AltreStorie n. 36

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Ma ciò non significa che non si fa più famiglia, che non ci si mette più in coppia, che non si entra più in patti duraturi di coppia. Siamo in una fase, come altre ce ne sono state in passato, di ridefinizione dell’istituzione famiglia a partire da una ridefinizione dell’istituzione matrimonio. Si può parlare di crisi nel senso proprio di questo termine: di cambiamento di assetti che si erano consolidati, di fase di passaggio verso nuovi assetti, nuovi equilibri. Le vecchie regole non sono ancora alle nostre spalle e i nuovi modelli non si sono ancora del tutto consolidati. Un tempo solo con il matrimonio era possibile formare una famiglia, mentre oggi viviamo in un sistema plurale caratterizzato da fenomeni come la convivenza, le separa-

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zioni, la costituzione di nuovi tipi di nuclei familiari, le coppie omosessuali. Solo per fare un esempio, in Italia oggi un matrimonio su quattro è preceduto da una convivenza e in molti casi una coppia ha uno o più figli prima di sposarsi. Quindi possiamo parlare di crisi del matrimonio nel suo significato di istituzione che consente di mettersi in coppia e procreare. Analogamente, il divorzio, ovvero la reversibilità del matrimonio, lo ha indebolito come istituzione della durata di tutta la vita. Anche se va ricordato che in molte società pre-moderne il divorzio era possibile, anche se sulla base di criteri diversi (ad esempio la infertilità, o il rovesciamento delle alleanze tra le parentele, o il mancato pagamento della dote) da quelli attuali. Il matrimonio nella società occidentale ha storicamente rappresentato un rito di passaggio. È ancora così? Che cosa rappresenta oggi? Il matrimonio non è più un rito di passaggio, è diventato un rito di conferma. Un tempo erano solo le nozze che permettevano di procreare e che aprivano, nel caso delle donne, alla sessualità. Oggi invece non è più così e assistiamo, come detto prima, a nuove forme di famiglia; nei paesi nordici è così già da più di vent’anni, da noi è un fenomeno più recente e ancora minoritario, ma in crescita. Dobbiamo anche evitare l’errore di considerare che la famiglia basata sul matrimonio monogamico e sulla filiazione legittima (cioè entro il matrimonio) sia un fenomeno universale di cui tutte le altre forme di mettersi in coppia e procreare sono variazioni devianti più o meno innaturali. La famiglia è una costruzione sociale che cambia nel tempo e si trasforma. E il matrimonio è un’istituzione sociale e giuridica per definizione, quindi mutevole nello spazio e nel tempo, nelle norme che lo regolano, nelle obbligazioni e diritti cui dà luogo, nelle motivazioni che lo legittimano e così via. Le motivazioni che spingono le persone oggi a sposarsi sono sostanzialmente quelle che valevano in passato? Assolutamente no. Fino a un secolo fa l’amore reciproco non era la caratteristica principale del matrimonio, anche se non ne era necessariamente escluso. L’innamoramento, anzi, era considerato pericoloso perché poteva portare a fare matrimoni non ben ponderati o socialmente non accettati. E l’amore appariva un fondamento troppo fragile, perché può non durare per sempre. Viceversa l’interesse – dei due singoli o delle loro parentele – appariva una motivazione del tutto legittima e solida. Oggi invece in un rapporto di coppia ci si vuole sentire felici e gratificati sentimentalmente e sessualmente. Il matrimonio è diventato più fragile non solo perché è più socialmente accettato uscirne se non ci si sta


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