Nèura Magazine #7

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Nèura Magazine Non È Una Rivista d’Arte

Numero 7

15-21 novembre 2012

Costruzioni. Temporaneità, labirinti, materia Eunomia TORINO _ Artissima: la rivincita del Medio Oriente

Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012)

“Fiato d’artista” VENEZIA _ Fondazione Vedova | TORINO _ Valery Koshlyakov alla GAM di Torino | MILANO _ Collezione Gian Ferrari al Museo del 900

Nèurastenie Appuntamenti dal 15 al 21 novembre: #teatro (e oltre)

Logo ©Cristiano Baricelli


©Nèura Magazine 2012. Nèura Magazine è uno spazio culturale di prospettiva. La redazione è composta da Anna Castellari, Silvia Colombo, Sonia Cosco e Roberto Rizzente. Nessuna parte o contenuto di questa pubblicazione può essere duplicata, riprodotta, trasmessa, alterata o archiviata in alcun modo senza preventiva autorizzazione degli autori. I contenuti di questa pubblicazione non hanno carattere periodico e non rappresentano prodotto editoriale ex L.62/2001. Logo ©Cristiano Baricelli, Ictus, 2005. Per contatti, scrivi: info@neuramagazine.com www.neuramagazine.com


Nèura Magazine - 15 novembre 2012

Editoriale Costruzioni. Temporaneità, labirinti, materia

Il settimo numero di Nèura parla di Costruzioni, anche se pensare in termini di mera architettura non è sufficiente. Pensiamoci attentamente e noteremo che l’azione del ‘mettere insieme’, dell’ideare e del rielaborare porta, inevitabilmente, a un fare costruttivo – fisico certamente, ma anche mentale. In questo senso va letta la recensione di Artissima 2012. La tendenza principale dell’edizione di quest’anno sembra essere l’arte medio-orientale; dunque la Cina è vicina (ormai da tempo), ma non solo. Come vediamo dall’immagine Beirut I love you, le costruzioni assediano il nostro orizzonte, tentano di sopraffarci ma, senza risultato. Di diverso tipo sono le costruzioni di Emilio Vedova: sanno di materia, profumano di pittura. Ce ne rendiamo conto in occasione di una visita alla veneziana Fondazione Vedova, dove sono esposte le opere dell’artista, marcate da un gesto sicuro, da un segno riconoscibile e da un colore sobrio, mai assordante. Questa settimana incontreremo anche Daniel Libeskind, autore dell’allestimento labirintico e intricato di Collezionare il Novecento – una panoramica espositiva della collezione Gian Ferrari donata al Museo del 900 di Milano. E se proprio dobbiamo parlare di costruzioni nel senso letterale della parola – intese come rifugio, casa, riparo – allora la GAM di Torino, dove l’artista russo Koshlyakov ha collocato un site-specific, Homeless Paradise, è ciò che fa per noi. I percorsi consigliati questa settimana – a cura di Roberto Rizzente – sono dedicati al #teatro (e oltre): abbiamo cinque possibilità di svago che afferiscono al teatro, alla performance, alla danza, ma anche all’happening. Non ci resta che scegliere. Buona lettura. La Nèuraredazione 3



Indice Numero 7

Editoriale Costruzioni. Temporaneità, labirinti, materia

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Eunomia Il Medio Oriente ad Artissima

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“Fiato d’artista” Emilio Vedova: La forza del gesto

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Collezionare il Novecento: a Milano in mostra la collezione Gian Ferrari

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La GAM di Torino. Un Homeless Paradise

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Nèurastenie - #Teatro (e oltre)

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Nèura Magazine - 15 novembre 2012

Eunomia Il Medio Oriente ad Artissima Roberto Rizzente

Zena el Khalil, Beirut I Love you-a work in progress, 2012, foto di Gigi Roccati

25 gennaio 2011. Il popolo egiziano insorge contro il presidente Mubarak. Ahmed Basiony filma con la sua videocamera le rivolte al Cairo, in piazza Tahrir. 26 gennaio. «Se loro vogliono la guerra, noi vogliamo la pace, e io eserciterò il mio autocontrollo fino alla fine, per riscattare la dignità del mio paese», scrive Basiony su Facebook. 28 gennaio. Il venerdì della collera. Un proiettile sparato dalla polizia per sedare la rivolta colpisce l’artista. Basiony muore. È il 1° giugno 2011, giorno d’inaugurazione della LV Biennale d’Arte di Venezia. Shady El Noshokaty, commissario del Padiglione Egitto, dedica all’amico una personale che commuove il mondo. Non tanto per la performance – 30 days of running in the place – quanto per i materiali video. Che sono tanti e mostrano con dovizia di particolari i retroscena di quelle maledette giornate. Tutte, meno una. Quello del 28 gennaio: l’ultimo filmato di Basiony non verrà mai trovato. Il caso del Padiglione Egitto dimostra gli standard qualitativi ormai alti raggiunti nel campo dell’arte dal Medio Oriente. Se il sistema 7


Costruzioni

Hiwa K, This lemon tastes of apple, 2011, 12’9”, courtesy Prometeo Gallery

pare aver imboccato, sempre di più, la strada del citazionismo a tutti i costi e della riflessione estetica ed estetizzante, il mondo arabo, fino a oggi escluso dai giochi, dimostra un’insospettata vitalità nel campo più antico e pure, paradossalmente, meno scontato per un mondo abituato ai regimi totalitari: quello del documentario. Sono storie di vita vissuta, sullo sfondo della Storia, quelle che ci raccontano oggi gli artisti del Medio Oriente. Narrate con sguardo analitico e partecipe, franco, impegnato, con in più il concorso della poesia. Come se la primavera araba passasse anche per il cinema, le arti visive, la letteratura, oltre che per la politica, in una sorta di riedizione del cinéma véritée delle novuelle vagues in voga negli anni Sessanta e Settanta in Europa e Sud America. Non mancano gli esempi, a Torino per Artissima. This lemon tastes of appl, 2011, è un documentario di Hiwa K, artista curdo residente in Germania, sulle proteste contro il governo a Slemani, nel Nord dell’Iraq. Ispirato all’odore dei lacrimogeni sparati da Saddam nel 1988, così simile a quello della mela, e al limone usato, ventitrè anni dopo, come agente disintossicante dai curdi, il titolo allude all’inesorabilità di una storia, quella del genocidio, eternamente uguale a se stessa. Al centro del video, la performance del 18 aprile di Hiwa K, che assieme a Daaron Othman, nel mezzo della folla, suona con l’armonica e una chitarra amplificata da megafono il motivo di C’era una volta il West di Ennio Morricone. Le note si sovrappongono alle grida della gente, nei dodici minuti scarsi di proiezione. La melodia ne esce stravolta. Si trasforma in un grido di protesta, un’incitazione ad andare avanti. 8


Nèura Magazine - 15 novembre 2012

La folla risponde alle sollecitazioni, la confusione sale. Non comprendiamo il significato degli slogan – deliberatamente non sono stati tradotti, perché non possano essere adattati ad altri contesti – ma non importa. Tutto ci è improvvisamente chiaro. Cambiano gli addendi – i manifestanti, in questo caso – ma il contenuto della protesta, di ogni protesta, rimane lo stesso. E le immagini lo sottolineano, con forza. Abraham Abraham, 2012, di Nira Pereg, ebrea di Tel Aviv classe 1969, è un altro esempio eccellente di documentario, ispirato questa volta alla tomba di Abramo a Hebron, contesa tra musulmani ed ebrei e oggi divisa in due, per l’80 per cento moschea e il 20 per cento sinagoga, dopo il massacro del 1994. Salvo concedere, ogni dieci anni, un’invasione di campo di ventiquattr’ore ai musulmani, sotto la sorveglianza dell’esercito israeliano. Nina Pereg coglie l’attimo del trapasso. A luglio 2012, i Musulmani occupano l’intera area. File di tappeti invadono con ieratica compostezza il campo visivo dello spettatore, seguendo il canone di una liturgia prefissata. Li segue, Nira Pereg, quasi si trattasse di una performance di Said Atabekov. Il reale sfuma nell’immaginario. La storia cede il passo al teatro, piegata alle esigenze partigiane di un’artista di talento. Beirut, I Love you, 2008, è, da ultimo, un racconto per immagini di Gigi Roccati sul racconto dell’artista libanese Zena El Khalil (1976), presentato alla Fondazione Merz nell’ambito di “It’s not the end of the world”, il ciclo di cinque mostre esterno ad Artissima (Ragnar Kjartansson, Valery Koshlyakov, Dan Perjovschi, Paola Pivi gli altri artisti coinvolti, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Gam, Palazzo Madama e Rivoli). Ispirato a un fatto tragico – la morte per cancro della migliore amica di Zena El Khalil – sullo sfondo della guerra libanese, il video segue il flusso di coscienza dell’autrice – che negli anni della guerra aprì un blog – spalancandosi su scenari d’inusitata bellezza e rilevanza, con quei soldatini-giocattolo rosa, eternamente ricorrenti, messi in fila da una bambina troppo abituata alla guerra per credere alle bambole. Fino alla chiusa, lirica e inaspettata, con quella sposa-amica che corre, finalmente libera, in riva al mare, oltre la morte. 9


Informazioni Artissima, Torino L’edizione 2012 si è tenuta dal 9 all’11 novembre 2012. Per le prossime edizioni, consultare il sito ufficiale. sito web. www.artissima.it


Nèura Magazine - 15 novembre 2012

“Fiato d’artista” Emilio Vedova: la forza del gesto Sonia Cosco

Emilio Vedova, Ciclo Lacerazione ’77/ ’78 II, Plurimo/Binario 2 (1977-1978) Foto Vittorio Pavan

Chi era Emilio Vedova e qual è il suo ‘lascito’ artistico, oggi? Un excursus veneziano, alla scoperta della Fondazione Vedova e delle opere di un artista che ci ha parlato attraverso l’azione. Dura fino al 25 novembre 2012 la mostra dedicata a Emilio Vedova Lacerazione. Plurimi/Binari ’77/’78 a cura di Fabrizio Gazzarri, che presenta per la prima volta insieme tre cicli Lacerazione completi (II, III e il IV, inedito) e alcuni Plurimi/Binari singoli. I cicli sono installati nello Spazio Vedova, un tempo studio dell’artista. Ricordare quest’appuntamento significa voler ricordare la laboriosa, complessa e affascinata poetica di Emilio Vedova, la sua ricerca tormentata, che partiva dalla scelta dei titoli delle opere fino all’estrema passione della sua gestualità. Lacerazione quindi, ma anche binari che non trovano contatto tra loro, percorsi plurimi che si moltiplicano all’infinito, in un 11


Costruzioni

desiderio di creare una rete tra arte, artista e pubblico. Vedova (1919-2006) nasce a Venezia da una famiglia di artigiani-operai e si avvicina all’arte come autodidatta a partire dagli anni trenta. Poi, la svolta arriva nel 1942 con l’adesione al movimento antinovecentista “Corrente”. Durante il periodo bellico partecipa ai movimenti di resistenza antifascista. È del 1948 la sua prima Biennale di Venezia, dove tornerà spesso fino a ricercare nel 1960 il Gran Premio per la pittura e nel 1997 il Leone d’Oro alla carriera. I cicli di opere Scontro di situazioni, Ciclo della Protesta, Cicli della Natura sono degli anni cinquanta e nel 1961 realizza al teatro La Fenice le scenografie e i costumi per Intolleranza ‘60 di Luigi Nono, mentre i famosi Plurimi veneziani e berlinesi sono realizzati tra il 1963 e il 1964. Ricerca, sperimentazione, forza: il gesto di Emilio Vedova, quello del titano che spezza catene e sfida gli dei, diventa ancora più dirompente negli anni settanta e ottanta con i Plurimi Binari dei cicli Lacerazione, i Carnevali, i Teleri, i Dischi, Tondi. Influenzato dall’Espressionismo astratto e dall’Informale, Vedova è un artista italiano permeato di cultura internazionale. La sua ricerca espressiva è sempre in viaggio, irrequieta ed eccessiva. La narrazione è racchiusa nei titoli, mentre le opere sembrano dimenticare di spiegarsi al pubblico con chiarezza. C’è qualcosa che però comunicano: l’azione. Vorticosa, frammentata, disciolta nell’astrazione, ma pur sempre slancio che sollecita, l’arte di Vedova è variegata nei contenuti, nel materiale e nella tecnica. Dal ferro al legno, dalla pittura al collage, dal graffitismo alle installazioni, dai quadri alle sculture, i chiaroscuri della tradizione veneziana emergono e vengono filtrate da un linguaggio contemporaneo libero, talvolta drammatico, sempre dinamico e tumultuoso. La grande antologica al Castello di Rivoli nel 1998 è tra le sue ultime mostre personali di rilievo.

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Interno della Fondazione Vedova, Venezia

Informazioni Fondazione Emilio e Annabianca Vedova Magazzini del Sale, Zattere 266, Venezia Orari. lunedì domenica 10.30–18 | chiuso il martedì sito web. www.fondazionevedova.org



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Collezionare il Novecento: a Milano in mostra la collezione Gian Ferrari Anna Castellari

Una delle opere della mostra Collezionare il Novecento. Credits: Silvia Colombo

Raccolta e labirintica la mostra Collezionare il Novecento, dedicata alle opere appartenenti alla collezione di Claudia Gian Ferrari, progettata dall’architetto Daniel Libeskind, per quanto riguarda l’allestimento, e curata da Danka Giacon al Museo del 900 di Milano. Dal 9 novembre al 3 marzo 2012. Forse, un allestimento così riconoscibile come quello firmato da Daniel Liberskind – architetto americano di origine polacca, celebre per opere come lo Judisches Museum di Berlino – non si adatta perfettamente alla piccola sala del Museo del 900, in cui è allestita la mostra Collezionare il Novecento. Difatti l’impressione è che un linguaggio così marcatamente invasivo come il suo (cartongesso labirintico bordato di rosso sangue) tenda a fagocitare la già scarsa disponibilità di spazi del museo, carattere congenito alla struttura sin dalla sua apertura. 15


Costruzioni

D’altro canto non si può negare il fascino che, nonostante tutto, il percorso espositivo possiede. L’architetto conobbe già negli anni ottanta la gallerista milanese Claudia Gian Ferrari, scomparsa di recente: e proprio da Abiti dello stilista Issey Miyake, in mostra al Museo del Novecento. quell’incontro nasce l’iCredits: Silvia Colombo spirazione per allestire la sua collezione in mostra. Dunque, fino al 9 marzo 2012 i lavori raccolti dalla Gian Ferrari per tutta una vita, e poi donati a istituzioni culturali di rilievo saranno esposti al piano terra del museo1. Come abbiamo anticipato, per quanto minuto, lo spazio ricavato nel labirinto libeskindiano, dà un’idea, come scrive l’architetto, di libertà. Libertà nella scelta delle opere, certo, come quella della gallerista, che collezionava arte contemporanea assecondando il suo gusto. I lavori in mostra non sembrano infatti appartenere a un nucleo storicamente coerente – ma anche libertà domestica che rielabora il concetto di “casa”, di luogo intimo e nascosto, dove originariamente si trovavano i lavori. “L’intento” scrive Liberskind nella brochure della mostra “era creare una sorta di dedalo di stanze e passaggi discreti, dedicati alle diverse aree dei suoi interessi, per rappresentare l’invisibile alchimia dell’opera d’arte attraverso lo sguardo della collezionista, sottolineando la componente museale nella scelta di cosa collezionare e tenere nella propria casa o in galleria”2. Così, appena si entra nella stanza museale si ha l’impressione di 1

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Destinatari del prezioso lascito, oltre al milanese Museo del 900, sono il Mart di Rovereto e il MAXXI di Roma, mentre il nucleo più importante – 44 opere degli anni trenta – è andato a Villa Necchi Campiglio (sempre a Milano). Una distribuzione che fa pensare a una precisa volontà della gallerista-collezionista, intenzionata a voler dare un luogo il più possibile consono alle opere possedute e parte della sua collezione. 2 Brochure alla mostra “Collezionare il Novecento”, Art in a private life.


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doverlo esplorare per scoprire tutte le opere, proprio come se ci trovassimo in casa nostra, alla ricerca di un oggetto smarrito o dimenticato. E non è un caso che alcuni luoghi, come in una cabina armadio estremamente elegante, siano riservati ad abiti e cappelli appartenuti e indossati dalla collezionista. Lavori coloratissimi e sgargianti, firmati Issey Miyake, sono gli abiti della collezione, mentre è di Lucia Sammarco PenClaudio Parmiggiani, Senza titolo netier la piccola serie (Contrabbasso con farfalle), 1998, cm 80 x 190, di cappellini-sculture custodia con farfalle, Proprietà dell’artista. Credits: Silvia Colombo che fanno parte della sezione moda. La collezione si fregia anche di alcune interessanti opere che, pur nella loro eterogeneità, riescono a dialogare l’una con l’altra proprio come in un contesto domestico. Ad esempio, il capezzolo intitolato Prière de toucher, “si prega di toccare”, di Marcel Duchamp, di fianco al Concetto spaziale (due uova) di Lucio Fontana e alla Stella di Gilberto Zorio. E ancora, altri lavori come l’Ofelia (1922), gesso di Arturo Martini, esposta in una teca trasparente a terra, in primo piano. Ulteriori diversivi cromatici e iconografici provengono dal Contrabbasso con farfalle (1998) di Claudio Parmiggiani, dal Poeta ARTuromARTini CechoVia di Luigi Ontani, del 2007, dalla Natura morta con i guanti del 1935 di Fausto Pirandello – stilisticamente più 17


Costruzioni

classicheggiante – e dal Primo denaro (1928) di Cagnaccio di San Pietro, ritrovato su internet dalla collezionista proprio quando si pensava che fosse ormai perduto per sempre3. Opere molto diverse, quindi, che servono a delineare i gusti di una collezionista e la sua passione per l’arte. Una voglia di scoprire artisti nuovi che le è rimasta fino alla fine (si pensi alle opere della Sammarco Pennetier di cui sopra e a quelle Lucia Sammarco Pennetier, Small walking eseguite pochi anni or sculptures, Legato Gian Ferrari, Milano. sono, non molto prima Palazzo Morando Costume Moda della scomparsa) e che Immagine, 2008 fanno sperare: che nel futuro esistano ancora appassionati d’arte come lei, così generosi da voler elargire i lavori acquisiti agli occhi di tutti noi.

Cfr. Flavio Fergonzi e Claudia Gian Ferrari, Cagnaccio di San Pietro. Un quadro ritrovato, edizioni Charta, 2009.

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Daniel Libeskind parla durante la conferenza stampa al Museo del 900 (Credits: Silvia Colombo)

Marcel Duchamp, Prière de toucher (Catalogo per l’Esposizione Surrealista del 1947). Libro con sovracoperta, carta, gomma e tempera. Credits: Silvia Colombo 19


Gilberto Zorio, Stella, 1977, cm 84 x 134, pelle e collage, Donazione Gian Ferrari, Museo del Novecento

Informazioni Museo del 900 - Palazzo dell’Arengario, Piazza del Duomo, Milano. Orari. lunedì 14.30-19.30 | martedì-venerdì e domenica 9.30-19.30 | giovedì e sabato 93.30-22.30 sito web. www.museodelnovecento.org


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La GAM di Torino. Un Homeless Paradise

Silvia Colombo

Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012)

Alla GAM di Torino, in occasione di Artissima 2012 e nell’ambito del progetto collaterale It’s not the end of the world, ha inaugurato il site-specific di Valery Koshlyakov, artista russo emerso con il gruppo Art or Death. È appena trascorsa l’edizione 2012 di una delle fiere dedicate all’arte contemporanea più patinate del nostro bel Paese, Artissima. Eppure l’impressione emersa dopo una visita al Palaoval di Torino Lingotto è scivolata via con l’acqua torrenziale che ha assediato l’intero week end. Sarà l’ambientazione, all’interno di un padiglione fieristico che non concilia la concentrazione, sarà l’allestimento da centro commerciale, che disperde l’attenzione verso obiettivi plurimi eppure anonimi... ciò che rimane è qualcosa di indistinto e vago. 21


Costruzioni

Valery Koshlyakov, Homeless Paradise (2012) - l’artista al lavoro alla GAM Foto: Sabina Arena

Grandi nomi già affermati – i soliti, storicizzati e ‘forti’ sul mercato –, personalità nuove non sufficientemente contestualizzate e una folla nemmeno troppo insopportabile. Più interessanti, forse, gli eventi collaterali organizzati in collaborazione con i musei della città, come It’s not the end of the world – iniziativa dal titolo che gioca con la profezia Maya secondo cui il mondo finirà il prossimo dicembre. Il progetto, radicato in cinque poli culturali del territorio – Fondazione Merz, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, GAM, Palazzo Madama, Castello di Rivoli –, è finalmente un momento di conoscenza, poiché permette ai visitatori di entrare a contatto con le realtà culturali cittadine e, al contempo, di accedere a lavori meno noti al grande pubblico. In particolare, alla GAM di Torino va in scena Homeless Paradise, un site-specific progettato dal russo Valery Koshlyakov. L’artista, classe 1962, è uno degli aderenti al gruppo Art or Death1, esperienza culturale che si muove a cavallo tra gli anni ottanta e novanta e che intende distanziarsi da un’arte ancora fortemente improntata ai dettami del regime sovietico. 22


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Celebre per le rappresentazioni a tempera di monumenti storici delle capitali (dalla parigina Notre-Dame a uno stadio moscovita) raffigurati a colore morbido e colante su supporti che spaziano dalla tela a brani irregolari di cartone, Koshlyakov è anche autore di sculture matericamente ‘povere’ ma non per questo meno efficaci. In un certo senso è quest’ultima la definizione più calzante che si addice a Homeless Paradise, un paradiso ormai perduto che, per di più, è stato sfrattato, tagliato fuori, rimasto senza fissa dimora. L’installazione si radica e cresce irregolarmente, come i tralicci dell’edera, in corrispondenza dell’ingresso principale del museo, ora evidenziato da un agglomerato in compensato che ricorda alcuni esperimenti architettonici delle Avanguardie storiche. Il risultato è una costruzione semplice, una gigantografica casetta per gli uccelli che rimanda a un ‘modello abitativo’ più vicino al concetto di rifugio provvisorio, al riparo dalle intemperie, che di casa. La stessa idea di residenza equilibrata e precaria – due aggettivi che, a loro modo, riflettono una condizione comune alla nostra generazione – è estesa anche allo spazio coperto che, dal cancello, conduce all’ingresso del museo.

Valery Koshlyakov, Homeless Paradise (2012) Foto: Sabina Arena 23


Costruzioni

Ai lati della passerella si susseguono una serie di oggetti (installazioni? Ready-made à la Duchamp? Sculture?) che ritmano il nostro passo, lo rallentano. Si tratta di un’esposizione all’aperto fatta di armadi spalancati e sventrati, su cui l’artista è intervenuto incollando immagini attinte a un repertorio iconografico vario, colorando – seppur in maniera imperfetta e irregolare – esterni e interni. Altre strutture, altri coperti utili al nostro riparo. L’operazione, basata sulla progettazione completa di uno spazio, equivale allora alla fondazione di una città del XXI secolo. Spontanea, di certo non solida, pronta a spostarsi e, in qualsiasi caso, utile: perché per raggiungere il paradiso, a volte, non è necessario possedere una casa.

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Valery Koshlyakov, Studio preparatorio per l’installazione alla GAM (2012)

Informazioni Valery Koshlyakov. Homeless Paradise Torino, GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea 8 novembre 2012 – 6 gennaio 2013 sito web. www.gamtorino.it



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Nèurastenie - Teatro (e oltre) Roberto Rizzente È sempre più labile il confine tra teatro, arte, musica. Le nuove tecnologie da un lato, le avanguardie dall’altro, hanno complicato gli schemi, rendendo superflue le vecchie definizioni. In cinque tappe, ecco un viaggio tra alcune delle più innovative esperienze della scena contemporanea. Dove la danza, la parola incontrano la pittura, il cinema, l’informatica, la luce, in un mix eterodosso di suoni e visioni. #Milano Nel centenario della nascita di Alan Turing, il Piccolo Teatro di Milano, in collaborazione col Ministero per i Beni Culturali, omaggia il padre dell’informatica con una “multimedia action” che visualizza in tempo reale, grazie ad appositi software, il ritmo vitale dei performers, nel tentativo di tradurre in immagini il farsi del pensiero matematico. La regia di Turing - a staged case history è di Maria Elisabetta Marelli.

Dove e quando

Info e contatti

20-25 novembre 2012 Milano, Piccolo Teatro

Orari. martedì-sabato h 19.30 | mercoledì-venerdì h 20.30 | domenica h 16 Ingresso. intero 25 euro | ridotto 22, 17 euro sito web. www.piccoloteatro.org e-mail. info@piccoloteatro.org

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Costruzioni

#Torino A metà tra il cinema e la danza, sulla scia di spettacoli di culto come Kamp degli olandesi Hotel Modern, Kiss&Cry dei belgi NanoDanse, tappa conclusiva di TorinoDanza Festival, è una toccante, delicata partitura in cinque tappe per dita e immagini sul tema dell’amore, interpretata dalla coreografa Michèle Anne de Mey e filmata in diretta dal regista Jaco van Dormael.

Dove e quando

Info e contatti

22-24 novembre 2012 Moncalieri (To) Fonderie Limone

Orari. 20.30 Ingresso. intero 20 euro| ridotto 17-5 euro sito web. www.torinodanzafestival.it e-mail. infot@torinodanzafestival.it

#Roma Non solo Kentridge. RomaEuropa Festival ribadisce l’attenzione ai nuovi linguaggi con Stocos di Pablo Palacio e Muriel Romero, una composizione interattiva che mette a confronto il movimento di due danzatrici con una scenografia virtuale di luci, suoni e video-proiezioni, continuamente mutevole, per mettere a nudo il rigore e la casualità delle procedure algoritmiche che sono alla base della stocastica.

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Dove e quando

Info e contatti

18 novembre 2012 Roma, Teatro Palladium

Orari. 20.30 Ingresso. intero 20 euro sito web. www.romaeuropa.net e-mail. romaeuropa@romaeuropa.net

#Belgio Era il 1984 quando Jan Fabre rivoluzionò la scena con The power of theatrical madness. A distanza di ventotto anni, in occasione del Next Arts Festival, il maestro belga ricostruire la lunga maratona (4 ore e mezzo) con una nuova generazione di performers, sfruttando gli ultimi ritrovati della tecnologia per attualizzare la fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore e, con essa, celebrare il potere affabulatorio e consolatorio del teatro.

Dove e quando

Info e contatti

24-25 novembre 2012 Belgio, Kortrijk Schouwburg

Orari. 18-22.30 Ingresso. intero 20 euro | ridotto 18-7 euro sito web. www.nextfestival.eu

#fuoritema Drammaturgia dei media, teatro dell’ascolto: il lavoro di Roberto Paci Dalò sfugge alle definizioni tradizionali. Ci pensa la Marsèlleria a ricostruirne le dinamiche interne con un’ampia retrospettiva, Time Line. Punto di arrivo, il 19 29


Costruzioni

novembre, The Shangai Night, un’originale miscela di immagine, musica e performance per ricordare la storia del ghetto di Shangai durante l’occupazione giapponese.

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Dove e quando

Info e contatti

5 novembre-6 dicembre Milano, Marsèlleria

Orari. da lunedì a venerdì 10-18 Ingresso libero sito web. www.marselleria.org e-mail. info@marselleria.com



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