Circus, un'architettura temporanea per portare la moda nel paese__parte2

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Un mondo altro

Il circo

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ella Roma antica il circo era il luogo nel quale si disputavano le corse dei carri, i combattimenti dei gladiatori e le ricostruzioni di battaglie. Circo, dal latino, circus «circonferenza, orbita; circo»1 rappresenta, appunto, la forma ad anello che aveva l’arena.

Due lunghi rettilini separati da una balaustra, detta spina, e raccordati da due curve a 180 gradi nelle quali giravano i carri. Il pubblico assistiva agli spettacoli seduto sulle gradinate chiamate loca. A Roma erano presenti dodici circhi, il Circo Massimo, il più importante, poteva accogliere fino a 250 mila spettatori. Erano costruzioni fastose e imponenti, ne sono un chiaro esempio gli obelischi che venivano trasportati dall’Egitto per ornare le spine centrali ancora oggi ben visibili anche se posizionati in luoghi differenti da quelli del tempo.

Sempre più sfarzosi, diventano scenari anche per assemblee popolari, celebrazioni pubbliche, crocefissioni ed esecuzioni capitali.

“Fece esibire nel circo aurighi, corridori e bestiari, reclutati tal volta tra i giovani della migliore nobiltà”2.

1. Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/circo/, accesso 1/07/2021.

2. Gaio Svetonio Tranquillo, Vita dei Cesari II, Augustus, 43, ed. or 119 / 122, https://www.wearestudents.it/library/q/?a=Gaio+Svetonio+Tranquillo&b=Vita+dei+Cesari+II+%28Augusto%29&c=43&hl=it, accesso 1/07/2021.

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Le ultime gare al Circo Massimo furono organizzare da Totila, Re degli Ostrogoti, nel 549 dopo Cristo.

Nei secoli successivi alla caduta dell’Impero Romano, compagnie di artisti iniziano a girovagare per l’Europa grazie a dei mezzi di trasporto capaci di convertirsi in dei veri e propri palcoscenici.

Già dal Quattrocento, i Sinti, etnia di origine gitana proveniente dai territori che oggi occupano il Pakistan, aveva fatto dello spettacolo nomade la loro principale attività proponendo rappresentazioni tragiche, comiche, giochi di abilità ed esibizioni con animali ammaestrati: spesso un orso, o una scimmia.

“Capitava a volte, in quel 1704, che, sul far della notte, facesse il suo ingresso, in tale o talaltra cittadina del litorale, un grosso e pesante furgone, trainato da due cavalli robusti. [...]Ruote, timone e furgone erano tinteggiati di verde, con un’armonica gradazione di sfumature che andava dal verde bottiglia delle ruote al verde mela del tetto. Quel colore verde aveva finito per far notare la vettura, che era piuttosto conosciuta nei campi da fiera [...] due zingare, vestite da dee, suonavano la tromba. I borghesi, stupefatti, contemplavano, facendo commenti, quella macchina, fieramente traballante. [...] un furgone abbastanza grande da portare un 383

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teatro e seminare la scienza e l’arte ai crocicchi.[...] una baracca di saltimbanchi. ‘Siamo un tempio girovago’”3.

Philip Astley4, ufficiale di cavalleria brittannico, ideò per la prima volta nel 1786, un’esibizione circense con cavalli ammaestrati che eseguivano numeri e giochi di abilità in una pista circolare con platea. Qui compare per la priva volta il ruolo del clown5: figura che parodiava i cavallerizzi e che poco a poco si diffonde nei circhi di tutta Europa acquisendo sempre più importanza diventando quasi il simbolo del circo.

Grazie alla creazione dell’Astley’s Amphitheatre, un edificio realizzato appositvamente per i suoi spettacoli, l’ufficiale britannico è considerato il fondatore e colui che ha gettato le basi del circo moderno per come lo conosciamo oggi.

In Italia a partire dai primi decenni dell’Ottocento, la famiglia Caroli6 e la famiglia Chiarini7, entrambe di tradizione circense, calcarono con successo le scene europee, sopratutto francesi e tedesche.

3. V. Hugo, L’uomo che ride, Mondadori, Milano, 1999, pp. 325-327, ed. or. 1869.

4. P. Astley, British circus manager, in “Encyclopedia Britannica”, 1998, https://www.britannica.com/biography/Philip-Astley, accesso 1/07/2021.

5. A. Boroli, Le Muse, Vol. III, , Novara, 1965, p. 338.

6. Ibid., p. 99.

7. Ibid., p. 250.

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In Inghilterra sin dalla prima metà del XVI secolo erano molto in voga i cosiddetti fenomeni da baraccone8 che raggiungeranno poi l’apice della popolarità nell’Ottocento.

Nei circhi dell’epoca, specialmente in quelli statunitensi, gran parte delle attrazioni erano donne, uomini o animali con rare malformazioni fisiche o con un aspetto insolito o anomalo che si esibivano per il pubblico in spettacoli chiamati Freak Show. La messa in scena della deformità si basa su due principi antitetici: la sua commecializzazione e la sua normalizzazione. Nel primo infatti abbiamo lo sfruttamento della diversità al fine di trarre guadagno, nel secondo si offre invece la possibilità agli emarginati e agli esclusi dalla società di trovare la loro dimensione all’interno della realtà circense.

Figurativamente parlando i primi circhi utilizzavano tendoni relativamente piccoli, fu l’americano Gilbert R. Spalding nella seconda metà del Diciannovesimo secolo ad inventare il tendone a due alberi, capace di contenere fino a 3500 persone. Con l’introduzione della tenda e dei mezzi di locomozione, il circo diventa sempre più nomade.

8. L. Grande, Strange and Bizarre: The History of Freak Shows, in “History Magazine”, ottobre novembre, 2010.

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Da una figura spesso statica ad un elemento più spaziale che si muove sempre di più per arriavare alle folle. Spalding nel 1852 fece costruire The Floating Palace9 un vero e proprio teatro galleggiante, itinerante che percorse i fiumi Mississipi e Ohio per dieci anni. Conteneva un grande palco per gli spettacoli equestri, 3400 posti a sedere ed era grande il doppio dell’edificio più grande di New Orleans di quegli anni. Con lo scoppio della guerra civile americana il grande teatro fu confiscato e lo spettacolo si spostò in un battello a vapore più piccolo.

Negli anni successivi al secondo dopoguerra, al panorama circense basato sulla trasmissione familiare, si aggiungono nuove compagnie di formazione, delle vere e proprie scuole italiane, francesi e sovietiche che strutturano la formazione unendo la tradizione ad un nuovo approccio estetico di tipo teatrale nella costruzione degli spettacoli: un modello poetico con una drammaturgia comica ispirata al cinema muto.

Negli anni Cinquanta Parigi è capitale di circhi stabili e di una cultura circense urbana. La città era ricca di scuole acrobatiche. Il circo tocca l’apice nel modello itinerante sotto al tendone, spesso basato e gestito da lunghe tradizioni familiari. Un 9. P. M. Leavitt, “Spalding and Rogers’ Floating Palace, 1852–1860”, Washington State University, Washington, 1979.

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forte strumento capace di coinvogliare le masse e creare picchi di creatività ma che dopo un grande periodo di popolarità, ha conosciuto un progressivo declino. Un modello generalmente stanco, minacciato dai costi, da una nuova mentalità, dall’urbanizzazione e dalla nascita di nuove forme popolari di divertimento.

Federico Fellini nel 1970 con il film documentario I Clown racconta la “crisi del circo”, che nonostante rappresentasse una grande forma di spettacolo popolare, “la sua natura commerciale ne minaccia l’anima, e le difficoltà di sopravvivenza sostituivano il disincanto alla natura festiva”10.

Dagli anni Ottanta, il circo diventa il nuovo circo o nouveau cirque, affermandosi sopratutto nei territori francesi con nuove caratterisitche. Non si prendono le distanze da ciò che il circo è sempre stato, bensì si aggiorna la tradizione mantendone l’impronta classica. Gli spettacoli abbandonano la sequenza delle singole esibizioni creando uno show più organico in cui le varie discipline e tecniche si fondono completamente, subendo contaminazioni dal teatro, dalla danza e dalla musica; sempre sotto classico tendone ma con una scrit10. R. De Ritis, Breve storia delle origini in “Corpi e Visioni”, Correggio, 17/11/2015, http://www.corpievisioni.it/sul-circo-contemporaneo/breve-storia-delle-origini/. accesso 1/07/2021.

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tura più poetica, definendo una dimensione più onirica e di costruzione teatrale.

Il circo è innescatore di azioni e relazioni. Rappresenta nel progetto le idee che nascono, i sogni e i desiseri che ogni individuo porta nel cuore.

Il circo è metafora della sfida che porta a osservare ciò e chi ci circonda con occhi nuovi, convincendoci che qualunque siano le nostre condizioni, fisiche, mentali, sociali, è sempre possibile cambiare e migliorare, perchè “quello che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”11.

Il circo ci insegna quanto è grande il potere della capacità di meravigliarsi e di saper guardare oltre, avere un desiderio di scoperta e aspirazione alimentata dalla curiosità. Con “i suoi personaggi, tanto all’apparenza distanti dalla realtà quanto capaci di farsi lente attraverso la quale guardare il mondo”12.

Circus, propone di osservare ogni cosa con occhi innocenti e cuore consapevole ambendo ad un mondo nel quale ognuno, nella sua particolarità, ha un proprio significato e in cui chiunque viene incoraggiato a scoprire le proprie virtù aiutando 11. Lao-tzŭ, filosofo cinese del secolo V a.C. 12. G. Crespi, Youngay, ricostruire il futuro in “Casabella”, n. 857, Gennaio 2016, p. 7.

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chi ancora non ha avuto la capacità o il coraggio di trovarle.

Un mondo in cui non ci si deve vergognare di mostrare le proprie fragilità e dove i sogni non devono essere nascosti. Il circo è un’attività sociale, che relaziona persone e luoghi, manifestandosi attraverso corpi in movimento ed effetti scenici che catturano la vista rilasciando gioia e desiderio. Il circo è stupore. Un luogo per il futuro, un dispositivo mobile con solide radici nella storia, uno spazio dove intraprendere infinite relazioni. Uno spazio che nutre la scoperta e il gioco. Il circo è “l’archetipo dello spettacolo per tutti, il luogo al tempo stesso primitivo e rivoluzionario”13, è meta inaspettata dei nostri cammini, è eccezionalità.

13. Ibidem.

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Circo Massimo, Roma, prima metà VI secolo a.C. 390

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Ulpiano Checa, Carrera de carros romanos, 1890, 70 cm x 101 cm.

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Spalding & Rodgers North American Circus, 1849, Inchiostro su carta, 62.9 cm x 67.9 cm, Tibbals Circus Collection.

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Floating Palace sul fiume Mississipi, Illustrazione, Gleason’s Pictorial Drawing-Room Companion, Boston, 1853.

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Interni del Floating Palace durante uno spettacolo, 1854, Inchiostro su carta, 60,3 cm x 66,7 cm, The New York Historical Society, New York.

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Astley’s Amphitheatre, Acquatinta colorata su disegno di A.C. Pugin e Thomas Rowlandson, pubblicato per la prima volta da Rudolph Ackermann in “The Microcosm of London”, 1808.

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John Shury, Astley’s Royal Amphitheatre, London, 1851, Stampa, 15,5 cm x 17,7 cm, The British Museum, Londra.

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Georges Seurat, Cirque, 1891, Olio su tela, 185,5 cm x 152,5 cm, Musée d’Orsay, Parigi.

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Napoleon Sarony, Hagenbeck’s trained animals, 1893.

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Miss Athleta, 1895 circa.

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Adgie and her Trained Lions, 1897.

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Vallecita’s leopards, Denver, 1906 circa.

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Pablo Picasso, Cirque Forain, 1922, Disegno, 11,1 cm x 14,6 cm, Musée National Picasso, Parigi.

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Carlo Carrà, Festival (Circo), 1924, Olio su tela, 41 cm x 55 cm.

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Edward J. Kelty, Fenomeno da Baraccone, 1927.

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Edward J. Kelty, Fenomeni da Baraccone, 1930 circa.

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Circus Dominik Althoff, 1930.

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Tod Browning, Freaks, 1932.

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Edward J. Kelty, Ringling Brothers and Barnum & Bailey Circus, 1934.

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Marc Chagall, Il giocoliere, 1943, Olio su tela, 110 cm × 79 cm, Art Institute of Chicago, Chicago.

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Anthony Camerano, Parata del Circo Barnum, New York, 9 aprile 1945.

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Tom Fitzsimmons, Circo Barnum, New York, 21 aprile 1950.

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Charles W. Cushman, Alzana Troupe, Ringling Bros and Barnum & Bailey Circus, Chicago, 1951.

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Cirkus Arnardo, 1953.

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Bob Wands, Esibizione di Josephine Berosini, New York, 27 maggio 1955.

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Cirkus Franz Althoff, 1955.

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Robert Kradin, Esibizione della ballerina Ilonka Karoly, Circo Barnum, New York, il 12 maggio 1956.

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Moira Orfei, 1965.

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Annie Fratellini, 1973.

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Circo Americano della famiglia Togni, Bordeaux, 1984.

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Circo Americano della famiglia Togni, Rotterdam, 1992.

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Pubblicità Cirkus Benneweis, Danimarca, 1993.

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Le Cirque Bidon, 1999.

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Le Cirque Bidon, 1999.

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Circus Knie, 2002.

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Cirque du Soleil, 2015.

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Cirque du Soleil, Los Angeles, 2019.

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Circus Krone, Monaco di Baviera, 2019.

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Spazialità del Circo.

La tenda

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elo di tessuto o di altri materiali, di dimensioni e forme varie, che si stende sopra o davanti a qualche cosa per ripararla dal sole, dalla pioggia e dalle intemperie, o per impedirne la vista”1.

In antichità la tenda era fatta di tessuti o stuoie intrecciate o pelli tese e specialmente ebbe un’ampia diffusione nei territori orientali, dove per le condizioni climatiche e esigenze culturali è ancora oggi una forma comune di abitazione.

Nell’antica Grecia, quando ancora il teatro non esisteva come edificio e le rappresentazioni si svolgevano all’aperto, la tenda era utilizzata dagli attori negli intervalli e fungeva da backstage per cambiarsi di abito.

L’esercito romano era solito utilizzare le tende grazie alla loro mobilità e facilità di montaggio.

Oltre all’uso militare venivano inotre utilizzate nei mercati come impianto provvisorio per la vendita e in versioni più sfarzose, utilizzate da principi e signori per le loro battute di caccia.

L’origine della parola, tènda2 s. f., risale al latino medievale tenda, derivazione di tendĕre “tendere”.

1. Definizione Tenda, Treccani, https://www.treccani.it/vocabolario/tenda, accesso 1/07/2021.

2. Ibid.

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È di antichissima origine nel Medio Oriente la tenda nera, possiamo definirla l’opposto dell’iglù eschimese. Due popoli che seppur agli estremi, allo stesso modo vivono in ambienti decisamente sfavorevoli, in un caso desertico nell’altro artico.

La tenda nera rappresenta in oriente il “tecnologismo”, ovvero quella tecnica che sovrasta le possibilità evolutive che in determinate condizioni vengono a mancare e che rappresentano degli indispensabili ripari. Il tessuto di lana, di capra o di cammello che ricopre la tenda, generalmente nero o marrone scuro, ha come scopo quello di schermare i raggi solari e di dare al suolo un’ombra più consistende cosi da mantenere all’interno una temperatura accettabile. “La tenda è per definizione mobile, legata all’idea di spostamento. [...]

La tenda è fragile e pone tra dentro e fuori una sottile, penetrabile e sensibile divisione. La fragilità di questa condizione, l’esile diaframma che prodegge le due condizioni nello spazio (dentro e fuori) sono metafore della fragilità della gente”3. La tenda è infatti a misura d’uomo e ne risponde alla sue esigenze, è mutabile, è modulabile, è permissiva di infinite costruzioni di luoghi e ambienti.

3. F. Ciaravella, La tenda come architettura politica contemporanea, in “Roots & Routes”, 1/05/2017, https://www.roots-rou- tes.org/la-tenda-architettura-politica-contemporanea-in- tro-fabio-ciaravella/, accesso 26/04/2021.

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Dobbiamo considerare “innanzi tutto la tenda in sé, come particolare genere di architettura vernacolare”4. Attraverso le architetture nomadi è possibile risalire all’evoluluzione dell’abitazione umana. Difatti, da quando i nomadi occupano le aree marginali del mondo, essi hanno subito meno mutamenti di chi era stabilmente insediato, proprio “in virtù della loro capacità di spostarsi sono rimasti gente libera. Quando si imbattono in forze estranee, non fanno altro che arrotolare le loro tende e spostarsi”5.

La tenda è tradizionalmente considerata una forma primitiva di riparo e sebbene le sue strutture risalgono a millenni fa, progettare un edificio contemporaneo su larga scala utilizzando questo archetipo presenta ancora sfide strutturali e può stimolare innovazioni impressionanti.

Proprio dalla tenda si è arrivati ad una grande sperimentazione delle tensostrutture nel corso dell’architettura moderna. Moltissime innovazioni come le strutture estensibili sono in realtà elementi che per millenni sono stati utilizzati dai nomadi. Il principio su cui si basa la volta geodetica dell’architetto Buckminster Fuller è lo stesso dello 4. T. Faegre, Tende. Architettura dei nomadi, Dedalo, Bari, 1981, p. 7.

5. Ibidem 434

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yaranga6 siberiano, una serie di triangoli multipli collegati in una struttura regolare. L’architettura muta da una semplice tenda nomade a grandi spazi per strutture collettive.

Al contrario dei grattacieli e delle grandi strutture della città che simboleggiano e che spesso fanno riferimento ad una disuguaglianza economica e a una “border walls xenophobia”, le tende rappresentano l’uguaglianza, non creano malumori intorno ad essa, è proprio questa una delle forze del progetto: Circus. Nessuna classe sociale ne possiede il monopolio. Le tende sono rifugi, per i vulnerabili, per gli sfollati, per i migranti e per i senzatetto, ma sono anche luoghi per concerti, cerimonie, eventi sportivi. La tenda è un evento, rappresenta per la maggior parte dei casi un’architettura effimera, ma è anche uno degli spazi della nostra contemporaneità più vitali e meno esaminati. Nel mio progetto la tenda è esigenza e urgenza, è rispetto ed è confronto, accoglie i visitatori e li colloca allo stesso livello, li unisce in questo mondo di sensazioni, di emozioni e di eccezionalità. Si configura come uno spazio articolato, pubblico, condiviso e libero o volontariamente non sempre organizzato, 5. La jaranga o yaranga è un tipo di abitazione a forma di cupola utilizzata da alcuni popoli nomadi del nord della Russia come i Ciukci e gli Yupik siberiani.

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nel quale vengono stimolati i pensieri di ognuno proponendosi come alternativa alla routine quotidiana. Lo spazio rappresenta la multifunzione, è flessibile come lo sono le tende, capaci di adattarsi velocemente alle diverse esigenze del momento.

La tenda è culla di emozioni, di sensazioni e nonostante la sua leggerezza difende chiunque. La tenda accoglie, la tenda abbraccia.

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Piero della Francesca, Sogno di Costantino, 1458 / 1466, Affresco, 329 cm × 190 cm, Basilica di San Francesco, Arezzo.

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Louis J. Desprez, Tenda delle guardie, Drottningholm Palace, Svezia, 1787.

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Buckminster Fuller, Dymaxion House, Svezia, 1927.

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Konrad Wachsmann, USAF Aircraft Hangar, 1951.

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Frei Otto, Music Pavilion, Federal Garden, Colonia, 1955.

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Archigram, Instant City, Londra, 1960 / 1965.

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Cedric Price, Snowdon Aviary, ZSL London Zoo, Londra, 1963.

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Frei Otto, Hall at the International Garden Exhibition, Hamburg, 1963.

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Buckminster Fuller, La Biosphère, Montréal, 1967.

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Frei Otto, Deutscher Pavillion, Montréal, 1967.

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Frei Otto, Umbrellas, Federal Garden, Colonia, 1971, 448

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Pier Paolo Pasolini, Il fiore delle mille e una notte, 1974.

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Carlo Aymonino, Paolo Portoghesi, Padiglione smontabile per esposizioni, Provincia di Perugia, 1982.

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Carlo Aymonino, Paolo Portoghesi, Padiglione smontabile per esposizioni, Provincia di Perugia, 1982.

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Lucy Orta, Refuge Wear, 1998.

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Richard Rogers, The O2 Arena, Londra, 1999.

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François Roche, Shearing, Sommières, Francia, 2003.

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Tarsem Singh, The Fall, 2006.

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Smiljan Radic, The Room, Chiloè, Cile, 2007.

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HPSA, Parkdeck, Linz, Austria, 2008.

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SL-Rasch, Medina Haram Piazza, Medina, Arabia Saudita, 2010.

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Overtreders W, The Roof That Goes Up in Smoke, Amsterdam, 2010.

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HHD_FUN, JNBY, Shanghai, 2010.

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Formlessfinder, Tent Pile, Miami Beach, 2013.

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Ulla von Brandenburg, Inside Is Not Outside, 2013.

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Andrea Hasler, Intestin Tent, 2014.

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Freecell Architecture, PXSTL, St. Louis, Stati Uniti, 2014.

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Ibuku & Joon Ma, Bamboo Tent, Bali, 2014.

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Smiljan Radic, NAVE, Santiago del Chile, 2015.

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Wolfgang Buttress & BDP, UK Pavillon, Milano, 2015.

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KILO, The Tent, Parigi, 2015.

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KILO, Cop 22 Village, Marrakesh, 2016.

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Zendome, ZENDOME.20 Home-Edition, Berlino, 2017.

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Matthew Darmour-Paul, Dika Terra Lim, Yujun Liu, Chi-Jen Wang, Fili d’Unione, Demanio Marittimo Km-278, Senigallia, 2018.

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Feste e celebrazioni di paese

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i definisce popolare quella festa caratterizzata da una simbolica ritualità e che è materia d’interesse sia sociale che umanistico.

Una celebrazione nota ad ognuno di noi, che trascende dalla normale quotidianità, e che è identificativa della vita di una città. Caratteristiche distintive di questo fenomeno sono la ripetitività, la socialità, il divertimento, il simbolismo, la religiosità, la dimensione politica, corporea, ludica, musicale e trasgressiva.

I piccoli paesi italiani dimostrano una grande effervescenza quando si tratta di allestire feste e celebrazioni. Le feste popolari nascono originariamente come dimensione religiosa, erano momenti di comunione tra l’Uomo e il Sacro. Nell’antichità le sagre venivano celebrate davanti ai templi, o, in epoca cristiana, davanti alle chiese. Da qui deriva il Sagrato1, lo spazio consacrato davanti la facciata principale di una chiesa.

Le feste paesane sono fortemente radicate in tutto il territorio nazionale e animano la vita dei borghi, dei piccoli paesi e di tutti i comuni italiani, coin1. E. Lavagnino, Sagrato, Enciclopedia Italiana Treccani, 1936, https://www. treccani.it/enciclopedia/sagrato_(Enciclopedia-Italiana)/, accesso 1/07/2021.

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volgendo l’intera comunità; un fenomeno quasi unico in tutto il contesto europeo. Che sia una celebrazione religiosa, una rievocazione storica o un atto propiziatorio, la festa, rappresenta un profondo legame con la storia e con l’identità territoriale e un forte senso di appartenenza. Le celebrazioni sono necessarie per la vita poiché eliminandole si elimina la voglia di vivere, l’istino creativo e vitale che caratterizzano l’uomo. La festa è necessità. La festa è scioltezza, è affettività.

Il carnevale, festa popolare per eccellenza, rappresenta un regno utopico. Il popolo si ritrova catapultato in un luogo simbolico, fatto di libertà, uguaglianza e abbondanza.

Il carnevale così come quel “mondo infinito delle forme e delle manifestazioni comiche si opponeva alla cultura ufficiale e al tono serioso della chiesa e del mondo feudale. In tutta la loro varietà, queste forme e fenomeni; divertimenti di piazza di tipo carnevalesco, riti e culti comici paticolari, buffoni, stolti, giganti, nani e mostri, giullari di diversa natura e di diverso rango, [...] tutte queste forme, dunque, possedevano un’unità di stile ed erano parti e particelle delle cultura comica popolare, della cultura carnevalesca, unica ed indivisibile”2.

2. M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino, 1979, p. 6.

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Nel Medioevo le feste ecclesiastiche e feudali non distoglievano lo sguardo dalla vita vera rafforzavano invece il regime che era presente fortificandolo e consacravano l’ordine sociale esistente. Il carnevale “in opposizione alle feste ufficiali, era il trionfo di una sorta di liberazione temporanea della verità dominante e dal regime esistente, l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole, dei tabù”3.

Nelle feste ufficiali si mostravano le differenze gerarchiche e si consacrava la disuguaglianza; il carnevale, al contrario, permetteva di vivere una seconda vita e di avere rapporti nuovi puramente umani.

La dimensione popolare della festa è sempre stata legata al calendario agricolo e religioso. La vita rurale basata sulle ciclicità stagionali e sui suoi annessi, permettevano alla comunità contadina di riconoscersi in una ben precisa identità. La semina, la trebbiatura, la vendemmia, l’uccisione degli animali, rappresentavano delle ritualità ben precise, tramandate di generazione in generazione, che prevedevano il ritrovo di molte famiglie per celebrare quei riti paesani, domestici o di cortile, in cui tutti si sentivano uniti e si riconoscevano come membri di una comunità.

3. Ibid., p. 13.

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Ogni famiglia, ogni cortile, ogni paese celebrava i propri riti propiziatori e religiosi per scongiurare le avversità atmosferiche e auspicare ad un buon raccolto. Nella “cultura popolare contadina, il sistema ecclesiastico ha esercitato un ruolo ideologicamente dominante”4 e la festa di carnevale rappresentava “dal punto di vista fenomenologico” l’aspetto profano, il desiderio di rivoluzione e eversivo dei ruoli.

Le feste popolari rappresentano infatti il risveglio delle idee, le sublimazioni artistiche e le espressioni di un’intera comunità: sono dei veri e propri patrimoni immateriali5.

Gli immaginari che i paesi portano in scena sono unici e strettamente connessi al luogo, quindi impossibili da replicare altrove e da raggiungere se non nel momento in cui il paese mette in moto 4. L. Tussi, Aspetti Antropologici, storici e sociali della festa popolare: abito di rigenerazione e condivisione comunitaria, in “Il Dialogo”, Avellino, 24/11/2003, https:// www.ildialogo.org/cultura/antropologici24112003.htm, accesso 26/04/2021; 5. “Il patrimonio culturale non è solo monumenti e collezioni di oggetti ma anche tutte le tradizioni vive trasmesse dai nostri antenati: espressioni orali, incluso il linguaggio, arti dello spettacolo, pratiche sociali, riti e feste, conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo, l’artigianato tradizionale. Questo patrimonio culturale immateriale è fondamentale nel mantenimento della diversità culturale di fronte alla globalizzazione e la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale e incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere. La sua importanza non risiede nella manifestazione culturale in sé, bensì nella ricchezza di conoscenza e competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra”. http://www. unesco.it/it/ItaliaNellUnesco/Detail/189, accesso 1/07/2021.

477

*CIRCUS*

la macchina che lo fa funzionare. Sono situazioni quasi fantastiche, formate da pensieri, lavoro e spontaneità.

Le relazioni, soprattutto spaziali, che si instaurano in tutto il periodo che abbraccia la festa sono molteplici. Quel fermento e quell’organizzazione che avvengono quasi di nascosto e che nei giorni della festa rilasciano quel mondo ricco di suggestioni.

Le persone sono connesse, i territori riscoperti.

Le province italiane sono anche ricchi di teatri, capaci di ospitare una moltitudine di eventi nei loro calendari stagionali. Il teatro però è un luogo chiuso e circoscritto, sempre disponibile; nelle feste tutto il paese diventa teatro. Ed è proprio il teatro popolare, che viaggia tra i palchi e tra le piazze, anch’esso una festa che contribuisce a rafforzare l’identità del luogo, di chi recita e di chi osserva.

La peculiarità delle feste paesane è tale da non poter essere paragonata all’offerta d’intrattenimento delle città poiché queste sono realtà estremamente più dinamiche in cui la spettacolarizzazione diventa quotidianità.

Indiscutibilmente la città ha un assetto diverso, dei budget più alti e dei programmi più ricchi, ma non si tratta di questo, i paesi hanno altro, sono ricchi di una diversa energia. Nei piccoli paesi vi sono delle forze tali da riuscire a canalizzare le, a 478

*CIRCUS*

volte, pochissime risorse così da creare qualcosa di grandioso, che va al di là della dimensione dello spettacolo e della festa.

Delle interazioni così particolari che di certo non possono essere trovate in città, che connettono persone, dall’anziano al bambino, e fanno riscoprire luoghi, dalla piazzetta al vicolo.

I borghi si fanno palco della loro storia, delle loro tradizioni, delle mille nuove idee che nascono di anno in anno. Nell’aria note di melodie allegre sovrastate dagli applausi.

I paesi sono ricchi di immaginari, ricchi di scenari, ma questi apparati si trovano specialmente nell’animo di chi li abita. Circus si nutre proprio di questo, di chi crede ancora nella forza delle feste popolari, di chi si batte per la loro realizzazione, di chi vive queste dinamiche e sa di non poterne fare a meno. Si assorbono le relazioni fondate dalla collettività traendone vantaggio, rilasciando quell’alone di affascinante mistero all’interno del progetto. La festitivtà in Circus rappresenta la dimensione del sogno che unisce le persone tramite contaminazioni reciproche.

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*CIRCUS*

Natalecci, Gorfigliano, Toscana, dal 100 a.C. 480

*CIRCUS*

Festa dei Gigli, Nola, Campania, dal 431.

481

*CIRCUS*

Carnevale di Venezia, Venezia, Veneto, dal 1094.

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*CIRCUS*

Festa dei Ceri, Gubbio, Umbria, dal 1160.

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*CIRCUS*

La festa di Santa Rosa, Viterbo, Lazio, dal 1258.

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*CIRCUS*

La Varia di Palmi, Palmi, Calabria, dal 1582.

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*CIRCUS*

Festa di Santa Domenica, Scorrano, Puglia, dal 1600.

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*CIRCUS*

Infiorate di Spello, Spello, Umbria, dal 1602.

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*CIRCUS*

Riti settennali di penitenza in onore dell’Assunta, Guardia Sanframondi, Campania, dal 1620.

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*CIRCUS*

Palio di Siena, Siena, Toscana, dal 1633.

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*CIRCUS*

Festa di Sant’Efisio, Cagliari, Sardegna, dal 1657.

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*CIRCUS*

Focara di Novoli, Novoli, Puglia dal 1664.

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*CIRCUS*

Luminara di San Ranieri, Pisa, Toscana, dal 1688.

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*CIRCUS*

Infiorata di Genzano, Genzano di Roma, Lazio, dal 1778.

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*CIRCUS*

La Giubiana, Cantù, Lombradia, dal 1905.

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*CIRCUS*

Festa dell’Uva, Impruneta, Toscana, dal 1928.

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*CIRCUS*

Festa del Covo, Osimo, Marche, dal 1939.

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*CIRCUS*

Battaglia delle Arance, Ivrea, Piemonte, dal 1947.

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*CIRCUS*

Infiorata di Noto, Noto, Sicilia, dal 1980.

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*CIRCUS*

Festival dell’Aquilone, Cervia, Emilia Romagna, dal 1981.

499

*CIRCUS*

Feste Medioevali Offagna, Offagna, Marche, dal 1988.

500

*CIRCUS*

Montelago Celtic Festival, Serravalle di Chienti, Marche, dal 2003.

501

Suggestioni

*CIRCUS*

504

*CIRCUS*

505

E quindi uscimmo a riveder le stelle

Dante Alighieri, Inferno XXXIV, 139;

Dior, Haute Couture, Spring Summer 2021; Dior, Haute Couture, Spring Summer 2017; Dior, Ready to Wear, Spring Summer 2017; Étienne-Louis Boullée, Cenotafio di Newton, 1784.

*CIRCUS*

m o

5

10

15

20

Apertura Luna Crescente

Apertura Gibbosa

510

*CIRCUS*

Crescente.

Apertura Luna Piena.

511

Diagramma del processo di montaggio

Arrivo degli autocarri nel luogo dell’evento, scarico del materiale e montaggio di Circus. Posizionamento delle Carovane nelle vicinanze dell’evento. Smontaggio e partenza per una nuova destinazione.

unload

arrive

* assembly

leaving

*

*

*

*

*

* * SHOW *

disassembly

*

*

Si sciolgono nel buio

Se lo spazio è sufficiente e le condizione normative lo permettono, gli autocarri si posizioneranno nelle vicinanze dell’evento. Si mimetizzano con il contesto, si fondono con la notte, si sciolgono nel buio.

*CIRCUS*

Può essere ovunque

in uno spazio minimo di venti metri; Piazza Pio II, Pienza.

516

*CIRCUS*

517

*CIRCUS*

È eccezionalità

Piazza San Marco, Venezia.

518

*CIRCUS*

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*CIRCUS*

È nomade

Spiaggia, Rimini.

520

*CIRCUS*

521

*CIRCUS*

È cangiante

Piazza del Maniero, Offagna.

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*CIRCUS*

523

*CIRCUS*

È eterotopo

Parco della Cittadella, Parma.

524

*CIRCUS*

525

*CIRCUS*

Non è convenzionale Piaz de Ramon, Moena.

526

*CIRCUS*

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43°50’47.3”N 11°06’32.4”E o

10

20

30

Via Tourcoing, 59100 Prato.

m 40

o

5

10

15

Processo di montaggio di Circus.

20

m

o

5

10

Arrivo delle persone.

15

20

m

*CIRCUS*

m o

1,25

2,5

3,75

5

Assonometria Luna Crescente, parterre con diametro 20 m.

534

*CIRCUS*

535

*CIRCUS*

m o

1,25

2,5

3,75

5

Assonometria Luna Gibbosa.

536

*CIRCUS*

537

*CIRCUS*

m o

1,25

2,5

3,75

5

Assonometria Luna Piena.

538

*CIRCUS*

539

*CIRCUS*

cm o

10

20

30

40

Ribaltamento del telaio su cerniera.

540

*CIRCUS*

cm o

10

20

30

40

Montaggio telaio.

541

*CIRCUS*

cm o

40

80

120

160

Piattaforma in acciaio e basamento in metallo sagomato per accoglimento dei pali della struttura.

542

*CIRCUS*

cm o

40

80

120

160

Piattaforma in acciaio e basamento in metallo sagomato per accoglimento dei pali della struttura.

543

*CIRCUS*

cm o

10

20

30

Sezione telaio e dettaglio del binario per tende.

544

40

*CIRCUS*

cm o

2,5

5

7,5

Dettaglio binario per tende.

545

10

*CIRCUS*

Diagramma apertura prima copertura.

546

*CIRCUS*

Diagramma apertura seconda copertura.

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Moodboard

Andrew Pacho, foto di Lois Greenfield, 2020; Gene Kelly, Debbie Reynolds, Singin’ In The Rain, foto di Hulton Archive, 1952, Archivio Getty Images; Audrey Hepburn, Funny Face, 1957; Dior, Haute Couture, Spring Summer 2021; Dior, Ready to Wear, Spring Summer 2017; Dior, Ready to Wear, Fall Winter 2017;

*CIRCUS*

m o

1,25

2,5

3,75

550

5

*CIRCUS*

551

*CIRCUS*

m o

1,25

2,5

3,75

552

5

*CIRCUS*

553

*CIRCUS*

I tendaggi

Le tende possono variare di colore e di materiale e possono essere sostituite in base alle occasioni e necessità. Negli esempi rappresentati vediamo come attraverso un gioco di tessuti sia possibile separare gli spazi, grazie ad un tendaggio più pesante e coprente, o semplicemente dividerli mantenendo però un’unità visiva dell’ambiente con un tessuto leggero e trasparente.

La separazione può poi essere netta o parziale ed ecco quindi che il tendaggio viene arricchito da aperture che permettono di sbirciare tra un’ambiente e l’altro andando così a stimolare curiosità e voglia di scoprire e di esplorare lo spazio che ci circonda. La sovrapposizione e il gioco di tessuti va inoltre ad arricchire l’esperienza sensoriale che si prova nell immergersi in un luogo quasi onirico come quello proposto.

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*CIRCUS*

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*CIRCUS*

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*CIRCUS*

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*CIRCUS*

La comunicazione del progetto

Calati in uno ambiente lunare, i più piccoli possono dar sfogo alla fantasia. La loro immaginazione fa propri i richiami al fantasioso mondo della moda dando così vita ad un mix pop in cui tutti sono liberi di esprimersi attraverso le arti. Sono rappresentati i graffiti dell’Artista Trouble Andrew e la doppia G, simbolo della Maison Gucci.

560

*CIRCUS*

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*CIRCUS*

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*CIRCUS*

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*CIRCUS*

Lo spazio sartoriale

I “crateri” sono delle sedute ma anche delle vasche ricche di stoffe e tessuti.

Le eccellenze del territorio diventano protagoniste in Circus, mutando in maniera camaleontica a seconda del lungo in cui il dispositivo viene collocato. Un’esperienza sensoriale che va quindi a richiamare la promozione del territorio tipica delle feste paesane.

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*FILMOGRAFIA*

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*CIRCUS*

Crediti Fotografici

Tutte le immagini per cui non sono stati specificati i crediti sono realizzazioni dell’autore.

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35. Adolf Loos, LoosHaus, Vienna, 1911, https://www.artwort. com/wp-content/uploads/2017/09/tumblr_m7o5svGMqF1rx4goto1_1280.jpg, accesso 26/04/2021.

37. Adolf Loos, interni della LoosHaus, Vienna, 1911, foto di JeanPierre Chabrol, https://content.ngv.vic.gov.au/col-images/ api/EXHI015465/large, accesso 26/04/2021.

39, 41. Adolf Loos, Interni di Casa Semler, Pilsen, Repubblica Ceca, 1930. foto di Christian Mandersen, https://www.instagram.com/p/CB0ZtUjgwc7/, accesso 26/04/2021.

43. Adolf Loos, Casa Moller, Praga, 1930, https://www.mimarobot. com/tasarim/Uploads/Media/Sep20/Thu03/2268/75fbfa1c.jpg, accesso 26/04/2021.

45. Adolf Loos, Casa Moller, Praga, 1930, https://https://www. encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTKmVqX6Vs8tZ4tXdEiYNIhEVpCdASB-GKXgQ&usqp=CAU, accesso 26/04/2021.

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49. Josephine Baker, Archivio Getty Images.

Adolf Loos, Progetto per la casa di Joséphine Baker, Parigi, 1927 / 1928, https://www.mak.at/jart/prj3/mak/images/ img-db/1358720342808.jpg, accesso 26/04/2021.

53. Tattooed Rigo woman, Papua Nuova Guinea, 1944 / 1966 circa Archivio Comet Press.

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*CREDITI FOTO GRAFICI*

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Le Corbusier, Maison Dom-Ino, 1914, https://ideaprogetto. files.wordpress.com/2012/09/le-corbusier-dom-ino-ideaprogetto.png, accesso 26/04/2021.

65. Le Corbusier, Modulor, Copertina Edizione Francese, Birkhauser Architecture; 1950.

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Le Corbusier, Interni del Cabanon https://www.wearch. eu/wp-content/uploads/2020/03/Cap-Moderne-p.53.jpg, accesso 26/04/2021.

73. Inserzione del giornale Espirt Nouveau, Ottobre 1920.

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85. The Human Look, in “Life Magazine” New York, 23 settembre 1946, p. 100.

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*CIRCUS*

89. B. Rudofksy, Casa a Procida, in “Domus” n. 123, marzo 1938.

91. B. Rudofsky, L. Cosenza, Casa Oro a Posillipo, in “Domus” n.

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101. Superstudio, Monumento Continuo, 1970, https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2013/04/155.jpg, accesso 26/04/2021.

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Superstudio, Vetrines Vivantes, 1965, foto di C. Toraldo di Francia, Ri-vestire, Quodlibet, Macerata, 2018.

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111. Archizoom, https://www.casatigallery.com/wp-content/ uploads/2019/01/Archizoom-e1547144201366.jpg, accesso 26/04/2021.

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*CREDITI FOTO GRAFICI*

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121. Archizoom, Nearest Habitat System, 1971, http://www.riflesso.info/media/zoo/images/Archizoom-Associati-Calze-Pelose_2572fce5f69e5da16c7381951e7a7229.jpg, accesso 26/04/2021.

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125. Archizoom, Sistema d’abbigliamento Vestirsi è facile, 1972, in “Casabella”, n. 387, 1974, pp. 43.

129. Archizoom, Sistema d’abbigliamento Vestirsi è facile, 1972, in “Casabella”, n. 387, 1974, pp. 44.’

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*CIRCUS*

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228, 229, Selezione delle fibre migliori del lino; Processo di filatura del lino, Archivio Cotonificio Albini S.p.A..

230, 231, Allevamento dei bachi da seta; Trasformazione in filato, fase della torcitura, https://www.silkbynature. com/2019/01/15/dal-bozzolo-al-filato-come-nasce-la-seta/, accesso 5/05/2021.

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246. Giovanni Battista Moroni, Il Sarto, 1565 / 1570, National Gallery, Londra.

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*CIRCUS*

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*CIRCUS*

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609

A tutti gli illusi, a quelli che parlano al vento.

Ai pazzi per amore, ai visionari, a coloro che darebbero la vita per realizzare un sogno.

Ai reietti, ai respinti, agli esclusi. Ai folli veri o presunti.

Agli uomini di cuore, a coloro che si ostinano a credere nel sentimento puro.

A tutti quelli che ancora si commuovono.

Un omaggio ai grandi slanci, alle idee e ai sogni.

A chi non si arrende mai, a chi viene deriso e giudicato.

Ai poeti del quotidiano.

Ai “vincibili” dunque, e anche agli sconfitti che sono pronti a risorgere e a combattere di nuovo.

Agli eroi dimenticati e ai vagabondi.

A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali, ancora si sente invincibile.

A chi non ha paura di dire quello che pensa.

A chi ha fatto il giro del mondo e a chi un giorno lo farà.

A chi non vuol distinguere tra realtà e finzione.

A tutti i cavalieri erranti.

Dal Don Chisciotte, Il diario intimo di un sognatore di Corrado d’Elia

UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA DICHIARAZIONE DI CONSULTABILITA’ O NON CONSULTABILITA’ DELLA TESI (da inserire come ultima pagina della tesi/elaborato finale)

NICCOLO’ RAMACOGI 290085 Il/La sottoscritto/a ………………………………………….matr. n. ...…………….

ARCHITETTURA CULTURA DEL PROGETTO laureando/a/i - diplomando/a/i in ………………………………………………...

LUGLIO 2020-2021 sessione ………………………… dell’a.a. …………….………….

DICHIARA/DICHIARANO

che la sua/loro tesi dal titolo: CIRCUS, un’architettura temporanea per portare la moda nel paese. …………………………………………………………………………………………. ………………………………………………………………………………………….

x è consultabile da subito potrà essere consultata a partire dal giorno ………………….. non è consultabile (barrare la casella della opzione prescelta)

11/07/2021 data …………………..

firma ………………………