Nèura Magazine Non È Una Rivista d’Arte
Numero 6
8-15 novembre 2012
Digital (era)
Eunomia Mostre all’italiana L’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano
“Fiato d’artista” David Claerbout al Mart Video artisti: Jaan Toomik e Zlatko Kopljar
Zlatko Kopljar, K17, 2012, HD Video, 10 min 42 sec.
Nèurastenie Appuntamenti dall’8 al 15 novembre: #fumetto
Logo ©Cristiano Baricelli
©Nèura Magazine 2012. Nèura Magazine è uno spazio culturale di prospettiva. La redazione è composta da Anna Castellari, Silvia Colombo, Sonia Cosco e Roberto Rizzente. Nessuna parte o contenuto di questa pubblicazione può essere duplicata, riprodotta, trasmessa, alterata o archiviata in alcun modo senza preventiva autorizzazione degli autori. I contenuti di questa pubblicazione non hanno carattere periodico e non rappresentano prodotto editoriale ex L.62/2001. Logo ©Cristiano Baricelli, Ictus, 2005. Per contatti, scrivi: info@neuramagazine.com www.neuramagazine.com
Nèura Magazine - 8 novembre 2012
Editoriale - Digital (era). Archivi, media, interrogativi
Affermare che oggi ci troviamo nell’era digitale non sembra essere una novità. Se non altro perché una certa band inglese vagamente nota (dicesi: Joy Division) già nel 1978 intitola un brano proprio così, Digital. Certo, i riferimenti e le allusioni sottesi al pezzo musicale sono altri, ma quell’idea di essere ‘dentro e fuori’ evoca così fedelmente il gesto dell’on and off – accensione e spegnimento, scorrimento dell’immagine e sua scomparsa – da non poter essere tralasciato e dimenticato. Il numero #6 di Nèura Magazine si ispira idealmente a ciò e si ricollega al digitale nei suoi vari aspetti e declinazioni. Si sofferma su un formato immediato, apparentemente facile alla lettura, come la videoarte del belga David Claerbout, ora in mostra al Mart di Rovereto con il suo tocco visuale delicato e poetico. Estrinseca le possibilità della performance video attraverso i lavori dell’estone Jaan Toomik e del croato Zlatko Kopljar, dove il corpo diventa protagonista quasi esclusivo dello schermo. Riflette sul circuito delle mostre, oggi, l’era digitale e insieme l’era della crisi economica – dalle mille possibilità potenziali e dalle scarse risorse (sarà poi così vero in tutti i casi?). Propone modelli rari: come quello del toscano Archivio Diaristico Nazionale, preposto alla conservazione delle memorie private e impegnato nella digitalizzazione dei materiali cartacei della collezione – il progetto si chiama proprio Impronte Digitali. Perché passare al digitale, che sia terrestre o che provenga da un altro universo, non significa necessariamente progresso, ma nemmeno sprofondare nel regno dell’effimero. 3
Digital (era)
Infine, ecco qualcosa di piÚ concreto: perchÊ non crearvi un itinerario a tema, questa settimana incentrato sul #fumetto? Seguendo i nostri consigli potrete scegliere se leggere libri, visitare una mostra, incontrare Diabolik o Dylan Dog. Gulp! Buona lettura La Nèuraredazione
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Indice - Numero 6
Editoriale - Digital (era). Archivi, media, interrogativi
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Eunomia - Caro Diario: quando l’autobiografia diventa arte
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“Fiato d’artista” - David Claerbout. Alla ricerca del tempo frammentato
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Eunomia - Mostre all’italiana. L’arte salverà l’economia?
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“Fiato d’artista” - Kopljar e Toomik, l’happening ai giorni nostri
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Nèurastenie - Fumetto
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Nèura Magazine - 8 novembre 2012
Eunomia - Caro Diario: quando l’autobiografia diventa arte Silvia Colombo
Clelia Marchi con il suo lenzuolo ©Foto Livi
Un breve viaggio in Toscana, alla scoperta dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (AR): un piccolo gioiello per la nostra tradizione letteraria, documentaria, storica e artistica; uno spaccato di questa nostra Italia che, nel bene e nel male, ci ritroviamo ad amare. Tutti, una volta o l’altra, ci siamo rivolti a un Caro Diario. Abbiamo ardentemente voluto parlare a qualcuno in grado di ascoltare, senza possibilità di replica, confessare a un foglio bianco peccati che non saremmo capaci di ripetere a voce, ricordare date importanti, liberare noi stessi e imprigionare i nostri pensieri sulla carta. È il desiderio di comunicare, o anche solamente di ammettere qualcosa al silenzio dei nostri pensieri, che ci porta a scrivere, riempire interi quaderni, densi della nostra inconfondibile grafia e grafomania. 7
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Teca con il lenzuolo di Clelia Marchi, Archivio Diaristico Nazionale ©Foto Luigi Burroni
Ma poi, quale fine sarà riservata alle pagine che abbiamo riempito con tutto il sentimento che ci era possibile? Forse, spinti da un impulso egoistico pregno di liberazione, non ci pensiamo: per fortuna esiste qualcuno che lo fa per noi. In terra toscana, e più precisamente a Pieve Santo Stefano, piccolo centro della verdeggiante provincia aretina, nel 1984 nasce – per iniziativa del giornalista e scrittore Saverio Tutino – l’Archivio Diaristico Nazionale, fondazione che si prefigge l’obiettivo di “rispondere all’esigenza di memoria di un intero Paese e accogliere le testimonianze autobiografiche di un intero popolo”. Si parla di memoria, di identità collettiva ma, non dimentichiamoci, anche di storia. Non di una ‘storia da manuale’, fatta di comandanti e imperatori, governatori e sottoposti, bensì di vicende plurime, di voci che ci permettono di assistere al trascorrere degli avvenimenti da un punto di vista diverso – ‘minore’, direbbero alcuni, eppure l’aggettivo risulta in questo caso quantomai fuori luogo. Sono (siamo) tanti pezzi di un puzzle, tutti ugualmente importanti, 8
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che poco a poco si ricompongono per ricreare la tradizione da cui proveniamo – nessuno escluso. L’istituzione, oggi, conserva più di 6.500 documenti tra epistolari, diari e memorie, resi accessibili alla consultazione anche attraverso un catalogo online. E vuoi per il fascino di toccare e sognare tranches de vie altrui (sì, siamo tutti un po’ voyeurs), dalle cronache personali alle storie d’amore tormentate, vuoi perché in molti casi i diari sono dei piccoli ‘libri d’arista’ – corredati da illustrazioni e disegni, scritti con grafie a intreccio, oppure battuti a macchina in maniera fitta fitta, come un poema verbovisuale –, l’impressione è che ogni pezzo sia un sogno in miniatura. Tra le opere eminenti della collezione – attualmente in fase di digitalizzazione grazie al progetto Impronte Digitali, realizzato in collaborazione con la Fondazione Telecom – si distingue il lenzuolo di Clelia Marchi: un imponente diario personale di una contadina mantovana tanto umile quanto sincera (l’esordio con Gnanca na busìa, ‘nemmeno una bugia’, sembra piuttosto significativo), scritto sul lenzuolo matrimoniale condiviso per anni col marito. Su questa superficie, le parole sgrammaticate di Clelia, in caratteri corsivi, rimarcate lungo linee orizzontali e numerate meticolosamente, si susseguono e raccontano tutta una vita. Il bianco e nero della grafia è incessante. Si interrompe solo in corrispondenza dei ricami rossi lungo la bordatura del tessuto e delle foto, incorniciate a uncinetto, che ritraggono il marito, la stessa autrice, e il Sacro Cuore di Gesù. Pubblicata nel 2007 da Einaudi1, con il titolo Terra Matta, è invece la biografia di Vincenzo Rabito (Premio Pieve 2000), un bracciante semi-analfabeta che descrive l’Italia del Sud della prima metà del Novecento, dalla prima Guerra al Ventennio fascista fino ad arrivare agli anni settanta. Una descrizione non convenzionale, rigurgitata in oltre mille fogli scritti a macchina, da cui trapela l’opinione di un uomo che ha sfidato se stesso nella scrittura. Un’opinione gridata a interlinea zero, con segni di interpunzione arbitrari, raccontata in un linguaggio che non esiste, in bilico tra l’italiano e il dialetto siciliano. 1 E di recente in versione economica. 9
Lenzuolo di Clelia Marchi (particolare), Archivio Diaristico Nazionale ŠFoto Luigi Burroni
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Trasportati dall’intensità delle parole e dei concetti racchiusi dentro tutte queste pagine, noi di Nèura vorremmo che questo articolo fosse anche, a suo modo, un appello: se avete scritto o siete in possesso di memorie private, vostre o di parenti, amici o conoscenti, potete prendere contatti diretti con l’Archivio Diaristico Nazionale: potrete stare certi che il vostro piccolo romanzo personale si troverà in mani sicure. Infine ricordate che ogni anno, a settembre, il Premio Pieve Saverio Tutino seleziona una tra le opere inedite presentate (entro il termine del 15 gennaio), poi insignita di un premio e pubblicata con l’editrice Terre di Mezzo. Fondazione Archivio Diaristico Nazionale onlus Sede operativa Piazza Amintore Fanfani, 14 - Pieve Santo Stefano (AR) sito web. www.archiviodiari.it
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Diario di Vincenzo Rabito (particolare), Archivio Diaristico Nazionale ŠFoto Luigi Burroni
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“Fiato d’artista” - David Claerbout. Alla ricerca del tempo frammentato Anna Castellari
David Claerbout, The Quiet Shore, 2011, proiezione video a un canale, bianco e nero, muto, 36 min 32 sec in loop. Courtesy Collection Vanmoerkerke
Ovatta. Questa è la prima parola che viene in mente, pensando – anche a distanza di giorni – alla mostra contemplativa di David Claerbout, presente al Mart di Rovereto. Proprio come una giornata di neve, infatti, l’artista, attraverso la sua video arte incentrata sullo studio della percezione del tempo e della memoria, avvolge gli spettatori in uno spazio-tempo non percepibile in altri modi. È quasi completamente bianco, con tappeti insonorizzanti, di materiale plastico ma che si percepisce morbido sotto i nostri passi, l’allestimento della mostra dedicata al videoartista belga, intervenuto al Mart nel giorno in cui inauguravano due mostre: la sua, e quella “antologica” dal pomposissimo nome La magnifica ossessione. Il tutto è avvenuto nel museo trentino il 26 ottobre scorso, con molti degli artisti coinvolti – Claerbout, Isgrò, Paco Cao – e i curatori delle esposizioni. 13
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Due esposizioni quasi agli antipodi. Minimalista l’una, barocchissima e ricolma di percorsi l’altra, quella antologica, dedicata ai dieci anni del museo. Un disequilibrio violento, che si sente passando da un piano all’altro del museo, come se ci si trasferisse da un pianeta a un altro. Nella Magnifica ossessione si vorrebbe lanciare un’interazione con il pubblico, ma è qualche cosa che rimane, forse, solo in potenza: i curatori hanno scelto di non apporre le didascalie con i nomi di autori e i titoli delle opere per i primi due mesi (tranne i lavori più noti) per far giocare il pubblico e stimolarlo a indovinare la risposta. Operazione rischiosa, se si considera che si tratta di una mostra sterminata, di cui si fatica a individuare un filo conduttore, e che richiede una notevole preparazione pregressa in arte contemporanea. La mostra dedicata a Claerbout riesce, invece, grazie all’atmosfera bianca, minimale e ovattata di cui sopra, a mettere in risalto appieno la sua produzione. Nello saggio David Claerbout. Turbare il tempo. Moltiplicare l’istante1, Saretto Cincinelli, curatore della mostra, sostiene che nei suoi primi lavori, l’artista “prende le mosse da un nucleo di lavori tesi a ri-animare foto di archivio”. E continua: “Nei primi lavori dell’artista […] non viene conDavid Claerbout, The Quiet Shore (2011), proiecettualmente prima zione video a un canale, bianco e nero, muto, 36 la fotografia e dopo il min 32 sec in loop. Courtesy Collection Vanmoerkerke. Locandina della mostra al Mart video, o prima il video e dopo la fotografia, quanto piuttosto l’idea, incubata per lungo tempo, di modificare e trasformare delle immagini di affezione. L’accento non deve però cadere sul verbo ‘ri-animare’, poiché anche quest’ultimo va inteso
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1 David Claerbout, a cura di Saretto Cincinelli, catalogo della mostra, Mart – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Mondadori Electa, Milano 2012, p. 13.
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David Claerbout, Rocking Chair (2003), proiezione video interattiva a doppio schermo, bianco e nero, muto. Courtesy David Claerbout
in una accezione particolare: l’artista non si propone di risuscitare tout court ma quasi...”2. Il visitatore viene accolto all’ingresso della sala da una signora seduta su una sedia a dondolo collocata sul balcone. Si tratta di Rocking chair. Entrando, la donna è inquadrata frontalmente, con il volto in ombra, mentre si dondola sulla sedia; specularmente, nella parte posteriore del telo su cui è proiettata l’immagine, la stessa figura è vista da dietro, controluce. Immagini in bianco e nero, visioni del mondo attraverso istanti giustapposti l’uno all’altro, la percezione del visitatore: sono tutti elementi che concorrono a rendere questo artista riconoscibile nello stile e nella qualità dei suoi lavori. Dice Claerbout: “Non approvo l’egemonia del montaggio, la sua erotizzazione del tempo e del luogo. Ciò che mi interessa è trovare un modo per guardare una superficie che si muove senza che lo spettatore rimanga passivo”3. Proseguendo il percorso della mostra, si rimane colpiti dai parallelismi dei punti di vista del video Riverside, lavoro a due canali proiet2 Ibidem, p. 13. 3 Ibidem, p. 17. 15
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David Claerbout, Riverside, fotogrammi. Credits: Anna Castellari
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tato all’interno di una stanza foderata in nero. Si tratta di due schermi a colori, da guardare con le cuffie. La cuffia di destra corrisponde all’immagine di destra, e lo stesso vale per la sinistra. I suoni, spesso, si intrecciano, e questo perché i protagonisti dei due filmati si trovano nello stesso paesaggio e finiscono nel medesimo punto del luogo che percorrono (seduti su un tronco d’albero su un fiume) in diversi istanti. E così non s’incontrano mai, anche se – in apparenza – i due paesaggi si assomigliano sempre di più, fino a sfiorare la sovrapposizione iconografica: ripresi dall’alto, i due personaggi sono seduti sul tronco, e poi riprendono ognuno il suo cammino. Un’altra installazione interessante è The quiet shore, che pure presta un fotogramma alla locandina della mostra. Si tratta di una proiezione in bianco e nero, questa volta a schermo unico, immersa nel candore dell’allestimento – quasi a non voler essere troppo in contrasto con l’ambiente “reale” del museo (ma qui, ci si domanda, cos’è reale e cosa immaginario?). Fa capolino, in una spiaggia bretone, il noto fenomeno della bassa marea, con le pozze d’acqua che specchiano diversi gruppi di bagnanti, nello stesso punto e nello stesso momento, ricreando curiosamente “i trattamenti ai sali d’argento delle vecchie fotografie” (Saretto Cincinelli). I personaggi che si osservano da quella pozza sono diversissimi tra loro: adolescenti, una coppia, una signora... Un video dalla narratività assente, ma con un sostrato di intrecci di storie casuali, slegate le une dalle altre. In fondo, questa mostra destabilizzante sulla percezione del tempo rimane un tesoro da scoprire in autonomia. Non sveliamo oltre quanto si può ammi-
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rare – e percepire – ma invitiamo chi desidera perdersi nel tempo e ritrovarsi nel suo frammentarsi ad andarla a visitare. Per informazioni: www.mart.trento.it La mostra David Claerbout è visitabile fino al 13 gennaio 2013. Ingresso Intero: 11 € | Ridotto: 7 € | Biglietto Famiglia: 22 € Biglietto unico 2 sedi: Intero 13 € - Ridotto 9 €. Gratuito: fino a 14 anni, Amici del museo e scolaresche Convenzioni: Ferrovie dello Stato è il vettore ufficiale del Mart. Presenta alle casse del museo un biglietto del treno per Rovereto e avrai diritto all’ingresso ridotto.
David Claerbout, Rocking Chair, 2003 proiezione video interattiva a doppio schermo, bianco e nero, muto. Courtesy David Claerbout 17
Una delle sale del Mart, con la mostra di Claerbout. Credits: Anna Castellari
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Eunomia - Mostre all’italiana. L’arte salverà l’economia? Sonia Cosco
Mostra in corso: Ai Wei Wei a San Gimignano (SI) fino al 1° gennaio 2013. Nell’immagine: Template, installazione, 2007
Un’importante ricerca presentata in questi giorni a Firenze, vuole fare un po’ di chiarezza sul dove, come e perché delle mostre in Italia e trovare una strategia per migliorare la politica culturale nel nostro paese. Questa settimana voglio dare un po’ i numeri. Delle mostre che inaugurano in Italia, s’intende. Secondo l’analisi condotta dalla Fondazione di Venezia per Florens 2012, intitolata “Le mostre al tempo della crisi. Il sistema espositivo italiano negli ultimi anni 2009-2011” in Italia si inaugurano 11.000 esposizioni l’anno. La ricerca nasce da un’indagine sulla struttura del sistema espositivo italiano e dall’analisi di 9.409 mostre organizzate nel 2009 e 6.120 nel 2011. La ricerca, di Guido Guerzoni, è stata presentata lunedì 5 novembre a Palazzo Vecchio a Firenze. I numeri permettono di partire da basi concrete, per riflettere sulla politica del settore. Se vogliamo 19
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Mostra in corso: Emilio Vedova a Venezia fino al 25 novembre 2013. Nell’immagine: Ciclo ’62
geolocalizzare gli eventi, lo studio conferma quello che già sappiamo a naso, ovvero che il sud è il fanalino di coda con 901 mostre contro i 1.875 del centro e i 3.344 del nord. La Lombardia sforna mostre a ritmi imbattibili: da sola riesce a fabbricare ben 1.345 eventi (altra cosa rispetto ai 24 della Valle D’Aosta). Prima riflessione: i valdostani sono poco sensibili all’arte oppure nella capitale meneghina ci s’imbatte in una proliferazione eccessiva di esposizioni? Di certo non figura particolarmente propositivo in questo settore il Molise, con sole 8 mostre nel 2011. Ovviamente questi dati vanno analizzati attraverso diversi livelli di lettura: più mostre non significa di certo più qualità e quindi la domanda che vi faccio è: preferite un maggior numero di stimoli e proposte, stile calderone, oppure poche occasioni, ma selezionate? E in quest’ultimo caso, siete certi che ‘poco’ sia sinonimo di ‘valido’? Come mai non non c’è un pensiero sulla distribuzione territoriale degli eventi? Perché si passa dal deserto alla ridondanza espositiva? La difficoltà a rispondere è la cartina di tornasole del caos che regna e tutto ciò fa male soprattutto a una cosa: la qualità degli eventi e la difficoltà a far emergere ciò che vale la pena andare a vedere. 20
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Le contraddizioni sono tante: mostre faraoniche, con battage mediatico e sponsor altisonanti che non mantengono le aspettative, operazioni attente e ben curate che non hanno altrettanta visibilità e meriterebbero più attenzione e più sostegno economico, mostre che non alimentano né un mercato né un pubblico, ma solo la vanità dell’artista e così via. L’offerta diventa una giungla, dove però – sempre secondo l’indagine – trovano più spazio le esposizioni legate all’arte contemporanea (4.061 nel 2011), mentre si riducono drasticamente esposizioni legate all’arte antica, alla scienza, all’archeologia, all’arte etnica. Piace e si mantiene a una buona posizione la fotografia (con 634 esposizioni sempre nel 20111). Chi scrive, ritiene che in un momento di forte recessione come quella che stiamo vivendo, l’arte e la creatività vadano sostenute, anche come volano economico e turistico di un paese, ma le ricerche sul sistema espositivo italiano dovrebbero diventare gli strumenti idonei per permettere ai nostri amministratori di avere il polso del malato e usare la medicine giuste per guarirlo. La chiave sembra rimanere il buon senso di una politica che favorisca progetti validi, selezioni le operazioni più meritevoli, investa insomma con cognizione di causa, senza dimenticare che esistono – al di là di questo settore che potremmo definire ‘effimero’ considerando la durata temporanea degli eventi – urgenze legate alle condizioni precarie del nostro patrimonio e dei nostri edifici culturali (penso ai crolli di Pompei, ai commissariamenti dei musei, alla chiusura di biblioteche e l’elenco potrebbe continuare).
1 I numeri sono da considerarsi in riferimento a un campione di 6.120 eventi. 21
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“Fiato d’artista” - Kopljar e Toomik, l’happening ai giorni nostri Roberto Rizzente
Jaan Toomik, Run, 2011, video, 1,35 min
Era il 1959 quando Allen Kaprow, per la prima volta, inventò l’happening. Un’azione semplice, spesso concepita per un luogo pubblico e in interazione diretta con lo spettatore, che irrompe nel quotidiano, aprendo infinite possibilità interpretative. Quel genere, che traeva origine dal Dadaismo, oltre che dal teatro futurista, conobbe allora una straordinaria diffusione, influenzando nuove e più mature avventure della scena. Si pensi solo al primo Bob Wilson, quello di Einstein on the beach, di recente rivisto in Italia, con le sue improvvide e surreali sessioni. Il mondo dell’arte è tornato a più riprese sul concetto. Lo ha esplorato in forme nuove, estremizzandone le istanze (Spencer Tunik), innestandolo nella performance (Joseph Beuys), piuttosto che nella video art (Nam June Paik). Ne ha fatto un movimento, persino – il Situazionismo degli anni sessanta – attribuendovi nuovi e più spregiudicati significati. 23
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Jaan Toomik, Oleg, 2010, video, 35,20 min
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Bosniaco trapiantato in Croazia, Zlatko Kopljar (1962) è un eccellente esempio di utilizzo contemporaneo del genere. Al centro della sua opera – la serie K, acronimo di Konstrukcija, (“costruzioni”, in croato), cui l’artista si dedica dal 1997 e ora in mostra a Milano, fino all’8 dicembre, alla galleria Suzy Shammah – c’è un’azione muta. La traversata di una città senza nome (K17), piuttosto che lo scavo di una fossa (K16). C’è l’eco della Storia, a volte, a dettare il tempo. Come la genuflessione di Varsavia di Willy Brandt nel 1970, dinanzi al memoriale degli eroi della rivolta del ghetto ebraico (K15). Ma per il resto si tratta di azioni comuni, quasi banali nella loro semplicità. Quello che è extra-ordinario è l’abito bianco dell’artista. E le reazioni che la sua apparizione suscita, nel buio dominante della metropoli come del cimitero. La telecamera indugia sulle azioni di Kopljar. E lo fa con una sensibilità tutta cinematografica, costruendo una vera e propria mitologia dell’artista-vate. Pensiamo solo al finale di K16, con quel maestoso piano sequenza, che rivela il nulla. Piuttosto che il delicatissimo contrappunto tra l’artista, immobile al centro, e il fluire indifferenziato della folla, secondo un’iconografia che molto deve al Cielo sopra Berlino di Wenders (K17). C’è qualcosa di misterioso e segreto – la nostalgia di una fede, ci verrebbe da dire, quasi l’artista fosse una creatura ultraterrena venuta per redimere il mondo – che ci sfugge e che invano tentiamo
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di cogliere. Indulgendo, come già Kieslowski, all’ellissi, senza mai un commento esplicito, con in più il gusto della suspense, le Konstrukcija inscenano mondi, situazioni, che ognuno è libero di interpretare come vuole. Non meno controversa è l’opera dell’estone Jaan Toomik (1961), in mostra alla Galleria Artra fino al 13 gennaio, con la curatela di Marco Scotini. Le sue azioni, apparentemente casuali e ordinarie, sono state variamente interpretate come atto politico di resistenza e costruzione identitaria nell’era post-socialista, o come estrema manifestazione di un vitalismo di stampo esistenzialista, in fusione panica con la natura. Forse sono tutto questo insieme. Perché il grido muto di Toomik, di spalle a una cascata, di cui udiamo il fragore nel momento in cui l’artista apre la bocca (Cascata, 2005), è sì l’esternazione di un uomo in cerca di una rinnovata soggettività, il più possibile plurima e trans-individuale, ma anche una riflessione sul senso dell’arte, che vive del contatto con il mondo, di cui l’artista è solo un tramite, un medium. Così, la corsa forsennata di Run (2011) può essere interpretata come segno di una presenza, in un luogo storicamente connotato come l’aerodromo abbandonato e in reazione ai grandi gesti dell’ideologia socialista. Ma può anche alludere all’esistenza umana nel mondo, che è breve, troppo breve, come con tanta efficacia riuscì a dire Beckett in Breath (e la reminiscenza è evidente nei 50 secondi di Jaan del 2001).
Zlatko Kopljar, K15, 2012, HD video, 10 min 42 sec 25
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Zlatko Kopljar, K16, 2012, HD video, 10 min 42 sec
Certo è che quest’opera, a dispetto della semplicità della concezione, mette in campo una fitta rete di rimandi e relazioni. Se il significato, in Kopljiar, è filtrato dal montaggio e il cromatismo, esso vive qui del contrasto tra la fissità dello scenario e l’istante vitale e irripetibile dell’azione, sempre fisica e istintiva, che sia il pattinaggio su ghiaccio, piuttosto che il ballo sulla nave o in ricordo del padre. Non sappiamo come evolverà tutto questo nel tempo. Il corto Oleg del 2010, con cui si apre la mostra, schiude nuove strade, nuove prospettive, in direzione di una più compiuta e affermata volontà narrativa. Rimane il fascino di un’esperienza che reinventa da vicino un genere, mostrandone le infinite potenzialità, ancora in parte inesplorate. Zlatko Kopljar, The meeting of friend in Marfa, 2011, acrilico su tela, 95 x 160 cm 26
Nèura Magazine - 8 novembre 2012
Nèurastenie - Fumetto Anna Castellari Non solo Lucca. Il mondo del fumetto, in Italia, è pieno di festival! Diabolik compie cinquant’anni, e a Milano si festeggia. E ancora: anche Savona ha il suo festival dedicato al re del terrore, al fumetto, e altro... Nèura vi svela i segreti della “BD” qui e altrove. #Milano Dal 10 al 21 novembre Milano festeggia Diabolik, con Astorina, Mario Gomboli, e tutte le armi del re del terrore. Cinquant’anni vissuti diabolikamente è la mostra itinerante, passata per varie location in tutta Italia, che racconta la vita del fumetto tra i più longevi, attraverso vetrine con numeri da collezione, tavole originali, totem interattivi per sfogliare il primo numero del 1962. E un documentario sulle sue inventrici, “Le sorelle diabolike”. Sarà anche presentata, in anteprima assoluta, la serie di tredici episodi ispirata al fumetto, che andrà in onda su Sky. Ne parliamo anche noi, nel numero speciale dedicato al fumetto e all’illustrazione, che trovate distribuito a Savona in questi giorni (v. foto qui a destra).
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Digital (era)
Dove e quando
Info e contatti
19-21 novembre Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci Padiglione Olona, via Olona, 6 - Milano
Orari. martedì-domenica 10-19 | chiuso il lunedì Ingresso libero sito web. www.diabolik.it
#Savona
La seconda edizione di Inchiostro d’Autore, dopo la prima inaugurata lo scorso anno, dedicata a Dylan Dog, è per il cinquantennale del re del terrore. Diabolik, con il suo disegnatore Daniele Statella, sarà presente sabato prossimo all’inaugurazione della kermesse. Ma già in questi giorni Savona è invasa dai fumetti. Da lunedì 5 si susseguono proiezioni, incontri, laboratori. Sabato, insieme a Statella, ci saranno Lucio Parrillo, Giovanni Freghieri, il writer SANTY. Mostre e performance per tutto il fine settimana. Ne parliamo anche noi, nel numero speciale dedicato al fumetto e all’illustrazione, che trovate distribuito a Savona in questi giorni.
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Dove e quando
Info e contatti
5-11 novembre Ex Informagiovani, Corso Italia Castello di Priamar Savona
Orari. mostra di Dylan Dog (Ex Informagiovani) – dalle 10.30 alle 18.30 | Iniziative al Priamar: 10-19 Ingresso libero sito web. www.dietrolequintesavona.it
Nèura Magazine - 8 novembre 2012
#Fumetto! Il libro Uscito per Rizzoli Lizard, Fumetto! è stato presentato in anteprima a Lucca nei giorni scorsi, durante il Lucca Comics & Games 2012. Se volete sapere tutto, ma proprio tutto, della storia italiana del fumetto, oppure leggere la storia italiana tramite il fumetto, con saggi appropriati, tavole bellissime, dalle origini fino a oggi, non avete che da sfogliare questo volumone da collezione. A cura di Gianni Bono e Matteo Stefanelli, con saggi inediti e collage di vignette ben equilibrati, bellissimo da sfogliare. Info e contatti
Dove e quando
576 pagine a colori 60 euro www.rizzoli.rcslibri.it
Uscita: novembre 2012 nelle librerie
#Cosenza Spostiamoci a sud e troviamo, in Calabria, un festival molto ricco: si chiama Le strade del paesaggio, è arrivato alla sesta edizione e si tiene dal 10 al 29 novembre. Il tema di quest’anno sono Le frontiere. Tra gli eventi ospitati, la mostra Una favola per Rino Gaetano, originario di Crotone, la mostra con le tavole originali del libro Sereno su gran parte del paese, una favola per Rino di Andrea Scoppetta, edito Becco Giallo. 29
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Pensano glocal le due mostre realizzate appositamente per l’occasione. Autori giovani, che hanno partecipato a laboratori all’interno delle Strade del paesaggo, e si sono specializzati nella cosiddetta “letteratura disegnata”. Le esposizioni sono allestite alla Galleria d’Arte Provinciale di Santa Chiara e rappresentano in modo originale i luoghi di Cosenza. Il percorso museale a fumetti si chiama Tempi diversi e rappresenta i luoghi ‘come li vive chi ci vive’. Un’altra mostra, Formic Wars, porta al pubblico le tavole di Giancarlo Caracuzzo, della saga di fumetti di Orson Scott Card targata Marvel. Infine, un’esposizione è dedicata all’eroe bonelliano Tex Willer, interpretato da diversi autori: Tex, La Frontiera dell’Avventura. Oltre a tutte queste mostre, concerti, reading, eventi, fino al 29 novembre. (Nella foto, illustrazione Mirella Nania). Dove e quando
Info e contatti
Dal 10 al 29 novembre in vari luoghi: Galleria d’Arte Provinciale Santa Chiara, salita vecchio liceo classico, Museo delle Arti e dei Mestieri - C.So Telesio, Cosenza.
Orari. martedì-venerdì 10-13 e 15.30-19 | sabato e domenica 10-13 e 15-20 Ingresso libero sito web. www.lestradedelpaesaggio.com
#fuoritema Il 10 novembre inaugura a Udine, alla Sala Didattica del Teatro Comunale Palamostre, la prima Rassegna nazionale biennale del Libro d’Artista Come un racconto. Organizzato dal comitato Dars (Donna Arte Ricerca Sperimentazione), – questa prima edizione è dedicata a Isabella Deganis. In mostra ci saranno le opere di giovani artisti, provenienti da tutta Italia, che sono state recapitate per il concorso indetto ad hoc. 30
Nèura Magazine - 8 novembre 2012
Molte saranno le iniziative collaterali, come l’esposizione dedicata ai libri d’artista “storici”, Libri d’artista anni settanta, che inaugura il 15 novembre alle ore 18 e si protrae fino al 1° dicembre 2012. Si tratta di un evento a cura di Cristina Burelli, allestito nella Biblioteca Civica e incentrato sul rapporto parola-arte figurativa, con una riflessione di Antonella Anedda. Infine Sottovoce, dedicata alle opere della Deganis e ospitata nella Casa della Confraternita del Castello di Udine, aperta dal 10 novembre (inaugurazione alle 17) fino al 2 dicembre: e poi, incontri d’autore e proiezioni a tema. Dove e quando
Info e contatti
10 novembre – 2 dicembre in vari luoghi: Casa della Confraternita del Castello di Udine, Palazzo Bartolini – Biblioteca Civica, Cinema Visionario, a Udine
Orari. Come un racconto: giovedì, venerdì, sabato 15-18 Libri d’artista anni settanta: lunedì-giovedì 8.20-18.30 | venerdì 8.30-13.30 Sottovoce: sabato e domenica 10.30-12.30, 15-17 Ingresso libero sito web. www.dars-udine.it
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