Muzi Kult n°31 - Luglio/Agosto 2017

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MUZI&BOOK

di Giuseppe Panella

ROSARIO BONACCORSO “A BEAUTIFUL STORY”

BRIAN ENO

CHIARA RAGNINI

KAREN ELSON

“SISTERS”

“LA DIFFERENZA”

“DOUBLE ROSES”

Crea Musica

H.O.T. Records Ltd./1965 Records

Via Veneto Jazz

Ci sono storie che vanno lette, altre che vanno ascoltate come quelle “raccontate” in “A beautiful story”, ultimo album di Rosario Bonaccorso. Ancora una volta, a due anni di distanza da “Viaggiando”, il jazzista siciliano riesce a mettere insieme dodici brani di sua composizione i cui suoni caldi riscaldano il cuore dell’ascoltatore con le note vellutate del flicorno di Dino Rubino che si intrecciano con il pianismo soffuso e delicato di Enrico Zanisi con Bonaccorso, al contrabbasso, e Alessandro Paternesi, alla batteria, che interagiscono e sostengono con efficacia l’estro dei colleghi. Al contrario dei dettami della musica jazz non c’è molta propensione da parte del quartetto di abbandonarsi a improvvisazioni. E probabilmente è proprio questa l’arma vincente di un album che non si concede a momenti di stanca e risultando di ottimo livello, soprattutto nelle tenui “A beautiful story”, “You, me, nobody else”, “Lulù e la luna” e nelle più movimentate “Come l’acqua fra le dita”, “Tango per Pablo” e “Minus one”.

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All’inizio del 2017 Brian Eno ha pubblicato “Reflections”, opera che, attraverso una combinazione di algoritmi, crea un flusso di musica che gli addetti ai lavori definiscono ambient. Io la definirei la musica del nulla, del vuoto assoluto e la prova di tutto ciò è “Sisters”, opera gemella reperibile solo in download gratuito. La voglia di sperimentare porta Eno a un approccio diverso con la musica che, a dire il vero, qui è praticamente assente. Nessuna melodia e note dilatate pensate per creare un’atmosfera che non si comprende bene quale sensazione possano determinare nell’ascoltatore. Poco più di un’ora di completa catalessi “generati” dagli algoritmi “manipolati” da Peter Chilvers, probabilmente utili come sottofondo durante una seduta psichiatrica o in un acquario. Per tutto il resto le quattro sorelle “Hannah”, “Irial”, “Darla” e “Anya” non credo abbiano alcuna attrattiva in chi vuole ascoltare un album dal suono corposo. E non mi riferisco a un genere particolare, perché saranno in pochi a potersi deliziare con questi quattro brani che tra di loro differiscono solo nel titolo.

Era impensabile alcuni anni fa riuscire a realizzare il proprio cd con una campagna di crowdfunding. C’è riuscita Chiara Ragnini con un album assolutamente interessante. “La differenza” non è un’opera prima ma come dice lo stesso titolo un cambiamento di rotta con il precedente “Il Giardino di Rose”. Da quella prima incisione la Ragnini mostra una crescita musicale di non poco conto grazie ad una maturazione avvenuta nel corso del tempo e la dimostrazione di quel coraggio tipico di chi crede nelle proprie capacità e nel proprio lavoro. Non più brani “eterei” composti e arrangiati per chitarra e voce ma un disco realizzato con molta cura. E’ presumibile che la cantante con “La differenza” abbia voluto fortemente virare su sonorità pop, rock ed elettroniche per dare la giusta dimensione al suo modo di concepire la musica. La voce graffiante si modella perfettamente ai testi interessanti di tutti i brani, tra i quali si fanno apprezzare maggiormente “Grigiocielo”, Domattina”, “Il vortice bianco” e “L’angolo buio”.

Uno sguardo intenso e il viso quasi completamente coperto dal mare. E’ con questa immagine di copertina di “Double roses” che Karen Elson ha inteso rappresentare i suoi ultimi burrascosi anni. Il divorzio da Jack White dei White Stripes è l’elemento principale di dieci “fotogrammi” in cui descrive sensazioni e stati d’animo vissuti con l’ex marito che hanno allontanato la cantante e top model dal territorio blues di “The Ghost Who Walks”, suo precedente album, grazie ad un writing diretto ed altamente emotivo. Un percorso diverso che in alcuni momenti trova accostamenti al linguaggio musicale di Kate Bush e Stevie Nicks, e i cui testi trasudano intimità e sofferenza. Tutto “Double roses” è permeato da una musicalità eterea che inizia con la splendida “Wonderblind”, impreziosita da sublimi “ricami” dell’arpa, e prosegue con “Double roses”, intensa poesia di Sam Shepard da lei stessa musicata e si conclude con la delicata “Distant shore”, cantata in duetto con Lara Marling. Ma non c’è brano che possa allentare la tensione emotiva che fa di “Double roses” un album imperdibile.


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