

MONZA GP






Uno Speciale più ampio per celebrare
Quello del 2025 sarà il primo Gran Premio d’Italia dell’era post Angelo Sticchi Damiani, lo storico presidente di ACItalia che verrà sostituito prossimamente dal milanese Geronimo La Russa. Al neo eletto abbiamo fatto la prima di una serie d’interviste pubblicate su questo Speciale, domande che passano attraverso i ricordi di tre ex piloti di Formula 1 e, per restare all’attualità, si chiudono con le parole di un tecnico originario del nostro territorio che si occupa delle categorie legate al Mondiale di Formula 1. Dal territorio provengono anche gli autori di un documentario che verrà reso pubblico nei prossimi giorni dal titolo La Monza dei piloti monzesi. Un’opera realizzata in maniera coinvolgente e mossa da uno scopo benefico dalla Cooperativa La Meridiana, per un prodotto non commerciale e così lontano dall’altra pellicola trattata in queste pagine, quel F1-Il film con l’imperante figura di Brad Pitt in primo piano. Monza è protagonista anche in un’operazione che lega il nostro gran premio a un’altra eccellenza del territorio, quella realtà sempre più ammirata che si chiama PizzAut, chiamata per il terzo anno di fila a soddisfare gli appetiti degli addetti ai lavori della Formula 1. Il gran premio si corre dentro l’Autodromo, ma fuori dall’impianto la cerchia dei comuni vicini è chiamata, attraverso gli eventi del Fuori GP, a rendere più viva l’attesa per il fatidico 7 settembre. A cui, seguiranno nelle settimane successive molte altre giornate di attività in Autodromo. Questo e altro lo trovate nelle prossime pagine.

Il presente magazine è andato in stampa il 18 agosto 2025
Progetto grafico/Impaginazione: Giancarlo Favaro
Testi: Enrico Mapelli, Sara Colombo
Foto: Giancarlo Favaro, Enrico Ghidini, Enrico Mapelli, Massimo Campi, Maurizio Rigato, Stefano Ruberto

RIPARAZIONI E VENDITA

Dopo quindici anni di percorso Geronimo La Russa è approdato alla presidenza
Abbiamo sentito l’avvocato
Geronimo La Russa durante le recenti meritate vacanze e, parlando appunto con il neo eletto presidente dell’ente romano, l’impressione che ne deriva è che si potrebbe cambiare l’acronimo di ACI da Automobile Club Italia in Acquisito Competenze Iniziamo.
Da dove parte la sua avventura in ACItalia?
Inizia da molto lontano. Ho sempre avuto l’interesse per l’automobile e la mobilità, come per lo stesso sport
La Russa | “Essere a capo di ACItalia è una sfida che mi stimola e con il gruppo giusto faremo di certo bene”

dei motori, visto che in gioventù ho corso nei kart e in seguito ho partecipato a dei rally. Poi sono venuto a contatto con le istituzioni che si occupano per statuto di queste materie e nel 2010 sono entrato nel consiglio di AC Milano. Ho percorso l’iter da vicepresidente, ai tempi di Ivan Capelli, a presidente dello stesso ente.
In quella carica ho ricoperto il ruolo di responsabile degli AC di Lombardia e una volta a Roma sono stato nominato come uno dei vicepresidenti nazionali. Adesso
ne sono il numero uno, con grande onore e responsabilità, ma non mi si può certo dire di aver fatto le scale saltando dei gradini.
Come si diventa presidente di ACItalia?
Non è stato come si potrebbe pensare, anche solo guardando al numero di voti ottenuti, come qualcosa di scontato.
Dall’altra parte dell’urna c’era una donna piena di storia personale in ACI e carica di stima, anche da parte mia, che era Giuseppina



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Fusco, a capo di quell’AC Roma che per capirci conta più soci del mio AC Milano. A quella poltrona ci sono arrivato con il sostegno di tanti amici che credono in me, non per semplice conoscenza ma per aver apprezzato il percorso di questi quindici anni. Elettori che hanno visto la persona giusta per attuare quel cambio di passo auspicato da più parti, e tenere l’ente che abbiamo a cuore al passo di tempi che cambiano velocemente.
Chi è il presidente di un ente come l’ACItalia nel 2025?
Una persona incaricata di spendersi per un ruolo importante e, in questo momento storico, ancor più complesso che in passato. Ad esempio dovrà farsi trovare certamente al fianco dei suoi soci ma anche di chi non lo è, cercando di dare il proprio contributo per essere sussidiaro alle decisioni dello Stato ed essere da riferimento allo stesso. Perché non è solo interesse degli automobilisti che vengano fatte le scelte migliori, cioè siano scritte leggi che funzionino alla prova dei fatti. La mobilità nel nostro Paese è un tema delicato e presuppone uno sforzo di tutti gli attori per cercare le soluzioni ideali, e prometto che con me a capo dell’ACItalia questo è un impegno assoluto
Ancora per poco ci sarà questa convivenza con l’attuale commissario. A quando l’insediamento ufficiale? Prima mi sembra doveroso spendere due parole per il generale Tullio Del Sette. Una persona di alto profilo istituzionale, basti dire che è stato a capo di una delle più importanti che abbiamo in Italia, l’Arma dei Carabinieri. Collaborare con lui è un privilegio e ho capito
come, pur essendo un mondo a lui sconosciuto fino al suo incarico, abbia tutelato l’ente in questa delicata fase di transizione. Lui resterà in carica fino a mia nomina da parte della Presidenza della Repubblica, che presumibilmente arriverà in autunno.
Che ACMilano lascia l’ormai ex presidente dopo quindici anni? Lo lascio in buone mani. Io mi dimetterò come previsto ma resterò a disposizione dell’attuale consiglio che è composto da veri amici che stimo e so che faranno bene anche senza di me. ACMilano è un ente sano economicamente, che ha ritrovato una sua presenza sul territorio e questo è un lavoro che ho potuto svolgere con i vari direttori che si sono succeduti. Perché se c’è una cosa che mi ha insegnato l’esperienza di ACMilano è che il presidente è a capo di un gruppo e non un uomo solo al comando.
ACMilano vuol dire anche SIAS, l’ente che gestisce l’Autodromo di Monza?
ACMilano prima, e oggi ancor più ACItalia oggi, hanno l’obbligo di continuare a tenerlo dove merita di stare, fra i primi al mondo. Tutti possono essere certi che lavorerò con questo scopo, e cercherò di fare in modo che il territorio non si senta escluso dall’interesse che ruota attorno all’impianto.
La F1 d’Italia è anche Imola, Ferrari e Kimi Antonelli. Imola ha già da ora tutto il mio supporto per essere al suo fianco nel momento in cui si apre la possibilità di rientrare nel calendario del Mondiale. La Ferrari è un orgoglio italiano a cui auguro di tornare a vincere come la storia insegna e sarei ben felice, da presidente ACI dei prossimi quattro anni, di poter festeggiare il ritorno di un nostro pilota al titolo di Campione del mondo.
Che promessa possiamo strappare al neo eletto presidente di ACItalia?
Di non avere segreti quando, fra un anno esatto, tornerete ad intervistarmi.


Ferrari | Sarà ben difficile urlare di gioia domenica,
si può solo sperare nel passato
Sarebbe semplice cavarsela dicendo che la McLaren di oggi, di questo 2025, è imbattibile, quasi fosse come nel 1988 ai tempi del motore Honda e dei super piloti Ayrton Senna e Alain Prost. Ma non è propriamente così, perché in chiusura dello scorso anno la monoposto più forte era la rossa di Maranello. Lo dicono i numeri ancor prima che le impressioni.
Per cui non può bastare essere catalogati come la seconda forza della Formula 1 edizione 2025, ammesso che la situazione da qui alla fine non cambi in peggio. Non può essere sufficiente pensare che la Ferrari chiuda al secondo posto la classifica Costruttori e uno dei suoi due, Charles Leclerc per esser chiari, magari finisca terzo in quella dei Piloti. Che in ogni caso vorrebbe
dire eguagliare i traguardi raggiunti nel 2024 ma senza associarvi lo stesso valore di quelli.
Tutto questo nasce perché, a distanza di mesi, la grande festa in piazza Castello a Milano messa in piedi per ordine e conto del nuovo sponsor Unicredit, si sta rivelando un boomerang. Un messaggio lanciato a piene mani ai tifosi e che ora sta tornando indietro carico di delusione. Perché le parole erano state chiare, si partiva per vincere i due Campionati, non per fare da comprimari.
Giusta ambizione, se ti chiami Ferrari, non entri per fare la bella statuina in un presepe in cui il bambinello non è uno dei tuoi. Ma c’è modo e modo di essere l’attore non protagonista, e quest’anno in alcuni casi, come nella doppia squalifica cinese con doppia
motivazione, resta una figura che non deve far parte della storia di una squadra come la Ferrari.
Ma cosa è successo per far arretrare di decimi la SF-25, che in Formula 1 sono chilometri alla fine della gara? I vari opinionisti dal sapore tecnico ci dicono che il problema è l’altezza da terra, il cui bilanciamento è difficile da trovare volta per volta.
Non abbiamo le capacità per controbattere questa teoria, ma resta la considerazione che l’aver stravolto gli equilibri di una monoposto che funzionava è difficile da capire. Anche perché, fra pochi mesi, tutti comunque sarebbero stati destinati a farlo con l’arrivo dei nuovi regolamenti.
Dalla macchina ai piloti. Raramente in passato, e men che meno pensando ai soli ferraristi, abbiamo

ascoltato parole così sconfortanti. Frasi pesanti, pronunciate con parole ben diverse da quelle milanesi. Verrebbe da dare una pacca sulle spalle a Leclerc e Hamilton per confortarli e dire che, in fin dei conti, non è tutta colpa loro. Ma se non è loro, allora di chi è la colpa?
Anche qui i nomi si sprecano, ma
sono due su tutti quelli iscritti nel registro degli indagati. John Elkann per primo, non fosse altro perché se sei il presidente non puoi di certo nasconderti. Tutti sanno che non è lui ad aver progettato la SF-25 e nemmeno mette il casco per guidarla in gara, chiaro. Ma è lui che firma accordi e sceglie persone, Lewis Hamilton ne è un esempio. Oppure la colpa è solo di Frédéric Vasseur e il suo non esprimersi in italiano? Nemmeno questo può spiegare la situazione, ma anche lui non può nascondersi, a maggior ragione ora che è arrivato un insperato rinnovo. Cosa possono attendersi dunque i milioni di tifosi della rossa alla vigilia della gara di casa. In passato ci sono stati anni, 1980 e 1992 tanto per non far nomi, che a Maranello avrebbero fatto salti di gioia pur di trovarsi nella stessa situazione attuale. Però, in questa Formula 1 dove rompere

o comunque ritirarsi è una possibilità remota per chiunque, difficile pensare che domenica sera si festeggi come un anno fa. Ma vogliamo essere ottimisti e chiudere da dove siamo partiti, menzionando le McLaren invincibili del 1988.
Chi si ricorda com’è andata a finire quella volta a Monza?
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McLaren | Solo l’impensabile potrebbe togliere a Norris o Piastri la vittoria finale
Parliamo di McLaren e partiamo da Monza, pur se questo numero Speciale di Netweek esce prima della nostra gara più importante. Partiamo da Monza perché è qui che quattro anni fa, era domenica 12 settembre 2021, la squadra capitanata da Zak Brown ha colto un’incredibile doppietta, rompendo un digiuno di vittorie che durava da ben nove anni. Un’eternità se si pensa alla storia del team fondato a metà anni Sessanta dal pilota neozelandese Bruce McLaren. Quel trionfo fu favorito senza ombra di dubbio dallo scontro HamiltonVerstappen, ma non per questo è meno degno. Quattro anni dopo quel giorno così felice, che costò il tatuaggio con il disegno della pista brianzola sul braccio del manager americano, ecco che la possibilità che il Gran Premio d’Italia si chiuda
con un’altra doppietta è molto concreta. Nella prima parte della stagione sono state ben sette le volte in cui ciò è accaduto e nessuno sembra scommettere che lo stesso non capiti dopo le recenti vacanze, anche immaginando che gli uomini del team che dai più viene definito “papaya” sia stato effettivamente in spiaggia a prendere il sole. Tuttavia, e questo lo diciamo non per tirargliela,

dopo averlo sfiorato in più occasioni durante l’anno, è ipotizzabile che prima o poi i due galletti nel pollaio, Lando Norris e Oscar Piastri, arrivino al contatto diretto in pista. In più occasioni ci sono andati vicini fra Austria, Canada e Ungheria, tutti episodi che potevano finire in modo ben diverso, e anche in questo caso la storia della Formula 1 e della stessa McLaren ne è piena. La prima variante di Monza insegna, per ora a tutto vantaggio proprio della squadra di Zak. Sono però situazioni che al momento non tormentano la squadra, dove ci fa piacere sapere che al comando della parte tecnica c’è un italiano, l’ennesimo prodotto di casa Ferrari andato a far fortuna all’estero, che si chiama Andrea Stella. Nelle sue consuete parole del dopo gara c’è sempre la tranquillità di chi sa come la vittoria sia difficile

da ottenere, e ancor più mantenere, ma proprio perché ha bene in mente qual è stato il percorso intrapreso da un team che fino a metà 2023 era nei bassifondi, sa cosa fare per restare al top. Per farlo comunque, Red Bull insegna, è fondamentale avere piloti di prima fascia, quelli a cui metti in mano una monoposto vincente e loro vincono. Non è
scontato. Però mentre Norris ci ha messo sei stagioni per salire sul gradino più alto, ecco che Piastri al primo anno in McLaren, pur se era un gran premio corto del sabato, è stato in grado di farcela. Già durante la stagione passata si era capito che i due stavano formando una coppia da copertina, finendo all’ultimo gran premio con il riportare a Woking il titolo Costruttori che mancava dal secolo scorso. Quest’anno la loro forza è uscita in maniera imbarazzante, riportando indietro le lancette della passione ai duelli tutti interni che la Formula 1 ha già vissuto in altri anni e con altri nomi. A tutto vantaggio dello spettacolo, perché quando si hanno due piloti che se la giocano fino alla fine, qualunque sia la macchina che hanno in mano, sono garanzia di battaglia sportiva. Cosa che ad esempio con Verstappen e la Red Bull non é accaduto. A questo punto la curiosità, e le scommesse,

si sprecano su chi dei due sarà il prossimo Campione del mondo, andando ad aggiungersi alla trentina di nomi che dal 1950 a oggi li hanno preceduti. Ognuno ha il diritto di fare il tifo per chi vuole, noi abbiamo la speranza che ci facciano divertire ruota a ruota fino alla fine e poi, come si dice solitamente in questi casi, vinca il migliore.
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LANDO NORRIS
OSCAR PIASTRI

Red Bull | Dopo anni di successi, difficoltà in pista, ma
soprattutto
dentro il box
Quando vent’anni fa il gruppo austriaco è entrato in prima persona in Formula 1, non più dunque solo come sponsor sporadico di tute e caschi, ci si chiedeva cosa avrebbe combinato in un mondo dominato all’epoca da Ferrari, McLaren e Renault. Vent’anni dopo eccola con otto titoli Piloti e sei Costruttori, oltre al più che invidiabile risultato di un terzo dei gran premi vinto, numeri e record che andavano quasi sicuramente al di là delle aspettative di chi aveva spinto per imbarcare la proprietà in questa avventura. Eppure non è tutto oro quello che luccica.
Da più di un anno la squadra vive momenti di tensione interna che ne hanno minato la tranquillità. Nel 2024 Christian Horner, lo storico capo del team di Formula 1, è entrato al centro di una vicenda che
nulla ha a che fare con la tecnica e molto invece con il gossip. Se non che questa storia da giornale scandalistico, peraltro non del tutto chiarita e nemmeno giunta al termine, gli ha creato dei problemi sul piano familiare. Questo non ha impedito alla squadra da lui diretta di vincere il quarto titolo Piloti di fila con il gioiello di casa Max Verstappen, eguagliando quanto ottenuto un decennio prima con l’altro pupillo Red Bull, Sebastian Vettel. Ma la brace covava sotto la cenere con vittorie e titolo che mascheravano la lotta di potere nata all’indomani della scomparsa del capo supremo Dietrich Mateschitz. Una situazione sempre più imbarazzante che è terminata in modo clamoroso poche settimane fa con la chiusura immediata del rapporto con Horner. Anche in tempi non lontani la
Formula 1 ci ha “obbligati” a vivere situazioni simili, basti pensare ai casi di Luca di Montezemolo, Flavio Briatore o Ron Dennis per capirci. Questa storia però è diversa, non solo per la tempistica ma soprattutto perché è parso chiaro che a portare la proprietà a una decisione così drastica e senza appello ci sia stato come regista chi ha contribuito in modo tangibile alle fortune dello stesso Horner. Il riferimento non è casuale ed è diretto al clan Verstappen. Lo stesso Jos, papà del fuoriclasse indiscusso Max, è sembrato in chiaro imbarazzo quando gli è stato messo sotto il naso il microfono in modo provocatorio da Nico Rosberg per sentire il suo parere in merito. Al di là di questi aspetti così poco sportivi c’è poi la pista a sentenziare se il lavoro fatto funziona o meno.

Da tempo ormai, quando ci si riferisce alla Red Bull, si intuisce che il lavoro è ok nel box numero 1. Se ci si sposta dall’altra parte del garage invece si rischia di sprofondare in una realtà totalmente diversa e problematica. Fra le dieci squadre in griglia nessuna ha il divario di prestazioni e di punti così ampio al suo interno. Dopo due sole gare è
stato messo da parte Liam Lawson, quasi fosse stato uno sbaglio dargli il sedile che per anni era stato di Sergio Pérez. Al suo posto è stato promosso un altro dei tanti pulcini Red Bull che, come Verstappen e altri, erano stati svezzati nell’altro team di casa di stanza a Faenza. Ma l’essere stato messo a convivere sotto lo stesso tetto di Max non è propriamente l’ideale. Lo sanno in tanti e lo stesso figlio del Sol levante l’ha capito sulla sua pelle. Se sei subito dietro nella lista dei tempi sul giro e una sola posizione alle spalle a fine gran premio va bene. Se prendi un secondo in prova e un giro in gara è un serio problema. Però è la dura legge delle corse, da sempre, e uno come Helmut Marko, che più di cinquant’anni fa ha dovuto suo malgrado chiudere una carriera in fase di lancio, la conosce e riesce a metterla in pratica bene. Horner dunque fuori in malo modo e al suo posto ecco arrivare Laurent


Mekies. Difficile prevedere per lui un rapporto così lungo e proficuo come il manager inglese che l’ha preceduto, tuttavia quello che ai più potrebbe sembrare un personaggio di transizione, se gioca bene le sue carte sarà di certo in grado di contribuire a fare la storia della Red Bull. Per il momento gli basta non inimicarsi il clan degli olandesi…



MAX VERSTAPPEN
YUKI TSUNODA

Mercedes | Finalmente un pilota italiano con una monoposto da top team
Qualcuno potrebbe dire, non senza torto, che i tempi delle vacche grasse sono finiti. L’epoca coincidente con l’arrivo delle Power Unit oltre dieci anni fa, che hanno portato il team gestito da Toto Wolff e Niki Lauda a riscrivere i record in Formula 1, sembra in effetti un lontano ricordo. Ma questo è un ambiente in cui vivere sugli allori non aiuta, meglio dimenticare in fretta i successi e pensare al domani, alla prossima corsa, altrimenti si resta indietro e in un mondo ipercompetitivo come la Formula 1 è l’ultima cosa da fare. La prima è capire come stimolare le persone che lavorano per te, filosofia tanto cara ad Enzo Ferrari che si reputava un “agitatore di uomini”. In questo senso si potrebbe leggere il recente tentativo di portarsi in casa il numero uno
dei piloti in circolazione, Max Verstappen. L’olandese voleva capire cosa stava succedendo in casa Red Bull, e tutti sanno come si è risolta la questione interna ai bibitari, per poi eventualmente accettare la corte dell’unico top team disposto a mettergli sotto il sedere una monoposto vincente. Queste trattative segrete, ma a quanto pare non lo erano per tutti, ha messo i due piloti edizione 2025 della stella a tre punte nella condizione di sentirsi con la valigia

in mano, perché l’eventuale arrivo dell’olandese avrebbe voluto dire lasciare libero un sedile. Chi dei due, fra George Russell o il nostro Andrea Kimi Antonelli, non è dato sapere. Ma i recenti fatti, per ora, hanno smentito questa ipotesi e dunque sia l’inglese che il bolognese possono correre con più tranquillità. Concentrando il piano sul più giovane dei due, che in questi giorni ha festeggiato i suoi diciannove anni poche settimane dopo aver conseguito la maturità scolastica, fanno ancora pensare le immagini dei suoi occhi rossi davanti alle telecamere dopo la gara di Spa. Possono essere ritenuti un segno di debolezza, ma di certo sono spontanee in un mondo in cui mascherare il più delle volte è la strada preferita. Tuttavia la carriera di un pilota non si può

ricondurre a un solo weekend andato a male, a maggior ragione nel momento in cui ci riferiamo alla prima stagione in Formula 1 di chiunque sia e nella quale, e lo si è visto in modo chiaro a Miami o in Canada, Antonelli ha dimostrato di poter competere con i migliori. A noi fa piacere finalmente scorrere leggendo la lista dei venti piloti più

forti al mondo, o almeno ritenuti tali, che ci sia un italiano e che abbia fra le mani una delle migliori monoposto del gruppo. Poi sta a lui meritarsela, com’è giusto che sia, perché la Formula 1 dev’essere sempre l’ambizione ultima di chi ci vuole arrivare a scapito di chi c’è già, stimolo di base per dare il massimo a entrambi i soggetti. Da Antonelli a Russell, il punto di forza attuale di Toto Wolff. Dopo anni di convivenza con l’ingombrante figura del connazionale sette volte Campione del mondo Hamilton, ora George è libero di dettare lui la strada per la risalita della Mercedes. A volte ci riesce, come dimostrato in Canada, fino ad oggi il weekend da incorniciare in questo 2025 per il team anglotedesco, a volte invece non riesce nell’intento e la squadra si trova quasi al buio, come si è visto nel sempre iconico appuntamento di Monte Carlo. A lui viene chiesto, da questo punto della

stagione in avanti, di giocarsela spalla a spalla con i migliori interpreti di Red Bull e Ferrari, Verstappen e Leclerc lasciando perdere le due astronavi McLaren là davanti. Finendo per far capire a tutti che l’eventuale terzo posto in classifica a fine Campionato equivale a una sorta di primo dei terrestri.
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Williams | Un team che cerca di tornare ai piani alti come insegna la sua storia



inalmente si ritorna a parlare di Williams nel modo migliore. Certo che oggi uno dei team più storici e vincenti della Formula 1 poco ha a che vedere con quello creato e gestito alla grande da Sir Frank e Patrick Head, ma visto che il nome e la tradizione nello sport dovrebbero ancora avere il suo peso, a molti piace pensare a una Williams che possa competere contro i team sull’attuale cresta
Numericamente quella del 2025 è la miglior stagione da molti anni a questa parte. In proiezione potrebbe fare bene come le era capitato l’ultima volta dieci anni fa, con Valtteri Bottas e Felipe Massa costantemente in zona punti e finendo di tanto in tanto anche sul podio. Quest’anno, fino all’Ungheria, è forse l’unico aspetto che le è mancato, ma l’ingresso in Q3 in qualifica e i primi dieci all’arrivo sono traguardi che ormai si danno per probabili in casa Williams. Forse a stupire è

che dei due piloti il più bravo, se così possiamo dire, non è Carlos Sainz come molti ipotizzavano ma Alex Albon. Lo spagnolo, che ha lasciato il sedile in Ferrari per far posto a Lewis Hamilton, era forse il pezzo più pregiato disponibile sul mercato piloti dell’anno scorso, ma l’unica opzione che lui ha reputato allettante era appunto quella della Williams.
Tuttavia è innegabile che i risultati siano al di sotto delle aspettative, sue e dei tanti addetti ai lavori. Bisognerà solo attendere lo sviluppo della nuova monoposto

sulla quale, almeno a parole, dicono di essersi già concentrati al massimo in casa Williams. Albon invece è tornato a stupire, nel senso che è in linea per superare il suo record ottenuto nel 2020 con la Red Bull quando era salito anche su dei podi. Tuttavia sarà ben difficile che in futuro possa ambire a correre con le monoposto più forti del lotto, per cui la Williams resta la miglior soluzione possibile per la sua carriera.
Se poi il team farà il salto di qualità toccherà solamente a lui essere in grado di profittarne.
ALEX ALBON
CARLOS SAINZ








































Aston Martin | Alonso e Newey due punti di forza di un team che vuole vincere in futuro

Difficile che l’Aston Martin del 2025 lasci una traccia nella storia della Formula 1, di sicuro però sarà ricordata per essere stata la squadra che ha permesso a Fernando Alonso di alzare l’asticella dei record assoluti in fatto di presenze e di punti. L’asturiano continua a stupire perché dopo un quarto di secolo dal debutto, pur se inframezzato da due pause, è ancora competitivo al punto giusto.
Lo ha dimostrato recentemente a Spa, forse la pista più difficile di tutta la stagione. Anche altrove Nando si è sempre distinto per essere uomo d’esperienza, a disposizione di una compagine di cui, non va mai dimenticato, il compagno di box è anche il figlio del boss.
Lance Stroll invece continua a essere un oggetto misterioso. Il problema è che ormai lo è da tanto tempo e, in altre situazioni lungo la pit lane, forse un pilota così sarebbe già stato salutato dalla squadra o lui stesso avrebbe

cercato miglior fortuna altrove.
Parlando di Aston Martin in proiezione futura non si può che essere fiduciosi. L’arrivo di Adrian Newey, uno dei più grandi progettisti di tutti i tempi, fa ben sperare su quelle che saranno le potenzialità.
Per questo motivo i risultati della stagione in corso sono da registrare solamente come dati statistici, perché è chiaro che il pensiero e le idee del tecnico inglese sono rivolte al 2026, quando entreranno in scena i nuovi regolamenti. Tuttavia lo stesso Newey ha già fatto capire di non

aspettarsi miracoli immediati ma un progressivo innalzamento dei valori prestazionali per poi, dal 2027, puntare a traguardi mai visti prima dal team gestito da papà Stroll. ll quale è un abile stratega perché si è già assicurato per tempo la collaborazione con la Honda, che lascerà la famiglia Red Bull per passare la fornitura delle prossime Power Unit alle monoposto verdi. Resterà solo da capire se saranno ancora i protagonisti della strana coppia Alonso-Stroll jr. gli artefici della possibile ascesa nell’Olimpo dell’Aston Martin.
FERNANDO ALONSO
LANCE STROLL





















Sauber | Il team svizzero sta facendo bene quello che ad altri non riesce
La squadra svizzera, da oltre trenta stagioni una presenza fissa nel Mondiale, sta vivendo una stagione dignitosa. A rendere speciale questo 2025 potrebbe bastare la festa che è stata fatta a Nico Hulkenberg per il suo terzo posto a Silverstone, quasi come se fosse stato lui a trionfare in terra d’Inghilterra. Immagini che hanno fatto bene alla stessa Formula 1, pur se qualcuno ha sottolineato come ci abbia messo tanto tempo Nico a raggiungere questo obiettivo. Comunque c’è riuscito e lo ha fatto non per sole disgrazie altrui ma con tanto merito e questo gli va dato atto. Spostandoci sull’altro pilota, il brasiliano Gabriel Bortoleto, che oltre alle origini del nome sembra essere più italiano che sudamericano, non fosse altro per tutti gli anni passati da noi e iniziati fin dai tempi del kart. Le sue prestazioni sono di tutto rispetto, per non parlare del recente curriculum. Nel 2023 ha vinto la Formula 3 al debutto, e lo

scorso anno ha fatto lo stesso in Formula 2. Per intenderci in tempi recenti hanno fatto doppietta i soli Charles Leclerc, George Russell e Oscar Piastri. Basta vedere per chi corrono questi tre per ipotizzare un futuro in un top team anche a Gabriel. Il suo approccio ai piani alti è lento ma costante. Si è passati dall’essere abbonato al fondo del gruppo a inizio stagione per poi guadagnare spazio, per arrivare infine ai recenti posizionamenti in zona punti, con il sesto posto ungherese come suo miglior risultato. Nessuno gli chiede di

vincere un gran premio nell’anno del debutto, cosa che peraltro non stati capaci di ottenere nemmeno i tre menzionati sopra. Ma di certo la seconda parte dell’anno potrebbe mettere ancor più in risalto le doti di questo erede della tradizione dei piloti brasiliani. E magari sarà la stessa nostra Monza che potrebbe essergli amica, considerando che proprio da noi due anni fa si è laureato matematicamente in Formula 3, e dodici mesi dopo ha vinto in Formula 2 partendo dal fondo. E anche questo non è da tutti.
NICO HULKENBERG GABRIEL BORTOLETO

A UN NUOVO VIAGGIO, SENZ A PENSIERI.
Racing Bulls | Pilota e team manager ora sono in Red Bull ma il futuro potrebbe essere di Hadjar

Itifosi italiani fanno fatica a identificarla come una rappresentante di casa nostra. Pensiamo ad esempio ai nomi via via utilizzati. Toro Rosso poteva ricondurla a noi, Alpha Tauri aveva un che di latino sul quale sorridere. L’attuale Racing Bulls nulla ha a che fare con la lingua di Dante Alighieri. Se poi pronunciamo il nome completo che è Visa Cash App Racing Bulls Formula One Team ecco che la cosa si complica di più. Come sembrano lontani i tempi del pronunciare il semplice Minardi. Eppure il team ne è il diretto discendente, e la stessa proprietà austriaca della Red Bull non ha mai rinnegato la sede naturale di Faenza. Ha spostato alcune produzioni interne e degli uffici all’estero ma continua, almeno ai nostri occhi, a rappresentare anche lei l’Italia corsa in Formula 1. Passando ai fatti del 2025 da segnalare il trasferimento armi e bagagli alla casa madre Red Bull di due pedine

importanti: pilota e team manager. Partiamo dal primo, il simpatico giapponese Yuki Tsunoda che si è visto catapultato in Red Bull al posto di quel Liam Lawson che invece è stato retrocesso appunto alla Racing Bulls. Nelle ultime gare il pilota neozelandese ha fatto bene ma lo spostamento tutto interno non è un punto a suo favore agli occhi di Helmut Marko. Passando al team manager, a quel Laurent Mekies passato anche per Maranello tempo fa, che nessuno si aspettava, e forse nemmeno lui, di vederlo al ponte di

comando della squadra Campione del mondo in carica. Vedremo se saprà reggere la tensione anche se poi, come dimostra l’aver vinto già alla prima uscita sul muretto box, pur se in una gara sprint, i risultati sono frutto di troppe variabili per indicarne nel team manager il vero artefice. Chiudiamo con l’altro pilota Isack Hadjar, dalla doppia nazionalità francese e algerina, come denotano i tratti somatici e il cognome. Pilota interessante che, se non verrà bruciato sull’altare Red Bull, potrebbe avere una carriera interessante in Formula 1.
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HAAS | Continua nel solco degli alti e bassi la vita dell’unico team extraeuropeo

La rivoluzione è arrivata lo scorso anno con la cacciata del team principal Gunther Steiner e, a stagione conclusa, con la sostituzione in vista del 2025 dei due piloti. Ora al posto di Kevin Magnussen e Nico Hulkenberg ci sono Esteban Ocon e Oliver Bearman, i risultati sono leggermente migliorati rispetto alla stagione precedente, ma resta il punto che mentre il giubilato Hulkenberg finalmente ce l’ha fatta a salire per la prima volta sul podio di un gran premio in quel di Silverstone, dopo oltre duecento tentativi la formazione americana non è ancora stata capace di confezionare l’impresa. Le possibilità ci sarebbero anche, e Ocon ha cercato di sfruttarle al meglio, ma in una Formula 1 dove la parola ritiro è ormai scomparsa dal vocabolario, e le corse su pista bagnata, che da sempre sono state foriere di risultati impensabili, oggi sono più rare di un 29 febbraio di domenica, ecco che per l’unico

team extraeuropeo la strada per il podio è ancora lunga. Rivedendo il film di questa stagione il loro inizio non era stato nemmeno negativo. Tutt’altro. Spostiamoci infatti alla quarta trasferta, quella araba per il Gran Premio del Bahrain andato in scena il 13 aprile. Entrambi i piloti in zona punti, seconda volta su quattro gare, Ocon che si ritrova nono nel Mondiale Piloti e la squadra addirittura al quinto posto nel Costruttori, il primo fra i terrestri, cioè fra i team che non hanno ambizioni concrete di vittoria.

Poi per la Haas inizia una fase di declino apparentemente inspiegabile, con il giovane pupillo britannico della Ferrari Bearman mai più a punti e la stessa prima guida Ocon che in nove gran premi di punti ne porta a casa poco meno di quelli incassati nel solo principio di stagione. Inutile pensare che questo team, così com’è messo oggi, possa essere capace di risalire la china, ma se dopo dieci anni di presenza da comprimari nel Mondiale a loro sta bene così avranno dei buoni motivi. Di certo, in pista, si fa fatica a vederli.
ESTEBAN OCON
OLIVER BEARMAN
Alpine | L’arrivo di Briatore non ha dato la scossa giusta a un team sempre più ultimo

Fino a poche stagioni fa si parlava di nobili decadute riferendosi a McLaren e Williams. Risalite una e l’altra, oggi si può parlare di nobile in decadenza riferendosi alla Renault. Utilizzare il nome Alpine non cambia la sostanza perché uno dei marchi più prestigiosi dell’automobilismo francese, oltre che della Formula 1, è diventata l’ultima ruota del carro. I suoi piloti fanno fatica a rincorrere gli avversari, e più veloci di loro sono le voci che invece raccontano di una squadra che potrebbe essere ceduta al miglior offerente. L’ultima voce, raccolta nel fine settimana ungherese d’inizio agosto, inserisce fra i papabili all’acquisto l’inedita coppia Ecclestone-Horner. Molto improbabile, ma quando ci sono di mezzo soldi e opportunità tutto diventa possibile. Di certo c’è che l’anno prossimo, e anche questo è più di un indizio, l’Alpine, o altro eventuale nome sostitutivo, non

utilizzerà più le Power Unit francesi ma si affiderà ai Mercedes, e questo è un riferimento operativo quantomeno chiaro su quello che si prospetta come uno scenario d’uscita. L’arrivo di Flavio Briatore come numero uno sui campi di gara era stato visto giustamente come l’intenzione di dare una scossa alla squadra, e lui è di sicuro uno che sa come agitare le acque interne. Ma al tempo stesso non è uno a cui piace essere quello che chiude la porta per ultimo. Dei piloti, oltre a Pierre Gasly che è il possessore di tutti i punti raccolti

fino a Budapest per l’Alpine, va segnalato che il team con sede nell’inglese Enstone è riuscito a far calare le quotazioni di due ragazzini in poche gare. Partita la stagione con Jack Doohan, dopo cinque gare è stato messo in panchina sostituendolo con l’argentino Franco Colapinto, che nelle poche gare corse nel 2024 aveva impressionato tutti e aveva riavvicinato una nazione intera alla Formula 1. Adesso addirittura si parla di una sua sostituzione con Valtteri Bottas, uomo Mercedes. La discesa continua…
PIERRE GASLY
FRANCO COLAPINTO

previsti degli spazi d’utilizzo, seppur brevi, riservati alle Formula 1 storiche, occasione unica per far assaporare alle migliaia di tifosi seduti in tribuna suoni ormai dimenticati.
Poi ci sono le tante attività collaterali estranee alla pista, a cominciare dalla grande fan zone alle spalle del rettilineo della
Non solo pista ma tanto altro, a partire dalla fan zone
Il programma del Gran Premio d’Italia è ormai consolidato da tempo e regolato attorno all’evento madre, la gara di Formula 1 con le sue tre sessioni di prove libere, l’ora di qualifica divisa in tre parti e il via alla tanto attesa corsa previsto, pioggia permettendo, alle 15 della domenica. Di riflesso anche gli altri Campionati FIA che l’accompagnano,
Formula 2 e Formula 3, sono ormai già incasellati nei loro spazi predefiniti che prevedono per entrambi due gare su distanze diverse, una corta al sabato e l’altra, più lunga, la domenica mattina. La Porsche SuperCup, unica categoria a ruote coperte prevista, sarà l’ultimo momento agonistico prima del Gran Premio d’Italia. Per restare all’attività in pista sono
Parabolica. Un gigantesco punto d’incontro sulla cui presenza Liberty Media non transige più, e nel quale, fra i vari momenti d’attrazione, il più atteso sarà la presentazione dei venti piloti del Mondiale in orari ben definiti che saranno resi noti al pubblico. Per cui non basta che stare aggiornati per salutare da vicino i propri eroi.




VENERDÌ
09:35 - 10:20
Formula 3 Sessione di prove
10:30 - 10:45 Historic F1 Cars Demonstration
11:00 - 11:45 FIA Formula 2 Sessione di prove
12:00 - 13:00 FIA F1 Car Presentation
12:25 - 13:00 Formula 1 Pirelli Hot Laps
13:30 - 14:30 SESSIONE 1 PROVE LIBERE FORMULA 1
15:00 - 15:10
Formula 3 Sessione di qualificazione gruppo A
15:20 - 15:30 Formula 3 Sessione di qualificazione gruppo B
15:55 - 16:25 Formula 2 Sessione di qualificazione
17:00 - 18:00 SESSIONE 2 PROVE LIBERE FORMULA 1
18:30 - 19:15 Porsche Mobil 1 Supercup, Sessione di prove
SABATO
09:15 - 10:00 Formula 3 Sprint Race (18 giri/40 min. +1 giro)
10:10 - 10:25 Historic F1 Cars Demonstration
10:35 - 11:05 Porsche Mobil 1 Supercup Sessione di qualificazione
11:35 - 12:00 Formula 1 Pirelli Hot Laps
12:30 - 13:30 SESSIONE 3 PROVE LIBERE FORMULA 1
14:15 - 15:05 Formula 2 Sprint Race (21 giri o 45 minuti +1 giro)
16:00 - 17:00 QUALIFICAZIONI FORMULA 1
17:15 - 17:35 Historic F1 Car Demonstration

DOMENICA
08:15 -09:05 Formula 3 Feature Race (22 giri o 45 min. +1 giro)
09:45 - 10:50 Formula 2 Feature Race (30 giri o 60 min. +1 giro)
11:00 - 11:15 Historic F1 Cars Demonstration
11:45 - 12:20 Porsche Mobil 1 Supercup Gara (15 giri o 30 min.)
13:00 - 13:30 Parata dei piloti
13:30 - 13:55 Formula 1 Pirelli Hot Laps
14:44 - 14:46 Inno nazionale della Formula 1
14:48 - 14:50 Air Display - Frecce Tricolori Fly Past
15:00 - 17:00 GRAN PREMIO di FORMULA 1 (53 giri o 120 min.)
Gli orari visualizzati sono nella ora locale. Il programma è soggetto a revisione e modifica dal promotore dell’evento































CLASSIFICA




















































A Leonardo Fornaroli è stato assegnato l’1. Speriamo che lo
Formula 2 | Facciamo tutti il tifo per Fornaroli, cominciando già da Monza
Dopo la pausa estiva il Campionato del Mondo di Formula 2 riprende da Monza, dove la bandiera italiana sarà doppiamente protagonista. Il piacentino Leonardo Fornaroli, al debutto nella categoria con Invicta Racing, dopo aver vinto nel 2024 proprio nel Tempio della Velocità il titolo in Formula 3, si approccia alla gara di casa come leader della classifica piloti. Grazie a tre vittorie stagionali e a un’eccezionale costanza che lo ha visto due volte scattare dalla posizione del palo e salire sul podio in sette occasioni, dopo il trionfo nella Feature Race in Ungheria Fornaroli arriva all’appuntamento italiano con un buon vantaggio sull’americano Jak Crawford. Con ancora quattro gare alla chiusura, terzo è ora l’olandese Richard Verschoor.
La ventunesima stagione del Campionato del Mondo di Formula 2 si è aperta a marzo in modo anomalo, in un weekend australiano segnato dall’annullamento della Feature Race per maltempo. In pista gli stessi undici team della stagione precedente che schieravano tra le proprie fila ben undici piloti classificati come esordienti, la cui maggior parte però non è al debutto vero e proprio in questa categoria. Invicta affianca al ceco Roman Staněk il Campione 2024 di Formula 3 Fornaroli; Campos punta su Pepe Martí e sul rookie Arvid Lindblad; MP schiera nuovamente i già consolidati Richard Verschoor e Oliver Goethe. Hitech, da quest’anno Hitech TGR dopo aver concluso la partnership con Toyota Gazoo Racing, punta invece su due finti esordienti: Luke Browning e Dino
Beganovic, entrambi infatti, dopo la conclusione del campionato di Formula 3 dello scorso anno avevano già operato sostituzioni nella categoria correndo negli ultimi appuntamenti stagionali. Anche l’italiana Prema schiera due rookie, promuovendo dalla Formula 3 il vicecampione della categoria, il nostro Gabriele Minì, e Sebastián Montoya (figlio dell’ex pilota di Formula 1 Juan Pablo). La francese DAMS schiera nuovamente Jak Crawford, affiancato dall’indiano Kush Maini; mentre anche ART continua a fare affidamento su Victor Martins, questa volta affiancato dal giapponese Ritomo Miyata. Rodin Motorsport accoglie il belga Amaury Cordeel e l’esordiente irlandese Alex Dunne, mentre AIX punta nuovamente su Joshua Dürksen e lo affianca al rookie
sia anche a fine anno
britannico Cian Shields. Trident conferma Max Esterson, che aveva corso per la scuderia milanese negli ultimi due weekend della passata stagione, e promuove dal suo vivaio di Formula 3 il francese Sami Meguetounif. Aanche Van Amersfoort Racing conferma John Bennett (sostituto di Enzo Fittipaldi negli ultimi due appuntamenti del 2024) e il consolidato Rafael Villagómez. Dopo aver percorso dieci delle quattordici tappe in calendario, caratterizzate da due gare per weekend ciascuna: Sprint e Feature Race, è Invicta a dominare la classifica squadre grazie all’accoppiata Fornaroli e Staněk, autori di undici podi totali a cui va aggiunta un’ultima esaltante doppietta in Ungheria prima della pausa estiva. All’inseguimento della testa della classifica Campos, di poco davanti a Hitech TGR. Più staccati i due team italiani: Prema è settima mentre Trident, dominatrice

in Formula 3, chiude invece questa classifica. Per Fornaroli, la ripresa del Campionato a Monza rappresenterà molto più che la gara di casa: sarà la possibilità di consolidare la testa di entrambe le classifiche e avvicinarsi a quello che per tutti gli appassionati costituisce un sogno sempre più tangibile: riportare in Italia un titolo che manca da tredici anni. Tuttavia, con ancora quattro gare alla bandiera a scacchi finale di una stagione che si concluderà il 7 dicembre ad Abu Dhabi, dopo essere
passati per Azerbaijan e Qatar, la corsa è ancora aperta. Il format da seguire per tifare Italia nel weekend monzese resta invariato rispetto a quello dell’anno precedente: un’ora di prove libere il venerdì mattina e trenta minuti per conquistare i due punti in palio per la pole position nel pomeriggio. Sabato alle 14.15 la gara veloce con griglia invertita, mentre domenica mattina dalle 09.45 il via alla Feature Race con in palio punti per i primi dieci classificati.
Il Campionato del Mondo di Formula 3 approda nel Tempio della Velocità dopo la pausa estiva per l’ultimo appuntamento stagionale. Con il titolo Piloti già assegnato all’esordiente Rafael Câmara, portacolori dell’italiana Trident Motorsport conquistato una gara d’anticipo sulla chiusura della stagione, la corsa per diventare vicecampione è ancora aperta. Grazie ai 39 punti in palio nel fine settimana monzese saranno ben sei i piloti a contendersi la seconda posizione: lo spagnolo di Campos Racing Mari Boya, al terzo anno nella categoria, oggi secondo con 108 punti; Nikola Tsolov, indietro di soli 2 punti dal compagno di

Formula 3 | Si Arriva a Monza con il titolo già

squadra; Tim Tramnitz a quota 93 nella sua seconda stagione in MP seguito da Martinius Stenshorne, il danese di Hitech TGR, e anch’esso alla seconda esperienza con il team di Silverstone. Chiudono la lista la sesta e la settima posizione di Noah Strømsted e Théophile Naël, rispettivamente a quota 73 e 70 nonché unici esordienti dell’elenco. Dei trentuno piloti schierati sulla griglia monzese vi saranno infatti ben sedici rookie tra i quali gli italiani Brando Badoer alla guida della Prema numero 1, Nicola Marinangeli sulla monoposto di AIX con il numero 27 e Nicola Lacorte con la 23 di DAMS. Il primo alfiere tricolore in classifica tuttavia è un quarto “italiano”, che però non prenderà la bandiera verde saltando la tappa conclusiva, ed è il pilota italo-russo Nikita Bedrin, in ventesima posizione ma con le sole due gare di Melbourne all’attivo e 17 punti. Badoer arriva a Monza ventitreesimo con soli 13 punti,






Il brasiliano Rafael Chaves Câmara, già vincitore del Campionato di Formula 3, a bordo della sua Trident Motorsport
mentre Lacorte e Marinangeli sono fermi a quota zero. Nonostante le poco rosee aspettative nel Campionato Piloti, il tricolore vola alto nella classifica a squadre, dove la milanese Trident comanda con 282 punti sulla spagnola Campos, ferma a 264 e sull’olandese MP con 166 punti. Male per Prema, che usciva vittoriosa dall’appuntamento monzese della passata stagione ma che oggi è solo ottava a quota 77 punti. Il semaforo verde che darà










inizio al weekend della Formula 3 a Monza si accenderà alle 09.35 di venerdì 5 settembre per i consueti tre quarti d’ora di prove libere. A seguire, dalle ore 15 le due sessioni di qualifica nelle quali i piloti prenderanno parte alle prove ufficiali suddivisi in altrettanti gruppi. Sabato alle 09.15 prende il via la Sprint Race con griglia invertita e punti in palio per i primi otto classificati, mentre alle 08.15 di domenica i semafori si spegneranno per l’ultima Feature race del calendario 2025.
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Porsche Supercup | Sarà spettacolo, sperando possano aderire anche gli italiani

In alto, il leader del campionato, Alessandro Ghiretti. Qui sotto, una fase di gara nel circuito ungherese Hungaroring
Scattata lo scorso maggio da Imola a supporto del Gran Premio di Formula 1 dell’Emilia-Romagna, la trentatreesima edizione della Porsche Mobil 1 Supercup giunge all’Autodromo Nazionale di Monza dopo aver accompagnato la massima categoria a ruote scoperte nelle sue tappe del centro Europa. Ripartita da Zandvoort dopo la pausa estiva, Monza costituirà per le oltre trenta vetture del monomarca tedesco l’ottava e ultima tappa del Campionato.
Nato nel 1993 il Supercup è il più importante tra i campionati dedicati alle Porsche 911 GT 3 CUP, al quale l’accesso è consentito solo a chi è riuscito a distinguersi all’interno dei campionati nazionali o regionali di competenza, come il prestigiosissimo Carrera Cup Italia che approderà nel Tempio della Velocità il prossimo 24 ottobre. Ben quattro infatti i team italiani nella serie: l’emiliana Dinamic Motorsport, la bergamasca Ombra Racing, l’altoatesina Target Competition

e la Bolognese TDE (The Driving Experiences). Se le prime tre scuderie hanno affiancato a piloti che corrono tutta la stagione, ragazzi di prima fascia come Gianmarco Quaresmini, Eugenio Pisani, Luciano Martínez e altri nomi conosciuti nel panorama Gran Turismo Italiano per le più prestigiose tappe in calendario, TDE presenta unicamente una linea di piloti “ospiti”, come Francesco Fenici, Diego Bertonelli e Giorgio Amati, scesi in pista solamente in tre appuntamenti della serie. Alessandro Ghiretti, pilota francese classe 2002 per il team Schumacher CLRT si affacciava alla pausa estiva da leader del Campionato seguito
dall’olandese Robert de Haan di BWT Lechner Racing a breve distanza. Una lotta al titolo ancora aperta che vedeva tra i contendenti anche Flynt Schuring, Ariel Levi, e Marvin Klein, tutti piloti cresciuti nel vivaio del monomarca italiano. Il tricolore purtroppo non primeggia né nella classifica piloti, con gli iscritti alla stagione completa (Francesco Braschi, Pietro Delli Guanti e Aldo Festante) occupare rispettivamente dalla diciottesima alla ventesima posizione, né nella classifica squadre, guidata dall’olandese GP Elite e con la prima delle italiane, Target Competition, in quinta posizione.
“Monza è piena di ricordi per me, sia belli
che
brutti, ma che non cancellerò mai”
Da più di mezzo secolo non perde occasione per passare in Autodromo, e ora che ha la residenza non lontano dal Lago di Garda le visite aumentano. Se poi ci aggiungiamo, come lo scorso luglio, che era ai box a seguire l’ennesimo “prodotto” della casa, il figlio diciassettenne impegnato nell’Eurocup-3, ecco che si capisce perché non è così raro incontrare Emerson Fittipaldi nel Tempio della Velocità.
Cosa provi quando arrivi in Autodromo?
Per me è sempre un’emozione. Fatta sicuramente di ricordi felici, ma non solo quelli purtroppo. Ma soprattutto è parte integrante della storia mondiale del Motorsport. Monza lo era già quando ancora non la conoscevo di persona, negli anni Sessanta, ma ne sentivo parlare con rispetto.
Iniziamo allora con i ricordi.
1970, Gran Premio d’Italia. La prima volta che entro nel Tempio della Velocità, e lo faccio dalla porta principale, cioè dalla gara più

importante con la squadra più forte. La Lotus è in testa al Mondiale, Jochen Rindt può vincerlo già domenica, e io che sono al mio quarto gran premio sono il suo scudiero. Devo solo fare esperienza e se serve aiutarlo, ad esempio con le scie che a Monza sono fondamentali. In più Colin Chapman per la gara di Monza mi ha messo a disposizione una 72 come quella di Jochen.
Che fine settimana è stato è noto a tutti gli appassionati. Ma il tuo ricordo personale qual è? Pieno di emozioni, soprattutto brutte. Il venerdì arrivo forte in Parabolica, sbaglio la frenata e decollo sulla Ferrari di Ignazio Giunti. Finisco nel bosco dopo la via di fuga con la macchina che va in pezzi mentre io me la cavo senza dolori. La mattina dopo faccio colazione con Jochen e sua moglie Nina. Lui mi rincuora per l’incidente e mi chiede se l’anno prossimo mi sarebbe interessato correre per la sua squadra in Formula 2. Pochi sanno che, a maggior ragione una volta che era diventato Campione del mondo, si sarebbe ritirato per gestire un team che aveva come socio, oltre a lui, anche Bernie Ecclestone che era il suo manager. Arriviamo in circuito e sono felice perché penso già al 1971, Formula 1 con la Lotus, Formula 2 con la squadra di Jochen. Come da programma alle tre del pomeriggio iniziano le prove ufficiali. Quindici minuti dopo Jochen ha l’incidente che ce lo porta via per sempre. Quando mi arriva la notizia sono devastato, non so cosa pensare e Colin, giustamente, ritira la squadra
e così il nostro fine settimana finisce lì. La mia prima Monza, come vedi, è fatta di sentimenti contrastanti.
Capisco. E la seconda? Quella del 1971 con l’incredibile Lotus a turbina?
Bravo, a turbina, da non confondere con il turbo, che arriverà anni dopo. Chapman non si presenta perché, visto cosa gli era già capitato con Jim Clark per l’incidente del 1961, teme problemi con la magistratura italiana. La stessa mia macchina è iscritta con un nome che non è quello del team ufficiale ma l’aspetto interessante è un altro…
Quale?
Colin non era solo un genio tecnico, ma un vero uomo d’affari. Da quattro anni aveva un contratto di sponsorizzazione con un’azienda di sigarette. Per il 1972 si era deciso di cambiare il marchio da promuovere e bisognava sostituire il biancorosso utilizzato fino ad allora per colorare

le Lotus. Per cui la 56B viene dipinta oro con fregi neri in quanto il nuovo marchio aveva quei colori, e sembrava che più che al risultato sportivo il team fosse interessato alle riprese televisive. Al ritorno in Inghilterra capiamo che in effetti, anche se una Formula 1 d’oro fa la sua scena dal vivo, non funziona sullo schermo. Si decide d’invertire i
Emerson sul podio del Gran Premio del Belgio 1974, una giornata fondamentale nella rincorsa al titolo iridato
colori e che la monoposto del 1972 sarà dipinta di nero con fregi oro. Così è nato il mito della John Player Special!
Se solo fosse anche andata forte quella Lotus a turbina… Come avrebbe potuto? Pesava oltre cento chili più delle avversarie e doveva imbarcare molti litri


piccaluga




La seconda metà degli anni Settanta Emerson la vive cercando di ottenere il massimo dalla monoposto che porta il suo nome

di kerosene. Le gomme davanti e dietro erano uguali e, non avendo il cambio, aveva dei tempi di risposta differenti, peraltro senza il famoso freno-motore. Tutta una guida diversa dal solito che in linea teorica poteva andare bene a Monza dove nel 1971, non c’erano le chicanes, aveva solo due frenate, Lesmo e Parabolica. Comunque, anche
se staccato, riesco a chiudere ottavo. Pensa che tre anni fa, per festeggiare i cinquant’anni dal mio primo Mondiale, proprio qui a Monza il team Lotus Classic ha portato le monoposto che avevo in quelle favolose stagioni. Con me c’erano Martin Brundle, Damon Hill e Johnny Herbert e La 56 B a turbina è toccata proprio a me!
Meglio tornare ad usare la 72. Infatti. Comunque, l’anno dopo arrivo a Monza che sono primo in classifica, se vinco la gara sono matematicamente Campione del mondo, e ho in mano la Lotus 72. Proprio tutto come per Jochen due anni prima! Ma è un pensiero che non mi sfiora. Ero fatalista allora, e lo sono ancora oggi. Tutto è nelle mani di Dio.
E la fatalità ti stava giocando un brutto scherzo in quel fine settimana.
Si, è vero. Mentre il camion con le monoposto era già entrato in Italia, l’autista perde il controllo del mezzo ed esce di strada. Dentro al cassone succede di tutto, pezzi di qua, motori di là. Non era facile capire cosa era successo e anche raggiungere il luogo dell’incidente ma ci ha aiutato la cara Mariangela Colombo, che ora gestisce il negozio in autodromo, a risolvere il guaio e quando finalmente il materiale è arrivato in
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autodromo ce n’era a sufficienza per mettere insieme solo una Lotus 72. Per cui la preparano giustamente per me e così il mio compagno Dave Walker deve restare a guardare.
Tutto è bene ciò che finisce bene... …aspetta, non è finita. La domenica mattina dopo le prove libere il mio abitacolo è pieno di benzina.



Bisogna smontare tutto e cambiare il serbatoio, altrimenti avrei fatto compagnia a Dave al muretto box a vedere gli altri correre. I meccanici sono stati eccezionali e mentre loro finiscono sono ormai le tre e mezzo, orario del via, così all’ultimo momento mi preparo. Poi c’è stata la corsa e ammetto che i ritiri dei miei principali avversari mi hanno


Emerson durante l’intervista. Sotto, sul podio del vittorioso gran premio del 1972. A destra,
favorito, ma comunque ero al posto giusto al momento giusto.
E qual è stato il momento giusto di quel 10 settembre?
Mancano una manciata di giri alla fine, sono secondo dietro alla Ferrari di Jacky Ickx quando lui si ferma. Passo al comando e realizzo subito che sto vincendo gara
con la Lotus 72 nel fatidico 1970

vinceva, capisco tutto ed esplodo di gioia anch’io.

e Mondiale. Un sogno. Manca però ancora un quarto d’ora alla fine. Un’eternità. Faccio la Parabolica per l’ultima volta con il cuore in gola e la testa piena di pensieri. Quando vedo Chapman che lancia il cappellino in aria come faceva sempre quando si
C’è n’è già abbastanza di racconti e siamo solo al tuo terzo Gran Premio d’Italia!
Quel giorno mi godo vittoria e titolo in un colpo solo, il massimo. E non lo sapevo ancora, ma stavo per fare




l’abbonamento al podio di Monza che, ti posso assicurare, già allora era uno dei più belli. L’invasione sotto i nostri occhi ripagava noi piloti dei rischi che correvamo. Per altri tre anni ci sono salito sopra, seppur senza vincere più davanti agli italiani.
Tre secondi posti di fila.





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Emerson tre anni fa alla rievocazione per i 50 anni dal titolo. Con lui Martin Brundle, Damon Hill e Johnny Herbert
RICAMBI - NOLEGGI - TRASPORTI

Raccontali.
Tutti diversi fra loro. Nel 1973 arrivo dietro al mio compagno in Lotus Ronnie Peterson, ma appena entro nel camion dico a Colin che me ne vado dal suo team. Poteva aiutarmi rallentando Ronnie e lasciarmi ancora delle chance per la volata finale del titolo contro l’amico Jackie

Stewart. All’epoca non c’erano le comunicazioni via radio. Tutte le volte che passavo davanti ai box cercavo con gli occhi il cartello per farci invertire le posizioni. Ma il cartello non è mai arrivato. Mondiale perso, ma non l’amicizia con Ronnie e la stima con Colin. Solo che era arrivato il momento di cambiare aria.
E vai in McLaren…
…con i soldi della Marlboro, che mi chiama e mi dice: “Vai in Inghilterra, scegli la squadra che vuoi. Paghiamo noi”. Firmo per la McLaren di Teddy Mayer, e mi trovo bene fin da subito. Vinco due gran premi, faccio punti qua e là, e non sono lontano dai primi in classifica



quando si arriva a Monza. Il weekend finisce che, grazie anche al ritiro di Clay Regazzoni, il Mondiale si riapre nel verso giusto proprio a casa della Ferrari. Come nel 1973 a battermi è ancora Ronnie, ma questa volta è diverso, non siamo compagni di squadra e quindi non mi aspetto favori. Poi ce la siamo giocata io e Clay in Nordamerica, e ho vinto il Mondiale all’ultimo gran premio, negli Stati Uniti. L’anno dopo, a Monza, chiudo ancora al secondo posto, dietro a Clay e davanti a Niki che quel giorno vince il Mondiale. Giusto così, era stato il più bravo.
Monza era sempre festa per te, primi due anni a parte. Ma poi? Poi, più niente, dal 1976 mi sono imbarcato con mio fratello nell’avventura della Copersucar, la prima e unica monoposto di Formula 1 nata in Brasile. Abbiamo avuto validi tecnici, ad esempio Adrian Newey ai suoi inizi, ma i risultati sono stati inferiori alle aspettative, soprattutto per i finanziatori brasiliani. Io ho smesso come pilota alla fine del 1980, e nei due anni successivi ho fatto il
Emerson concentrato sulla sua
Lotus 72 pronto per le qualifiche
dell’indimenticabile Gran
Premio d’Italia 1972

incredibile per i miei tempi. Già con Berne Ecclestone era salita, ma ora con Liberty Media siamo a dei livelli planetari, assoluti. Poi c’è l’aspetto tecnico e qui siamo a livello di scienza dell’automobilismo. Altro punto che ai miei tempi era lontano anni luce da oggi.
A tutto vantaggio dei piloti … Si, ma non fare confronti affrettati. Oggi hanno l’ingegnere che in cuffia gli dice cosa è meglio fare. Ma poi lo devi fare. Lascia perdere l’episodio di Monza ’73, con Colin

Dopo mezz’ora che l’ingegnere mi spiegava del volante, gli assetti, e altro ancora, l’ho fermato. “Metti la macchina come va messa per girare” gli ho detto. Mi stava venendo il mal di testa. In pista c’ho messo del tempo a capire l’importanza dell’aerodinamica.
Ci sarà qualcosa che non ti piace della Formula 1 di oggi... Proprio l’aerodinamica, perché se è esasperata come oggi tende a livellare le prestazioni. Può sembrare bello avere venti piloti in poco più di un secondo, ma vuol dire che il margine lasciato a loro è minimo. Poi, i campioni sono comunque quelli che fanno la differenza finale, e va bene, ma si è ridotto il divario fra i bravi e i mediocri. Questo in pista, mentre fuori dalla macchina mi colpisce la poca personalità che traspare. Oggi questi ragazzi non possono dire tutto quello che pensano e magari vorrebbero dire. Io, Stewart, Lauda, il Clay, e tutti gli altri insieme, avevamo una personalità che i tifosi riconoscevano subito. Però il business è questo, nel bene e nel male. Se non altro oggi, e non è poco, si rischia uguale ma si paga di meno.









































Ex iridati in Ferrari | Quando per vincere si vuole andare sul sicuro prendendo il numero 1
L’arrivo in Ferrari di un sette volte Campione del mondo è l’ennesimo esempio del cercare di prendere il numero 1 in circolazione, o almeno qualcuno che lo è stato, per cambiare il corso delle cose. Si sa che nello sport, ma spesso anche nelle attività strettamente commerciali, quando si porta dalla propria parte un top si ottiene un duplice scopo, avvantaggiarsi professionalmente e indebolire gli avversari. Eppure mettere sotto contratto un Campione del mondo non era una pratica gradita ad Enzo Ferrari. I casi e la stessa storia della Casa di Maranello, fino a quando a comandare è stato lui, lo stanno a dimostrare. Non fosse altro che di solito il migliore in circolazione è anche il più caro sulla piazza, e il Drake stava molto attento quando si trattava di discutere la cifra del compenso mettendosi, lui sì in questo caso, in un piano d’inferiorità rispetto ai suoi concorrenti. Lewis Hamilton in rosso è di certo un’operazione in cui la parte prettamente agonistica, cioè legata alle sue qualità come pilota, forse non è la più importante in questo accordo siglato ormai oltre un anno e mezzo fa. Ad oggi, intesa come prima metà della sua stagione d’esordio, il bilancio è in rosso, ma non è il rosso vincente che tutti si aspettavano, a Maranello e suoi tifosi in primis. Tuttavia, a meno di notizie clamorose, c’è ancora tempo in futuro per ricredersi su un matrimonio che sembra d’interesse più che d’amore.
Come detto, Enzo Ferrari, pur riconoscendone le capacità, sapeva

i titoli più importanti, il Piloti e il Costruttori.
FARINA e FANGIO
Nel 1952 l’Alfa Romeo chiude il reparto corse e così i suoi piloti di punta, Nino Farina e Juan Manuel Fangio, che guarda caso sono
Un felice Nino Farina dopo una vittoria e, sotto, Juan Manuel Fangio nei primi anni Novanta a Monza

che chiamare il numero 1 avrebbe potuto, in caso di auspicata vittoria, sminuire quello a cui lui teneva di più, e cioè il valore del mezzo nella bilancia della vittoria. Da sempre si pensa che la metà sia il giusto peso da attribuire al successo delle parti coinvolte, pilota e macchina, ma spesso i diretti interessati tendono a riconoscersi meriti superiori. Niente di male, sta nelle pieghe dello sport. Vale quindi la pena ripercorrere cosa dice la storia della Ferrari in merito a questi arrivi clamorosi di ex Campioni del mondo, cioè di chi per prima cosa la Ferrari l’ha già battuta e ora gli viene chiesto di andare a vincere insieme il titolo, o meglio,
anche i vincitori delle prime due edizioni del Campionato del mondo, sono sul mercato. L’argentino si accasa con la Maserati ma avrà un incidente a Monza che lo toglierà dalla lotta per il resto della stagione, mentre il torinese torna alle dipendenze di Ferrari con cui aveva avuto già a che fare prima della guerra, quando entrambi erano in Alfa Romeo, uno come direttore sportivo e l’altro come promettente pilota. Per Farina può sembrare una soluzione di ripiego, anche in considerazione che l’uomo di punta a Modena c’è già e si chiama Alberto Ascari. Farina però non fa storie e accetta la situazione,
Mario Andretti, chiamato per sostituire Didier Pironi, stacca una storica pole position nel 1982

togliendosi qualche soddisfazione come vincere il Gran Premio di Svizzera del 1953, dopo aver chiuso al secondo posto, giusto alle spalle del compagno milanese, il Mondiale dell’anno prima.
Tutta un’altra storia, vincente ma al tempo stesso polemica, è quella che lega nel 1956 l’altro soggetto più forte di quel tempo, forse il più forte di sempre, con la Ferrari e il suo capo. Juan Manuel Fangio come quattro anni prima vince il titolo, ma si trova a piedi dalla sera alla
mattina. Nel 1951 era stata l’Alfa Romeo, nel 1955 è la Mercedes. Vittoria assoluta e chiusura totale. Tutti liberi. Ferrari lo conosce perché gli aveva già dato delle monoposto di Formula 2, pagate dalla Federazione argentina, quando Fangio era arrivato in Europa. Non riesce ad inquadrarlo a fondo da un punto di vista umano, pur sapendo che in macchina nessuno è come lui. Il 1956 è un anno difficile per Ferrari. Il 30 giugno, dopo mesi di malattia muore il primogenito Dino,
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e anche se sulle piste di tutto il mondo il Cavallino rampante trionfa, nella vita privata lui perde la gara più grande che ci sia. Fangio, non senza l’aiuto della squadra e soprattutto dei suoi compagni, Peter Collins su tutti, a Monza si laurea comunque Campione del mondo, quarta volta per lui, terza di un pilota Ferrari. Alla prova dei fatti ha portato a termine il compito per cui era stato ingaggiato, ma è chiaro a tutti che non è mai scoccata la scintilla fra lui e il Commendatore, per cui una volta chiuso l’ultimo impegno contrattuale decide di accasarsi altrove, e lo fa con il nemico, la Maserati dei fratelli Orsi. Fumo negli occhi per Ferrari. Inoltre, negli anni a seguire, le dichiarazioni pubbliche rilasciate di volta in volta da Fangio aumenteranno le distanze, con reciproche punzecchiature, al limite della querela. Solo una decina d’anni più tardi, passato il tempo e cambiati alcuni personaggi,

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in particolar modo quelli che gravitavano attorno al fuoriclasse sudamericano, i rapporti fra loro due sono tornati sereni.
MEGLIO SENZA, COMUNQUE
Dopo l’infelice esperienza con Fangio, vittoria a parte, per Ferrari i successivi iridati sono stati tabù, oppure non considerati. Jack Brabham non amava la Ferrari in generale, per lui era motivo d’orgoglio battere gli italiani. Inoltre, diventato a sua volta Costruttore di certo non avrebbe cambiato squadra. Graham Hill ha corso qualche gara con le Gran turismo dell’importatore inglese ma non è mai stato in predicato di venire a Maranello, e men che meno lo è stato Jim Clark, legato a doppio filo con Colin Chapman e la sua Lotus. Un altro che non è mai entrato nella lista dei papabili è stato il vincitore del Mondiale 1967 Denis Hulme, mentre due anni dopo il più forte


di tutti è diventato lo scozzese Jackie Stewart. Lui i contatti con la Scuderia li ha avuti sia prima che dopo quel titolo, ma non se n’è mai fatto nulla, soprattutto per questioni economiche. Purtroppo il Campione del 1970, Jochen Rindt, se n’è andato per sempre ancor prima di venire laureato ufficialmente. In ogni caso aveva già deciso di smettere con le corse.
Negli anni Settanta il due volte
Alain Prost nel 1990 porta in dote il numero 1
iridato Emerson Fittipaldi é stato avvicinato dalla Ferrari all’indomani del tremendo incidente di Niki Lauda del primo agosto 1976, con lo scopo di sostituire seduta stante l’austriaco. Troppo difficile separarsi dalla Copersucar, la squadra brasiliana gestita insieme al fratello Wilson, e senza certezze per il futuro. James Hunt probabilmente non è mai entrato nella testa del Drake, immaginando che non



























fosse facile gestire l’inglese fuori dalla macchina. Mario Andretti era già stato in Ferrari, addirittura vincendo al debutto nel 1971 in Sudafrica. Nel 1977, il giorno dopo la vittoria nel Gran Premio d’Italia, “Piedone” pranza a Maranello ma rifiuta il contratto per la stagione successiva. E fa bene, perché vince il titolo, l’ultimo di Colin Chapman. Andretti tornerà a correre sulla Rossa le ultime due gare del 1982, con la splendida pole e il terzo posto di Monza.
Alan Jones è stato un pallino di Enzo Ferrari che però non si è concretizzato, e anche in questo caso forse per l’australiano, iridato poi nel 1980, è stato meglio così. Nelson Piquet non ha mai amato il Drake e la Ferrari in generale. Per cui non si è mai discusso di un suo ingaggio, così come con Keke Rosberg. Nel frattempo gli anni erano passati e forse l’ultimo pilota che è sceso a Maranello per discutere un suo ingaggio

direttamente con Ferrari è stato Nigel Mansell. Che a poco dalla firma ha preferito restare in Williams. Quando accetterà di correre per il Cavallino, Ferrari sarà scomparso da poche settimane, e lui per diventare Campione del mondo dovrà tornare in Williams.
PROST E SENNA
Uscito di scena il Drake i nuovi
dirigenti della Ferrari cambiano strategia. Lo fanno da subito andando a prendersi il pilota più titolato in giro, Piquet a parte, e cioè il francese Alain Prost. In verità il Campione del mondo del 1985 e 1986 era stanco di stare in McLaren, a maggior ragione dopo due stagioni di convivenza difficile con l’astrai nascente, Ayrton Senna. La Ferrari si è inserita in questo periodo di separazione, e il gioco è stato facile. Per la seconda volta, la prima fu oltre trent’anni prima con

Ayrton Senna e Alain Prost, divisi da Gerhard Berger. Solo il brasiliano non ha mai corso per la rossa
Fangio, il titolare di cattedra in corso approda a Maranello con il numero 1 sulla maglia.
Buon per la Rossa che in effetti grazie a Prost sfiora il Mondiale al primo colpo, nel 1990. A portarglielo letteralmente via dalle mani è quello stesso Senna che, da lì a poco, intavola una trattativa segreta per vestire la tuta del Cavallino, e a cui mancano solo le firme finali. Ma quando Prost scopre l’arcano fa di tutto per mandare a monte il trasferimento del secolo. E ci riesce. In cuor suo Senna sapeva che un giorno avrebbe corso per la Ferrari. Un giorno che se n’è andato in quel tragico e triste primo maggio 1994.
ARRIVA UN NUOVO NUMERO 1
A metà anni Novanta il pilota di riferimento è diventato Michael Schumacher. Titoli con l’italiana Benetton nel 1994 e 1995, una forza


e una determinazione come nessun altro pilota in quel momento. L’uomo giusto. Mancava solo il posto giusto. E così dal 1996 inizia una storia che durerà undici stagioni, di bassi all’inizio e alti alla fine. Sono anni in cui. Il Piloti se lo portano a casa i figli d’arte Damon Hill e Jacques Villeneuve con le Williams prima, e Mika Hakkinen con la McLaren poi, tutte e tre sempre battendo il pilota di punta della Ferrari. Giustamente in quei momenti i dirigenti della Scuderia non hanno mai pensato

di andare a prendersi l’iridato in carica perché, a ragione secondo loro, erano certi che il Campione del mondo in pectore ce l’avevano già in casa. Schumacher li ha ripagati con una incredibile striscia, ancora imbattuta, di cinque titoli Piloti e sei Costruttori di fila. C’è stata poi una situazione inattesa, nell’estate del 2009 quando Felipe Massa era in convalescenza per l’incidente di Budapest. A Schumacher è stato chiesto di sostituire il brasiliano ma il sette volte iridato ha preferito portare un certificato medico che lo sosteneva nel suo diniego dal sapore diplomatico, fatto salvo poche settimane dopo annunciare un clamoroso rientro in Formula 1 con la Mercedes.
ALONSO, DUNQUE
Tornando un passo indietro, c’è voluto Fernando Alonso e la sua Renault, peraltro gestita da quello stesso Flavio Briatore che dieci



anni prima era al timone della Benetton nelle stagioni felici del fuoriclasse tedesco, nel 2005 a fermare la corrazzata ferrarista. Nel 2006 lo spagnolo è il più forte al mondo. Tuttavia le cose nella sua squadra non vanno più bene, l’aria non è ideale per lui che sempre più dimostra di essere un uomo di carattere, oltre che un pilota di prima fascia. Per cui si mette sul mercato e trova la porta di Maranello chiusa dopo che è entrato il pilota di cui, giocoforza, ora proprio Nando va a prenderne il posto in McLaren, Kimi Raikkonen. Il finlandese era in trattativa con il team modenese e al tempo stesso in Ferrari “consigliano” Schumacher di farsi da parte per lasciargli spazio. Il podio di Monza 2006 con il tedesco, alla sua quinta vittoria in Italia, che bacia il finlandese sulla testa ha tutto il sapore un passaggio di consegne fra numeri 1. In parte lo è, pensando che già al primo colpo il finlandese porta a Maranello la doppia corona, Piloti e Costruttori. La parabola di Raikkonen in Ferrari ha una traiettoria strana, essendo l’unico Campione del mondo, non un pilota in generale, a tornare a correre in pianta stabile per la Scuderia dopo essere passato per altre squadre del Mondiale.
UN ALTRO CHE PARLA TEDESCO
Considerando che l’ennesimo Campione del mondo di lingua inglese, Jenson Button, non era nel taccuino dei capi di allora, in Ferrari dal 2010 si punta su Alonso, ma in pista lo spagnolo perde per due volte in tre anni all’ultimo gran premio il confronto decisivo con Sebastian Vettel. Il biondo figlio di un falegname tedesco con la sua Red Bull monopolizza la prima posizione a fine anno. Gli riesce per


Fernando Alonso e Kimi Raikkonen. Il primo non è riuscito nell’impresa che il secondo aveva colto subito
quattro stagioni di fila, risultato che prima erano riusciti a compiere solo Fangio e Schumacher, guarda caso due che avevano corso in Rosso. Salutato senza eccessivi rimpianti Alonso, l’allora boss del Cavallino, Sergio Marchionne, rivoluziona la squadra e va a prendere proprio lui, Seb, certo che porterà di nuovo il titolo Piloti in Emilia. Dal 2015 al 2020 con quattordici vittorie in altrettanti gran premi, una meno di Niki Lauda e molte meno di Schumacher, è il pilota più vincente della Ferrari in Formula 1. Ma mentre gli altri due, fra l’altro di lingua tedesca come lui, il Mondiale
l’hanno vinto a Vettel sono rimaste al collo due medaglie d’argento di vicecampione del mondo.
SARA’ UN BILANCIO ROSSO… O NERO?
E veniamo ad Hamilton. Lewis trionfa nell’ormai lontano 2008, nell’era in cui in McLaren comandava Ron Dennis che lo aveva portato in squadra fin da quando era un bambino sui kart. Il piccolo ragazzino di colore non pensava certo all’epoca di venire in Italia a correre. Nemmeno quando, finito l’idillio con il suo mentore connazionale, è passato armi e bagagli alla Mercedes di Toto Wolff, iniziando a scrivere una storia fatta di successi pieni perché, numeri alla mano, l’accoppiata fra il pilota di colore e le Frecce d’argento hanno vinto insieme sei titoli. Nessuno come loro. Poi, forse perché anche tutte le belle storie hanno una fine, a inizio 2024 la notizia bomba. Il pilota più vincente di sempre passa alla squadra più vincente di sempre. Bingo, pensa qualcuno. Ma non subito però, come se gli otto giorni sindacali nel suo caso debbano durare un anno intero di gran premi. Di certo se Hamilton vorrà seguire l’esempio di Fangio e Schumacher, cioè riconfermarsi numero 1 al mondo dopo aver già vinto altrove, dovrà quanto meno aspettare l’anno prossimo. E ora è troppo presto per dire se ci saranno le condizioni.
AVANTI IL PROSSIMO
Nessun accenno a Nico Rosberg, che cinque giorni dopo aver vinto il Mondiale ha appeso il casco al chiodo perché non ce la faceva più, altro che eventualmente venire in Ferrari. Di tutti i Campioni del mondo l’unico non ancora citato è il cannibale di queste ultime

stagioni, Max Verstappen. Dopo un decennio dentro la comoda lattina Red Bull, ci sta che si siano create le condizioni per un suo cambiamento, ma sembrerebbe che queste al momento non portino a un suo approdo a Maranello. Di sicuro non nelle immediate stagioni. Poi si vedrà. Così come un giorno si scoprirà se il Campione del mondo 2025, che a scanso di cataclismi sarà uno fra i due galletti della McLaren, Lando Norris e Oscar Piastri, salirà mai sulla monoposto più ambita da tutti i piloti.
UN PO’ DI NUMERI STORICI
Infine un po’ di numeri e statistiche che in Formula 1, e nello sport in generale, non guastano mai. In piloti che si sono spartiti le 75 edizioni del Mondiale, dal 1950 al 2024, sono 33. Di questi 9 lo hanno fatto su una Ferrari per un totale di 15 Campionati vinti, cioè il 20%. Dietro la Scuderia troviamo



Quattro titoli per Sebastian Vettel e sette per Lewis Hamilton portati in dote all’arrivo nel team Ferrari
la McLaren con 11 titoli per 6 piloti, mentre alla Red Bull sono bastati Vettel e Verstappen per vincerne 8. Restando nell’ambito di chi ha corso con il Cavallino, prima, durante, o dopo il proprio anno di grazia, ai 9 di prima se ne aggiungono altri 7. Come dire che la metà dei piloti più forti di sempre, è passato da Maranello.
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Barbazza: “Venire a Monza a settembre, quando c’è il Gran Premio, mi fa star male”

Imola 1993, Fabrizio precede Michael Schumacher in uno dei due gran premi in cui è andato a punti giungendo sesto
Fabrizio è un figlio di Monza e del suo Autodromo nel verso senso della parola. La sua casa d’origine, quando passa qualche giorno in Italia, si trova in linea d’aria a un paio di chilometri dalla Parabolica. Proprio sentendo questo suoni così vicini si è innamorato delle corse da bambino.
Si, erano i tempi di Stewart, Lauda, Regazzoni e altri ancora. Gli anni di Emerson Fittipaldi e Mario Andretti, due nomi che poi mi sono ritrovato a sfidare in America. Un sogno da bambino che diventava realtà.
Ma come si materializza questo sogno?
Non è stato immediato. Ad esempio ormai da tanto tempo i piloti iniziano con i kart. Io no, con le moto da cross. Poi feci un test con la famosa scuola di Henry Morrogh e lui disse a mio padre che potevo ambire a fare il pilota. Proprio l’opposto di quello che invece gli disse un altro dei
tanti figli di quella Monza, il mitico “Tato” Artico Sandonà, che mi fece fare le prime gare con la F.Monza. Nel frattempo grazie a un amico di famiglia, Riccardo Paletti, mi venne organizzato un test a Misano Adriatico con una Formula 3. Dove andai bene e da quel momento cominciammo a ipotizzare di correre in macchina seriamente.
Parti con la Formula 3 e vai subito forte. Ti giochi più volte la vittoria nelle gare dell’Italiano e trionfi anche a casa tua, qui a Monza. Primo settembre 1985, la domenica che porta alla settimana del Gran Premio di Formula 1. Ma a Monza avevo già vinto il 2 giugno precedente, con Alex Caffi terzo e con il quale avevo battagliato ai tempi del cross e fatto il corso di Morrogh insieme. Ma anche l’anno prima, a settembre, avevo vinto una gara di Formula 3, e a correre con me c’erano altri figli di Monza, come il Nando Cazzaniga e il Peo Consonni, terzo uno e sesto l’altro. Monza non era solo la pista di casa

ma mi piaceva proprio, con le curve di Lesmo che per me erano fra le più belle e difficili al mondo. Bei tempi.
Poi vai in America… Perché in Europa non c’era uno sbocco adatto alle mie finanze.

Grazie a Cesare Gariboldi, un personaggio che ha fatto tanto per molti piloti, Ivan Capelli su tutti, trovo un posto nel team di Arciero negli Stati Uniti. Io non parlo inglese, loro non parlano italiano, ma c’intendiamo lo stesso. E vinciamo al primo colpo il neonato Campionato Indy Light, una sorta di Formula 2 a stelle e strisce.
La Monza che vince in America. Per non parlare di Indianapolis e la sua mitica 500 Miglia.


Ancora oggi sei l’italiano più bravo di tutti nella gara più veloce al mondo. Una sensazione strana, perché a me Indianapolis non piaceva. Mi ricordavo di un filmato visto da bambino in cui c’era un mega incidente che mi aveva lasciato un ricordo negativo. Lo stesso primo anno con Arciero vado a vedere le prove a bordo pista e resto impressionato dalla velocità delle











Monza,
Romolo Tavoni sventola la bandiera a scacchi a Fabrizio vincitore in Formula 3
macchine, dicendomi che io lì non avrei corso anche se mi avessero obbligato. Invece dodici mesi dopo, contrariamente alle mie intenzioni, sono in pista insieme ad altri quarantaquattro scatenati. Non solo mi qualifico, cosa non scontata per un debuttante, ma a una trentina di giri dalla fine sono addirittura in lotta per la vittoria, e solo un testacoda mi fa arretrare facendomi finire terzo al traguardo.
Una giornata memorabile. Come il resto della stagione. Ma io avevo in mente solo la Formula 1. Amavo l’America, ma sono cresciuto con il mito di Monza e dei suoi gran premi e lì volevo arrivare.
L’errore è stato fidarmi di un personaggio che mi ha promesso un posto nel Mondiale del 1988. Invece al momento giusto mi ha fregato e sono rimasto praticamente senza un sedile di qua e di là dell’Atlantico. Altro che

Sei a piedi dunque….
...non proprio. Con l’interessamento di alcuni manager, come Patrizio Cantù, trovo da correre in F.3000.
Nel 1991 lui diventa uno dei soci dell’AGS e così finalmente si aprono le porte per debuttare in Formula 1, ma si rivela una stagione deludente perché non riesco mai a entrare in griglia, addirittura per soli tre centesimi in Canada.
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Poi però, nel 1993, ce la fai. Incontro l’amico Massimo Ciceri della Beta e con lui vado da Giancarlo Minardi. Facciamo un accordo per disputare le prime otto gare del Mondiale. A Donington, in una giornata dove non era facile stare in pista, chiudo sesto e anche a Imola prendo un punto. Ma ti posso assicurare che per un pilota non è il massimo sapere di essere
in scadenza, al di là dei risultati che porti.
Di nuovo a piedi dunque... Si, ma fa parte del gioco. Poi, con Massimo Sigala, due anni dopo faccio parte di un programma per correre con una Ferrari 333SP privata in America, e vado bene fino al momento del tremendo incidente che mi manda in ospedale in gravi condizioni.

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A sinistra, a Monza nel 1991 con l’AGS. A destra, in America con il team Arciero

Fine dei giochi?
Più o meno. In realtà mi cerca Luca Montezemolo perché, saputo come lavoravo sulla 333SP, voleva che sviluppassi le Ferrari da Gran Turismo, ma ho preferito declinare perché sono le monoposto per me le sole vere macchine da corsa.
Chi era il Fabrizio Barbazza pilota
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e come si muoveva in un mondo di campioni?
Tranquillo, riservato, a cui veniva naturale andare forte in macchina. Non mi sembrava di fare niente di speciale, nemmeno quel giorno a Indianapolis. Ho corso contro Ayrton Senna e Alain Prost in Formula 1, oppure Mario Andretti ed Emerson Fittipaldi in America,






avevo rispetto per loro ma non li temevo. Se vuoi fare il pilota questo è l’approccio. Quello che invece mi è mancato è giù dall’abitacolo, trovare ai box qualcuno che potesse seguirmi passo passo, farmi capire la situazione e consigliarmi al meglio. Ma non ho rimpianti.
Cosa pensi della Formula 1 di oggi?
La trovo troppo lontana dal vero spirito dell’automobilismo che non è solo andare forte. Per certi versi è anche sfida al pericolo. Per intenderci, fare le Lesmo ai miei tempi era ben diverso che farle ora. Poi c’è il “cinema” attorno, quello che Liberty Media ha sviluppato bene. Ma anche quello è un aspetto che in America praticavano da tempo. Loro l’hanno solo ingigantito.
Resta il fatto che non è da tutti andare a trecento all’ora? Conta fino a un certo punto, la










velocità fine a sé stessa è solo un aspetto. L’altra sera parlavo con un amico, che sviluppa software nel mondo delle corse, e mi spiegava che un ragazzo di quelli che vanno forte sui simulatori di ultima generazione lo hanno messo in pista con piloti veri. Ha vinto alla prima gara. Questa è la conferma che si è andati oltre lo spirito iniziale.
Anche in Formula 1?
Oggi sono venti in un secondo, e questo forse vuol dire che sono tutti forti uguale? Io non ci credo, per cui a parere mio se non hai la macchina migliore oggi più di ieri non fai la differenza.
Ora torni a casa tua, a Cuba dove vivi da tanti anni. Ma la mattina del 7 settembre cosa fai?
Mi alzo per vedere il Gran Premio se è questo che vuoi sapere. Con mio figlio li guardiamo tutti, ma ti dico che non verrò più a Monza a settembre perché mi fa male.




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Servizi giornalieri per Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte.

Alessandro Brambilla. Dopo quello Piloti
a Monza vogliamo anche il titolo squadre
arcorese Alessandro Brambilla, direttore tecnico di Trident Motorsport per il Campionato del mondo di Formula 3 si affaccia alla gara di casa, ultimo appuntamento stagionale, reduce dalla vittoria del terzo titolo Piloti consecutivo. A bordo della squadra di Maurizio Salvadori, e guidata dall’ex pilota Giacomo Ricci sin dal 2015, abbiamo incontrato Brambilla per scoprire i dietro le quinte di un top team come Trident Motorsport. Dopo quelli conquistati proprio a Monza, dall’allora esordiente Gabriel Bortoleto nel 2023 e dal nostro Leonardo Fornaroli dodici mesi fa, il team di Brambilla arriva nel Tempio della Velocità con il


Il tecnico arcorese insieme a Noah Strømsted, uno dei tre piloti da lui gestiti

Mondiale già in tasca, conquistato in Ungheria dal rookie brasiliano Rafael Câmara.


“Nel nostro ristorante vi o riamo una cucina di qualità che si rifà alla tradizione della gastronomia lombarda e più precisamente brianzola, senza però dimenticare i piatti tipici della cucina italiana. I pasti potranno essere accompagnati da ottimi vini; buona la scelta tra i migliori vini italiani.”
Pensando a questo 2025 ti saresti aspettato di riuscire a portare a casa un altro titolo e per di più con







un weekend d’anticipo?
Mi sarei aspettato di essere lì a giocarcela fino all’ultima gara, quello si. Ma non di vincere e soprattutto di farlo in anticipo.
Anche Noah Strømsted è riuscito a portare a casa una vittoria e due podi e con Charlie Wurz arrivate a Monza con tutti i piloti in top ten. Come descriveresti la loro stagione?
La stagione di Strømsted, dopo un inizio in cui ha preso un po’ le misure, anche rispetto al suo passato nella categoria, è migliorata tantissimo. Ha preso confidenza con la squadra e sta chiudendo la stagione con la miglior forma fisica e mentale. Wurz è sicuramente un talento che però va ancora ben guidato e con il quale ci sarà da lavorare nei prossimi mesi. Noah ogni tanto commette ancora qualche errore di troppo. Questo chiaramente è dovuto alla sua gioventù e alla poca esperienza. Non ha mai corso in kart, è arrivato in Formula 3 dopo una stagione in Formula 4 e una in Formula Regional, quindi per trovarsi in un campionato di questo livello dopo sole due stagioni ha già fatto di più di quello che chiunque di noi si sarebbe aspettato.
Da un lato una partenza di stagione “col botto”: le pole position di Rafael in Australia, Bahrain e a Imola, la doppietta nella Feature Race di Melbourne; ma dall’altra un disastro nella prima Sprint, con otto ritiri in pista… …le Sprint Race, fino agli ultimi due appuntamenti, non sono mai state il nostro forte. Questo accadeva anche gli anni scorsi.
Penso che soprattutto Rafael, che non dobbiamo dimenticare era anche lui un esordiente, e quindi partendo a metà gruppo facesse più fatica. Nella Regional era abituato a partire davanti, quindi probabilmente gli è mancato quel poco di esperienza che ha dimostrato di avere ottenuto nelle ultime gare. Il nostro obiettivo è sempre quello di mettere la macchina davanti in qualifica, quindi come prevede il regolamento siamo costretti a partire dietro in Gara1. Poi nelle Sprint, bene o male, siamo sempre stati vittime di incidenti, ma fa parte del gioco e ci possiamo fare ben poco anche noi.
Qual è il ricordo più bello che conservi di questa stagione?
Probabilmente proprio la Feature race di Melbourne dove “pronti-
via” è arrivata una doppietta con la macchina nuova. Avevamo tutti mille dubbi e pochissimi giorni di test sulle spalle. Arrivare in Australia e far vedere di essere competitivi ha ripagato il duro lavoro teorico fatto al computer.
È cambiata tanto la nuova Formula 3 rispetto a quella dell’anno scorso?
Tantissimo, soprattutto a livello aerodinamico. Inoltre ora montiamo pneumatici con cerchi più grandi e all’inizio è stato un salto nel buio.
Cosa vuol dire essere Direttore Tecnico di Trident Motorsport? Vuol dire avere la supervisione di tutto quello che si fa e dare le linee guida di lavoro principali, sia per i meccanici sia per i colleghi ingegneri. All’interno di queste due grandi linee che si tracciano però è necessario dare anche la libertà di muoversi e portare le proprie idee per crescere tutti insieme.
Ci riassumi, molto brevemente, la tua giornata tipo in pista?
Le giornate in pista in realtà sono abbastanza ripetitive. Il grosso del lavoro viene fatto a casa. Quando si arriva in autodromo, se non ci sono da svolgere attività di verifica per la conformità della monoposto, si fanno le prove libere e le qualifiche seguendo dei Run Plan pensati nei giorni precedenti. Dopo ogni sessione si analizzano i dati: questi cambiano di pista in pista e in base allo stile di guida dei ragazzi. Le sessioni più importanti, soprattutto dal punto di vista dell’analisi dei dati, sono le prove libere perché quello è il momento cruciale in cui individuare e risolvere eventuali problemi che non erano stati preventivati, e anche vedere a che livello si presentano i piloti all’appuntamento. Prima delle qualifiche è anche
importante riuscire a correggere eventuali errori di guida: con le prove ufficiali ci si gioca metà del weekend. Dopo le qualifiche si lavora ancora con i dati ma ci si concentra su quello che può essere l’aspetto gara.
Dieci weekend di gara in giro per il mondo: ci vuole sicuramente tanta passione per fare questo tipo di lavoro. Come è iniziata la tua avventura nel Motorsport?
Sono sempre stato un assiduo frequentatore dell’Autodromo di Monza e da lì è nato il sogno di fare questo lavoro. Sono stato fortunato perché, mentre mi stavo laureando, ho avuto la possibilità di iniziare a lavorare per una squadra di Roncello, all’epoca impegnata nel World Series, un campionato molto simile alla Formula 2. Cercavano un ragazzino che facesse da telemetrista, io ero già in grado di fare qualcosina e così iniziò la mia avventura.



Qual è oggi il tuo rapporto con
Prima di ogni gara è importante anche per tecnici e piloti della Formula 3 conoscere meglio la pista

sarebbe una sorta di piccolo record.

Documentario | La Monza dei piloti monzesi rivive per uno scopo benefico

Cosa c’è di importante a Monza? Se lo chiedono ogni tanto i responsabili della Meridiana, la Cooperativa sociale nata quarant’anni fa e che nel tempo ha preso sempre più a cuore le problematiche di chi, e fra loro ci sono anche i malati di Alzheimer, tutti i giorni devono trovare soluzioni pratiche per affrontare la quotidianità della vita. All’interno delle varie iniziative in tempi recenti è partito il progetto Generazione Senior che, con il supporto di un’altra struttura interna dal nome di Easy TV, realizza documentari avendo la capitale brianzola come

team di sfondo. Quest’anno la risposta alla domanda di partenza è racchiusa nel titolo stesso del documentario edizione 2025: La Monza dei piloti monzesi. Dallo scorso autunno i tre incaricati alla realizzazione, il regista Riccardo Scotti, l’operatore Gianluca Tomei e l’instancabile Sonia Pollet, che si è occupata di tutta la parte redazionale e di contatti, si sono buttati anima e corpo in un mondo che basa le sue radici sulla passione di tutti i soggetti intervistati e su quel luogo magico da cui questa passione è scaturita, l’Autodromo Nazionale. Per cui ecco il via allo scorrere delle immagini facendo un giro di pista commentato dalla voce simbolo di Monza, Gigi Vignando, che per molti decenni è stato lo speaker che ha accompagnato con la sua inimitabile enfasi le gesta dei piloti in pista. Gigi è uno dei personaggi intervistati e con lui sullo schermo ecco

Nando Cazzaniga e, con la monoposto gialla, Peo Consonni in uno dei loro duelli a Monza nei primi anni Ottanta
apparire di tanto in tanto un altro giornalista che da Monza è partito per girare il mondo come inviato della Gazzetta dello Sport e ora è responsabile della sala stampa monzese, una sorta di ritorno alle origini. Andrea Cremonesi illustra la storia di questo impianto così famoso in ogni dove. Un’altra figura fondamentale che ha fornito



Falegnameria




la traccia di base per creare il documentario è Walter Consonni che pochi anni fa ha pubblicato Monza 22, un vero e proprio documento che parla della Monza da corsa che pochi conoscono, quella lontana dalle luci del solo Gran Premio d’Italia. Poi ci sono loro, i piloti made in Monza, a partire dai più famosi, i




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Vittorio Brambilla, terzo da sinistra in piedi, con un gruppo di amici moticiclisti. A destra, sopra Luigi Sabatini e sotto Nando Cazzaniga
vero, di poche parole e senza compromessi.
Il ricordo di Vittorio è invece tracciato dal figlio Roberto, custode delle gesta di un padre che non ha mai dimenticato le origini semplici e la famiglia. Logico che pensando a lui ci sia all’interno un risalto particolare per quell’impresa da lui compiuta proprio cinquant’anni fa, vincendo sotto il diluvio il Gran Premio d’Austria di Formula 1. Ma c’è un altro figlio di Monza che ha toccato alte vette con il volante fra le mani. Fabrizio Barbazza, con il suo terzo posto alla 500 Miglia d’Indianapolis del 1987, ha raggiunto il massimo che un italiano abbia mai colto nella corsa automobilistica più importante al mondo.
Se Barbazza e i Brambilla sono stati riconosciuti gli ambasciatori della nostra città nello sconfinato mondo delle corse a quattro ruote, non da meno lo sono stati partendo dalla piazza dell’Arengario Peo e Nando. Giampiero Consonni e Fernando Cazzaniga all’anagrafe, così diversi nell’approccio nella disciplina che a loro modo li ha
resi felici. Anche dalle loro parole si capisce quanto questo sport sia cambiato nel tempo e, oggi, come sia difficile vedere nascere ancora personaggi come loro. Un’altra figura interessante, se non altro perché proviene da una realtà, quella femminile, così poco vista con il casco in testa è Antonella Ambrosini, che da monzese doc era rimasta affascinata fin da ragazzina da quel nastro d’asfalto che appena ha potuto ha percorso al massimo delle sue potenzialità di pilota.
Ultimo in ordine di tempo, ma primo se ci si immerge nell’epoca da cui proviene la sua storia, è Luigi Sabatini, dedito alla motocicletta ancor prima che scoppiasse la guerra e che poi è diventata la sua professione. Quell’attività che ora porta avanti il figlio Antonio, che con le sue parole ci fa rivivere la semplicità di chi è stato quest’uomo.
Infine, nota per chi vorrà vedere il documentario si stanno organizzando varie proiezioni, la prima delle quali è in programma venerdì 5 settembre alle 20 al Binario 7. Buona visione



Uno spot di oltre due ore al cinema
per la F1
Quando il mondo del cinema si occupa di quello dello sport si attivano una serie infinita di curiosità anticipate, su come sarà il film, se gli attori saranno credibili, se la storia è troppo romanzata, se gli effetti saranno effettivamente speciali, e via discorrendo. Quasi ci si dimenticasse una regola base della settima arte e cioè che il tutto è finzione. Anche quando cerca di ricostruire dei fatti realmente accaduti, o presunti tali. Questa premessa è la chiave di lettura per approcciare F1 – Il film, ennesima opera cinematografica legata al mondo delle corse automobilistiche. In tempi recenti ci siamo imbattuti in pellicole come Rush del 2013, che ci ha riportato nel 1976 allo scontro Lauda-Hunt, nel 2019 a Le Mans ’66 – La grande sfida in cui un’altra rivalità, quella fra la Ford e la Ferrari, viene raccontata dal punto di vista degli americani. Per restare nei pressi di Maranello ecco il film Ferrari uscito nelle sale due




anni fa, infarcito di luoghi comuni e errori che ne fanno, a nostro parere, la peggior opera ispirata al mondo delle corse mai realizzata. Di certo non rende merito alla figura di uno degli italiani più grandi di sempre. Infine, e non manca molto, sarà disponibile sulla piattaforma d’intrattenimento di Apple Tv una serie in sei puntate, incentrata sempre su Enzo Ferrari e tratta dal libro Ferrari Rex del valido scrittore cremonese Luca Dal Monte. Torniamo al film e partiamo da Brad Pitt, perché fin dagli inizi dell’operazione si è parlato più di lui che non del mondo nel quale l’attore americano si sarebbe immerso, e cioè quello della Formula 1. Quella attuale, fatta di Lewis Hamilton e Max Verstappen, Silverstone e Monza, Ferrari e Red Bull. Altra differenza con molte pellicole, come quelle citate sopra, che si rifanno a eventi e atmosfere di alcuni decenni fa. Qui invece
In occasione del Gran Premio d’Italia del 2023 è stato addirittura utilizzato uno dei box reali

il tutto è ambientato, e girato, ai giorni nostri. Nei gran premi del 2023 e 2024 per essere precisi. Noi stessi, due anni fa, abbiamo assistito nel paddock monzese ad alcune preparazioni seguite poi dai classici “ciak” che davano il via alla ripresa vera e propria. Tutte scene che però non hanno visto presenti sul set i vari attori protagonisti, il biondo americano
su tutti. Per quelle si è dovuto attendere, in piena segretezza, che nei mesi successivi la produzione si prendesse in “ostaggio” l’autodromo e le sue strutture per delle riprese in cui non fosse necessaria la presenza del pubblico che, nel caso di un film del genere, è doppiamente pagante. Per esser seduto sulle tribune immortalate in occasione delle scene in pista
È arrivato il momento di fare un PIT STOP tagliando.
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Con voi da oltre

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e per, chi lo vorrà, andando poi al botteghino del cinema sotto casa a vedere l’opera finita.
Pitt si è visto a Monza l’anno scorso, all’improvviso e per un paio di giorni, venuto in Brianza a girare una scena che almeno per noi monzesi dovrebbe riempire un po’ d’orgoglio visto che, e forse non poteva essere diverso, è stata girata su una delle sopraelevate. Correndo però a piedi, non come nell’iconico Grand Prix di sei decenni fa, con le monoposto di Formula 1. Nel film, che dura due ore e mezzo, c’è molta Monza e la sua pista, fra l’altro



con effetti speciali e ricostruzioni “metereologiche” che fanno pensare a giorni diversi da quelli effettivamente vissuti a fianco della troupe americana. Ma, come detto prima, il cinema è prima di tutto finzione.
Per restare in tema di invenzioni, o di licenze narrative che dir si voglia, senza svelare la trama che comunque è ben alternata con colpi di scena non sempre prevedibili, va comunque rimarcato che una vicenda di questo tipo è praticamente impossibile si possa verificare nella realtà. Questo non cambia il giudizio positivo sulla pellicola finale e su quanto messo in piedi dal regista e da suoi attori professionisti. Forse, ma anche questo è un nostro parere, andavano “utilizzati” di più e meglio i protagonisti dei gran premi veri. Ma, e questo è ancor più comprensibile, si va al cinema per vedere Brad Pitt. Se voglio vedere Lewis Hamilton mi sintonizzo su Sky...
Alcune immagini realizzate nel paddock monzese nel fine settimana in cui si sono girate le scene italiane
Ci saranno altri fine settimana di corse e non solo, solidarietà compresa
Come ogni stagione il Gran Premio è il centro dove tutto ruota attorno quando si parla di Monza e del suo Autodromo. Ma non c’è solo la Formula 1 con il suo Circus perché, prima e dopo il fatidico fine settimana d’inizio settembre, non sono mai mancate le attività nel nostro impianto, 2024 a parte per i noti lavori che hanno interessato pista e sottopassi. Attività sportive e agonistiche quindi, ma non solo, per cui vediamo in rapida successione cosa ci attende dopo la sfida dei vari Norris, Hamilton e via dicendo. L’ultimo sabato del mese richiama in Autodromo ciclisti da ogni dove per la F1RE,

una dodici ore che da un decennio anni è diventa un ritrovo fisso per gli amanti delle due ruote a pedali che si sfideranno lungo lo
stradale divisi in squadre. Il giorno dopo, uscite le biciclette dalla pista, ecco che la stessa vedrà animarsi di altrettanti atleti per un






















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evento senza ne ruote ne motore. Monza21 è il nome di questa corsa podistica divisa in varie distanze. Si passa dai 10, 21 e 30 chilometri a livello competitivo ai 5 o 10 non competitivi, appunto per il solo gusto di correre in sicurezza su un manto d’asfalto. Per tornare a sentire il profumo delle benzine e suoni dei motori da corsa bisogna attendere gli ultimi due fine settimana di ottobre. Dal 17 al 19 saranno i campionati internazionali del Gt Open, dove spicca una combattuta 3 Ore con al via Ferrari, Lamborghini, Porsche e altre Marche prestigiose, che hanno scelto Monza per chiudere la loro stagione. Così come anche sette giorni dopo saranno i Campionati nazionali, nel secondo appuntamento in terra di Brianza, a sancire l’ultimo atto degli ACI Racing Weekend. Nello specifico vedremo il Gt Sprint, la Formula 4, la Formula Regional europea e il Porsche Carrera Cup. Il primo di


novembre spazio alla solidarietà con il ritorno della 6 Ruote di Speranza promossa dalla UILDM, e infine gli ultimi due appuntamenti

riservati alle auto da rally. A metà novembre il Vedovati e dal 5 al 7 dicembre l’attesa chiusura con il Monza Rally Show


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Fuori GP | Sono sempre più i Comuni che aderiscono all’iniziativa che celebra la gara

Per i vari comuni è stato realizzato un logo che individua gli eventi
Attorno al Gran Premio d’Italia, che ne è l’indispensabile elemento trainante, ruotano quest’anno decine di iniziative nei comuni limitrofi tenendo come cappello per tutti il titolo di Fuori GP. In passato era la sola città di Monza che organizzava eventi estemporanei nel fine settimana della gara. In seguito anche altre realtà locali che fanno da cintura all’impianto hanno capito la validità del momento, e dunque ecco che in tempi recenti sono state allestiti dei “cartelloni” dai vari comuni.
Su spinta diretta degli stessi organizzatori della Formula 1, un “Circo” che letteralmente gira il mondo, l’intenzione della stessa SIAS che gestisce l’Autodromo Nazionale è stata quella di coinvolgere le zone limitrofe ai vari circuiti, con lo scopo di far vivere la passione e l’importanza dell’evento anche al di fuori del perimetro in cui
si svolge il Gran Premio. Una sorta d’immersione totale che di riflesso porta benefici agli stessi territori interessati dalla gara.
Tornando al Fuori GP di quest’anno passiamo in veloce rassegna le principali attrattive che possono trovare sia gli spettatori venuti da fuori oltre che, a maggior ragione, le migliaia di coloro che già risiedono attorno al Parco.
Partiamo con logica dal capoluogo, Monza, che tramite bando pubblico ha affidato la stesura del programma a una società esterna specializzata. La zona interessata al centro delle manifestazioni monzesi è la collaudata Area Cambiaghi che venerdì 5 e sabato 6 ospiterà sul palco centrale gli spettacoli di Fabio Rovazzi e Jake La Furia. Accanto sarà possibile visitare il
Villaggio dello Sport, dove sono previste dimostrazioni da parte di varie società. In tema motoristico spicca la Monza Elegant Motors Parade, che è la prima edizione di un concorso d’eleganza a quattro ruote con un occhio particolare per i modelli storici.
Uscendo dalla capitale brianzola, e vagando in ordine alfabetico fra i vari comuni interessati, si parte con Arcore. Per il terzo anno di fila l’amministrazione comunale organizza una mostra dedicata al mondo delle corse. Questa edizione, che si tiene di nuovo nei saloni delle scuderie di Villa Borromeo, è dedicata ai piloti italiani che in oltre un secolo di vita agonistica hanno corso e trionfato in tutto il mondo. All’interno del salone centrale il visitatore sarà ricevuto da una speciale tribuna dove, come fossero loro i veri spettatori, saranno le tute di alcuni piloti di casa nostra ad accoglierli, mentre
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VILLASANTA
ai lati le pareti conterranno caschi e trofei degli stessi. Fra i vari eventi collaterali, che ad Arcore sono già partiti da sabato 30 agosto, nel salone del Giardino d’inverno della Villa mercoledì 3 in serata ci sarà la presentazione del libro autobiografico di Ivan Capelli con la presenza di altri piloti della sua epoca.
Anche Biassono non dimentica la motivazione base, cioè il mondo dei motori da corsa, per cui martedì 2 in attorno alle 20 verrà scoperta la piastrella che raffigura il vincitore del Gran Premio d’Italia dello scorso anno, il ferrarista Charles Leclerc, all’interno del famoso Muretto dei Campioni sulla strada che porta all’ingresso di Santa Maria delle Selve. Da giovedì 4 la mostra che racconta le varie edizioni del Memorial Tino e Vittorio Brambilla farà da padrone nella sala Carlo Cattaneo del Museo civico, così come sabato 6 saranno premiati i vincitori dei due premi alla memoria







di Fabrizio Pirovano e Michele Alboreto.
Giustamente conosciuto in tutto il mondo dei motori da corsa per le sue iconiche curve, il Comune di Lesmo quest’anno ha istituito un concorso fotografico a loro dedicato per il quale è previsto la sera di giovedì 4 l’estrazione dei relativi premi. In contemporanea
verrà inaugurata un’apposita mostra fotografica dal titolo Emozioni del Fuori GP. Sarà inoltre possibile per chi non ha avuto l’occasione di vederlo nelle sale cinematografiche assistere gratuitamente alla proiezione del film Ferrari Pur non confinando direttamente con l’autodromo quest’anno anche Lissone ha voluto entrare nella

comunità che festeggia l’evento motoristico. Fra le varie esposizioni spiccano la Formula One Art con modelli unici in scala 1:5, le auto storiche del MAMS e una riservata alle Vespe d’epoca. Interessante iniziativa è prevista in piazza Libertà sabato 6 con gare su go-kart a pedali per bambini e adulti in contemporanea a dei laboratori di






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educazione stradale. La chiusura degli eventi prevede per domenica 7 uno spettacolo di acrobazie a quattro ruote denominato Drift Show.
Per la maggior parte degli spettatori che entrano in Autodromo il percorso prevede il passaggio attraverso le vie centrali di Vedano al Lambro. Sulle strade che percorreranno ci sarà la possibilità di imbattersi in monoposto che hanno corso sull’asfalto del vicino impianto. Se poi gli appassionati vorranno gustarsi gli occhi con delle immagini storiche potranno entrare nei locali della Sala Consigliare e visionare le opere esposte a cura degli Amici dell’Autodromo e del Parco. Fra i vari eventi sarà simpatico assistere in via Italia
sabato 5 nel pomeriggio alla quarta edizione del Vedano GP, gara con
auto a pedali. Chiusura, in ordine alfabetico, per Villasanta. Fra gli eventi in cartellone martedì 2 in Villa Camperio la presentazione del libro Piloti d’arte, nei locali che da venerdì 5 conterranno la mostra di immagini e modellini dal titolo F1 che passione. Anche Villasanta come a Lesmo, in questo caso venerdì 5 all’Arena civica, sarà possibile vedere gratuitamente il film Ferrari. Restando in tema di Villasanta è da venerdì 5 alle ore 18 nel centro storico che sarà interessante assistere alla partenza della parata di auto storiche organizzata a cura del MAMS, un piccolo carosello di una decina di auto di grande valore storico che attraverseranno le vie principali dei comuni aderenti al Fuori GP, per arrivare poi al punto finale previsto a Lissone. Oltre a tutti questi eventi i vari Comuni hanno previsto molti punti di ristoro e di intrattenimento vario, con particolare riguardo verso la musica dei giovani, all’interno di questo grande contenitore che celebra uno degli eventi sportivi più grandi in assoluto dell’Italia, e che già ora sta suscitando interesse a farne parte da altre realtà limitrofe a quelle aderenti.


ORTOPEDIE
PizzAut | Quello di Monza è il nostro
Gran Premio d’Italia dell’Inclusione
Parlare con Nico Acampora di PizzAut vuol dire confrontarsi con un imprenditore che, al di là dell’impegno sociale che svolge, ha ben presente la responsabilità che gli deriva dall’avere un sempre maggior numero di dipendenti a cui garantire un futuro, e che inoltre nel suo caso sono soprattutto dei portatori di disabilità autistica. Non capita tutti i giorni di vedere dei dipendenti abbracciare con trasporto il proprio datore di lavoro, ma è invece quello che capita quotidianamente di osservare con piacere a chi si reca in uno dei due punti PizzAut, in via Philips a Monza o in via Don Verderio a Cassina de’ Pecchi.

Nico, per il terzo anno siete ospiti della Formula 1 in occasione del Gran Premio d’Italia. A cosa si deve il vostro servizio a Monza?
A due persone eccezionali, diventate in un attimo nostri amici cari. Il direttore dell’Autodromo
Alfredo Scala e il capo di Liberty Media, Stefano Domenicali. Due uomini che non si ricordano di noi solo a settembre ma con i quali, soprattutto con Alfredo, il rapporto è costante durante il resto dell’anno.
Come funziona in pratica il vostro contributo?
Potrebbe sembrare semplice ma in realtà vede impegnati una quindicina di noi fra chi è presente nel paddock e chi lavora in sede. Inoltre al gran premio ci sono tempi e modalità che esulano dai classici pranzo o cena dei nostri due locali. Per capirci, iniziamo a confezionare pizze alla mattina appena arrivati e andiamo avanti tutto il giorno, dal





giovedì alla domenica, e per questo ti fornisco un solo numero che può bastare. Lo scorso anno abbiamo raggiunto quota duemila piatti.
Appunto, parliamo del 2024… … e di Leclerc. Quando siamo andati a portargli la pizza a lui dedicata, che era un mix di prodotti italiani, dalla calabrese nduja alla nostra luganega, uno dei miei ragazzi gli ha detto che con quella lui avrebbe vinto di certo perché “Spinge di brutto”.
Infatti Leclerc ha vinto. Avrete la fila di piloti quest’anno… ...non lo so. Quello che so è che avremo una pizza dedicata all’altro ferrarista, Lewis Hamiltom. Ma gli ingredienti li sveliamo solo all’ultimo.
Uscendo dal paddock monzese che programmi vi attendono? Sicuramente l’impegno madre è continuare nella gestione dei


due ristoranti. Poi non ti nego che in molti, anche proprio grazie a eventi come il gran premio, ci hanno avvicinato per capire meglio chi siamo e farci delle proposte. Addirittura anche dall’estero, perché PizzAut è una realtà che molti non si aspettano d’incontrare sulla propria strada. Ma per noi non è
così semplice ne immediato. Ad esempio, a malincuore non siamo riusciti a trovare la possibilità per essere operativi allo scorso gran premio di maggio a Imola. Ma non possiamo essere dappertutto, anche se il cuore e i ragazzi vorrebbero.
Chiudo con il Gran Premio d’Italia 2025. Chi vince?
I ragazzi di PizzAut, in quello che è il Gran Premio d’Inclusione d’Italia!


Nico Acampora con i suoi ragazzi al gran premio dello scorso anno e, pagina a fianco, con Charles Leclerc
Gabriele Tarquini | Amo il Motorsport e Monza ne rappresenta il fascino totale
In occasione dell’ACI Racing Weekend tenutosi ad Imola i primi di agosto abbiamo incontrato l’abruzzese Gabriele Tarquini, ex pilota di Formula 1, pluricampione del mondo Turismo e autore di una carriera lunga quasi quarant’anni tra monoposto e derivate di serie.
Percorso da pilota lunghissimo, iniziato in kart negli anni Settanta, che ti ha visto passare per la Formula 1, per poi eccellere nei campionati Turismo e terminata nel 2021 alla soglia dei sessanta. Come ti sei avvicinato al mondo dei motori?
Il mio avvicinamento al mondo dei motori è stato assolutamente casuale. Non ho avuto a che fare con il Motorsport fino a quando mio padre, che commerciava in olii industriali, decise di prendere in affitto un distributore di benzina accanto a una pista di kart. Chiaramente lui non lo sapeva. Avevo sei anni e iniziai a passare tutto il tempo libero in pista. La mia malattia delle cose nacque lì e non è ancora finita!
Hai conquistato il tuo ultimo
Titolo Mondiale nel WTCR a cinquantasei anni. Qual’ è il segreto di una carriera così consistente e longeva?
Non ho un segreto. Ripercorrendo quella che è stata la mia carriera penso a piloti che sono invecchiati all’età di trenta, quarant’anni. Io ho avuto la fortuna di rimanere veloce. Questa è una capacità che rimane o sparisce. Il pilota più longevo

in assoluto, per me è stato Mario Andretti: velocissimo e con una capacità di interpretare le corse unica al mondo. Però non c’è un segreto.
Io posso raccontare di me: ho avuto questa malattia bellissima, questo grande amore e non ho mai avuto interessi economici, altre imprese o altre attività al di fuori
del Motorsport. Mi sono avvicinato alla televisione, al giornalismo, alla dirigenza, molto tempo prima di smettere di correre. Forse è stato questo “il segreto”. Ho visto tanti piloti, affacciandosi all’imprenditoria e avendo altri interessi, perdere quella fiamma che c’è in ognuno di noi che ha toccato il mondo delle corse.
Tornando ai tuoi esordi, il 1987 è stato un anno molto intenso. Oltre alla stagione in Formula 3000 e nel Turismo, hai debuttato in Formula 1 con l’Osella proprio qui a Imola. Cosa ti ricordi di quella “chiamata” e di quel weekend nel quale ti sei trovato a confrontarti con quelli che fino a qualche giorno prima erano i tuoi miti?
La mia epoca è quella fine anni Ottanta inizio Novanta, l’epoca di Senna e Prost, un momento storico preciso che è rimasto ben impresso nella memoria di tanti appassionati. Il debutto con l’Osella fu un regalo della Federazione Italiana, poiché nell’84 avevo vinto il Super Corso Federale. Benché l’emozione iniziale di un ragazzino che mai avrebbe pensato di arrivare in Formula 1 fosse stata fantastica, del mio debutto con l’Osella non conservo dei bellissimi ricordi. Fu organizzato tutto all’ultimo minuto, la macchina era un pezzo da museo con un cambio da Formula 3. Il team sapeva benissimo che la vettura non sarebbe mai stata in grado di qualificarsi: giravo a quattro secondi dal penultimo. Per il Gran Premio avrebbero preso il via in 26 e noi eravamo uno in più. Successe però una cosa che nessuno aveva previsto: Piquet si schiantò al Tamburello e i medici non lo fecero correre. Nonostante fossi consapevole della mancanza di competitività del mezzo ero entusiasta di debuttare, ma in griglia mi si avvicinò il mio capo meccanico che mi disse “Guarda, se vuoi fare qualche giro mi raccomando, parti molto molto piano, perché se no salta tutto il cambio”. Dopo qualche passaggio sul traguardo infatti iniziarono a saltarmi diverse marce, ero lentissimo, ma ero determinato ad arrivare in fondo, anche con una marcia sola. Il team però decise di richiamarmi ai box dicendomi che ero pericolosamente lento e che



Tarquini a Monza con la Coloni e, sotto, con la Fondmetal del 1992

quindi la macchina andava ritirata. Questa è una cosa che non ho mai digerito.
E l’anno seguente come è arrivata l’occasione per tornare a correre in Formula 1?
Per caso, ma questa è una cosa che potrò raccontare solo in un libro. Mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Enzo Coloni voleva me perché mi aveva avuto in Formula 3000 e si erano create le condizioni per avere un supporto economico da parte di un ex pilota. Il 1988 con la Coloni è stato un bell’anno e alcune volte, fra cui Monte Carlo, siamo anche partiti a metà gruppo. La macchina era una vettura costruita “in casa” con molti sacrifici da parte di Coloni e certamente non era la più competitiva del Mondiale.
Chi è stato il tuo avversario più forte?
Il mio avversario era la griglia di partenza: l’obiettivo di ogni weekend era superare prequalifiche e qualifiche per poter schierare la macchina alla domenica. All’epoca c’erano oltre quaranta macchine e ne partivano solo ventisei. Si faceva una preselezione il venerdì mattina, dove tutto il team aveva dei pass provvisori.
In un’ora ci giocavamo la vera e propria sopravvivenza, perché chi non si qualificava doveva lasciare il paddock. Immagina lo sponsor, il cui supporto economico serve anche per disputare queste prequalifiche, che viene a vedere la gara e non trova nemmeno il tuo camion nel paddock, come se la squadra nemmeno esistesse. Ti sentivi costantemente sulle spalle questo peso enorme della sopravvivenza del team.

Gabriele Tarquini e l’ingegner
Giancarlo Bruno, per molte stagioni coppia vincente nel mondo delle gare Turismo
A sinistra, due scatti dei tempi dell’AGS in Formula 1.
Sotto, a Monza con la Seat nel Mondiale Turismo



Monza ’92: parti quindicesimo e per un problema al cambio non termini la gara… È stato il giorno più brutto della mia carriera: il giorno in cui mi sono reso conto che la mia avventura in Formula 1 era finita. Gabriele Rumi, proprietario di Fondmetal, mi si

avvicinò all’inizio del weekend e mi disse: “Non abbiamo più soldi per andare avanti”.
Quella è stata la mia fine, però anche un nuovo inizio, perché se non ci fosse stata la fine della Formula 1 non avrei mai intrapreso la strada nel SuperTurismo con


serietà.
Quindi che rapporto hai con Tempio della Velocità?
Per me Monza è la Formula 1. Amo Monza: la amo come pista, la amo come ambiente, il fatto che l’autodromo sia immerso nel
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&

parco e si respiri questa atmosfera particolare…Non ci sono piste con il fascino di Monza.
Nel 2021, dopo quasi trent’anni nel Mondiale Turismo, hai deciso di appendere “il casco al chiodo” chiudendo la tua carriera da pilota professionista e intraprendendo quella da Team Manager. Cosa hai provato scendendo dal letto la mattina dopo la gara di Sochi? Sono stato malissimo. Ho preso la decisione di ritirarmi dopo la
Sochi, Adria ha rappresentato per me la mia ultima gara. È stata una decisione durissima da prendere e ci sono stato male un anno, poi insieme con Hyundai abbiamo trovato la chiave per continuare a lavorare insieme e divertirci.
Pochi mesi fa, in occasione della 24 Ore di Le Mans, hai annunciato la tua nuova sfida per il 2026: lavorare come direttore sportivo di Genesis Magma Racing nel WEC? Puoi raccontarci qualcosa? Anche questa è stata una scelta abbastanza sofferta perché, come hai ricordato, il Turismo in tutte le sue vesti ha rappresentato per me una vita di corse: all’interno e anche all’esterno di queste macchine ci ho passato davvero una vita. Sarebbe stato molto comodo per me continuare nel mondo del SuperTurismo, ma quando ho iniziato a percepire da parte di Hyundai-Genesis un interesse ad avermi a bordo, ho cominciato ad avvicinarmi a una realtà a me sconosciuta e che non

mia ultima vittoria ad Aragon. Sono rimasti tutti sorpresi perché non c’erano avvisaglie. Abbiamo comunicato il mio ritiro in concomitanza con l’appuntamento italiano ad Adria e quel weekend sono venuti tutti: il sindaco del mio paese, tutti gli assessori. È stata una festa. Diciamo che più che
mi appartiene. La mia è una sfida personale: ho sessantatré anni e cambiare per una persona della mia età non è facile. Mi sono detto “Voglio vedere se sono ancora in grado ad adattarmi e ad essere costruttivo in un ambiente che devo scoprire.”
Due immagini del debutto di Tarquini in Formula 1 a Imola nel 1987





L’albo d’oro del Gran Premio d’Italia dal 1950
DATA PILOTA(nazione) AUTO
03.09.1950
16.09.1951
07.09.1952
13.09.1953
05.09.1954
11.09.1955
02.09.1956
08.09.1957
Nino FARINA (Ita) Alfa Romeo 158
Alberto ASCARI (Ita) Ferrari 375
Alberto ASCARI (Ita) Ferrari 500
Juan Manuel FANGIO (Arg) Maserati A6GCM
Juan Manuel FANGIO (Arg) Mercedes W196
Juan Manuel FANGIO (Arg) Mercedes W196
Stirling MOSS (Gb) Maserati 250F
Stirling MOSS (Gb) Vanwall VW
07.09.1958 Tony BROOKS (Gb) Vanwall VW
13.09.1959
Stirling MOSS (Gb) Cooper-Climax T51
04.09.1960 Phil HILL (Usa) Ferrari 246
10.09.1961 Phil HILL (Usa) Ferrari 156
16.09.1962
08.09.1963
06.09.1964
12.09.1965
Graham HILL (Gb) BRM P56
Jim CLARK (Sco) Lotus-Climax 25
John SURTEES (Gb) Ferrari 158
Jackie STEWART (Sco) BRM P261
04.09.1966 Lodovico SCARFIOTTI (Ita) Ferrari 312
10.09.1967
John SURTEES (Gb) Honda RA 301
08.09.1968 Denis HULME (Nzl) McLaren-Ford M7
07.09.1969 Jackie STEWART (Sco) Matra-Ford MS80
06.09.1970 Clay REGAZZONI (Ch) Ferrari 312 B
05.09.1971 Peter GETHIN (Gb) BRM P160
10.09.1972 Emerson FITTIPALDI (Bra) Lotus-Ford 72 D
09.09.1973 Ronnie PETERSON (Sve) Lotus-Ford 72 D
08.09.1974 Ronnie PETERSON (Sve) Lotus-Ford 72 D
07.09.1975 Clay REGAZZONI (Ch) Ferrari 312 T
12.09.1976 Ronnie PETERSON (Sve) March-Ford 761
11.09.1977 Mario ANDRETTI (Usa) Lotus-Ford 78
10.09.1978 Niki LAUDA (Aut) Brabham-Alfa R. BT 46
09.09.1979 Jody SCHECKTER (Sud) Ferrari 312 T4
14.09.1980 Nelson PIQUET (Bra) Brabham-Ford BT 49
13.09.1981
12.09.1982
Alain PROST (Fra) Renault RE30
René ARNOUX (Fra) Renault RE30B
11.09.1983 Nelson PIQUET (Bra) Brabham-BMW BT 52
09.09.1984 Niki LAUDA (Aut) McLaren-Porsche MP4/2
08.09.1985 Alain PROST (Fra) McLaren-Porsche MP4/2B
07.09.1986 Nelson PIQUET (Bra) Williams-Honda FW11
DATA PILOTA(nazione) AUTO
06.09.1987 Nelson PIQUET (Bra) Williams-Honda FW11B
11.09.1988 Gerhard BERGER (Aut) Ferrari F1-87/88C
10.09.1989 Alain PROST (Fra) McLaren-Honda MP4/5
09.09.1990 Ayrton SENNA (Bra) McLaren-Honda MP4/5B
08.09.1991 Nigel MANSELL (Gb) Williams-Renault FW14
13.09.1992 Ayrton SENNA (Bra) McLaren-Honda MP4/7A 12.09.1993 Damon HILL (Gb) Williams-Renault FW15C
11.09.1994 Damon HILL (Gb) Williams-Renault FW16B
10.09.1995 Johnny HERBERT (Gb) Benetton-Renault B195
08.09.1996 Michael SCHUMACHER (Ger) Ferrari F310
07.09.1997 David COULTHARD (Sco) McLaren-Mercedes MP4/12
13.09.1998 Michael SCHUMACHER (Ger) Ferrari F300
12.09.1999 Heinz-Harald FRENTZEN (Ger) Jordan-Mugen 199
10.09.2000 Michael SCHUMACHER (Ger) Ferrari F1 2000
16.09.2001 Juan Pablo MONTOYA (Col) Williams-BMW FW23
15.09.2002 Rubens BARRICHELLO (Bra) Ferrari F2002
14.09.2003 Michael SCHUMACHER (Ger) Ferrari F2003-GA
12.09.2004 Rubens BARRICHELLO (Bra) Ferrari F2004
04.09.2005 Juan Pablo MONTOYA (Col) McLaren-Merc. MP4/20
10.09.2006 Michael SCHUMACHER (Ger) Ferrari 248 F1
09.09.2007 Fernando ALONSO (Spa) McLaren-Merc. MP4/22
14.09.2008 Sebastian VETTEL (Ger) Toro Rosso-Ferrari STR3
13.09.2009 Rubens BARRICHELLO (Bra) Brawn-Mercedes BGP 001
12.09.2010 Fernando ALONSO (Spa) Ferrari F10
11.09.2011 Sebastian VETTEL (Ger) Red Bull-Renault RB7
09.09.2012 Lewis HAMILTON (Gb) McLaren-Mercedes MP4/27
08.09.2013 Sebastian VETTEL (Ger) Red Bull-Renault RB9
07.09.2014 Lewis HAMILTON (Gb) Mercedes F1W05
06.09.2015 Lewis HAMILTON (Gb) Mercedes F1W06
04.09.2016 Nico ROSBERG (Ger) Mercedes F1W07
03.09.2017 Lewis HAMILTON (Gb) Mercedes F1W08
02.09.2018 Lewis HAMILTON (Gb) Mercedes F1W09
08.09.2019 Charles LECLERC (Mon) Ferrari SF90
06.09.2020 Pierre GASLY (Fra) AlphaTauri-Honda AT01
12.09.2021 Daniel RICCIARDO (Aus) McLaren MCL35M
11.09.2022 Max VERSTAPPEN (Nl) Red Bull RB18
03.09.2023 Max VERSTAPPEN (Nl) Red Bull RB19
01.09.2024 Charles LECLERC (Mon) Ferrari SF-24


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