Arco di storie: uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco (1945-1975)

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fuori del mito. Il luogo di cura è una cittadina con i suoi abitanti e con tutti i problemi politici, economici, occupazionali, sociali e di relazione che gli ospiti in cura mettono in campo, modificandone le coordinate – non solo materiali –. Nella città ci sono dunque i malati e, attorno alla loro «cura», la gente di Arco ne vive a vario titolo e in vari modi la concretezza: nessuno ne rimane estraneo, neanche volendolo.

2. Fuori: benefici

«L’oracolo sbagliava? Non è detto. Io lo interpreto in questo modo: Marozia consiste in due città: quella del topo e quella della rondine; entrambe cambiano nel tempo; ma non cambia il loro rapporto: la seconda è quella che sta per sprigionarsi dalla prima»2.

La questione dei sanatori ad Arco aveva scatenato, dalla seconda guerra mondiale in poi, nuove polemiche e contrasti come abbiamo già narrato. La riapertura dei sanatori, se da un lato presentava dei fattori di rischio per la salute dei cittadini, aveva come suo contraltare la possibilità di una ripresa economica e apriva prospettive di occupazione. Erano tempi aspri e c’era stata la fame, il bisogno di un posto di lavoro era impellente. Di fronte a questa situazione gli amministratori di Arco reagirono anche guardando al passato, valutando il dono della natura, ovvero una posizione geografica invidiabile dotata un microclima perfetto per la cura dei problemi polmonari; forse più che i trascorsi scientifici del centro sanatoriale, vennero apprezzate le possibilità che già si erano intraviste attraverso il numeroso movimento di persone in cerca di salute sviluppatosi dopo la prima guerra mondiale3. La fine del Kurort e dell’età aurea archese aveva determinato una ricerca di identità, catalizzata dallo scoppio del primo conflitto mondiale, che Arco 2 3

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CALVINO 1993: 155. «La popolazione sanatoriale nel periodo ante-questa ultima guerra era, al confronto di quella attuale, assai fluttuante. Le punte massime raggiungevano i duemila degenti, ed a tutti era stato imposto un regolamento disciplinare piuttosto severo, ma solo nella intenzione di premunire al massimo gli indigeni («Le presenze al centro sanatoriale». Corriere Tridentino. Trento, 13 giugno 1950).

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