività

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osa accomuna Zlatan Ibrahimovic, Gonzalo Higuain e «La ripresa dell’attività calcistica dopo mesi di prolungato Radja Nainggolan? L’abilità calcistica non c’entra, la loro stop dovuto all’emergenza sanitaria - ha spiegato all’Agi Paolo professione si: sono tre dei numerosi calciatori che si sono Tenconi, preparatore atletico professionista e allenatore Uefa B infortunati dopo il lockdown. A conferma di una tesi pre- è strettamente correlata all’aumento del rischio di infortuni. A occupante: il rischio di infortuni si è triplicato rispetto all’inizio di differenza della classica pausa estiva annuale, infatti, in questo marzo, quando la Serie A e i principali campionati europei non eraperiodo i giocatori sono andati incontro a una diminuzione sensino stati ancora interrotti causa Covid-19. A sostenerlo è un’indagine bile della Vo2 Max ovvero il volume massimo di ossigeno consudella Wpa - World Players’ Association, pubblicata su Reuters e bamabile nel tempo, proprio a causa dell’inattività forzata a causa sata sui numeri fatti registrare alla ripresa della Bundesliga, la Serie del Covid gli allenamenti sono stati ridotti all’osso e si è andati A tedesca. Assieme alle certezze come i gol di Haaland e lo scudetto incontro a una riduzione della potenza aerobica, della forza mual Bayern Monaco, infatti, il ritorno in campo è stato segnato da scolare e una modifica della composizione corporea. Per questo un aumento percentuale degli infortuni dallo 0,27 allo 0,88. Inoltre, motivo, con la ripresa del campionato – ha proseguito Tenconi - è secondo una ricerca pubblicata sulla BBC, giocare numerose partite necessario che i giocatori seguano un protocollo di recupero per nell’arco di un mese aumenta del 25 per cento riossigenare e rivascolarizzare la muscolatuil pericolo d’infortuni. ra, lavorando con esercizi mirati su adduttoMovimenti laterali, cambi ri, polpacci, quadricipiti femorali e flessori. Movimenti laterali, cambi di direzione, accelerazioni e decelerazioni sono le cause più di direzione, accelerazioni Per scongiurare il pericolo di gravi infortuni frequenti di infortuni. Per la National Athlela Theal Therapy diventa un valido alleato tic Trainers’ Association i più comuni sono e decelerazioni sono le cause grazie ai suoi benefici decontratturanti e a gli stiramenti muscolari (25,8%), seguiti da più frequenti di infortuni un effetto fotobiostimolante che massimizza distorsioni dei legamenti (25,3%), contusioni il risultato terapeutico». (20,3%) e commozioni cerebrali (5,5%). Le Per prevenire spiacevoli stop, secondo il lacerazioni della cartilagine e le distorsioni del legamento crociato decalogo degli esperti, bisognerà sottoporsi a un’attenta valutaanteriore sono alcune delle lesioni più comuni a richiedere intervenzione fisica da parte di un preparatore atletico, seguire un prototo chirurgico. Ma nel calcio giovanile il 30 per cento degli infortuni collo di recupero con uno staff medico, indossare scarpe idonee, è causato dalle cattive condizioni del campo di gioco e il 45 dall’usvolgere uno stretching appropriato, idratarsi bene per ridurre la tilizzo di calzature sportive non idonee alla propria conformazione. fatica e lo stress. L’allenamento “eccentrico” avrà l’obiettivo di Come prevenire i traumi, legati ai mesi di stop forzato e alla migliorare il controllo motorio e la capacità muscolare di addutlontananza dal campo? Seguendo un protocollo di recupero per ritori, polpacci e quadricipiti femorali; i messaggi decontratturanti ossigenare e rivascolarizzare la muscolatura, prediligendo un tipo di possono essere decisivi per evitare danni muscolari. Fondamenallenamento “eccentrico” e, in caso di stop, affidarsi alla laserterapia tale dosare i carichi di lavoro per evitare stress da sovraccarico Theal Therapy (Temperature controlled high energy adjustable mule controllare le condizioni del campo di gioco, scongiurando la ti-mode emission laser) per ridurre i tempi di recupero. presenza di crepe, detriti e bagnato. (A. P.) Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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BREVI

LA BIOLOGIA IN BREVE Novità e anticipazioni dal mondo scientifico a cura di Rino Dazzo

GENETICA Sindrome di Clouston, un anticorpo come cura

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causata da mutazioni della connessina, una particolare proteina, e provoca anomalie su pelle, capelli, unghie: si tratta della sindrome di Clouston, una malattia rara di origine genetica, e i ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc) di Monterotondo hanno messo a punto un anticorpo monoclonale che sta generando grandi aspettative. L’anticorpo, denominato abEC1.1, si lega alla connessina 30 ripristinando l’equilibrio delle funzioni nei tessuti della pelle dei malati, interessati da anomalie, difetti di maturazione e divisioni. I test sui topi hanno dato buoni risultati e lo studio, co-finanziato dalla Fondazione Telethon e realizzato con la collaborazione dell’Università di Padova e della Shanghai Tech University, potrebbe rivelarsi decisivo nella lotta alla malattia, per la quale attualmente non esiste un trattamento specifico.

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RICERCA Trovato l’interruttore del sonno dei topi

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una sorta di interruttore che permette al cervello di controllare lo stato d’ibernazione, è localizzato nell’ipotalamo dei topi e la sua scoperta, ad opera dei ricercatori di Harvard, potrebbe aprire la strada a varie applicazioni anche per gli uomini: da cure più efficaci per le malattie del metabolismo alla possibilità di indurre un sonno profondo negli astronauti impegnati in lunghi viaggi nel cosmo, ad esempio quelli in programma per Marte. Il meccanismo, più o meno, è simile a quello che induce molti animali ad andare in letargo. I topi studiati dai ricercatori di Harvard, nella fattispecie, entrano in una sorta di torpore quando il cibo è scarso e le temperature si abbassano attivando un gene particolare, il Fos. Hrvatin e il suo gruppo hanno compreso e illustrato i meccanismi attraverso cui i neuroni stimolano la reazione, servendosi appunto di un particolare interruttore.


BREVI

ALIMENTI Microplastiche in frutta e verdura italiane

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sospetti e le paure diventano certezze: uno studio condotto dai ricercatori del laboratorio d’igiene ambientale e degli alimenti dell’Università di Catania, diretto dalla professoressa Margherita Ferrante, ha certificato la presenza di microplastiche nella parte edibile di frutti e verdure di largo consumo in Italia. La ricerca, pubblicata sulla rivista Environmental Research, indica le dimensioni delle particelle presenti in frutta o vegetali, variabili da 1,51 a 2,52 microns, oltre che il numero di particelle per grammo di prodotto edibile, 223mila di media per la frutta e 97.800 per la verdura. Si tratta del primo studio che quantifica l’esposizione a microplastiche inferiori ai 10 microns, mentre ulteriori ricerche sono in corso sulla presenza di microplastiche nei pesci. Uno studio che potrebbe avere ripercussioni anche sulle decisioni della Commissione europea in materia di sicurezza alimentare.

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BIODIVERSITÀ Embrioni vitali e madre surrogata per il rinoceronte bianco

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n tutto il mondo non rimangono che due femmine, Najin e Fatu, ma entrambe non sono in grado di portare avanti una gravidanza. Le speranze di salvare dall’estinzione il rinoceronte bianco del Nord, dunque, sono riposte negli ovociti raccolti dalle ultime due superstiti, nello sperma prelevato anni fa da alcuni esemplari maschi poi deceduti, nella disponibilità di una femmina di rinoceronte bianco del Sud, specie a sua volta a rischio, e nel lavoro di BioRescue, un consorzio internazionale di cui fa parte l’italiano Cesare Galli che ha già raccolto 12 ovociti di rinoceronte del Sud e sviluppato quattro embrioni conservati in azoto liquido. Con la stessa tecnica si procederà al tentativo di salvare il destino dei rinoceronti del Nord. Serviranno una madre surrogata del Sud e la riapertura dei collegamenti col Kenya, interrotti a maggio per l’emergenza Covid.

INNOVAZIONE Arriva la prima sinapsi artificiale bioibrida

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er la prima volta una sinapsi artificiale si è mostrata in grado non solo di ricevere stimoli, ma anche di eccitarsi e di mantenere a sua volta l’eccitamento attraverso il dialogo con le cellule di un sistema biologico. Proprio così: una sinapsi artificiale che comunica con le cellule al punto da diventare a tutti gli effetti una sinapsi bioibrida. Ci sono riusciti i ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia e di due università straniere, Stanford ed Eindhoven, autori di una ricerca a cui ha contribuito la napoletana Francesca Santoro. La capacità di dialogo, sperimentata con successo nei test coi topi, rappresenta il primo passo verso un cervello in grado di integrare neuroni e circuiti elettronici e capace di riparare i danni provocati da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson, con la possibilità di rimpiazzare i neuroni danneggiati con microchip in plastica.

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LAVORO

Concorsi pubblici per Biologi Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia “Gaetano Salvatore” di Napoli Scadenza, 3 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale “G. Salvatore” del CNR che effettua ricerca in Endocrinologia ed Oncologia Sperimentale nell’ambito del programma di ricerca IDF SHARID – “Innovative Devices For SHAping the RIsk of Diabetes” per la seguente tematica: “Analisi integrativa della metilazione del DNA e dell’espressione genica in individui a rischio di Diabete di Tipo 2”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” di Napoli Scadenza, 3 luglio 2020 L’Istituto di Genetica e Biofisica “Adriano Buzzati Traverso” indice una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno di ricerca, tipologia “Professionalizzanti”, per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze biomediche” nell’ambito del progetto di ricerca PON MISE dal titolo “Genomica Funzionale di malattie genetiche rare: Realizzazione di strumenti innovativi ad alto potere diagnostico” individuato con il n. F/05011/0102/X32 (CUP B83D17001370008) per la tematica “Identificazione di nuove varianti genetiche responsabili della sindrome di

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Rett, mediante exome sequencing”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare di Monterotondo (Roma) Scadenza, 7 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un Assegno di Ricerca Post Dottorale per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica di Scienze Biomediche da svolgersi presso l’Istituto di Biochimica e Biologia Cellulare del CNR, Sede di Monterotondo, che effettua ricerca in “Scienze Biologiche, Biochimiche e Farmacologiche” nell’ambito del programma di ricerca del Progetto AIRC IG 23329 “GENE THERAPY FOR ATAXIA TELANGIECTASIA SYNDROME AND FOR CANCER-ASSOCIATED ATM KINASE MUTATIONS” CUP B54I19005820007; per la seguente tematica: “Correzione mediante strategia CRISPR/CAS9 di mutazioni puntiformi che inattivano la chinasi Atm”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Napoli Scadenza, 8 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un Assegno di Ricerca “Post Dottorale” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biologiche” da svolgersi presso l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse UOS di Napoli del CNR che effettua ricerca di base di biologia nell’ambito del Progetto di Ricerca dal titolo: “Studio degli effetti inibitori de-

terminati da self-DNA e dei meccanismi molecolari ad essi connessi, utilizzando come organismo modello Caenorhabditis elegans”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Biostrutture e Bioimmagini di Napoli Scadenza, 10 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un assegno professionalizzante per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso la sede secondaria di Napoli dell’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del CNR che effettua ricerca biomedica nell’ambito del programma di ricerca PRIN2017 – Codice: 201744BN5T “Nuovi agenti antitumorali dotati di meccanismo di azione multi-target” per la seguente tematica: “Caratterizzazione biochimica e analisi strutturale mediante cristallografia a raggi X di proteine coinvolte in patologie tumorali”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica di Palermo Scadenza, 13 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento n. 1 (UNO) Assegno Post Dottorale, per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso: l’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica (IRIB) del CNR Sede di Palermo che effettua ricerca scientifica nell’ambito del programma di ricerca: “Malattie da storage lisosomiale:


LAVORO le ceroidolipofuscinosi neuronali” per la seguente tematica: “Ruolo della protenia CLN8 nelle disfunzioni lisosomiali”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica di Palermo Scadenza, 13 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un Assegno Post Dottorale, per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “Scienze Biomediche” da svolgersi presso: l’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica (IRIB) del CNR Sede di Palermo che effettua ricerca nell’ambito del Progetto di Ricerca: “Studio enzimatico e genetico di malattie metaboliche” in collaborazione con Genzyme-Sanofi, per la seguente tematica: “Malattie da Accumulo lisosomiale: ricerca nuovi marcatori molecolari”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Bioscienze e Biorisorse di Napoli Scadenza, 16 luglio 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di una borsa di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze Biologiche” da usufruirsi presso l’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del CNR di Napoli, nell’ambito del Contratto di Ricerca commissionata NO SELF DBA. AD006.035 “Investigate the inhibitory effects of extracellular self-DNA and the underlying molecular mechanisms using, as model organisms, Fungi, Caenorhabditis elegans and Drosophila melanogaster”. Per informazioni, www.cnr. it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia “Gaetano Salvatore” di Napoli Scadenza, 27 luglio 2020 È indetta una pubblica selezione per titoli, eventualmente integrata da colloquio, per il conferimento di due borse di studio per laureati, per ricerche inerenti l’Area scientifica “Scienze Biomediche” da usufruirsi presso l’Istituto per l’Endocrinologia e l’Oncologia Sperimentale del CNR di Napoli, nell’ambito del Progetto FISM titolato: “Restrizione calorica come nuovo approccio terapeutico per manipo-

lare l’immunità e per migliorare il potenziale terapeutico di farmaci di prima linea nella sclerosi multipla recidivante-remittente”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri di Lecce Scadenza, 30 luglio 2020 È indetta una selezione pubblica, per titoli e colloquio, per il conferimento di un “Assegno Post Dottorale” per lo svolgimento di attività di ricerca inerenti l’Area Scientifica “biologia, fisica, scienze chimiche, scienze della natura, scienze e tecnologie forestali ed ambientali, scienze e tecnologie per l’ambiente e il territorio, matematica e scienze statistiche da svolgersi presso l’Unità di Ricerca presso Terzi (URT) dell’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del CNR con sede a Lecce presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento, sulla seguente tematica: “Armonizzazione ed analisi dei dati sui tratti morfo-funzionali e sull’organizzazione delle corporazioni fitoplanctoniche”. Per informazioni, www.cnr.it (concorsi). Azienda Socio-sanitaria territoriale dei Sette Laghi – Varese Scadenza, 12 luglio 2020 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente sanitario - biologo, per le strutture aziendali. Gazzetta Ufficiale n. 45 del 12-06-2020. Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” Scadenza, 14 luglio 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato della durata di trentasei mesi e pieno, settore concorsuale 05/B1 - Zoologia e antropologia, per il Dipartimento di scienze biologiche, geologiche e ambientali. Gazzetta Ufficiale n. 44 del 0906-2020. Azienda Sanitaria Unica Regionale Area Vasta N. 2 di Fabriano (Ancona) Scadenza, 16 luglio 2020 Concorso per il conferimento dell’incarico quinquennale per dirigente medico/biologo/chimico, direttore di struttura complessa UOC patologia clinica - laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologia, disciplina di patologia clinica. Gazzetta Ufficiale n. 46 del 16-06-2020.

Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie li Legnaro (Padova) Concorso, 19 luglio 2020 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente biologo - addetto alla ricerca, a tempo indeterminato e pieno, per la struttura SCS1 - Analisi del rischio e sorveglianza in sanità pubblica. Gazzetta Ufficiale n. 47 del 19-06-2020. Università di Roma “Tor Vergata” Scadenza, 23 luglio 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato, settore concorsuale 06/A3 - Microbiologia e microbiologia clinica, per il Dipartimento di medicina sperimentale. Gazzetta Ufficiale n. 48 del 2306-2020. Azienda Ospedaliera di Perugia Scadenza, 23 luglio 2020 Procedura di stabilizzazione per la copertura di un posto di dirigente biologo, disciplina di biochimica clinica, area della medicina diagnostica e dei servizi. Gazzetta Ufficiale n.48 del 23-06-2020. Azienda Sanitaria Locale Roma 2 Scadenza, 23 luglio 2020 Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente biologo, disciplina di patologia clinica, a tempo indeterminato, per la UOC fisiopatologia della riproduzione e andrologia del Presidio Ospedaliero S. Pertini. Gazzetta Ufficiale n. 48 del 2306-2020. Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” Scadenza, 24 luglio 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato della durata di trentasei mesi e pieno, settore concorsuale 05/I2 - Microbiologia, per il Dipartimento di farmacia e biotecnologie. Gazzetta Ufficiale n. 47 del 19-06-2020. Università di Bologna “Alma Mater Studiorum” Scadenza, 24 luglio 2020 Procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore a tempo determinato della durata di trentasei mesi e pieno, settore concorsuale 05/I1 - Genetica, per il Dipartimento di farmacia e biotecnologie. Gazzetta Ufficiale n. 47 del 19-06-2020.

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SCIENZE

Il carico sociale ed economico della cirrosi L’analisi del dataset rilasciato dal “Global Burden of Disease 2017”, pubblicata su The Lancet: cause principali e fattori di rischio della malattia nelle varie aree del mondo

di Sara Lorusso

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a cirrosi, insieme ad altre malattie epatiche, è tra le principali cause di morbilità e mortalità al mondo, seppur con grandi differenze di impatto tra aree del pianeta e molte variabili collegate alle caratteristiche della popolazione che entrano in gioco. Contano abitudini, genere, condizione sociale di riferimento. Le stime dell’impatto della cirrosi sulla salute pubblica spesso non sono disponibili, soprattutto nelle aree dove la malattia è letale come l’Africa. In altre zone, invece, i dati appaiono incompleti perché i registri ufficiali sottostimano la cirrosi come causa di morte. Infine, la letteratura non sempre ha potuto disporre di rilevazioni univoche poiché la raccolta dei dati sulla malattia si è affidata ad autodichiarazioni, a variegate definizioni di popolazioni osservate, a metodi diversi per la certificazione [1]. In questo contesto disomogeneo si inserisce la stima del carico globale della cirrosi offerta dal “Global Burden of Disease” (GBD), lo studio osservazionale più completo esi© Kateryna Kon/www.shutterstock.com stente, coordinato dell’Institute

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for Health Metrics and Evaluation (IHME) presso l’Università di Washington a Seattle (USA). Il progetto è stato avviato con l’obiettivo di descrivere la mortalità e la morbilità delle principali malattie, delle lesioni e dei fattori di rischio per la salute a livello globale, con focus per Paesi e aree geografiche. Sono disponibili trend e dati a partire dal 1990 e l’ultima release di dataset riguarda il 2017. La quantità di informazioni disponibili permette di fare confronti tra le popolazioni, per provare a comprendere i cambiamenti che investono le politiche sanitarie e determinano un continuo spostamento degli obiettivi di salute pubblica globale. A partire dall’ultima release di dati, è stato rilasciato uno studio sulla cirrosi, pubblicato su “The Lancet” [2]. Non si tratta della prima stima globale redatta sull’impatto della cirrosi. Già nel 1994 uno studio di La Vecchia e altri [3] aveva approfondito il carico della malattia a partire dai certificati di morte raccolti nei database dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) andando indietro fino al 1955:


SCIENZE

Decessi dovuti a cinque cause di cirrosi a livello globale e regionale nel 2017, divise per sesso.

ne venne fuori uno scenario dell’impatto della cirrosi relativo a 38 Paesi ad alto reddito. Anni dopo, la quantità di informazioni disponibili grazie al GBD ha permesso una profondità di indagine [4, 5] decisamente più elevata. Il report propone diverse stime collegate alla cirrosi in base a quattro cause specifiche - epatite B, epatite C, epatopatia alcolica, steatoepatite non alcolica (NASH) - e una serie di fattori indicati con la dicitura complessiva di “altre cause”, che includono epatite autoimmune, malattie epatiche tossiche e altre malattie del fegato. Secondo lo studio realizzato dai ricercatori del gruppo che si è occupato della cirrosi all’interno del GBD, i decessi causati da questa malattia hanno rappresentato il 2,4% dei decessi totali nel 2017, rispetto all’1,9% rilevato nel 1990. Tuttavia, all’aumento del numero di decessi corrisponde anche una diminuzione del tasso di mortalità standardizzato per età, passato da 21 su 100.000 abitanti nel 1990 a 16,5 su 100.000 abitanti nel 2017. Lo studio mostra come in poco meno di trent’anni si sia verificato un aumento significativo del tasso standardizzato di prevalenza calcolato rispetto all’età dello scompenso della cirrosi (il momento in cui emergono i sintomi specifici). Nello stesso arco di tempo, dal 1990 al 2017, la steatoepatite non alcolica mostra un andamento costante rispetto alla mortalità per età, mentre il trend delle altre quattro cause risulta in calo. Concentrandosi sulle differenze tra le cause, lo studio evidenzia come la prevalenza per età della cirrosi dovuta alla NASH sia aumentata più delle altre prese in considerazione, segnando un +33,2% per la cirrosi compensata (cioè senza sintomi specifici evidenti) e +54,8% per la cirrosi scompensata. A causa dell’assenza di sintomi evidenti, è molto difficile che la malattia venga diagnosticata nella fase in cui si dice compensata.

Nella maggior parte dei casi viene scoperta nel corso di controlli medici effettuati per altri motivi, ed è per questo che i dati collegati a questa fase della malattia risultano poco indicativi. Accade frequentemente che la diagnosi arrivi con l’evidenza dello scompenso, in genere con la comparsa di ascite, il sanguinamento di varici esofagee o l’aumento della concentrazione di bilirubina [6]. A questo punto del progredire della malattia, però, la mortalità e la morbilità risultanti dalla cirrosi sono molto rilevanti: il tasso di mortalità a un anno può raggiungere l’80% [7], la qualità della vita è ormai compromessa [9] e la probabilità di dover ricorrere a ricoveri o, nei casi più gravi, al trapianto di fegato è elevata. Ecco perché, sottolineano gli autori dello studio, è fondamentale cercare di affrontare la cirrosi quando è compensata. Il risultato generale dell’analisi redatta sui dati del GBD riguarda la diminuzione o la stabilità del tasso standardizzato per età di mortalità tra il 1990 il 2017 in quasi tutte le regioni del progetto, tranne che in Europa orientale e in Asia centrale, dove il dato è aumentato principalmente a causa dell’aumento della prevalenza di malattie epatiche correlate all’alcol. L’abuso di alcol è, in generale, una delle principali cause di malattia epatica, ed è la settima causa di morte prematura in tutto il mondo [9]. Nei soli Stati Uniti le malattie del fegato legate all’alcol sono la principale causa di trapianto di fegato. In Italia la stima relativa al 2017 [10], elaborata dall’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) su dati Istat, dice che circa 35 milioni di italiani hanno consumato bevande alcoliche e tra questi circa 12 milioni l’ha fatto su base quotidiana. Il 14,8% degli uomini e il 5,9% delle donne di età superiore a 11 anni hanno ecceduto abitualmente nel consumare beIl Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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SCIENZE

Decessi e tassi di mortalità standardizzati per età a livello globale in base alla causa di cirrosi.

vande alcoliche, per un totale di circa 5 milioni e 600 mila persone. Secondo i dati del progetto GBD, nel mondo nel 2017 ci sono stati 10,6 milioni di casi prevalenti di cirrosi scompensata e 112 milioni di casi prevalenti di cirrosi compensata. Nello stesso anno di riferimento a livello globale la cirrosi ha causato oltre 1,32 milioni di decessi, dei quali 440.000 sono riferiti a donne: nel 1990 erano stati 899.000. Rispetto al genere, l’andamento del tasso di mortalità standardizzato per età tra il 1990 e il 2017 è simile nei maschi e nelle femmine, ma a livello assoluto i tassi sono costantemente più alti nei maschi. A livello territoriale, in modo costante dal 1990, il tasso standardizzato di mortalità per età si è rivelato più basso a Singapore (3,7 su 100.000) e più alto in Egitto (103,3 su 100.000). Il secondo tasso più alto è stato registrato in Ruanda nel 1990 (88,1 per 100.000) e in Cambogia nel 2017 (79,4 per 100.000). Il quadro generale che il paper traccia vuole soprattutto fornire una reale fotografia del carico sociale ed economico della malattia: l’impatto della cirrosi è stato segnato da un trend costantemente in aumento a partire dal 1990. L’aumento della popolazione e il suo invecchiamento sono fattori che hanno sicuramente contribuito ad alimentare questo dato, ma l’indagine permette anche di osservare con maggiore consapevolezza la situazione nella sua disomogeneità territoriale. Nonostante la disponibilità di interventi efficaci per la prevenzione e il trattamento, epatite B ed epatite C, fanno notare gli autori, sono ancora per esempio tra le principali cause del carico di cirrosi in tutto il mondo, in particolare nei Paesi a basso reddito. Osservando la malattia nella sua diffusione geografica, lo studio mostra come l’Asia centrale abbia registrato il più alto tasso standardizzato di mortalità per età a causa della cirrosi nel 2017, sia considerando il dato complessivo sia separatamente per genere. La maggior parte dei decessi è stata correlata all’abuso di alcol (il 36,6% di tutti i decessi per cirrosi). Nell’Africa sub-sahariana centrale e orientale, invece, la causa di morte più comune a causa della cirrosi si è rivelata l’epatite C (rispettivamente per il 32,4% e il 28,9%), seguita da epatite B (31,2% e 25,9%). L’indagine sviluppata sui dati del GBD posiziona il Sud-est asiatico al quinto posto rispetto al tasso di mortalità standardizzato per età. L’Europa orientale si classifica al sesto posto e, come

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nell’Asia centrale, i decessi sono stati causati principalmente da malattia epatica correlata all’alcol. Gli autori fanno notare come queste due regioni siano le uniche in cui i tassi standardizzati per età della mortalità sono aumentati significativamente durante il periodo di studio: del 137% nell’Europa orientale e del 50,5% in Asia centrale. L’Australia si è rivelata tra le regioni con la più bassa prevalenza della cirrosi sia compensata che scompensata; i decessi dovuti a cirrosi sono stati principalmente causati da epatite C. L’area del continente asiatico che si affaccia sul Pacifico, caratterizzata da un alto reddito dei territori, nel 2017 ha registrato il terzo tasso standardizzato per età di mortalità più basso: tutti i Paesi di questa regione hanno registrato un forte calo dell’incidenza durante il periodo di osservazione dello studio. L’America Latina centrale è stata tra le regioni con la più alta prevalenza standardizzata per età sia di cirrosi compensata (2272,3 eventi su 100.000) che scompensata (206,6 su 100.000). I decessi per cirrosi nelle regioni latino-americane sono stati principalmente causati da malattie epatiche correlate all’alcol, ad eccezione dell’America Latina tropicale, dove il dato si configura nel 38,1% nell’area andina, nel 36,6% nell’area centrale, nel 34,8% nei Caraibi e nel 34,6% nella zona più meridionale. I decessi per cirrosi nei territori dell’America Latina racchiusi dai Tropici sono risultati principalmente attribuibili all’epatite C. Gli otto Paesi con i livelli più alti del tasso standardizzato per età di mortalità per cirrosi durante il periodo di studio si trovano tutti nell’Europa orientale o in Asia centrale: Lituania, Ucraina, Bielorussia, Russia, Kazakistan, Estonia, Lettonia e Armenia. In tutti questi Paesi, la maggior parte dei decessi nel 2017 è stata causata da patologie epatiche correlate all’alcol. Concludendo la carrellata per territori, lo studio riporta che il Nord Africa e il Medio Oriente hanno evidenziato tassi standardizzati di mortalità e prevalenza modesti. Se invece lo sguardo globale viene diretto soprattutto a distinguere tra le cinque cause di cirrosi, l’analisi rivela come nel 2017 il 31,5% dei decessi per cirrosi nei maschi sia stato causato da epatite B, il 25,5% da epatite C, il 27,5% da epatopatia correlata all’alcol, il 7,7% da NASH e l’8% da altre cause. Nelle donne, invece, la percentuale di decessi per cirrosi causati da epatite B si attesta al 24%, mentre quella per malattie epatiche correlate all’alcol al 20,6%. La quota di decessi causati da epatite C risulta pari al 26,7% e quella causata dalla NASH all’11,3%. Per le donne l’incidenza di altre cause è maggiore: pari al 17,3%. L’epatite B ha causato in generale circa 287.000 morti nel 1990; la cifra è aumentata a quasi 384.000 nel 2017. L’epatite C ha causato oltre 225.000 decessi per cirrosi nel 1994, che sono aumentati a oltre 342.000 nel 2017. Di questi, 225.000 hanno riguardato maschi e 117.000 femmine. L’incidenza dell’abuso di alcol emerge prepotentemente in tutta l’indagine e si conferma un fattore di rischio che negli anni non perde rilevanza. Nel 1990 la malattia epatica correlata all’alcol ha causato poco più di 215.000 decessi


SCIENZE per cirrosi, che nel 2017 sono aumentati a più di 332.000, di cui il 72,6% ha riguardato uomini. Tra le cause analizzate la NASH è stata l’unica per la quale il tasso di mortalità standardizzato per età non diminuisce nel tempo. Osservando l’impatto generale della malattia, sempre attraverso la combinazione dei dati dello studio GBD, il numero di decessi ha raggiunto il picco di età tra 60 e 64 anni in entrambi i sessi nei periodi 1990-2004 e 2011-17. Nel 2017, ultimo anno di dataset a disposizione dello studio, il numero di decessi ha raggiunto il picco nella fascia di età 60-64 anni per i maschi e nella fascia di età 65-69 anni per le femmine. Lo studio rivela come in quasi tutte le regioni il numero di decessi abbia raggiunto il picco nelle fasce di età media (circa 50-74 anni) e che i tassi siano aumentati costantemente con l’aumentare dell’età. Eccezione per l’Europa centrale e orientale che ha mostrato tassi di mortalità più bassi nelle fasce di età avanzata (circa 70-84 anni). Questi risultati, dicono gli autori, suggeriscono che l’incidenza della cirrosi in queste regioni, dove i decessi sono principalmente causati da malattie epatiche legate all’alcol, fosse più alta negli anni ’90, in coincidenza con il picco del consumo di alcol seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica [11]. Quando l’analisi incrocia il dato socio-economico, il tasso standardizzato per età di mortalità appare inferiore nelle regioni con un indice socio-demografico (SDI) più basso. Si tratta di un indice, individuato dal progetto IHME, espresso tra 0 e 1, che identifica la posizione dei Paesi nella scala dello sviluppo, tracciando un micro-scenario che tiene conto di reddito pro-capite, rendimento scolastico medio e tassi di fertilità. Ne deriva una prima indicazione sul fatto che la maggior parte dei decessi correlati alla cirrosi può essere evitata nei Paesi ad alto reddito attraverso un migliore accesso all’assistenza sanitaria. Il principale obiettivo dello studio è provare a individuare il contesto in cui progettare azioni di risposta idonee a contrastare il carico della malattia. Gli autori ricordano che le quattro principali cause di mortalità e morbilità della cirrosi coincidono con condizioni che possono generalmente essere prevenute con la vaccinazione, curate o affrontate tramite la modifica dello stile di vita, soprattutto se diagnosticate presto [12]. Un altro riscontro che l’articolo suggerisce di attenzionare riguarda una precisa indicazione diretta alle donne, per le quali è stata rilevata una percentuale inferiore di decessi per cirrosi causata da epatite B e patologie epatiche correlate all’alcol, ma una percentuale più elevata legata alla NASH e ad altre cause. Questa tendenza, fanno notare, potrebbe essere guidata da fattori ormonali e da una minore prevalenza di comportamenti ad alto rischio come un minor consumo di alcol [13], oppure da tendenza all’obesità [14]. Nel Nord Africa e nel Medio Oriente le malattie del fegato legate all’alcol costituiscono la percentuale più bassa di prevalenza: il dato potrebbe derivare dal divieto di consumo di alcol in vigore in alcuni Paesi di queste aree o, di conseguenza, dalla possibile mancata segnalazione. Nell’Europa occidentale, invece, un’alta percentuale di decessi è dovuta proprio a patologie epatiche correlate all’alcol. Di qui la necessità di nuove politiche educative per la riduzione del consumo di alcol, così come già indicato dall’OMS [15]. Lo studio stilato a partire dal progetto GBD permette proprio di avere un quadro più preciso, seppur non esente da errori e possibilità di miglioramento nella raccolta dei dati, delle risposte possibili alla malattia. In futuro, è il suggerimento lasciato dai ricercatori, sarà importante concentrare la ricerca su fattori di rischio comuni, modelli dietetici e pratiche di screening che potrebbero avere un impatto positivo sulla riduzione dell’onere finanziario della cirrosi.

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SCIENZE

Qual è il carico globale del carcinoma esofageo? Uno dei focus del progetto GBD dell’Università di Washington indaga la malattia attraverso un’analisi su fattori di rischio e tassi standardizzati di mortalità nel mondo

I

l carcinoma esofageo è conosciuto per essere uno dei tumori più pericolosi. Nel 2012 ha fatto registrare un tasso di letalità dell’87,7% [1], classificandosi come l’ottava neoplasia più presente a livello mondiale. Tumore molto comune [2, 3], è diffuso in due principali sottotipi istologici: carcinoma esofageo a cellule squamose, comune soprattutto nei territori in via di sviluppo e collegato in particolar modo al consumo di alcol e tabacco, e l’adenocarcinoma, diffuso soprattutto nelle zone più sviluppate e collegato a obesità, fumo e reflusso gastroesofageo. Come sempre, comprendere a fondo l’epidemiologia della malattia significa poter agire con maggiore efficacia nella progettazione delle politiche di prevenzione, diagnosi e cura. Se ne sono occupati alcuni degli scienziati coinvolti nel progetto “Global Burden of Disease” (GBD). Lo studio epidemiologico osservazionale è coordinato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME), centro di ricerca indipendente presso l’Università di Washington, e si propone alla comunità scientifica come strumento di analisi al servizio delle politiche sanitarie globali. L’enorme mole di dati rilasciata nell’ultima versione del progetto, aggiornato al 2017, è stata analizzata e interpretata da prospettive diverse e nell’ottica di approfondire la diffusione e i fattori di rischio di alcune specifiche patologie. Sono stati realizzati

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diversi articoli pubblicati su “The Lancet” in una serie dedicata alla release 2017 del GBD. Tra questi, la rivista ha ospitato uno studio [4] dedicato all’analisi del carico globale del cancro esofageo. Non era mai stata portata a termine un’analisi così vasta e completa su questo tipo di tumore: grazie al dataset del progetto

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SCIENZE

Proporzione dei DALY nei tumori esofagei attribuibili al tabacco, all’alcol, all’indice di massa corporea, al basso consumo di frutta.

GBD la malattia è stata analizzata nel suo svilupparsi, con l’approfondimento delle associazioni ai fattori di rischio e alle caratteristiche della popolazione in 195 Paesi del mondo. Lo studio è riuscito ad analizzare i dati a disposizione tenendo conto non solo delle diversità esistenti tra diversi Paesi, ma anche della grande varietà di fattori di rischio che hanno a che vedere con questa malattia: alimentazione [5], abitudine al fumo, qualità dell’aria [6] e accesso ad acqua pulita, indice di massa corporea. Nel 2017, ultimo anno di raccolta dati, ci sono stati, spiega il team degli autori del report, 473.000 nuovi casi e 436.000 decessi dovuti alla malattia. L’incidenza standardizzata per età risulta di 5,9 ogni 100.000 abitanti, la mortalità di 5,5. Tra il 1990 e il 2017, periodo completo di osservazione dello studio, l’incidenza standardizzata per età è diminuita del 22%, mentre la mortalità è diminuita del 29%. È diminuito anche il peso degli anni persi a causa della malattia: i DALY (disability adjusted life year) sono diminuiti del 33,4% a livello globale. Contemporaneamente, però, fanno notare i ricercatori, in seguito alla crescita della popolazione e all’invecchiamento, il numero totale di nuovi casi è aumentato del 52,3%, passando da 310.000 a 473.000. In aumento anche il numero dei morti, passato da 311.000 a 436.000, pari a un + 40%. Il dato caratteristico a livello geografico è quello della Cina che nel 2017 ha registrato il maggior numero di casi di decessi (213.000) e DALY (4,46 milioni), pari a quasi la metà di tutti i nuovi casi, i decessi e i DALY a livello mondiale dell’anno. I più alti tassi standardizzati per età di incidenza sono stati, invece,

osservati in Malawi (23 su 100.000 abitanti) e Mongolia (18,5 su 100.000). Quest’ultima osservazione registrata è in linea con la letteratura precedente che, fin dai primi anni Settanta, aveva individuato vaste aree dell’Asia, estese dalla Cina al Mar Caspio, in cui risultavano alti tassi di cancro esofageo [7], al punto che quest’area era indicata come la cosiddetta “cintura asiatica del cancro esofageo”. La fascia territoriale seguiva idealmente il percorso della Via della Seta e per questo gli studiosi avevano ipotizzato l’esistenza di alcuni fattori di rischio ambientale condivisi tra le regioni coinvolte o una storia genetica intrecciata tra le popolazioni dell’itinerario commerciale. Tra le ventuno grandi regioni del progetto GBD, nel 2017, i più alti tassi di incidenza standardizzati per età si sono verificati nell’Asia orientale (12,1 per 100.000 abitanti), nell’Africa sub-sahariana meridionale (10 per 100.000 abitanti), nell’Africa sub-sahariana orientale (7,8 per 100.000 abitanti), nell’Africa sub-sahariana centrale (7,3 per 100.000 abitanti) e nell’Asia centrale (5,7 per 100.000 abitanti). Nel 2017 oltre la metà di tutti i nuovi casi di carcinoma esofageo provenivano dall’Asia orientale: il dato è dovuto sia agli alti tassi di incidenza e sia alla numerosa popolazione. La mortalità e i tassi standardizzati di DALY più bassi sono stati osservati in America Latina andina, America Latina centrale, Oceania, Africa settentrionale e Medio Oriente e Asia sud-orientale. Tra il 1990 e il 2017, i tassi regionali di incidenza, mortalità e DALY standardizzati per età sono diminuiti in tutte le regioni GBD, ad eccezione dei Paesi ad alto reddito del Nord America e dell’Africa sub-sahariana occidentale. Il calo più marcato, seIl Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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SCIENZE

Incidenza standardizzata per età (sopra) e tassi di mortalità (sotto) del carcinoma esofageo nel 2017 per 21 regioni GBD a seconda del sesso.

condo lo studio, è stato osservato in Asia centrale, Asia orientale, America Latina meridionale, America Latina andina, America Latina centrale, Africa sub-sahariana centrale e Africa sub-sahariana orientale. Secondo una tendenza che si è rivelata costante, lungo il periodo dello studio che va dal 1990 e al 2017, la maggior parte dei Paesi ha registrato una riduzione dell’incidenza e della mortalità da cancro esofageo. La diminuzione in Turkmenistan si è attestata al 71,9%, in Uzbekistan al 68,1%, in Kazakistan il calo è stato del 64,3% e in Cina del 36,9%. Le principali eccezioni, fanno notare gli autori del report, si sono avute tra i Paesi ad alto reddito. I tassi di incidenza standardizzati per età sono, per esempio, aumentati negli Stati Uniti (6,7%), in Canada (10,6%), in Austria (23,1%), in Germania (38,4%). Contemporaneamente anche alcuni Paesi dell’Africa sub-sahariana occidentale, come la Sierra Leone (61,4%), il Benin (74,6%) e il Ciad (84 ,1%), hanno aumentato gli stessi tassi. Se l’analisi dei dati vira sul genere, nel 2017 è emersa una

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chiara maggiore incidenza del cancro esofageo negli uomini, sia rispetto agli anni persi a causa della malattia sia rispetto alla mortalità. Quanto ai fattori di rischio, lo studio consolida alcune consapevolezze acquisite. A cinque fattori di rischio per i quali i ricercatori hanno trovato stime disponibili nel dataset GBD sono stati associati gli anni persi a causa della malattia: il 39% è attribuibile al fumo di tabacco, il 33,8% al consumo di alcol, il 19,5% a un elevato indice di massa corporea, il 19,1% a una dieta povera di frutta e il 7,5% al tabacco da masticare. Come prevedibile, l’impatto di questi fattori di rischio varia tra aree geografiche. L’impatto del fumo si è rivelato più elevato nell’Europa orientale (dove il 53,7% dei DALY è risultato attribuibile al fumo) e nell’Europa centrale (49,8% dei DALY); l’impatto minore si è avuto nell’Africa sub-sahariana occidentale (14,8%). Per quanto riguarda l’alcol, invece, l’impatto più rilevante si è registrato in Europa centrale (55,8% dei DALY attribuibili all’alcol) e nell’Europa orientale (54,3%). L’impatto minimo dell’alcol è stato rilevato, invece, nel Nord Africa e nel Medio Oriente (7,2%), dove ne è vietato il consumo (e quindi, anche se fosse eventualmente consumato, è possibile ipotizzarne una sottostima). Se le condizioni socioeconomiche hanno una prevedibile ricaduta dal punto di vista dell’accesso alle cure e alle pratiche di prevenzione primaria e secondaria, non è trascurabile l’influenza dell’ambiente in cui si vive. Lo studio mostra come nei Paesi con un basso indice SDI (socio-demographic Index, un indicatore del GBD che tiene insieme scolarizzazione, tassi di fertilità e reddito pro capite), un basso indice HAQ (Healthcare Access and Quality, indice che qualifica la capacità di accesso alle cure) e alti livelli di inquinamento dell’aria, vi fossero più elevate ricorrenze di carcinoma esofageo a cellule squamose. Più del 90% dei casi di cancro esofageo nella zona compresa tra la Cina e il Mar Caspio, quella un tempo indicata come la “cintura asiatica del cancro esofageo”, sono di tipo a cellule squamose. Tuttavia, il consumo di tabacco e alcol [8], che sono i principali fattori di rischio per il carcinoma esofageo a cellule squamose in molte parti del mondo [9], in questa area non risultano prevalenti. Studi di coorte precedenti avevano, infatti, rivelato un’associazione tra un rischio maggiore di carcinoma esofageo e diversi fattori [10], quali l’uso di oppio, un continuo consumo di bevande molto calde, un’inadeguata assunzione di frutta e verdura fresca, la scarsa salubrità dell’aria interna (indoor air quality) e l’esposizione a idrocarburi policiclici aromatici, la mancanza di accesso all’acqua potabile, una cattiva salute orale e una debole condizione socioeconomica. Ma ad oggi nessun singolo fattore di rischio è stato identificato come “dominante” nella cintura tumorale esofagea asiatica. I Paesi e i territori con un posizionamento migliore rispetto agli indici SDI e HAQ mostrano percentuali più basse di carcinoma esofageo a cellule squamose sulla totalità dei casi di cancro esofageo. Tuttavia, spiegano gli autori, non è stato osservato alcun modello chiaro di associazione tra questa proporzione e la prevalenza della malattia da reflusso gastroesofageo. Una caratteristica epidemiologica di rilievo del carcinoma esofageo a cellule squamose, prosegue il report, sta nel fatto che, per ragioni sconosciute, i tassi di questa malattia possono cambiare bruscamente su distanze spaziali relativamente brevi. Ne è un esempio l’Iran: seppur non contrassegnato come Paese ad alto rischio per il cancro esofageo, nella provincia interna del Golestan, situata nella parte settentrionale dello Stato al confine


SCIENZE con il Turkmenistan, mostra alcuni dei più alti tassi di carcinoma esofageo a cellule squamose al mondo. Allo stesso modo, sebbene l’India e il Brasile non siano considerati Paesi ad alto rischio, alcune aree interne, come il Kashmir e l’area del Rio Grande do Sul, presentano alti tassi di cancro esofageo. Secondo i ricercatori differenze così profonde nonostante i territori considerati siano limitrofi vanno trattate con molta cura: dati simili, in modelli che prevedono livellamenti spaziali e temporali, potrebbero generare errori importanti. Ecco perché è necessario, questo l’invito, raccogliere dati in modo dettagliato, senza tralasciare i dati granulari. Per l’Italia un focus [10] sul cancro esofageo era stato curato alla fine dello scorso anno all’interno della pubblicazione I numeri del cancro in Italia 2019, il censimento ufficiale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica-AIOM, dell’Associazione Italiana Registri Tumori-AIRTUM, di PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP). In Italia il cancro all’esofago ha un tasso di incidenza che nel 2019 è stato stimato in quasi 2.000 nuovi casi, di cui 1.500 nei maschi e 500 nelle femmine. Un dato che è pari, rispettivamente, all’1% e allo 0,3% di tutte le neoplasie. Nel 2016 i decessi per questa malattia sono stati quasi 2.000. Secondo l’indagine AIOM, la possibilità di sviluppare un tumore dell’esofago nell’arco della vita è pari a 1/208 negli uomini e 1/859 nelle donne. Rispetto alle zone, invece, in Italia la distribuzione del tumore dell’esofago è meno frequente nel Centro-Sud sia negli uomini (-47% al Centro e -51% al Sud) sia nelle donne (-33% al Centro e -56% al Sud). La sopravvivenza a 5 anni nei tumori dell’esofago è pari al 13%: la probabilità di sopravvivere altri 5 anni, essendo vissuti il primo anno dopo la diagnosi, è pari al 29%, mentre la probabilità di sopravvivere altri 5 anni, essendo vissuti già 5 anni dopo la diagnosi, è pari al 76%. Tornando al progetto GBD, gli autori del focus sul cancro esofageo fanno notare come un simile dataset abbia permesso innanzitutto di approfondire le differenze tra le due tipologie istologiche principali. Sebbene sia stato osservato un declino generale dei tassi standardizzati per età del carcinoma esofageo, il quadro è diverso per il carcinoma esofageo a cellule squamose e l’adenocarcinoma esofageo. Le stime GBD mostrano una diminuzione dei tassi di incidenza nella maggior parte del mondo, in particolare nelle regioni in cui il carcinoma esofageo a cellule squamose è il sottotipo istologico dominante, con un aumento degli stessi tassi nelle regioni in cui l’adenocarcinoma esofageo è il sottotipo principale. Ma i tassi di incidenza sono aumentati in alcuni Paesi in cui appare dominante il profilo istologico del carcinoma a cellule squamose esofagee, per esempio in Ciad, Benin e Sierra Leone: questo potrebbe essere un effetto di un miglioramento della rilevazione dei casi di malattia nei registri sanitari. Una lettura che conferma, ancora una volta, il ruolo ai fini di diagnosi e cura di una raccolta sempre più dettagliata, specifica e profonda di informazioni. Tirando le somme, nonostante l’incidenza e il tasso di mortalità standardizzati per età del carcinoma esofageo siano diminuiti a livello globale negli ultimi tre decenni, il numero assoluto di nuovi casi, decessi e DALY attribuibili al carcinoma esofageo, concludono gli autor del paper, è aumentato come risultato dell’aumento e dell’invecchiamento della popolazione. Ne deriva la consapevolezza che il carcinoma esofageo pro-

voca ancora un carico di malattia rilevante in tutto il mondo e che l’onere complessivo potrebbe continuare a crescere. Poiché si tratta di uno dei tumori più aggressivi, è importante utilizzare analisi tanto approfondite per programmare azioni di risposta cucite sui fattori di rischio e sulle condizioni prevalenti in ciascun Paese. In particolare, concludono gli autori dello studio, sarebbe il caso di incoraggiare un contrasto ai fattori di rischio noti, quali consumo di tabacco e alcol, o l’obesità, e, contemporaneamente, promuovere nuove campagne capillari di raccolta dati. (S. L.).

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Le strategie patologiche del melanoma L’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma ha svelato il meccanismo di elusione e manipolazione del sistema immunitario da parte del melanoma

di Giada Fedri

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livello mondiale, ogni anno vengono diagnosticati circa 100.000 nuovi casi di melanoma, il 15% in più rispetto al decennio scorso: se infatti fino a pochi anni fa era considerata una neoplasia piuttosto rara, oggi mostra un’incidenza in costante crescita [1]. Una tendenza, questa, comune a tutti i paesi economicamente sviluppati e imputabile sia a un aumento del ruolo delle radiazioni ionizzanti sia al miglioramento delle tecniche diagnostiche. È più frequente nei giovani, tanto che nella fascia di età inferiore a 49 anni rappresenta il secondo tumore per incidenza nei maschi e il terzo nelle femmine, e la forma maligna ha il più alto tasso di mortalità [2] per eventi metastatici tra i tumori della pelle. Anche questo dato è in continuo aumento e ad oggi non c’è ancora all’orizzonte un trattamento efficace per i pazienti negli stadi avanzati della malattia, dove la prognosi è piuttosto sfavorevole (la sopravvivenza media varia da 6 a 10 mesi [3]). Nonostante molti studi clinici testino la validità di una vasta gamma di terapie che vanno dalla chirurgia, all’immuno- , radio e chemioterapia [3], [4] la mancanza di regimi terapeutici realmente efficaci è dovuta, in parte, alla carenza di informazioni sulle basi genetiche della malattia, l’incompleta conoscenza dei meccanismi molecolari e la rapida variazione degli ambienti biochimici associati al tumore, che rendono complicato il disegno di terapie specifiche e mirate [5].

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Il melanoma ha origine dalla trasformazione cancerogena dei melanociti, cellule presenti nello strato più profondo dell’epidermide che producono e contengono la melanina, pigmento con funzione protettiva nei confronti dei danni causati dalle radiazioni ultraviolette. Le cellule tumorali di melanoma possono

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diffondersi rapidamente dal sito d’origine al resto dell’organismo attraverso i vasi linfatici e/o i vasi sanguigni: nel primo caso raggiungono i linfonodi regionali, nel secondo organi vitali quali polmoni, fegato, cervello e ossa. Nonostante la fascia temporale tra gli anni ‘70 e la metà degli anni 2000 si sia contraddistinta per la scoperta e l’approvazione di numerosi agenti chemioterapici e lo sviluppo di cure efficaci per molte tipologie di tumori maligni, la sopravvivenza dei pazienti affetti da melanoma metastatico è rimasta pressoché invariata [6]. Negli ultimi anni c’è stata una vera esplosione di progressi nella comprensione del melanoma e nello sfruttamento di queste informazioni a beneficio clinico: con l’emergere di potenti strumenti diagnostici molecolari sono state identificate una serie di mutazioni, amplificazioni e delezioni geniche strettamente correlate alla crescita tumorale, via di segnalazione per la sopravvivenza cellulare e strategie di resistenza alle terapie convenzionali. Tra le scoperte più significative c’è la consapevolezza sempre crescente del ruolo dell’infiammazione cronica nell’iniziazione e nella progressione del cancro [7], [8], che infatti è ora riconosciuta come uno dei segni distintivi e caratteristici dei tumori [9]. Il microambiente tumorale è modellato dalle interazioni tra le cellule maligne e le cellule “dell’ospite” che rappresentano una componente integrale dei tumori solidi. Tra queste, emergono gli elementi del sistema immunitario innato e acquisito, che possono esercitare effetti sia positivi che negativi sull’esito della malattia. Il melanoma maligno della pelle è considerato uno dei tipi di tumore più immunogenici: contiene infatti una notevole quantità di cellule immunitarie che riflettono la reazione dell’organismo al tumore, la cui progressione può comunque verificarsi anche in presenza di infiltrati linfoidi significativi o di evidenze di una netta risposta antitumorale, palesando che nella maggior parte dei casi il sistema immunitario non è in grado di controllare efficacemente la crescita neoplastica [10], [11]. Questo accade perché nonostante l’attivazione ottimale delle difese immunitarie, la mancanza di adeguati chemio-attraenti nell’area interessata o di specifici recettori sui linfociti T rendono difficile la corretta localizzazione, migrazione o attivazione delle cellule immunitarie, complice anche l’espressione anormale delle molecole di adesione endoteliale. Infine, spesso la funzionalità degli effettori immunitari può essere ostacolata localmente da fattori soppressori secreti dalle cellule tumorali o dalle cellule adiacenti al microambiente che si viene a creare [10].

Tra l’altro è ormai ben documentato che, oltre alle attività di combattimento e difesa, le cellule del sistema immunitario possono esercitare effetti diametralmente opposti, agendo da promotori del tumore e prendendo parte attiva nello sviluppo e nel mantenimento dei processi infiammatori frequentemente associati alle neoplasie [12]. Oltre ai linfociti T, i macrofagi sono generalmente le cellule immunitarie infiltrate più abbondanti nei melanomi e maggiormente coinvolte nella promozione dell’infiammazione cronica. Possono assumere diverse caratteristiche e funzioni, in base alla natura degli stimoli che ricevono: i macrofagi “classici” (M1), possiedono un’elevata capacità di presentare l’antigene, stimolano la risposta delle cellule T polarizzate di tipo I e contribuiscono efficacemente alla difesa immunitaria contro infezioni e tumori virali e microbici, con azione citotossica diretta. I macrofagi definiti “M2” invece, possiedono una debole capacità di presentare l’antigene e hanno un ruolo predominante nella rimozione di detriti, rimodellamento dei tessuti e angiogenesi [13], [14]. Nell’ambito delle patologie neoplastiche, i macrofagi M1 hanno azione antitumorale e hanno le classiche funzioni immunitarie mentre quando convertite in M2 (fenomeno denominato “polarizzazione”) da fattori espressi nel microambiente tumorale [13], [14] , ne promuovono invece la crescita, stimolano l’angiogenesi [13], [15], aumentano la migrazione delle cellule del cancro, l’invasione e la formazione di metastasi [16]. I macrofagi associati al tumore (TAM), similmente agli M2, promuovono la crescita e la progressione del melanoma attraverso la secrezione di fattori di crescita, citochine, fattori pro-angiogenici e fungono perfino da immunosoppressori [13], [17], [18], ostacolando lo sviluppo della risposta immunitaria antitumorale [13], [17]. Proprio per le loro azioni di promozione dell’infiammazione [19], [20] e la loro implicazione nella patologia e nella resistenza alle terapie, i TAM rappresentano un interessante target terapeutico [12], [21]: numerosi studi su topi e sull’uomo infatti, hanno dimostrato che un’alta densità di TAM è per lo più associata a prognosi sfavorevole e resistenza alle terapie [22]–[24]. Farmaci chemioterapici come la Trabectedina, che inducono una rapida apoptosi selettiva dei fagociti mononucleari [25] e il loro conseguente esaurimento nel sangue, nella milza e nei tessuti tumorali, sono infatti molto efficaci nella riduzione dell’angiogenesi, nella limitazione della crescita tumorale e della diffusione metastatica, migliorando inoltre le risposte alla chemioterapia Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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convenzionale e alla terapia anti-angiogenica [24], [26]. Meno di un mese fa, uno studio dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, sostenuto da AIRC, ha scoperto nuovi meccanismi molecolari con cui le cellule di melanoma attivano specifiche vie metaboliche in grado di reclutare le cellule del sistema immunitario (in particolare i macrofagi) e di convertirle in promotori tumorali e contemporaneamente di reprimere la funzionalità dei Linfociti T, principali effettori della risposta antitumorale. Lo studio ha identificato Bcl-2, già noto oncogene per il suo effetto nell’indirizzamento delle cellule verso un fenotipo neoplastico con azioni anti-apoptotiche, come principale attore nella la sopravvivenza e la conversione delle cellule immunitarie nei casi di melanoma [27], inclusi i macrofagi. Il gene Bcl-2 è coinvolto in numerose neoplasie tra le quali il melanoma, il cancro al seno, alla prostata e ai polmoni, e vi sono evidenze del coinvolgimento di Bcl-2 anche nella schizofrenia e in malattie autoimmuni. Finora, non era stato studiato nello specifico l’effetto della proteina Bcl-2 sull’accumulo di TAM o, più in generale, sulle cellule infiltranti il tumore: dall’’ IFO arrivano, per la prima volta, dimostrazioni di una sinergia tra le cellule di melanoma con sovra-espressione di bcl-2 e le componenti cellulari del microambiente tumorale. Il meccanismo scoperto risiede nella capacità di Bcl-2 espresse dalle cellule di melanoma nel guidare la migrazione e la polarizzazione dei macrofagi verso un fenotipo di tipo M2. Già da molti anni è nota l’abbondante presenza di infiltrati linfocitari intra-tumorali nel melanoma cutaneo, dove i componenti chiave dell’immunità innata e acquisita creano un’intricata rete di interazioni cellulari attraverso la secrezione di chemochine, citochine e fattori di crescita necessarie alle funzioni patologiche neoplastiche [28]. Questo studio ha rivelato il ruolo centrale svolto dalla citochina IL-1β nel creare e gestire l’intricata rete di co-

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municazione tra le cellule del melanoma e i macrofagi promossa da Bcl-2, il conseguente reclutamento dei TAM, la formazione di un microambiente pro-tumorale e l’attivazione delle cascate infiammatorie associate. E’ proprio l’espressione di queste specifiche molecole che permette i cambiamenti fenotipici dei macrofagi e l’acquisizione di nuove funzioni, passando da alleati dell’organismo a protagonisti nella progressione maligna aumentando l’angiogenesi, il reclutamento dei leucociti e l’invasività delle cellule tumorali [29], [30]. Come mai questo studio è così importante? Perché individua un potenziale target terapeutico e suppone che l’inibizione selettiva dell’IL-1β possa ristabilire la normale funzionalità immunitaria. Tra l’altro, concentrando l’attenzione sul ruolo centrale dell’infiammazione cronica in tutti questi processi, propongono l’uso di farmaci poco invasivi come l’Aspirina per la prevenzione e il trattamento dell’immunosoppressione del cancro, con l’obiettivo quindi sia di colpire selettivamente le cellule di melanoma sia allo stesso tempo di bloccare i meccanismi con cui il tumore sfrutta ed elude il sistema immunitario. In effetti non è una proposta assurda, se pensiamo che già esistono strategie terapeutiche basati sullo stesso principio, attualmente già impiegate nella pratica clinica. Ad esempio, l’interleuchina-2 (IL-2) è stata indentificata come la citochina responsabile della riprogrammazione dei Linfociti T in TIL (linfociti infiltranti il tumore) stimolandone l’espansione clonale e le attività citolitiche specifiche nei confronti delle cellule di melanoma, rivelandosi un metodo innovativo per la generazione di linfociti con specifica competenza anti-tumorale, basilare nell’immunoterapia adottiva nei tumori [31]. Proprio per questo, L’IL-2 ad alte dosi è stata la prima immunoterapia approvata per il melanoma metastatico [32], seguita dall’interferone-α come terapia adiuvante [33].


SCIENZE La caratterizzazione delle cellule immunitarie nel microambiente tumorale e il loro target mirato ha portato un rinnovato ottimismo per il trattamento dei soggetti affetti da melanoma: la riduzione della formazione di metastasi, di recidiva e di resistenza alle terapie sono possibili con il potenziamento e il consolidamento di un efficace risposta immunitaria antitumorale dei pazienti, determinante per l’esito positivo della malattia. Gli impressionanti risultati ottenuti con l’introduzione dell’immunoterapia, l’approfondimento progressivo della biologia molecolare dei melanomi, la comprensione dei meccanismi di interazione tra il sistema immunitario e le terapie tumorali citotossiche e/o mirate, sono la chiave di volta per convalidare l’approccio sinergico di terapie combinate, che rendono più vulnerabile questa malattia una volta incurabile.

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Peso forma ed equilibrio del microbiota Studio preliminare sugli alimenti funzionali al ripristino del corretto perso corporeo e a un sana flora intestinale

Laurie Lynn Carelli*, Gabriele Montera**, Armida Incorvaia***, Giada Scorza****

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ulla base della moderna ricerca scientifica è sempre più evidente che la nostra salute è strettamente legata ai miliardi di microrganismi che, in condizioni di salute, vivono in perfetto equilibrio e mutuo vantaggio con le cellule dei nostri tessuti e organi. Da essi dipendono la nostra immunità, il rapporto intestino-cervello, la digestione di molti alimenti, la salute dell’apparato genito-urinario, di quello respiratorio, del cuore, della pelle e, naturalmente, dell’apparato digerente. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’alimentazione è progressivamente cambiata in pochi decenni: da un’alimentazione relativamente povera, basata su un consumo di poca carne e molti vegetali, freschi e ricchi di fibra, si è passati ad un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi, con molti additivi e poche fibre. L’alimentazione attuale, inoltre, è povera di quella presenza microbica che per molti millenni ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione del Microbiota. D’altro canto, l’utilizzo di conservanti, coloranti, emulsionanti, dolcificanti, esaltatori di sapidità, insieme all’uso di ormoni ed antibiotici nella zootecnia, all’a-

* Biologa specialista in Analisi Chimico-Cliniche e Microbiologiche. ** Medico chirurgo. *** Biologa Nutrizionista. **** Biologa.

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buso di farmaci (antibiotici, IPP, lassativi, antinfiammatori, etc.), infine agli inquinanti ambientali, minaccia e spesso sconvolge il nostro Microbiota. Da qui il crescente interesse per i probiotici, che rappresentano lo strumento per ricostituirlo. Naturalmente, perché un probiotico sia valido, deve: - Contenere i batteri giusti per integrare la microflora intestinale (lattobacilli, bifidobatteri, enterococchi) - Essere sicuro per l’uomo (cioè specifico) - Risultare attivo e vitale (resistente al pH gastrico e ai succhi epatico e pancreatico) - Essere in quantità giusta (109 cellule vive per ceppo e per giorno) - Essere equilibrato (troppe specie possono limitarsi reciprocamente per competizione). Lo studio da noi effettuato, su 20 volontari adulti (9 uomini e 11 donne) ha l’intento di verificare se attraverso l’utilizzo quotidiano di probiotici ed alimenti poveri di carboidrati e ricchi di fibre solubili e insolubili, nonché moderatamente proteici, contenenti proteine preminentemente di origine vegetale derivanti da piante OGM free, è possibile, partendo da situazioni più o meno severe di disbiosi intestinale collegata al sovrappeso, giungere a riequilibrare il Microbiota, ripristinando nel contempo il peso forma. Nel nostro studio preliminare, abbiamo scelto in particolare un ceppo probiotico, che esercita la sua azione soprattutto sul colon, limitando la produzione di gas intestinali (idrogeno, azoto,


SCIENZE

Figura 1. Gli effetti del B. Breve B-3 sul grasso addominale. (S. Kondo et al. 2010. “Antiobesity effects of Bifidobacterium Breve strain B-3 supplementation in a mouse model with high-fat dietinduced obesity.”)

anidride carbonica e metano). In particolare, tale azione è svolta dal Lactobacillus Plantarum, che contrasta efficacemente i batteri gasogeni (ad es. i Clostridi), ristabilendo l’eubiosi intestinale con remissione della sintomatologia (gonfiore, meteorismo, aerofagia, eruttazione, alitosi). Inoltre, abbiamo utilizzato in contemporanea anche l’innovativo Bifidobacterium Breve B3, che facilitando il catabolismo dei nutrienti, risulta efficace nel contrastare la formazione di grasso addominale (Figura 1), attraverso la produzione di SCFA (short chain fatty acids), responsabili, come è noto, della regolazione del metabolismo mediante la modulazione dell’espressione genica dell’ospite. Insieme all’utilizzo dei probiotici, è stata somministrata per otto settimane una dieta povera di carboidrati raffinati e relativamente ricca di fibre insolubili, di oligosaccaridi, di proteine di derivazione vegetale (OGM Free). In particolare, gli alimenti Carbolight utilizzati contengono fondamentalmente: - Inulina e oligofruttosio (utilizzati elettivamente dai Lattobacilli) - Farina dei cotiledoni di pisello giallo (Pisum Sativum) - Farina di semi di soia (No OGM) - Amido resistente (E 1413: Fosfato di Diamido fosfatato) e fibra di frumento (ottenuta in seguito alla separazione della crusca dal chicco). Entrambi utilizzati elettivamente dai Bifidobatteri. - Glutine di frumento modificato (con procedimento fisico). Nelle prime due settimane di dieta abbiamo utilizzato prodotti senza glutine (pane, pasta) ed escluso dal piano alimentare anche latte e derivati con l’unica eccezione del parmigiano (prodotto senza lattosio). Tutto ciò allo scopo di purificare l’organismo dall’eccesso di proteine del latte e del glutine, così frequentemente presenti nell’abituale dieta quotidiana. Naturalmente, è stato considerato di fondamentale importanza l’apporto di acqua (almeno 2 litri al giorno) e di vitamine, oligoelementi, e sali minerali. I pazienti sono stati sottoposti ad un preliminare protocollo di analisi di laboratorio sotto controllo medico (Glicemia, Creatinina, Colesterolo Totale, HDL, LDL, Trigliceridi, Bilirubina Toltale, Bilirubina diretta e indiretta, Hb A1 Glicata, Sodio, Potassio, GOT/ AST, GPT/ALT, GGT/Gamma Glutammil Trasferasi, Emocromo ed esame completo delle urine), inclusa la Coprocoltura mirata ad evidenziare la situazione di disbiosi. A questo proposito, come è noto, dall’analisi del RNA ribosomiale 16 S risulta che il 75% e più dei batteri che vivono nell’intestino e in particolare nel colon, non è coltivabile. Per questo motivo, senza avere la pretesa di condurre test paragonabili a quelli di

biologia molecolare, ma nel tentativo di colmare il gap tra ricerca e pratica clinica, abbiamo pensato di evidenziare la disbiosi attraverso la coltura di Enterobatteri, Lattobacilli, Miceti, con l’utilizzo di metodiche tradizionali di Laboratorio di Microbiologia. Parallelamente i pazienti sono stati sottoposti a visita nutrizionale completa con anamnesi personale e familiare, ponderale e dietetica. Nel corso della visita, sono state rilevate le misure antropometriche di base: peso e altezza, e queste utilizzate per il calcolo della BMI. Sono state rilevate anche le circonferenze principali di polso, braccio, torace, vita, addome, fianchi e coscia. Infine, è stato effettuato l’Esame Bioimpedenziometrico vettoriale per avere la conoscenza oggettiva della composizione corporea del soggetto. A conclusione delle otto settimane, i pazienti sono stati nuovamente sottoposti ad analisi di laboratorio, a visita nutrizionale completa e ad un ulteriore Esame Bioimpedenziometrico. È stata inoltre ripetuta la Coprocoltura intenzionalmente non al termine delle otto settimane ma a distanza di almeno 21 giorni, al fine di valutare la sopravvivenza dei Lattobacilli nell’intestino dei pazienti. Risultati I pazienti che hanno partecipato allo studio, in base alla perdita di peso sono stati divisi in tre gruppi: GRUPPO 1: Soggetti nei quali abbiamo riscontrato una piccola perdita di peso o hanno mantenuto il loro peso di partenza (5 pazienti) GRUPPO 2: Soggetti nei quali abbiamo riscontrato perdita di peso media di 2-3 kg (4 pazienti) GRUPPO 3: Soggetti nei quali abbiamo riscontrato una perdita di peso maggiore di 5 kg (11 pazienti). I pazienti appartenenti al primo gruppo hanno riportato dei risultati non soddisfacenti, ma in nessuno di questi casi è stata riscontrata una perdita di massa muscolare. I pazienti appartenenti al secondo gruppo hanno riportato una perdita di peso di 2-3 kg, leggermente al di sotto dell’obiettivo fissato. Anche questi pazienti non hanno avuto perdita di massa

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SCIENZE Conclusioni In base ai risultati ottenuti, e in accordo con i dati della letteratura internazionale, possiamo ipotizzare che l’uso quotidiano di Probiotici, in associazione con alimenti funzionali e ricchi di fibre e di proteine vegetali, rende l’ambiente intestinale più recettivo nei confronti degli stessi Probiotici, che possono di conseguenza, attraverso gli SCFA, svolgere le loro molteplici funzioni biologiche. Il presente studio costituisce quindi un primo passo che deve necessariamente essere seguito da studi scientifici condotti in Metagenomica.

muscolare. I pazienti appartenenti al terzo gruppo hanno riportato una perdita di peso maggiore di 5 kg. La variazione di peso è molto varia e rientra in un range che va dai 5 kg ai 8 kg. Dal punto di vista laboratoristico si è osservato un miglioramento dei parametri ematochimici (Glicemia, Colesterolo, Trigliceridi, HDL, Insulina, Transaminasi) senza alcuna contemporanea alterazione della Creatinina, principale indice di funzionalità renale, fattore critico nelle diete iperproteiche. Per ciò che concerne il secondo obiettivo del nostro studio, cioè il riequilibrio del Microbiota, si è potuto costantemente osservare l’attecchimento di Lattobacilli coltivati in Rogosa Agar Liofilchem in anareobiosi con sistema BD GasPak EZ Anaerobe Gas Generating Per 72 ore a 37°. Tuttavia, l’attecchimento dei Lattobacilli non sembra essere sufficiente in generale ad abbassare il livello di crescita dei Coliformi e della Candida, presenti nel 100% dei campioni fecali iniziali. La Candida era presente nella quasi totalità dei casi (18 su 20), sotto forma di spore, più o meno evidenti. Solo in due casi essa era presente sotto forma di ife miceliali. In un caso, le feci mostravano, nonostante la crescita dei Lattobacilli in consistente numero di colonie, la presenza di Enterobatteri diversi da E. Coli e di Candida in forma di ife miceliali. In due dei 20 casi erano presenti ancora Clostridi produttori di gas segnalati nella prima Coprocoltura. Nella valutazione dei risultati, i 20 pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi in base alla presenza dei Lattobacilli: A) Lattobacilli < 10 CFU / 10 µl -> 3 pz B) Lattobacilli 10 - 20 CFU / 10 µl -> 13 pz C) Lattobacilli > 20 CFU / 10 µl -> 4 pz

GRUPPO A (PAZIENTE N. 919).

GRUPPO B (PAZIENTE N. 769).

GRUPPO C (PAZIENTE N. 855).

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SCIENZE Bibliografia P. D’Aquila, L. L. Carelli, F. De Rango, G. Passarino, D. Bellizzi. “Gut Microbiota as important mediator between diet and DNA Methylation and Histone Modifications in the host”. Nutrients 2020, 12(3), 597 G. R. D’Haens and C. Jobin. “Fecal microbial transplatation for Diseases beyond Recurrent Clostridium Difficile infection”. Gastroenterology 2019, 157:624 - 636 E. Rinninella, P. Raoul, M. Cintoni, F. Franceschi, G. A. D. Miggiano, M. C. Mele. “What is the Healthy Gut Microbiota composition? A changing ecosystem across age, environment, diet and diseases”. Microorganism 2019, 7, 14 E. R. Leaning, A. J. Johnson, T. D. Spector, C. I. Le Roy. “Effect of diet on the gut microbiota: rethinking intervention duration”. Nutrients 2019, 11 pii E 2862 N. Zmora, J. Suez, E. Elinav. “You are what you eat: diet, health and the gut microbiota”. Nature Reviews Gastroenterology and Hepatology 2019, 16, 35-36 A. A. Kolodziejczyk, D. Zheng, E. Elinav. “Diet-microbiota interactions and personalized nutrition”. Nature Reviews Microbiology, 2019, 17, 742-753 A. Paoli, L. Mancin, A. Bianco, E. Thomas, J. F. Mota, F. Piccini. “Ketogenic diet and microbiota: friends or enemies”. Genes 2019, 10, 534 A. Tomova, I. Bukovsky, E. Rembert, W. Yonas, J. Alwarith, N. D. Barnard, H. Kahleova. “The effects of vegetarian and vegan diets on gut Microbiota”. Frontiers in Nutrition 2019, 6, 47 A. Heinz-Buschart, P. Wilmes. “Human Gut Microbiome: Function Matters”. Trends in Microbiology 2018, 26, 563-574 C. R. Martin, V. Osadchy, A. Kalani, E.A. Mayer. “The Brain-Gut-Microbiome Axis”. Cellular and Molecular Gastroenterology and Hepatology 2018, 6, 133-148 C. I. Gentile, T. L. Weir. “The gut microbiota at the intersection of diet and human health”. Science 2018, 362, 776-780 M. Insana, L. Donato. Alimentazione DNA Microbioma. Equilibrare il nostro ossigeno tra cimatica e il metodo Ken-BO2. Gabrielli Editori 2018 E. Thurshy, N. Juge. “Introduction to the human gut microbiota”. Biochemical Journal 2017, 474, 1823-1836 C. Colica, G. Merra, A. Gasbarrini, A. De Lorenzo, G. Cioccoloni, P. Gualtieri, M. A. Perrone, S. Bernardini, V. Bernardo, L. Di Renzo, M. Marchetti. “Efficacy and safety of very-low-calorie ketogenic diet: a double blind randomized crossover study”. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2017, 21:2274-2289 G. Merra, R. Miranda, S. Barrucco, P. Gualtieri, M. Mazza, E. Moriconi, M. Marchetti, T. F. Chang, A. De Lorenzo, L. Di Renzo. “Very-low-calorie ketogenic diet with aminoacid supplement versus very low restricted-calorie diet for preserving muscle mass during weight loss: a pilot double-blind study”. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2017,20:2613-21 G. Merra, S. Gratteri, A. De Lorenzo, S. Barrucco, M. A. Perrone, E. Avolio, S. Bernardini, M. Marchetti, L. Di Renzo. “Effects of very-low-calorie diet on body composition, metabolic state, and genes expression: a randomized double-blind placebo-controlled trial”. Eur Rev Med Pharmacol Sci 2017,21:329-345 A. Koliada, G. Syzenko, V. Moseiko, et al. “Association between body mass index and Firmicutes/Bacteroidetes ratio in an adult Ukrainian population”. BMC Microbiol 2017, 17:120 S. Sirisinha. “The potential impact of gut microbiota on your health:

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ECM Questo articolo dà la possibilità agli iscritti all’Ordine di acquisire 3 crediti ECM FAD attraverso l’area riservata del sito internet www.onb.it.

Virus batterici come strumenti per la ricerca biomolecolare: la tecnica del “phage display” Vantaggi e caratteristiche del “phage display” ossia l’esposizione di una proteina, come un enzima, un anticorpo o un peptide sulla superficie del capside di un fago

di Vittorio Verzillo PhD e Andrea Morello

I

virus sono entità biologiche al confine tra materia vivente e materia non vivente. Alcuni possono formare strutture cristalline5 con i loro capsidi e rimanere quiescenti in questo stato per tempi indefiniti, fino al ripristino di condizioni vitali ed al contatto con l’organismo o la cellula ospite. Altri posseggono naturalmente una notevole resistenza ad agenti ambientali chimici e fisici unita alla possibilità di essere modificati come veicoli di materiale genetico estraneo al loro genoma. Sono proprio queste particolari caratteristiche che hanno fatto si che alcuni virus batterici, detti batteriofagi o fagi, divenissero strumenti validissimi per la biologia molecolare. Da quando per primo il canadese Felix d’Herelle usò il termine di “batteriofago” (letteralmente “che mangia i batteri”) nel 1917, numerosissimi fagi sono stati isolati con diverse caratteristiche interessanti. Altrettanto numerose sono state le fondamentali scoperte di biologia dovute sia allo studio e alla comprensione del ciclo vitale dei fagi, sia all’uso di essi in biologia e molte sono state accompagnate anche da premi Nobel. Nel 2018, il premio Nobel per la chimica è stato assegnato in parte a Frances H. Arnold ed in parte a George P. Smith and Sir Gregory P. Winter, a questi ultimi per lo sviluppo della tecnica del phage display2,3,1,4 Una delle prime importanti osservazioni, proprio di d’Herelle, fu la possibilità di usare i fagi per la terapia di infezioni batteriche come la dissenteria da Shigella o altre7: la terapia fagica (“phage therapy”) appunto. Nonostante alcuni risultanti incoraggianti della terapia fagica, gli antibiotici arri-

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varono sul mercato a partire dal 1935, poco dopo l’isolamento dei primi fagi, cosa che ha scoraggiato una sua veloce evoluzione. Un marketing irresponsabile e corrotto da parte delle multinazionali che li producono ha spinto l’uso di antibiotici di interesse medico nell’allevamento a livelli elevatissimi, che raggiungono circa l’80% del totale prodotto8. Questo è senza dubbio la causa principale dell’ insorgenza e della diffusione di importanti patogeni umani antibiotico-resistenti. Per questo motivo, la terapia fagica oggi vive un rinnovato interesse9 come possibile alternativa o aggiunta all’uso di antibiotici. Caratteristiche del phage display La tecnica del phage display consiste nell’esporre (“display”) una proteina, come un enzima, un anticorpo o un peptide, sulla superfice del capside di un fago. Ciò si ottiene clonando geneticamente il DNA che codifica il peptide di interesse “in frame” di traduzione, cioè come fusione ad una delle proteine che costituiscono il capside del virus, in modo da generare una proteina chimerica che si integra nel capside del virus e contemporaneamente espone sulla superfice del fago il peptide studiato2. Il risultato è fondamentalmente diverso sia dal semplice clonaggio ed amplificazione di una sequenza di DNA non espressa, sia dal clonaggio in librerie di espressione di cDNA, nelle quali il prodotto dei cDNA espressi viene evidenziato direttamente su un supporto tipo nitrocellulosa o polyvinylidene fluoride


ECM (PVDF), con la lisi dei batteri infettati. Nel phage display, invece, la proteina viene esposta in un formato particolarmente adatto sia all’interazione con altre molecole, sia alla selezione ed amplificazione di particolari varianti selezionate. Alcuni vantaggi fondamentali della tecnica sono i seguenti: 1) A parte ovvie limitazioni per determinati tipi di proteine, come ad esempio recettori e proteine multicatena di membrana, in una buona parte dei casi la proteina o il dominio clonati ed esposti possono ripristinare la propria struttura (“folding”) naturale correttamente, mantenendo importanti caratteristiche come epitopi, siti enzimatici e funzionali, etc; 2) Tali caratteristiche sono fisicamente unite al DNA che le codifica. Nel phage display il peptide responsabile di una data funzione, sia essa un legame o un’attività enzimatica o altro, è legato al DNA che lo produce. In altri termini, il fenotipo che si osserva è fisicamente connesso al genotipo; Questa è una caratteristica estremamente importante, come vedremo in seguito, perchè permette di isolare e direttamente amplificare specifiche funzioni, come la specificità di riconosimento di un anticorpo, che possono così essere selezionate positivamente tra numerosissime altre; 3) Le dimensioni di un fago sono estremamente ridotte. I fagi filamentosi, per esempio, hanno una struttura simile a bastoncini flessibili, di lunghezza di circa 1μm e diametro di sezione di circa 65 Å (Fig.2). Un millilitro di sospensione di una preparazione di fagi può contenere un titolo elevatissimo di particelle virali (>109 pfu/ml), ciascuna con una variante della proteina ricombinante. Molteplici varianti possono infatti essere clonate in una singola reazione di ligasi (“in batch”), ottenendo una libreria di proteine differenti. Questi numeri rappresentano un vantaggio fondamentale, poichè permettono di esaminare e gestire una notevole diversità di varianti in un singolo esperimento. 4) Alcuni fagi, incluso M13, sono anche particolarmente resistenti a fattori ambientali, come la temperatura ed il pH che, in certi limiti, non riducono la loro capacità infettiva. Questa peculiarità rende possibile utilizzare variazioni considerevoli di protocollo in articolati schemi di selezione e/o di analisi di interazione tra due partner proteici; 5) La costruzione di una libreria può essere realizzata in modo relativamente semplice, economico e rapido, soprattutto se rapportato con i grandi vantaggi e la quantità di informazioni che è possibile ottenere dal suo utilizzo. Elementi di biologia dei fagi di interesse31 La comprensione della biologia dei fagi ha visto enormi progressi negli ultimi decenni, anche sotto la spinta del loro crescente uso in ricerca e biotecnologia. Nonostante l’estremo interesse, l’ampiezza e l’attualità del settore, ci si limita qui soltanto ad alcune nozioni rilevanti per la tecnica del phage display. I fagi si trovano in tutti gli ambienti ed in particolare dove i batteri abbondano, come acque reflue e fogne. Nell’acqua di mare sono le entità piu numerose, superando di gran lunga il numero di batteri. Possono avere genomi di DNA o RNA, sia a doppio che a singolo filamento. Il genoma è contenuto in un capside che può essere di forma poliedrica o “testa”, a sua volta con o senza una struttura denominata “coda”, oppure filamentoso, somigliante appunto ad un filamento molto allungato. In

fagi con capsidi poliedrici, questi hanno dimensioni che possono variare da circa 30 a 100nm, alcuni con code di lunghezza variabile; quelli filamentosi sono lunghi circa 1μm (tale dimensione può aumentare nei virus che ospitano DNA estraneo) ed un diametro di 65-70 Angstrom42. Vediamo alcune caratteristiche di fagi usati nel phage display. Lambda Lambda (λ, Siphoviridae), uno dei batteriofagi più studiati, ha un capside con una testa, una coda e delle fibre della coda, un DNA a doppia elica circolare, e presenta un ciclo vitale che può seguire due differenti modalità: il ciclo litico ed il ciclo lisogeno (o temperato). Il genoma di λ è lungo 48502 paia di basi (bp). Nel ciclo litico, il virus infetta il batterio e ne causa la lisi. Alcune proteine della coda riconoscono un recettore per il trasporto del maltosio sulla membrana batterica ed il DNA virale viene iniettato nel citoplasma batterico attraverso questo canale. Qui il genoma virale viene replicato, codifica per le proteine del fago utilizzando la sintesi proteica batterica, le particelle fagiche vengono assemblate ed infine si ha la lisi del batterio46. Nel ciclo lisogeno, il genoma del virus, che in questo stadio viene definito profago, si integra nel genoma del batterio e si replica insieme ad esso per più generazioni, senza causare danni sostanziali alla cellula ospite. Una situazione di stress, come l’esposizione ai raggi ultravioletti, può avviare l’escissione del genoma di lambda ed iniziare il ciclo litico. Il ciclo lisogeno è preferito quando il numero di fagi nell’ambiente è molto elevato e agisce come un meccanismo di modulazione dell’infezione, utile alla sopravvivenza del fago stesso. Il capside maturo di lambda ha una testa costituita da 415 unità della proteina E e da circa 420 unità della proteina D. La protein D è necessaria per l’impacchettamento del genoma, poichè mutanti nel gene non riescono ad incorporare il genoma e restano in una forma immatura vuota o “pro-heads”. La coda, una struttura tubolare allungata e flessibile, contiene almeno 6 diverse proteine e circa 190 unità della proteina V44. M13 Il fago M13 (Inoviridae) ha un genoma circolare a filamento singolo di 6407 basi, la cui mappa semplificata è riportata in Fig.1. M13 fa parte di un gruppo di fagi definito Ff. Questi

Fig.1. Mappa del genoma di M13. Modificato da [11].

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ECM hanno le due caratteristiche di dipendere dal fattore extracromosomico F’ per l’infezione e di avere il capside con la forma di un lungo bastoncino flessibile (Fig.2). Il genoma forma una doppia elica di filamenti antiparalleli appaiati, essendo circolare, con due anse agli estremi. Una delle anse ha una sequenza di 32 basi indispensabile per l’assemblaggio del fago, chiamata appunto “packaging signal” o PS. M13 non lisa la cellula batterica ma induce il batterio infettato a produrre e a rilasciare nuovi virioni. A parte un certo rallentamento nella crescita dei batteri infettati, questi non vengono danneggiati. M13 ha bisogno che il batterio Il primo evento dell’infezione di M13 è l’interazione della proteina del gene 3 (g3p) con il pilo F (codificato da F’) che funziona da recettore cellulare di superficie e poi con TolA, una proteina della membrana interna. Il DNA del fago viene scoperto dalla protenina del gene 8 (g8p) ed entra nel citoplasma batterico.. Mentre altri fagi filamentosi hanno la possibilità di integrarsi nel genoma batterico, il genoma di M13 resta nel citoplasma come un plasmide e, dopo essere entrato nel batterio, si trasforma nella forma replicativa (“replicative form” o RF) sintetizzando il filamento di DNA complementare. A questo punto il genoma del fago viene moltiplicato. Infine, il DNA a singolo filamento viene stabilizzato e protetto dall’azione delle nucleasi batteriche dalla proteina del gene 5 (g5p), pronto ad essere montato in nuovi virus che verrano poi escreti fuori dal batterio14. Poichè le proteine g8p vengono assemblate in modo dinamico attorno al DNA del fago all’uscita dal batterio, la lunghezza finale del fago può variare a seconda della lunghezza del genoma impacchettato. Le proteine g4p e g1p sono essenziali in questa fase. La g1p forma un poro nella membrana interna, mentre la g4p forma un poro nella membrana esterna. Da questo poro i nuovi fagi potranno uscire dal batterio. Pur essendo essenziali per il passaggio attraverso il periplasma e per l’estrusione del fago, queste due proteine non fanno parte del fago maturo. La parte esterna del capside completo è costituita invece dalle proteine g7p e g9p ad una estremità, quella che viene estrusa prima dal batterio, dalla proteina g8p lungo tutto il capside, e finalmente le g6p e g3p all’estremità che esce per ultima14. T7

T7 (Podoviridae) è un fago con un genoma lungo 39937 bp a doppio filamento e lineare. Il capside ha una testa a forma di icosaedro (a 20 facce) ed una coda. Si riproduce con un ciclo litico ed è notevolmente robusto e stabile40. Il ciclo si completa velocemente e può formare placche di lisi in sole 3 ore. Il virione è fatto di 6 proteine principali: gp10A e gp10B formano la testa; gp8 che formano una struttura anulare chiamata connettore ; gp11 e gp12 sono le proteine della coda e gp17 fa parte delle fibre della coda 12, 13, 40 . Gp10A (lunga 344 aa) e gp10B (lunga 397 aa) sono entrambe un prodotto del gene 10 e sono normalmente espresse in un rapporto di 9 a 1. Tale rapporto fra le due proteine della testa può variare considerevolmente senza tuttavia impedire le funzioni principali del fago. Durante l’infezione, T7 aderisce ai lipopolisaccaridi della membrana batterica dove gp15 e gp16 formano una struttura tubolare che attraversa il periplasma e la membrana cellulare, per permettere il passaggio del genoma fagico nel batterio 12, 13, 15.

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T433 T4 (Myoviridae) è anch’esso molto studiato ed è stato di fondamentale importanza per diverse scoperte cardine di biologia molecolare, come la conferma che il DNA è il materiale genetico e la dimostrazione che il codice genetico è costituito da triplette di basi. T4 ha un genoma di circa 172000 paia di basi ed un ciclo esclusivamente litico. Il virione maturo è composto da circa 50 tipi diversi di proteine. Ha una testa a forma di icosaedro allungato, una coda con una guaina contrattile, e fibre della coda. La testa è formata da tre proteine strutturali, gp23, gp24 e gp20. La proteina gp20 forma l’apertura di accesso del genoma del fago al capside. La superfice della testa è coperta da due altre proteine: Hoc (“highly antigenic outer capsid protein” di 40 kDa) e Soc (“small outer capsid protein” di 9 kDa). Hoc è presente in 160 copie per virione, mentre Soc ne ha 960. Una peculiarità di queste due proteine è che non sono essenziali per il ciclo vitale del fago e vengono incorporate simmetricamente sulla superfice della testa, dopo che l’assemblaggio del capside è terminato. Le proteine virali modificate nel phage display41 La relazione fra struttura e funzione delle varie componenti di un fago ovviamente pone dei limiti alla possibilità di esposizione su fago di molte proteine. In un certo senso, quando si inizia un esperimento che usa la tecnica del phage display, si deve pensare in termini di un ulteriore livello di selezione legato alla biologia del vettore scelto relativamente poco controllabile, rispetto ai livelli di selezione previsti dall’esperimento, di tutte le varianti che verranno esposte sulla superficie del fago. Questi limiti possono essere relativamente ovvi, come le dimensioni della proteina. In particolare, un inserto esposto su g3p di M13 non può eccedere approssimativamente le 1600bp di lunghezza, e ciò è dovuto sia a problemi di stabilità del genoma, sia all’ingombro sterico della risultante proteina di fusione. Altri invece possono essere relativi al particolare ambiente in cui la proteina di fusione assume la sua struttura dopo la sintesi. Per esempio, gli anticorpi ricombinanti Fab vengono espressi relativamente bene come fusione della g3p di M13, perchè l’ambiente del periplasma batterico è ossidante e favorisce la formazione dei ponti disolfuro che tengono insieme le due catene -heavy e light- del Fab; anche domini di proteine di membrana o secrete sono state espresse con successo come fusione alla g3p. Invece, nelle medesime condizioni, alcune proteine nucleari o del citosol possono aver difficoltà nel ripiegarsi nella loro struttura correttamente, perchè hanno bisogno un ambiente riducente. I fagi T7, T4 e lambda non hanno invece le stesse limitazioni tipiche del meccanismo secretorio dei fagi filamentosi. Il “folding” delle loro proteine e l’assemblaggio avviene nel citoplasma batterico prima della lisi in ambiente riducente e ciò ne favorisce l’uso proprio per proteine nucleari e citoplasmatiche41. Diversi fagi filamentosi sono stati usati nel fage display come fd, f1 ed M13. M13 in particolare è stato uno dei più usati. Tutte le cinque proteine del capside M13 possono essere modificate per esporre peptidi estranei41. Nel capside maturo g8p presenta più di 2700 copie; g3p e g6p da 3 a 5 copie ad un’estremità del capside; g7p e g9p hanno ciascuna 5 copie all’altra estremità. G3p e g8p sono le più usate, con il peptide fuso alla loro estremità N-terminale. La g8p copre la parte la-


ECM possono essere usate. Le due proteine modificate sia in vivo, cioè usando il normale processo di assemblaggio del virione nei batteri infettati, sia in vitro, aggiungendo le proteine di fusione ad un capside assemblato da fagi difettivi per esse, cioè hoc- e soc-. Si sono sperimentate sia fusioni N-terminali che C-terminali e, usando dei tag di affinità, è stato dimostrato che l’N-terminale di hoc è l’opzione migliore. In particolare, modificando entrambe hoc e soc, si è riusciti esporre diversi peptidi estranei sullo stesso virione, una caratteristica che, insieme ad altre, potrebbe rendere utile T4 per la produzione di vaccini formulati con antigeni multipli. Tale metodo di vaccinazione con capsidi modificati di T4 è stato testato con successo in topi, con l’obbiettivo di generare una migliore risposta immunitaria contro l’antrace ed una più elevata resistenza al suo LF (“Lethal Factor”, Fattore Letale), rispetto ad altri vaccini33. Sia la proteina della testa D che la proteina della Fig.2. Immagini TEM di fagi che espongono un Fab che riconosce PrP scrapie (prioni). A sinistra, solo virioni. A coda V di lambda sono state usate per il phage display. destra, virioni in presenza di aggregati da una preparazione infettiva di PrPsc (263k). Si noti l’intima associazione La proteina D è lunga 110aa, forma un trimero e può di una delle estremità di ciascun virione con gli aggregati di PrPsc. ospitare una fusione sia all’N-terminale che al C-terminale. La proteina V è lunga 246aa 35 ed è stata usata con fusioni C-terminali. Lambda ha dimostrato di essere un buon vettore per il diterale del lungo capside filamentoso e dà possibilità di esporre splay di librerie di cDNA. Come anche per altri fagi litici, la copie multiple e, anche per questo motivo, ha considerevoli lidisponibilità di estratti per il packaging in vitro dei virioni, facimiti di dimensioni dell’inserto. La g3p è invece più permissiva lita la costruzione di librerie di buona complessità che possono in questo senso. La risultante proteina di fusione alla g3p ha raggiungere più di 107 cloni indipendenti. Questo fago è stato di solito una sequenza leader necessaria per la localizzazione al usato anche per una libreria di peptidi C-terminali, usata con periplasma batterico che verrà eliminata, il peptide esposto, un successo nello studio dei domini PDZ per determinare la spelinker, ed infine la g3p. Il linker puo essere disegnato in modo cificità delle sequenze C-terminali dei recettori di membrana a da essere tagliato da proteasi, se si vogliono eluire fagi che porcui si legano34. La stessa libreria di peptidi, costruita al C-termitano ligandi con elevatissima affinità. Il grande numero di copie di g8p presenti su di un singolo nale della proteina D, è stata anche usata per mappare l’epitopo virione permette invece di esporre numerosi brevi peptidi, credi un anticorpo monoclonale che riconosce, in immunoistochiando cosi file lunghe nanometri (o “nanoarrays”) ed ordinate di mica, sezioni di corteccia da pazienti di Alzheimer, ma non da uno stesso motivo proteico. Questo sistema è stato denominasoggetti normali23. to “landscape phage” e trova applicazioni in nanotecnologia e Anche in lambda è stato possibile ottenere l’esposizione di biosensori. due proteine diverse sullo stesso virione39 contemporaneamenI vantaggi dell’uso di T7 per esporre peptidi si possono te, sulla protein D della testa e sulla proteina V della coda. riassumere nei seguenti: possibilità di clonare inserti più lunghi di 1000 bp direttamente nel genoma del fago, possibilità di Sistemi a due geni packaging delle librerie in vitro, stabilità dei cloni ricombinanti, In alcuni tipi di vettore, è possibile introdurre un gene velocità nella formazione delle placche di lisi, indipendenza da addizionale per la produzione della proteina del capside meccanismi di secrezione attraverso il periplasma batterico16. modificata in versione originale (“wild type” o WT). Ciò può essere utile quando l’espressione della totalità delle La gp10B è un’isoforma di gp10A, la principale proteina proteine di un certo tipo come proteine di fusione potrebbe della testa, prodotta da uno slittamento del frame di lettura (o essere problematica, come nel caso di una proteina sterica“frame shift” ribosomale) che aggiunge 53 amminoacidi alla mente ingombrante. La presenza di un gene wild type dà gp10A16. Il display al C-terminale di gp10B è risultato partiinfatti la possibilità di avere a disposizione sia la proteina colarmente favorevole e solido per la produzione di librerie di di fusione sia quella originale, in modo che il montaggio cDNA. T7, come anche altri fagi, è prodotto e venduto come kit del capside possa utilizzare entrambe, rendendo l’inclusioper clonare cDNA. ne della proteina di fusione possibile, ma non obbligata e Fra le proteine di T4 modificate in phage display c’è la proteina fibritina, prodotta dal gene gpwac. La fibritina è una possibilmente dannosa al ciclo del fago. In M13, si hanno vettori per l’esposizione su g3p con un gene g3p WT extra proteina strutturale della coda e può essere modificata al C-terminale. La proteina di fusione è correttamente espressa ed asoppure, per l’esposizione su g8p, con un gene g8p WT exsemblata nei virioni. Questo metodo è stato usato per esporre tra, anche detti rispettivamente tipo 33 e tipo 88. L’uso di con successo un dominio di 45 aa della regione pre-S2 del virus vettori chiamati fagemidi risponde alla medesima esigenza e dell’epatite B. ad altre, ma in modo sostanzialmente diverso, come si vedrà Anche le proteine non essenziali hoc (39 kDa ) e soc (10kDa) in basso. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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Fig.3. Schema rappresentante la differenza tra un peptide (in rosso) esposto usando g3p (in rosa) nel sistema classico, oppure in pJuFo37. Nel display classico il peptide è fuso all’N-terminale della g3p. In pJuFo, si usano le leucine-zipper Jun e Fos per ottenere un display C-terminale. Jun (in verde) è fusa alla g3p, mentre il peptide ospite è fuso al C-terminale di Fos (in azzurro).

Display N-terminale o C-terminale I due estremi di una catena peptidica, l’ N-terminale (o amminoterminale) ed il C-terminale (o carbossiterminale), hanno caratteristiche peculiari, a parte la specificità di una sequenza aminoacidica e la struttura generale di una data proteina. Per esempio, una sequenza di un epitopo può essere riconosciuta dal corrispondente anticorpo solo se posizionata al C-terminale, ma non se fusa all’ N-terminale o in altri punti della proteina chimerica. Quindi, in fase di programmazione di un esperimento di phage display, a seconda dell’interazione che si vuole studiare, può essere necessario valutare se l’esposizione della peptide in esame debba avvenire all’ N-terminale o al C-terminale. In particolare, il clonaggio di librerie di cDNA deve essere al C-terminale, per evitare che codoni di stop impediscano la lettura del resto della proteina di fusione contenente la proteina del capside virale, riducendo drasticamente la diversita’ della libreria esposta. Poichè la g3p di M13 risulta particolarmente versatile per il display N-terminale, si è pensato di renderla disponibile anche per il display C-terminale. Il vettore pJuFo37 usa la leucine-zipper costituita dai peptidi Jun and Fos proprio per questo scopo. Jun e Fos interagiscono come alfa eliche parallele formando una struttura a cerniera di leucine. Clonando Jun come proteina di fusione all’N-terminale di g3p di M13 ed aggiungendo una seconda proteina di fusione costituita da Fos più i peptidi da esporre al suo C-terminale, si ottengono librerie al C-terminale. Librerie di phage display Un fondamentale vantaggio dei fagi sono le ridotte dimensioni e quindi la possibilità di manipolare un grande numero di varianti in un singolo esperimento. Un insieme di varianti di un certo gruppo di proteine, domini, peptidi o mutanti di una singola proteina o anche di un singolo dominio, rappresenta una libreria. Il concetto di libreria è intimamente legato alla tecnica del phage display. Inoltre, ogni variante espressa nella libreria è unita al gene che la codifica, ogni singolo fenotipo isolato è direttamente legato al genotipo che lo produce e che può essere quindi speditamente amplificato ed ulteriormente caratterizzato.

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Librerie di peptidi Nella maggioranza dei casi una libreria esplora un numero di varianti minore di quelle naturalmente possibili. Si pensi ad una libreria di anticorpi o una libreria di domini da cDNA di un determinato organo/tessuto. In questi casi, più grande è il numero di elementi nella libreria e cioè il numero di cloni indipendenti dalla trasformazione o elettroporazione o packaging della reazione di ligazione della libreria nel vettore, migliore è la qualità della libreria, poichè rappresenta più fedelmente la reale diversità e permette così l’esplorazione di un numero maggiori di interazioni. Una libreria di peptidi randomizzati è un caso particolare, poichè rappresenta un sistema di cui si conosce meglio la diversità teorica. Per esempio, sappiamo che una libreria di brevi peptidi di lunghezza di 5 amminoacidi dovrà idealmente contenere tutte le possibili varianti dei 20 amminoacidi in ciascuna delle 5 posizioni, cioè 205=3.2*106 . Questo è un numero facilmente gestibile nel costruire una libreria di fagi. Ma all’aumentare della lunghezza del peptide voluto, corrisponderà un’aumento esponenziale dei cloni necessari per ottenerla. In questo caso ci si può accontentare di un sottoinsieme soddisfacente della popolazione teorica. Per costruire queste varianti si usa un clonaggio effettuato con oligonucleotidi “degenerati” ottenuti mediante sintesi chimica: in breve, alla sintesi della catena crescente dell’oligonucleotide si aggiungono, in determinate posizioni ed invece di uno solo dei quattro possibili nucleotidi, tutti e quattro i nucleotidi. L’amplificazione mediante PCR dell’inserto che codifica parte della proteina del capside con tale mix di oligonucleotidi, genererà molteplici cloni che produrranno la proteina di fusione ed ogni singolo clone esporrà uno dei diversi (n) peptidi fuso alla proteina del capside del fago. Per esempio, gli oligonucleotidi utilizzati per clonare una libreria di pentapeptidi di questo tipo, montata in un particolare vettore (pJuFO37, vedi oltre) usando siti di restrizione XbaI e ClaI, al C-terminale di una proteina di fusione, sono i seguenti: VL5, forward primer> 5’-GGTGCTGCTATCGATGGTTTC-3’

Fig.4. Schema delle regioni di una IgG corrispondenti a due tipi di anticorpi ricombinanti, Fab, delineate in rosso, e ScFv, delineate in blu, usate per la costruzione di librerie in fagi. Le due catene variabili heavy e light sono tenute insieme da un linker (arancione) nei ScFv . La posizione dei mix di oligos (frecce) usati per il clonaggio è indicata relativamente alle regioni codificate ed alle PCR di assemblaggio degli inserti finali, differenti per Fab e ScFV.


ECM VL3, reverse primer > 5’-GAATGGGCCCTCTAGATTAMNNMNNMNNMNNMNNCAGGCCCAGCAGGTG-3’ M=A/C N=G/A/T/C Nell’oligo complementare alla regione che codifica il peptide random possiamo distinguere in rosso il codone di stop ed in verde codoni per cinque amminoacidi random. La terza base in frame di lettura di ogni tripletta, prima nel complementare (M=A/C), evita codoni di stop in una delle 5 posizioni del pentapeptide. Le librerie di peptidi rappresentano un tool molto utile anche per la definizione degli epitopi e della specificità degli anticorpi23, come si vedrà più avanti. Librerie di anticorpi Le librerie di anticorpi ricombinanti sono sicuramente uno dei formati più usati del phage display e che hanno prodotto più risultati. Gli anticorpi sono molecole relativamente grandi e complesse. La struttura base di una IgG è composta da quattro catene polipeptiche, due leggere e due pesanti, unite fra loro da ponti disolfuro. La molecola pesa complessivamente circa 150kD. Possiede due siti per il legame all’antigene, cioè è bivalente, e nella regione costante siti per l’attivazione del complemento, per l’interazione con cellule, per la localizzazione ed il trasporto. Le parti della molecola responsabili per il riconoscimento dell’antigene (o CDRs, “Complementarity Determining Regions”) si trovano nelle regioni variabili di catene leggere e pesanti. Queste possono essere riassemblate in vario modo con lo scopo di mantenere la capacità di riconoscere l’antigene, ma in formati più ridotti e manipolabili. Comuni varianti di anticorpi ricombinanti (Fig. 4) sono: il ScFv (Single Chain Fragment V, di circa 24kD), il Fab che contiene anche parti delle regioni costanti per conferire maggiore stabilità (Fragment AB, di circa 50 kD) ed il dAb (domain antibody o nanobody, di circa 12kD). I dAbs sono invece costituiti originariamente da una singola catena polipeptidica; in natura, i camelidi (cammello, lama, dromedario, etc.) hanno anticorpi di questo tipo e alcune librerie di dAb sono state prodotte proprio da questi animali47. Per la costruzione di una libreria di anticorpi ricombinanti, per esempio di ScFvs, a parte il caso di anticorpi interamente sintetici o da maturazione di affinità, le regioni variabili vengono amplificate mediante PCR da preparazioni di linfociti periferici da donatori (tipo gradiente Ficoll) o da preparazioni di milze di animali da laboratorio immunizzati allo scopo, usando particolari mix di oligonucleotidi. La composizione di tali mix è di importanza fondamentale, perchè devono avere la caratteristica di amplificare tutte le sequenze variabili possibili ed anche in modo bilanciato, cioè che non amplifichi eccessivamente particolari varianti a discapito di altre. Le librerie possono poi essere sintetiche o semisintetiche. In questo caso tutte o parte delle sei CDR delle regioni ipervariabili necessarie per il legame all’epitopo vengono randomizzate, usando oligo degenerati, e montate su catene leggere e pesanti che hanno determinate caratteristiche, tipo migliore stabilità o specie di derivazione delle regioni costanti (murina o umana). L’origine di tali regioni costanti può essere rilevante nei profili di immunogenicità, per un possibile successivo uso in terapia degli anticorpi derivati.

Librerie immuni e naïve Le librerie di anticorpi non sintetiche possono essere di tipo immune oppure naïve. Lo scopo di librerie immuni è quello di identificare anticorpi specifici contro un determinato target o un particolare patogeno, etc. Per ottenere ciò, si possono immunizare topi con l’antigene d’interesse e da questi si prelevano le milze da cui si isolano i linfociti, oppure si possono usare linfociti periferici di donatori con una particolare patologia che abbiano sviluppato, quindi, una specifica risposta immunitaria. Le librerie naïve provengono invece da animali (o donatori) non previamente immunizzati contro agenti particolari. Quando le librerie di anticorpi naïve sono di buona qualità, rappresentano una valida alternativa al processo di immunizzazione e alla tecnica degli ibridomi. Anticorpi monoclonali vengono usualmente generati mediante la tecnologia degli ibridomi, in cui animali da laboratorio vengono immunizzati e i loro splenociti vengono isolati e fusi con cellule immortalizzate di mieloma. Una selezione di specifici anticorpi ricombinanti contro un dato antigene da una libreria di phage display impiega una o due settimane, mentre lo sviluppo di un’ibridoma richiede tipicamente mesi. Inoltre, una volta selezionato da una libreria in fagi, l’anticorpo ricombinante ed il DNA che lo codifica sono immediatamente disponibili per purificazione, subclonaggio in vettori di espressione, maturazione dell’affinità, etc.; invece, le linee di ibridoma possono non essere stabile nella produzione dell’anticorpo (un fenomeno denominato “drifting”); possono non esprimere una singola sequenza anticorpale, causando variabilità nei risultati; richiedono ulteriore lavoro per la sequenza di DNA o ulteriore clonaggio; implicano il sacrificio di animali di laboratorio per ogni target, etc. Nel formato più usato, la libreria di anticorpi in fase liquida, come una sospensione di fagi, viene messa in contatto con un determinato antigene, in fase solida (cioè immobilizzato su plastica, per esempio) per selezionare i fagi che espongono un anticorpo che si lega ad esso, con una procedura che si chiama “biopanning” o, più semplicemente, selezione. Nei vari cicli di selezione, i fagi (che portano gli anticorpi esposti) aspecifici vengono eliminati con lavaggi sempre più stringenti, mentre quelli specifici vengono eluiti, mediante l’uso di estremi di pH o di temperatura o mediante legame competitivo, etc., riamplificati ed immessi nel ciclo successivo. Con tale procedura, i fagi selezionati dopo diversi cicli saranno arricchiti con quelli che portano anticorpi specifici per uno o più epitopi dell’antigene. Questi possono finalmente essere isolati, amplificati e testati singolarmente in ELISA e/o con altre modalità che dipendono dal tipo di vettore usato, per il legame all’antigene. Varianti di una singola proteina Si può pensare in termini di libreria anche quando si vogliono migliorare le caratteristiche di una una singola proteina. Pensiamo ai casi in cui si abbia già un anticorpo ricombinante di cui si voglia migliorare il legame all’antigene, cioè aumentarne l’affinità, oppure un enzima di cui si voglia accrescere l’attività enzimatica. In questi casi, si costruiscono librerie di varianti esposte della stessa proteina, per poi selezionarne quelle che presentano le caratteristiche. Per un ScFv, si possono creare varianti delle tre regioni ipervariabili, le CDR di catena leggera e pesante, usando sia metodi che introducono esclusivamente variazioni casuali, oppure un misto di variazioni casuali e desiIl Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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ECM gn razionale. Finalmente le varianti vengono clonate in gruppo nel vettore fagico e selezionate sull’antigene per una più elevata energia di legame. Analogamente un enzima si può migliorare creando una libreria di varianti ottenute con la “error prone PCR”, cioè una PCR eseguita con una polimerasi senza attività di correzione che quindi genera mutazioni a caso nei prodotti finali, oppure con la “PCR shuffling”, una tecnica che induce riarrangiamenti più radicali di semplici mutazioni puntiformi del templato iniziale. A seconda del tipo di enzima, la libreria così ottenuta può essere selezionata per affinità di legame per un analogo dello stato di transizione della reazione catalizzata oppure direttamente per una migliore attività enzimatica. Fagi e fagemidi Le librerie di fage display si possono infine distinguere in fagiche o fagemidiche. Nelle librerie fagiche, cioè costruite in fagi, l’informazione del peptide esposto è inserita come fusione di una delle proteine del capside del fago, per esempio g3p. Tutte le proteine g3p del fago saranno quindi codificate come fusioni, anche se eventi di proteolisi durante la produzione dei fagi ridurranno la presenza di proteine di fusione intatte, specialmente se le dimensioni della proteina ospite sono eccessive. Poichè g3p è presente in tre-cinque copie nel capside del fago, si ha un display multivalente. Se la proteina modificata è la g8p si avrà un elevatissimo numero di copie espresso sulla superficie del capside, poichè la g8p è presente in >2700 copie. Ma avere tutte le proteine g3p o tutte le protein g8p espresse esclusivamente come proteine di fusione può essere problematico, specialmente con l’aumentare delle dimensioni del peptide inserito. Le librerie fagemidiche aiutano a risolvere questo problema usando un fago helper per separare le funzioni di produzione delle particelle fagiche che espongono la proteina, da quelle di clonaggio ed amplificazione degli elementi che costituiscono la libreria. Per il display su g3p, il fagemide è un plasmide che deve contenere alcuni elementi essenziali: un’origine di replicazione che permette un elevato numero di copie, un efficiente PS (packaging signal), la proteina g3p modificata come fusione alla

Fig.5. Rappresentazione schematica di un ciclo di phage display.

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proteina oggetto di studio ed una resistenza a un antibiotico, per poter selezionare i cloni che lo ospitano. Il fago helper porta invece: i geni per le proteine fagiche necessarie alla produzione del virione, inclusa g3p wild type, la resistenza ad un antibiotico (diversa da quella presente nel fagemide per permettere una doppia selezione), un’origine di replicazione ed un packaging signal difettivo. Il fago helper, anche se difettivo, può essere facilmente propagato. Quando un batterio che ospita un fagemide viene infettato dall’helper, quest’ultimo fornisce tutte le proteine per formare il virione, anche se il suo genoma viene fortemente svantaggiato durante il packaging, rispetto ai fagemidi. Il risultato sarà la produzione preferenziale, anche se non omogenea, di particelle fagiche che espongono sia la g3p di fusione sia la g3p wild type, in rapporti variabili e portano il DNA del fagemide. Vettori di questo tipo per g3p e g8p, vengono anche rispettivamente denominati tipo 3+3 e 8+8, per analogia al tipo 33 e 88 dei sistemi a due geni visti sopra. Ulteriori evoluzioni del sistema dei fagemidi implicano l’uso di cellule batteriche che ospitano altri plasmidi capaci di produrre tutte le varie proteine del fago. Anche se presenti in letteratura, a causa di barriere di protezione di proprietà intellettuale, è difficile verificare quanto efficaci siano questi nuovi sistemi che, se ben funzionanti, potrebbero rendere del tutto superfluo l’uso del fago helper con fagemidi38. Il biopanning Il biopanning consiste nella serie di operazioni necessarie per attuare una selezione per affinità da una libreria generalmente molto ampia, di una ristretta popolazione di fagi che espongono determinate varianti. Lo scopo di questa selezione è quello di trovare partners molecolari che interagiscono con una data proteina. In un certo senso, si usa un’esca molecolare (“bait”), che può essere di natura proteica o diversa, per identificare ed isolare le varianti (“preys”) che si legano alla nostra bait. Un ciclo standard di biopanning include tre fasi: 1) l’incubazione della libreria con la proteina di interesse; 2) lavaggio dei fagi aspecifici; 3) eluizione ed amplificazione dei fagi specifici come in Fig. 5. Il ciclo viene ripetuto tre o più volte, a seconda della grandezza della libreria, dello scopo della selezione e della natura dei partner nell’interazione studiata. Nella versione più semplice, la libreria di varianti, per esempio una libreria di anticorpi ricombinanti come sospensione di fagi in pochi ml di buffer, viene incubata con la proteina bait in presenza di un agente bloccante aspecifico come BSA o latte magro. La proteina bait è di solito fissata su fase solida, come un tubo o sfere di polistirene trattato per il “coating” con proteine e l’incubazione avviene su agitatori, per favorire il maggior numero di interazioni possibili. All’incubazione seguono dei lavaggi con buffers, con o senza detergenti blandi (tipo Tween 20), che hanno la funzione di aiutare ad eliminare la maggioranza dei fagi non specifici. Alla fine di ogni ciclo di selezione, gli anticorpi specifici possono essere eluiti con vari metodi che vanno da estremi di pH (ad esempio trietilammina 100mM, ~pH12), all’uso di batteri, che vengono fatti infettare direttamente dai fagi ancora nel tubo e successivamente piastrati su medium selettivo, all’uso di proteasi (che


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Fig.6. Una coppia di sonde PCR esterne all’inserto di una libreria di cDNA da cervelletto di topo è stata usata per verificare la “convergenza” di una popolazione di fagi, inizialmente con inserti di dimensioni variabili (banda larga diffusa o “smear” al primo round), in una popolazione più ristretta ed omogenea di cloni, di cui il prevalente risulta essere un inserto di circa 700bp.

separano del tutto il fago dalla coppia anticorpo-epitopo, la cui interazione potrebbe essere molto forte e impossibile da dissociare in altri modi, senza danneggiare la capacità infettiva del fago), etc. è da notare che la fase solida può anche essere costituita da cellule vive metabolicamente attive e/o in coltura18. Con diverse procedure si possono poi arricchire i fagi con ligandi di antigeni di superfice oppure con peptidi o anticorpi che vengono internalizzati dalle cellule in diversi compartimenti 19. Questo formato è stato adattato anche all’uso su cellule cresciute in sistemi microfluidici che sembrano migliorare le possibilità di interazione tra recettore e peptide esposto su fago17. Potendo affidarsi alla particolare resistenza dei fagi, lo schema base del ciclo di selezione può subire variazioni notevoli e diventare relativamente complesso. Un esempio potrebbe essere il metodo usato per l’identificazione di peptidi che si legano agli endoteli vascolari in modi tessuto- , organo- o cancro-specifici. A questo scopo, intere librerie di peptidi sono state iniettate intravena in topi, recuperando poi i fagi da particolari tessuti, cioè isolando fagi che portassero sul capside peptidi con proprietà di localizzazione specifica negli endoteli di particolari organi, tessuti o masse tumorali20. Un altro esempio è quello di schemi di selezioni sottrattive che hanno ottime potenzialità per l’identificazione di epitopi differenziali (“epitope differential display”). In due estratti simili e complessi, si cerca di identificare selettivamente i pochi epitopi che sono in un estratto ma non nell’altro. La libreria di partenza viene quindi prima “sottratta” di tutti i ligandi contro l’estratto A, per poi attuare una selezione positiva sull’estratto B, in presenza dell’estratto A, al fine di identificare epitopi presenti solo in B, ma non in A. Un test del funzionamento di tale

Tab. 1. Alcune librerie fagiche usate per sviluppare anticorpi terapeutici27.

Fig.7. Epitope mapping di un anticorpo anti PrP. Dopo tre cicli di selezione di una libreria di dodecapeptidi su fago, 26 cloni sono stati sequenziati. Una chiara convergenza dei cloni è visibile, che indica la sequenza “SNQN”, posizionata in un loop della struttura della molecola, come parte principale dell’epitopo dell’anticorpo.

Tab. 2. Anticorpi da phage display approvati o in fase III (al 2016)29.

schema di selezione, in un sistema semplificato consistente di diverse isoforme della stessa proteina, ha portato all’identificazione di un ScFv specifico per l’esone 3 di Tau (Verzillo V., non pubblicato), una proteina associata ai microtubuli ed implicata nella malattia di Alzheimer. L’esone riconosciuto è presente in solo due delle sei possibili isoforme di Tau. In genere, una selezione di phage display procede con la convergenza della library verso una più ristretta popolazione di cloni. L’output di ogni ciclo di biopanning tipicamente aumenta, in termini di numero netto di fagi, ma ne riduce la diversità, indicando appunto la selezione positiva per il legame alla proteina “bait”. Per alcune librerie, quelle con cloni di dimensione variabile, tipo una libreria di cDNA da tessuto, si può testare questo fenomeno, a parte ovviamente che con il sequenziamento dei cloni, con una semplice PCR dell’inserto dell’output cumulativo, come mostrato in Fig. 6. Per le librerie di ScFv, dove tutti gli inserti sono di simili dimensioni, è necessaria invece una variante di tale test, in cui i prodotti di PCR da singoli cloni dell’output vengono digeriti con un enzima di restrizione che taglia relativamente frequentemente. Ogni singolo clone darà un certo pattern di bande o “fingerprint”. Quindi, all’aumentare del ciclo di selezione, vi sarà un numero crescente di fagi col medesimo fingerprint ad indicare la convergenza. Il Giornale dei Biologi | Giugno 2020

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ECM Esempi classici di applicazioni della tecnica Sicuramente la generazione e la selezione di anticorpi ricombinanti specifici è stata una delle applicazioni più produttive del phage display, specialmente in relazione alla proteomica25,24. Anche se moltissime librerie di anticorpi sono state costruite con successo variabile, alcune sono state più favorite dal supporto di partner commerciali e logistici ed hanno acquistato una certa popolarità. Alcune di queste sono elencate nella Tab. 1. Supportata anche da leggi statistiche, la percezione che una libreria con maggiore diversità sia migliore ha trovato supporto in dati sperimentali e nella qualità degli anticorpi ottenuti da essa. In generale, una buona libreria di anticorpi ha >1010 cloni indipendenti e produce cloni con affinità sub-micromolari. Ovviamente, il numero di cloni indipendenti finali è solo uno dei vari parametri della diversità reale della libreria che dipenderà anche da diversi altri fattori, come il numero di donatori, il mix di oligos usati per la clonazione delle regioni variabili, le modalità di amplificazione della libreria, etc. Una parte essenziale per lo sviluppo e la completa caratterizzazione degli anticorpi è la definizione dell’epitopo, o “epitope mapping”, e le librerie di peptidi su fago possono essere usate anche a tale scopo36,23. In questo caso si usa l’anticorpo come bait e si selezionano i cloni che legano l’anticorpo. In Fig. 7 è mostrato il risultato di un simile esperimento per determinare l’epitopo di un anticorpo prodotto usando la PrP (prion protein). Una libreria commerciale di dodecapeptidi è stata selezionata sull’anticorpo e 26 cloni dell’output sono stati sequenziati. Il maggior numero di cloni convergenti è omologo ad un loop della PrP umana che costituisce parte principale dell’epitopo dell’anticorpo. Fra gli innumerevoli usi degli anticorpi, quello degli anticorpi terapeutici riveste primaria importanza, per ovvi motivi. Gli anticorpi ricombinanti stanno aumentando velocemente la loro presenza nelle gruppo delle molecole approvate per terapia o in fase III, come mostrato in Tab.2. Altre applicazioni molto produttive vengono dal phage display orientato all’evoluzione di enzimi30, al miglioramento dell’affinità degli anticorpi, alla nanotecnologia ed ai nanomateriali. Le dimensioni dei fagi li rendono ottimi come reagenti per nanosensori. Si è dimostrato che i “landscape phages” possono funzionare come ligandi di affinità comparabili, e per certi versi, superiori alle molecole di anticorpi e sono stati prodotti con alta specificità di legame contro target di particolare interesse, come le spore di Bacillus Anthracis (carbonchio)26. I processi di selezione utilizzati per l’evoluzione diretta di enzimi sono in generale più articolati ed anche meno esplorati, in particolare quelli che si basano sull’attività enzimatica e non sul legame ad analoghi degli stati di transizione21. Vale la pena di riassumere i passaggi di uno fra i primi test fatti per tale tipo di selezione: l’esposizione su fago di una nucleasi di stafilococco. I fagi vengono incubati in assenza di ioni calcio per bloccare l’attività enzimatica, con una sequenza specifica di DNA biotinilata target della nucleasi, a cui il fago-enzima si lega. Si usa poi l’interazione biotina-avidina per mettere su fase solida il complesso fago-enzima-DNA. Infine con l’aggiunta di calcio, l’enzima si attiva, taglia il frammento di DNA e libera/eluisce il fago che porta l’informazione che codifica per l’enzima 22, 21.

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Conclusioni Nonostante i suoi 35 anni di età la tecnica del phage display, sembra ancora dover riservare molte altre sorprese, progressi e scoperte. Purtroppo, dopo l’iniziale spinta creativa in questa tecnologia, si nota un influenza decisamente negativa sul suo sviluppo da parte di grossi conglomerati biotecnologici-farmaceutici, dovuta principalmente alle loro spinte monopolistiche. Tali tendenze vengono imposte sulla ricerca mediante politiche aggressive di protezione di proprietà intellettuale su vettori e metodi, le quali sistematicamente svantaggiano laboratori e competitori più piccoli, la diversità del mercato e la ricerca pubblica. C’è da augurarsi un rinnovato interesse squisitamente accademico verso questa tecnologia ed una più capillare utilizzazione in laboratori pubblici, universitari o comunque posizionati fuori dalle soffocanti logiche commerciali oggi prevalenti, per poterne continuare a sviluppare ed utilizzare in pieno le potenzialità.

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Anno III - N. 6 giugno 2020 Edizione mensile di AgONB (Agenzia di stampa dell’Ordine Nazionale dei Biologi) Testata registrata al n. 52/2016 del Tribunale di Roma Diffusione: www.onb.it

Direttore responsabile: Claudia Tancioni Redazione: Ufficio stampa dell’Onb Hanno collaborato: Laurie Lynn Carelli, Carla Cimmino, Claudia Dello Iacovo, Chiara Di Martino, Ines Di Paolo, Giada Fedri, Felicia Frisi, Carmine Gazzanni, Armida Incorvaia, Sara Lorusso, Biancamaria Mancini, Riccardo Mazzoni, Marco Modugno, Matteo Montanari, Gabriele Montera, Andrea Morello, Gianpaolo Palazzo, Antonino Palumbo Stefania Papa, Carmen Paradiso, Matteo Piccirilli, Emanuele Rondina, Daniele Ruscitti, Pasquale Santilio, Pietro Sapia, Giada Scorza, Giacomo Talignani, Vittorio Verzillo. Progetto grafico e impaginazione: Ufficio stampa dell’ONB. Questo magazine digitale è scaricabile on-line dal sito internet www.onb.it edito dall’Ordine Nazionale dei Biologi. Questo numero de “Il Giornale dei Biologi” è stato chiuso in redazione lunedì 29 giugno 2020. Contatti: +39 0657090205, +39 0657090225, ufficiostampa@onb.it. Per la pubblicità, scrivere all’indirizzo protocollo@peconb.it. Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano l’Ordine né la redazione. Immagine di copertina: © faboi/www.shutterstock.com

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INAUGURAZIONE DELLA SEDE REGIONALE DI TOSCANA E UMBRIA DELL’ONB FIRENZE* 3 ottobre 2020 - Ore 10:30 Interventi: Sen. dott. Vincenzo D’Anna

Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi

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Consigliere dell’Onb e delegato regionale di Toscana e Umbria

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Autorità convenute

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