Ci sembra ieri che iniziammo a punzecchiarli e annusarli circospetti. Sbirciavamo il loro bunjee jumping orfico saltando sul nostro tappeto elastico da circensi; a ogni salto uno scorcio del loro funambolismo mistico e lynchiano; a ogni salto una visione, una suggestione letteraria; a ogni salto uno starnuto, perché siamo allergici alle siepi d’ogni tipo. Diffidenti e ammirati, intrigati e sospettosi, li seguivamo e leggevamo come se si trattasse di un foglio clandestino. I crapuli, trapezisti ucronici, con la loro algebra ebbra e ipertrofia umanistica, camminavano sul filo, ripetendosi per darsi coraggio mantra in lingue sconosciute che solo in seguito imparammo a decriptare. Sotto di loro c’era la realtà, arida e prevedibile, e loro lì sempre sul filo sottile come le illusioni che ci diamo consapevolmente. Crapula non ha mai avuto tentazioni didascaliche o pedagogiche, se n’è sempre infischiata, e questo ci è sempre piaciuto. La loro rivendicazione di libertà, la loro voglia di creare mondi e linguaggi, è sempre stata coerente e ineluttabile, come l’ultimo uomo rimasto sulla Terra che si ostina a scrivere e scrivere. Facciamo parte dello stesso circo, sono nostri simili. Loro vanno in overdose di letteratura in un loop continuo, rischiano, amano perdersi e complicarsi le cose anche quando sono semplici, perché, se no, che gusto c’è? È commovente e divertente vederli sbattersi nel loro lavoro (perché di lavoro si tratta! Con la cultura non si mangia? Ditelo agli psocotteri!). Noi li guardavamo durante la pausa pranzo e, confessiamo, è proprio rilassante vedere qualcuno faticare mentre ci si riposa un attimo. Ci piaceva spiarli, cercare un ordine dove non c’è e il caos nell’ordine, come dei rabdomanti ad Atlantide, in cerca di sabbia e ciottoli privi di senso. Ognuno ha le sue perversioni, d’altronde. Ecco, il senso, quello comune, quello buono, non ci è mai interessato, né a noi, né a loro, crediamo. Nella caverna della litweb entrambi scorgevamo delle ombre, le chiamavamo lit-blog o riviste, ma sempre di ombre si trattava. Simulacri di vite ed esperienze passate, consapevoli che tutto conta e niente rimane. Verde, Crapula, scompariranno e non hanno avuto senso, ciò che rimarrà è Nuova Edizione, la fantomatica, fantasmatica, impossibile e velleitaria Nuova Edizione. Intanto ogni atomo di Crapula si sta già interpolando, perdendo e ritrovandosi, come una matrioska onirica, in un futuro senza utopie, né giochi per bimbi. Cari amici di teoria e pratica, ci vedremo e rivedremo. Non possiamo essere ancora amici perché lo siamo già stati. Se esistesse un Libro in cui tutto è scritto, i nostri discenti di Prometeo farebbero uno psico-editing pazzesco, medianico e invasivo. Noi, a quello stesso libro, daremmo fuoco: ma quale cosa è più iconoclasta? La loro personale ermeneutica metafisica e riscrittura automatica non sarebbe totalitaria, ma per giocare un po’ con noi potrebbero anche fingere di essere dei teorici della letteratura dogmatici. Potremmo scambiarci i ruoli e alternarci, detective e bombaroli, e giocare, giocare, giocare, all’infinito. (Nuova Edizione, 11 settembre 1973, Ready-made, everlasting)