Ski-alper 86

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IN OMAGGIO

THE ART OF SKIS Ski-Trab

Monografia dedicata allo storico produttore di sci valtellinese

AN T IPODI Scialpinismo di esplorazione in Nuova Zelanda

86

VALMALENCO > 11 itinerari sulle piste dei contRabbandieri PEOPLE > Glen Plake rivive la valanga sul Manaslu RIPIDO > Bianco Lenatti e la Nord del Disgrazia TEST SCARPONI > SCARPA ALIEN vs DYNAFIT PDG ATLETI > La strana coppia: Filippo Beccari e NEjc Kuhar PEOPLE > Il fantastico mondo di Mauro Saroglia WINTER TRAIL > Correre d'inverno: come, quaNTO e con quali scarpe?

DICEMBRE 2012 mensile n.86 I â‚Ź 6,00 MADE IN ITALY @skialper

ISSN 1594-8501

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Edito di Davide Marta

Vi chiedo solo di informarvi

Di

solito funziona così. Mi racconto quello che vorrei scrivere. Non so, come parlare davanti allo specchio. Magari per convincermi che fila tutto liscio, che potrebbe anche risultare interessante. Ok, sono pronto, iniziamo. Tastiera, chiaramente, perché la penna ormai quasi non sono più capace di usarla e talvolta me ne dispiaccio. Al massimo mi serve per firmare, per qualche scarabocchio sugli scontrini della carta di credito. Il concetto di scrivere è associato ai tastini bianchi e quadrati del Mac. Oppure a quelli neri del portatile. Guardo il monitor e ripenso all'attacco del discorso che mi ero fatto prima, quello che dovrei tradurre in un articolo. Sono pronto. L'argomento è serio, molto serio. Al punto che per un attimo mi sembra di avere lo stesso cipiglio di Bersani al teatro Capranica dopo la vittoria nelle primarie del Centro Sinistra. Mi sento anche la sua cadenza nel parlare. «È una questione seria! Non si può scherzare su queste cose!». E mentre io parlo come il cupo segretario del PD, il povero Simone è morto sotto una valanga sul Rio Nero. La mattina dell'Immacolata, quando si è verificato l'incidente, guidavo la mia auto verso la redazione, stavamo lavorando alla chiusura di questo numero. Lo spettacolo delle Alpi Graie la mattina presto era da togliere il fiato. Bianche, cariche di una coltre di neve come non la vedevamo da tanto tempo. Sulle creste più alte vedevo pennacchi di neve alzarsi, come danzassero portati dal vento. Già, il vento, quello che genera micidiali accumuli. «Con una giornata così, chissà quanta gente si lancerà in fuori pista. Le condizioni sono critiche, speriamo bene» ho sussurrato. Invece, purtroppo, Simone non è tornato a casa. Non era uno scialpinista, aveva affittato gli sci ed era in vacanza a Sauze d'Oulx. La neve fresca è stato

un richiamo irresistibile. Ma questo non vuol dire nulla. Era un appassionato di montagna come tutti noi, che invece di tornare a casa a postare le foto su Facebook e a raccontare agli amici quanto fosse bello il Fraiteve innevato, ha lasciato i suoi cari nello sconforto. Fato, disgrazia? Lasciamo stare, niente di tutto questo. Il rischio valanghe, in quella zona, era addirittura a 4, su uno dei pendii più rischiosi del comprensorio. Motivo per cui assumo di nuovo l'espressione accigliata del Bersani e vi chiedo di usare il cervello. Pubblichiamo da anni le raccomandazioni di Renato Cresta, cercando di tramutarle in consigli pratici, alla portata anche dei meno esperti, cercando di andare oltre alla teoria pura. Ski-alper ha tantissimi lettori, non tutti dedicano abbastanza tempo a questi articoli. Passano subito ai consigli sui materiali, oppure alle interviste o ancora ai viaggi. Ma non si può sottovalutare la conoscenza della neve se si vogliono affrontare pendii aperti. Non avete voglia di leggere? C'è il web. Ci sono persone esperte in loco. Informatevi, documentatevi, siate prudenti. Non lasciate nulla al caso. La montagna non può essere presa sotto gamba ed è una follia trasformare una passione in un rischio mortale. Ecco, ho scritto di getto quello che avevo in mente, quello che mi ero ripetuto diverse volte e che volevo pigiare sui tasti. La mia non è una paternale o un sermone, non ne ho la pretesa, né l'autorevolezza, men che meno le competenze. Piuttosto è un appello accorato al buonsenso. Niente di più. Non venite a parlarmi di fato o di sfortuna, anche perché un vecchio proverbio genovese che proprio il capitano Cresta cita spesso, recita che «la sfiga è un grifone che volteggia sulla testa del belinone». @davmarta


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numero 86 - dicembre 2012

76

IL FUTURO È ADESSO

Foto-racconto e cronaca del Memorial Fabio Stedile, primo appuntamento stagionale del calendario agonistico dedicato interamente ai giovani.

12 controcorrente UN PRESENTE DA VIVERE IN FRETTA Considerazioni su come sta cambiando lo scialpinismo

16 ski touring NUOVA ZELANDA Antipodi 16 PEOPLE Glen Plake 30 VALMALENCO Sulle tracce dei contrabbandieri 32 RIPIDO Bianco Lenatti e la Nord del Disgrazia 42

«Ma come sciano i nostri giovani? Il motore e lo stato di forma sono visibilmente variabili da un atleta all'altro, come è naturale. Impressiona invece l'ottima base di uniformità tecnica, sicuramente frutto del lavoro degli allenatori delle società, tutti ex-atleti che hanno trasferito le loro conoscenze direttamente ai ragazzi nel breve tempo trascorso dalla nascita del movimento». Guido Valota Michele Boscacci in azione, vincitore tra gli Espoir ©Ralf Brunel

In omaggio

THE ART OF SKIS Aziende n°2

Seconda puntata della monografia di Ski-alper dedicata alle grandi aziende del settore. In 36 pagine la storia, i progetti e le persone che hanno costruito la leggenda di Ski-Trab nel mondo dello scialpinismo.

46 animali CAMOSCIO Il perfetto skyrunner

360° Ski-alper

RIVISTA, WEB, SOCIAL NETWORK, IPAD, SMARTPHONE IL SITO Aggiornamenti quotidiani, news, commenti e classifiche dal mondo delle gare. L'attualità è solo su skialper.it

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L’ESSENZA DELLA TECNOLOGIA

ALIEN

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«Non potrei stare tre settimane di seguito senza il pc. Ogni giorno mi metto on-line con gli amici, il resto del mondo, parlo con mia moglie tramite Skype, pubblico su Facebook, ho un mio blog che aggiorno con quello che faccio. In questo sono molto diverso da Filippo» Nejc Kuhar.

MADE IN ITALY

68 Beccari e Kuhar, la strana coppia

Direttore responsabile: DAVIDE MARTA davide.marta@mulatero.it Vice-direttore: CLAUDIO PRIMAVESI claudio.primavesi@mulatero.it Marketing e pubblicità: SIMONA RIGHETTI simona.righetti@mulatero.it Segretaria di redazione: ELENA VOLPE elena.volpe@mulatero.it Area test e materiali SEBASTIANO SALVETTI sebastiano.salvetti@mulatero.it Area touring e viaggi UMBERTO ISMAN umberto.isman@mulatero.it Area ski-alp race: GUIDO VALOTA guido.valota@mulatero.it Progetto grafico e impaginazione: BUSINESS DESIGN info@business-design.it

ski-alp race NAZIONALE Fratelli d'Italia 58 PILLOLE Le news delle gare 66 FISI Lillo e i suoi ragazzi 82 COMITATI La realtà del Trentino 84 IN AGENDA Pitturina Ski Race 85

Webmaster skialper.it: SILVANO CAMERLO Contributi fotografici: Ralf Brunel, Matteo Ghezzi, Umberto Isman, Damiano Levati Collaboratori: Lorenzo Bortolan, Leonardo Bizzaro, Renato Cresta, Luca Giaccone, Fabio Menino, Flavio Saltarelli, Aldo Savoldelli Hanno contribuito a questo numero: Luciano Bruseghini, Giorgio Daidola, Giorgio Ficetto, Fabrizio Pistoni, Emilio Previtali In copertina: Emilio Previtali in azione nella powder neozelandese (foto ©Damiano Levati) Distribuzione in edicola: MEPE - Milano - tel 02 89 5921 Stampa: REGGIANI - Brezzo di Bedero (VA) Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4855 del 05/12/1995. La Mulatero Editore srl è iscritta nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il numero 21697. © copyright Mulatero Editore - tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa rivista potrà essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge PER FAVORE RICICLA QUESTA RIVISTA MULATERO EDITORE Via Principe Tommaso, 70 10080 - Ozegna (To) tel 0124 428051 - 0124 425878 fax 0124 421848 mulatero@mulatero.it www.mulatero.it

materiali LA SFIDA Dynafit PDG vs Scarpa Alien 88 SCI Movement Bond-X 94 SCI Scott Fly'air 96 ANTEPRIMA La Sportiva Stratos Cube 99 NOVITA' Lo ski-stopper secondo Kreuzspitze 101

trail PEOPLE Ryan Sandes, l'uomo del deserto 104 FACE TO FACE Silvia Serafini vs Stevie Kremer 106 PEOPLE Il fantastico mondo di Mauro Saroglia 110 TECNICA Correre d'inverno 114

APPUNTAMENTO IN EDICOLA IL 5 FEBBRAIO Seguendo la sua storica periodicità, il prossimo numero di Ski-alper verrà chiuso a fine gennaio e sarà in edicola la prima settimana di febbraio. Nel frattempo continuate a seguirci quotidianamente su skialper.it, l'unico sito in Italia che si occupa professionalmente di scialpinismo: news dalle gare, eventi 'live' e anteprime sui materiali. Naturalmente attendiamo le vostre segnalazioni, i commenti e le critiche all'indirizzo mail della redazione skialper@mulatero.it


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10 > redazione

CONTRIBUTORS

Hanno scritto e fotografato Emilio Previtali

Ha scritto il testo del servizio sulla Nuova Zelanda. Come presentazione abbiamo scelto un estratto dal suo blog in data 7 dicembre 2012. «Stamattina presto, all'apertura stagionale degli impianti, noi eravamo già in alto. Abbiamo visto le seggiovie che iniziavano a muoversi e che aprivano e poi la gente che veniva su da sotto. Noi guardavamo giù in silenzio. Sembrava che l'inverno venisse su con quella gente allegra che rideva e che scherzava seduta in seggiovia. È stato un bel momento, la sensazione di qualcosa che stava per cominciare. Poi abbiamo ripreso a salire e mentre facevo una inversione, a un certo punto, ho pensato che invece l'inverno era già lì, già da un pezzo. Ho pensato che a me sembrava ancora lo stesso inverno dello scorso anno. Lo stesso di sempre. A me sembra sempre inverno. Sono io, il mio inverno».

@emilioprevitali

Ralf Brunel

Fabrizio Pistoni

Esordio in chiave giornalistica per lui con l'intervista a Mauro Saroglia, sulla scia della recente uscita in libreria con 'Elogio del limite' pubblicato da Ediciclo. Si occuperà, da questo numero, di raccontare storie e far conoscere personaggi ai nostri lettori. Classe 1963, da sempre grande appassionato di scialpinismo e ripido. Nel 1988 è stato il primo italiano in coppia con Gianni Predan a partecipare alla Pierra Menta. Negli ultimi anni ha scoperto la corsa lunga e nel 2010 ha partecipato alla prima edizione del Tor des Gèants, classificandosi ventesimo.

@pistu_

Ha scattato per noi le foto del Memorial Fabio Stedile al Tonale, ma soprattutto ha curato i ritratti di Filippo Beccari e Nejc Kuhar. Trentatrè anni di Pozza di Fassa, è un fotografo di grande talento, nonostante possa dedicare solo il tempo libero a questa attività (di professione 'gattista' ed escavatorista). Ha iniziato a fotografare a 16 anni praticando l'arrampicata sportiva agonistica, in cui è stato anche campione italiano e vincitore dell'Europacup Junior nel 1986.

Guido Salvetti

Luciano Bruseghini

Ha scritto l'articolo sulla Valmalenco. Originario di Caspoggio, collaboratore della rivista locale 'Le Montagne Divertenti' e del sito di fotografie 'clickalps.com', Luciano Bruseghini, classe '74, ha esplorato il lungo e in largo la Valmalenco e la Valtellina con sci e pelli. Talmente tanto che per le sue vacanze ha scelto di esplorare altri territori, dal Nepal all'India, dal Kilimanjaro alla Patagonia, passando per l'Atlante marocchino.

Per testatare i Movement BondX l'abbiamo fatto 'scapicollare' giù dai canalini più ripidi dell’anfiteatro del ghiacciaio Presena. Ma lui non ha fatto una piega… 46 anni, bresciano, guida alpina, tracciatore e direttore di gara della Grande Course Adamello Ski Raid, è istruttore nazionale del soccorso alpino e speleologico nonché elisoccorritore del sistema di emergenza sanitaria 118. Aspetta i lettori di Ski-alper nel negozio specializzato Punto Sport di Sonico (BS), di cui è titolare.

Giorgio Ficetto

È l'autore della nuova rubrica sulla fauna alpina. Classe 1983, si definisce montanaro di adozione. Lavora in Val Varaita come tecnico faunistico dopo essersi laureato presso la facoltà di medicina veterinaria di Torino nel corso di Laurea in Gestione della fauna ed aver frequentato un Master sulla gestione dei mammiferi sulle Alpi. In inverno gareggia con passione nelle gare di ski-alp. Obiettivo? La birretta alla fine con gli amici!

Andrea Basolo

Damiano Levati

Fotografo e filmaker. La montagna, soprattutto quella vissuta con due sci ai piedi, è da sempre la sua passione. Il lavoro come fotografo è la scusa migliore che ha trovato per dire a sua madre che non avrebbe sfruttato la sua laurea in ingegneria elettronica. Sue le immagini del magnifico servizio sullo scialpinismo in Nuova Zelanda.

@demiangoaway

Ha corso per noi sulla neve e sotto la neve, per testare le scarpe da winter running. 42 anni, maestro di sci e responsabile tecnico per lo scialpinismo del settore Giovani del Comitato AOC (Alpi Occidentali), ha un prestigioso passato nell’atletica e si cimenta in competizioni sia di ski-alp sia di trail running. È uno dei tester storici di Ski-alper. Risiede a Ceresole Reale (TO), è alto 174 cm e pesa 60 kg.



12 > rubriche

Lettere alla redazione skialper@mulatero.it

/skialper

@skialper

LETTERA DEL MESE

I FAMIGERATI CARATTERI GIALLI Buongiorno, io sono un catalano che li piace molto lo scialpinismo, e che ogni giorno diventa un po' piu vecchio e anche un po' più cieco. E nella scorsa rivista ho avuto tanti problemi per leggerla, neanche con occhiali potevo leggere, soppratutto le risposte della 'Lettere alla redazione'. Força lo Ski-Alper, la migliore rivista dil mondo dello scialpinismo ! Scusati il mio povero italiano, moltes gràcies. Feliu Izard Gavarro Fate un mensile bellissimo e interessante, ma vi chiedo di suggerire ai vostri grafici maggiore attenzione nei confronti dei deboli di vista (come me!). La scelta di caratteri di piccolo corpo e di colore tenue (grigio, beige...) è raffinata ed elegante, ma al limite dell'illeggibilità: vedi nel numero 85 le pagine 12 e 13 (risposte alla posta), pagina 26 (box 'Un paese unico al mondo'), pagina 49 (caratteristiche degli itinerari), pagina 111 (classifiche), etc. Non obbligateci all'uso della lente d'ingrandimento... Bianca Dionisi

UN PAPA' SKI-ALPER...

Caro Ski-alper, siamo tre bambini (Diana, Marco e Pietro), figli di uno scialpinista (Skalvì). Il papà passa un sacco di tempo ad allenarsi, a leggere la vostra rivista e a lucidare sci e scarponi. C'è solo un problema: non vince mai e non vediamo mai nessuna sua foto nei vostri articoli. Allora abbiamo pensato di fargli una sorpresa: potreste pubblicare una sua foto, così finalmente vedremo anche lui su Ski-alper? Grazie mille e buon lavoro Diana, Marco e Pietro Ciao ragazzi, bello il pensiero per papà. Siamo sicuri che apprezzerà molto. E che quest'inverno andrà ancora più forte... UN RINGRAZIAMENTO A CRAZY IDEA Volevo segnalare l'ottimo trattamento ricevuto da Federico di Crazy Idea che velocissimamente si è attivato per risolvere il mio problema. A inizio novembre ho acquistato degli sci Crazy DNA Race, purtroppo alla prima uscita mi sono accorto che la serigrafia era difettosa e tendeva a staccarsi. Contattando l'azienda, il signor Federico mi ha subito inviato il corriere per la sostituzione degli sci. Ringrazio molto della tempestività e della serietà della ditta Crazy Idea (sono veramente dei Signori!). Giuliano Carrara

ha cercato di fare entrare l'intero plico nella bussola delle lettere rompendo a metà la rivista). Ringrazio del gesto, non tanto per la rivista e il valore in se stesso, ma per la serietà che contraddistingue le persone e le aziende che tanto più in questi momenti anche nelle piccole cose si dimostrano 'grandi'. Oscar Benassutti

UN PO' DI COMPLIMENTI... Ho appena finito di 'divorare' il nuovo numero di Ski-alper, volevo quindi complimentarmi per la 'Buyer's guide'. Non pensavo fosse possibile, ma vi siete superati ancora una volta! Complimenti a tutta la redazione, siete indubbiamente i migliori! Stefano Di Francesco

RICHIESTA SPECIALE Gentile redazione, sono Bonacina, un vostro affezionato abbonato! Penso da 8 o 9 anni! Vi chiedo se fosse possibile avere uno stemmino di stoffa con il vostro logo Ski-alper da cucire o sullo zaino dello scorso anno o su qualche giacca. P. Bonacina

Ho ricevuto in questi giorni copia della rivista Ski-alper numero 85 richiesta a causa danneggiamento nella consegna (il postino

Vedremo di fare uno strappo alla regola, di solito lo stemmino è solo sulle giacche della redazione. Ma questa fedeltà va premiata, no?

Volevo ringraziarvi in quanto ho ricevuto la rivista, dopo il mio sollecito telefonico (la causa del ritardo è da attibuire alle poste). La vostra serietà mi ha fatto molto piacere. Paolo Sartori

Buonasera, veri e sinceri complimenti per una rivista che meglio non si potrebbe avere! Mi permetto invece di dirvi se è possibile dai prossimi numeri utilizzare caratteri un po' più grandi e in contrasto più netto con il fondo di pagina bianco (in particolare riferimento alla rubrica 'lettere alla redazione'. In questa rubrica non si riescono a leggere le risposte. Questo accorgimento permetterebbe di apprezzare ancor di più questa magnifica rivista. Grazie e scusate per il suggerimento. Roberto Guin Cari amici di Ski-alper, oltre ai complimenti per l'ottima rivista, da abbonato vorrei darvi alcuni consigli per renderla ancora migliore. Per prima cosa vi pregherei di evitare il sadismo dei testi scritti in colori quasi illeggibili, ad esempio nell'ultimo numero di novembre i dati delle gite a pagina 25 e 49 e il riquadro a pagina 26 sono difficilmente leggibili a causa del basso contrasto. Preferirei poi che una parte maggiore della rivista fosse dedicata allo scialpinismo non agonistico, con proposte di itinerari e articoli sulla storia dello sci (come il bell'articolo di Daidola su Ghiglione). Livio Giberti Abbiamo pubblicato solo alcune lamentele per i famigerati caratteri gialli. Ora va meglio? PERCORSI MISTI PER CIASPOLATORI Prendo spunto dall'articolo di Leonardo Bizzaro 'Cambio di rotta' del numero 85 appena uscito. Mi riferisco al passaggio in cui parla di ciaspolatori e scialpinisti in aumento. Mancano però, soprattutto per i meno abili, percorsi dedicati. Che io sappia, nelle Orobie


Daniele Bergeretti @Dany_Berge ...tante belle regole...ma ci sono sempre state al Mezzalama…basta (e bastava) farle rispettare!!

Jordi Marimon @jordimarimon Impresionante @skialper valora en 140.000 euros los premios de este año en competiciones @Skyrunning _ com

bergamasche, Colere, Spiazzi di Gromo, Valtorta, esistono percorsi ibridi. Visto che il movimento di chi va in salita si fa sempre più forte, perchè non 'spingere' affinchè un numero maggiore possibile di località ci dia spazio? Magari organizzando raduni in collaborazione con gli enti locali. È notizia recente che a Cervinia, credo sulla pista Ventina, alcuni scialpinisti sono stati multati di 100 euro perchè salivano con le pelli. Ma come? Faccio sport, non inquino, non scendo a rotta di collo, magari con qualche grappino di troppo, e vengo punito? Concludo chiedendo se è possibile per voi pubblicare, se esite, una mappatura di tutte le località che offrono percorsi ibridi. Aldo De Gaspari

facebook.com/skialper Daniele D'Alia Ski-alper è in edicola anche a Vipiteno Sterzing! Un saluto da Passo Penness... Oggi ero in ricognizione, settimana prossima s'inizia con un po' di ski-touring altoatesino! Complimenti per la rivista, belle le immagini e l'impostazione delle pagine! Continuate cosi...

Ciao Aldo, in quanto alle località con proposte del genere, ci informeremo. Intanto dai un'occhiata all'articolo dell'avvocato Saltarelli sulla questione delle norme per lo sci in pista e fuori pista! DOWNLOAD SU IPAD Salve, cortesemente è possibile scaricare una sola volta la rivista (come x altre ) senza diversi collegare ogni volta ad internet per leggerla? Sergio Ciao Sergio, per quest'anno purtroppo no. Ma non disperare, stiamo progettando una versione completamente innovativa della rivista in forma digitale per smartphone, iPad e Android. Abbiamo però bisogno di ancora un po' di tempo... DISAVVENTURE POSTALI Sono da alcuni anni abbonato Ski-alper e sapete perché? Perché sono di Roma e qui, al Centro, non ci sono alternative: o ti abboni o il nulla. E dire che ne ho girate di edicole, convinto che prima o poi sarei riuscita a trovarla e metterla sotto il braccio, insieme al mio quotidiano. Quanti numeri ho perso non so dirlo, di certo l'abbonamento era l'unica strada da seguire. Ed eccolo il primo numero della stagione, da sfogliare, leggere in particolari momenti della giornata, quelli dedicati alle tue passioni, dove tutto il resto deve essere messo da parte, non deve disturbare quel mondo incantato che ci regala lo scialpinismo. Guarda, il formato è più grande, fantastico chissà come risalteranno le foto? Poi un cerchio arancione attira la mia attenzione: in omaggio i Test 2013. Mi rendo subito conto che dovrebbe trattarsi di un allegato. Nulla di fatto, con la rivista non é arrivato. Ma allora a cosa serve essere abbonati? Leonardo de Falco Ciao Leonardo, ahimé non è colpa nostra. Durante la lavorazione per la spedizione abbonamenti 25 copie sono partite senza guida in allegato per un errore tecnico. Abbiamo provveduto ad inviarti la Buyer's Guide, come a tutti coloro che ce ne hanno fatto richiesta. Se qualcuno avesse avuto lo stesso problema, lo invitiamo a segnalarlo a ordini@mulatero.it.

Guido Damiani Arrivata ieri e ho già quasi finito di leggerla! Mi piace il nuovo formato leggermente più grande, interessante la sezione dedicata all'allenamento. Cambiate il colore del testo delle risposte alle lettere alla redazione perché è illeggibile! Per il resto tutto ok, ho apprezzato particolarmente anche la guida! Chicco Pio Finito di leggere... divorato bello il nuovo formato della rivista e interessante l'allegato... continuate così. Dovreste fare mooolte più pagine, un libro in pratica non una rivista! Complimenti ancora, spero ci darete presto anteprime del prossimo numero! Daniel Bosio 2 al prezzo di 1... Questa è la vera convenienza. Corro a leggere gli utili consigli per gli acquisti!


14 > rubriche

controcorrente

testo: Giorgio Daidola FOTO: Giorgio Daidola

Un presente da

VIVERE IN FRETTA

L

Considerazioni su come sta cambiando il modo di vivere lo scialpinismo

a Cima di Solda, 3376 metri è senza ombra di dubbio una cima eccellente. Esposizione nord, ambiente glaciale, pendenze ottimali, panorama a 360 gradi da capogiro (Ortles, Gran Zebrù, Cevedale...), solo 790 metri di salita e ben 1470 di discesa, grazie agli impianti di risalita di una stazione altrettanto eccellente come Solda. Per questo è molto frequentata. Non ricordo quante volte l'ho fatta ma è una gita che si ripete sempre volentieri, magari combinandola con uno dei grandi fuori pista della stazione nella stessa giornata. Come quello di Punta Beltovo, da annoverare fra i grandi itinerari delle Alpi. Ho rifatto cima Solda in un freddo ma radioso sabato di fine aprile, con tanta neve appena caduta, come sempre accade, dopo un inverno che più secco non si può. Che bello sentire nuovamente l'odore ed il rumore della polvere, seguendo senza fatica e senza problemi la traccia che non manca mai in una gita come questa. Ho la reflex appesa al collo, un teleobiettivo a portata di mano, pronto a scattare. Mi sento goffo con tutto questo armamentario che rende arduo accedere allo zaino quando sarebbe ne-

cessario. La verità è che per me fare fotografie, soprattutto di sciatori in azione, è uno dei piaceri dello scialpinismo. Raramente però i compagni di gita la pensano allo stesso modo. Complici anche le attrezzature più leggere della mia (da telemark) i distacchi spesso diventano notevoli e, cosa ancor più grave, mi vengono a mancare i 'modelli' da immortalare. Per fortuna la cima che sto salendo è frequentatissima, e posso dilettarmi a fotografare lunghe file di sciatori sconosciuti e a riprendere i primi, velocissimi, che già scendono con urla di gioia il pendio intonso, soprattutto per farsi notare ed invidiare. Chissà, magari un giorno si vedranno pubblicati su di una rivista... non so se mi ringrazieranno o mi accuseranno di aver violato quella assurda invenzione moderna che si chiama privacy. Anche fotografare questi sconosciuti non è però cosa facile. La massa di sciatori incalza dietro di me e, non disponendo di indicatori di direzione come le auto, devo togliermi dalla traccia con guizzi fulminei per evitare di essere travolto, perdendo preziose posizioni ed aspettando poi il momento opportuno per rientrarvi. Questa manovra può essere considerata rischiosa, nel senso che non posso sapere che tipo di scialpinista ci sarà dietro e davanti a me. Mi capita così

di dover sopportare il maleducato che una volta sì e due no finisce sulle code dei miei sci e che sembra non tollerare le mie inversioni che non tengono conto delle nuove sofisticate velocissime tecniche. Oppure di trovarmi davanti chi si ferma senza uscire dalla traccia. Mi fermo per fare un'altra foto, così mi libero dal rompiscatole di turno. Non l'avessi mai fatto! I miei nuovi compagni in coda non smettono un attimo di parlare ad alta voce, in un tedesco tirolese dai toni gutturali. Poco più sopra incontro un gran numero di sciatori che già scendono dalla cima. Con urla superflue e smodate passano vicinissimi a chi sale. Il pendio ripido, carico di neve, potrebbe non reggere a tali sollecitazioni. Per fortuna vanno giù quasi diritto, accennando, con atteggiamenti da superG, curve di ampio raggio. Ovviamente hanno tutti il casco, che li fa sentire invulnerabili. Il loro modello di riferimento è quello delle foto che infarciscono le riviste di freeride. Per fortuna qui non ci sono salti di roccia, altrimenti bisognerebbe guardarsi anche dagli sciatori volanti. Altri sciatori, più classici cultori del wedeln austriaco scendono in perfetto stile 'yoyo', ossia con cortoraggi strettissimi, in costante atteggiamento di


Nelle foto. A sinistra, traffico lungo la salita a Cima di Solda In questa pagina, alcune immagini della salita.

anticipazione/angolazione, saltando da una curva all'altra e lasciando sulla neve più un solco che una traccia. Bastano pochi ripetitivi 'yoyo' ed il pendio è devastato. Niente da fare, loro si esprimono così, dall'inizio alla fine di una discesa, insensibili alle variazioni di pendenza. Possono causare danni al manto nevoso simili a quelli dei ciaspolari, per fortuna questa volta sono rimasti a casa. Un'altra foto e così mi libero degli urlatori che sono dietro di me. Quando mi re-inserisco sulla traccia vengo però raggiunto in pochi secondi da un gruppo in tutine aderenti che non tollera la mia lentezza e azzarda un sorpasso da brivido su terreno ripido e carico di neve. Non c 'è proprio un attimo di pace in questa gita, è quasi come essere in pista! Per evitare il peggio sono costretto a rallentare e poi addirittura a fermarmi per lasciar passare senza danni i corridori grondanti di sudore freddo. Creo così un ingorgo da casello autostradale. Guardo indietro e la coda sembra finita, forse riuscirò ad arrivare ultimo ma anche a godermi un pezzo di salita. Ed invece non è così. Incautamente ho lasciato passare anche un gruppo di snowboarder che salgono con le ciaspole, trasformando la traccia di salita in un solco profondo. Avvilito di dover seguire questa specie di tratturo, mi fermo a bere e a mangiare qualcosa. Bere e mangiare è sempre stato per me un altro dei piaceri dello scialpinismo. Ricordo con nostalgia le mie prime uscite negli anni '70, quando le cime venivano trasformate in panoramiche sale da pranzo, e si faceva a gara per rendere il più conviviale possibile il piacere della vetta. Era normale che si stappassero pesanti bottiglie di vino e di spumante, che girassero da uno scialpinista all'altro prelibate torte casalinghe alla panna, che gli specialisti di grappa si trasformassero in camerieri di alta quota per servire il prezioso digestivo. Ora invece eccomi qui costretto a trangugiare un pezzo del mio ricco panino al salame e formaggio prima di arrivare in vetta, dove mancherebbe il tempo per farlo, a parte l'ilarità e le incomprensioni che un tale comportamento potrebbe generare. Riprendo a camminare con la bocca piena per non perdere troppo tempo, schiacciando come posso il resto del panino in una tasca. La cima è ormai vicina, gli urlanti sciatori che mi avevano superato pochi minuti fa in salita stanno già scendendo velocissimi, tutti uguali e tutti neri, vicinissimi uno all'altro, con i loro sci

stuzzicadenti, si direbbe che il loro maggior divertimento sia scansarsi o superarsi, come in un nevrotico videogioco.

Zebrù sullo sfondo. Una foto da copertina. Poi non li vedrò più fino a Solda.

Di fatto con il loro passaggio si è creata una pista. Tutti sulle stesse tracce, timorosi della neve intonsa. E questo è un bene, perché così potrò creare la mia traccia, a pochi metri di distanza da questo mare di neve in burrasca. In cima trovo i miei compagni di gita scalpitanti con gli sci già ai piedi, come atleti di razza al cancelletto di partenza. Altro che cima come momento conviviale, arricchito da specialità casalinghe e da vini che, con l'altitudine, diventano ancora più generosi! Guai a dire che hai fame, che hai sete, che vuoi riposarti un attimo! Quando si arriva ultimi bisogna avere il buon senso di mettere da parte ogni esigenza e tuffarsi giù per la discesa senza neppure pensare a goderla come meriterebbe, ossia inanellando il maggior numero di curve possibile. Per rubare ai miei compagni almeno una bella foto, mi fermo trafelato a una decina di metri dalla punta e li invito a scendere lungo la cresta, con il Gran

Marco, uno di loro, è vestito come si deve, non ha i soliti pantaloni neri, orribili nelle foto sulla neve bianca. E scia benino. Mi concentro su di lui facendogli grandi segni, gridandogli di passare a tre metri da me lungo la cresta. Passa come un razzo, con i suoi stupendi pantaloni verde pisello, ma curvando davanti a me dalla parte opposta della cresta: la foto è da cestino, manca tutto sotto le ginocchia! E dire che proprio Marco in funivia mi aveva chiesto se potevo fargli delle foto e mi aveva detto: «In montagna a me non piace correre, ho scoperto i piaceri della lentezza!». Che bello, avevo pensato, c'è ancora qualcuno che la pensa come me! Solo il mio vecchio amico Roberto ha pietà di me e mi evita una discesa in solitaria, concedendosi addirittura come modello fotografico in due o tre occasioni. Degli altri manco l'ombra. Ci hanno lasciati soli, incuranti degli incidenti che sono sempre in agguato in montagna, senza rendersi conto che stiamo sciando su di un ghiacciaio. Probabilmente hanno fretta, devono ritornare a casa presto, penso, nel tentativo di giustificare un comportamento ai miei occhi abnorme. Ed invece non è così. Al posteggio, già tutti cambiati e rilassati, ci stanno aspettando per andare al ristorante. Le campane hanno appena annunciato il mezzogiorno! Incredulo, guardo cima Solda, lassù in alto, dove avrei potuto gustare il mio panino godendomi con calma un panorama mozzafiato, con tante fantastiche gite tutto attorno, tanti ricordi bellissimi, con Paolo e Giorgio sul Cevedale, con Luca sul Gran Zebrù, con Alessandra sul... Lasciamo stare i ricordi, meglio sprofondarli in fondo al mare, non contano nulla, oggi c'è solo un presente da vivere in fretta, forse per non pensare. Con tutto questo sole, con questi profumi che annunciano la primavera, devo andarmi ad abbuffare in un ristorante. La neve oggi non sarebbe cambiata scendendo qualche ora più tardi, semmai sarebbe migliorata... Fra l'ironico ed il provocatorio trovo il modo di sfogare il mio scontento avvicinandomi a Marco, che sulla funivia aveva inneggiato alla lentezza, dicendogli: «Oggi tutti inneggiano alle lentezza ma poi tutti corrono come dei matti. E non solo sugli sci!». Marco, che nella vita è uno juppy d'assalto, sembra non capire. E mi chiede se posso spedirgli la foto che gli ho scattato in alto, sulla cresta... «Penso sia venuta bene - mi dice - ce l'ho messa tutta!».


16 > rubriche

PARETI DI CARTA testo: Leonardo Bizzaro

SKIEURS DU CIEL di Dominique Potard Editions Guerin 304 pagine

56 euro

RIPIDO! di Enzo Cardonatti Edizioni Ripido! 352 pagine

32 euro

NEL CUORE DELLA GROENLANDIA di Fridtjof Nansen Galaad Edizioni 368 pagine

19 euro

DREN GIONG di Fosco Maraini Corbaccio 448 pagine

22 euro

CORRERE O MORIRE di Kilian Jornet Vivalda 200 pagine

19,50 euro

IL COMMISSARIO SONERI E LA MANO DI DIO di Valerio Varesi Frassinelli 282 pagine

18 euro

I GRANDI DELLO SCI RIPIDO In una stagione editoriale povera di titoli dedicati allo scialpinismo e alla neve, si riaccende la stella dello sci estremo. Intanto con questa splendida strenna natalizia, affollata di foto eccezionali e incredibilmente attenta, per un libro che arriva dalla Francia, a ciò che avviene ed è avvenuto sulle altre Alpi e oltre oceano. Tra i capitoli, ineccepibili quelli sugli italiani Heini Holzer, Stefano De Benedetti e Tone Valeruz. Si ordina facilmente su www. editionsguerin.com

175 PROPOSTE DI RIPIDO Seconda novità dell’anno per lo sci della vertigine, firmata da uno dei più attivi esponenti della disciplina nelle Alpi occidentali, che con questa guida inaugura l’attività della sua casa editrice specializzata. Cardonatti descrive 175 linee da Genova (omaggio a De Benedetti, con la discesa sul mare del Monte Reixa) alla Valle d’Aosta. Quasi esclusivamente itinerari inediti, il segno della ricerca che caratterizza i 'ripidisti' d’oggi. Da non perdere.

SCI DA LEGGENDA Recuperiamo un titolo che risale a un anno fa, di cui ancora non avevamo scritto, perché è da qui che nasce lo sport dello sci. Sembra incredibile, ma per 'Paa ski over Grønland', il reportage della traversata della Groenlandia di Nansen e compagni, nel 1888, si tratta della prima traduzione italiana, curata da Davide Sapienza. Eppure fu leggendo questo libro che i pionieri dello sci nell’Europa continentale (Adolfo Kind in Italia) ebbero l’idea di introdurne l’uso sulle Alpi.

FOSCO MARAINI E L'aVVENTURA SUGLI SCI Ripubblicato nel centenario della nascita di Fosco Maraini, 'Dren Giong' nel 1937 è il primo libro - dopo una guida sciistica dell’Abetone nel 1934 - di un personaggio come ne sono vissuti pochi. Questa nuova edizione del racconto di un viaggio nel Sikkim è arricchita da un gran numero di ricordi di amici che hanno percorso con lui un pezzo della sua lunga vita. Non va però dimenticato che 'Dren Giong' è innanzitutto il primo magnifico libro in Italia di sci d’avventura.

INIMITABILE KILIAN Ecco il libro atteso da tutti gli skyrunner e i trail runner italiani, sull’onda delle 50.000 copie vendute in Spagna. In 'Correre o morire' Kilian Jornet, il superman catalano della corsa in montagna e dello scialpinismo agonistico - ma è anche un alpinista con i fiocchi e un forte sciatore dell’estremo - fa il punto sulla vita e l’invidiabile carriera. Chi sia Kilian, non occorre dirlo. Il suo libro conferma che non è solo un corridore. Con la prefazione di Simone Moro.

un giallo sulla neve Un suggerimento anomalo, per una rubrica di libri sulla montagna e la neve. Ma la montagna c’è in questo romanzo del ciclo dedicato da Valerio Varesi al commissario Soneri. Rai 2 ci ha pure girato una serie qualche anno fa ed è il crinale tra l’Appennino tosco-emiliano e quello ligure. La neve pure. Un giallo superbamente raccontato, una scenografia affascinante nella sua tristezza autunnale, la voglia di cercare gli altri titoli di un personaggio che si fa amare.


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NE W ZE AL AND 33 ore

Italia - Nuova Zelanda

89%

Superficie non abitata

56°E 76°N

Coordinate prima tappa

AN T IPODI Fai 33 ore di volo, poi carica sci, scarponi e attrezzatura in un caravan e parti all'avventura. Questo è lo scialpinismo in Nuova Zelanda. Esplorazione, scoperta, in un ambiente selvaggio e incontaminato Testo: Emilio Previtali Foto: Damiano Levati


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NUOVA ZELANDA

«È uno scialpinismo essenziale e di esplorazione, quello che si può fare in Nuova Zelanda. Serve avere qualche informazione logistica, buon allenamento e consapevolezza delle proprie capacità. In giro non si incontra quasi mai nessuno…»

Nella foto: in alto salita su una delle creste dei Remarkables, la catena che insiste su Queenstown A destra. In discesa dalla vetta del Treble Cone In basso. Consultazione della preziosa guida di James Broadbend

La prima volta che in vita mia ho sentito usare la parola 'antipodi' andavo a scuola alle elementari. Antipodi. È una bella parola, che rimbalza nella bocca quando la pronunci. Ci ho messo un po’ a capire esattamente cosa significasse, quando ero piccolo. Forse perché antipodi è una di quelle parole che siamo abituati ad utilizzare più in senso metaforico che in senso strettamente letterale. Opinioni agli antipodi, modi di fare agli antipodi, idee agli antipodi. Del significato vero e proprio della parola - il senso geografico del termine - resta proprio pochino. Magari anche perché noi che viviamo in Italia, ai nostri antipodi, immaginiamo un indefinito punto blu nell’immenso blu dell’Oceano Pacifico. Difficile immaginarseli stando qui, i nostri antipodi. Diciamo che agli antipodi dell’Italia, grossomodo,

c’è la Nuova Zelanda. La maggior parte di noi precisamente non sa nemmeno dove è, la Nuova Zelanda. Intendo dire: sappiamo tutti dove è, e dove si trova sul mappamondo - trovarla sul mappamondo è facile, basta girarlo sottosopra e cercare dalla parte opposta rispetto a dove si trova l’Italia, per l’appunto - ma la vera difficoltà è raccordare il luogo Nuova Zelanda a un altro luogo noto. Tanto per cominciare, per complicare ulteriormente le cose, la Nuova Zelanda è un'isola. Anzi due. Per chi è già stato in Australia l’immagine geografica mentale che possiamo suggerire è: arrivi in Australia e poi ancora più giù. Chi non è mai andato in Australia e al massimo si è fermato mettiamo in India o in Giappone, per dire, pensando alla Nuova Zelanda deve pensare a un luogo davvero giù-giù. Lontano. Lontanissimo, ancora. Un luogo che davvero si fa fatica persi-


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«…il nostro è un giro dell’isola in senso orario, da nord a sud prima lungo la selvaggia costa ovest e da sud a nord poi, sul versante occidentale delle Alpi Neozelandesi, più accessibili e generalmente più sciabili. Ogni giorno un luogo, degli itinerari e un'avventura diversa…»


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NUOVA ZELANDA

PORTFOLIO

«…andare in Nuova Zelanda è un po’ come fare un viaggio fuori dallo spazio e fuori dal tempo. Appena scesi dall’aereo c’è una specie di stordimento, una sensazione eterea di giorno continuo che va oltre la normale confusione determinata dal jet-lag. Per arrivare in Nuova Zelanda servono circa 33 ore di viaggio e a conti fatti – fuso orario di -11 ore incluso – due giorni e due notti di volo. Un'eternità, per i bioritmi di un normale essere umano…»


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NUOVA ZELANDA

«…quelle montagne così vicino alla pianura, immerse in quel silenzio, con quella linea delle nevi così ben delineata, ci ricordano le montagne di casa così come dovevano essere tanti anni fa, prima delle industrie, prima del cemento e prima delle strade…»

no a immaginare che c’è, dopo tutte quelle ore spese a volare sopra il mare. Forse è per questo che a uno - a un qualsiasi viaggiatore - viene voglia di andarci, in Nuova Zelanda. Per capire bene dov’è,‘sta terra, tanto per cominciare.

Nelle foto. In alto alcuni scatti on the road negli spostamenti tra i diversi resort. A destra. Le pecore, parte integrante del paesaggio dell'isola.

Andarci è un po’ come fare un viaggio fuori dallo spazio e fuori dal tempo. Appena scesi dall’aereo c’è una specie di stordimento, una sensazione eterea di giorno continuo che va oltre la normale confusione determinata dal jet-lag. Per arrivare in Nuova Zelanda servono circa 33 ore di viaggio e a conti fatti - fuso orario di -11 ore incluso - due giorni e due notti di volo. Un'eternità, per i bioritmi di un normale essere umano. Quando scendi dall’aereo e vai al ritiro bagagli e poi esci dall’aeroporto e vai al noleggio camper che hai prenotato dall’Italia, fai un po’ fatica a capire dove sei andato a finire. L’addetto dell’autonoleggio ti guarda un po’ come un deficiente, probabilmente gli viene anche il dubbio che a uno stordito come te uno dei suoi camper sarebbe

meglio non affidarlo. Però alla fine te lo dà lo stesso, il suo camper. Si vede che ci si è abituato, ai viaggiatori europei storditi. Ti dà le chiavi, ti augura buon viaggio. Tu al suo camper ci butti dentro la tua roba - il tuo saccone, i tuoi sci e il tuo zaino - e poi parti. Non sai neanche bene dove andare. Innanzitutto devi confrontarti con la guida a destra, ma a parte le prime rotatorie prese contromano, quello non è un grosso problema. Io e Damiano siamo arrivati a Christchurch, nell’isola del Sud, verso metà agosto che se dovessi dire a che stagione del nostro inverno corrisponde, direi febbraio. Ci siamo subito diretti verso le montagne. Il metodo è facile: guardi dove sono e vai in quella direzione. Non c’è rischio di confondersi o di sbagliarsi, le montagne sono raggruppate tutte insieme e ci sono così poche strade per arrivarci che è sufficiente navigare a vista e buttare un occhio ogni tanto su una cartina 1:500.000. Un'occhiata meglio darla sempre, un bivio preso nella direzione sbagliata e sono 50 o magari 100 chilometri di deviazione.


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In Nuova Zelanda non esistono le prealpi. Questo significa in modo molto schematico che, partendo dalla costa e andando verso il cuore montuoso dell’isola, ci si può imbattere in due tipi di paesaggio soltanto: pianura, oppure dolce collina. Poi, da un certo punto in avanti, arrivano le montagne vere e proprie e arrivano in un modo che noi italiani o francesi o svizzeri, insomma noi abitanti delle Alpi, non ci possiamo immaginare tanto bene. Uno percorre una pianura disabitata di qualche centinaio di chilometri (pianura disabitata da uomini, le pecore sono ovunque; in Nuova Zelanda vivono circa 4 milioni di persone e 65 milioni di pecore) poi a un certo punto tak: le montagne. Partono direttamente dalla pianura e salgono ripide, la transizione è netta. Pianura-montagna, oppure collina-montagna. Subito 1.000, 1.200, 1.500 metri di dislivello dal piano. Sulla costa ovest anche di più. Il clima a ovest è più umido e più freddo e le montagne sono più a ridosso del mare. Il Fox Glacier e il Franz Joseph Glacier in linea d’aria sono a meno di 20 km

dall’Oceano e si esauriscono a 300 metri di quota. La cima del Mt. Cook, a soli 3.754 metri, è la montagna più alta. È selvaggia e remota, non così facilmente accessibile via terra. Anche il meteo, sul versante ovest, è più capriccioso. Guardandole, le montagne della Nuova Zelanda, smuovono qualcosa di speciale e di intimo dentro chi vive sulle Alpi. Quelle montagne così vicino alla pianura, immerse in quel silenzio - a noi quello manca - con quella linea delle nevi così ben delineata, ci ricordano le montagne di casa così come dovevano essere tanti anni fa, prima delle industrie, prima del cemento e prima delle strade; sembrano un po’le nostre Alpi o gli Appennini come sono in primavera o a inizio autunno, quando tra bassa quota e alta quota c’è ancora una grande differenza di temperatura. In Nuova Zelanda succede grossomodo come quando da noi sulle Alpi in alto nevica ed è ancora - o già - inverno e in basso invece è già primavera o ancora autunno e piove a dirotto. La

forma e il colore delle montagne neozelandesi sono il prototipo di montagna che risiede di default nell’immaginazione di ogni bambino. Se a un bambino chiedi di disegnare delle montagne su un foglio di carta quello che verrà fuori sarà un prototipo di catena montuosa neozelandese: una fila di piramidi piuttosto aguzza che si erge dalla pianura, con della neve in alto, candida, sulle cime. Una linea di passaggio neve bianca - erba verde nettissima. In basso prati e animali al pascolo. Ecco, le montagne della Nuova Zelanda in agosto sono esattamente così: prati e verde e pecore in basso, neve in alto. La neve che si può trovare facendo scialpinismo - attenzione bene - è estremamente variabile, dalla polvere leggerissima e profonda alla crosta semi-portante; dal firn ai sastrugi più solidi e insidiosi che io abbia mai incontrato in vita mia. Di tutto, in ogni salita e in ogni discesa. Fare scialpinismo in Nuova Zelanda è per certi versi molto semplice, basta prendere l’auto e portarsi ai


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NUOVA ZELANDA

Nella foto: Emilio in azione in telemark in una discesa delle creste del Ramarkables

piedi della montagna che ci piace più tra quelle che abbiamo davanti e poi iniziare a salire, prima a piedi con un lungo avvicinamento e poi con le pelli di foca. Per certi versi, invece, volendolo fare in un altro modo, addentrandosi più a fondo e sui grandi ghiacciai, è molto più complicato. È complicato soprattutto se si è intenzionati a inoltrarsi nelle montagne nel cuore dell’isola, come ad esempio il Mt. Cook o il Mt.Tasman. La difficoltà principale è che non ci sono strade o vie di accesso o sentieri. Servono lunghi avvicinamenti, serve avere tempo ed essere totalmente autosufficienti per alcuni giorni. Logisticamente talvolta è utile farsi aiutare nell’accesso alle zone più remote con un heli-ride, specialmente se si hanno pochi giorni da sfruttare. L’utilizzo dell’elicottero o dell’aereo per l’avvicinamento in Nuova Zelanda è piuttosto normale. Oppure - ed è l’opzione che abbiamo preferito io e Damiano - si può sfruttare l’accesso carrozzabile alle varie stazioni di sci (private, i cosiddetti club field; o commerciali, quelle classiche più simili alle nostre ) portandosi in quota e sfruttando prima le strade sterrate e poi gli impianti di risalita. Gli impianti di risalita in Nuova Zelanda sono costruiti con criteri totalmente diversi rispetto all’Europa o agli Stati Uniti. Lo scopo di una seggiovia o di uno skilift qui è quello di rendere accessibile la maggior parte possibile di territorio. Gli impianti non servono solo aree attrezzate e piste battute, ma

«… se a un bambino chiedi di disegnare delle montagne su un foglio di carta quello che verrà fuori sarà un prototipo di catena montuosa neozelandese: una fila di piramidi piuttosto aguzza che si erge dalla pianura, con della neve in alto, candida, sulle cime. Una linea di passaggio neve bianca erba verde nettissima…» forniscono soprattutto l’accesso a bacini glaciali, valloni, versanti selvaggi verso cui scendere, attraverso cui inoltrarsi nell’outdoor per poi andare dove si vuole, salendo e scendendo continuamente, fino all’esaurimento, con le pelli di foca. Io e Damiano strategicamente, un po’ per le condizioni meteo piuttosto variabili, un po’ per il desiderio di esplorare più aree possibili dell’isola e non perdere nemmeno un giorno di sci, abbandoniamo l’idea di farci heli-trasportare in un rifugio in quota nei pressi del Mt. Cook e ci dedichiamo ogni giorno all'esplorazione sistematica dei back side delle stazioni di sci che incontriamo lungo la strada. Il nostro è un giro dell’isola in senso orario, da nord a sud prima lungo la selvaggia costa ovest e da sud a nord poi, sul versante occidentale delle Alpi Neozelandesi, più accessibili e generalmente più sciabili. Ogni giorno un luogo, degli itinerari e un'avventura diversa. A cominciare dal mattino presto, tentando di issare il nostro goffo motorhome sulle strade sterrate o oltre

i guadi di fondo valle. Poi con le pelli di foca, vagabondando in sù e in giù senza sosta, dove i pendii sembrano più stabili e la neve da sciare più bella. È uno scialpinismo essenziale e di esplorazione, quello che si può fare in Nuova Zelanda. Serve avere qualche informazione logistica, buon allenamento e consapevolezza delle proprie capacità. In giro non si incontra quasi mai nessuno. Del resto l’isola è uno dei luoghi meno densamente popolati del pianeta, 13 abitanti per km/q concentrati nelle città contro i 202 ab. Km/q dell’Italia. Le famiglie gallesi e inglesi che la colonizzarono a metà del XIX secolo ci arrivarono per immaginare e vivere in un nuovo mondo incontaminato. Per avere spazio a disposizione. Per sentirsi liberi. Che a pensarci bene è la stessa ragione per cui vale la pena andarci a sciare partendo dall’Europa, per fare un tipo di scialpinismo selvaggio, vagabondo e randagio che sulle nostre Alpi, purtroppo, non esiste quasi più.


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LUOGHI DA NON PERDERE Nuova Zelanda BIBLIOGRAFIA New Zealand Backcountry Skiing, James Broadbent, New Zealand Alpine Club L’unica guida di scialpinismo in Nuova Zelanda Nuova Zelanda, Lonely Planet SITI INTERNET www.alpineclub.org.nz Sito del club alpine neozelandese, sul quale è possibile acquistare la guida. PERIODO CONSIGLIATO L’inverno australe corrisponde alla nostra estate. Giugno corrisponde a dicembre, luglio a gennaio e così via. Tenendo conto delle quote relativamente basse delle montagne, il periodo ideale per lo scialpinismo inizia in luglio/agosto e termina ad ottobre. Chi vuole avventurarsi sui ghiacciai del Mount Cook o del Fox Glacier deve ragionare come farebbe qui da noi sulle Alpi. Il terreno di alta quota è accessibile anche durante l’inverno, ma le condizioni sono ottimali durante la primavera. NORD O SUD? La Nuova Zelanda offre infinite possibilità sia nell’Isola del Nord che in quella del Sud. La maggior parte delle stazioni sciistiche si trova nell’Isola del Sud, viste le maggiori precipitazioni nevose. Le due città di riferimento sono Christchurch e Queenstown. A Sud si trovano anche le montagne più alte, come il Mount Cook, e i ghiacciai più estesi. Il Tongariro National Park invece è il riferimento per lo scialpinismo nell’Isola del Nord. Tra vulcani attivi e foreste tropicali si erge la vetta del Mount Ruapehu, che domina tutta l’isola e permette numerose possibilita scialpinistiche. SKI FIELDS, BACKCOUNTRY E ACCESSO ALLA MONTAGNA Spazi immensi, montagne coperte di neve che si ergono su sconfinate pianure e si riflettono nelle acque dei laghi. Le Alpi neozelandesi sono un terreno selvaggio e completamente disabitato. L’accesso, quindi, risulta generalmente difficoltoso

e richiederebbe lunghi avvicinamenti. Alcuni piccoli bivacchi permettono di sfruttare aree remote. Un’alternativa è l’utilizzo dell’elicottero, che si rivela quasi necessario per raggiungere i ghiacciai. I neozelandesi, però, sono grandi appassionati di sci. Negli anni hanno esplorato le loro montagne alla ricerca di pendii sui quali istallare rudimentali impianti di risalita. Sono nati così i club field, piccole stazioni la cui proprietà è condivisa tra i soci. Per raggiungere la neve sono state costruite strade sterrate, ma, ancora oggi, alcune stazioni più piccole possono essere raggiunte solo a piedi. Negli anni alcuni club si sono sviluppati fino a diventare vere e proprie stazioni commerciali, ma la maggior parte mantiene lo spirito entusiasta delle origini. Le stazioni quindi risultano l’accesso più semplice alla montagna anche per la pratica dello scialpinismo. In generale si può partire per le gite dal parcheggio degli impianti. La soluzione più immediata è quella di andare alla scoperta di ciò che si nasconde dietro alle piste battute (backcountry). È uno scialpinismo al contrario, che inizia con la discesa. Siccome i dislivelli, a seconda delle condizioni di innevamento, sono generalmente limitati, le gite si possono decidere 'a vista', guardandosi intorno e scegliendo le pareti

in base all’esposizione. Appena superata la cresta che separa il lato selvaggio dalle piste battute, ci si dimentica presto di essere nei pressi delle seggiovie. Lontani dal rumore e dalla folla si ritorna al piacere dello scialpinismo d’esplorazione in uno dei luoghi più affascinanti del pianeta. Tutte le strade che portano alle stazioni sono sterrate e bisogna essere pronti a sporcarsi di fango nel caso, abbastanza frequente, in cui si debbano montare le catene. PERICOLI Alcuni sono ovvi e ben conosciuti. Le valanghe esistono anche in Nuova Zelanda, così come i crepacci e gli infortuni. Quello che invece appare subito evidente è il totale isolamento in cui ci si trova appena allontanati dagli impianti o anche solo da una strada. Il territorio alpino è sconfinato e molto meno antropizzato rispetto a quello a cui siamo abituati. Persino la copertura cellulare è limitata. Difficile quindi chiamare i soccorsi in caso ci si perda o si abbia qualsiasi tipo di problema. La più importante raccomandazione è quella di comunicare sempre a qualcuno la meta della propria gita, in modo da far partire le operazioni di ricerca il prima possibile in caso di necessità.

info@skialper.it inviateci una mail con le vostre impressioni se avete deciso di affrontare la Nuova Zelanda con gli sci seguendo le indicazioni di questo servizio!


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NUOVA ZELANDA

Nella foto. In senso orario. Emilio alla guida del caravan durante gli spostamenti, il paesaggio da una delle vette sovrastanti Cadrona, l'immancabile partita degli All Blacks in un pub di Christchurch e il camper on the road

Il pericolo più grande è l’estrema variabilità meteorologica. Le Alpi Neozelandesi sono una barriera alle correnti umide tra due mari. In un solo giorno è possibile passare da una stagione all’altra, senza grande preavviso. I bollettini meteo sono affissi ovunque, nei lodge o nei negozi, anche se nessuno sembra crederci veramente. Soprattutto non bisogna lasciarsi influenzare più di tanto da quelli emessi dalle stazioni sciistiche, che ovviamente tendono ad esaltare sempre gli aspetti positivi. DOWN UNDER Ricordatevi che in Nuova Zelanda le pareti più fredde sono poste a sud. Il clima fortemente influenzato dal mare determina condizioni della neve che cambiano in continuazione. Anche dopo una nevicata, la neve a nord può trasformarsi velocemente. AMICIZIE Si rimmarrà di certo delusi dalla guida di scialpinismo che vi abbiamo consigliato. Itinerari

segnati in modo vago, poche aree accessibili, molti riferimenti locali difficilmente comprensibili. Esiste però una valida alternativa. Fermarsi a parlare con gli scialpinisti che si incontrano non è solo piacevole, ma anche utile per farsi dare dei suggerimenti. I kiwis saranno felicissimi di poter condividere con voi la loro passione per la montagna. Anche i 'pisteur' degli impianti sono un'ottima fonte di informazioni. Appassionati ed esperti, sono a conoscenza delle condizioni della neve e del pericolo valanghe. È sempre buona norma comunicargli la destinazione quando si esce dall’area del resort, in modo da avere una sicurezza in più in caso di problemi. IL VIAGGIO La Nuova Zelanda è lontana, molto lontana. Di conseguenza è difficile trovare voli a basso costo. Prenotando con un certo anticipo è possibile spendere all’incirca 1.500 euro, ma bisogna tenere presente i costi associati al trasporto degli sci. Questi possono diventare rilevanti a seconda della

compagnia aerea e del suo regolamento. L’altra conseguenza della lontanza è il tempo di volo. Passare più di 24 ore seduti in un aereo può mettere a dura prova anche il fisico più allenato. DOVE DORMIRE Motel, lodge, bed and breakfast sono tutte soluzioni relativamente economiche per dormire, anche se possono influire molto sul costo del viaggio. Se a questo costo fisso aggiungete il noleggio dell’auto, vi renderete conto che la Nuova Zelanda può essere una destinazione decisamente cara. Considerate quindi la possibilità di noleggiare un camper. Ce ne sono di tutte le misure e per tutte le tasche, da piccoli furgoncini colorati con la bomboletta spray ad enormi motorhome cromati. L’unico aspetto negativo è il limite posto dalle compagnie di noleggio alle strade che si possono percorrere, solo quelle asfaltate, vietando, di fatto, tutti gli accessi agli impianti. Fortuna che i camper si possono anche lavare...


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Ohau Range

Treble Cone

Per chi si immagina che sciare in Nuova Zelanda significhi soprattutto essere circondati da un panorama unico l’Ohau Range è una destinazione obbligatoria. Situato quasi al centro dell’Isola del Sud, questo gruppo di montagne è accessibile grazie alla presenza di un piccolo club field. Un grande lodge posto sulle sponde del lago è la base di partenza ideale per esplorare l’area e per condividere la propria passione per lo sci con neozelandesi ed australiani entusiasti. La neve si raggiunge seguendo la lunga sterrata che porta agli impianti, che possono essere sfruttati per diminuire i dislivelli. Dalla stazione di arrivo della seggiovia si raggiunge la cresta che conduce ai 2.007 metri del Mt Sutton. Dalla cima si gode di una vista spettacolare sulle acque turchesi del lago. Il Mt. Sutton è anche il punto di accesso per le gite che scendono verso il Dumb-bell Lake, posto a 1.557 metri più in basso verso sud. Si possono scegliere numerose linee di discesa, da ripidi canalini tra le rocce incrostate di neve a facili valloni aperti. Per condizioni, apertura degli impianti e per il lodge: www.ohau.co.nz

Gli impianti di Treble Cone sono i più vicini a Wanaka ed offrono grandi possibilità di fuoripista. Se guidando verso gli impianti avrete una sensazione di già visto è perchè siete degli appassionati della triologia di Peter Jackson il Signore degli Anelli. Tra queste montagne, infatti, sono stati girati gli esterni dei film e guardandosi intorno dalla cima degli impianti si capisce il perchè. Il paesaggio è bellissimo, con laghi, pianure sconfinate e montagne innevate. Dalla seggiovia più a sinistra si raggiunge il Tim’s Table. Da qui si sale fino al Summit Ridge. Il versante sud della montagna è un vero parco giochi dello scialpinismo, con numerose discese possibili. I più esperti ed allenati possono raggiungere la vetta del Black Peak che permette numerose possibilità di discesa. Il ritorno può avvenire dalla vetta del Treble Cone. Per condizioni ed info pratiche: www.treblecone.com

Remarkables L’estremo sud della Nuova Zelanda offre molte possibilità tutte concentrate nei dintorni di Queenstown e Wanaka, due popolari destinazioni turistiche. Nonostante i resort qui siano tutti di grandi dimensioni, il backcountry rimane comunque terreno selvaggio. I Remarkables sono una lunga catena di montagne che domina Queenstown. Gli impianti di risalita che accedono alla montagna sono frequentati soprattutto da principianti, grazie alle piste larghe e poco pendenti. Quasi inutile sfruttare gli impianti visto il poco dislivello. Dalla stazione di arrivo della seggiovia centrale (ce ne sono solo tre) si continua verso sud scegliendo uno dei due colli che permettono di accedere al versante opposto delle montagne. Giunti sulla cresta è possibile scegliere numerosi itinerari di discesa su facili ed ampi pendii. Anche in questo caso quanto si scende dipende non solo dalle condizioni di innevamento, ma soprattutto da quanto dislivello si vuole affrontare al ritorno per tornare agli impianti di risalita. Per condizioni ed informazioni pratiche: www.nzski.com

Mt. Hutt La montagna più vicina a Christchurch è Mt. Hutt. Oltre ad essere uno dei più importanti resort dell’Isola del Sud, offre anche molte possibilità scialpinische nei pendii posti più a nord degli impianti. Dalla vetta del South Peak (2.025 metri), raggiungibile con gli impianti, è possibile seguire la cresta che raggiunge la vetta del Mt Hutt (2.185 metri). Gli itinerari consigliati seguono le quattro valli (2 a est e 2 a ovest) che si incontrano lungo la cresta. Ovviamente il dislivello dipenderà dalle condizioni di innevamento e da quanta salita si è disposti a percorrere al ritorno. In questo caso bisogna prestare particolare attenzione al pericolo di valanghe, visto che gli itinerari si svolgono al centro di ampie vallate di raccolta. Per condizioni ed info pratiche: www.nzski.com


30 > opinioni

PENSIERI BIZZARRI testo: Leonardo Bizzaro Leonardo Bizzaro, torinese da vent’anni, è nato a Trento nel 1958. Nella redazione di Repubblica sotto la Mole scrive di spettacoli e cultura, ma l’attenzione maggiore la dedica alla montagna. Ha collaborato con le riviste del settore, scritto libri, è stato per lungo tempo nel consiglio direttivo del Filmfestival di Trento, colleziona smodatamente libri, e non solo, dedicati alla sua passione. Alpinista, con e senza gli sci ha salito vette e attraversato ghiacciai in varie parti del mondo, dalla Patagonia all’Himalaya.

L'angelo biondo è volato via Commosso ricordo di Patrick Edlinger, scomparso nel mese di novembre, il primo ad avere portato l'arrampicata sulle copertine dei periodici non specializzati atrick Edlinger se n’è andato il 16 novembre scorso. Non sapremo mai se è stato un incidente o se il suo addio è la conclusione naturale di un tentativo di autodistruzione. Le agenzie di stampa si limitano a dire con un po’ di crudeltà che è stato trovato morto in bagno, dove si era trascinato dopo essere caduto dalle scale, probabilmente ubriaco. Anche chi s’è avvicinato alla montagna e all’arrampicata da poco tempo non può non conoscere l’angelo biondo della 'grimpe', il primo ad aver portato questa disciplina sulle copertine dei periodici non specializzati, forse quello che, magari involontariamente, ha sancito la definitiva separazione tra il mondo dell’alpinismo e l’arrampicata. Il primo poster che ho appeso in camera, all’inizio degli anni Ottanta, è stato il suo, mani e piedi infilati nella fessura Kosterlitz, a Ceresole, pantaloni bianchi e un pile Cerruti, azzurro, addosso. L’eleganza di James Bond, se mai 007 dovesse arrampicare. Il manifesto me lo aveva regalato a Trento Fabio Giacomelli, che i capelli li portava allora come Patrick e che tanti anni dopo, nel 2010, sarà rapito da una valanga alla base della est del Cerro Torre. Le scarpette da arrampicata, nella bottega in cui Fabio lavorava, erano una curiosità per pochi, lui ovviamente le utilizzava, ma preferiva una calzatura più rigida, le Colorado, che erano state realizzate per le grandi pareti dello Yosemite. Perlopiù si vendevano solidi scarponi di cuoio con l’anima d’acciaio nella suola. Arco era una cittadina sonnolenta dove svernavano gli anziani che potevano permetterselo. Edlinger ci sembrava un alieno. Poi tutto cominciò a correre. L’arrampicata esplose e nulla fu più come prima. Nel 1982 arrivano sullo schermo del festival di Trento 'la vie au bout des doigts' e 'Opéra vertical' a mostrare cose incredibili. Nulla che altri non facessero, ad esempio sulle pareti di Arco, ma il film di Janssen, quasi erotico, per la prima volta mostrava agli occhi di tutti il livello raggiunto nell’arrampicata. È il trionfo della fisicità, finora pudicamente nascosta sotto maglioni e pantaloni alla zuava. Edlinger, scalzo e a torso nudo, è l’epigono, sulla roccia, dei surfer di 'Un mercoledì da leoni'. E nonostante il successo mediatico potesse rischiare di fargli perdere la testa, lui rimane ancorato a un’etica rigorosa, nelle interviste ripete che alla base degli specchi di calcare del Verdon gli basta una pagnotta e un bicchier d’acqua. Gli

sponsor fanno a gara per aggiudicarsene l’immagine e lui si concede a non più di cinque aziende, imponendo regole rigidissime per le pubblicità. In 'Opera verticale', 'Rock Games' e 'Arrampicare!', i suoi libri tradotti con successo da Zanichelli, sono pressoché inesistenti i marchietti così abbondanti su magliette, sacchetti del magnesio, fasce tra i capelli di molti colleghi. Nel 1995, dopo una caduta che poteva essergli fatale, nelle Calanques, allenta la presa, quasi abbandona l’arrampicata, comincia a lasciarsi andare. L’amico Patrick Berhault, che progetta una traversata delle Alpi lungo le vie storiche delle grandi cime, lo coinvolge nel 2000 in alcune grandi salite. Ma negli ultimi anni la depressione lo assale. Nel 2005 ho passato con lui un lungo pezzo di notte ad Arco, alla vigilia del Rockmaster e ho raggiunto l’albergo, all’alba, con l’angoscia. Era stato invitato, vent’anni dopo le prime competizioni, assieme, tra gli altri, a Stephan Glowacz e Lynn Hill. Tra loro e i ragazzini che si preparavano alle gare c’era ormai un abisso. E lui più di tutti gli altri lo sentiva.



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GLEN PLAKE

testo: Umberto Isman FOTO: Umberto Isman

ESCLUSIVO

ALIVE*

*sopravvissuto

Il racconto della valanga al campo 3 del Manaslu nelle parole del freerider Glen Plake. Un sopravvissuto che ha perso tanti amici, a partire dal compagno di tenda

L

Lo scorso 23 settembre un'enorme valanga ha spazzato il campo 3 del Manaslu (montagna himalayana di 8.163 metri) uccidendo 12 alpinisti, tra cui l'italiano Alberto Magliano, in spedizione con Silvio Mondinelli, salvatosi per miracolo insieme al compagno Christian Gobbi. Un altro che si è salvato per pura fortuna è Glen Plake, il famoso freerider e sciatore estremo californiano che risiede ormai da tempo a Chamonix. Glen era al Manaslu per tentare la discesa in sci dalla cima, riuscita poi al tedesco Benedikt Bhöm. Insieme a lui c'erano due amici, anche loro sciatori di grande esperienza e capacità: Rémy Lécluse e Greg Costa. Incontriamo Glen in occasione dell'inaugurazione del nuovo Salewa shop di Milano. Un'occasione ufficiale, mondana, anche se informale, in cui normalmente è difficile parlare intensamente di storie di montagna. Noi stessi siamo titubanti ad affrontare il discorso con Glen, timorosi di risvegliare in lui un dolore ancora vivo e di sembrare noiosi e indelicati chiedendogli di raccontare un episodio tragico che nei giorni precedenti ha già raccontato chissà quante volte. Ma è lo stesso Glen a dare segno di avere ancora 'voglia', o forse bisogno, di parlarne. Il suo racconto ci lascia senza fiato (Stefan Rainer di Salewa rimane per quasi un minuto pietrificato, con una bottiglietta d'acqua minerale inclinata per bere a pochi centimetri dalla bocca) e ci estranea completamente dall'atmosfera del negozio in centro a Milano per portarci sul Manaslu quella notte. «Eravamo al campo 3, a 6.800 metri, in tutto 25 tende di varie spedizioni. Io ero con Greg, mentre Rémy era in un'altra tenda a un metro dalla nostra. Erano le 4.45 di

notte, non riuscivo a dormire e, come spesso faccio, stavo leggendo una piccola Bibbia con la lampada frontale accesa. Ad un tratto Greg si è messo seduto dicendomi: 'Senti che folate di vento'. Poi è arrivata una seconda raffica più forte e in un attimo abbiamo capito che era il soffio della valanga. Lo spostamento d'aria ha sollevato la tenda e ci ha fatti volare giù da un enorme seracco. Siamo atterrati con botte tremende, in testa, al petto. Poi siamo stati presi in pieno dalla valanga e trascinati giù per altre centinaia di metri. Io ero ancora nel sacco a pelo, con la frontale accesa e ricordo solo dei fortissimi lampi di luce: la lampada, ma forse anche l'attrito dei materiali sintetici. La tenda, completamente distrutta, si è fermata dentro un crepaccio, con la coda della valanga che le passava sopra. Quando ho realizzato di essere vivo ho sussurrato: 'Greg, I'm ok, are you ok?'. Ero convinto che Greg fosse ancora nella tenda con me: 'Greg... Greeeg!'. Non so spiegarmi come, ma Greg non c'era più, trascinato fuori, chissà dove. Sono in qualche modo uscito dalla tenda e dal crepaccio. Non mi rendevo bene conto di cosa fosse successo e ci ho messo un po' a realizzare che ero a piedi nudi nella neve. La cosa incredibile è che sono riuscito a trovare tutto, sparso in pochi metri, anche lo zaino di Greg e la mia tuta che usava lui come cuscino, ma di Greg e di Rémy non c'era traccia. Avevamo gli ARTVA, ma probabilmente spenti e in ogni caso non sentivo alcun segnale. Ero come in trance, ho rimesso le cose nello zaino come se mi stessi preparando per una gita, occhiali e crema solare compresi. Non sentivo neanche il dolore per i denti rotti e le botte dappertutto. Piano piano ho cominciato a capire cos'era successo, a guardarmi in giro, a incontrare i superstiti e i primi soccorritori saliti dal campo 2. Abbiamo cominciato a cercare, ma i miei amici erano come svaniti nel nulla. Sono rimasto là qualche ora e sono sceso solo quando ho capito che per Greg e Rémy non c'era più niente da fare. Rémy l'hanno trovato qualche giorno dopo, ancora avvolto nel sacco a pelo, in fondo a un crepaccio 600 metri più in basso di quello dove ero finito io. Greg riposa ancora lassù».


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VALMALENCO testo: Luciano Bruseghini FOTO: Luciano Bruseghini

Sulle

tracce dei

Cont rabbandieri 11 itinerari scialpinistici in Valmalenco, lungo le strade utilizzate, in inverno e in estate, per il contrabbando di sigarette e caffè e successivamente teatro del Rally scialpinistico del Bernina


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VALMALENCO

CURIOSITÀ

Musei in miniera e pentole di pietra La Valmalenco è famosa in tutto il mondo per la presenza di tantissimi minerali (più di 260 specie riconosciute), tra cui due (Artinite e Brugnatellite) ritrovati qui per la prima volta. Sono molti i cercatori che durante la stagione estiva esplorano le zone d’alta quota alla scoperta di preziosi tesori. Non ci sono solo i piccoli cristalli luccicanti ricercati dai collezionisti, ma anche un vero e proprio settore estrattivo riguardante diverse tipologie di minerali: le serpentiniti, oggi con cave a cielo aperto mentre un tempo erano vere e proprie miniere, il talco, l’amianto e la pietra ollare. Oggi come ieri questo settore è una delle maggiori

fonti di reddito della zona e occupa centinaia di valligiani nei siti estrattivi e di lavorazione. A causa della pericolosità della lavorazione, le miniere di amianto sono ormai chiuse da alcuni decenni e ne restano a testimonianza solamente gli imbocchi sbarrati delle gallerie. La coltivazione delle miniere di talco continua ancora ai giorni nostri e il polo estrattivo di Brusada-Ponticelli è una delle più grandi realtà a livello nazionale e internazionale. Il prodotto viene utilizzato nelle materie plastiche, nelle vernici, nella carta e addirittura nella creazione di cosmetici e farmaci come eccipiente. In alcune particolari giornate dell’anno è possibile visitare la miniera accompagnati dagli ingegneri minerari che controllano la produzione. C'è anche una miniera molto particolare, sempre nel comune di Lanzada, che è stata riconvertita a polo museale: l’Ecomuseo della Bagnada. Il museo è diviso in tre differenti sezioni: le gallerie della miniera

vera e propria, un museo minerario in cui si possono ammirare gli attrezzi utilizzati per cavare il talco e un museo mineralogico che raccoglie alcuni dei più bei cristalli ritrovati in valle. Nei mesi estivi visite guidate giornaliere permettono di scoprire quel mondo sotterraneo misterioso. Nei restanti periodi dell’anno è possibile visitare la struttura su prenotazione. Purtroppo le cave e i torni per la lavorazione della pietra ollare, un tempo molto numerosi, sono quasi scomparsi. Restano solamente due fratelli a coltivare un’antica miniera e a lavorare il prodotto estratto per ottenere dei fantastici souvenir artistici e delle bellissime e utilissime pentole di pietra ('lavecc') adatte a cucinare qualunque tipo di cibo, in particolare sughi e stracotti. Accordandosi con i signori Gaggi di Chiesa Valmalenco, è possibile visitare sia il polo estrattivo che il laboratorio di lavorazione e la bottega di vendita.


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Nelle foto. Nella pagina di apertura. Salita verso il Pizzo Scalino A sinistra. Tratto finale e vetta del Sasso Moro. Sotto. Salita al Sasso Moro con le cime di Musella sullo sfondo

L

e origini dello scialpinismo in Valmalenco si perdono nella notte dei tempi. Gli indizi riportano ai primi anni del secolo scorso quando il CAI valtellinese acquistò sei paia di sci e li noleggiò, per 50 centesimi al giorno, ai soci, che così potevano provare l’ebbrezza di questo nuovo sport sui pendii immacolati, in particolare alla conca di Arcoglio, ai piedi del Sasso Bianco, nel comune di Torre S. Maria. Qui si parlava di costruire un comprensorio sciistico, ma fortunatamente non se ne fece più nulla e tutta la zona è rimasta a disposizione di scialpinisti e ciaspolatori. Durante gli anni della Grande Guerra furono i militari, in particolare gli alpini, a invadere la valle per le esercitazioni sugli sci. Purtroppo vanno ricordati anche due tragici incidenti avvenuti nei primi giorni di aprile del 1917. Il primo aprile, dopo giorni di abbondanti precipitazioni nevose, una grossa valanga staccatasi dal Sasso Moro travolse l’albergo Musella, dove erano distaccati 28 alpini. Nove di loro perirono sotto il peso delle macerie e della coltre nevosa. Il giorno seguente un gruppo di 42 alpini provenienti dal rifugio Marinelli per andare a soccorrere i loro compagni fu investito anch’esso, nei pressi della bocchetta delle Forbici, da una grossa valanga staccatasi dalla Cima occidentale di Musella. Morirono altri 16 militari. Tra le due guerre il Gruppo Sciatori Sondriesi organizzava parecchie escursioni invernali. Nei

diari di uno dei fondatori del gruppo, Luigi Bombardieri, si legge che l’11 aprile 1926 venne organizzata una spedizione al Pizzo Scalino (3.323 m). L’itinerario prevedeva l’avvicinamento e la notte a Campo Franscia, ripartenza con gli sci ai piedi alle tre e mezza del mattino con salita al passo di Campagna e proseguimento lungo il ghiacciaio dello Scalino fino alla vetta della montagna. Discesa a Poschiavo (Svizzera) e rientro in Italia a Tirano per il pernottamento. Quindi il giorno seguente il ritorno a Sondrio. Oggi un buono scialpinista, grazie anche alla strada carrozzabile che porta fino a 1.900 metri, compie la salita in sole tre ore invece che in tre giorni! Nel secondo dopoguerra una 'categoria' molto particolare faceva uso degli sci d’alpinismo: erano i contrabbandieri. Parecchie persone della Valmalenco si recavano nella vicina Svizzera (nella valle di Poschiavo in particolare) per acquistare sigarette e caffè da rivendere in Italia. Nei mesi invernali erano proprio questi rudimentali attrezzi di legno, con dei cordini legati attorno per fare attrito sulla neve, che permettevano questo 'commercio' e quindi la sopravvivenza di molte famiglie della valle che nei mesi freddi offriva poche opportunità di lavoro. Dagli anni sessanta inizia anche l’agonismo. La gara più famosa era il Rally del Bernina (prima edizione nel 1968) che vedeva impegnate coppie di atleti per più giorni di gara. La formula, oltre alle classiche salite e discese impegnative ai piedi della grande montagna e nella valle di

Chiareggio, prevedeva anche la costruzione di un igloo per passarvi la notte. Tra i vincitori parecchie coppie straniere provenienti da Svizzera, Austria, Francia e Paesi dell’Est. Nel 1988 presenziò, senza gareggiare, anche il fortissimo alpinista polacco Jerzy Kukuzcka, il secondo uomo a conquistare tutti i 14 ottomila della terra. Purtroppo alla fine degli anni '80, a causa di diversi problemi (principalmente di natura economica), questa manifestazione venne abolita. Però dal 1986 esiste un’altra competizione, il Rally del Pizzo Scalino, gara di un giorno che vede sfidarsi centinaia di atleti attorno al 'piccolo Cervino' della valle. Negli anni Ottanta e Novanta, grazie alla collaborazione del CAI Milano e del comune di Chiesa, vennero organizzati diversi raduni chiamati 'Settimana internazionale di scialpinismo' a cui parteciparono numerosi atleti provenienti sia dall’Italia che dagli altri Paesi alpini confinanti. Oltre ai classici itinerari sciistici erano previsti anche corsi di pronto soccorso e iniziative storico/culturali e gastronomiche. Tutta la vallata offre agli amanti dello scialpinismo un’infinità di itinerari, dai più semplici sui pascoli estivi, ai più impegnativi sui ghiacciai e sulle vette panoramiche del gruppo del Bernina, del Disgrazia e dello Scalino, fino ad arrivare allo sci estremo. Moltissime persone, in particolare durante i fine settimana, invadono la Valmalenco alla ricerca di itinerari mozzafiato e pendii immacolati per dare sfogo alla propria passione. E nessuno resta deluso, merito degli splendidi declivi e dell’abbondanza di neve che caratterizzano la zona. Ecco qualche consiglio di itinerario per i lettori di Ski-alper.


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VALMALENCO

ITINERARI IN VALMALENCO Periodo consigliato: Dipende dagli itinerari e dall’esposizione dei pendii. In generale le gite più semplici possono essere percorse dai primi di dicembre, mentre per quelle più impegnative bisogna aspettare l’assestamento primaverile. I versanti a nord mantengono condizioni ottime fino a stagione avanzata. Accesso: In treno da Milano attraverso Lecco con fermata alla stazione di Sondrio. In auto da Milano per Lecco-Sondrio. Dormire e mangiare: Hotel Pizzo Scalino (Chiesa Valmalenco, www.hotelpizzoscalino.it), un ottimo quattro stelle, con camere molto ampie e con un buon centro wellness, merita anche per la cucina. Hotel Motta (Chiesa Valmalenco, www. hotelmotta.com), albergo a due stelle a gestione familiare, accogliente, pulito e con ottima cucina. B&B La Cadula (Chiesa Valmalenco), recentemente aperto, molto accogliente e curato nei particolari. Il proprietario è un ottimo ski-alper. Hotel Fior di Monte (Caspoggio, www.fiordimonte.it), albergo tre stelle a gestione familiare situato nel centro del paese e con ottima cucina. Locanda Pian del Lupo (Chiareggio, www.locandapiandellupo.com), due stelle nell’incantevole conca di Chiareggio, aperto tutto l’anno. Pradasc Camping (www. pradasc.com) e area sosta attrezzata per camper, campeggio aperto tutto l’anno con una palestra di arrampicata e ottimi servizi, tra cui anche noleggio dell’attrezzatura alpinistica. L’area è gestita da Ivan Pegorari, guida alpina della Valmalenco. Ristorante Il Vassallo (Chiesa Valmalenco, tel. 0342.451200), una vecchia stalla con fienile recentemente ristrutturata. Sasso e legno la fanno da padroni e il caminetto sempre acceso rende il locale intimo. Ottimi i piatti valtellinesi. Ristorante Malenco (Chiesa Valmalenco, tel. 0342.452182) moderno ed elegante con un servizio impeccabile. Ottimi i piatti valtellinesi e non solo. Da Totò (Chiesa Valmalenco, tel. 0342.451413), tipica e affollata trattoria-pizzeria nel cuore del paese, ottimo rapporto qualità prezzo. Cartografia: Kompass n° 93 - Bernina Sondrio, scala 1:50.000. L’unica cartina della zona che riporta anche gli itinerari scialpinistici. Carta escursionistica 1:30.000, edita dalla Comunità Montana di Sondrio. Acquistabile presso Consorzio Turistico della Valmalenco. Informazioni generali: Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco tel. 0342.451150 www.sondrioevalmalenco.it Guide alpine: Valmalenco Alpina www.valmalencoalpina.it Casa delle guide della Valmalenco www.guidealpinevalmalenco.it Info meteo e valanghe: www.arpalombardia.it

info@skialper.it inviateci una mail con le vostre impressioni se avete deciso di visitare la Valmalenco seguendo le indicazioni di questo servizio!

1 - Sasso Bianco (2.490 m) Gita classica, molto lunga e percorribile con ogni condizione di neve. Accesso: Torre S.Maria Partenza: imbocco strada forestale per Arcoglio, in località Bianchi di Torre S. Maria (800 m) Dislivello: 1.700 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: est Periodo: dicembre - marzo Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Itinerario. Se c’è neve fino a bassa quota si parte dalla località Bianchi, altrimenti si prosegue in automobile fino a incontrare il manto nevoso. Lasciata l’automobile ci aspetta un lungo tratto (11 km) sulla strada utilizzata nei mesi estivi per raggiungere l’alpeggio di Arcoglio Superiore (2.123 m). Dalla località Bianchi si prende facilmente quota aiutati da diversi tornanti e si toccano i piccoli agglomerati di Musci, Pizzi e Pra Curati (1.253 m). Aiutati da altri tornanti e strappi impegnativi si sale nuovamente fino a raggiungere una fontanella sul lato sinistro del percorso (1.500 m). Ripresa la marcia, una lunga diagonale verso nord porta agli alpeggi di Venduletto (1.496 m), di Foppa (1.558 m) e di Pra le Corti (1.716 m). Qui la strada presenta un bivio: prendendo a sinistra si sale verso Arcoglio. In breve usciamo dal bosco ed entriamo negli ampi pascoli dell’Alpe Arcoglio Inferiore (1.976 m). Si punta verso il centro dell’alpeggio fino a raggiungere dei cartelli gialli che segnalano un bivio dove si prende a destra verso l’alpeggio superiore. Con diverse serpentine si superano i pascoli d’alta quota e si sbocca nel pianoro dell’Alpe Arcoglio Superiore (2.123 m). Proseguendo la salita, si punta in direzione SO e si vince un piccolo dosso, continuando nella stessa direzione si risale un valloncello e si raggiunge un’ulteriore spianata. Da qui è ben visibile il traguardo finale: la Cima del Sasso Bianco. Bisogna prestare attenzione all’ultimo ripido pendio sulla destra che, in quanto esposto a sud, presenta spesso neve crostosa e non molto stabile.

Superata questa difficoltà con alcune serpentine, si raggiunge la spalla spartiacque tra la Val Arcoglio e la Colma di Zana. Normalmente si lasciano qui gli sci e si sale a piedi per gli ultimi venti metri, in quanto il vento spazza la neve e mette a nudo delle affilate roccette. L’itinerario di discesa rispecchia quello di salita e permette una bellissima sciata fino all’Alpe Arcoglio Inferiore, per poi invece imboccare la carrareccia che riporta ai Bianchi. 2 - Bocchetta di Val Giumellino (2.860 m) Gita poco frequentata, con neve sempre fantastica ma percorribile solo con manto assestato. Accesso: strada comunale Chiesa - Primolo Partenza: imbocco strada forestale per gli alpeggi Lago di Chiesa e Giumellino (1.100 m) Dislivello: 1.750 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 40° Esposizione: est Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Itinerario. Si parte dalla strada che collega l’abitato di Chiesa Valmalenco con la piccola frazione di Primolo. Nei pressi del primo tornante verso destra si stacca una stretta pista che conduce all’Alpe Giumellino e all’Alpe Lago (cartello indicatore per il rifugio Bosio). Questo passaggio non viene sgomberato dalla neve per cui è possibile partire direttamente da qui con gli sci ai piedi. Nel caso di scarse precipitazioni, oppure se si è a stagione inoltrata, si può proseguire con l’auto per circa un chilometro, poi una sbarra preclude l’accesso. Si segue il tracciato che si snoda in un fitto bosco e che si innalza regolarmente senza tratti ripidi, ma aiutato da diversi tornanti. Dopo circa 5 km si raggiunge un bivio (1.550 m ca.), si prosegue a destra, in direzione O, verso l’Alpe Giumellino, continuando per circa 2 km lungo la strada fino a toccare le casette alpeggio (1.756 m). Dalle malghe ci si alza verso il limitare del bosco in direzione ESE: non ci si può sbagliare perché i pascoli sono delimitati da piccoli muri in sasso e


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solo qui c'è un passaggio libero. Superato un piccolo dosso si arriva in una vasta piana da dove si vedono chiaramente i due rami in cui si divide la valle. È preferibile il canale di destra. Per il primo tratto non si ha un percorso obbligato di salita, bisogna compiere diversi zig zag lungo il pendio, solitamente nella parte centrale, dove ci sono meno piante. Approdati al pianoro di quota 2.000 metri circa, si incontra l’unico larice supersite. Il percorso è discontinuo e si sviluppa tra dossi e brevi tratti pianeggianti, ma bisogna comunque tenersi sempre nella parte centrale della valle. Arrivati ai piedi dello strappo finale, non bisogna farsi attrarre dal ripido e invitante costone che si para proprio davanti, perché la parte alta è molto ardua e stretta e creerebbe diversi problemi di manovra con gli sci. La soluzione migliore è risalire il versante a sinistra SE e poi piegare a destra raggiungendo in breve la bocchetta di Val Giumellino (m 2.860). Per la discesa si ricalca l’itinerario di salita.

3 - Pizzo Cassandra (3.226 m) Gita impegnativa, molto panoramica e percorribile con neve stabile. Accesso: strada comunale Chiesa Valmalenco Chiareggio Partenza: mulattiera che da Chiareggio conduce all’Alpe Ventina Dislivello: 1.800 m da S. Giuseppe - 1.600 m da Chiareggio Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: BSA Pendenza massima: 40° Esposizione: nord/nord-est Periodo: marzo - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica + ramponi e piccozza Itinerario. Nei mesi invernali si lascia l'auto appena oltre San Giuseppe, nei pressi della sbarra che durante l’inverno chiude la strada. A primavera si

può proseguire in auto fino a Chiareggio. Il percorso più breve segue il tracciato della carrozzabile, ma è possibile anche percorrere l’anello di sci di fondo che collega San Giuseppe a Chiareggio, costeggiando il torrente Mallero. Il primo tratto è abbastanza noioso perché lungo e pianeggiante, sebbene si sviluppi in una splendida abetaia. Giunti a Chiareggio (1.600 m) nei pressi della piccola chiesetta, si abbandona la strada principale e si scende a sinistra fino al torrente Mallero che si attraversa su un ampio ponte: da qui inizia la mulattiera che porta in Val Ventina. Dopo circa mezz’ora si esce dal bosco, si attraversano dei tratti valangati (attenzione alle condizioni del manto nevoso) e in breve si raggiunge l’ampia piana dell’Alpe Ventina, con i rifugi Porro-Gerli e Ventina, chiusi nel periodo invernale ma aperti nei weekend primaverili (2.000 m). Sono un ottimo punto di appoggio per dividere la gita in due giorni. Ci si dirige verso sud, puntando l’evidente canalone glaciale circondato da enormi pareti. Il primo tratto di morena e l’inizio del ghiac-


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VALMALENCO

ciaio non presentano grandi pendenze e si superano agevolmente, poi però si arriva ad un gradino che necessita di diverse diagonali per essere vinto. Il ghiacciaio è molto bello, la neve copre in genere tutti i crepacci, solamente all’estrema destra sono visibili ampie voragini che dividono la lingua principale da quella che scende dalla Punta Kennedy. Vinto anche il secondo gradino e il successivo falsopiano, resta solamente l’ultimo strappo per arrivare ai 3.100 m del Passo Cassandra. Questo è il pezzo più tecnico con gli sci, a causa della forte pendenza e della presenza nella parte alta di un grande crepaccio che si supera, a seconda delle condizioni nevose, o a sinistra o a destra. Dal passo, calzati i ramponi, si segue a sinistra un canalino tra roccette e neve e in breve si raggiunge l’anticima e, dopo una facile cresta nevosa, la vera cima del Pizzo Cassandra (3.226 m). La discesa avviene seguendo l’itinerario di salita. 4 - Punta Kennedy (3.226 m) Gita impegnativa, alpinistica, con vista eccezionale sul Monte Disgrazia. Accesso: strada comunale Chiesa Valmalenco Chiareggio Partenza: mulattiera che da Chiareggio conduce all’Alpe Ventina Dislivello: 1.800 m da S. Giuseppe - 1.600 m da Chiareggio Tempo medio salita: 5 ore Difficoltà: OSA Pendenza massima: 40° Esposizione: nord/nord-est Periodo: marzo - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica + ramponi e piccozza Itinerario. Si seguono le indicazioni per il Pizzo Cassandra fino al ghiacciaio del Ventina. Da qui con particolari condizioni nevose, è possibile risalire direttamente il pendio fino a raggiungere la vedretta ai piedi della Punta Kennedy, ma normalmente si prosegue nel fondovalle. Il ghiacciaio è molto bello, la neve in genere copre tutti i crepacci, solamente all’estrema destra sono visibili ampie voragini che dividono la lingua principale da quella che scende da destra. Vinto anche il secondo gradino, si piega decisamente verso destra (N). Ora è ben visibile in alto la meta. Si vince il tratto di ghiacciaio seraccato passando completamente a destra, molto vicini alla parete rocciosa della Kennedy. Raggiunto il pianoro sommitale, bisogna superare un breve, ma ripido, pendio che conduce a un’affilata cresta. Per raggiungere la vetta si può proseguire a piedi lungo questa lama affilata oppure scendere per un centinaio di metri dal versante opposto nella dolce conca sottostante e risalire il versante N fino a toccare la vetta della Punta Kennedy (m 3.226). Si è al cospetto del Monte Disgrazia e sembra possibile toccarlo con un dito. Per la discesa si segue l’itinerario di salita. Nella foto. Passo di Mello, Disgrazia e Passo di Mello

5 - Passo di Mello (2.892 m) Gita scarsamente frequentata, fantastica sciata al cospetto del Disgrazia.

irraggiungibile. Ora ci aspetta una fantastica sciata lungo l'itinerario di salita con il Monte Disgrazia che ci 'controlla' dall’alto.

Accesso: strada comunale Chiesa Valmalenco Chiareggio Partenza: imbocco strada forestale il Pian del Lupo (1.625 m) Dislivello: 1.350 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica

6 - Passo Vazzeda (2.967 m) Gita poco frequentata, bellissima sciata su neve che si assesta molto presto

Itinerario. Fino a Chiareggio si seguono le indicazioni degli itinerari per Pizzo Cassandra e Punta Kennedy. Giunti a Chiareggio (1.600 m), si prosegue lungo la strada fino a superare il piccolo centro abitato e ci si immette nella pista da fondo che prosegue in direzione N verso l’Alpe Forbicina. Raggiunto il piccolo maggengo, si abbandona la pista e si prosegue lungo il sentiero che si addentra in Val Sissone verso l’Alpe Laresin (1.710 m). Continuando verso O, appena possibile ci si abbassa nel fondovalle, lungo il greto del torrente Sissone. In alto sulla sinistra è ben visibile il ghiacciaio del Disgrazia. Si prosegue senza percorso obbligato fino alla ripida valletta che immette sull’altopiano sovrastante. Con diversi tornanti si guadagna quota facilmente fino a toccare il ghiacciaio. Tenendosi verso destra, ma non troppo vicino ai contrafforti delle Cime di Chiareggio, che potrebbero scaricare a valle massi e blocchi di neve, si compie un ampio semicerchio antiorario fino al limite del ghiacciaio, un centinaio di metri sotto al Passo di Mello (2.892 m). Le corde fisse dell'ultimo tratto in inverno sono coperte dalla neve e rendono quindi il passo praticamente

Accesso: strada comunale Chiesa Valmalenco Chiareggio Partenza: imbocco strada forestale Pian del Lupo (1.625 m) Dislivello: 1.350 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Itinerario. Fino a Chiareggio, si seguono le indicazioni degli itinerari precedenti. Giunti a Chiareggio (1.600 m), si prosegue lungo la strada fino a superare il piccolo centro abitato e ci si immette nella pista da fondo che prosegue in direzione N verso l’Alpe Forbicina. Appena superato il torrente che scende dalla Val Muretto si abbandona la pista e si sale lungo il sentiero verso destra. Si prosegue nel bosco fino a sbucare all’Alpe Vazzeda Inferiore (1.832 m), poi seguendo il pendio di sinistra si raggiunge l’Alpe Vazzeda Superiore (2.033 m). Da qui non c'è più una traccia evidente, ma bisogna vincere il pendio abbastanza ripido che si para davanti. Piegando verso sinistra si superano diversi dossi fino a raggiungere l’evidente intaglio del Passo Vazzeda (2.967 m) che fa da confine con la Svizzera. Sull’altro versante si apre la Valle del Forno con un bel panorama sulle cime di Cantun e di Castello. Per la discesa si segue l’itinerario di salita.


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Nella foto. Tratto iniziale verso il Sasso Moro.

7 - Sasso Nero (2.921 m) Gita classica, molto panoramica e percorribile con ogni condizione di neve.

bosco a bordo pista che conduce al Passo di Campolungo (2.167 m). Da qui sempre lungo la pista da sci si rientra al parcheggio di S. Giuseppe.

Accesso: strada comunale Chiesa Valmalenco S.Giuseppe Partenza: a S. Giuseppe, all’imbocco strada forestale per l’Alpe Barchi (1500 m) Dislivello: 1.450 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 35° Esposizione: sud/sud-ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica

8 - Monte Palino (2.686 m) Gita poco frequentata, molto panoramica e percorribile con neve assestata.

Itinerario. Parcheggiata l'auto nell’ampio parcheggio degli impianti di risalita, si prosegue lungo la strada che conduce all’Alpe Barchi (1.700 m) fino nei pressi del rifugio omonimo. Qui si imbocca la stretta mulattiera che si sviluppa in un fitto bosco di pini mughi e che conduce al Lago Palù (1.950 m). Nei pressi del rifugio Palù (chiuso) la stradina si trasforma in sentiero e prosegue verso l’Alpe Roggione (2.050 m). Si continua in direzione E, sempre seguendo il sentiero, verso l’evidente intaglio. Con diversi zig zag si vince il ripido pendio e si raggiunge il Bocchel del Torno (2.203 m). Ora si piega verso N e si prosegue lungo la linea della seggiovia fino a raggiungerne la stazione a monte (2.450 m). La salita continua lungo l’ampio costone panoramico fino all’altipiano di quota 2.700 m circa. Si continua verso destra, per poi seguire sempre verso N, l’evidente valletta. La pendenza ora è molto più dolce e, proseguendo tra radi massi, in breve si raggiunge il pendio finale molto ampio. Un’ultima fatica conduce alla vetta del Sasso Nero (2.921 m), definito giustamente il balcone della Valmalenco in quanto si trova proprio al centro della vallata, circondato da tutte le vette che la delimitano. Per la discesa si segue l’itinerario di salita, con una variante consigliata. Raggiunto il Bocchel del Torno, invece di ridiscendere il ripido pendio e seguire lo stretto sentierino nel bosco, è consigliabile abbassarsi lungo la pista da sci per un centinaio di metri. Rimesse le pelli si segue una traccia nel

Accesso: Caspoggio Partenza: imbocco strada forestale che dalla frazione S. Elisabetta (1.200 m) conduce all’alpeggio di S. Antonio Dislivello: 1.500 m Tempo medio salita: 3/4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Itinerario. Si segue la pista forestale fino alla grande piana di S. Antonio (1.350 m), che si attraversa seguendo sempre il tracciato della strada che qui diventa tutt’uno con la pista da sci. Si incrocia la seggiovia per Piazzo Cavalli e si continua a salire, aiutati anche da un paio di tornanti. Raggiunto il comprensorio sciistico si prosegue in direzione S e si risale costeggiando la pista Sole 2. Arrivati a Piazzo Cavalli (1.780 m), si prosegue in neve fresca lungo il pendio sovrastato dalla seggiovia, un po’ ripido nella prima parte. Lasciata alle spalle la stazione di arrivo dell’impianto, si prosegue lungo la pista ormai in disuso, inizialmente quasi pianeggiante, ma da quota 2.000 m si incontra un muro molto ripido che viene superato con diversi tornanti. Al Dosso dei Galli (m 2.150) si conclude l’ampia pista da sci e inizia il percorso nel bosco. Si sale in direzione E compiendo diverse curve in un bosco rado di larici, fino a raggiungere una piccola conca oltre il limitare degli alberi (2.200 m). Ora bisogna fare un lungo traverso a sinistra (direzione N), prestando molta attenzione in quanto si svolge su un pendio abbastanza esposto con il rischio di distacchi di piccole slavine. Superata questa difficoltà ci si immette su un piccolo pianoro e subito si affronta un’altra diagonale, questa volta verso destra (direzione S) e anche qui va prestata

attenzione. Si è ora in località 'Zoca del peguree' (2.280 m) e si prosegue in direzione E lungo l’ampio pendio, compiendo diverse diagonali per vincere la pendenza. Appena è possibile ci si dirige verso sinistra (N) e in breve si raggiunge la croce che indica la vetta della Sufrina (2.380 m). Si risale il piccolo dosso alle spalle della croce e si prosegue lungo l’ampio pendio in direzione S, senza un vero e proprio percorso obbligato, puntando la spalla del Palino. La cresta si percorre con gli sci ai piedi solo per un breve tratto, fino a quando diventa troppo affilata. Normalmente gli scialpinisti interrompono qui la loro escursione, ma è possibile proseguire a piedi lungo l’esile cresta di neve, abbastanza esposta soprattutto sul versante destro. La via di discesa segue l’itinerario di salita, anche se esiste un’altra variante molto interessante. Ridiscesi dalla vetta, al punto dove si sono lasciati gli sci, si imbocca in direzione N l’ampio vallone tra il Monte Palino e la Sufrina. Data la sua esposizione a N, la neve è sempre abbondante e farinosa, bisogna però stare attenti che la ripida parete O del Palino abbia già scaricato tutta la neve in eccesso. Dopo aver superato due avvincenti pendii e aver raggiunto un pianoro, si piega verso O immettendosi in un rado bosco di larici. Anche qui la ripidità del terreno consente una fantastica sciata. Arrivati a quota 2.050 metri circa, bisogna prestare attenzione a imboccare il sentiero che porta a Piazzo Cavalli. Se si scende troppo si va a finire in un bosco impraticabile. Si ritorna in paese sfruttando le piste da sci, oppure i fuoripista usati per la salita. 9 - Sasso Moro (3.108 m) Gita poco frequentata, molto panoramica e con neve sempre spettacolare. Accesso: diga di Campo Moro Partenza: Casa guardiani della diga (2.000 m) Dislivello: 1.200 m Tempo medio salita: 4/5 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica + ramponi e piccozza per il tratto finale Itinerario. Parcheggiata l'auto nel piazzale sovrastante l’invaso artificiale di Campo Moro (2.000 m), con gli sci in spalla ci si abbassa a sinistra in direzione del muro di contenimento. Giunti alla casa dei guardiani, si inforcano gli sci e si scende a sinistra lungo una stradina che porta ai piedi dell’invaso. Raggiunto il pianoro sottostante, si puntano gli evidenti cartelli indicatori che segnalano il sentiero che nel periodo estivo porta ai Rifugi Carate e Marinelli. Si è a quota 1.900 m, il punto più basso dell’itinerario. Ora il percorso si svolge lungo un tracciato tortuoso in direzione SO, incastonato fra le rocce, dove spesso manca anche la neve in quanto baciato dal sole per l’intera giornata. Capita di dover togliere gli sci e salire tratti di questa diagonale a


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VALMALENCO

piedi. Dopo circa 30 minuti di salita si raggiunge un altopiano a 2.050 m di quota. Da qui in avanti il tracciato piega in direzione NO e la neve è sempre abbondante e farinosa. Dopo un lungo tratto pianeggiante si arriva alla base dei 'sette sospiri', una serie di infide collinette che sembrano non volere fare raggiungere agli escursionisti il rifugio Carate Brianza (2.662 m), ben visibile in alto nei pressi della Bocchetta delle Forbici. Con diverse serpentine e alcuni ampi traversi si superano i primi quattro dossi dei 'sette sospiri'. Sulla destra si aprono due canali: entrambi sono percorribili per raggiungere la Forcella di Fellaria (2.819 m), la meta parziale, ma meglio preferire quello più a monte, appena sotto le Cime di Musella. Terminato il canale, una breve e facile salita conduce alla Forcella di Fellaria. Qui si ricollega anche l’altro canale, che può essere utilizzato come alternativa per il ritorno a valle. Siamo al cospetto del versante N del Sasso Moro che ci appare sicuramente meno impervio di quello visto dal parcheggio. Dal passo, senza togliere le pelli, ci si abbassa verso destra di una cinquantina di metri e si percorre un traverso in leggera salita fino a raggiungere l’ampia conca occupata da un piccolo apparato glaciale. Arrivati sulla sommità del canalone non bisogna farsi ingannare dalla guglia a destra, non è la cima. Per raggiungere la vera meta bisogna compiere un traverso verso sinistra sotto degli sfasciumi. Lasciati gli sci alla base dell’imponente torrione che ci si para davanti, si raggiunge la vetta utilizzando sulla destra degli ampi gradini rocciosi. La discesa più sicura è sull'itinerario di salita, optando eventualmente per la variante del secondo avvallamento alla Forcella di Fellaria. 10 - Monte Spundascia (2.867 m) Gita poco frequentata, molto panoramica e percorribile quasi con ogni condizione di neve. Accesso: strada comunale Lanzada - Campo Moro Partenza: parcheggio Campo Moro, nei pressi del rifugio Zoia (1.990 m) Dislivello: 900 m Tempo medio salita: 3 ore Difficoltà: MS Pendenza massima: 30° Esposizione: sud-ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica Itinerario. Parcheggiata l'auto nel capiente parcheggio di Campo Moro, si risale l’ampia mulattiera che conduce all’Alpe Campagneda e, dopo pochi minuti, si è al rifugio Zoia. Lasciata la capanna sulla destra, si prosegue lungo un più stretto sentiero che punta alle scure e ripide falesie che costituiscono la propaggine sudoccidentale del Monte Spundascia. Dopo un breve tratto rettilineo si inizia a guadagnare quota grazie a diversi tornanti, con la vegetazione che va via via diminuendo. Superato un roccione verticale, si contorna un secondo muro ancora più alto. Oltrepassata questa parete, si raggiunge

un dosso dove un cartello indicatore segnala a NE lo Spundascia. Si parte affrontando il crinale senza una vera e propria traccia. Facendo diversi zig-zag ci si innalza velocemente e il panorama comincia ad aprirsi. Spariti i radi larici, si sbuca su un piccolo pianoro e si supera il liscio pendio soprastante con numerose inversioni, per poi approdare a una conca occupata nei mesi estivi da un minuscolo laghetto (2.500 m). Si imbocca ora l’ampio canale in direzione NE, preferendo il lato destro idrografico in quanto la neve che ricopre abbondantemente il bastione di sinistra, denominato 'Cappello del Prete', non ispira molta fiducia. Raggiunto il pianoro successivo, si punta a sinistra (N), superando un ripido ma breve pendio che immette in un’altra spianata con una micro pozza (2.700 m). Davanti appare l’ultima fatica per conquistare la vetta: un ardito e lungo costone. In base alla condizione della neve si può decidere di affrontarlo direttamente, oppure di procedere sfruttando i dossi sulla destra. Toccata faticosamente la bocchetta finale (2.800 m), si prende a destra l’aspra scarpata con roccioni che fuoriescono dalla neve. Con un’ultima sudata ci si aggiudica meritatamente la pianeggiante vetta del Monte Spundascia. Per la discesa si segue l’itinerario di salita, con una variante nel tratto finale, ma solo con neve assestata. Raggiunta la cresta spartiacque tra la valle di Campagneda e quella di Campo Moro si può pensare di piegare verso destra, a N, e affrontare il ripido costone che sembra tuffarsi nella diga di Campo Moro. È inizialmente abbastanza stretto, poi il pendio si apre a ventaglio e offre numerose opportunità di sbizzarrirsi con gli sci. Raggiunta la strada che costeggia il bacino idroelettrico, senza nemmeno togliere gli sci, ci si spinge per pochi metri fino ad arrivare al parcheggio. 11 - Pizzo Scalino (3.320 m) Gita classica, molto panoramica e percorribile con condizione di neve stabile. Accesso: strada comunale Lanzada - Campo Moro Partenza: imbocco strada forestale per Campagne-

da e Alpe Prabello (1.980 m) Dislivello: 1.450 m Tempo medio salita: 4 ore Difficoltà: BS Pendenza massima: 35° Esposizione: ovest Periodo: dicembre - aprile Attrezzatura: normale dotazione scialpinistica + ramponi e piccozza per la vetta Itinerario. È sicuramente la gita scialpinistica più nota e classica della Valmalenco. Parcheggiata l'auto nel piccolo slargo all'inizio della forestale, si prosegue lungo la strada, passando per l’Alpe Campascio (2.078 m) e poi per l’Alpe Campagneda (2.175 m). Nei pressi del rifugio Cà Runcasch (ottimo punto di ristoro e pernottamento) termina la pista e si prosegue lungo i dossi che conducono alla base del Cornetto, leggermente spostati verso sinistra rispetto alla piramide del Pizzo Scalino. Con diverse diagonali si vince il ripido pendio che ci si para davanti fino a giungere a una selletta (2.700 m ca.). Da qui si segue la valle in direzione S che conduce a un altro breve 'muro'. Superata anche questa difficoltà ci si trova sul ghiacciaio dello Scalino. Se le condizioni del manto nevoso non dovessero permettere la salita diretta al Cornetto, dalla base del ripido pendio si continua nel fondovalle in direzione N fino a incontrare una valle trasversale che piega verso E. La si risale completamente per il passo di Campagneda (2.626 m). Da qui ci si abbassa di un centinaio di metri fino a incontrare il tracciato che sale da Poschiavo (Svizzera). Si riprende la salita lungo il canale sulla destra (S) e in breve si sale sulla vedretta dello Scalino. Verso quota 3.000 m ca. ci si ricongiunge con l’itinerario precedentemente descritto. La salita continua sul ghiacciaio fino alla spalla rocciosa a fianco del Pizzo Scalino. Qui si abbandonano gli sci e si risale a piedi (molto utili piccozza e ramponi) fino a giungere sulla cresta sud-est che separa la Valmalenco dalla Val di Togno. Inizialmente si segue il crinale, poi si continua sul versante della Val di Togno in quanto meno ripido. Un’ultima salita fra rocce e canalini nevosi porta alla croce di vetta del Pizzo Scalino (3.320 m). Per la discesa si segue l’itinerario di salita.


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BIANCO LENATTI testo: Umberto Isman foto: Umberto Isman

INTERVISTE

Bianco Lenatti e la Nord del Disgrazia

Giancarlo 'Bianco' Lenatti, oggi custode del rifugio Marco e Rosa, negli anni '70 e '80 ha sciato alcune delle pareti più ripide del Bernina e la Nord del Disgrazia

«T

e se minga bon de taja el fromach!» mi apostrofa Giancarlo Lenatti, per tutti 'il Bianco', quando tento maldestramente di aggredire una fetta di marmoreo formaggio d'alpeggio sulla terrazza della sua casa di Chiareggio, in Val Malenco. «Cià chi a mi...» aggiunge, menando poi fendenti precisi ed efficaci, che racchiudono da soli tutta la differenza tra il cittadino e il montanaro. Già, perché a conoscerlo, il Bianco, viene subito da pensare che lui, quel formaggio, la sua casa, le sue mucche, i suoi cavalli, la parete nord del Disgrazia sono una cosa sola. Sono un universo armonico che poggia su un equilibrio naturale e rurale vecchio di secoli. Difficile immaginare il Lenatti altrove e difficile anche immaginare il Disgrazia senza di lui. Lo sci estremo è fatto di personaggi di tutte le risme, dai cittadini girovaghi ai montanari stanziali, ma è forse lo sport che, più di ogni altro, richiede un vero e proprio rapporto fisico con la montagna, con quella montagna che hai deciso di scendere. Richiede una frequentazione assidua, una conoscenza intima, un rapporto simbiotico difficile da rendere con le parole. Il Bianco è forse lo sciatore che più di tutti racchiude in sé queste caratteristiche. Bianco, domanda di rito, come hai cominciato? «Nel '60 o '61, avevo tre o quattro anni. Mio zio da St. Moritz mi portò il primo paio di sci in frassino. Però era

estate, io ero impaziente e così cominciai ad usarli giù per le scale di casa. Fino a quando sfondai la vetrata del bagno e ne sentii delle belle». Sci estremo fin da subito... «In realtà ho fatto gare di sci alpino fino a 19 anni, arrivando alla Coppa Europa. Però non mi piaceva l'ambiente e a 16 anni avevo già sceso le pareti nord-est e nord-ovest del Pizzo Cassandra e la nord-ovest del Pizzo Rachele. Così a 18 anni sono diventato maestro di sci e a 19 guida alpina, un record ancora adesso. Poi a 21 ho preso anche il brevetto di allenatore. Ho vissuto di questo, estate e inverno, fino ai 40 anni. Alla fine ho preso in gestione il rifugio Marco e Rosa sul Bernina, che porto avanti ancora adesso». Ho cercato notizie, soprattutto immagini, delle tue discese e non ho trovato molto. Solo il filmato della discesa dalla Nord del Disgrazia. Come mai? «Io le cose le ho sempre fatte per me, non per gli altri. E soprattutto, prima facevo e poi dicevo. Per 15 anni non solo non ho avuto fotografi, ma neanche una macchina fotografica. Poi con la discesa della Nord abbiamo girato un filmino in Super 8, una delle pochissime testimonianze di tutta la mia attività. Trentanove discese mai ripetute senza nemmeno una foto o un filmato». In questo modo ti sei anche precluso la possibilità di avere sponsor... «Non mi è mai interessato. In realtà nel '79/'80 ho avuto contatti con un grosso sponsor, ma mi imponevano delle regole inaccettabili. Cinque discese all'anno e volevano anche decidere quali e quando effettuarle. Non se ne parlava proprio, per me era fondamentale avere la mia autonomia». Sei sempre rimasto sulle tue montagne? «Non avevo né tempo né soldi per andare tanto in giro. Il lavoro di guida e di maestro di sci mi impegnava molto. Sono stato una volta in Africa, volevo scendere dalle tre cime principali: Kenya, Ruwenzori e Kilimanjaro. Ma sono riuscito solo a salire e scendere a piedi, perché nei parchi è proibito sciare e le guardie mi avevano sequestrato gli sci».

Sei famoso soprattutto per la Nord del Disgrazia. Raccontami quell'avventura. «è una storia lunga. Quella è la mia parete, la osservavo fin da bambino. L'ho salita una quantità infinita di volte, quaranta o cinquanta solo come guida. Dalla fine degli anni '70 era uno dei problemi aperti dello sci estremo. L'avevano adocchiata i più grandi interpreti dell'epoca, da Boivin a Vallençant, Valeruz e De Benedetti. I primi due erano miei amici, avevo anche sciato con loro a Chamonix. Poi sono stati ospiti a casa mia per discutere insieme della discesa dalla Nord. Anche De Benedetti era venuto per una ricognizione con Grassi e Comino. Il problema non era tanto la pendenza generale, ma il canalino lungo circa 100 metri a metà parete, 70° di inclinazione e comunque troppo stretto per poter curvare. Io sostenevo che la discesa si dovesse fare in modo pulito, sci ai piedi e senza corda. Altri proponevano di mettere una corda fissa. Sta di fatto che qualcuno provò, ma tornarono tutti indietro. Per me era un chiodo fisso, a casa lo sapevano e cercavano in tutti i modi di dissuadermi. Dovevo fare tutto di nascosto. Organizzai innumerevoli ricognizioni, alla ricerca del momento adatto, mio e della parete. Ricordo un giorno che falciai i prati con mio padre fino a sera. Poi dissi che ero stanco e feci finta di andare a dormire. Avevo già organizzato tutto, gli sci erano nascosti, li misi nello zaino e in una notte salii e scesi la Nord. A piedi, perché anche quello non era il momento giusto». Poi il momento è arrivato... «Aspetta, prima devo raccontare dell'incidente... Era il 1982, con l'amico Elio Presazzi volevamo fare delle riprese del salto di una crepaccia terminale. La prima volta era andata male perché si ribaltò il cavalletto della cinepresa. A quei tempi ero pazzo, se mi dicevano di saltar giù dal tetto di un albergo lo facevo senza neanche pensarci. Calcolai male le distanze e mi spiaccicai come Gatto Silvestro contro il bordo inferiore del crepaccio. Caddi per 15 metri nel vuoto poi, non so come, mi incastrai tra le pareti e sotto sentivo l'acqua che scorreva. Il ginocchio era da una parte e il piede dall'altra. Scaldai col fiato un chiodo da ghiaccio, riuscii a infilarlo e mi agganciai. Infine mi girai e rimasi appeso nel


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Nelle foto: Bianco Lenatti ci indica la Nord del Disgrazia tra le nuvole. Sotto, a sinistra. Una foto storica dal risicato archivio di Lenatti, il momento della discesa in elicottero, attaccato al verricello, dal Disgrazia. A destra. Il Bianco durante una delle sue discese estreme.


Nella foto. Bianco Lenatti in versione 'easy rider'

vuoto. Il piede girava da solo, presi in mano la gamba, contai fino a tre e la raddrizzai. Un male atroce, peggio di una tortura. Con un rampone, la piccozza e l'amico che mi scavava delle tacche nel ghiaccio riuscii a risalire. Ma in alcuni momenti avrei voluto avere una pistola per spararmi. Risultato, cinquanta fratture alla gamba, frattura dell'anca, rotte tutte le costole a destra, una spalla fratturata e un braccio spezzato in sei punti». E come hai fatto a riprenderti, ricominciare a sciare e fare la Nord del Disgrazia? «Tanta volontà. Non ho più né menischi né cartilagini delle ginocchia, ma incredibilmente a sciare non sento dolore. Così nel 1986 è venuto finalmente il momento della Nord. Riuscii a fregare i miei che erano scesi in Valtellina per delle commissioni. Salii ramponi e piccozza per l'ennesima volta e finalmente sentii che quello era il momento buono. Feci le prime curve e mi accorsi che avevo affilato troppo le lamine; il rischio era di far saltare gli attacchi. Mi fermai vicino a una roccia e vi fregai contro gli sci per togliere un po' di filo. Ormai conoscevo a memoria ogni passaggio, visto, rivisto e soprattutto misurato in funzione della discesa. Sapevo esattamente quante e quali curve avrei dovuto fare. Giunto al canalino, non avevo alternative: sci sulla massima pendenza e giù dritto, concentrandomi sulla rischiosissima frenata finale. Mi andò bene. Alla base della parete l'elicottero mi prelevò così com'ero, attaccato al verricello ancora con gli sci ai piedi. È così che i miei genitori mi videro planare sopra il paese, per combinazione esattamente mentre arrivavano in auto. Mia mamma si lasciò andare alla disperazione, tranquillizzata da mio papà che semplicemente le disse che se ero lì, attaccato all'elicottero in quella posizione, almeno ero vivo». Che attrezzatura usavi? «Sci Dynastar da due metri. Attacchi da pista tirati al massimo, anzi al 95 per cento, perché al 100 per cento la molla lavora male. E per essere sicuro che non si sganciassero, li tiravo con lo scarpone inserito. Gli scarponi erano da scialpinismo, ma li modificavo limando la suola e poi rifacendo le tacche per la salita». Cosa pensi del mondo del ripido e del freeride di oggi? «Freeride... come se fosse una cosa nuova! Io ho fatto freeride per tutta la vita, senza mai allenarmi perché ero comunque sempre in attività. La differenza è che adesso siamo diventati tutti più esibizionisti. C'è Youtube e tutto il resto. Io sono per una montagna più pura, ma in fondo capisco i compromessi». E le tue ultime imprese quali sono state? «Ho fatto ancora alcune prime tra il '92 e il '95, tra cui il canalone Folatti, tra la Cresta Guzza e il Bernina. Poi ho smesso, ma tre anni fa ho fatto un'altra discesa estrema, però non ne voglio parlare. Ho corso grossi rischi, ma sentivo di dover dedicare qualcosa a mio figlio Bianco che era morto da poco».

Ricorrenze Proprio quel Monte Disgrazia (3.678 m) che Giancarlo Lenatti ha sciato nel 1986 è stato scalato per la prima volta 150 anni fa, nell'agosto del 1862, da una comitiva di inglesi, tra i quali Leslie Stephen, editore dell'Alpine Journal (e padre di Virginia Woolf), ed Edward Shirley Kennedy, tra i fondatori dell'Alpine Club, accompagnati dalla guida svizzera Melchior Anderegg. Il libro 'Monte Disgrazia, Picco Glorioso - 150 anni di storia' di Michele Comi e Giuseppe Miotti (Bellavite, euro 28, pagine 216) ricorda l'impresa.

Bianco Lenatti aveva 12 anni quando è morto di una rara forma di tumore. Lo sapevo, ma una forma di pudore e di rispetto mi impediva di chiedere di lui a Giancarlo. E invece è proprio Giancarlo che ne parla volentieri. Mi racconta soprattutto dell'associazione da lui fondata quando Bianco era ancora in vita, per assistere i bambini malati e le loro famiglie (Associazione Bianco, per ora senza un sito Internet, ma sul web la si trova facilmente). Proprio mentre ci stiamo spostando in auto verso Chiareggio arriva la telefonata di un papà che chiede rassicurazioni sul bonifico mensile che l'associazione gli garantisce, soprattutto adesso che ha perso il lavoro. Il montanaro rude e un po' spaccone si trasforma improvvisamente in un fiume di umanità, di delicatezza, di dedizione alla causa. E alla fine Giancarlo Lenatti detto Bianco mi regala una fetta del suo formaggio, svelandomi anche un piccolo segreto, uno dei tanti che quest'uomo pare custodire gelosamente. Un pezzo di quel formaggio è ancora nel mio frigorifero, sia per preservare in qualche modo il segreto, sia, soprattutto, perché non lo so tagliare.


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IL CAMOSCIO testo: Giorgio Ficetto FOTO: Bodo Audino

«…il sangue del camoscio ha una concentrazione di globuli rossi estremamente elevata, circa 11-12 milioni per mm cubo di sangue (nell’uomo la concentrazione media varia tra i 4 e i 6 milioni). Il tutto, tradotto in termini race, vuol dire circa 1.000 metri di dislivello in 15 minuti ed una velocità di punta di 45-50 km orari!»

Lo skyrunner per eccellenza Prima puntata di una nuova rubrica dedicata alla fauna alpina che possiamo incontrare durante le uscite con le pelli. Non potevamo che iniziare dal camoscio...

N

evica questa mattina. È una delle prime nevicate dell’anno e non voglio perdermela. Salgo da solo lungo la strada sterrata, leggero, su dieci centimetri di farina posata sulla neve caduta la settimana prima, senza far rumore, guardando i fiocchi bianchi che continuano a cadere fitti. All’ultimo tornante prima del pianoro lo vedo, nero come il carbone su di un masso che mi fissa. È un maschio di camoscio in pelo invernale, mi osserva per una decina di secondi e poi scatta via come una molla, non prima di avermi apostrofato con un sonoro fischio di allarme…'fiiiiiiii'! Per gli indiani d'America ogni persona aveva un animale totemico, un animale mito. Il mio è sempre stato il camoscio. Ancora oggi, dopo anni che ci lavoro a contatto, non riesco a non provare ammirazione osservandolo. Per l’immaginario collettivo il camoscio è un po’ il simbolo degli animali alpini, e non senza motivo. È arrivato sulle nostre Alpi durante la glaciazione di Wurm circa 80/12 mila anni fa e da allora non se ne è più andato; si è distinto in più sottospecie, ma non ha più abbandonato i massici montuosi europei. E così adesso abbiamo un camoscio alpino localizzato solo sulle Alpi, uno pirenaico, l’Isard, più piccolo dell’alpino, una sottospecie che vive solo sui Monti Cantabrici in Spagna, oltre al camoscio dei Carpazi e dei monti Tatra. Senza dimenticare in Italia il bellissimo camoscio d’Abruzzo Rupicapra pyrenaica ornata, caratterizzato da corna ben più sviluppate rispetto all’alpino, che colonizza alcuni tra i più spettacolari massicci montuosi della catena appenninica come la Majella ed il Gran Sasso. Inoltre esiste una popolazione di camosci alpini sulle Alpi Neozelandesi, originatasi da immissioni effettuate agli inizi del ‘900. Il camoscio è diffuso su tutto l’arco alpino al di sopra dei 1.000 metri di quota, anche se non di rado si può trovare a quote inferiori laddove vi siano pareti roc-


Nelle foto. A sinistra. Un esemplare di maschio di corsa nella neve, Qui accanto. Una femmina con il cucciolo

ciose. Frequenta preferibilmente gli spazi aperti, al di sopra del limite della vegetazione, compiendo spostamenti altimetrici a seconda della stagione. Durante il periodo estivo e quello autunnale i branchi di femmine e piccoli frequentano le quote più alte e gli spazi aperti, dove trovano un buon terreno di pascolo, mentre durante l’inverno tendono ad abbassarsi di quota, rifugiandosi in zone boscate. In primavera, con il verde dei prati di fondovalle, scendono decisamente a brucare la prima erba della stagione, e si possono ammirare a quote ben più basse. La popolazione di camoscio sulle Alpi gode di ottima salute. A partire dagli anni ’60 il numero di camosci ha avuto un trend positivo ed ha fatto registrare, specie nelle Alpi Occidentali, un costante incremento. Nelle Alpi Orientali le popolazioni hanno subito negli anni passati alcuni cali demografici importanti, dovuti principalmente al passaggio di epidemie di rogna sarcoptica, malattia portata da un acaro che ciclicamente ricompare in alcune zone dell’arco alpino e fa pagare un caro tributo alla specie. Il camoscio è una specie soggetta a prelievo venatorio, il quale è impostato secondo i rigidi criteri della caccia di selezione: ogni anno vengono eseguiti censimenti in modo da avere un quadro della situazione della popolazione; in base ai dati ottenuti solo una percentuale di capi viene inserita nei piani di abbattimento e prelevata durante i mesi autunnali. Il camoscio è una macchina perfetta per la montagna, uno skyrunner per eccellenza. Il suo apparato cardiocircolatorio si è evoluto per sopportare gli sforzi fisici che deve affrontare in quota: le dimensioni del cuore ed il volume polmonare sono superiori alla media per un mammifero di taglia analoga, le pareti ventricolari hanno un notevole spessore per garantire una contrazione appropriata allo sforzo. Inoltre, particolarità esclusiva della specie, il sangue del camoscio ha una concentrazione di globuli rossi estremamente elevata, circa 11-12 milioni per mm cubo di sangue (nell’uomo la concentrazione media varia tra i 4 e i 6 milioni)… il tutto, tradotto in termini race vuol dire circa 1.000 metri di dislivello in 15 minuti ed una velocità di punta di 45 - 50 km orari! Altra particolarità è la presenza di una plica cutanea tra gli zoccoli, che permette di espandere la superficie d’appoggio delle zampe in modo da limitare lo sprofondamento nella coltre nevosa… non male eh? Le abitudini di vita del camoscio sono diverse a seconda del sesso. I branchi hanno struttura matriarcale e sono formati prevalentemente da femmine adulte e giovani, capretti e giovani maschietti di un anno, denominati yearling o binelli (questi ultimi sono ben riconoscibili in quanto hanno le corna di lunghezza pari all’altezza delle orecchie). A guidare il gruppo è sempre la femmina più anziana, la quale decide dove portare il branco, quali pascoli scegliere e le strategie di fuga in caso di pericolo. I branchi si trovano prevalentemente al di sopra del limite della vegetazione e frequentano le praterie e i ghiaioni di alta quota per la maggior parte dell’anno. Durante le prime gite della stagione fate attenzione ai versanti in cui si sono staccate le prime valanghe: sicuramente dove il terreno è rimasto scoperto li vedrete intenti a pascolare! Durante il periodo invernale i branchi tendono ad abbassarsi di quota, su versanti con esposizione a meridione anche boscati. Durante questo periodo gli animali diminuiscono il loro metabolismo per risparmiare il più possibile le energie: ricordiamocelo quando siamo anche noi in giro per montagne e cerchiamo di evitare, il più possibile, di di-

sturbarli. Un consiglio: dove vediamo tracce di animali, teniamo i cani al guinzaglio. In primavera, con lo scioglimento delle nevi nei fondovalle e la comparsa dei primi prati verdi gli animali sentono un richiamo incredibile e si abbassano a brucare la prima erba verde, ma le femmine sono inquiete, si sta avvicinando il periodo dei parti e verso la metà di maggio spariscono per alcune settimane. Si appartano su cenge e pareti per partorire in tranquillità, allontanando i giovani che hanno ormai compiuto un anno di vita: i maschi faranno la loro strada, cercando nuovi territori, mentre le femmine si riuniranno al gruppo delle madri dopo i parti. I capretti sono già autonomi sulle zampe dopo poche ore di vita, e dopo una settimana sono pronti a seguire la madre all’interno del branco. I maschi invece conducono vita prevalentemente solitaria a quote più basse per quasi tutto l’arco dell’anno, scegliendo di solito piccoli territori dai quali difficilmente evadono. Solo durante il periodo degli amori, che cade tra novembre e dicembre, si spostano a quote più elevate alla ricerca delle femmine… ed inizia lo spettacolo! Per settimane i maschi adulti difendono il loro territorio da altri maschi, cercando

IL CAMOSCIO - SCHEDA TECNICA Nome comune: Camoscio alpino Nome scientifico: Rupicapra r. rupicapra Popolazione stimata: 130.000/140.000 capi sulle Alpi italiane Peso: adulto maschio: 32/45 kg, femmina 25/38 kg Peso alla nascita: 2/2,5 kg Altezza al garrese: 75/80 cm Età massima: maschio 13/15 anni, femmina 20/22 anni Pelo: più chiaro e corto nei mesi estivi, scuro e fitto nei mesi invernali Periodo degli amori: da metà novembre a metà dicembre Periodo dei parti: maggio Alimentazione: erbivoro ruminante in grado di assumere grandi quantità di alimenti vegetali di vario tipo, dalle essenze erbacee fino a parti di piante più dure come rametti durante i mesi invernali

di mantenere all’interno il branco di femmine… tra di loro si scatenano estenuanti inseguimenti con balzi e corse impressionanti. Raramente arrivano ad uno scontro fisico vero e proprio, ma quando capita le loro corna affilate diventano armi micidiali. E’ stato calcolato che un maschio di camoscio durante il periodo degli amori arrivi a perdere fino al 25% del peso corporeo! Cosa non si fa per l’amore! Durante questo periodo, che coincide normalmente con le nostre prime uscite con le pelli, non è raro osservarli: se capita di imbattersi in un gruppo di camosci, fermarsi qualche minuto a guardare potrà essere avvincente! In inverno li si riconosce a distanza per il colore quasi completamente nero del mantello, non ci si può sbagliare! Un altro elemento inconfondibile è la mascherina bianca sul muso, segno distintivo della specie; per quanto riguarda il riconoscimento del sesso è un po’ più complicato, ma munendosi di un buon binocolo è possibile indagare. I maschi hanno una struttura corporea più robusta ed il muso più 'corto' rispetto alle femmine; le corna presentano di solito una curvatura dell’uncino più marcata ed una maggiore sezione alla base. Poi, a partire dai 3-4 anni di età, è possibile osservare sul ventre il ciuffo penico denominato in gergo 'pennello'. Le femmine sono di struttura più esile e con corna più affusolate e meno uncinate. Solitamente se si incontra un gruppo formato da più animali ci si trova davanti ad un branco di femmine con la prole dell’anno: i capretti, che nascono solitamente a fine maggio, sono riconoscibili dalle dimensioni ridotte e dal colore generalmente tendente al mattone. Inoltre presentano solo degli abbozzi di corna, le quali incominciano ad essere visibili solo da fine agosto in avanti. Le corna del camoscio sono di una sostanza cheratinosa simile alle unghie e sono a crescita continua: lo sviluppo si interrompe nei mesi invernali e si crea un anello più spesso, chiamato anello di crescita; contando gli anelli di crescita è così possibile risalire all’età dell’animale. L’importanza di questo animale nella cultura alpina è estremamente forte, e sul camoscio sono nati miti e leggende. Tra i vecchi cacciatori è ancora viva la credenza che l’abbattimento di un camoscio bianco comporti per lo sventurato cacciatore una morte tragica nel tempo di un anno. Lo stesso camoscio bianco ritorna in una bellissima leggenda delle Alpi Carniche. Qui si narra di Zlatorog, il bellissimo camoscio bianco dalle corna d’oro guardiano del tesoro del monte Triglav, che ferito a morte da un impavido ed innamorato (ma deluso) cacciatore si rifugiò su di una cengia rocciosa. Dalle gocce di sangue cadute sul terreno nacquero per incanto dei fiori bellissimi, le famose rose del Triglav, che donarono al camoscio una nuova vita. Ma questa è solo una delle tante varianti alla leggenda. La storia non è stata vana, se non altro oggi in Slovenia il nome Zlatorog è sulle etichette di un'ottima birra!


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SKI-ALP WEB di Guido Valota

Struttura di ricerca e selezione Tante informazioni e tanti percorsi per arrivarci. Le icone delle attività sono efficacissime. Davvero utile la visualizzazione automatica di una lista di alternative nella stessa zona dell'itinerario esaminato, anch'essa con le icone-guida.

ITINERARI SCHEMATICI Il pregio della scelta ampia diventa un limite quando ci si trova di fronte a itinerari schematici e senza la minima descrizione. Niente di grave: un po' di sano arrangiarsi ogni tanto fa parte del gioco.

Gulliver.it Un database gigantesco, che ha preso dimensioni e forma nascendo e poi evolvendo insieme al web ulliver.it è probabilmente il sito web di montagna più conosciuto in Italia, da sempre il primo riferimento per chi voglia scoprire itinerari nuovi zona per zona: il database è sterminato. Ideatore, admin, webmaster è Alberto Giolitti, guida alpina assai eclettica e informatico che verso il 1994 si è chiesto se quella 'cosa' appena impostata, poco più di un'astrazione che qualcuno chiamava Internet, potesse legarsi in qualche modo al mondo dell'alpinismo. «Quando ho abbozzato Gulliver, la rete era una prateria sconfinata e deserta. Pensa che non era ancora registrato neppure il dominio 'Fiat'!». ITINERARI Database addirittura ipertrofico. Gli itinerari di scialpinismo prevalgono di poco sugli altri. Il baricentro delle aree descritte è chiaramente il Nord-Ovest, ma tutte le altre zone dell'arco alpino sono coperte molto bene. Sono presenti praticamente tutte le classiche, comprese quelle oltre confine. Se si va senza riferimenti bibliografici in una zona sconosciuta, Gulliver è il primo posto dove cercare informazioni. Il sito permette a chiunque di inserire nuovi itinerari e di contribuire all'aggiornamento di quelli già descritti. Per questo la qualità formale delle relazioni non è eccelsa, allo stesso tempo sono però affidabili e aggiornate nei contenuti. Questo risultato è frutto del buon funzionamento dei meccanismi di autoregolazione della community di Gulliver.it: tanti user, da tanto tempo. REPORT Visualizzati sotto l'itinerario, ne costituiscono un aggiornamento immediato. Il form è sufficientemente completo anche se i giudizi a stellette non sono espressivi quanto i buoni vecchi aggettivi. Tra le note si trova di tutto: dal silenzio assoluto ai trattati, però mediamente vengono usate per descrivere le condizioni e non per salutare la mamma, come spesso altrove. Interessante la presenza dello sci ripido, tradizione ormai storica del Nord-Ovest, per il quale addirittura esiste in Gulliver.it una sezione apposita.

LA SCHEDA

Utenti registrati 8.000 Utenti attivi 2.000 Visitatori unici

150.000 al mese

Pagine visitate

1.500.000 al mese

Database itinerari

22.000

ski alp e ripido

5.400

alpinismo misto e cascate

3.200

escursionismo 5.000 roccia 3.500 Inserimenti report Il picco da marzo a maggio in corrispondenza del periodo migliore per lo scialpinismo. PLUS Online anche i formati smartphone e tablet.

FORUM Non è dei più vivaci, ma solo nel senso che mancano le chiacchiere inutili... e divertenti: il salotto cui spesso si riducono altri forum di montagna. Il tasso di competenza tecnica degli user è piuttosto elevato e si esprime in discussioni concrete: vale il tempo dedicato a curiosare, anche se non si interviene. La suddivisione delle aree è particolare e indirizza in modo preciso: difficile anche per questo l'off-topic. Moderazione quasi inutile: la vasta community si autoregola abbastanza bene.

Nel form sono previsti i tracciati GPS.

GRAFICA Equilibrata e funzionale allo stesso tempo. Il frutto di un'evoluzione molto prolungata e ben interpretata. Ci si aspetterebbe un'impostazione 'vecchia' per via della lunga storia di Gulliver, ma anche in questo caso la creatura di Giolitti dimostra che i parametri tradizionali vanno ripensati quando si parla di web.


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NEVE E VALANGHE testo: renato cresta Renato Cresta è nato a Genova nel 1936. Arruolato come ufficiale degli alpini, ha prestato servizio presso reparti di Alpini Paracadutisti ed ha comandato il Plotone Atleti della Scuola Militare Alpina. Istruttore militare di sci e di alpinismo, maestro di sci, sia di fondo che di sci alpino. Lasciato l’Esercito con il grado di Capitano, si è dedicato alla libera professione come direttore

sportivo della stazione di Macugnaga e, successivamente, degli impianti del Passo dello Stelvio. Attualmente opera come consulente in materia di neve e valanghe, occupandosi prevalentemente di sicurezza in ambienti innevati. È richiesto come insegnante ai Corsi di Formazione professionale per maestri di sci e per responsabili della sicurezza delle stazioni di sport invernali.

Perché nevica di più in quota? Rispondiamo ad alcuni interrogativi: come cambiano le precipitazioni al variare dell'altitudine, ma anche nelle diverse vallate e soprattutto per quale motivo la neve si scioglie prima in alcune località ell'articolo dello scorso mese abbiamo preso in considerazione la diversa distribuzione delle precipitazioni nevose sui rilievi dell’Italia, ma il nostro discorso non si era concluso: riprendiamo quindi questo argomento. I primi rilievi contro i quali s’imbatte la perturbazione ricevono, di solito, le precipitazioni più intense, che perdono di vigore al progressivo ridursi dell’umidità delle masse d’aria, per cui le alture più arretrate sono interessate da precipitazioni di minore intensità, specialmente se la perturbazione, muovendosi lentamente, indugia sulle montagne che incontra per prime. Indipendentemente dalla quantità assoluta, ogni rilievo riceve una precipitazione maggiore sul versante sopravento ma, come si è potuto osservare nel diagramma del numero precedente, può accadere che il versante sopravento riceva pioggia e quello sottovento neve. L’orografia, inoltre, può influenzare la direzione di provenienza dei venti. Quando i venti confluiscono in una vallata si ha una convergenza e, dove la vallata si restringe, si crea facilmente un

incanalamento, ossia una convergenza forzata. In questo caso il vento cerca sull’asse verticale gli spazi di flusso che gli vengono a mancare sull’asse orizzontale, perciò la quota di flusso delle masse d’aria s’innalza. Scorrendo a una quota più elevata, l’aria si raffredda maggiormente e la conseguenza è un aumento locale dell’intensità delle precipitazioni. Le nostre Alpi che, nonostante la loro altezza, si ergono a una distanza non superiore ai 200/250 chilometri dal mare, godono di un clima ben diverso da quello che caratterizza un territorio molto lontano dal mare, anche se prevalentemente pianeggiante. La situazione può essere così riassunta: • paesaggio nivale di tipo alpino: neve abbondante, temperature fredde, che diventano rigide solo alle quote più elevate, dove i venti sono occasionalmente violenti. • paesaggio nivale di tipo siberiano: neve scarsa, temperature rigide o molto rigide, venti spesso violenti. Le definizioni 'alpino' e 'siberiano' individuano le situazioni cli-


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matiche tipiche dei due ambienti e sono valide anche per zone geografiche diverse, ma con condizioni simili. Distribuzione verticale delle precipitazioni nevose Abbiamo finora esaminato la distribuzione della neve solo secondo una ripartizione orizzontale delle precipitazioni ed è giunto il momento di considerare anche la distribuzione in senso verticale. Siamo tutti convinti che alle quote più elevate, la neve sia più abbondante rispetto a quella depositata alle quote medio basse. Questo è un fatto confermato da una semplice constatazione: quando guardiamo le nostre montagne dalla pianura, osserviamo che sono bianche di neve a partire da una certa quota, ma il bianco degrada dal candore brillante delle zone sommitali a un biancastro sempre più sporco che, al di sotto di una certa quota, scompare del tutto. Viene dunque spontanea una domanda: quanto cresce la neve rispetto all’aumento della quota? Le normative dell’IFNV (Istituto Federale Neve e Valanghe) di Davos, in merito al calcolo della velocità delle valanghe prescrivono che, al di sopra dei 2.000 metri, si deve considerare l’altezza del manto nevoso nella zona di distacco pari all’altezza rilevata nella stazione di riferimento aumentata di 5 centimetri ogni 100 metri di incremento della quota. Questo è il tasso di crescita dell’altezza neve, come emerge dalle statistiche delle precipitazioni nelle Alpi della Svizzera interna, che hanno un clima più freddo delle nostre Alpi e, di conseguenza, una neve che 'fa più volume'. Per mia esperienza questo tasso d’incremento è valido anche sul versante meridionale delle Alpi Occidentali, ma a partire da una quota di 2.500 metri. Sotto questa quota la neve ha solitamente una maggiore densità e, tra i 1.500 e i 2.500, l’incremento medio si aggira sui 3 centimetri ogni 100 metri. Questo tasso di incremento è frutto di un’esperienza circoscritta a una zona di estensione limitata e non deve essere considerato come una norma. Dal punto di vista del meteorologo è conseguenza dell’errore di impostazione del nostro criterio di misura della precipitazione nevosa. Noi adottiamo un principio di misura lineare (altezza espressa in centimetri), mentre si dovrebbe trasformare la neve in acqua e misurarla in millimetri, come la pioggia. Se prendiamo un identico volume di neve, prelevata a 1.000, 2.000 o 3.000 metri e lo portiamo a fusione, ci accorgiamo che la neve delle quote inferiori libera una maggior quantità d’acqua. In altri termini, la stessa preci-

pitazione nevosa ci fornisce risultati apparentemente diversi, ma i 120 centimetri di neve da 50 kg/m3 che sono stati misurati ai 3.000 metri di quota equivalgono ai 50 cm di neve da 120 kg/m3 che sono caduti alla quota di 1.000 m. In fondo, è come mettere 100 grammi di panna nel frullatore: la panna frullata è aumentata di volume, ma il peso non è cambiato; ciò che fa la differenza di volume è soltanto aria. In linea di principio, al termine della nevicata, nella stessa vallata e sullo stesso versante, possiamo solitamente misurare altezze della neve progressivamente crescenti, proporzionalmente al crescere della quota. Talvolta, però, possiamo avere la sorpresa di rilevare un andamento della precipitazione che cresce fino a una certa quota, quindi si arresta e, poco dopo, s’inverte: è caduta meno neve sui 3.000 metri che sui 2.000 metri. Questo può accadere quando la precipitazione è dovuta a una perturbazione che ha perso molto del suo contenuto d’acqua attraversando la pianura; quando raggiunge i monti e ne risale i versanti, l’aria si raffredda ulteriormente e l’umidità che le nubi ancora contengono, che prima si trasformava in pioggia, ora diventa neve. È cosa di ordinaria amministrazione, ma il contenuto d’acqua è ormai molto ridotto perché le nubi lo hanno già abbondantemente scaricato in precedenza. Il residuo che le nubi ancora contengono si dissipa progressivamente durante la risalita lungo i versanti, fino ad esaurirsi del tutto prima di raggiungere la quota dei crinali. La permanenza della neve al suolo La quantità di neve che interessa una regione è

solo uno degli aspetti del clima, perché ha molta importanza il ciclo nivale, ossia il periodo che intercorre tra l’inizio e il termine della copertura nevosa. La durata del ciclo nivale è definita 'permanenza' dal climatologo e non è altro che 'la durata del periodo in cui la neve copre più della metà della superficie del territorio preso in considerazione'. La permanenza dipende da diverse cause, meteorologiche (temperatura dell’aria, ore di soleggiamento, regime del vento) e geografiche (altitudine, esposizione, pendenza, morfologia, copertura vegetale). La carta della permanenza della neve al suolo (estratto parziale da 'L'atmosfera e il clima, di M. Pinna - Utet') ci fornisce un’immagine della durata della neve al suolo. M. Pinna osserva che, sulle Alpi, la copertura nevosa varia da 75-80 giorni sui 1.000 metri fino a 180-200 giorni intorno ai 2.000 metri. All’Abetone (1.388 metri) la durata della neve al suolo supera i 120 giorni, mentre nell’Appennino centrale, sebbene sia più alto, non supera i 100 giorni. Alcune vallate possono segnalare una permanenza superiore a quella indicata nella carta: nella stazione di Macugnaga la permanenza media si avvicina ai 150 giorni, ma c'è stata qualche stagione con più di 180 giorni di permanenza, nonostante la quota della stazione sia di soli 1.300 metri. Questa maggiore durata della permanenza è dovuta all’orientamento della valle (ovest-est) e all’altezza delle montagne che la fiancheggiano a sud e ad ovest, che limitano o escludono il soleggiamento nella stagione invernale: infatti alcune località della valle non ricevono sole da novembre a marzo. Per quanto riguarda la permanenza della neve al


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suolo nell’Appennino centrale, ero giunto anch’io alla stessa constatazione (< 100 giorni) quando, diversi anni fa, ho condotto una ricerca per conto della Provincia di Teramo, che mi aveva affidato l’incarico di individuare superfici suscettibili di sviluppo turistico invernale. In quel periodo stavo conducendo anche un’indagine per conto dell’Enel, finalizzata ad accertare le zone soggette a rischio valanga che dovevano essere attraversate dal personale quando, nella stagione invernale, doveva raggiungere le opere di presa che conducono l’acqua nell’invaso artificiale di Campotosto. Ho perciò dovuto prendere in esame i dati statistici dell’innevamento della zona Monti della Laga Gruppo del Gran Sasso. Avevo individuato alcuni ambienti, morfologicamente molto interessanti per la pratica dello sci, ma il riscontro della breve durata della copertura nevosa, sopratutto nella fascia inferiore della superficie sciabile (quella dei servizi ricettivi, da cui avrebbe dovuto prendere avvio la rete degli impianti di risalita) ha fatto abbandonare ogni idea di sviluppo. Mancava, infatti, il presupposto di una persistenza del manto nevoso sufficiente a garantire una durata dell’esercizio stagionale degli impianti per un periodo di tempo economicamente remunerativo. Regime delle precipitazioni La misura delle precipitazioni nevose espressa in centimetri ha un valore relativo, interessante per chi pratica lo sci fuoripista (difficoltà a fare la traccia in neve profonda, pericolo di valanghe che è, in parte, correlato all’entità della neve, …). Le statistiche ufficiali, quelle elaborate dai meteorologi, considerano le precipitazioni come se fossero tutte liquide, perciò i pluviometri sono riscaldati e anche una precipitazione nevosa viene misurata in millimetri di pioggia equivalenti. Dobbiamo considerare questo metodo di misura delle precipitazioni e, quando ci si affida alle statistiche, in mancanza di misure locali della precipitazione nevosa, dobbiamo affidarci a delle stime. Se le statistiche mi dicono che un determinato territorio riceve la maggior parte delle precipitazioni nella stagione estiva (come accade per l’alta Valtellina, l’alta Valle del Piave e l’alta Valle Isarco) dovrò pensare a una prevalenza di precipitazioni liquide estive e a una limitata quantità di neve nella stagione invernale. Per contro, nella maggior parte del Piemonte e nella fascia prealpina lombardoveneta le precipitazioni presentano due massimi nella stagione primaverile e autunnale. Potrò dunque pensare che, alle quote più elevate di questi territori, ci saranno nevicate precoci, già prima

dell’inverno astronomico, e tardive, anche a primavera avanzata. Nel cuore della stagione invernale le nevicate non mancheranno, ma raramente saranno copiose. A sud del Po, il Mar Mediterraneo fa sentire la sua influenza e la stagione estiva si fa progressivamente più siccitosa man mano che si prosegue lungo la penisola. Le montagne, tuttavia, influenzano abbastanza questo andamento delle precipitazioni e l’Appennino settentrionale registra i due massimi nella stagione primaverile e autunnale; per questo settore vale il ragionamento già fatto per le Alpi occidentali. L’Appennino centro-meridionale, invece, riceve la maggior parte delle precipitazioni nel cuore della stagione invernale, perciò sarà questo il periodo più propizio alle precipitazioni nevose. Ciò

che, a prima vista, può apparire strano è la constatazione che, alle quote più basse, le precipitazioni nevose sono favorite dall’afflusso di aria fredda che, abbassando la temperatura, favorisce la formazione della neve nelle nubi. Al contrario, in montagna, dove il freddo non manca mai, la precipitazione nevosa è più probabile quando si ha un certo innalzamento della temperatura della perturbazione. In realtà non dobbiamo pensare che il caldo favorisca una bella nevicata, ma che l’aria proveniente da sud sarà relativamente calda e conterrà umidità abbondante, perciò il sollevamento di quest’aria lungo i versanti provocherà un raffreddamento sufficiente alla formazione di neve abbondante, invece che pioggia. Le carte delle precipitazioni (che sommano pioggia e neve) indicano tre distretti con precipitazioni abbondanti (tra 2.000 e 2.500 mm/anno), che includono zone con precipitazioni superiori ai 2.500 millimetri: l’allineamento Gran Paradiso - Monte Rosa - San Gottardo; il gruppo Abetone - Monte Cimone, l’alto Friuli. Il primo distretto riceve la maggior parte delle precipitazioni in primavera e autunno e, come già ho detto nel numero precedente, le quote elevate di questi gruppi montuosi favoriscono abbondanti precipitazioni nevose. Anche il secondo distretto ha lo stesso regime pluviometrico, ma le quote sono dimezzate e le precipitazioni nevose, pur consistenti, non sono così abbondanti. Nel terzo distretto la neve non scarseggia, ma le precipitazioni nevose sono comunque percentualmente ridotte rispetto al totale delle precipitazioni. Nel prossimo numero parleremo ancora dei diversi regimi climatici delle nostre montagne.


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NEVE E DIRITTO testo: FLAVIO SALTARELLI Flavio Saltarelli, classe 1963, avvocato civilista, pratica scialpinismo dall’età di 18 anni. Si occupa per passione delle problematiche legate alle responsabilità connesse agli sport in ambiente montano e ha partecipato a diverse competizioni di ski-alp. Per eventuali quesiti: studiolegalesaltarelli.grassi@fastwebnet.it

Pista o fuori, questo è il dilemma… La legge 363 2003 vieta la risalita dei tracciati con gli sci ai piedi ma spesso è più pericoloso salire ai bordi. Perché non creare degli itinerari per gli ski-alper nei comprensori sciistici? bbiamo più volte ricordato in questa rubrica come l’articolo 15 della Legge 24.12.2003 n. 363 espressamente vieti la risalita delle piste con gli sci da ski-alp. Più precisamente la norma recita: 'La risalita della pista con gli sci ai piedi è normalmente vietata. Essa è ammessa previa autorizzazione del gestore dell'area sciabile attrezzata o, in mancanza di tale autorizzazione, in casi di urgente necessità, e deve comunque avvenire ai bordi della pista, avendo cura di evitare rischi per la sicurezza degli sciatori e rispettando le prescrizioni di cui alla presente legge, nonché quelle adottate dal gestore dell'area sciabile attrezzata'. Da questa norma si evince che è possibile risalire i pendii dei comprensori sciistici appena al di fuori della sede strettamente destinata a pista e che è possibile avere espresse autorizzazioni da parte dei gestori per risalire le piste. Il problema pratico è quello che se si risale nelle zone immediatamente confinanti è forse più pericoloso che sulla sede delle piste stesse. Infatti snowboarder e sciatori alla ricerca della 'powder' si lanciano molto spesso in salti e veloci discese proprio a bordo dei tracciati, dove il controllo della sciata è anche più difficoltoso. Quindi, pur essendo nel pieno rispetto della legge, lo scialpinista che rimonta a bordo pista rischia collisioni ad alto tasso di pericolosità. Nell'ipotesi di scontro tra chi sale e chi scende, la responsabilità andrà comunque attribuita in base all'accaduto e agli ordinari criteri d’imputazione: in buona sostanza ne risponderà il soggetto che ha originato (con la propria azione od omissione) l’evento qualora abbia agito con colpa, cioè in modo imprudente, negligente o in spregio a norme di legge. Se dunque si è violato il divieto di risalita, sarà ben difficile andare esenti da ogni colpevolezza, a meno di saper dare prova di non aver dato alcun effettivo apporto causale allo scontro. In quest'ultimo caso si sarà comunque sanzionati, in via amministrativa, per la violazione del mero divieto di risalire. Fatte queste premesse, in periodi di alto pericolo di valanghe o in concomitanza di importanti competizioni che prevedono parte del percorso di gara su pista, l’afflusso di scialpinisti che risalgono più o meno a bordo pista è sotto gli occhi di tutti. L’atteg-

giamento delle forze dell’ordine deputate al controllo è spesso improntato al buon senso, come peraltro quello di molti ski-alper in allenamento che rimontano con grande prudenza, ma il problema va comunque risolto. Non si può continuare a ignorare la realtà. Lo scialpinismo è lo sport della neve che negli ultimi anni ha maggiormente incrementato il numero dei praticanti; lo sci da pista ha invece, per svariate ragioni che non devono certo essere sviscerate in questa sede, compiuto il cammino inverso. Che fare allora? Colere, Lizzola, Spiazzi di Gromo, Valtournenche ed Aprica, a quanto mi risulta, hanno realizzato nelle adiacenze delle piste dei percorsi di risalita che conducono gli atleti da fondo valle alle stazioni di arrivo degli impianti, andando incontro, in modo concreto e lodevole, alle esigenze di molti appassionati di scialpinismo o di 'scialpistismo', se preferiamo. Sono esempi d’illuminata lungimiranza che fanno comprendere come sia possibile da parte dei gestori convogliare intorno alle strutture legate al mondo dello sci da pista (rifugi, punti ristoro ecc.) anche gli ski-alper e questo in un momento in cui lo sci alpino è duramente colpito nelle presenze dei praticanti. Voglio invitare da questa pagina sci club, APT, sezioni del CAI o altri organismi a tentare di raggiungere accordi con i gestori degli impianti per realizzare percorsi (magari utilizzando le strade di manutenzione delle piste) che possano fare utilizzare le aree sciabili adiacenti agli impianti anche agli ski-alper. Per coprire i costi di manutenzione si potrebbero anche ipotizzare dei ticket a basso costo, come avviene per lo sci di fondo. Un'ultima considerazione: nel 2013 a Cervinia va in scena il main event dello scialpinismo mondiale: il Trofeo Mezzalama. Il primo cancello, posto al Colle del Breithorn, richiede da parte degli atleti non professionisti svariate ricognizioni e prove per preparare al meglio la gara, ma tutto ciò si scontra con i legittimi divieti a risalire le piste. Perché non tracciare anche all’ombra della Gran Becca un itinerario permanente (anche a pagamento) per gli appassionati per gustare le meraviglie di un comprensorio fruibile dieci mesi all’anno, accedendo ai bacini glaciali del Monte Rosa con le pelli di foca direttamente da valle?


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58 > rubriche

PREPARAZIONE testo: Lorenzo Bortolan e Aldo Savoldelli

Il CeRiSM – Centro di Ricerca Sport, Montagna e Salute, diretto dal professor Federico Schena, è stato attivato nel dicembre 2010 dall’Università di Verona come evoluzione del precedente Centro Interuniversitario di Ricerca in Bioingegneria e Scienze Motorie (CeBiSM) istituito nel 1995 dalle

Università di Brescia, Trento, Udine e Verona. Le principali aree di ricerca e di formazione sono: attività sportiva in montagna, attività fisica e salute, adattamento e risposte funzionali agli ambienti straordinari. Il CeRiSM svolge attività di ricerca di base e applicata nell’ambito dell’attività fisica e

Il modello di prestazione nello skialp Che cosa viene richiesto al nostro organismo durante la gara? È importante scoprirlo per allenarsi in modo specifico a questa disciplina

Z1 (<soglia aerobica VT1)

COPPA DEL MONDO

Z2 (tra VT1 e RCT)

SELLARONDA

Z3 (> soglia anaerobica RCT)

figura 2

N Nella foto. La squadra del Comitato provinciale di Bergamo in allenamento

ello scorso numero abbiamo parlato degli adattamenti che avvengono nel nostro organismo in risposta ad uno stimolo allenante. Da quanto descritto si capisce come ogni stimolo influenzi una particolare componente della performance ed è per questo importante individuare quali siano le caratteristiche fisiologiche e muscolari salienti, e quindi da allenare, per migliorare la propria prestazione nello scialpinismo. Ne consegue che per allenare specificatamente la nostra disciplina è necessario indagare innanzitutto cosa viene richiesto durante la gara. Mentre il 'modello di prestazione' (così viene chiamato dagli addetti ai lavori l’insieme delle componenti fisiologiche, neuromuscolari e genetiche che influenzano la prestazione) di altre discipline come il ciclismo o la corsa è già stato studiato approfonditamente, per quanto riguarda lo sci alpinismo non sono ancora state pubblicate molte ricerche a riguardo, questo anche perché in forma agonistica lo scialpini-

smo è una disciplina ancora relativamente giovane. Un gruppo di studiosi francesi un paio d’anni fa ha analizzato la frequenza cardiaca durante una gara di Coppa del Mondo (con tracciato ridotto), della durata di circa 1h 40 min, trovando che solo il 7% del tempo di gara gli atleti sono stati al di sotto della soglia aerobica (Z1), che chiameremo VT1 (ventilatory threshold), mentre oltre metà gara è stata sostenuta tra la soglia aerobica e quella anaerobica (RCT, respiratory compensation threshold). Un’altra gran parte di gara, oltre il 40%, è stato percorso a frequenze cardiache molto alte, sopra la soglia anaerobica, Z3 (>RCT). La gara in questo caso è stata svolta ad una frequenza cardiaca media di circa 172 battiti che corrisponde in quegli atleti al 94% della loro frequenza cardiaca massima. Un altro studio del 2011 ha seguito una simile procedura durante la gara di Coppa delle Dolomiti 'Marmotta Trophy' in Val Martello. In questa competizione 9 soggetti hanno gareggiato con un tempo medio

200

2400

180

2200

160

2000

140

1800

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1600

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80

0

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1.5

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3.5

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5

1200

Quota (m)

VUOI ESSERE SOGGETTO DI UNO DEI PROSSIMI STUDI? Siamo alla ricerca di scialpinisti che siano disposti a fare almeno tre competizioni (sicuramente un Vertical e una Coppa Italia). Requisiti: possedere un orologio cardiofrequenzimetro e GPS. A chi sarà disposto a diventare soggetto di questo studio sarà offerta una valutazione nei nostri laboratori di Rovereto. Contattaci a cerism@univr.it oppure allo 0464 483502.

Frequenza Cardiaca (bpm)

figura 1


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sportiva con particolare attenzione alle risposte all’ambiente naturale e in condizioni straordinarie (ipossia e ipo/ipertermia), specificità di genere in popolazioni sane, soggetti anziani e soggetti con patologie cronico-degenerative. L’attività didattica si concretizza con corsi di formazione e aggiornamento

per insegnanti, corsi post-laurea finalizzati alle attività motorie in montagna, master internazionale Outdoor Activities for Health, corsi di formazione con la Scuola dello Sport del CONI Trentino su sport e attività fisica, congressi nazionali ed internazionali, incontri di promozione ed educazione sportiva. Il Centro offre servizi

in ambito di valutazione funzionale e fisiologica, supporto medico, consulenze scientifiche e ricerche su commissione per privati, istituzioni, federazioni, enti sportivi ed aziende. Per info: cerism@univr.it - tel 0464 483502

POCO TEMPO A DISPOSIZIONE? ECCO UN PROGRAMMA INTERESSANTE... Tra tutta la letteratura in materia, riportiamo qui i dati raccolti in uno studio canadese del 2010. Gli autori scrivono che, come noto a molti, spesso è la mancanza di tempo a disposizione che non permette di allenarsi e di migliorare. Ai soggetti che erano soliti fare due o tre allenamenti a settimana, sono state proposte due settimane con tre sedute caratterizzate da 8-12 ripetute della durata di 60 secondi svolte alla intensità massima raggiunta durante un test incrementale, con un recupero di 75 secondi in movimento (sono 45 minuti circa, comprensivi di 10 minuti di riscaldamento e 10 minuti di recupero). Questo tipo di allenamento ha portato in questi soggetti un miglioramento della performance in bicicletta in cronometro di 2 km e 30 km. Potrebbe essere dunque un metodo trasferibile anche alla preparazione delle numerose notturne che sono ormai alle porte, alcune delle quali hanno una durata simile ad una crono di 30 km in bicicletta.

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Z1 (<soglia aerobica VT1)

TROFEO UGOLINI

LUNARALLY

SELLARONDA

Z2 (tra VT1 e RCT) Z3 (> soglia anaerobica RCT)

figura 3

di 2 ore e 42 minuti, con una frequenza cardiaca media di 152 battiti che corrisponde a circa l'87% del loro massimo. Per quanto riguarda le percentuali del tempo di gara trascorse nelle diverse fasce d'intensità sono stati rilevati un 20% in Z3 (la più intensa), circa il 70% in Z2 (ovvero tra la soglia aerobica e la soglia anaerobica) e solo il 10% circa a basse intensità (Z1). Una ricerca del tutto analoga è stata condotta dal nostro centro (CeRiSM) durante il Sellaronda 2012 su un gruppo di sei soggetti (dei 15 reclutati). Durante la gara, infatti, è stato chiesto di indossare un cardiofrequenzimetro (figura 1) e, nelle due settimane successive gli atleti sono stati sottoposti ad una valutazione funzionale (descritta nello scorso numero) con skiroll in laboratorio. Quindi, a posteriori, è stato possibile analizzare la performance di questi sei atleti. Il tutto per arrivare ad una conclusione, da confermare magari nella prossima edizione con un numero di soggetti più elevato, che fino al 40% del tempo dell’intera competizione è svolto ad intensità minore

di VT1 (soglia aerobica, Z1) mentre solo l’1% viene trascorso oltre RCT (soglia anaerobica, Z3). La maggior parte della gara viene svolta ad intensità comprese tra soglia aerobica e soglia anaerobica, Z2 (55%). Questi tre studi sembrerebbero portare a conclusioni diametralmente opposte, ma i dati devono essere letti tenendo in considerazione la tipologia di gara ed in particolar modo la durata che nel Sellaronda è risultata essere superiore alle 4 ore per la maggior parte dei nostri soggetti (figura 2). La frequenza cardiaca media registrata durante questa gara è stata del 85% circa rispetto alla frequenza massima dei nostri atleti. A questo punto, grazie alla collaborazione di un atleta di vertice che si è reso disponibile ad indossare il cardiofrequenzimetro anche durante altre competizioni, possiamo accennare a come differiscono le richieste fisiologiche e le intensità di esercizio in tre diverse tipologie di gara (figura 3): Vertical (Lunarally, con un po’ di discesa), una gara individuale normale (Trofeo Ugolini) e il Sellaronda. La durata delle gare è voluta-

TEST INCREMENTALE E ZONE DI INTENSITÀ FREQUENZA CARDIACA

210

150 130

RCT VT1

110 90 70 50

1

LE FASCE DI INTENSITA' I nostri muscoli necessitano di energia per contrarsi. Questa deriva dall'utilizzo di nutrienti Z3ingeriamo con la dieta e accumuliamo. Per trasformare i nutrienti in energia si utilizza che normalmente l'ossigeno. Quindi si parla di sistema aerobico, che ci permette di fare attività Z2fisica (Z1) per un tempo prolungato. Aumentando l'intensità di esercizio, la richiesta di energia dei nostri muscoli cresce ed entra in aiuto in maniera più importante il sistema anaerobico. Questo prevede la produzione di acido lattico. Il nostro organismo riesce però a tamponare la sua produzione senza che si accumuli in maniera massiccia fino adZ1 intensità prossime alla soglia anaerobica (Z2). Da qui in poi, aumentando l'intensità, è sempre più alto il contributo del sistema anaerobico lattacido al fine di produrre energia, perciò il lattato nel sangue sarà maggiore e la performance a questa intensità non potrà essere di lunga durata (Z3).

190 170

mente molto diversa e dai grafici è possibile notare quanto sia diversa l’intensità a cui si sostengono tre tipi di gare, sempre ad altissimo livello (3h 30’ circa il Sellaronda!). Da una prima analisi di tutti i lavori riportati sembra dunque necessario avere una buona potenza aerobica (VO2max) per poter competere ad alti livelli. Anche il fatto di svolgere attività ad intensità prossime alla soglia anaerobica a velocità più elevate e a percentuali del massimo più alte sembra emergere come uno dei fattori determinanti per una buona prestazione, come del resto in altri sport di endurance. Da qui prenderemo spunto per riportare nel prossimo numero diverse metodologie di allenamento studiate da scienziati che si occupano di altri sport, che abbiano però richieste fisiologiche simili allo scialpinismo. In questo numero si aggiunge un piccolo suggerimento per chi ha poco tempo per allenarsi ma vuole comunque battagliare con i propri amici nelle prossime notturne.

2

3

4 STEP

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60 > ski-alp race

SQUADRE NAZIONALI testo: Guido Valota FOTO: Umberto Isman

Fratelli d'

italia


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La presentazione di fine novembre delle squadre di scialpinismo è una delle poche occasioni che vede riuniti atleti, staff tecnico, sponsor e appassionati. Ski-alper ha fermato l'obiettivo per raccontare 'da dentro' il movimento azzurro. Dal medico al metodo di allenamento


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SQUADRE NAZIONALI

Michele Boscacci: «Prime volte con gli sci e buone sensazioni. D'estate ho lavorato bene, tanta bicicletta, e per quest'anno voglio essere più regolare che la stagione passata, quando ero partito bene e poi sono andato calando».

Falcade, 15/18 novembre 2012

Un Matteo Eydallin: «Quest'anno ho lavorato bene, i presupposti sono buoni e vorrei puntare a Mondiali e Mezzalama. Basta sistemare un paio di cose a livello motivazionale e farle combaciare in modo che tutto vada al suo posto in quel periodo. A inizio stagione, con l'ombra e le giornate corte, è più difficile motivarsi. Per fare grossi sforzi e metterci fatica ci vuole voglia, autostima e motivazione. Cose che sto cercando da un po', ma che poi arrivano da sole con le prime gare e i risultati. Niente di speciale, l'anno scorso era molto peggio. Quest'anno sono tranquillo, mentalmente 'zen' e rilassato, e questo mi permette di risparmiare energie mentali che poi serviranno più avanti, quando bisognerà trasformarle in motivazione. Corro da una decina di anni ormai».

Manfred Reichegger: «Anche se divento sempre più vecchio, l'anno scorso mi sembra che non sia andata niente male, no? E poi mi ripeto sempre che l'importante è stare bene di salute e poi tutto quello che viene lo prendo…».

appuntamento che si rinnova ogni anno quello del raduno di inizio stagione della nazionale di scialpinismo. Un rito che in questo autunno si è svolto sotto i migliori auspici, con la neve a imbiancare anche le quote più basse. Poco 'oro bianco', per la verità, ma in una combinazione favorevole, perché la neve era portante e rigelata. Un motivo in più per ottimizzare i tempi dei lavori a quota ragionevole e a poca distanza dall'albergo, l'hotel Dolomiti a Falcade, che ha ospitato tutto il Circo Bianco. In realtà il tradizionale raduno prestagionale non ha finalità di preparazio-

ne atletica. E in effetti, su tre soli giorni, non avrebbe alcun senso. Per il DT Angeloni è piuttosto l'occasione per riunire tutti gli atleti, svolgere briefing di carattere generale e tecnico, confrontarsi e presentare gli atleti agli appassionati e alla stampa. Per quanto riguarda gli atleti, ognuno sulla neve ha seguito il proprio programma di preparazione. I tratti percorsi insieme erano piuttosto frequenti, quindi si notava la netta differenza tra il lavoro dei Senior e quello dei più giovani. Dislivelli, sviluppi e durate maggiori per i primi, solo rara-


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Gloriana Pellissier: «Sì, mi piace fare un po' da 'chioccia' alle ragazze giovani, quando siamo qui! Mi viene spontaneo, mi sembra naturale condividere quello che ho imparato. Mi sento quasi una mamma… spero di non venire fraintesa, eh? Quando ascoltano i consigli però, sono contenta». mente ritmi medio-alti. Per i secondi, invece, frequenti accelerazioni e cambi di ritmo. E doccia un'ora prima. Scelte diverse, dovute senza dubbio alle differenti norme che prevedono gare più lunghe per le categorie maggiori e per i giovani tracciati brevi, nervosi, con cambi d'assetto frequenti. Ma in questo caso la spiegazione risiedeva soprattutto nella scadenza vicinissima della prima gara stagionale per i Giovani, il Memorial Fabio Stedile, che si sarebbe disputato al Passo del Tonale nel fine settimana seguente. Per i Senior, invece, appuntamento il 23 dicembre al Misurina

Ski Raid, oltre trenta giorni dopo, con il tempo per sviluppare gli adattamenti necessari sulla prima neve. In comune, invece, la ricerca di abitudine alla velocità in discesa: tratti obbligati percorsi sempre più velocemente, discese su neve segnata dai passaggi. Interessante il metodo di allenamento ai cambi d'assetto. Piazzole successive a intervalli di poche decine di metri per abituare a preparare, non solo mentalmente, la successione di movimenti della fase di avvicinamento alla zona.

Pietro Lanfranchi: «La vittoria nella tappa del Grand Mont? È una di quelle gare mitiche, che sogni quando inizi a fare scialpinismo. C'è tantissima gente, un calore incredibile, spero di essere capace di ripetermi anche quest'anno!»

Durante la serata di presentazione delle squadre abbiamo realizzato un cortometraggio 'a modo nostro'. Non perdetelo, nella sezione video di skialper.it. Se volete vederlo sul vostro smartphone, è sufficiente inquadrare il QR code.

Giulia Compagnoni: «Mi alleno sei volte alla settimana, con un giorno di riposo. Dato che faccio la stagione della corsa in montagna, mi sento già abbastanza bene. Sto seguendo dei corsi in pista per la discesa e sto migliorando!».


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SQUADRE NAZIONALI

Robert Antonioli: «Sono al primo anno nell'Esercito e riesco ad allenarmi molto di più dell'anno scorso. La discesa? Mi sono dato una calmata dopo l'incidente dell'anno scorso alla Pierra Menta, quando ho rotto un crociato. Ma penso di essere ancora un buon discesista! È il mio forte, insieme ai cambi».

Damiano Lenzi: «Arrivo da un'estate ricca di soddisfazioni. Quest'anno in caserma (quella del Centro Sportivo Esercito di Courmayeur, ndr) con Matteo abbiamo lavorato bene. Nella scorsa stagione ho vissuto momenti difficili perché al primo anno come professionista ho esagerato con i carichi e ho avuto problemi di overtraining. Poi è subentrata una mononucleosi che mi ha sbattuto a terra e quest'anno ho veramente tanta fame. Quindi i presupposti ci sono. Obiettivi: sicuramente Mondiali e Mezzalama e il terzetto lo decidiamo in base ai risultati dell'ultimo mese».

Alba De Silvestro: «Non sono ancora in forma, ma perché è troppo presto. Esco sei giorni alla settimana, uno più o uno meno, e mi piacerebbe allenarmi sia in quantità che in qualità, ma il tempo per tutto non basta. Vado meglio in salita e spero che arrivi presto la neve per allenare la discesa».

Alessandro Follador: «Forse l'anno scorso mi sono allenato anche troppo. Per competere con tutti questi campioni con cui ho la fortuna di dividere la giacca della Nazionale non c'è altra scelta!».


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Omar Campestrini: «Punto ai Mondiali e mi sento già bene perché arrivo da una bella stagione nel mezzofondo veloce in pista. Anche se ho appena messo gli sci, sono molto motivato e concentrato. Abito piuttosto lontano dalla neve, ma ho amici che d'inverno salgono spesso e riesco ad allenarmi ugualmente».

Dennis Brunod: «Ho corso tanto in estate, l'altra mia passione. Ho appena ricominciato con gli sci. Sono uno dei più vecchi ma voglio fare una bella stagione, soprattutto essere costante».

Oscar Angeloni: «Le squadre stanno bene. Tutti hanno potuto prepararsi regolarmente e nelle sessioni a secco non si sono verificati contrattempi per nessuno dei ragazzi, né infortuni che possano compromettere seriamente qualcosa. C'è chi è un po' più avanti e chi un po' in ritardo ma è tutto entro limiti normali. Per cui non resta che attendere la prova delle gare. Ho chiesto a tutti di finalizzare la preparazione ai Campionati Mondiali di Pelvoux, a metà febbraio. In questa occasione intanto vorrei che si facesse gruppo».


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SQUADRE NAZIONALI Graditi ospiti Se nello sport l'ospite è particolarmente sacro, nello skialp race l'ospitalità reciproca tra nazioni è alla base di tutto il movimento. Nella piccola tradizione del raduno italiano si sono innestati Austria Team, accompagnato dal coach Alexander Lugger, che molti ricordano in gara, e quest'anno Dominik Sàdlo, forte Junior ceco accompagnato dal coach Miroslav Duch. Grande attenzione ai metodi dei suoi coetanei italiani da parte di Dominik, anche se le comunicazioni in inglese sono rimaste frammentarie. Piuttosto organizzata e autonoma, invece, la pattuglia dei sette austriaci che sulla neve hanno lavorato in modo particolarmente intenso. «Sì, è come dici: lo sci alpino è davvero lo sport nazionale in Austria - ha detto Lugger -. La conseguenza è che per noi non c'è proprio spazio. Lo scialpinismo non è considerato uno sport, la federazione non è interessata, non abbiamo contributi tranne quelli tecnici delle aziende. Tutta quella gente alla Mountain Attack? Sì, ma proprio qui sta il problema: è gente che magari mette le pelli solo quel giorno e lo affronta come una sfida a una maratona. E molti altri risalgono solo le piste, il che non è scialpinismo: così la disciplina non si sviluppa e non ha visibilità. Penso che in Austria molto meno di mille persone in tutto abbiano un approccio sportivo allo ski-alp. Però fortunatamente sono qui con due giovani veramente forti: Ina Forchthammer, Cadetta, che spesso si è piazzata bene in Coppa del Mondo, e Clemens Steinberger, che è Junior. E con i tre Senior e Martin Weisskopf (Espoir), praticamente la squadra nazionale austriaca è schierata al completo. Io invece non ho più tempo per allenarmi. Ho appena costruito casa! Preferisco trasferire a loro la mia esperienza!».

Nella foto. Dopo aver messo 'a nudo' il Lanfra, questa volta ci siamo ripetuti con Matteo Eydallin. Non è che stiamo prendendo una 'brutta piega'?

SQUADRA NAZIONALE 2012/2013 Oscar Angeloni (direttore tecnico) Nicola Invernizzi (resp. tecnico sett. giovanile) Cadetti Giulia Compagnoni (1996) Alta Valtellina Omar Campestrini (1997) Cima Dodici Davide Magnini (1997) Brenta Team Junior Alba De Silvestro (1995) Val Visdende Luca Faifer (1994) Alta Valtellina Nadir Maguet (1993) Corrado Gex Federico Nicolini (1994) Brenta Team Stefano Stradelli (1993) Corrado Gex Espoir Alessandra Cazzanelli (1992) Corrado Gex Elisa Compagnoni (1990) Alta Valtellina Robert Antonioli (1990) C. S. Esercito Michele Boscacci (1990) Polisp. Albosaggia Senior Elena Nicolini (1988) Brenta Team Gloriana Pellissier (1976) C. S. Esercito Dennis Brunod (1978) Polisportiva Monte Avic Matteo Eydallin (1985) C. S. Esercito Alessandro Follador (1983) Dolomiti Ski Alp Lorenzo Holzknecht (1984) Alta Valtellina Pietro Lanfranchi (1978) Valgandino Damiano Lenzi (1987) C. S. Esercito Manfred Reichegger (1977) C. S. Esercito Denis Trento (1982) C. S. Esercito

Il medico in squadra Saliamo con gli sci al Col Margherita con Andrea Sartori, da quattro anni medico responsabile delle squadre nazionali di scialpinismo. Specialista in ortopedia, collabora con la FISI dal 1997, inizialmente per lo sci alpino. Attualmente segue lo ski-alp, la velocità e lo sci d'erba, ma il suo compito principale è di essere utile proprio agli scialpinisti. Nella pratica, di cosa si occupa esattamente il medico della squadra? «Primo: fa il medico di base. È una funzione fondamentale: sindromi influenzali, raffreddori, infezioni, malesseri che possono capitare nella vita di tutti i giorni. Secondo: come ortopedico posso impostare un primo trattamento di infortuni che dovessero occorrere durante gare e allenamenti. Naturalmente poi i ragazzi sono liberi di proseguire il trattamento con me oppure di affidarsi a specialisti di loro personale fiducia. Terzo: sensibilizzo, informo, chiedo attenzione sull'argomento doping, in funzione preventiva. Sono assolutamente certo che qui dentro il problema non esiste, ma proprio neanche lontanamente. Però bisogna informare continuamente per evitare che si facciano sciocchezze. In generale, nella stragrande maggioranza dei casi quando accadono queste cose, si tratta proprio di sciocchezze, leggerezze.

Che però poi portano a conseguenze gravissime. Può capitare che debbano assumere farmaci come chiunque e l'errore è sempre in agguato, anche se esistono i bollini di avvertenza sul contenuto e le liste aggiornate sul web». Fate valutazioni posturali, intervenite sull'appoggio, correggete scompensi? «No. I ragazzi si preparano con i rispettivi gruppi e li vediamo quando si aggregano in occasione del raduno di inizio anno, oppure per le competizioni internazionali. Quindi per me i periodi più lunghi insieme a loro sono i Campionati del Mondo e gli Europei. Non c'è la possibilità di creare un programma. Comunque finora non si sono evidenziate esigenze in questo senso». Traumi e incidenti: qual è la loro incidenza nello scialpinismo race rapportata alle altre discipline della neve? «Bassissima! Praticamente nulla. E ormai, dopo un bel po' di anni di osservazione, la statistica è affidabile. Presiedo la commissione medica ISMF e ognuno di noi cinque che ne facciamo parte ha una propria funzione. Tra queste c'è anche la raccolta di dati statistici su sicurezza, protezioni, incidenti nello scialpinismo di competizione. Quindi l'indagine è molto estesa. Non c'è paragone con lo sci di pista, per quanto sia protetto e regolamentato».


Photo: manricodellagnola.com

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PILLOLE

Brenta Team: montagna a 360 gradi

L

o Sci Club Brenta Team, nato il 17 ottobre 1995 per iniziativa di Marco Polla, Rino Pedergnana e altri amici, è oggi una realtà di duecento soci. Il motivo di vanto della società trentina sono soprattutto i circa 25 giovani che gareggiano nello ski-alp race. Alcuni di loro orbitano stabilmente al vertice delle classifiche di categoria e quindi nel giro delle squadre di Comitato e nazionali: Federico Nicolini, Davide Magnini, Mirko Ferrari, Elisa Dei Cas, Danilo Tamè, Stefano Bertolini. Il Brenta Team è al secondo posto nella graduatoria nazionale FISI scialpinismo 2011-12 per l'attività giovanile con 192.498 punti, dietro allo Sci Club Alta Valtellina (243.996) e davanti allo Sci Club Corrado Gex (153.794). Secondo anche in quella per l'attività agonistica generale, in questo caso davanti al C.S. Esercito. «Sono arrivato qui dopo la grande opera di Rino Pedergnana e Marco Polla, che hanno creato da zero un club di riferimento nel settore ha detto Omar Oprandi, anima 'tecnica' del club -. Insieme a Stefano Bendetti, anche lui guida alpina, ci occupiamo della formazione tecnica dei Giovani». I corsi del Brenta sono a 360 gradi: «Da quest'anno abbiamo impostato la formazione come un corso vero e proprio ma, oltre a tutte le tecniche race necessarie per le situazioni di gara, cominciamo già in estate con delle giornate o addirittura dei fine settimana dedicati alla montagna 'alpinistica': percorriamo anche qualche ferrata, fino ad arrivare all'arrampicata e all'assicurazione della cordata. E d'inverno dedichiamo molto tempo anche all'utilizzo pratico e realistico di Artva, pala, sonda».

I 'ragazzi' del Gruppo Sportivo Esercito con le nuove divise fornite da Montura per la stagione 2012-2013. Da sinistra e dall'alto: Manuel Conta, Manfred Reichegger, Denis Trento, Nicola Invernizzi, Matteo Eydallin, Robert Antonioli, Gloriana Pellissier, Damiano Lenzi.

24 ore con le pelli

Sembra proprio che l'esperimento susciti molto interesse. Già al primo annuncio dell'idea, oltre due mesi prima della manifestazione che si terrà l'11 gennaio 2013, sono arrivate al comitato organizzatore numerose iscrizioni. Stiamo parlando della 24 Ore Endurance Race di San Vito di Cadore (Bl), la prima esperienza di endurance così prolungata pelli ai piedi, anche comprendendo la 12h di Lizzola (Bg) e la durata della PdG per le squadre meno veloci: sarà interessante conoscere i feedback dei partecipanti sotto ogni profilo. Tutto su www.skialp24.com e, naturalmente, su skialper.it.

Fumata nera Per l'allenatore di ski-alp

Sembra finalmente in dirittura d'arrivo l'approvazione del regolamento che istituisce la figura dell'allenatore di scialpinismo, anche se all'ultimo Consiglio Federale non se ne è parlato. La Scuola Tecnici Federali si è riunita per l'esame della bozza di regolamento dopo la riunione di Cepina in occasione del raduno scialpinistico giovanile allo Stelvio di inizio novembre. Il passo successivo potrebbe essere imminente, come ha spiegato il colonnello Marco Mosso a Ski-alper.it: «Esiste la massima disponibilità della FISI nei confronti dello scialpinismo e sono quindi fiducioso che la nostra proposta sarà presto recepita, spunto futuro per una ulteriore evoluzione a favore di tutto il settore. Questo non è avvenuto nel Consiglio Federale del 24 novembre, a causa dell’assenza del presidente della Scuola Tecnici Federali Alfons Thoma, ma la proposta sarà senz’altro portata in delibera al successivo Consiglio».

Altitude diventa Altitude Race

Non un semplice cambio di ragione sociale ma una ASD nuova; stessi uomini, in una struttura sociale diversa. Altitude si era molto dedicata negli ultimi tempi all'organizzazione di eventi sportivi, tra i quali il trofeo Gherardi FISI, la notturna di Foppolo, il trail Giro del Giongo, il trail del Giro del Monte Ubione, il trofeo Mercorio. Impegni non più sostenibili. Ora un'organizzazione più snella si concentrerà sulle attività sportive tradizionali per i soci con minore attenzione agli eventi. È online e in rodaggio il nuovo sito: www.altituderace.it

AOC, sereno all'orizzonte

Torna il Trofeo Crazy

Rinasce la scalata del Pescegallo Trofeo Crazy Idea. Lo Sci Club Valtartano ha confermato la riedizione di questo appuntamento ormai classico del periodo natalizio, che ha attirato anche atleti top come Lanfranchi, Holzknecht e Boscacci. Nel 2011 l'assoluta mancanza di neve aveva costretto gli organizzatori all'annullamento. L'appuntamento è il 29 dicembre in Val Gerola (So), sul versante settentrionale delle Orobie, e il ritrovo sarà alle 18, con partenza alle 19 da Fenile e arrivo al Rifugio Salmurano, dopo 650 metri di salita. In caso di innevamento insufficiente la partenza sarà alzata alla base degli impianti e la salita si concluderà al passo Salmurano per un dislivello positivo totale di 550 metri. info@valtartano.it

Dopo lo sfogo sullo scorso numero di Ski-alper dell'allenatore della squadra del Comitato AOC, Andrea Basolo, tutto sembra procedere meglio nella gestione della squadra piemontese. Con l'arrivo della neve la preparazione si è concentrata nei fine settimana ad Artesina (Cn), mentre la parte a secco è stata portata avanti individualmente nei restanti giorni in vista del primo appuntamento stagionale programmato il 23 dicembre al Misurina Ski Raid. Intanto il team ha trovato il suo primo sponsor tecnico in Ferrino, che sosterrà i ragazzi con pelli, zaini e con tutto l'abbigliamento necessario.


News dai circuiti DOLOMITI SOTTO LE STELLE È partito con il Trofeo San Nicolò di Canazei dello scorso 8 dicembre l'ormai collaudato circuito di gare di scialpinismo in notturna 'Dolomiti sotto le stelle'. Quest'anno il calendario prevede 26 gare e un raduno con conclusione, sempre nelle Dolomiti, il primo aprile ad Alleghe, al Vertical Civetta. 25 gare tra i Monti Pallidi con un excursus interessante in quel di Paglio, in provincia di Lecco, il 16 febbraio. Tra gli highlight da segnalare, l'inserimento in calendario della quarta prova del circuito Quattro Valli, Trofeo I Medemi (P.so San Pellegrino, 13 febbraio) e il Vertical del Ciampac (28 febbraio), aperto a ski-alp, ciaspole e scarpe chiodate. www.dolomitisottolestelle.it

COPPA DELLE DOLOMITI Il Memorial Fabio Stedile ha aperto l'edizione 2013 della Coppa delle Dolomiti, circuito che proseguirà il 20 gennaio con la Pitturina Ski Race della Val Comelico, il 17 febbraio con il Tour de Sas della Val Badia, il 24 febbraio con la Ski Alp Val Rendena, il 24 marzo con il Trofeo Marmotta, in Val Martello e il 7 aprile con il gran finale all'Adamello Ski Raid che sarà anche tappa della Grande Course. Annullata invece, si spera solo per quest'anno, la PalaRonda di San Martino di Castrozza. www.coppadelledolomiti.it

SKI ALP SOTTO LE STELLE E IL SOLE Partirà tra pochi giorni il collaudato circuito 'Sotto le stelle e il sole' che da fine dicembre a marzo anima l'ambiente scialpinistico valdostano e piemontese. Circuito più ristretto e novità nel finale, con sei eventi e due gare diurne. Primo appuntamento a Doues il 26 dicembre con una vertical race TC e TL, poi il 9 gennaio a Torgnon con una vertical TC e TL in notturna. Si prosegue il 19 gennaio a Champorcher con vertical TC e TL notturna, il 20 febbraio a Oropa, sempre con vertical TC e TL notturna e il 24 febbraio a Pian del Frais con salita e discesa TC e TL. Gran finale a Valtournenche il 17 marzo con una TC alle 18,30, per la prima volta in notturna con una grande festa dello scialpinismo. www.skialp.it

PIEMONTE SKIALPBYNIGHT Si chiama Piemonte SkiAlpbynight ed è un circuito di gare notturne di scialpinismo tutto piemontese, con ben 13 tappe. Grande successo l'8 dicembre per la prima edizione della Night & Winter Vertical Kilometer di Sansicario, primo appuntamento in calendario. Le prossime tappe il 29 dicembre a Garessio, il 12 gennaio a Roccaforte Mondovì, il 18 gennaio a Sampeyre, il 25 gennaio a San Giacomo di Roburent, il 30 gennaio a Limone Piemonte, il 2 febbraio a Pragelato, l'8 febbraio a Pian Benoit, il 21 febbraio a GiavenoVal Sangone, il primo marzo ad Ala di Stura, l'8 marzo a Bardonecchia, il 21 marzo a Prali. La chiusura ad Argentera, in data ancora da stabilire. Si tratta prevalentemente di cronoscalate, tranne a Usseglio (salita e discesa 920 m D+). www.piemonteskialp.org

INTERNATIONAL SKI TOUR È una sorta di campionato italo-svizzero che si svolge tra l'alto Piemonte e la Confederazione. Il calendario dell'International Ski Tour prevedeva la partenza lo scorso 15 dicembre a Briga (Canton Vallese - Svizzera) con la Rosswald Night Race, individuale con salita e discesa, novità del calendario. Gli altri appuntamenti: 12 gennaio Mera Ski Alp (individuale, salita e discesa), 27 gennaio Devero Ski Alp (coppie, salita e discesa), 1 febbraio Mottarone Moon Ski Alp (staffetta a coppie, salita e discesa), 16 febbraio Vertical Race Rif. Myriam (individuale, salita), 24 febbraio, Tour del Monscera (individuale salita e discesa), 2 marzo Domobianca Ski Alp Night (individuale salita e discesa). In programma anche quattro gare 'fuori calendario'. www.internationalskitour.it

RADUNI SCIALPINISTICI VALLI DEL NOCE Undici gare nel cuore del Trentino, con uno sconfinamento in Lombardia. Sono questi i 'raduni' delle Valli di Noce. Partenza il 23 dicembre con la Ski Alp Val di Sole, poi il 30 dicembre Malga Selva-Croviana, 13 gennaio Monte Peller-Tassullo, 20 gennaio Monte Roen-Romeno, 25 gennaio Brenta de Not-Memorial Corrado Gregori a Madonna di Campiglio (notturna), 27 gennaio Sgabanada-Vermiglio, 1 febbraio Ai piedi del Vioz-Peio (notturna), 3 febbraio SciAlpinismo al Mezol-Malè, 10 febbraio Ski Alp Rabbi, 22 febbraio Pisgana Ski Alp-Ponte di Legno (notturna), 22 marzo Luna Rally-Passo del Tonale. www.radunivallinoce.it


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FILIPPO BECCARI | NEJC KUHAR testo: Guido Valota foto: Ralf Brunel

Mentre Filippo non va d'accordo con la tecnologia, Nejc aggiorna spesso il suo blog. Lo potete seguire all'indirizzo www.nejc-kuhar.si (in sloveno, ma con traduzione in inglese).

Filippo Beccari è nato a Bologna nel 1985 ed è laureato in scienze motorie. Dal 2009 vive a Livinallongo (Bl), dove esercita la professione di Guida Alpina. È così che ha conosciuto Anna, ingegnere svedese in vacanza in Italia. Per ora si vedono quando i loro impegni lo consentono. Sci, scarponi, abbigliamento: La Sportiva Attacchi: ATK Race Zaini e materiale da montagna: CAMP


Nejc Kuhar

è nato a Lubiana nel 1985 ed è laureato in geografia a indirizzo scientifico.Vive a Kranj (Slovenia), dove lavora come artigiano edile solo nei mesi estivi per scelta personale: per ora vuole puntare sullo sport. Si è appena sposato con Polona, assistente sociale, che lo appoggia nelle sue scelte. Sci, scarponi, abbigliamento: La Sportiva Attacchi: ATK Race Zaini e materiale da montagna: CAMP Strumenti: Garmin Occhiali: Cébé

La strana coppia Qualcuno li definisce 'i primi degli umani', ma Filippo e Nejc stanno lavorando sodo per puntare ai vertici. Abbiamo trascorso una giornata con loro, per scoprire i segreti di una delle coppie emergenti del panorama internazionale


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FILIPPO BECCARI | NEJC KUHAR

F&N FILIPPO & NEJC

Che fossero due 'clienti scomodi' per tutti, lo avevamo intuito già durante la scorsa stagione agonistica, quando li abbiamo visti occupare o insidiare con regolarità il podio nelle competizioni importanti, molto spesso precedendo qualche azzurro.

Canazei, luglio Ma questa estate, al Vertical di Canazei, Nejc ha cancellato ogni dubbio residuo: un duello spettacolare negli ultimi trecento metri, attacchi e contrattacchi micidiali tra il fuori-soglia e l'apnea. E massima lucidità nel momento decisivo, sull'unica incertezza del povero Padua. Il campionissimo Kilian Jornet Burgada cancellato, per una volta, nell'inferno scatenato da quei due. Filippo è arrivato poco dopo, ma sempre nell'élite, tra gli specialisti. Al microfono di Ski-alper, nel dopogara, si erano presentati insieme: si percepiva subito il team, ma soprattutto una certa complicità. Sguardi svegli e divertiti. Soddisfatti di averla combinata grossa. Il 'monellaccio' però dev'essere Nejc, pensavamo. Ma come... ha giusto finito di studiare, si è appena sposato e decide di lavorare solo d'estate come 'wall painter' - che sarebbe l'imbianchino, ma in inglese fa tanto Andy Warhol - per avere il tempo di allenarsi, trasferendosi per settimane a casa di Filippo? Decidiamo che due così vanno assolutamente conosciuti meglio. Ci siamo dati appuntamento per la prima neve in Marmolada, quando Nejc avrebbe 'mollato' a casa Polona per qualche settimana dato che «le montagne da me sono troppo basse e invece qui da Filippo si scia già a novembre». Ovvio, no? La logica non fa una piega. Ogni donna fresca di matrimonio approverebbe. Ma perché non ci abbiamo pensato prima? Nel frattempo siamo rimasti in contatto con Filippo; lo abbiamo incontrato in settembre allo Stelvio durante i nostri test e siamo ripartiti in auto mentre lui stava 'doppiando' in skiroll nel pomeriggio. Poi si è palesato dal nulla insieme ad Anna durante il raduno dei Giovani di inizio novembre. È comparso nella classifica dell'Eroica, riapparso allo Stelvio per il Crazy, poi annullato, un'amica lo ha incontrato in Dolomiti ad arrampicare... Da stare attenti ad aprire il frigorifero: mica che salti fuori il Beccari che si allena con gli sci? 'Beccari Hutte', novembre «E pensa che abbiamo fatto ordine perché arrivavi tu col

fotografo!». La casa di Beccari a Livinallongo è la grotta di Alì Babà dello scialpinista race: dappertutto borse, tute, maglie, calze appese ad asciugare, pettorali di gare evidentemente finite bene, i poster di otto Pierra Menta incorniciati, più altri ancora. Non c'è un centimetro di muro libero, scatole di alimentari sanissimi pronte sul piano del lavello, un foglietto strappato con la tabella scritta a biro dall'allenatore di Nejc appiccicato all'anta della cucina (solo a leggerlo viene mal di gambe). E poi foto di gare, montagne, diplomi, il fratello di Filippo all'Eroica, suo padre in montagna. Il regno di Nejc, il divano letto aperto fisso tra le sue borse, è difeso da due chili di romanzo in chiarissimo sloveno. Ride: «...sì, sono mille pagine di avventure fantastiche medievali. Ne leggo un po' ogni sera, perché il Becca va a letto alle otto. Io tiro tardi, alle dieci». Di là, la camera di Filippo sembrerebbe la sede dello sci club se non fosse per il lettone rimboccato alla buona. Beh, lo sapeva; se fosse stato a posto come lo fa la mamma gli avremmo riso in faccia. «Questa è proprio la mia tana. Entro qui e stacco da tutto.

Vedi? Qui non c'è televisione e niente computer. Il fisso (un fax intasato, ndr) va e non va. Guarda che il telefono può bastare per tutto, eh? E comunque c'è l'ufficio delle guide che ci pensa per il lavoro. Non so quanto durerà ancora, ma per ora mi ritengo fortunato». Nejc: «Io invece in questo sono molto diverso da Filippo. Non potrei stare qui tre settimane di seguito senza il pc e ogni giorno mi metto on-line con gli amici, il resto del mondo, parlo con mia moglie tramite Skype, pubblico su Facebook, ho un mio blog che aggiorno con quello che faccio». Filippo, come mai un bolognese DOC va a vivere a Pieve di Livinallongo? «Mio padre ha sempre portato me e mio fratello in montagna, fin da bambini. Lavorava come ingegnere alla Leitner di Vipiteno. Prima di lui, mio nonno portava mio padre in montagna e così abbiamo avuto questa fortuna. Volevo vivere in montagna e ci ho pensato per un bel po': il dubbio era tra qui e la Valle d'Aosta. Mio fratello, invece, è diventato architetto: almeno uno normale, in famiglia! Per la


casa i miei mi hanno aiutato un po' all'inizio, poi sono riuscito a coprire bene le rate con il mio lavoro di guida alpina. In estate c'è davvero molto lavoro, anzi direi che è perfino in crescita: vie ferrate soprattutto, il ghiacciaio della Marmolada, vie facili in roccia. Sono conosciuto come guida 'veloce'. Li faccio correre un po', li tiro con la corda i clienti (ride)... eh, la sera alle cinque devo uscire di corsa, o in bici, o con gli skiroll!». Ti troviamo nelle classifiche di specialità molto diverse tra loro: oltre allo ski-alp, anche ciclismo su strada, skyrace, mountain bike. «Mountain bike poca, solo la gran fondo del Civetta; pedalo specialmente su strada. Appena finita la Patrouille des Glaciers ho dovuto mettermi sotto a macinare chilometri per preparare la Transalp, quella su strada. Poi d'estate, come hai potuto vedere, faccio un po' di tutto. E già a settembre, anche se non c'è ancora neve, metto i ramponi e salgo in Marmolada per cominciare ad adattarmi». E l'Eroica? Come mai quella digressione 'naìf' dai tuoi

«…la mattina io salto dentro gli scarponi e sono pronto, ma poi lo devo aspettare mezz'ora: lui sembra uno che la fa facile e invece sta lì un'eternità a sistemare il piede nello scarpone. E poi è attentissimo ai minimi dettagli. Io no: quello che ho, lo uso così com'è. Ma lui, se vai di là a vedere, avrà lì nell'armadio trenta pelli! Lunghe, corte, larghe, strette, tagliate, veloci, lente, nuove, vecchie…» Nejc


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FILIPPO BECCARI | NEJC KUHAR

«…la nostra regola numero uno è 'mai ritirarsi', qualunque cosa succeda: mal di pancia, giornata no, pelli perse, pensieri con la morosa. Mai. Finora ci siamo sempre riusciti e vogliamo tener duro a tutti i costi….» Filippo

impegni di livello sempre molto alto? «…Ah, quella è il risultato delle insistenze di mio zio due anni fa. Lui ha una fortissima passione per le bici d'epoca e a Bologna ha creato perfino il museo storico della bicicletta. Gira per i mercatini, le cerca, le sistema. Solo che per l'Eroica con un amico ce ne ha date due veramente d'epoca, ancora precedenti a quelle di Coppi e Bartali. Dei tempi di Learco Guerra: neanche il cambio! Ci siamo divertiti ma è stata un'impresa. Quest'anno niente, però. Ero già allo Stelvio con gli sci». Nejc, come si è formato il vostro team? «Cinque anni fa alla Pierra Menta eravamo avversari diretti. Lottavamo nella stessa zona della classifica, io con la squadra slovena. Ci siamo conosciuti, ma la cosa è finita lì. Poi l'estate di due o tre anni fa sono venuto qui in vacanza con Polona e un paio di amici e li ho accompagnati in cima alla Marmolada. Lì ho incontrato di nuovo Filippo, ci siamo riconosciuti e scambiati i numeri di telefono». Filippo precisa: «veramente non ci siamo riconosciuti subito, ma io avevo lo zainetto leggero da gara anche in giro con i clienti. Nejc se lo ricordava, così mi ha chiamato!». Nejc, il Vertical sta suscitando molto interesse, in un certo senso più ancora del trail. Sembra la moda del momento. Tu come ci sei arrivato? «In Slovenia è completamente sconosciuto, anzi quest'anno per la prima volta io e alcuni amici ne abbiamo organizzato uno, per farlo conoscere. Tre anni fa ero a Canazei per la Dolomites Sky Race e ho partecipato per la prima volta a questa gara. Mi piace la salita ripida, a casa mi alleno di preferenza con i bastoncini e così mi sono iscritto anche alla Crepa Neigra. Probabilmente sono adatto a questa specialità per costituzione fisica, ma sono sorpreso anch'io dei risultati». In un ranking mondiale di specialità tu saresti al secondo posto. E ti viene così, senza una programmazione specifica? «No, davvero! Guarda che io in questi tre anni avrò corso cinque gare di Vertical, non di più. Per me è davvero una sorpresa ritrovarmi davanti addirittura a Kilian. Non ho mai programmato niente di veramente specifico. Non è come per lo scialpinismo, che alleno duramente da almeno dieci anni per trovarmi al top, qualche volta. Questa è proprio una sorpresa anche per me!».

Il foglietto di Iztok

Filippo ci ha spiegato di avere modificato la propria preparazione nel senso di minore volume e maggior intensità. Il suo obiettivo è di migliorare partenza e prime fasi di gara, quando bisogna sviluppare quella velocità che porta subito il più avanti possibile. Potrebbe essere un'indicazione perfetta, soprattutto per le zone interne della classifica, che dopo il lancio si trovano imbottigliate. La sua validità, inoltre, si realizza soprattutto sullo sviluppo della prima salita: se si parte lenti rispetto alla propria potenzialità globale, i 'tappi' e gli elastici alle inversioni scavano abissi incolmabili rispetto alla propria migliore prestazione ipotetica. Intanto l'avversario veloce in partenza potrà scegliere sempre la traccia migliore, rallentare gli inseguitori prima delle inversioni e staccarli nelle ripartenze, anche se già un po' stanco; superare sulla traccia lenta non è mai facile, anzi di solito richiede un dispendio eccessivo rispetto al risultato. E quello davanti non resta mai lì a guardare, non dice 'prego si accomodi': resiste, e sulla corsia migliore. Sono cose che, alla lunga si pagano. Sul 'famoso' foglietto di Iztok, il preparatore atletico di Nejc, troviamo lavori di qualità ripetuti in prove intervallate, che durano molti minuti ciascuna. Vediamo ritmi di gara e medi ripetuti poco prolungati con recuperi completi. Quindi sono tanti lavori di potenza aerobica, inseriti in trasferimenti lenti. Il fatto è che il lento e il medio di Kuhar e Beccari sono molto diversi da quelli della media degli ski-alper agonisti amatoriali. Una loro uscita breve e intensa magari totalizza 2.500 metri in mezza mattina. Un valore abbastanza normale per chi gareggia a livelli medio alti, ma già appartenente alla categoria 'volume'. Attenzione a non prendere quello che fanno i top - magari tremila metri al giorno in due uscite - per trasferirlo senza adattamenti nella propria tabella come ricetta per diventare come loro! Il risultato di solito è affaticamento difficile da supercompensare e poi sindromi di overtraining. Troppo e troppo intenso: l'entusiasmo è un errore diffuso, classico e conosciuto da decenni, ma sempre in agguato negli sport di endurance.

Accanto Nejc e Filippo in allenamento.

Tu non hai dubbi: nel Vertical bastoncini corti usati bene e passi molto lunghi. Come Urban Zemmer... «Mi alleno di corsa o al passo senza bastoni qualche volta a casa, mi confronto sui miei percorsi: niente da fare, la differenza è troppo forte per me. Per quanto riguarda Urban Zemmer, lui è un vero fenomeno: ha quarantadue anni, quindici più di me, gareggia solo da otto ed è imbattibile. Una cosa incredibile». Corri a livelli assoluti in montagna d'estate e con gli sci d'inverno. Come siete messi in Slovenia? «Per la corsa la situazione è molto buona. C'è una struttura, belle squadre e io avrei anche i valori per farne parte. Ma non mi interessa, ne resto fuori di mia volontà perché soffro i terreni ondulati e preferisco il ripido. Invece per lo scialpinismo siamo messi male. Siamo parte del Club Alpino e non di una federazione sportiva. La squadra nazionale ci sarebbe in teoria, ma è come un gruppetto di amici e si limita a mandare le iscrizioni alle gare. Ho difficoltà anche a fare la tessera internazionale; non siamo neppure spesati». Avversari di riferimento? «Non ho idoli, ma ho sempre cercato di imparare da quelli più forti. Nello sci ora c'è Kilian e se arrivi secondo dietro di lui è come essere il vincitore. Anni fa vinceva tutto Florent Perrier, ma non riuscivo neppure a parlargli: niente inglese, parlava solo francese. A me piacciono quelli come Manfred Reichegger: fortissimi e sempre gentili e disponibili con tutti». Filippo, la giornata tipo di questa settimana bianca senza fine? «Sveglia alle sette, colazione a pane e marmellata, le solite cose. Ah, no, giusto: Nejc solo Nutella, tutti i giorni. Fuori alle otto per il lavoro previsto da Iztok, il suo trainer. Oggi, per esempio, abbiamo fatto 2.400 metri in meno di tre ore, inserendo quattro ritmi medi da un quarto d'ora in un giro bellissimo. Nel tornare ci fermiamo a pranzo in uno di quei posti a prezzo fisso per gli operai, così ce la caviamo con poco. Poi a casa stendiamo tutto ad asciugare, pisolino. Il pomeriggio dipende ancora dal programma: un'oretta di skiroll o corsa o sci, poi rientriamo. Un'altra oretta di stretching, o corpo libero, doccia, cena... anche se sono solo le cinque! Se no moriamo di fame!»


Filippo e Nejc corrono come 'Bela Ladinia' nella gare a coppie di calendario nazionale, e Nejc come SLO in quelle individuali internazionali


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FILIPPO BECCARI | NEJC KUHAR

Nejc, chi ti allena? «Iztok Cukjati. È giovane, ma mi segue da otto anni dopo essersi specializzato scientificamente sugli sport di endurance e sull'alta quota. Adesso mi conosce bene e formiamo un buon team. Con me può sviluppare qualcosa di completamente nuovo, di cui non esistono esperienze precedenti. In generale mi fa lavorare sulla qualità più che sulla quantità». Veniamo alla 'coppia'. Come funziona il vostro team internazionale? Nejc: «Normalmente ci accordiamo sulla tattica prima della gara. Se non va come programmato, sappiamo già cosa fare perché ci conosciamo bene, dato che ci alleniamo molto insieme. In genere io parto meglio, visto che alleno molto la qualità, mentre Filippo privilegia la distanza. In partenza e nei primi tratti lui cerca di tenermi. Dopo circa tre ore, io calo e capita che debba proprio tirarmi. In discesa Filippo è più forte, specialmente su neve difficile, così fa strada lui e qualche volta mi aspetta. Se la neve è portante, invece, scendo bene. Non abbiamo bisogno di parlare molto in gara: 'ok!' e 'go!' di solito bastano». Filippo: «Anche il fatto di vivere nella stessa casa per lunghi periodi - e vedi come siamo stretti - fa sì che ci coordiniamo automaticamente sulle piccole cose. Questo crea quell'affiatamento che nella gara a coppie è più importante di alcuni valori misurabili. Io sono sempre teso prima della partenza e Nejc mi tranquillizza: 'Ma sì Filippo, come va, va!'. E poi sai, ti voglio rivelare un segreto, ma mi raccomando, non dirlo a nessuno (ma figurati!): Nejc va forte sul ripido a piedi! Mi deve aspettare! Ah! E dillo: la nostra regola numero uno è 'mai ritirarsi', qualunque cosa succeda: mal di pancia, giornata no, pelli perse, pensieri con la morosa. Mai. Finora ci siamo sempre riusciti e vogliamo tener duro a tutti i costi». Nejc: «La mattina io salto dentro gli scarponi e sono pronto, ma poi lo devo aspettare mezz'ora: lui sembra uno che la fa facile e invece sta lì un'eternità a sistemare il piede nello scarpone. E poi è attentissimo ai minimi dettagli. Io no: quello che ho, lo uso così com'è. Ma lui, se vai di là a vedere, avrà lì nell'armadio trenta pelli!

Lunghe, corte, larghe, strette, tagliate, veloci, lente, nuove, vecchie…». E la montagna oltre le gare? Filippo: «Ho conosciuto la montagna prima delle gare; ci vado anche ora per divertimento, finita la stagione. Attor-

«Le migliori gare delle nostra vita» Il palmarès secondo Filippo e Nejc Team Sellaronda 2012: terzi. Pierra Menta 2012: ottavi, a soli sei secondi dal team Kilian, settimo. Monte Canins 2012: primi, dopo la vittoria di Nejc e il secondo posto di Filippo alla Marmolada Full Gas del giorno prima. Pitturina Ski Race 2012 (Campionato Italiano): terzi in gara ma non nella classifica C.I.A. (Nejc è sloveno). Tour du Rutor: quarti nel 2011 e settimi nel 2012. Filippo Circuito Coppa delle Dolomiti: vincitore 2012. Titolo Trentino individuale 2012. La Grande Course 2012: ottavo. Ski alp Val Rendena 2012: primo. Laserz Lauf 2012: primo. Trofeo Vetan 2012: primo in team con Filippo Righi. Trofeo Parravicini 2012: terzo in team con Alain Seletto. Nejc Mezzalama 2011: quarto con Follador e Trettel. La Grande Course 2012: quinto. Vertical Etna World cup: quinto. Vertical Claut Campionati Mondiali: ottavo.

no ai vent'anni ho realizzato le mie salite di maggior soddisfazione e difficoltà, specialmente su roccia: la Salathè a El Capitan, nello Yosemite e qui, sulla Sud della Marmolada, la Via attraverso il Pesce. Adesso però non ci riuscirei più! Da Bologna andavamo a Badolo, in pietra, si facevano le macchinate per raggiungere Arco e Lumignano». Nejc: «Gareggiavo proprio nell'arrampicata sportiva. Mio padre è una guida alpina e così ho arrampicato anche in montagna. Lì il mio grado è attorno al VII. In Slovenia abbiamo bellissime vie lunghe su calcare. Nelle Alpi ho arrampicato un po', nel Gruppo del Sella per esempio. Una volta, con i miei amici, abbiamo salito il Bianco e il Cervino in due giorni: un giorno in cima al Bianco, il giorno dopo in cima al Cervino. Poi, a vent'anni, ho preferito dedicarmi solo alle gare di scialpinismo». Filippo, nelle classifiche sei in zona squadra nazionale: è un obiettivo per te? «Certo, mi piacerebbe molto. Sarebbe una grandissima soddisfazione. Ma non è facile, c'è gente forte e ogni domenica è una battaglia in quella zona della classifica». Mancano pochi minuti alle 17 e seguiamo Filippo alla palestra di Pieve, dove tiene le sedute di presciistica per tutti. La raggiungiamo dall'alto, per un sentiero ripido nel bosco, piuttosto che per la comodissima strada asfaltata e anche questo è un tassellino che va al suo posto nel mosaico. Qui i nostri due personaggi mettono definitivamente in chiaro che, in fondo, sono due bravi ragazzi che aiutano le vecchiette ad attraversare la strada. Il numero due del ranking mondiale del Vertical si fa sorprendere un paio di volte al rubabandiera finale, ma nel complesso si difende bene. Può giocarsela. Più tardi, ma non troppo, il rito della cena. Filippo annuncia la famosa 'pasta del Nejc' mentre il secondo uomo più forte al mondo in salita ripida indossa il grembiule e trita finemente intere colline di aglio «che fa così bene»; poi impasta e inforna il pane di kamut per il giorno dopo. Verso le nove ci sarebbe Carosello, ma Filippo di solito è già nel mondo dei sogni. Salutiamo e ripartiamo col nostro notebook al seguito, tormentati dal ricordo tornato in superficie di come si viveva bene nelle nostre tranquille tane pre-digitali.


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78 > ski-alp race

MEMORIAL FABIO STEDILE testo: Guido Valota FOTO: Ralf Brunel

IL FUTURO È ADESSO T

utte le previsioni sono state rispettate, escluse fortunatamente quelle meteorologiche che qualche giorno prima prevedevano brutto tempo. Condizioni perfette per una gara in quota come il Memorial Fabio Stedile dello scorso 25 novembre al Tonale, prima tappa del calendario di Coppa delle Dolomiti. A oltre 2.500 metri basterebbe una nuvoletta per azzerare la visibilità e rendere impercorribile questa gara che apre la stagione giovanile. E il tracciato di gara invece richiedeva proprio molta visibilità: i passaggi giusti erano obbligati, su un versante molto mosso e vario. Caratteristiche ideali per creare un percorso aderente alle indicazioni del regolamento, che raccomandano per i Giovani dislivello e sviluppo limitati, ma un alto tasso tecnico con cambi di assetto frequenti. Le altre previsioni, partecipazione numerosa, movimento in crescita, ragazzi motivati, livello tecnico medio molto alto, organizzazione attenta, precisa e in grande stile, si sono avverate tutte. Resta comunque sorprendente assistere a uno spettacolo che solo pochi anni fa non era neppure immaginabile: quasi 130 ragazzi che a fine novembre gareggiano nello scialpinismo a due passi da un ghiacciaio. Ci sono gare Senior, anche di ottima fama, che questi numeri non se li sognano neanche in stagione piena.

La stagione giovanile è iniziata il 25 novembre al Tonale. Eravamo a bordo pista per vedere in azione i talenti dello ski-alp azzurro Per non parlare degli altri sport della neve. Il fermento è palpabile, la crescita misurabile. Ma come sciano i nostri Giovani? Il motore e lo stato di forma sono visibilmente variabili da un atleta all'altro, come è naturale. Impressiona invece l'ottima base di uniformità tecnica, sicuramente frutto del lavoro degli allenatori delle società, tutti ex-atleti che hanno trasferito le loro conoscenze direttamente ai ragazzi nel breve tempo trascorso dalla nascita del movimento. Nel grado di formazione tecnica le differenze tra gli atleti sono molto meno accentuate di quelle tra le rispettive prestazioni atletiche. Un dato estremamente positivo. Qualche particolare che fa la differenza lo si poteva notare comunque nella progressione in salita che in ambiente non si esaurisce nel 'te-

sta bassa e pedalare'. È vero che conta sempre tanto la differenza tra la velocità media sviluppata in salita da un atleta top e quella di un atleta di medio livello ed è dovuta a motore e preparazione, ma si aprivano veri abissi dove gli atleti in possesso di una tecnica migliore adattavano il passo alle variazioni del terreno. Ricerca della scivolata sui traversi pianeggianti, qualche passetto di corsa per saltar via una piccola gobba, l'accelerazione prima di un corto cambio di pendenza per superarlo in velocità senza subirlo, maggior frequenza su tratti diretti e ripidi in neve dura: il nostro punto di osservazione comprendeva proprio questi elementi. Un ottimo interprete di questa sensibilità al terreno, giovanissimo ma già evoluto, è Davide Magnini di Vermiglio, Cadetto, in forza al Brenta Team.


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Nelle foto. In alto. Carrellata di immagini dal breafing e da bordo pista Qui sopra, in grande. Chicco Nicolini all'attacco


80 > ski-alp touring

MEMORIAL FABIO STEDILE


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SCOREBOARD MEMORIAL FABIO STEDILE Nelle foto. In grande. Cambio di assetto per Alessandra Cazzanelli. Sotto. Alba De Silvestro, un momento del breafing, Giulia Compagnoni e una fase della gara

Passo del Tonale (Tn) 25-11-2012 CADETTI Women - 1 giro 1. Giulia Compagnoni (s.c. Alta Valtellina) �����������������������������������������������������������������49' 08'' 2. Laura Corazza (Dolomiti Ski Alp) ���������������������������������������������������������������������������������54' 34'' 3. Giulia Murada (Polisportiva Albosaggia) ����������������������������������������������������������������55' 24'' CADETTI Men - 1 giro 1. Davide Magnini (Brenta Team) ��������������������������������������������������������������������������������������36' 59'' 2. Pietro Canclini (s.c. Alta Valtellina) ������������������������������������������������������������������������������39' 33'' 3. Andrea Greco (s.c. Sondalo) �������������������������������������������������������������������������������������������40' 49'' JUNIOR Women - 1 giro 1. Alba De Silvestro (Dolomiti Ski Alp) ���������������������������������������������������������������������������48' 18'' 2. Natalia Mastrota (s.c. Alta Valtellina) �������������������������������������������������������������������������55' 59'' 3. Erica Rodigari (s.c. Alta Valtellina) ���������������������������������������������������������������������������������56' 14'' JUNIOR Men - 1,5 giri 1. Luca Faifer (s.c. Alta Valtellina) �������������������������������������������������������������������������������1h 00' 06'' 2. Nadir Maguet (Corrado Gex) ���������������������������������������������������������������������������������1h 00' 39'' 3. Federico Nicolini (Brenta Team) �������������������������������������������������������������������������1h 00' 46'' ESPOIR Women - 1 giro 1. Alessandra Cazzanelli (Corrado Gex) ���������������������������������������������������������������������46' 45'' 2. Marta Vinante (US Cornacci) �����������������������������������������������������������������������������������������57' 09'' 3. Stefania Casari (Valle dei Laghi) ��������������������������������������������������������������������������1h 00' 50'' ESPOIR Men - 2 giri 1. Michele Boscacci (Polisportiva Albosaggia) ������������������������������������������������1h 11' 15'' 2. Paolo Poli (SC Valgandino) ����������������������������������������������������������������������������������������1h 19' 34'' 3. Christian Varesco (US Cornacci) �������������������������������������������������������������������������1h 21' 18''' TESTA A TESTA: alle 8.30 il briefing al Passo del Tonale riunisce 130 atleti, qualcuno ammesso a tempo scaduto: comunque vada, sarà un successo. La telecabina trasporta concorrenti e tecnici a Passo Paradiso e alle 9.15 sulla prima salita è già andirivieni di ricognizioni e prove di scorrimento delle pelli. Anello con sviluppo di 4,9 km, sul dislivello di 450 metri circa, con sei cambi d'assetto. Un solo giro per tutte le Donne e i Cadetti, uno e mezzo per gli Junior, due per gli Espoir che hanno così avuto modo di cambiare assetto 12 volte in meno di mille metri. Alle 10 partono per primi gli Espoir, dato che si suppone siano i più veloci e lascino così pista libera alle categorie seguenti. Una regola logica e di buon senso non sempre adottata in altri sport della neve, come per esempio nello sci di fondo. Cinque minuti dopo scattano gli Junior ed è la mass start più affollata e combattuta: è la categoria con 'problemi' di abbondanza, anche per i primi posti. Infine alle 10.10 partono i Cadetti e tutte le categorie femminili. In cima alla prima salita, seppur scorrevole e non lunga, le posizioni sono già delineate e rispecchiano abbastanza bene i valori della stagione precedente. Michele Boscacci farà gara solitaria tra gli Espoir, così come le tre donne vincitrici nelle rispettive categorie: Alessandra Cazzanelli tra le Espoir, Alba De Silvestro tra le Junior, Giulia Compagnoni tra le Cadette. Però va annotato il distacco che le separa al traguardo, tra il minuto e il minuto e trenta in successione l'una dopo l'altra, dalla più esperta fino alla più giovane: indicazione di una buona uniformità al vertice, al netto delle forti differenze d'età. È presto per dirlo, ma ci sono i presupposti per squadra e staffette competitive in campo internazionale. Tra gli Junior invece è battaglia, come prevedibile. Nell'ultima discesa Federico Nicolini è in testa, dopo essere transitato al primo giro con un minuto di vantaggio su Faifer, con Maguet e Stradelli più staccati. Ma all'ultimo cambio d'assetto accusa un problema tecnico a uno scarpone, deve rallentare e viene sorpassato da Faifer, che comunque era in crescita, e poi anche da Maguet. Stradelli invece paga la scelta di pelli veloci che gli fanno perdere troppo grip sulle salite verso il traguardo. Tra i Cadetti vince Davide Magnini su Pietro Canclini e Andrea Greco, tre ragazzi molto tecnici che si muovono bene, ma Magnini in questo fa la differenza. Altra categoria piuttosto combattuta e subito dopo i primi tre i distacchi tra gli atleti si fanno minimi. Più che la prestazione su dislivelli e distanza, questa volta ha contato la capacità di sopportare i continui stop & go dei cambi d'assetto ravvicinati. Servivano tecnica e tempi di recupero minimi. Le discese, come sempre, restano però determinanti. LA SORPRESA: Il livello tecnico elevato e spalmato su tutta la classifica. LA DELUSIONE: ancora attrezzature e sci che si rompono? LA PROVOCAZIONE: Come se la caverebbero i Senior su un tracciato così nervoso'?


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MEMORIAL FABIO STEDILE

La versione di Omar Botta e risposta con Oprandi, tecnico del Brenta Team, guida alpina, atleta top di grande esperienza. E direttore di gara al Presena… Nella foto: Giulia Compagnoni dell'Alta Valtellina prima nelle Cadette

Alessandra Cazzanelli: «Tracciato divertente, vario, discese belle e tanti cambi: va bene per questo periodo, quando in tanti non hanno ancora sciato. Per affrontare un percorso più lungo e più difficile… siamo solo a novembre, più avanti ci sarà tempo».

Luciano Fontana tecnico del Comitato Veneto: «È stata una gara bella, forse anche meglio di quella dell'anno scorso. Il percorso va benissimo così: la maggior parte dei ragazzi non ha ancora sciato, è presto, la stagione inizia con regolarità tra un mese».

I ragazzi chiedono un po' più dislivello! «È difficile accontentare tutti: il regolamento, quelli che non hanno ancora sciato, i più giovani e le ragazze specialmente... alcune hanno finito davvero affaticate! I forti potrebbero gareggiare su percorsi di gran lunga più duri, lo sappiamo, ma è presto, qui c'è la quota e per non sbagliare è meglio essere prudenti. Gara tecnicamente impegnativa, come si è visto, e un po' più breve». Ma gare più brevi non costringono ad alzare l'intensità? «Bella domanda, certo, ma i più forti sono riusciti comunque a controllare la gara. Chiaro, al via aprono tutti il gas, però verso la fine i distacchi c'erano e loro viaggiavano relativamente rilassati». Cadetti e Junior gareggiano su dislivelli ben sotto i mille metri. Poi in sei mesi passano Espoir e i metri diventano duemila… «Le regole sono decise a tavolino e bisognerebbe intervenire. Sarebbe meglio una gara un po' più lunga per gli Junior in modo che comincino a imparare a gestirla. Gli Espoir sono una via di mezzo e ogni tanto possono correre le distanze dei Senior; ma prima gli Junior dovrebbero poter avere negli ultimi anni la possibilità di alzare dislivelli e sviluppi».


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Nella foto: i dominatori della categoria Espoir, Alessandra Cazzanelli e Michele Boscacci

«L'obbligo di appoggiare a terra i bastoncini nel cambio d'assetto è previsto dal regolamento internazionale ma non ancora da quello nazionale. Oggi Omar Oprandi l'ha richiesto al briefing. È un'ottima cosa. Suggerisco agli allenatori di adottarlo con i propri atleti: è sicuro, li prepariamo e se ben gestito razionalizza l'operazione facendo anche guadagnare tempo». Stefano Spini giudice di gara FISI

Federico Nicolini: «Io mi diverto in queste gare nervose, con tanti cambi d'assetto. Magari si potrebbe fare anche un pochino più lunghe le salite e le discese… ma solo un pelino! Peccato per il gancio dello scarpone rotto proprio all'ultimo cambio. Pazienza, sono cose che possono succedere nelle gare. Sono contento lo stesso perché in salita mi sentivo proprio bene e sono tranquillo perché è ancora presto». Nadir Maguet: «Questa estate sono stato all'estero per studiare e praticamente mi sono fermato per più di un mese. Così ora sono indietro con la preparazione: un percorso di questo tipo per me è difficile perché parto e ancora non riesco a carburare… che sono già al cambio d'assetto. Riparto che non ho ancora recuperato. La discesa, idem, non faccio a tempo a usarla per respirare, che è già finita. Così sono sempre al gancio!».


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squadre nazionali testo: Guido Valota FOTO: Umberto Isman

INTERVISTE

Lillo e i suoi ragazzi È il tecnico dei Giovani azzurri, da lui dipende il futuro del nostro ski-alp. E ha le idee molto chiare. Botta e risposta con 'Lillo' Invernizzi Nella Commissione tecnica scialpinismo della FISI Nicola ('Lillo' per tutti) Invernizzi è il tecnico responsabile delle squadre dei Giovani. In questo momento di forte crescita dello ski-alp race si tratta di un compito cruciale, che contribuisce a determinare lo sviluppo futuro del movimento. Con lui abbiamo voluto fare il punto sui ragazzi che rappresentano il domani dello scialpinismo. Sei nato nel 1972. La tua storia sportiva personale ha coinciso temporalmente con lo sviluppo dello ski-alp race attuale. «Per moltissimi della mia generazione, anzi praticamente tutti, le gare di scialpinismo erano un prolungamento della stagione delle gare di fondo. Si facevano quelle quattro o cinque competizioni valdostane, il Rollandoz, il Fillietroz e così via. Io non sono mai entrato in nessuna squadra nazionale di sci di fondo, ma ero lì appena dietro. E poi ero più adatto alle lunghe distanze, le gran fondo per esempio; mi ero classificato undicesimo in una Marcialonga. E quando nel 1997 è rinato il Trofeo Mezzalama, per gli Alpini del Centro Sportivo Esercito è stato subito un obbiettivo importante. Ho fatto parte della squadra che ha corso quella prima edizione dell'epoca moderna: terzi classificati con Laurent Franco e Wolfgang Holzner. Ho partecipato a cinque Mezzalama in tutto: due volte terzi, due volte quinti, un sesto posto. Due edizioni con gli sci da fondo laminati, quei famosi Atomic blu che usavamo tutti per Mezzalama e Patrouille des Glaciers. Ho all'attivo anche quattro PdG, due volte quinti e poi nei primi dieci. La situazione cambiò così: primo Mezzalama, tante squadre con sci da fondo. Al secondo, io con gli sci da fondo e i miei compagni con gli sci larghi: naturalmente io a raspa, dietro. Il terzo… sci da fondo non ammessi».

«…il terreno dove c'è sempre molto margine per guadagnare è la discesa. E i cambi d'assetto. Si fa presto a perdere una gara ai cambi!»

E oggi, invece, che percorso fanno i Giovani che arrivano a farsi notare da voi nello scialpinismo? «Lo sci di fondo non è più il serbatoio principale per lo ski-alp race, ma senza dubbio lo sono gli sport di endurance in genere, per l'alto livello. Specialmente l'atletica, la corsa in montagna e il trail». Cosa suggeriresti ai ragazzi che osservi nelle gare? «Premetto che sono seguiti da bravi tecnici che vedono e sanno cosa fare. In generale il terreno dove c'è sempre molto margine per guadagnare è la discesa. E i cambi d'assetto. Si fa presto a perdere una gara ai cambi!»

E la tecnica dello sci di fondo, come il pattinaggio, l'alternato? «Noi a Courmayeur usciamo almeno due volte alla settimana con gli sci da fondo sulla neve: classico, skating, e d'estate con gli skiroll». Doppio ruolo: come ti gestisci con l'Esercito e come con la squadra nazionale? «Al Centro sono un allenatore vero e proprio. l'Esercito è rimasto l'unico corpo militare che arruola in questa disciplina. Invece per la Commissione scialpinismo FISI, insieme ad Angeloni, osservo i ragazzi con continuità alle gare di selezione, valutando anche altri elementi oltre al risultato, come la salute, l'atteggiamento, l'andamento dello stato di forma, le esigenze per la formazione delle squadre». Allo stato attuale di questo sport, sono ancora sostenibili due 'stagioni agonistiche' all'anno? «Direi proprio di no. Specialmente se parliamo di Giovani. Adesso il livello dello ski-alp race è tale che richiede la programmazione di un intero anno se si vuole essere competitivi per buona parte della stagione. Ma vedo che man mano che si va avanti, gli atleti lo capiscono anche da soli».


ph: Roby Trab

VALLE D’AOSTA: MG MOUNTAIN AOSTA – PARADIS DES SPORTS COGNE – PARETONE ARNAD - ULISSE SPORT COURMAYEUR PIEMONTE: ALBY SPORT NOVALESA (TO) - CUORE DA SPORTIVO TORINO - GRIMPEUR CIRIE’ (TO) - MOSONI SPORT DOMODOSSOLA (VB) - MOUNTAIN SICKS RIVAROLO CANAVESE (TO) - OUTDOOR CUNEO – XL MOUNTAIN SETTIMO VITTONE (TO) LIGURIA: CRAZY IDEA FINALBORGO Finale Ligure (SV) LOMBARDIA: BLOCCO MENTALE BRESCIA – CASA MERELLI CLUSONE (BG) - CRAZY IDEA TIRANO (SO) - CRAZY IDEA BORMIO (SO) - CRAZY IDEA MORBEGNO (SO) - CRAZY IDEA CASTIONE ANDEVENNO (SO) - DF SPORT SPECIALIST LISSONE (MB) - DF SPORT SPECIALIST ORIO AL SERIO (BG) - DF SPORT SPECIALIST BEVERA (LC) - FALETTI SPORT DARFO BOARIO TERME (BS) – F3 SPORT CHIAVENNA(SO) – FIORELLI SPORT VALMASINO (SO) - KAPPA EMME SPORT GROMO (BG) - PUNTO SPORT SONICO (BS) - VERTICAL SPORT MANTOVA – ZANI SPORT TEMU’ (BS) TRENTINO A. A.: ACTIV SPORT S. CRISTINA VAL GARDENA (BZ) - ACTIV SPORT SELVA VALGARDENA(BZ) - LA SPORTIVA ZIANO DI FIEMME (TN) - MAGIC SPORT CADERZONE (TN) – MAKALU SPORT ROVERETO (TN) – PIANETA SPORT MALE’ (TN) )– SPORTDIMONTAGNA MOLINA DI FIEMME (TN) – SPORT TONE BADIA (BZ) - SPORT TRE TRE CAMPIGLIO (TN) – SPORT AMPLATZ CANAZEI (TN) - VERTICAL SPORT ARCO (TN) - VERTICAL SPORT TRENTO - VERTICAL SPORT TRANSACQUA (TN) VERTICAL SPORT PIETRAMURATA (TN) VENETO: ASPORT’S CHIES D’ALPAGO (BL) - LINEA VERTICALE FELTRE (BL) – PUNTO SPORT KRATTER SAPPADA (BL) - ROBY SPORT BELLUNO - STILE LIBERO AGORDO (BL) – TABIA SPORT ZOLDO ALTO (BL) - TUTTO SPORT LONGARONE (BL) - VALLI SPORT SCHIO (VI) FRIULI V.G.: ALTERNATIVA SPORT TRIESTE - CDM STORE SRL MARTIGNACCO(UD) – NICO’S ALP ROVEREDO IN PIANO (PN) TOSCANA: SPORT SERVICE PRATO SICILIA: ETNA WALL NICOLOSI (CT)


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COMITATI

«Sono solo i ragazzi che attirano altri ragazzi!» Il Comitato Trentino presentato dal DT Rino Pedergnana Il comitato?… Ma, i 'comitati' non esistono! Ci sono le persone! Ci sono persone, nelle società e nei paesi, che si danno da fare perché hanno questa passione e vogliono trasmetterla ai ragazzi. Ma poi, ricorda! Sono solo i ragazzi che attirano altri ragazzi. Devi fare un grande lavoro con il tuo sci club e aggregarne un numero sufficiente a raggiungere la massa critica perché loro abbiano la compagnia. E allora partecipano sempre, ne arrivano di nuovi, si divertono, imparano e seguono i tecnici che così possono organizzare l'attività e anche i corsi veri e propri. Se no, ci vuole il Comitato regionale che aggreghi anche quelli che altrimenti restano da soli, o quasi, nei loro sci club. Io lo dico sempre, ai club in Val di Fiemme: unitevi, fate una bella società, grande, perché altrimenti con due, tre, ma anche sei ragazzi, non riesci a fare massa. Poi io mi trovo anche un po' in difficoltà come responsabile di Comitato se la maggior parte dei ragazzi che finiscono in squadra regionale provengono dal Brenta Team che è la mia società!». Rino Pedergnana è uno che parla chiaro. Quando lo interpelliamo per fare il punto sulle attività nello scialpinismo del Comitato FISI Trentino, è come liberare la piena di un torrente. Cerchiamo di indirizzare le mille cose che vuole dire, perché intanto è arrivato alle Olimpiadi ed è già passato oltre. Con questo argomento lo freniamo di sicuro:

Graduatorie FISI: secondi Nelle liste dell'attività agonistica 2011-2012, il Comitato Trentino si colloca in seconda posizione con 977.046 punti, pari al 23,4% del totale nazionale. Al primo posto le Alpi Centrali con 1.605.359, pari al 38,4%, al terzo la Valle d'Aosta con 399.502 (9,5%), e al quarto il Veneto (372.069, pari all'8,9%).

Avete un budget? «Non (ride), non lo so, io sono solo il responsabile dello scialpinismo, anche se sono quasi sempre il più votato per il Consiglio. La squadra ha tutte le spese di iscrizione e trasferta coperte per le gare di Coppa Italia e dei Campionati Italiani, per un totale di otto ragazzi. Non abbiamo soldi per organizzare raduni e attività di Comitato. Per questo, insisto sulle dimensioni dei club. Per esempio noi in Brenta Team ci riusciamo perché siamo 200 soci con ben 25 giovani. E così riusciamo a chiedere loro una cifra di iscrizione simbolica e a seguirli con tecnici, attività e un po' di supporto materiale a condizioni speciali». Quale struttura vi siete dati? «Diciamo così: Franco Nicolini è il commis-

La delegazione del Comitato Trentino in occasione della prima gara stagionale, il memorial Stedile al Tonale ©Ralf Brunel

sario tecnico, il supervisore. Carlo Zanon l'allenatore. Loro due hanno un'esperienza enorme come atleti e in montagna. E io sarei il direttore tecnico. Provengo dallo sci di fondo ma sono sempre andato anche con le pelli. Sai che il primo regolamento tecnico dello scialpinismo comparso sull'Agenda dello Sciatore nel 1992 l'avevamo fatto il 'Camillone' Onesti e io? Poi il 27 ottobre del 1995 è nato il Brenta Team, la primissima società italiana di solo scialpinismo!».

Quali sono le società trentine più coinvolte nell'attività con i Giovani? «Il Brenta Team da solo totalizza il triplo della somma di tutti gli altri, ma noi ci dedichiamo esclusivamente allo scialpinismo. Poi ci sono Cima Dodici, Bogn Da Nia, Val de Fasha, Sci Club L'Arcobaleno, S.C. Valle dei Laghi, AlpinGo Val Rendena. E altri ancora che però non hanno un numero di ragazzi sufficiente.

La squadra del Comitato Trentino Mirko Ferrari................................................. Sc. Brenta Team................................ 1993 ��������������������������Junior Federico Nicolini.................................... Sc. Brenta Team................................ 1994 ��������������������������Junior Gian Luca Vanzetta...................................ASD. Cauriol.................................... 1994 ��������������������������Junior Danilo Tamè.................................................. Sc. Brenta Team................................ 1994 ��������������������������Junior Stefano Bertolini.................................. Sc. Brenta Team................................ 1994 ��������������������������Junior Giovanni Lastei..............................................Bogn da Nia.................................... 1994 ��������������������������Junior Omar Campestrini....................................Sc. Cima Dodici................................ 1997 ����������������������Cadetto Davide Magnini ......................................... Sc. Brenta Team................................ 1997 ����������������������Cadetto Elisa Dei Cas ................................................. Sc. Brenta Team................................ 1996 ����������������������Cadetto LORENZO ZAGNELLINI...............................Sc. Cima Dodici................................ 1993...........................Junior


87 > info pr

TOP GARE PITTURINA

assegna lo scudetto Appuntamento il 13 gennaio nel Comelico Superiore per il Campionato Italiano Assoluto Senior. La presentazione di Michele Festini on capita mai, in genere si rispettano principi di rotazione. Quindi c'è un motivo forte se per il secondo anno consecutivo viene assegnata al Comelico Superiore una prova di Campionato Italiano Assoluto. Il 20 gennaio 2013, infatti, la quinta edizione della Pitturina Ski Race assegnerà il titolo individuale di campione Italiano di scialpinismo nelle categorie Senior. Lo scorso anno si era disputato il titolo italiano a squadre: quindi si susseguono le due gare più importanti e 'sentite' dal movimento. Ne abbiamo parlato con Michele Festini, responsabile del Comitato Organizzatore. «Le gare di scialpinismo sono tutte belle e molte sono organizzate bene. Ma provate a chiedere ai concorrenti perché ritornano qui e capirete perché la Pitturina attrae come una classica, pur essendo una manifestazione giovanissima. Tutta la valle si mobilita per la gara! Non parlo 'solo' delle persone che hanno una funzione sul percorso, e sono centinaia con mezzi, elicotteri, motoslitte e toboga in quota. La Ski Race è il momento culminante di una serie

Nelle foto. In alto. Il lancio della scorsa edizione della Pitturina ©Areaphoto A sinistra. Uno scorcio del percorso ©Areaphoto

di iniziative che prendono il via già a dicembre: serate, mostre, uscite per ragazzi e per tutti. Qui abbiamo abbracciato lo scialpinismo, dopo il fondo. Questi sono i luoghi di De Zolt, Fauner, Piller Cottrer. Lo stesso Luciano Fontana, che ora è un tecnico dello scialpinismo, è stato campione di sci di fondo. E ora la nostra Alba De Silvestro sta galvanizzando la valle con le sue prestazioni. Anche le amministrazioni pubbliche sono sensibili: la nostra fortuna è il terreno, adat-

tissimo allo scialpinismo ma ancora poco conosciuto. Le montagne hanno forme dolomitiche, così possiamo creare percorsi tecnici e vari. E la gara passa anche in Austria, scavalcando la cresta di confine - la 'Pitturina', appunto - dove i pendii sono almeno altrettanto belli. Aspettatevi anche creste aeree, canali ripidi, corde fisse! Non lo nascondo: vogliamo arrivare a ospitare la Coppa del Mondo. La gente di queste valli ci tiene!». Info: www.lapitturina.it

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88 > ski-alp race

I GUERRIERI DELLA NOTTE testo: Guido Valota

Chi è Alessandro Plater ha 35 anni e un ottimo passato negli sport di endurance in montagna. Tecnico regionale per l'agricoltura, lavora anche con l'ASIVA come allenatore dei Giovani, tre dei quali fanno parte delle squadre nazionali di scialpinismo. Vive a Nus, a pochi chilometri da Aosta, ma è facile trovarlo più sopra, a Saint Barthelemy.

A

lessandro Plater è oggi più conosciuto come allenatore dei ragazzi dell'ASIVA, il Comitato Valdostano FISI che coincide in questo caso con la struttura della regione autonoma Valle d'Aosta dedicata agli sport invernali. Il suo ruolo lo sta tenendo fuori dalle battaglie in prima persona sulle pelli. Ma vanta un ottimo passato nello ski-alp race e, anche se si vede bene che allenare gli piace, dev'essere dura restare fermo sul percorso a guardare gli altri che si danno battaglia.

PLATER la notte non si scorda

«Bisogna essere per forza dei guerrieri, di notte. Sono gare corte, il tempo per allenarle ce l'hanno tutti, e tutti arrivano lì carichi e cattivi»

Non ti torna la voglia di gettarti nella mischia? «Non mi sono mai negato del tutto qualche notturna; a poche, ma partecipo ancora. Però c'è stato un periodo che non me ne perdevo una. Un anno ho corso solo notturne. Allora mi piazzavo abbastanza regolarmente in zona podio. Ora resto nei dieci, ma penso proprio che ricomincerò a prepararmi meglio». Com'è l'ambiente delle gare notturne in Valle d'Aosta? «Nel circuito valdostano (e piemontese) delle notturne la partecipazione è ancora in crescita e mediamente ci ritroviamo circa cento atleti a ogni appuntamento. Il circuito valdostano comprende anche gare diurne, a dire il vero, e in quelle occasioni i numeri aumentano perché si corrono nei fine settimana. Il livello è abbastanza alto, nel senso che vengono tutti per gareggiare. Quasi non c'è il contemplativo del chiaro di luna che vuole solo fare una passeggiata. Però la parte conviviale non manca, anzi! I dopogara sono sempre delle belle serate. È la parte che mi aveva attirato all'inizio e che mi piace ancora». Da allenatore dei Giovani, come inquadri le gare notturne? «Una seduta veloce in settimana ci sta. L'importante è recuperare bene senza inserire ancora

altra velocità ravvicinata. Magari non a tutte, ma con i ragazzi ci andiamo. Quando siamo in un periodo di scarico, serve anche da test per 'sentire' come stiamo. Abbiamo provato ad andarci anche tra gare di Coppa del Mondo. Se ai ragazzi piace, se arrivano lì e hanno proprio voglia di correre e si divertono, allora è comunque un fattore positivo per loro. Se hanno voglia di fare la sgasata, così si sfogano. Meglio che il contrario, o no?». Era bella la Pila Night Race, a coppie e con il tratto in cresta a piedi tra le fiaccole… «Sì, tra l'altro nel 2007 io e Matteo Teppey siamo arrivati terzi. Ogni tanto si parla di riesumarla. Ma di gare particolari ce n'erano anche altre, specialmente i primi anni. Anche perché le regole non erano chiare. A Torgnon, per esempio, era a coppie formate dal comitato organizzatore: uno forte e uno scarso. E il percorso aveva lunghi tratti piani. Arrivavano i fondisti cogneins, il Pecc per esempio, che ne sapevano una più del diavolo e mascheravano le pelli col nastro adesivo, o non lo so ancora adesso cosa facessero, ma passavano a velocità folle». E ora avete abolito anche voi le discese nelle gare notturne. «A me spiace, ma capisco bene la cautela degli organizzatori. In pista la velocità è altissima, i rischi effettivamente ci sono. In passato abbiamo avuto due incidenti, senza conseguenze gravi ma poteva finire molto peggio. Però non sono scomparse del tutto: nella gara di Champoluc, che supera i 2.000 metri di dislivello, ci sono ancora. E naturalmente anche nelle tappe diurne, che in pratica sono gare normali in ambiente. Ora il circuito si chiama 'Cronoscalate sotto le stelle... e il sole'. Prima c'era solo il gran finale all'Arp Vieille in Valgrisenche; adesso sono già diventate tre e la gente partecipa di più. Forse sta cambiando qualcosa».


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Ottimo atleta della MTB, è uno dei giovani emergenti nello ski-alp race

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el panorama dei giovani ski-alper, merita un occhio di riguardo Filippo Barazzuol. Classe 1989, di Torre Pellice in provincia di Torino, all'ultimo anno della facoltà di biologia, gareggia con ottimi risultati nella mountain bike e da qualche stagione ha deciso di dedicarsi sempre di più alle gare di scialpinismo. «Effettivamente tutto è iniziato per allenarmi durante l'inverno per la mountain bike, poi ho iniziato ad appassionarmi sempre di più, ed eccomi qui!». Nella scorsa stagione si è messo in evidenza con un quinto posto assoluto al Tour du Grand Paradis in coppia con Franco Collè che gli è valso la medaglia di bronzo nel Campionato Italiano Top Class. Un risultato importnate, che fa il paio con quelli sulle due ruote, in cui nella stagione appena conclusa si è imposto tra gli Elite Sport nella Coppa Piemonte e nel relativo trofeo 29er. «Ho finito la stagione della MTB a ottobre e ho riposato fino alla prima neve, anche se quest'anno fortunatamente è arrivata presto. Così poco riposo e via con le pelli: qualche gita lunga, cercando sempre di divertirmi in discesa». Nessun problema per Filippo nella transizione tra i due sport, apparentemente piuttosto lontani. «Assolutamente no, durante l'estate gareggio quasi ogni week-end, quindi di ritmo ne ho. Così preferisco recuperare prima di passare allo sci. Comunque li trovo due sport assolutamente compatibili e in un certo senso simili: in entrambi i casi puoi avere il motore che vuoi, ma senza un minimo di tecnica, non vai da nessuna parte». Un'esperienza importante per Barazzuol è stata quella con il Comitato AOC. «Beh, direi di sì, mi hanno dato l'opportunità di fare gare in giro per l'Italia e poi con il tecnico Andrea Basolo ho corso parecchie gare in coppia, che mi sono servite per crescere e imparare». Motore sì, dunque, ma anche ottima padronanza tecnica in discesa. «Ho fatto diversi anni in sci club da ragazzino, per cui me la cavo abbastanza bene. È più importante di quanto si creda, perché per guadagnare un minuto in salita bisogna faticare parecchio, mentre per perderlo in discesa, basta una stupida caduta». Idee chiare e carte in regola per far bene. Ma c'è una programmazione per crescere nello ski-alp race? «Mi arrangio da solo, cerco di adattare quello che ho imparato nella MTB e trasferirlo allo sci. Per quanto riguarda i materiali, mentre lo scorso anno avevo Bottero che mi aiutava, da quest'anno si è affiancato Movement, con Chicco Gilio e gli altri che sono molto preparati dal punto di vista tecnico... Prima di allora non pensavo si sciolinassero le pelli!». Obiettivi per la stagione agonistica? «Divertirmi, prima di tutto. Ma ci sono un po' di gare che mi piacciono, tra cui il Sellaronda, che dovrei fare in coppia con Franco Collè». Ciclista e ski-alper, quindi niente trail running o vertical? «No, correre non mi piace. La discesa a piedi non mi diverte. Però ogni tanto qualche giretto di corsa me lo faccio».

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PROVE SUL CAMPO TESTO E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORI: Alain Seletto, Andrea Basolo

Leopardo contro Alieno Tra le categorie gara e grantour esiste un mondo intermedio, votato alle prestazioni ma lontano dagli estremismi dei prodotti race, sino allo scorso anno riserva di caccia di Scarpa Alien. Ora Dynafit insidia questo monopolio con i nuovi PDG. Ecco un confronto serrato tra gli scarponi pi첫 desiderati del momento

Condizioni del test Luogo: ................................................................................................................... Cervinia (AO) Temperatura: .................................................................................................da -7째C a -11째C Condizioni atmosferiche: ..............................................................sereno, vento teso Neve: ...............................................................................................................................polverosa Sci: .................................................................................................... Ski Trab Duo Race Aero Attacchi: ........................................................................................ATK Race SL World Cup Pelli: ..............................................................................................................Pomoca Race Pro


91 > materiali

Scarpetta PDG: 41 g più leggera A fianco, da sinistra a destra, la scarpetta termoformabile di PDG e Alien. Il componente Dynafit è più leggero di 41 grammi (42 g adottando il sottopiede facoltativo). La conformazione è pressoché identica, caratterizzata da una fascia in velcro al vertice della tibia e da spessori in corrispondenza del polpaccio. Scarpa cambia rispetto al passato, rinunciando agli inserti antiscivolo lungo il tallone. La dotazione di serie di PDG include un plantare aggiuntivo (14 grammi) da inserire tra scafo e scarpetta.

T

ra race e grantour. Ovvero tra il mondo dell’agonismo più estremo e quella dimensione che fa un'arte del compromesso fra comfort e prestazioni. Un’inedita categoria, definibile ‘performance’, cui appartengono Dynafit Dy.N.A. PDG e Scarpa Alien, due dei modelli più richiesti in negozio. Rivali diretti. Scelta principe per quanti desiderano prestazioni e dimensioni prossime ai modelli da gara, ma senza gli estremismi dei prodotti race. Gambetto in plastica o fibra di vetro Battono tracce simili. Derivano entrambi da modelli race e si discostano da questi per il gambetto in materiale meno pregiato del carbonio, per sistemi di chiusura tibiale mediante ganci metallici anziché laccetti e per scarpette meno estreme sotto il profilo tanto degli spessori quanto del comfort termico. Nel dettaglio, i PDG condividono lo scafo in Grilamid (plastica) con i ‘fratelli’ race Dy.N.A. Evo. Le principali differenze risiedono nel gambetto, in fibra di vetro anziché in carbonio, e nelle leve che utilizzano come tiranti, anziché i laccetti, dei cordini in Kevlar e metallo simili a quanto adottato dai grantour TLT5 Performance. In aggiunta, la leva del sistema skiwalk lavora in abbinamento a una rastrelliera in magnesio anziché in velcro e viene fornito in dotazione uno strap tibiale. Cambia la scarpetta termoformabile: alla TF Race Evo da 135 g di Dy.N.A. EVO è preferito un modello dedicato, denominato TF Race PDG, pesante 130 g (142 g


92 > materiali

PROVE SUL CAMPO

Dynafit Dy.N.A.PDG

Top Feature 130 g

SCHEDA TECNICA (dati dichiarati) Dynafit Dy.N.A. PDG www.dynafit.it Scafo: Grilamid (plastica) Gambetto: fibra di vetro. Spoiler in Pebax (plastica) Mobilità gambetto: 62° - inclinazione anteriore regolabile (15-18°) Leve: 2 + fascia in velcro Suola: Dynafit Evo Race Scarpetta: Palau TF Race PDG termoformabile Peso: 790 g (27,0 MP) Misure: da 22,5 a 29,0 MP (incluse ½ misure) Colori: bianco/blu Prezzo: 650 euro RILEVAMENTI MISURA 27,0 MP LUNGHEZZA SCAFO 289 mm MAX LARGHEZZA esterna SCAFO 102 mm PESO 834 g PESO SCOCCA 704 g (strap in velcro incluso) PESO SCARPETTA 130 g 142 g (sottopiede facoltativo incluso) PREDISPOSIZIONE ATTACCHINO si PESO

EFFICACIA IN SALITA

includendo il sottopiede opzionale) e simile, data la presenza di una fascia in velcro e di spessori in corrispondenza di tibia e polpaccio, a quanto adottato dai TLT5 Performance. Differenze che portano il peso complessivo a 834 g contro i 710 g dei ‘fratelli’ race. Come accennato, anche gli Alien condividono con il modello gara (1.0) lo scafo in plastica, cui abbinano un gambetto in poliammide anziché in carbonio. Non muta il sistema ski-walk mediante leva posteriore, ma cambia la chiusura tibiale: ai soli laccetti è preferita una soluzione costituita dall’abbinamento di un lacciolo con un gancio metallico. Invariato il sistema d’allacciatura Boa che mediante una bobina collegata a un cavetto permette di personalizzare l’avvolgimento del piede. La scarpetta non ha

TRANSIZIONE SKI-WALK

La scarpetta è degna di un race puro

CONTRO

PRO Leggerezza

Accentuata inclinazione anteriore del gambetto

I VOTI DI SKI-ALPER TRASMISSIONE IMPULSI

nulla a che vedere con Alien 1.0: sia considerando il ‘vecchio’ modello race da 106 g a sovrapposizione di lembi, sia prendendo in esame la nuova soluzione a calza (di cui si può leggere nel box dedicato) da 110 g. Alien sfrutta così un componente discretamente imbottito, forte di una fascia in velcro e di spessori in corrispondenza di tibia e polpaccio, la cui versione 2013 rinuncia agli inserti antiscivolo del passato; collocati in corrispondenza del tallone e talora accusati di favorire la formazione di vesciche, non consentendo alcun movimento della scarpetta all’interno dello scafo. Il peso dell’inedita scarpetta si attesta a 171 g (184 g includendo il sottopiede facoltativo), contribuendo a portare la massa complessiva di Alien a 853 g contro i 713 g dei ‘fratelli’ race 1.0.

COMFORT

Rapporto qualità/prezzo

PDG più leggeri di 19 grammi Tra PDG e Alien la battaglia del peso vede primeggiare Dynafit: 834 g contro gli 853 g di Scarpa. Una differenza di 19 grammi merito non tanto della scocca di PDG, anzi lievemente più pesante (704 g anziché 682), quanto della scarpetta decisamente più light: 130 g invece di 171 g. Dato, quello Dynafit, degno della categoria race. Basti pensare che i Pierre Gignoux XP 444 adottano componenti da 139 g. Meno ‘race oriented’ le scocche: 704 e 682 g sono valori distanti dalla media della categoria race (560 grammi). PDG e Alien, del resto, non fanno ricorso al carbonio. E se da un lato il portafogli ringrazia, dall’altro resta comunque molto ampio il gap rispetto ai prodotti tipicamente da escursionismo.


93 > materiali

Top Feature Da 24 a 30 MP Scarpa non realizza mezze misure

PRO Escursione del gambetto

EFFICACIA IN SALITA

CONTRO Impermeabilità

TRANSIZIONE SKI-WALK

I La Sportiva Spitfire, ad esempio, migliori grantour 2013, pesano 1.180 grammi, mentre i rispettivi modelli Dynafit e Scarpa non fanno meglio di 1.241 g (TLT5 Mountain TF-X) e 1.422 g (Rush). Un abisso. PDG e Alien sono molto simili anche quanto a dimensioni: la lunghezza dello scafo è pressoché analoga, pari rispettivamente a 289 e 287 mm, così come la larghezza (102 contro 104 mm). Qual è, allora, la differenza più rilevante? Il sistema d’allacciatura Boa, appannaggio di Scarpa. Grazie a una bobina collegata a un cavetto permette di personalizzare con estrema precisione l’avvolgimento del piede. Per quanto efficace e immediata, la leva Dynafit lungo lo scafo non permette una regolazione altrettanto precisa.

SCHEDA TECNICA (dati dichiarati) Scarpa Alien www.scarpa.net Scafo: poliammide (plastica) Gambetto: poliammide (plastica) Mobilità gambetto: nd. – inclinazione anteriore regolabile (9-13°) Leve: 1 + Boa System Suola: Vibram/Scarpa UFO Scarpetta: Alien Intuition Light 10614-500/2 termoformabile Peso: 850 g Misure: da 24,0 a 30,0 MP Colori: giallo fluo Prezzo: 649,00 euro RILEVAMENTI MISURA 27,0 MP LUNGHEZZA SCAFO 287 mm MAX LARGHEZZA esterna SCAFO 104 mm PESO 853 g PESO SCOCCA 682 g (strap in velcro incluso) PESO SCARPETTA 171 g 184 g (sottopiede facoltativo incluso) PREDISPOSIZIONE ATTACCHINO si

I VOTI DI SKI-ALPER PESO

Scarpa Alien

TRASMISSIONE IMPULSI

Scarpetta ‘a calza’ per Alien 1.0 Il 2013 porta in dote affinamenti per Alien 1.0. Specie per quanto concerne le scarpette termoformabili Intuition. Al precedente modello a lembi sovrapposti (a destra in foto) subentra un’inedita soluzione ‘a calza’ in pezzo unico. Il peso cresce di una manciata di grammi (da 106 a 110 g), ma i nuovi componenti promettono un migliore avvolgimento del piede e un comfort superiore, grazie soprattutto agli inediti spessori in corrispondenza di tibia e polpaccio. www.scarpa.net

COMFORT

Rapporto qualità/prezzo


94 > materiali

PROVE SUL CAMPO

Suole a norma ISMF

Sopra, le suole in gomma monomescola di PDG, a sinistra, e Alien, a destra. Rispettano il regolamento ISMF che prevede componenti in pezzo unico per le competizioni. Sono identiche a quanto adottato dai modelli da gara Dy.N.A. Evo e Alien 1.0.

Ski-walk diverso, analoghe funzioni

Nelle due foto in alto. I PDG beneficiano dell’ormai tipica leva Dynafit al vertice del gambetto, in grado di gestire la chiusura tibiale e al contempo il sistema ski-walk. Alien si affida invece all’altrettanto classica, per Scarpa, leva posteriore, evoluzione di quanto adottato dallo storico modello F1. Anch’essa consente la contemporanea gestione dell’allacciatura tibiale e del blocco/sblocco del gambetto.

Alien con Boa System

Nelle due foto in basso. Analogamente ai race 1.0, gli Alien sono dotati del sistema Boa che mediante una bobina collegata a un cavetto permette di personalizzare con estrema precisione l’avvolgimento del piede. Dynafit s’affida invece a una tradizionale leva collocata in prossimità del collo del piede.


95 > materiali

Gambetto Scarpa più alto Le dimensioni di PDG e Alien sono pressoché analoghe. La lunghezza dello scafo si attesta, rispettivamente, a 289 e 287 mm, la larghezza a 102 e 104 mm. Valori identici ai race Dy.N.A. Evo e Alien 1.0. La differenza principale riguarda l’altezza del gambetto, superiore di 7 mm per Scarpa (322 mm contro 315 mm).

Mobilità eccezionale per Alien Analogamente ai modelli race dai quali derivano, l’escursione del gambetto vede Scarpa primeggiare. La mobilità è eccezionale, da riferimento. Dal canto proprio, i PDG sono senza dubbio performanti, ma caratterizzati da una resistenza al movimento lievemente superiore ad Alien. Una differenza minima, sufficiente però per consegnare lo ‘scettro della salita’ a Scarpa. In entrambi i casi avvicinano, pur senza eguagliare, l’efficacia degli scarponi race, lasciando a distanza siderale i modelli grantour. Con l’unica eccezione dei La Sportiva Spitfire, penalizzati non tan-

Concorrenti Esistono ulteriori modelli ascrivibili alla categoria ‘performance’, rivali di Alien e PDG? Sì, ma è necessario rivolgersi al mondo artigiano.

to dalla mobilità del gambetto, anzi paragonabile, quanto dal surplus di peso. La funzionalità dei sistemi ski-walk si equivale: in entrambi i casi è necessaria un minimo di pratica. La principale differenza in discesa riguarda l’altezza del gambetto (315 mm per Dynafit, 322 mm per Scarpa), che rende il feeling con Alien più immediato per gli scialpinisti di statura elevata. La precisione nella trasmissione degli impulsi è pressoché identica e si attesta su ottimi livelli, accompagnata da un assorbimento delle sollecitazioni superiore ai modelli race. Specialmente per Alien, il cui gambetto in plastica garantisce un comfort insospettabile in caso di terreni duri e ondulati.

Estremamente naturale per entrambi la rullata. Il capitolo comfort, infine, vede svettare i PDG. Non tanto a livello termico quanto sotto il profilo dell’alloggiamento dell’avampiede, più generoso, e dell’impermeabilità. Sebbene penetri acqua all’interno della scarpetta utilizzandoli senza tuta da gara, specie in corrispondenza del collo del piede, le infiltrazioni si rivelano decisamente meno intense che calzando i rivali. Anche ricorrendo alla ghetta Scarpa dedicata (pesante 25 grammi), cui è impossibile rinunciare. In estrema sintesi, le prestazioni eleggono Alien, seppur di misura, migliori scarponi ‘performance’. Comfort e leggerezza sorridono ai PDG.

Pierre Gignoux XP Mountain Derivano (molto) strettamente dai race XP 444, con i quali condividono la scocca integralmente in carbonio e il sistema ski-walk mediante leva posteriore che s’innesta in un perno. Differiscono per il bordone in gomma, di cui gli XP 444 sono privi, la ghetta antineve di serie e la suola Vibram dagli spessori e tasselli più pronunciati. Pesano 783 g (taglia 26,5 MP) contro gli 834 g di PDG e gli 853 g di Alien (entrambi 27,0 MP). Vantaggio legato principalmente alla scocca in fibre composite (656 g ghetta inclusa). Costano il doppio rispetto a Dynafit e Scarpa: 1.300 euro. www.pierregignoux.fr


96 > materiali

PROVE SUL CAMPO TESTO E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Guido Salvetti

Movement Bond-X Rappresentano il ‘ponte’ ideale tra grantour e freeride mountaineering. Leggerissimi, facili e maneggevoli, eccellono nel galleggiamento nonostante una superficie di portanza non troppo ampia Delle piume, come da tradizione Movement. Sia considerando l’ambito grantour, sia analizzando, in special modo, il mondo freeride mountaineering. Nel primo caso, nonostante una lunghezza effettiva di 176,5 centimetri, circa 7 centimetri superiore alla media della categoria, i Bond-X sopravanzano attrezzi di misura e superficie di portanza decisamente meno generose. Con un peso di 1.084,5 grammi fanno meglio, ad esempio, di Elan Alaska Pro, migliori grantour 2013, forti di una massa di 1.149 grammi a fronte di una lunghezza rilevata di 169,7 centimetri. Nel secondo caso, come accennato, non temono rivali. O meglio, non temono rivali… che non siano Movement. I ‘fratelli’ Logic-X sono infatti più leggeri di oltre 50 grammi, favoriti peraltro da una misura inferiore di 1 centimetro. Dynastar Altitrail Mythic Light, migliori freeride mountaineering 2013, si collocano a distanza siderale: 1.662,5 grammi (178,0 cm) contro 1.084,5 grammi (176,5 cm). Dei ‘doppioni’ di Logic-X? Tutt’altro. Debutta infatti una generosa curvatura rocker sia in spatola sia in coda, sconosciuta al resto della generazione X svizzera. In aggiunta, la sciancratura è meno marcata (119,6/83,5/108,4 mm contro 126,5/87,7/114,5 mm) e il raggio calcolato più contenuto (16,6 m anziché 17,5 m), al pari della superficie di portanza (1.403 cm² invece di 1.577). I Bond-X sono peraltro più rigidi sia dei grantour sia dei freeride mountaineering di casa Movement. Da un lato la flessione si attesta a 8,0 centimetri contro, rispettivamente, i 9,6 centimetri di Logic-X e i 10,6 centimetri di

Random-X, valore nella media tra i freeride mountaineering e tra i migliori in ambito grantour, dall’altro la resistenza alla torsione in coda cresce rispetto a Logic-X (17,5° contro 21°). SULLA NEVE Nonostante la superficie di portanza non eccezionale, il galleggiamento è superiore ai ‘fratelli’ Logic-X. Merito sia della coda più strutturata, che agevola l’emersione della spatola in condizioni di neve crostosa, sia della generosa curvatura rocker. Cresce la maneggevolezza, mai in discussione anche in presenza di manti smossi o poco regolari. Rovescio della medaglia, la struttura ‘a culla’ non favorisce la stabilità sui fondi duri e al crescere della velocità, mancanze peraltro condivise da Logic-X, con Bond-X però maggiormente a proprio agio realizzando archi di curva ampi. Comportamento favorito, come accennato, della coda forte di una superiore rigidità torsionale. Sul ripido brillano per rapidità d’inversione degli spigoli, da riferimento tra i freeride mountaineering, a patto di sciare in presenza di superfici cedevoli; sul duro la spatola non incide immediatamente la neve e richiede un discreto lavoro di caviglie per essere indirizzata con precisione. Eccezionale la facilità di recupero dell’errore, così come la capacità di ‘digerire’ le asperità. Sono sci per tutti. Costituiscono realmente il trait d’union tra il mondo freeride mountaineering e grantour, forti oltretutto di una superiore facilità rispetto a Logic-X in condizioni di neve profonda.

Top feature 5,0°

Rocker marcato sia in spatola sia, soprattutto, in coda

I concorrenti

Non esistono rivali diretti altrettanto polivalenti e leggeri. Scendendo a compromessi, ecco tre modelli che possono costituire un’alternativa

Dynafit Mustagh Ata Superlight Grantour adatti a sciatori di qualsiasi livello, brillano per facilità e maneggevolezza. Più stabili di Bond-X, garantiscono un feeling immediato, sebbene l’inversione di spigoli non sia fulminea quanto i rivali svizzeri a causa della superiore larghezza sotto il piede (85,7 mm contro 83,5). Prediligono nevi profonde, analogamente a Movement. Prezzo decisamente inferiore: 500 euro contro 806 euro. Il peso, però, non è nemmeno comparabile: 1.255 grammi (169 cm) anziché 1.084,5 grammi (177 cm). www.dynafit.it

Hagan Chimera 1.0 Sono rapidi nell’inversione di spigoli e maneggevoli in qualsiasi condizione di neve. Efficaci nei passaggi angusti. Affrontando curve ampie in conduzione la stabilità scema, analogamente ai rivali svizzeri, mentre in neve profonda il galleggiamento è di buon livello sebbene inferiore a Movement. Si difendono in salita grazie alla massa contenuta, pur pesando 286 grammi più di Bond-X. Adatti a sciatori di qualsiasi livello, costano 549 euro. www.hagan-ski.com


97 > materiali

I VOTI DI SKI-ALPER

Peso

FEELING

Maneggevolezza

SCHEDA TECNICA* MOVEMENT BOND-X www.movementskis.com Costruzione: pseudo sandwich Anima legno di Karuba e pioppo con laminati di carbonio Soletta: grafite P-Tex 4000 Lamine: acciaio da 1,3 mm Sciancratura: 120/84/109 mm (177 cm) Raggio: 19,0 m (177 cm) Peso: 1.150 g (177 cm) Lunghezze: 161, 169, 177, 183 cm Prezzo: 806 euro *dati dichiarati RILEVAMENTI LUNGHEZZA dichiarata 177 cm LUNGHEZZA rilevata 176,5 cm SCIANCRATURA rilevata 119,6/83,5/108,4 mm CAMBER 12,1 mm ROCKER in punta 5,0° ROCKER in coda 5,0° SUPERFICIE DI CONTATTO 142,1 cm SUPERFICIE DI PORTANZA 1.403 cm² RAGGIO calcolato 16,6 m PESO rilevato 1.084,5 g (1.085 g – 1.084 g) TORSIONE in spatola 19,0° TORSIONE al centro 1,0° TORSIONE in coda 17,5° FLESSIONE 8,0 cm PRO ............................................................................................................... .... ..............Leggerezza CONTRO......................................................................................................... Stabilità in velocità

Scott Fly’Air Vocazione simile a Bond-X: trait d’union tra grantour e freeride mountaineering. Il peso, però, è sensibilmente superiore: 1.312,5 grammi (174,6 cm) contro 1.084,5 grammi (176,5 cm). Buono il galleggiamento, anche se inferiore ai rivali; caratteristica legata, più che alla struttura degli attrezzi, alla minore ampiezza sotto il piede (77,4 mm anziché 83,5) e al rocker solo accennato in punta. Soddisfacente, ma non altrettanto elevata, la maneggevolezza. Prezzo da discount: 449 euro! www.scott-sports.com

Stabilità in velocità

Rapporto qualità/prezzo


98 > materiali

PROVE SUL CAMPO TESTO E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Alain Seletto

Scott Fly’Air Amano le nevi profonde. Facili e intuitivi, i freeride mountaineering americani possono contare su di un buon galleggiamento nonostante la larghezza ridotta sotto al piede. Il peso abbastanza contenuto li rende adatti anche a facili grantour. Scarsa stabilità Moderata vocazione freeride mountaineering, geometrie da grantour, curvatura lievemente rocker: le tre anime di Scott Fly’Air. Il cui punto di forza è il peso: con 1.312,5 g si collocano tra i freeride mountaineering più leggeri. Fanno meglio, ad esempio, di Hagan Chimera 1.0 (1.370,5 g) ed Elan Himalaya (1.484 g). Dato che consente loro di affacciarsi al mondo grantour, con il

quale condividono la superficie di portanza contenuta (1.390 cm²) e, soprattutto, la non eccezionale ampiezza sotto il piede (77,4 mm). Valore, quest’ultimo, ai limiti della categoria freeride mountaineering: i citati Hagan ed Elan possono infatti contare, rispettivamente, su 86,5 e 96,1 mm. Se geometrie e raggio contenuto (15,4 m) avvicinano i Fly’Air all’escursionismo classico, resi-

stenza alle torsioni in coda e struttura abbastanza rigida li collocano appieno nel mondo freeride mountaineering. Una natura ambivalente che trova conferma nella curvatura caratterizzata da un camber accentuato (9,0 mm) cui si accompagna un accenno di rocker in spatola (0,5°). Ciò che allontana gli sci Scott da entrambe le categorie è il prezzo: 449 euro. Da discount. Inferiore, nonostante l’elevata qualità costruttiva e le finiture curate, persino ad alcuni modelli entry level. SULLA NEVE L’abito non fa il monaco. Analogamente, i dati non sempre fanno lo sci. La larghezza sotto il piede di 77,4 mm, tutt’altro che generosa per dei freeride mountaineering, lascerebbe pensare a un galleggiamento non eccezionale da parte di Fly’Air. In realtà, gli sci americani si esprimono al meglio proprio in presenza di coltri profonde, complice la spatola morbida che copia fedelmente il terreno consentendo di emergere agevolmente da croste e nevi ventate. Perdonano l’errore e consentono anche ai neofiti di avvicinarsi al fuoripista. Sui fondi duri trasformati emergono alcune difficoltà. Se non presta il fianco a critiche la fase d’inserimento, rapida e intuitiva, altrettanto non si può dire della chiusura di curva, dove si percepiscono moderate perdite di direzionalità da parte della coda. Coda che, infatti, tende a smarrire la conduzione qualora si esasperino gli archi e supporta solo discretamente al salire della velocità, rivelandosi anzi abbastanza cedevole. In compenso, la maneggevolezza è elevata e l’inversione degli spigoli veloce. Sono adatti a sciatori abbastanza leggeri e non troppo forti fisicamente. Ideali per quanti si avvicinano al freeride mountaineering e desiderano un prodotto polivalente, efficace sia in neve fresca sia, grazie al peso contenuto, in salite di media difficoltà.

I concorrenti

Geometrie e peso li avvicinano al mondo grantour. Carattere e galleggiamento sono però in linea con i freeride mountaineering meno estremi.

K2 BackUp ‘Made in Usa’ come Scott, i freeride mountaineering K2 condividono con Fly’Air la non eccezionale larghezza sotto il piede (81,5 mm), la curvatura rocker solo accennata in spatola e, a parità di lunghezza, la non straordinaria superficie di portanza (1.386 cm² contro 1.390 cm²). Caratteri opposti: i BackUp prediligono terreni duri trasformati, i Fly’Air coltri profonde e cedevoli. Prezzo lievemente superiore: costano 480,70 euro. www.k2skis.com

La Sportiva GTR Il buon galleggiamento, la generosa larghezza sotto al piede (82,2 mm) e la discreta superficie di portanza (1.386 cm²) rendono i grantour italiani adatti anche al freeride mountaineering. Il peso specifico è inferiore a Fly’Air (7,3 g/cm contro 7,5 g/cm), ma così anche feeling, risposta elastica e rapidità d’inserimento di curva. Rocker in punta identico (0,5°) e flessione simile (9,4 cm anziché 8,6). Costano 529 euro. www.lasportiva.com


99 > materiali

I VOTI DI SKI-ALPER

Peso

FEELING

Maneggevolezza

SCHEDA TECNICA* Scott Fly’Air www.scott-sports.com Costruzione: sandwich Anima: legno di Paulownia. Rinforzi in fibra di vetro Soletta: grafite sinterizzata Lamine: acciaio Sciancratura: 118/80/108 mm (175 cm) Raggio: 14,0 m (175 cm) Peso: nd. Lunghezze: 165, 175 cm Prezzo: 449 euro *dati dichiarati RILEVAMENTI LUNGHEZZA dichiarata LUNGHEZZA rilevata SCIANCRATURA rilevata CAMBER ROCKER in punta ROCKER in coda SUPERFICIE DI CONTATTO SUPERFICIE DI PORTANZA RAGGIO calcolato PESO rilevato TORSIONE in spatola TORSIONE al centro TORSIONE in coda FLESSIONE

175 cm 174,6 cm 117,1/77,4/107,5 mm 9,0 mm 0,5° 0,0° 146,5 cm 1.390 cm² 15,4 m 1.312,5 g (1.308 – 1.317 g) 19,0° 1,5° 17,5° 8,6 cm

PRO.............................................. Maneggevolezza in neve fresca CONTRO........................................................................Coda cedevole

Condizioni del test Luogo:...................................................................................... Cervinia (AO) Temperatura:................................................................... da -7°C a -11°C Condizioni atmosferiche:................................ sereno, vento teso Neve:..................................................................................................polverosa Attacchi:....................................................................................ATK Race RT Pelli:............................................................................................ Pomoca Free

Movement Bond-X Il perfetto trait d’union tra grantour e freeride mountaineering. Il peso è sensibilmente inferiore a Fly’Air: 1.084,5 g (176,5 cm) contro 1.312,5 g (174,6 cm). Ottimo il galleggiamento, migliore rispetto a Scott grazie sia alla maggiore larghezza sotto al piede (83,5 mm contro 77,4), sia alla superiore superficie di portanza (1.403 cm² contro 1.390), sia al rocker più accentuato in spatola e coda. Prezzo elevato: 806 euro. www.movementskis.com

Top Feature 1.312,5 g sono tra i freeride mountaineering più leggeri

Stabilità in velocità

Rapporto qualità/prezzo


100 > materiali

PROVE SUL CAMPO TESTO E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Guido Salvetti

Carpani Spigolino Light Carbon Hanno un’anima ‘pistaiola’: grintosi e stabili in velocità su nevi dure trasformate, non amano le coltri profonde o molto ondulate. Scarso galleggiamento. Più leggeri dei ‘fratelli’ Spigolino Free: il peso rientra nella media dei freeride mountaineering Evoluzione ‘light’ dei freeride mountaineering Spigolino Free, ne rispecchiano struttura e costruzione, fatta eccezione per la presenza d’inediti inserti in fibra di carbonio. Differenza che comporta una notevole riduzione della massa: 1.504 g (170,0 cm) contro 1.947,5 g (180,2 cm). Valore cui consegue un peso specifico di 8,847 g/cm anziché 10,819 g/cm: nella media della categoria al contrario dei citati Spigolino Free, tutt’altro che leggeri. Cresce la rigidità torsionale: la deformazione in spatola, applicando una forza torcente di 60 kg, passa dai 32,0° di Spigolino Free ai 22,0° di Spigolino Light Carbon. Analogo discorso in coda (da 25,5° a 18,5°), mentre è confermata la deformazione sotto il piede (1,5°). Valori, in ogni caso, abbastanza elevati, specie in punta. Invariati l’assenza di curvatura rocker, il camber solo accennato (4,6 mm) e la struttura morbida in flessione (11,7 cm). SULLA NEVE Più leggeri di Spigolino Free, quindi utilizzabili in salita senza eccessivi sacrifici, non smentiscono il carattere dei ‘fratelli’: la risposta elastica è vigorosa, possente, entusiasmante se sfruttata da sciatori forti fisicamente che amino disegnare curve ampie in conduzione. Performanti in presenza di fondi duri, si rivelano, complice la lunghezza contenuta (170 cm), ostici nell’emergere dalle croste e poco propensi al galleggiamento. Per questo adatti a coltri trasformate, preferibilmente poco ondulate. Tutt’altro che a proprio agio, come accennato, in neve profonda o smossa. Condizione, quest’ultima, nella quale la struttura assorbe solo parzialmente i contraccolpi trasmettendo nitidamente le sollecitazioni allo sciatore e favorendo l’arretramento involontario del baricentro. Ottimi per quanti vogliano utilizzare gli stessi attrezzi sia in pista sia lungo fuoripista primaverili caratterizzati da fondi trasformati poco cedevoli.

I VOTI DI SKI-ALPER

Peso

SCHEDA TECNICA* Carpani Spigolino Light Carbon www.carpanisci.com Costruzione: sandwich Anima: legno di frassino e pioppo. Rinforzi in fibra di vetro e carbonio Soletta: grafite P-Tex 5000 Lamine: acciaio Sciancratura: 124/85/112 mm (170 cm) Raggio: 18,0 m (170 cm) Peso: nd. Lunghezze: 170, 180 cm Prezzo: 530 euro (pelli incluse) *dati dichiarati RILEVAMENTI LUNGHEZZA dichiarata 170 cm LUNGHEZZA rilevata 170,0 cm SCIANCRATURA rilevata 123,4/84,8/110,7 mm CAMBER 4,6 mm ROCKER in punta 0,0° ROCKER in coda 0,0° SUPERFICIE DI CONTATTO 148,5 cm SUPERFICIE DI PORTANZA 1.499 cm² RAGGIO calcolato 17,1 m PESO rilevato 1.504 g (1.503 g – 1.505 g) TORSIONE in spatola 22,0° TORSIONE al centro 1,5° TORSIONE in coda 18,5° FLESSIONE 11,7 cm PRO...........................................................................Stabilità in velocità CONTRO.................................................................... Galleggiamento Condizioni del test Luogo: ............................................................. ghiacciaio Presena (TN) Temperatura: .................................................................. da -7°C a -11°C Condizioni atmosferiche: ....................................... nebbia e vento Neve: .................................................................................................polverosa Attacchi: ............................................................................Diamir Eagle 12 Pelli: .......................................................................................... Pomoca Free

FEELING

Maneggevolezza

Stabilità in velocità

Rapporto qualità/prezzo


101 > materiali

ANTEPRIMA TESTO: Sebastiano Salvetti FOTO: Ralf Brunel

La Sportiva Stratos Cube

Tre volte Stratos Sopra, i nuovi Stratos Cube, terza generazione degli scarponi race La Sportiva, raccolgono l’eredità e l’esperienza maturate dall’azienda di Ziano di Fiemme con Stratos e Stratos Evo.

La terza generazione di Stratos abbandona il carbonio in favore del Carbon Kevlar. Il sistema ski-walk adotta soluzioni a cavo mutuate dal mondo del ciclismo. Peso strabiliante: 537 g nella misura 28,0 MP Rappresentano la terza generazione degli scarponi race La Sportiva. E sono una rivoluzione. Al carbonio ‘duro e puro’ di Stratos Evo, che restano in produzione, subentra un composito in Carbon Kevlar utilizzato sia per lo scafo sia per il gambetto. Cambia radicalmente il sistema ski-walk, affidato come in passato a un’unica leva al vertice della tibia, ma forte di un gioco di rinvii coadiuvato da una soluzione a cavo metallico simile, nella regolazione della tensione, a quanto adottato dai freni delle biciclette. Il perno per il bloccaggio del gambetto può essere personalizzato in funzione dei ramponi e consente di optare tra 5 diverse posizioni di discesa; scongiurando al contempo qualsiasi contatto con il materiale composito, a tutto vantaggio della solidità della struttura. Cambia radicalmente la conformazione dell’arco plantare, meno pronunciato che in passato. Suola in gomma bimescola Vibram Ice Trek. In favore del comfort termico agisce una soletta interna, estraibile e intercambiabile, derivata dagli scarponi per l’alpinismo invernale Batura 2.0. Stratos Cube, pesati dinanzi ai nostri occhi ed equipaggiati con scarpetta bikini (unica disponibile, accreditata di una massa di 80 g nella taglia 27,0 MP), hanno fatto registrare lo strabiliante peso di 537 grammi nella misura 28,0 MP. Vale a dire 121 grammi meno di Stratos Evo, oltretutto questi ultimi taglia 27,0 MP. Arriveranno a settembre 2013.

‘Piume’ in Carbon Kevlar Pesati dinnanzi ai nostri occhi, Stratos Cube misura 28,0 MP hanno fatto registrare un peso di 537 grammi. Più leggeri di 121 grammi rispetto a Stratos Evo taglia 27,0 MP e di 88 g qualora confrontati a Pierre Gignoux XP 444 Ultimate. Questi ultimi taglia 27,5 MP, ma con scarpetta in ‘pezzo unico’ anziché bikini come i rivali italiani.


102 > materiali

PROVE SUL CAMPO TESTO E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Sebastiano Salvetti

Clikelite Contrejour 35 Abbina fotografia e scialpinismo. Lo zaino americano consente il trasporto tanto di un corredo professionale quanto dell’attrezzatura per un’escursione giornaliera. Agevole fissare gli sci. Traspirazione e impermeabilità migliorabili. Ottima l’ergonomia

C

ogliere l’attimo. Fissare un istante consegnandolo all’eternità. Fotografare. Ad alto livello, con attrezzature professionali. Quale migliore occasione di un’escursione scialpinistica? Spesso, però, l’idea di abbandonare lenti e corpi macchina sul fondo dello zaino, avvolti dagli indumenti a protezione dagli urti, fa rabbrividire. La soluzione sono gli zaini Clikelite Contrejour: sacchi fotografici destinati allo sport, ski-alp in primis, caratterizzati da scomparti dedicati per trasportare l’attrezzatura fotografica separatamente dai capi d’abbigliamento e dalla dotazione scialpinistica. Nel dettaglio, il modello Contrejour 35 consente di stivare, in una cellula di sicurezza semirigida, un corpo macchina professionale abbinato a un medio tele, quattro obiettivi, un flash esterno, filtri e svariati accessori. Sfruttando scomparti presagomati, modulabili grazie al fissaggio interno mediante velcro. La volumetria riservata all’utilizzo escursionistico (15 litri), consente di portare con sé indumenti, viveri e accessori per un’uscita giornaliera. In aggiunta, è possibile fissare esternamente un treppiede. Contrejour 35 pesa 2.057 grammi. Circa 700 g più di uno zaino comune di pari dimensioni. Accesso dallo schienale al vano fotografico Attrezzatura fotografica, indumenti, cibo…

peso! Proibitivo? Apparentemente sì. Nella realtà agevole da gestire grazie sia al telaio interno in alluminio che garantisce stabilità sia, soprattutto, alle cinture ventrali sovradimensionate e semirigide che consentono di scaricare sul bacino carichi altrimenti insostenibili per schiena e spalle. Avanzando, tanto con le pelli quanto camminando, in modo sorprendentemente naturale. Lo schienale copia fedelmente la curvatura della spina dorsale, da un lato agevolando i movimenti, dall’altro limitando ventilazione e traspirazione. Fissare gli sci sia lateralmente sia frontalmente mediante le cinghie antitaglio dedicate è quanto di più intuitivo. L’accesso al vano fotografico può avvenire sia dal fianco, soluzione poco agevole, sia dallo schienale, evitando la penetrazione di neve. Siamo stati i primi in Italia, due anni fa, ad acquistare uno zaino Contrejour. Utilizzato per centinaia di ore ed escursioni, maltrattato in ogni modo e con qualsiasi condizione climatica, è pressoché intonso. Fatta eccezione per una lieve usura in corrispondenza delle estremità del telaio interno. Ha protetto la nostra attrezzatura fotografica in mille occasioni, incluse rovinose cadute. Ne critichiamo la scarsa impermeabilità, dato che, nonostante il rain cover dedicato, in caso di pioggia e neve battente tende a impregnarsi nella zona dello schienale, ma ad oggi rappresenta la soluzione più efficace per abbinare attività fotografica e scialpinismo.

SCHEDA TECNICA Clikelite Contrejour 35 www.photofuture.it Volume: 35 l (20 l ad uso fotografico, 15 l ad uso escursionistico) Scomparti: 3 Idratazione: sì Peso dichiarato: 1.870 g Peso rilevato: 2.057 g Dimensioni esterne: 63,0 x 32,4 x 30,0 cm Prezzo: 319 euro

PRO............ Ergonomia e distribuzione del carico CONTRO.................................................. Impermeabilità

Cellula di sicurezza A sinistra, lo scomparto interno semirigido, dedicato all’attrezzatura fotografica e accessibile dallo schienale. Consente di stivare un corpo macchina professionale abbinato a un medio tele, quattro obiettivi, un flash esterno, filtri e svariati accessori. Scomparto per l'attrezzatura escusrsionistica A destra, uno degli spazi dedicati all'attrezzatura da ski-alp.

I VOTI DI SKI-ALPER

Peso

ERGONOMIA

COMFORT

Stivaggio attrezzatura

Rapporto qualità/prezzo


103 > materiali

PROVE SUL CAMPO TESTO E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Guido Salvetti

Kreuzspitze SSK Semplici e funzionali, gli ski stopper trentini sono compatibili con qualsiasi attacchino dotato d’innesto per i rampanti. Utilizzabili solo in discesa, pesano 98 grammi

S

emplici, funzionali ed efficaci. Gli ski stopper universali Kreuzspitze sono compatibili con qualsiasi attacchino dotato d’innesto per i rampanti (tipo Dynafit). Per applicarli è sufficiente agire analogamente ai rampant e vincolarne la parte basculante allo sci grazie al perno di blocco/sblocco preventivamente avvitato lungo le aste. Il funzionamento è quanto di più immediato: innestando lo scarpone nella molla a U s’inibisce l’azione dello ski stopper. Quando viene rimosso lo scarpone, causa caduta o sosta, gli stopper entrano in azione. Pesano complessivamente 98 grammi al pezzo contro i 65 grammi del sistema universale ATK Race. Possono essere utilizzati solamente in discesa: vanno rimossi e riposti in un’apposita sacca (in dotazione) durante la salita, a differenza del dispositivo ATK, attivo in ogni fase. Rispetto a quest’ultimo beneficiano dell’assenza di contatti accidentali con il terreno, specie nelle diagonali, grazie alle forche che una volta rialzate in posizione di riposo rientrano verso l’interno. Sono disponibili con distanza tra i bracci di 75 oppure 90 millimetri. SCHEDA TECNICA* KREUZSPITZE SSK www.kreuzspitze.com Tipologia: ski stopper universali Materiali: acciaio Cor-Ten zincato, acciaio Inox, acciaio al carbonio e plastica Viti per il montaggio: 1 Peso: 88 g Prezzo: 99 euro *dati dichiarati RILEVAMENTI PESO 89 g (senza perno di bloccaggio) PESO perno di bloccaggio 9g PESO COMPLESSIVO 98 g PRO.................Assenza interferenze con il terreno CONTRO...........................Utilizzabili solo in discesa


104 > rubriche

Area Tecnica skialper@mulatero.it

/skialper

@skialper

A fianco, le due versioni della suola di Dynafit Dy.N.A. EVO: in due pezzi, precocemente ‘pensionata’ dai regolamenti ISMF, e in pezzo unico, attualmente nei negozi

La suola di Dy.N.A. EVO

Caro Ski-alper, complimenti per la rivista e la Guida all’acquisto. Stupende! Realizzate molto bene. L'unica perplessità riguarda il test degli scarponi race Dynafit Dy.N.A. EVO: la suola fotografata è diversa da quella dell’esemplare in mio possesso, acquistato quest'anno. La mia versione è forse un esemplare unico? Paola Valenti, da Facebook Caro Paolo, i suoi scarponi non presentano alcuna anomalia; anzi si tratta della versione evoluta, attualmente nei negozi, di Dy.N.A. EVO. Gli esemplari che abbiamo fotografato e testato risalgono alla tarda primavera 2012, periodo durante il quale riceviamo i prodotti da sottoporre ai test. L’intercorso cambiamento dei regolamenti ISMF - la federazione ha imposto che la suola in gomma, a partire dalla stagione 2013/2014, debba estendersi lungo l'intera superficie plantare della scarpa - ha precocemente ‘invecchiato’ i nostri Dy.N.A. EVO. Purtroppo, a causa dei tempi di lavorazione della Guida all’acquisto, non è stato possibile ripetere la prova comparativa inserendo lo step aggiornato delle scarpe da gara Dynafit. Siamo stati quindi costretti a conservare le fotografie e i rilevamenti che trova pubblicati in Guida. In ogni caso abbiamo contattato l’azienda per ricevere un paio di Dy.N.A. EVO aggiornati, così da verificare se vi sia, come dichiarato, un aggravio di peso di solo 10 grammi dovuto alla suola in pezzo unico.

Guida 2014 e Android Caro Ski-alper, da lettore-scivolatore vorrei fare i complimenti alla redazione per la Guida all’acquisto: una rivelazione! Non ho mai visto uno strumento tanto preciso e completo nonché affidabile. Un mezzo che pone fine a dicerie, confusioni terminologiche e mistificazioni radicatesi negli anni in alcuni microambienti sportivi. Un lavoro eccezionale! Spero verrà realizzata anche negli anni a venire. Ho una richiesta: dato che non amo l'iPhone, Mulatero Editore pubblicherà rivista e Guida all’acquisto 2014 anche su piattaforma Android? Massimo Buffoni Caro Massimo, è un piacere apprendere come la Guida all'acquisto abbia colto nel segno. L'unico giudice di questo prodotto editoriale, del resto, sono i lettori. Avrà senza dubbio seguito; anzi diventerà una consuetudine. Ogni anno ci sarà la Guida all'acquisto di Ski-alper, che anzi crescerà progressivamente. Sono già in fase di studio i test per Artva, zaini e capi di abbigliamento. La Guida deve ampliarsi, senza abbandonare lo spirito originario ma trattando una varietà sempre più vasta di prodotti. In aggiunta, stiamo valutando la realizzazione di un prodotto analogo in ottica estiva, dedicato al trail running. Work in progress…

La Sportiva Spitfire La Sportiva Sideral

Sideral, più grantour che entry level Caro Ski-alper, avevo adocchiato i La Sportiva Sideral, ma consultando la Guida all’acquisto li ho trovati inseriti nella categoria entry level. In negozio mi sembrano pari, se non meglio, dei Dynafit TLT5; mia attuale seconda scelta. Questi sono però stati confrontati con gli Spitfire: è così ampia la differenza tra i modelli La Sportiva? Io vorrei pensionare i miei Scarpa Flash, ma in favore di un prodotto che non sia un altro modello base! Paolo Scaburri Ciao Ski-alper, bellissima la guida Test 2013. Una domanda: che differenza c'è fra gli scarponi Sideral e Spitfire di La Sportiva? Oltre al prezzo,

ovviamente… Fausto Tonsi Cari Paolo e Fausto, i Sideral, sulla carta meno performanti degli Spitfire, sono stati testati quali scarponi entry level, ma… si sono rivelati degni sia dei ‘fratelli’ sia di una categoria superiore. I volumi interni sono ridotti e la chiusura del piede decisamente aggressiva. Ottima la trasmissione degli impulsi, così come la naturalezza della rullata e l’eccezionale escursione del gambetto in salita. Adatti a sciatori già bravi tecnicamente, in grado di sfruttarne le grandi qualità, possono senza dubbio essere considerati dei grantour performanti, persino più leggeri (-34 grammi) dei citati Spitfire. Rispetto a questi ultimi cambia soprattutto il materiale del gambetto, in plastica anziché in Carbon Reinforced Polymer (plastica/ carbonio). Differenza cui consegue una minore rigidità della scocca e una tenuta laterale lievemente inferiore. Non si tratta, in ogni caso, di scarponi ‘base’. Tutt’altro. Si rivolgono a quanti vogliono salire di livello e affacciarsi, forti di ottime performance e di un prezzo d’acquisto aggressivo, alla categoria grantour. Test abbigliamento in arrivo Caro Ski-alper, non avete in programma un test o una comparativa dedicata a tessuti tecnici tipo GoreTex, Powertex, H2No, eVent e simili? Fornendo magari delle valutazioni in merito alla resistenza all'acqua, al vento e alla traspirazione. Vorrei acquistare un ‘guscio’ e sono indeciso su quale materiale prediligere. Davide Bocchetto Ciao Davide, con il numero di Ski-alper in edicola a fine gennaio inizieremo a realizzare prove approfondite dei capi d'abbigliamento. Oltre ai consueti rilevamenti sul peso, valuteremo la colonna d'acqua, la capacità di mantenimento del calore e la resistenza al fattore wind chill. Non mancheranno gusci e hardshell tra i capi testati. Grazie del suggerimento. Generazione X: cap o sandwich? Caro Ski-alper, gli sci Movement Random-X adottano una struttura cap oppure sandwich? Marzio Alemanni Caro Marzio, gli sci della serie X di Movement (Fish-X, Fish-X Pro, Random-X, Bond-X e Logic-X) adottano una costruzione definibile sì cap, ma solo in via residuale. All’interno della nostra Guida all’acquisto abbiamo considerato sandwich esclusivamente le strutture tradizionali al 100%, intese come tali quelle con fianchetto laterale a 90°. Escludendo inevitabilmente dal novero di questa definizione le soluzioni alternative. La nozione di cap è quindi molto ampia nella nostra accezione, che supera la vecchia concezione del cap quale monoscocca con cuore schiumoso. Includendo così, ad esempio, le strutture con scatola di torsione, anima tradizionale e struttura multistrato. Nel


Movement Random-X

facebook.com/skialper

dettaglio, gli attrezzi della ‘generazione X’ svizzera si caratterizzano per un nucleo in legno lamellare parzialmente avvolto con fibre di carbonio a disposizione biassiale e triassiale, rinforzato con piastre in Carbon Kevlar, mentre la finitura superiore è realizzata mediante polimeri e lavora all’unisono con la struttura stessa dello sci. In fase di pressatura a caldo il film serigrafico viene plasmato sul fianco dell’attrezzo, sigillandolo a tutto vantaggio dell’impermeabilità. Mancano, come detto, gli usuali ‘fianchetti’ in abs, sostituiti da un’essenza lignea. Per questo, se la definizione cap può andare stretta ai prodotti Movement della serie X, specie considerandone anima e struttura, potremmo parlare, creando un neologismo, di costruzione ‘pseudo sandwich’. Sia in pista sia con le pelli Amici di Ski-alper, purtroppo non vi leggo da molto, ma mi farò perdonare! Ho aspettato a lungo la Guida all'acquisto, sperando potesse dipanare i miei dubbi, volendo affacciarmi al mondo dello scialpinismo. Scio sin da piccolo in pista (ho 26 anni), ma avendo un padre ski-alper ho sempre provato il desiderio di cimentarmi. Gli unici dubbi riguardano l'equipaggiamento, in quanto sono alto 195 cm e peso 88 kg. Vorrei disporre di sci, scarponi e attacchi utilizzabili in ogni condizione, anche in pista, dove comunque prediligo la serpentina ai curvoni veloci. Pensavo a scarponi tipo Black Diamond Quadrant e attacchi Diamir oppure Marker, evitando per ora l'attacchino. Il dubbio più grande riguarda gli sci: mi hanno consigliato i K2 Kung Fujas MY2010. Costituiscono un buon compromesso? La lunghezza è un altro interrogativo: 179 o 189 cm? Sono aperto a ogni tipo di consiglio, anche qualora rivolto ad attrezzi totalmente differenti. Ho notato, ad esempio, gli Elan Karakorum provati in Guida, ma non ho la certezza rendano al meglio in pista… Gabriele Passone Caro Gabriele, i K2 Kung Fujas sono attrezzi più da freestyle/freeride che non da scialpinismo. Per un utilizzo sia in pista sia fuori pista con le pelli, restando in casa K2, sarebbero più indicati i Backout, a fronte però di una

portanza decisamente inferiore, oppure i Wayback. Unica controindicazione, questi ultimi sono adatti soprattutto a sciatori leggeri. Tenendo conto della sua struttura fisica e della predilezione per gli archi di curva stretti, potrebbe prendere in considerazione, in ambito freeride mountaineering, gli ottimi Dynastar Altitrail Mythic Light (nella misura 178 cm) oppure i rivali Elan Himalaya (177 cm). I Karakorum non costituiscono una scelta povera; tutt’altro. Non si aspetti, però, prestazioni da race carve slalom in presenza di nevi particolarmente dure. Sebbene ottimi, gli attrezzi sloveni sono degli entry level da ski-alp. Un’ulteriore opzione potrebbe essere rappresentata da Atomic Aspect: grantour dalla spiccata vocazione freeride mountaineering. In tal caso la lunghezza ideale si attesterebbe a 176 cm. Per quanto riguarda il capitolo scarponi, ai Quadrant preferiremmo i Garmont Cosmos: sufficientemente performanti in salita e al tempo stesso al top per precisione nella trasmissione degli impulsi. Oltretutto più leggeri di circa 350 grammi. In alternativa, restando su modelli a 4 ganci, gli Scarpa Maestrale RS, migliori freeride mountaineering del 2013. Bond-X anziché Random-X Caro Ski-alper, sono rimasto stupito nel non vedere testati in Guida all’acquisto, sezione grantour, i Movement Bond-X anziché i Random-X, peraltro già provati in passato. Ne avevate parlato lo scorso anno come una delle novità più interessanti; peccato. Ho inoltre trovato abbastanza ‘strana’ la scelta di alcuni sci: nella categoria Freeride mountaineering, ad esempio, sono stati testati i Carpani Spigolino Free, modello di nicchia, tralasciando prodotti come Black Diamond Carbon Megawatt o Völkl Nunataq, senza dubbio più attesi. Andrea Gelsomino, da facebook Caro Andrea, trova la prova dei Bond-X su questo numero di Ski-alper. Perché non inserirli nella categoria grantour oppure freeride mountaineering? Perché non appartengono esattamente né all'una né all'altra dimensione. Rappresentano un trait d'union tra i due mondi. Ecco perché dedicare loro una prova approfondita piuttosto che 'costringerli' entro categorie che non avrebbero consentito di dare rilievo alla loro natura ambivalente. La questione Carpani è semplice: la ‘factory’ di Vidiciatico ha da sempre un'anima racing legata allo sci alpino e si sta affacciando al mondo dello ski-alp, più precisamente del freeride mountaineering. Non a caso ha reinterpretato il tema a proprio modo, con un prodotto più 'pista' che 'fuori pista'. Perché non provarlo? Quanto a Black Diamond, l'azienda americana ha reso disponibili solamente due modelli, Revert e Current, non dando seguito alle nostre richieste che includevano i Carbon Megawatt. Analogo discorso per Völkl.

Black Diamond: test 2011 vs. 2012 Caro Ski-alper, ho letto con interesse la nuova Guida all’acquisto. Nutro una perplessità: come mai tutti i Black Diamond testati quest'anno risultano pessimi, mentre nel 2011 erano risultati ottimi, con i Drift addirittura migliori XXL della stagione? Sono cambiati marcatamente i prodotti oppure il test precedente era inaffidabile? Sembra molto strano che in un anno siano peggiorati in tal modo. Grazie. Massimo Crivellari, da Facebook Caro Massimo, nel 2011 abbiamo provato i Black Diamond Guru, categoria grantour, e Drift. Questi ultimi risultati i migliori XXL della stagione. Quest’anno sono invece stati testati i modelli Current, in ambito grantour, e Revert, in ambito freeride mountaineering. Categoria, quest’ultima, nella quale sono confluiti gli XXL. Un paragone tra i risultati ottenuti da Black Diamond lo scorso anno e gli attuali è difficile, trattandosi di modelli differenti. Tralasciando i Guru, non più in catalogo, i Revert non possono essere considerati eredi dei Drift, in quanto la struttura costruttiva dei due modelli è differente: sandwich con ‘costolatura’ interna a X per i primi, sandwich con triplo longherone longitudinale e rinforzo antitorsione trasversale in corrispondenza della spatola per i secondi. E ancora, curvatura rocker più accentuata per Revert, meno estrema per Drift. Il test del 2011, in sintesi, è affidabile, ma altrettanto affidabile, e anzi ancor più completa, è la prova odierna. Le sue perplessità, peraltro, sono state condivise dai nostri testatori, alcuni dei quali felici proprietari di sci BD. Purtroppo, tenendo conto sia dei rilevamenti strumentali sia delle sensazioni sulla neve, il verdetto in merito ai modelli provati quest’anno non può che essere complessivamente negativo.


106 > ultra trail

Ryan sandes testo: Claudio Primavesi FOTO: Kolesky/Nikon/Lexar

INTERVISTE

Ryan Sandes L'UOMO DEL DESERTO

Ryan Sandes, secondo quest'anno alla Western States 100 e primo a vincere tutte le tappe delle quattro gare estreme 4Deserts, preferisce i trail nei deserti a quelli in quota. Sudafricano, si concentra su poche ultra, nelle quali viene spesso assistito dall'attrice Vanessa Haywood, sua compagna

osa vuol dire correre nel deserto, al caldo? «Bisogna essere allenati per quel tipo di condizioni, come bisogna fare un allenamento specifico per correre in quota, io preferisco le gare al caldo, ma comunque il significato del trail è, per me, correre nella natura, non necessariamente in montagna». Come ti sei allenato per prendere parte alle gare 4Deserts? «Correndo al caldo per le gare nei deserti, e in Sud Africa non ho difficoltà a trovare ambienti desertici, e in una cella frigorifera per provare The Last Desert, l'unica delle quattro gare che si svolge in un deserto… di ghiaccio, in Antartide». Come hai iniziato a correre? «Ho provato una maratona con gli amici nel 2006, mi è piaciuta, ma ero attratto dalla natura, da quel senso di libertà che provi quando sei circondato dal nulla». E allora? «E allora ho cercato su Google 'extreme races', ho trovato queste 4Deserts e mi sono detto, perché non provarle?»

Carta d'identità Nome: Cognome: Data di nascita: Nazionalità: Città:

RYAN NICHOLAS SANDES 10 MARZO 1982 SUDAFRICANA CITTA' DEL CAPO

Palmarès: nel 2010 è diventato 'Desert Champion', primo concorrente a vincere tutte le quattro 4Deserts run, corse di 250 km in autosufficienza alimentare in ambienti desertici, nel 2011 ha vinto la Leadville 100, negli Stati Uniti; nel 2012 secondo alla Wester States 100, battendo il precedente record di gara, primo alla Vibram Hong Kong Ultra (record di gara) e alla The North Face 100 Australia. A fine luglio ha battuto il record di percorrenza del Fish River Canyon (84 km) in Namibia arrivando al traguardo in 6h 57'.

Giusto, ma hai fatto le cose in grande, primo a vincerle tutte quattro (una sorta di Grande Slam) e una delle poche decine di persone ad averle portare a termine tutte. «Sì, ma correre in queste gare è diverso dal fare un'endurance». Perché? «Si tratta di gare di 250 chilometri in autosufficienza alimentare, con sulle spalle uno zaino di 8-10 chili, anche se i 250 chilometri sono divisi in diverse tappe per un totale di quasi una settimana». E l'endurance? Dopo la vittoria a Leadville nel 2011, raccontaci la tua esperienza alla Western States100 2012, dove sei arrivato secondo, battendo il record della corsa… «Una bellissima esperienza, ho avuto un po' di difficoltà

all'inizio perché faceva freddo, in cresta tirava vento, pioveva e io non amo questo clima». Ti aspettavi di arrivare secondo e battere il record di gara? «Una gara endurance è troppo lunga, puoi stare bene per 90 miglia e poi… volevo andare veloce, fare del mio meglio, alla fine è arrivato questo risultato e sono contento, ma non ho mai iniziato una gara con l'obiettivo di vincerla». Più difficile una maratona su strada o una endurance? «Correre sempre sull'asfalto affatica i muscoli ed è noioso, poi magari se fai la Maratona di New York trovi altre motivazioni, ma io le trovo nella natura». Quanto ti alleni? «Dipende, da 12 a 20-22 ore a settimana, in funzione del tipo di gara che preparo, il periodo dell'anno… faccio prevalentemente corsa trail e molto lavoro di 'core' per prevenire infortuni e anche un paio di 90 minuti ad alta intensità alla settimana». Hai un particolare regime alimentare? «No, cerco di mangiare cose sane, di evitare i fast food». E il recupero? «Dopo la WS100 ho fatto una settimana di riposo totale, poi altre due soft, magari un po' di mountain bike… ascolto il mio corpo». Quante gare fai all'anno? «Tre o quattro 100 chilometri e una 100 miglia». Quante scarpe usi all'anno? «Mi piace farle diventare soffici, magari quelle utilizzate in gara poi le riutilizzo in allenamento, comunque direi meno di venti, scrivi 18!».


Ryan Sandes in azione nel Fish River Canyon ŠKolesky/Nikon/Lexar


108 > trail running

FACE TO FACE testo: Fabio Menino foto: Fabio Menino iRunFar 8th woman at Ft Barry is Sylvia??, #672. She's 11.5 minutes back from the lead. Anyone know her? Skyrunning_com @iRunFar You mean Silvia Serafini? Italian, 23, 3rd ranked 2012 Skyrunner World Series - big talent

SILVIA vs STEVIE

Dall’alba al tramonto, la tua giornata tipo durante la settimana? Silvia: mi alzo verso le sei e, se alla sera devo fare lavori specifici in pista, esco a fare un fondino di 30 minuti. Poi vado a seguire le lezioni all'Università e studio fino alle 18 quando inizia l'allenamento serale al centro sportivo del CUS Padova. Mi alleno con alcuni amici triatleti e maratoneti seguita dal mio tecnico Felix che stabilisce il 'menù' della serata. Dopo l’allenamento, alla sera, non faccio quasi mai nulla perché di solito sono sempre molto stanca. Stevie: mi sveglio tutte le mattine alle 5:02 e corro circa un'ora. Alle 7:11 salgo poi sul bus per andare a scuola. Faccio l’insegnante alla International School of Trieste e finisco di lavorare alle 15:45. Dalle 16 mi cambio e cerco di fare altri 45 minuti o un'ora di allenamento. Alle 18 torno nel mio appartamento a Trieste e di solito mi incontro con uno o due amici e ci divertiamo a cucinare. Vado a letto alle 21 o alle 21:30 e spero sempre di riuscire a rimanere sveglia almeno fino alle 22. La tua colazione, pranzo e cena ideali? Silvia: a colazione bevo una tazza di tè, mangio fette biscottate con miele oppure latte e cereali e qualche volta il porridge con il miele. Termino poi con un frutto. A pranzo sono spesso fuori e mangio alla mensa dell’Università. Se c’è poco tempo prendo solo un panino, altrimenti preferisco mangiare un primo e verdura. Alla sera carne, pesce o uova sempre con verdura, frutta e dolcetto alla fine. Stevie: a colazione di solito prendo il caffè, uova su pane appena sfornato, frutta e una piccola ciotola di muesli con yogurt. A pranzo, muesli o cereali con jogurt e frutta. A cena, pesce alla griglia o Buffalo burger con verdure e patate americane. Dalla partenza all’arrivo a casa, il momento più bello di una gara? Silvia: il mio momento preferito di una gara andata bene è sicuramente il post gara, quando sei felice perché sai di aver dato tutto e hai ottenuto il risultato che volevi. Non hai più la tensione e l'adrenalina pre gara ma sei in pace. L'unico aspetto poco piacevole di questo momento è che di solito hai ogni muscolo del corpo che si fa sentire. Stevie: il momento della gara che preferisco è quando taglio il traguardo. Non perché finisce tutto, questa è la parte triste, ma perché ho la sensazione meravigliosa di

ESCLUSIVO

Silvia Serafini, italiana, e Stevie Kremer, statunitense, due atlete emergenti che si incontreranno il prossimo anno, in giro per il mondo, nel circuito SkyRace World Series

sapere che ho fatto qualcosa di grande, a prescindere dal risultato. La partenza della gara è sempre il momento più snervante, quindi devo dire che è la parte che mi piace meno. Durante la gara la mia testa è sempre concentrata e continuo a domandarmi se sto andando abbastanza veloce, se la mia gestione è corretta, quanto sono distanti le donne davanti a me e se sto consumando troppo. Questo è eccitante. Tutto considerato, io amo correre per l’atmosfera, gli spettatori, la gente che ti incita e tutte le fantastiche persone che si conoscono. Il principale obiettivo che ti sei prefissa per la prossima stagione? Silvia: le SkyRace World Series 2013. Parteciperò anche a numerose gare del progetto Salomon 'Urban trail' cioè delle gare per avvicinare i podisti di strada al mondo del trail. Cercherò di fare anche alcune gare del campionato italiano. Le gare in Italia sono tra le più belle al mondo. Stevie: il principale obiettivo che ho è continuare ad allenarmi e gareggiare con il massimo dell’impegno e stare bene di salute. In termini di gare specifiche, il mio obiet-

tivo principale è di terminare tra le prime tre delle SkyRace World Series a ottobre in Italia e ben figurare nelle altre gare che farò. Cosa sono per te la corsa in montagna, lo skyrunning e il trail running? Silvia: la corsa in montagna in Italia è organizzata ufficialmente dalla FIDAL, con i relativi campionati regionali e nazionali. Ci sono anche numerose manifestazioni a carattere non competitivo che portano questo nome. Di solito sono gare relativamente brevi al di sotto dei 10 chilometri di sola salita o salita e discesa, corribili e non particolarmente tecniche. Lo skyrunning, al contrario, comprende tutte le distanze ed è caratterizzato da percorsi generalmente abbastanza tecnici. Solitamente sono le gare che lasciano maggiormente il segno sulle gambe. Il trail running copre gare di tutte le distanze senza particolari regole se non il fatto di essere possibilmente 'off road'. Proprio per questa mancanza di regole gran parte delle gare in natura rientra sotto questo nome. Stevie: non ho capito questa domanda…


109 > trail running Nelle foto. Alcune espressioni di Silvia e Stevie prima e dopo una gara

Carta d'identità

STEVIE KREMER ANNO DI NASCITA 1983 LUOGO DI NASCITA Düsseldorf (Ger) Nazionalità Statunitense OCCUPAZIONE Insegnante di lingua inglese Palmarès Titoli 2012: campionessa del mondo corsa in Montagna (lunga distanza) Risultati 2012: prima Jungfrau Marathon (Sui), prima Collegiate Peaks (USA), prima Sage Burner in Gunnison (USA), prima Mt. Evans Ascent (USA), prima Beaver Creek Xterra (USA), prima BergTrail (Ita), seconda Sierre-Zinal (Sui), seconda Smarna Gora Race (Slo), quarta Loon Mtn (USA)

Carta d'identità

SILVIA SERAFINI ANNO DI NASCITA 1989 LUOGO DI NASCITA Treviso (Ita) Nazionalità Italiana OCCUPAZIONE Studentessa di ingegneria Palmarès Titoli 2012: campionessa italiana Skyrunning e Ultra SkyMarathon, terza Skyrunner World Series, seconda SkyRace World Series. Risultati 2012: prima Marathon du Mont Calm (Fra), prima Sentiero delle Grigne (Ita), prima London’s Royal Park (Gbr), prima Trail Oulx (Ita), seconda Mont-Blanc Marathon (Fra), seconda Giir di Mont (Ita), seconda Kilian’s Classik (Fra), quinta Sierre-Zinal (Sui), quinta MT. Kinabalu (Mal), quinta Les Templiers (Fra), quinta TNF Challenge S. Francisco (USA).

Quanto è importante la presenza dei premi in denaro delle gare nella programmazione della tua stagione? Silvia: per me che sono studente sono ben accetti per coprire costi di affitto, bollette, tasse universitarie e mantenimento. Senza di questi non so se potrei permettermi di fare sport a buon livello. Quest'anno ho fatto anche numerose gare senza premi, la corsa è prima di tutto una passione, non un lavoro. Stevie: è sempre bello vincere dei soldi in una gara ma io non mi iscrivo pensando a quanto potrò guadagnare. Amo correre e gareggiare e quando i premi in denaro sono inclusi è un bonus aggiuntivo. Mi piace gareggiare sulle montagne più belle ogni volta che posso così come mi piace esplorare nuovi territori. Sei a favore dell’equipaggiamento obbligatorio in gara o preferisci correre libera? Silvia: sono favorevole alla libertà di equipaggiamento, ma capisco che molta gente non sia sempre capace di prevedere quali situazioni si possano creare in gara. Quindi un minimo di abbigliamento obbligatorio lo accetto,

spesso si tratta di abbigliamento o attrezzatura che porterei in ogni caso. Stevie: amo correre libera perché mi sento a mio agio ed è per questo che ho scelto questo sport. Mi piace correre in modo semplice, per cui tutto quello che serve è un buon paio di scarpe. Prefersico le gare che danno assistenza lungo il percorso e sono sempre grata agli organizzatori per questo. Distanza ideale? Silvia: la mia gara preferita sono i 42 chilometri. Trovo che sia una distanza non troppo corta e non troppo lunga che permette di esprimermi al meglio. Stevie: la mia distanza ideale è una corsa in montagna tra i 21 e i 42 chilometri. Una cena galante con uno sportivo o con un ragazzo non sportivo? Silvia: con i non sportivi non ha mai funzionato. Quindi direi sportivo ma non è mai detto… Stevie: preferisco sicuramente cenare con un ragazzo

sportivo, che ama lo sport e l’aria aperta. Non è necessario che corra, infatti ci sono tanti altri bellissimi sport. L’importante è che si possa condividere l’amore per lo sport e anche discutere insieme delle proprie discipline. Un gentleman che condivide l’amore per lo sport e la natura è sicuramente molto desiderabile per me. L’atleta che in gara temi maggiormente? Silvia: non è da molto che sono in questo mondo quindi spesso non conosco neanche bene i miei avversari. Posso dire che ho incontrato molta gente più forte di me da cui ho tanto da imparare. Mi ha impressionata Nurìa Picas e la sua spaventosa voglia di vincere ai Templiers. Se deciderò di dedicarmi alle ultra lei sarà sicuramente da tenere d'occhio. Stevie: temo tutte le donne quando gareggio. L'atleta con cui non vincerai mai? Silvia: Kilian per ovvi motivi. Stevie: oh sì, troppo lunga la lista.


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PILLOLE

TESTO: Fabio Menino

Europei 2013 in Italia La ISF ha annunciato l’European Skyrunning Championship 2013 che coinvolgerà, come per le World Series, gli atleti delle tre discipline. E l’Italia festeggia portandosi a casa tutte e tre le prove in programma. VK Dolomites Vertical Kilometer, Canazei (Tn) 19 luglio SKY Dolomites SkyRace®, Canazei (Tn) 21 luglio ULTRA Trans d’Havet-80 km-Piov. Rocchette-Piccole Dolomiti (Vi) 27 luglio Il format del Campionato Europeo prevede alcune iniziative particolarmente interessanti anche a margine dei momenti prettamente agonistici. A partire da quella che ormai viene definita dagli addetti ai lavori la European Week e che coinvolgerà i principali interpreti europei delle tre discipline. Gli atleti internazionali dopo le prove di Canazei si sposteranno infatti direttamente a Piovene Rocchette per una settimana di incontri formativi e allenamenti collettivi per riproporre quanto già visto quest’anno in occasione della Transvulcania Ultramarathon, in Spagna. Come consuetudine tutte le prove adottano la formula open, aperta a tutti e non prevedono la partecipazione di team sotto forma di selezioni nazionali. Le novità riguardano anche le classifiche; oltre a quelle individuali di specialità verranno assegnati il titolo per team (Skyrunning European Champion Team), in base ai migliori punteggi ottenuti nelle prove di Vertical Kilometer e Skyrace di Canazei, e il titolo individuale di combinata (Skyrunner European Champions) comprensivo dei risultati di tutte e tre le gare. Gli atleti saranno prima impegnati a Canazei, in Trentino-Alto Adige, nel Vertical e nella SkyRace potendo così contare su un'organizzazione ormai super collaudata e su ambienti di rara bellezza. Con la Trans d’Havet (80 km e 5.500 D+), inoltre, l’Italia si gioca una carta importante anche nelle ultra distanze, un’occasione unica per poter ammirare dal vivo i più forti atleti del momento.

Nella foto: Il momento decisivo del Vertical di Crepa Neigra ©Ralf Brunel

Niente combinata alle Skyrunner World Series Il 30 novembre la ISF (International Skyrunning Federation) ha pubblicato il calendario 2013 del circuito internazionale Skyrunner® World Series. Il prossimo anno la formula non vedrà più la classifica di combinata ma unicamente l’assegnazione dei titoli nelle tre discipline in programma (Vertical Kilometer®, SkyRace® e Ultra SkyMarathon®) utilizzando per ciascun atleta la somma dei migliori tre risultati conseguiti. In sintesi, 15 gare in 9 stati differenti, per un totale di 653 km e 43.632 metri di dislivello positivo in alcune delle aree sciistiche più famose al Mondo (Chamonix, Zermatt, Vallnord, Val d’Isère, Snowbird, Vail).

SKY 1. SPAGNA 2. FRANCIA 3. USA 4. SVIZZERA 5. ITALIA

Maratòn Alpina Zegama-Aizkorri - 42 km, Zegama Mont-Blanc Marathon - 42 km, Chamonix Pikes Peak Marathon, Colorado - 42 km Matterhorn Ultraks - 46 km, Zermatt Skyrunning Xtreme - 23 km, Limone sul Garda

ULTRA 1. SPAGNA Transvulcania Ultra Marathon - 83 km, La Palma 11 -05 2. ANDORRA Ronda dels Cims - 170 km, Vallnord 21-06 3. FRANCIA Ice Trail Tarentaise - 65 km, Val d’Isère 14-07 4. USA Speedgoat - 50 km, Park City, Utah 27-07 5. USA Ultra Race of Champ. 'UROC' - 100 km, Vail, Colorado 28/09 VERTICAL 1. RUSSIA 2. SPAGNA 3. FRANCIA 4. GRECIA 5. ITALIA

Mount Elbrus Vertical Kilometer Ribagorza Vertical Kilometer, Barruera KM Vertical, Chamonix Gerania Vertical Kilometer, Loutraki Xtreme Vertical Kilometer, Limone sul Garda

Urban Zemmer vincitore della classifica Vertical alle World Series 2012

Nella foto: Mireia Mirò in azione ©Ralf Brunell

Nasce il ranking L’ultima novità del Mondo ISF riguarda l’istituzione del primo ranking mondiale atleti. È stato infatti stilato un primo elenco di atleti in ciascuna disciplina (Vertical Kilometer®, SkyRace® e Ultra SkyMarathon®) in base ai risultati ottenuti in 28 gare di livello internazionale nel corso della stagione 2012. Questo primo lavoro servirà per dare corso al ranking effettivo 2013 basato su un algoritmo che contemplerà svariati parametri tra cui, appunto, la presenza o meno di atleti di vertice nelle singole competizioni contemplate. Nel 2013 le gare selezionate saranno 50 con l’obiettivo di arrivare a una base di 100 gare nella stagione successiva.

26-05 30 -06 18 -08 24-08 13-10

7-05 18-05 28-06 8-09 11-10


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Anteprima

Nella foto: Daniele Fornon vincitore del Trail Monte Soglio 2012

Vincitori e calendario dei principali circuiti CIRCUITO TRAIL DEI MONTI LIGURI www.trailmontiliguri.org Vincitori 2012: Ernesto Ciravegna (Team Salomon Carnifast) e Raffaella Scotto Busato (Maratoneti Genovesi) 24/02 03/03 24/03 14/04 05/05 16/06 13/10 10/11

Trail The Lake - Osiglia (Sv) Trail Laigueglia - Laigueglia (Sv) Trail MareMontana - Loano (Sv) Trail Gorrei - Ponzone (Al) Trail Aschero - Vado Ligure (Sv) Trail Alta Valle Argentina - Molini di Triora (Im) Trail dei Fieschi Randonnée - Savignone (Ge) Trail di Portofino - S. Margherita (Ge)

30/18 km 26 km 47/25 km 47 km 38/18 km 23,5 km 19 km 23 km

✔ Bastone pieghevole completamente attrezzato, confezionamento minimo, gran robustezza grazie ad un sistema di forza di tensione perfetto. ✔ Il sistema provato Speed Lock serve da tecnica di forza di tensione per la tecnologia del bastone pieghevole di LEKI. Disponibile in 3 lunghezze fisse. ✔ Impugnatura Aergon con la sua superficie di contatto grande ed ergonomica come pure con la sua forma perimetrale smussata che permette le più variabili possibilità di presa dell‘impugnatura.

GP IUTA U-TRAIL 2013 www.iutaitalia.it Vincitori 2012: Stefano Ruzza (Atl. San Marco/Valetudo Skyrunning) e Lisa Borzani (Runners Bergamo) 13/01 27/01 16/03 27/04 26/05 26/05 14/07 12/10 19/10 20/10

Maratona della pace sul Lamone - Traversara di Bagnacavallo (Ra) 47,8 km Ronda Ghibellina - Castiglion Fiorentino (Ar) 43 km Ultrabericus Trail - Vicenza (Vi) 65 km Tuscany Cros. nella Val d’Orcia - Castiglione d’Orcia (Si) 100/50/2x50 km Trail del Monte Soglio - Forno Canavese (To) 63 km Trail dell’Orsa - Brentino, Belluno Veronese (Vr) 45 km UltraTrail Tre Rifugi Val Pellice - Bobbio Pellice (To) 52 km Eco Trail le Vie di San Francesco - Attigliano (Tr) 130 km Sardinia Ultramarathon seconda tappa - Macomer (Nu) 60 km Cormorultra - Buia (Ud 69 km

CAMPIONATI ITALIANI IUTA TRAIL 2013 www.iutaitalia.it 25/05 (Distanza Media) Trail del Monte Soglio - Forno Canavese (To) 63 km 12/10 (Distanza Lunga) Eco Trail Le Vie di S. Francesco - Attigliano (Tr) 130 km 19-20/10 (A tappe) Sardinia Ultramarathon - Macomer (Nu) 81 km 27/10 (Distanza Normale) Trail del Monte Casto - Andorno Micca (Bi) 46 km SALOMON TRAIL TOUR ITALIA 2013 www.salomontrailtouritalia.com Vincitori 2012: Pablo Barnes (Team Salomon Carnifast) e Simona Morbelli (Gli Orsi) 13-14/04 Elba Trail - Marciana Marina (Li) 11/05 Le Porte di Pietra - Cantalupo Ligure (Al) 11/05 Le Finestre di Pietra - Cantalupo Ligure (Al) 1-2/06 Alpago Ultratrail - Puos d’Alpago (Bl) 1-2/06 Alpago Eco Marathon - Puos d’Alpago (Bl) 20-21/07 Cima Tauffi Trail - Fanano (Mo) 13-14/09 Sellaronda Trail Running - Colfosco (Bz)

54 km 71 km 37 km 61 km 42 km 60 km 54 km

TECNICA TRAIL TROPHY www.tecnica.it Vincitori 2012: Marco Zanchi (Team Tecnica) e Alessandra Carlini (Team Tecnica) 24/03 27/04 09/06 07/07 15/09

Trail MareMontana - Loano (Sv) Tuscany Crossing Val D’Orcia - Castiglione d’Orcia (Si) Trail del Malandrino - Prato (Po) Cervino X-Trail - Valtournenche (Ao) Troi dei Cimbri - Fregona (Tv)

47 km 100 km 70 km 53 km 55 km

„Micro Stick“ – il mio ottimo assistente per raggiungere gli spot d‘arrampicata.


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STORIE testo: Fabrizio Pistoni

IL

Fantastico

Mondo Mauro Saroglia

di


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re

edizioni del Tor des Géants nei primi dieci. Può bastare come biglietto da visita? Tuttavia Mauro è qualcosa di molto diverso dal classico runner che potete immaginare

Al Tor des Géants ci sono sei basi-vita dove è facile vedere i concorrenti: per loro un pasto caldo, se occorre pure un letto e una doccia; per me che li guardo la possibilità di scoprire qualche trucco. La base-vita di Donnas poi è un posto importante: secondo molti la vera gara inizia lì, quasi a metà percorso, prima della parte più selvaggia. E poi stanno arrivando i miei amici, alla spicciolata nel giro di un'ora ci sono tutti: Ciolle, Paolo, Mauro. È lunedì sera e fuori c'è un clima di festa. Anche dentro. Filmo tutto, nella speranza di cogliere l'essenza del bello che c'è di questa gara; già, perché il Tor crea un clima unico, pregno di agonismo ma rilassato dalla consapevolezza che non sarà il tempo impiegato nel riempire la borraccia a determinare il piazzamento finale. Bisogna viverlo il Tor. Consiglio: con un numero addosso, oppure da volontario. Da spettatore si corre il rischio che nasca la voglia di iscriversi l'anno dopo, ed è un supplizio. Va beh, già che sono qui filmo tutto. Anche Mauro che si è appena fatto la doccia. Cosa può insegnare uno che si asciuga le palle? Niente. Ma intanto scopro che la doccia toglie il sonno, e tra una battuta e l'altra inizia la vestizione: i dettagli sono importanti e qui si impara da tutto. Anche dalle calze. Le calze? Sì, signori miei, provate a farvi 330 km a piedi e poi mi dite. Quindi meglio filmare. Ed eccole che escono fuori dalla sacca, pure scompagnate: le calze di Mauro. Hanno almeno 150 lavaggi alle spalle, da tennis, alte, sembrano degli imbuti causa l'elastico andato, con quei peletti ispidi che vogliono i tennisti e che alla vista ispirano solo vesciche sterminate. Con delle calze così si può arrivare a Courmayeur? Sì. E nei primi dieci, e per tre anni di fila. Signore e signori, vi presento Mauro Saroglia, un tipo che:

- vomita l'anima nelle prime 10 ore di ogni gara ritenuta importante, e nel finale fa dei recuperi incredibili, spesso inseguendo una ingiustizia che teme di aver subito; - per mestiere multa le persone prima che finiscano sotto le valanghe e per passatempo le recupera se non l'hanno ascoltato; - ad un certo punto scopre che esistono le Joelette, delle carrozzine monoruota ammortizzate, e diventa matto per riuscire a portare sui sentieri gente che altrimenti vedrebbe le montagne da un parcheggio per disabili; - è molto altro... e il vostro cronista vorrebbe riuscire a raccontarvelo, anche se non sa da dove iniziare. ...forse da una 500 bianca, TO322034. Fine anni '60. Per qualcuno è il periodo della rivoluzione sessuale, e del '68, dell'uomo sulla Luna o, per tornare con i piedi per terra, del Vietnam. Ma in questa storia c'è solo un bimbo schiacciato nel sedile dietro, tra nonna e zia che non si può muovere per una distrofia muscolare; fino a quando ha potuto la zia ha seguito il bimbo nei suoi compiti a casa e per sgridarlo alzava una mano aiutandosi con l'altra, poi partiva un buffetto, quasi una carezza, eppure faceva più male della cinghia che ogni tanto usava il padre, quello seduto là davanti a guidare con la mamma di fianco. Sul tetto i bagagli. Si partiva così. Vivevano a Chivasso, città dell'hinterland torinese che lasciavano alle spalle appena si poteva, la Grangia là davanti era molto meglio, un'ora di auto e poi a piedi: mezzora d'estate, due ore d'inverno se aveva appena nevicato. La zia caricata a spalle di papà e poi tutte quelle borse, e pure i sacchetti. Era bellissimo: la famiglia unita, le mucche, le galline, i fieni da fare, i conigli ai quali prima ti affezioni e poi tiri una botta in testa, prendendo bene la mira che se no soffrono. Quando poteva il bimbo correva su per la montagna, incontro ai muli che dagli alpeggi in quota portavano le tome al mercato, così scendeva con loro fino all'inizio del bosco. Dopo basta, il bosco fa paura. Poi un giorno: 'Bocame le vacie' (tienimi le vacche), Pinin gli cede lo sgabello e la mandria. È sabato, il giorno dei globuli rossi, quelli che non ti dà l'acqua e neppure il latte ma che sono altrettanto necessari, infatti l'osteria serve a quello; intanto Lampo sa abbaiare al momento giusto e in fondo fa tutto lui, con il bimbo lì ad assaporarsi il gusto adulto della responsabilità. Per tornare su Pinin impiega tre ore tanto è sbronzo. Ma alle 5 del mattino le vacche non l'hanno mai dovuto aspettare per la prima mungitura. La puntualità è un valore importante. Intanto il bimbo impara. Se grazie ai conigli ha scoperto la morte, sono le vacche che gli hanno insegnato la vita, e negli orari più strani perché così funziona il parto; magari di notte, senza sa-


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STORIE

Q+A

QUESTION & ANSWER BOTTA & RISPOSTA

pere quando si finisce, e neanche come. 'La famiglia è una macchina perfetta', che non ti abbandona; il bimbo se ne rende conto quando il sistema inizia a perdere i pezzi: persone e valori che il tempo si porta via lasciando al posto un lutto, tanto individualismo e un televisore acceso contro la solitudine. Le persone non possono tornare, mentre per i valori si può fare qualcosa; forse è per questo che, diventato adulto, molla la facoltà di Veterinaria ed entra in polizia, anche se tutto è iniziato per caso: c'era il militare da fare; e poi lì lo lasciano andare in montagna. Sì, perché anche la montagna inizia a rimpiangere l'ordine di un tempo; troppi interessi ormai collidono tra loro: i turisti ci vanno per divertirsi, i montanari ci restano per ricavarne il più possibile. «È un'insalata di esigenze troppo diverse. Gli sciatori vogliono andare da tutte le parti, spesso cercando grane, proprio quelle che gli impiantisti evitano come la peste, così come la società delle funivie che in più deve tener d'occhio i bilanci; poi ci sono i ristoratori e tutti gli altri da tenere a bada. Un'insalata complicata», con il bimbo-diventato-poliziotto che fa da condimento, lui deve amalgamare tutti gli ingredienti. Perchè redigere un verbale significa burocrazia quando va bene, magistratura se tutto gira storto. A lui piace tantissimo fare il condimento. È così preso dal ruolo che quando non lavora fa parte del Soccorso Alpino, ha un cane da valanga di nome Free; forse l'ha chiamato così per non dimenticare l'importanza di quell'aggettivo e alla faccia di tutti i regolamenti che vorrebbero sostituirsi al buon senso, il caro estinto del mondo che fu. Ma quel mondo è finito e poi il destino è una strana bestia, così il bimbo-diventato-poliziotto ogni tanto deve giocare a guardie e ladri, sempre in montagna; capita da quando in Val di Susa hanno deciso di far passare la Tav e la gente del luogo non è tanto dell'idea. La divisa fa chiarezza, da sola dice da che parte si sta, dentro quei panni forse è tutto più complicato o almeno così penso, mentre chi la indossa (non) mi racconta i suoi pensieri, non ne può parlare, ma immagino che faccia male dover rappresentare l'Ordine Costituito con quelli che potrebbero essere Pinin e tutto il mondo della Grangia. Il bimbo-diventato-poliziotto tace, aggiunge solo che lui ha sempre cercato di guardare negli occhi chi stava dall'altra parte, di parlargli, magari per prendere atto che quell'altro non aveva niente in comune con Pinin. Comunque guardarsi negli occhi serve, non solo nel lavoro. «Ehi amico…» è così che durante il Tor 2012 è iniziato il chiarimento, correndo giù dal Colle di Veysonnaz. Mauro aveva appena raggiunto Famoso Alpinista, quello che due anni prima proprio lui aveva accusato di aver preso un passaggio in macchina, nel silenzio notturno dell'ultima salita, in una montagna senza testimoni. Di quell'episodio rimasero solo delle incongruenze cronometriche e la parola dell'uno contro l'altro, quindi non si saprà mai cosa accadde veramente. Ma due anni dopo il confronto tra i due c'è stato, anche se resterà un segreto tra gente di montagna che chiarisce le beghe con schiettezza, senza sollevare polvere ma guardandosi ne-

La tua giornata tipo? Sveglia alle 5,15, accudisco Free, vado a Torino a lavorare. Poi c'è la Collina (terra e due zie anziane). Quanto ti alleni? Molto d'estate; d'inverno 4 o 5 ore a settimana. In compagnia? Se capita… Segui delle tabelle? Tutto a sensazione, idem per l'alimentazione, carboidrati e proteine separati. Passioni forti? La mia terra, averne cura è una forma di rispetto per la memoria di mio padre. Ematocrito? (Risata) non lo so… Personaggio modello? Mio padre. Cosa ammiri negli altri? Umiltà, coerenza, sincerità, obbiettività. E cosa non sopporti proprio? L'ignoranza. Cosa ne pensi del doping? Niente. Non penso niente e non lo concepisco. Mai visto qualcuno bombarsi. Per contrastarlo farei qualche analisi. Tua moglie Brigitte. Vuoi parlarne? Ha una pazienza infinita. Cos'hai imparato di nuovo dopo tre edizioni del Tor nei primi dieci? Urca! Imparo sempre! Il sonno. Quanto hai dormito al TDG 2012? 1 ora a Donnaz, 35' al Crest, 1 ora e 30' a Valtournenche (gara ferma), idem al Frassati (gara ferma). Nella vita normale 5 ore a notte. Sessualità e sport, c'è un rapporto? No, domanda stupida. Il corpo dopo il Tor? Tutto ok, un po' di male al ginocchio nei primi 4 giorni. La testa dopo il Tor? Incazzato ed entusiasta. Secondo te il Tor è pericoloso per il corpo? Sì. E per la testa? No, ma solo se arrivi in fondo. Dove andremo a finire con questa ricerca della gara sempre più lunga? C'è già, Iditarod. La ricerca del limite? È una cagata: i limiti sono fatti per venire superati. Ormai è un businnes. Gli altri? Ho uno stuolo di parenti che stanno male, è bello dare. La classifica del 2012? La vince chi ci mette meno degli altri. Sono stato fermato, quindi non può esser una colpa. Collè (il quinto) mi fa un culo così, ma al Tor io l'ho battuto. Alimentazione al TDG 2011 (chiesto due volte per scrupolo)? 13 gelati (ghiaccioli e ricoperti), 1 cubetto di prosciutto cotto, mezzo rosso d'uovo al Barmasse, dopo mezza fetta di salame e un tocco di formaggio, lemonsoda. Novità nel tuo TDG 2012? Ho avuto più coraggio e miglior senso della tattica. Soste accorciate. Soliti problemi di vomito. Ho voluto essere più egoista e sono andato molto più da solo.

gli occhi. Già, le beghe: per amor di verità il cronista deve annotare che Saroglia fiuta le grane con la dimestichezza con cui Free trova la gente sotto le valanghe. L'argomento è delicato e va inquadrato nel suo contesto quindi è meglio tornare a vent'anni fa, quando il bimbo-diventatopoliziotto aveva trent'anni ed era già molto altro: sposato con Brigitte, una francese conosciuta sotto (?!) il tavolo durante una serata tra amici, padre di due figli, contadino quando non lavora. E nei ritagli di tempo si

è messo a correre, alla Grangia l'ha sempre fatto ma adesso inizia a sfidarsi con gli altri del Soccorso Alpino nelle garette di paese; è il momento delle 'selvaggerie', che per lui più sono lunghe e meglio è, solo i regolamenti devono restare corti (partenza-arrivo, il primo che finisce ha vinto). La passione per il Tor des Géants è nata così: come ennesimo ritorno ai tempi della Grangia, perché è sempre lì che tutto inizia. Infatti ogni anno Mauro al Tor soffre fino a Cogne, poi entra nel vallone dell'Urtier che lo riporta nelle sue montagne, chissà perché lì inizia a star bene, dopo è un crescendo, e fa i tempi dei primi. Ma torniamo alle beghe. Il Tor è solo una gara eppure se capita qualcosa di strano, potete essere certi che Saroglia si trova nei paraggi. Se il primo anno ha accusato Famoso Alpinista di avere un debole per l'autostop quest'anno è stato il maltempo a fornirgli lo spunto: salvo i primi cinque classificati, che sono arrivati a Courmayeur senza interruzioni, tutti gli altri sopravissuti al Tor 2012 sono stati bloccati due volte; tra questi Mauro, impegnato nel solito rush finale. È successo così che nella classifica finale e al netto dei tempi di sosta il sesto classificato risulti con un tempo inferiore a quello del quinto. Si dice che per finire il Tor occorra la testa dura, e il destino ha voluto che Mr. Sestoclassificato sia l'ultima persona che un organizzatore desideri trovarsi di fronte con un reclamo in mano: Mauro Saroglia. Ovviamente il personaggio impone che non ci sia verso di indurlo a considerare la difficoltà della gara no-stop fatta da colui che secondo la Giuria l'ha preceduto: Mauro quel quinto posto l'ha iniziato a inseguire a Valtournenche e non vuol sentire ragioni. Per gli appassionati dell'argomento è una manna, infatti non se ne viene a capo: in una gara così lunga se il meteo decide di rimescolare le carte è impossibile escludere l'arbitrio dalle valutazioni di chi ha voglia di farne. Così, come sempre in Italia, si sono creati i due partiti, quello del 'Saroglia è quinto' e l'altro del 'Saroglia non rompere'. Mentre riassumo l'episodio mi viene in mente il Battiato de 'tanto il giorno della fine non ti servirà l'inglese', magari ricordando che il fascino del Tor non è descritto da un piazzamento mentre il valore dei risultati di Mauro è dato dalla sua costante presenza nelle parti altissime della classifica. C'è poco da fare: l'agonismo è uno strano virus e chi ne viene infettato è in grado di dare contemporaneamente il meglio e il peggio di sè; per un piazzamento si può perder il sonno, anche se tra qualche anno nessuno ci farà più caso. Lo scrivo per esperienza diretta, infatti se ho appena tentato di raccontarvi Mauro Saroglia, sappiate che l'ho fatto per l'intento meschino di carpire qualche suo segreto. Giusto per dirvi com'è finita: ho scoperto il rimpianto di non aver mai trascorso una notte intera a fianco di una mucca nell'attesa della nascita del suo vitellino; sù alla Grangia ci doveva essere molto da imparare, solo che certe cose non si possono né insegnare, né raccontare; per conoscerle bisogna averle vissute. Possibilmente a sette anni.


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Sopra: Mauro all'arrivo del TDG 2012 ŠEnrico Romanzi


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WINTER TRAIL testo: Fabio Menino foto: Sebastiano Salvetti

CORRERE D'INVERNO Con

l’arrivo del periodo invernale per ogni runner che si rispetti è d’obbligo autoconvincersi che i buoni propositi per la stagione a venire verranno realmente messi in pratica. Il rischio, complice il freddo che può dissuadere anche i più audaci, è che questi rimangano latenti come le promesse che immancabilmente si fanno dopo il cenone di fine anno circa il nuovo tenore alimentare da adottare in futuro. Le gare diminuiscono e la neve, se tutto va per il verso giusto, non permette di fare grandi dislivelli. Però è proprio in questi mesi che si devono costruire le basi per i primi importanti appuntamenti primaverili. Un’attività fondamentale da fare anche d’inverno è mantenere un adeguato livello di allenamento con particolare attenzione all’attitudine a correre in salita, in discesa e su terreno sconnesso. In termini di dislivello, lo scialpinismo è l’attività agonistica invernale più allenante per chiunque voglia mantenere o migliorare la propria preparazione in salita. A grandi linee è l’unica attività che consente di svolgere lavori specifici con dislivelli importanti al pari di quanto si può fare d’estate. Il solo scialpinismo presenta però due lacune per il runner: il mantenimento dell’attitudine a correre in discesa e la sensibilità a correre su terreni sconnessi. Questi sono due aspetti da non sottovalutare. Esistono pochi atleti in grado di primeggiare a livello internazionale nello scialpinismo in inverno e nella corsa d’estate. Tra di loro, su tutti, gli spagnoli Kilian Jornet e Mireia Mirò. Ci sono poi molti scialpi-

Come mantenere l’allenamento durante l’inverno tra winter trail, ciaspolate, urban trail, palestra, rampe di scale e corse campestri nisti che d’estate mantengono il loro allenamento gareggiando principalmente nei Vertical. Chiunque pratichi gare in entrambe le specialità, a meno che non si chiami Fabio Meraldi o Kilian Jornet, dovrà però necessariamente fare i conti su come intervallare le due stagioni tra gare e recupero. Per chi non può o non vuole dedicarsi alla pratica dello sci, esistono altre attività che, se pianificate correttamente, possono comunque costituire una buona base di allenamento. Diciamo subito che per i praticanti del solo running, nel periodo invernale si ribalta inesorabilmente l’evidente vantaggio che i montanari hanno sui cittadini nel periodo estivo. Per i primi, in particolar modo chi abita in paesi sopra i 1.000 metri di quota, la presenza della neve lascia meno possibilità di quante ce ne siano in estate. Viceversa, chi abita in zone più basse può avere maggiori possibilità di allenamento. Cerchiamo quindi di analizzare le alternative possibili e i relativi benefici che possono apportare. Correre sulla neve Correre sulla neve fresca o su quella battuta implica due attività fisiche completamente differenti. Per la prima è necessario utilizzare le racchette da neve. Questi attrezzi permettono di non affondare e in commercio se ne trovano di svariati tipi. Per gli amanti del racing, oltre alle molte gare in calendario, si trovano ormai attrezzi leggeri e per-

formanti con i quali è addirittura possibile utilizzare le classiche scarpe da running con un sistema di aggancio mobile simile a quello utilizzato nello scialpinismo. Per quanto riguarda la corsa su neve battuta, anche se lo stimolo può essere forte, non è legale, educato e tantomeno sicuro correre sulle piste da sci di discesa o da sci di fondo. Tendenzialmente le altre possibilità sono su percorsi poderali battuti dal passaggio di altre persone o di mezzi meccanizzati come, per esempio, le motoslitte. In questi casi l’allenamento che ne risulta è simile a quello su terreno naturale con indubbi vantaggi in discesa dovuti alla riduzione dei traumi da impatto. Questo vantaggio, però, va a discapito dell’allenamento alla sensibilità con il terreno sconnesso. Il gesto atletico in discesa è più rilassato in quanto si può confidare su un appoggio morbido. È quindi necessario prestare la massima attenzione quando si incomincerà nuovamente a correre in discesa senza la presenza della neve perché lo stesso atteggiamento potrebbe portare a un aumento delle probabilità di incorrere in storte o altri infortuni. Correre in città Per un cittadino la tipica trasferta primaverile o estiva del fine settimana in montagna alla ricerca dell’amato dislivello si riduce nel migliore dei casi a uscite in zone collinari per la presenza di neve in quota. A maggior ragione, quindi, è necessario trovare il modo più efficace possibile per mantenere un minimo di allenamento alla salita, alla discesa e al terreno naturale, anche durante la settimana. L’allenamento in città, per chi ha scelto il running nella sua veste in natura, presenta sicuramente alcune complicazioni, a meno che


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WINTER TRAIL

GARE

TRAIL SULLA NEVE ITALIA 06/01 Winter Trail Monte Prealba Bione (Bs) - 30 km 06/01 Winter Trail Poggiolo Casola Valsenio (Ra) - 21 km 08/01 Winter Trail della Lepre Bianca Pian delle Fugazze (Vi) - 15 km 12/01 Winter Eco Trail Courmayeur (Ao) - 16 km 13/01 Colle San Marco Winter Trail Colle San Marco (Ap) - 14 Km 20/01 Winter Trail dei Marsi Collelongo (Aq) - 13 km FRANCIA 13/01 Trail Blanc New Balance Serre Chevalier - 30/12 km 20/01 Ice Trail Saint Martin du Tertre - 30/15 km 20/01 Romeufontaine Font Romeu - 40/25/12 km 20/01 Snow Trail Chabanon - 29/10 km 26/01 Les 2 Alpes Night Snow Trail Les Deux Alpes - 18/10 km Trail classici 13/01 - Ultramaratona della Pace Traversara di Bagnocavallo (Ra) - 47 km 20/01 Val Maremola Trail Tovo San Giacomo (Sv) - 21 km 26/01 Trail dei due Comuni Dronero (Cn) - 18 km 27/01 Trail Ronda Ghibellina Castiglion Fiorentino (Ar) - 43/22 km Ciaspole/Racchette da neve 06/01 La Ciaspolada Fondo (Tn) - 8 km 13/01 CiaspDolomitica Padola in Val Comelico (Bl) - 16/10/7,5 km 20/01 Val Gardena Ciasp Santa Cristina Monte Pana (Bz) - 5,5 km 20/01 Ciaspolissima Malborghetto Valbruna (Ud) - 10/5 km Cross 06/01 Cross di Scarmagno Scarmagno (To) - 6,2 km 06/01 Cross della Befana Castell’Alfero (At) - 10/6/5 km 12/01 Poker del Cross novarese Castelletto Ticino (No) - 6 km 13/01 Ivrea Cross Country Ivrea (To) 20/01 Cross Amici Pellerina Torino (To) 20/01 Cross di San Gaudenzio Novara (To) 27/01 Trofeo Angelo Andrea Bellinzago (No) 27/01 Cross Casellese Caselle (To) 27/01 Trofeo Zurletti Trofarello (To) - 6/4 km

non si abbia la fortuna di abitare in un luogo con una zona collinare e poco urbanizzata nelle immediate vicinanze. Spesso e volentieri ci si può trovare ad effettuare allenamenti qualitativi e ripetitivi in zone poco gratificanti alla vista e frequentate da altre persone. Partiamo dall’allenamento in salita e in discesa. Ovviamente il discorso è differente a seconda della tipologia del luogo in cui si abita e in particolare della sua conformazione geografica. Dove è possibile, è sufficiente individuare una strada in salita, anche asfaltata e dedicare del tempo ai lavori qualitativi, ripetendola in sequenza. Un lavoro spesso noioso, in particolare se il contesto non è la natura incontaminata che si è soliti ammirare in montagna, ma essenziale per mantenere e migliorare il proprio potenziale in salita. Rispetto a un percorso naturale, su una strada in salita è quasi sempre più difficile trovare significativi cambi di ritmo e in questo caso sarà doveroso impostare l’allenamento con adeguati cambi di intensità. In modo analogo a quanto avviene per la corsa su neve, la discesa su asfalto non consente però di allenare in modo adeguato la sensibilità al terreno sconnesso.

Palestra e grattacieli Nel nostro paese esistono anche città o comunque zone completamente sprovviste di qualsiasi tipo di salita significativa. In questo caso è necessario che la forte motivazione prenda il sopravvento sul possibile sconforto che porterebbe inesorabilmente al 'non fare' e al crearsi degli alibi, inutili e pericolosi. A livello pratico esistono due soluzioni su tutte. La prima è il potenziamento muscolare fatto con attrezzi da palestra. Con un lavoro specifico lo svantaggio iniziale legato al fatto di svolgere l’attività in un luogo chiuso o comunque in modo più statico, si può anche trasformare in un grosso vantaggio di tipo fisico. Esistono infatti esercizi che consentono di allenare la muscolatura in modo addirittura più efficace che non con la sola corsa. È il caso dei muscoli lombari e addominali, spesso e volentieri trascurati dal runner, ma che invece sono fondamentali, specialmente nella corsa in discesa. La seconda soluzione, sempre in assenza di salite, è quella di allenarsi lungo le rampe di una scala. Negli Stati Uniti, nei Paesi anglosassoni e in Asia, dove la presenza di grattacieli è molto diffusa, si stanno sviluppando molto velocemente le competizioni all’interno degli edifici. Il 6 febbraio, per


119 > trail running

Nelle foto accanto. Allenamento su terreno misto. Alternare tratti innevati e non consente di matenere l'allenamento al fondo sconnesso.

Tecnica

Inverno, è tempo di costruire a cura di Andrea Basolo

esempio, si svolgerà la ormai famosissima Empire State Building - Run Up, lungo gli 86 piani del celebre grattacielo di New York, con buona pace dei condomini. Non va dimenticato che già 7 piani, ovvero 14 rampe di scale, equivalgono a circa 20 metri di dislivello in salita a una pendenza del 51 per cento. Con una sequenza di ripetute ne viene fuori un allenamento di qualità molto efficace e utile a mantenere allenato l’apparato cardiorespiratorio e la capacità di assorbire l’acido lattico. Per la discesa lungo le scale, naturalmente bisogna utilizzare il buon senso per evitare di travolgere la dirimpettaia mentre è intenta a entrare in ascensore per andare a fare la spesa. Per l’allenamento in pianura o con poche asperità, dove fondamentalmente ci si allena sulla velocità, è sicuramente meglio prediligere un parco o una zona naturale per mantenere la già citata sensibilità con il terreno naturale. Spesso è necessario ma anche utile ricercare la qualità e il benessere mentale a scapito della comodità. Dedicare più tempo allo spostamento rispetto all’allenamento sotto casa, in alcuni casi può essere più appagante sia da un punto di vista prettamente fisico che da quello spirituale. La soddisfazione di correre in un bel

parco cittadino, possibilmente isolato dal traffico, ripaga quasi sempre il tempo dedicato per raggiungerlo. In ogni città si possono scoprire luoghi adatti e in questo caso può essere importante utilizzare anche la fantasia. Non dimentichiamoci che in molti centri urbani, in particolare all’estero, stanno prendendo sempre più piede gli urban trail. Provare a immaginarsi l’organizzatore di una di queste manifestazioni nella propria città può essere un gioco che aiuta a individuare i percorsi più logici e naturali all’interno del proprio agglomerato urbano. Se presenti, zone con scalini o altri ostacoli artificiali possono costituire un ottimo allenamento. Per chi non vuole affrontare completamente il letargo dalle competizioni, è inoltre possibile prevedere di partecipare ai cross, ormai molto numerosi in calendario. Spesso e volentieri si tratta di gare che si svolgono anche in prossimità dei centri urbani o addirittura in parchi al loro interno. Il cross è un ottimo allenamento per l’attività aerobica e il relativo potenziamento muscolare. Anche la più classica attività del trail running, seppure con un calendario ridotto, presenta alcune opportunità interessanti con distanze che possono arrivare fino ai 50 chilometri.

L’inverno, periodo meno intenso per il trail runner, è il momento della ‘costruzione’. Allo scarico e rilassamento muscolare mediante nuoto o ciclismo fa seguito la progressiva ripresa dell’attività. Inizialmente lavorando sulla muscolatura tre volte la settimana, alternando un’ora di palestra e un’ora di corsa blanda, evitando azioni di tipo esplosivo. Da non tralasciare una sessione intensa ogni sette giorni a ritmi medi frammezzati da sprint in salita, ripetute e fartlek, favorendo le variazioni di ritmo. Sino alla fase di ‘trasformazione’, cimentandosi nei cross invernali per recuperare l’attitudine alla sfida. Anche dopo training intensi, senza prestare attenzione ai risultati. È quindi tempo di sviluppare la potenza aerobica, vale a dire la capacità di correre in presenza d’ossigeno, consumandone tanto quanto è possibile immagazzinarne; viatico per future sedute di resistenza lattacida. Ogni 10 giorni ci si cimenta quindi in una salita, abbastanza ripida, di 50 minuti: i primi 30 a ritmo blando, quindi 15 minuti ad andatura sostenuta e gli ultimi istanti al limite. L’alimentazione va adeguata ai climi rigidi, privilegiando le proteine rispetto ai carboidrati. Verdure a volontà e yogurt irrinunciabile per i benefici intestinali. Da non sottovalutare, in caso di training intenso, l’integrazione con aminoacidi. Un errore frequente del runner invernale consiste nell’esagerare con l’abbigliamento. È giusto non correre svestiti, ma una temperatura corporea non eccessiva favorisce la prevenzione delle infiammazioni. Ciò che conta, dopo un allenamento, è cambiarsi immediatamente e, se possibile, recuperare in sauna. Pratica che favorisce la vascolarizzazione muscolare. Infine, un consiglio legato all’attrezzatura: privilegiare scarpe dal generoso ammortizzamento. Il terreno gelato trasmette ogni sollecitazione alle articolazioni.


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WINTER TRAIL testo E FOTO: Sebastiano Salvetti TESTATORE: Andrea Basolo

3 modelli per l’off road invernale La Sportiva Crossover GTX, Salomon Spikecross 3 CS e Scott eRide Aztec3: tre modi d’interpretare la corsa off road invernale. Le scarpe italiane puntano al comfort termico, le francesi al massimo grip e le americane a tenuta laterale e rigidità torsionale

SCHEDA TECNICA* La Sportiva Crossover GTX Tomaia: Fodera: Intersuola: Sottopiede: Allacciatura: Suola: Peso: Misure EU: Colori: Prezzo:

mesh in Nylon, ghetta elasticizzata impermeabile con zip Gore-Tex Extended Comfort Eva a doppia densità Eva + foam simmetrica. Ghetta con zip asimmetrica La Sportiva FriXion AT 350 g da 36 a 47,5 (anche ½) giallo/nero, rosso/nero, grigio/nero 159 euro www.lasportiva.com *dati dichiarati

RILEVAMENTI

Condizioni del test Luogo: Ceresole Reale (TO) Temperatura: da 0°C a -3°C Condizioni atmosferiche: nuvole basse, nevischio Terreno: fango, neve e roccia

La metodologia dei rilevamenti L’ampiezza d’appoggio anteriore viene rilevata a 75 mm dalla punta della scarpa, in corrispondenza del fulcro di spinta. Consiste nella misurazione della larghezza della suola, analogamente a quanto accade per l’ampiezza d’appoggio posteriore; questa volta mantenendosi a 60 mm dalla parte terminale della calzatura. L’ampiezza d’appoggio dell’arco plantare cade nel punto più stretto della suola stessa. Più complesso ricavare i dati relativi ai volumi interni. L’ampiezza d’alloggiamento dell’avampiede viene misurata mantenendosi a 55 mm dalla punta e a un’altezza di 15 mm dalla base della scarpa, esercitando una dilatazione della tomaia pari a 5 newton (misurazione dinamometrica). Identica procedura per quanto concerne l’ampiezza d’alloggiamento del tallone; collocandosi, in tal caso, a 20 mm dalla parte terminale interna. La misurazione dell’ampiezza d’alloggiamento dell’arco plantare viene effettuata in corrispondenza del punto più stretto della suola. Tutti i rilevamenti sono effettuati senza sottopiede. I pesi si riferiscono al ½ paio.

MISURA 42 EU LUNGHEZZA 295 mm LUNGHEZZA ALLOGGIAMENTO PIEDE 275 mm PESO 376 g PESO ESOSCHELETRO 347 g PESO SOTTOPIEDE 29 g SPESSORE SOTTOPIEDE 2,5 mm (ant.) / 5,0 mm (post.) AMPIEZZA APPOGGIO ANTERIORE 107 mm AMPIEZZA APPOGGIO ARCO PLANTARE 58 mm AMPIEZZA APPOGGIO POSTERIORE 78 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO AVAMPIEDE 100 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO ARCO PLANTARE 70 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO TALLONE 60 mm ALTEZZA TOMAIA AI MALLEOLI 58 mm TASSELLI LUNGO LA SUOLA 41 PROFONDITÀ TASSELLI ANTERIORI 6,0 mm PROFONDITÀ TASSELLI POSTERIORI 6,0 mm MADE IN Cina

Garantiscono massima protezione e isolamento da neve, fango e pietrisco grazie alla fodera in Gore-Tex e alla ghetta integrata estesa sin oltre i malleoli. Quest’ultima, sebbene dotata di zip, rende laboriosa la calzata portando inoltre in dote, per i runner dal collo del piede alto, alcuni punti di pressione. Il grip della suola, predisposta per il montaggio dei chiodi, è discreto: la mescola è abbastanza dura e se da un lato favorisce la resa chilometrica, dall’altro non gioca a vantaggio della tenuta su neve e roccia. L’ammortizzazione non è da riferimento: le Crossover GTX prediligono reattività e precisione nella trasmissione degli impulsi piuttosto che l’assorbimento delle sollecitazioni. La rigidità torsionale è nella media, mentre la calzata si presenta ampia nella zona dell’avampiede, dai volumi proporzionalmente molto più contenuti in corrispondenza dell’arco plantare e tallone. Sono le scarpe più pesanti in prova: 376 g. Ovvero 46 g più del modello ‘estivo’ C-Lite 2.0 dal quale derivano. PRO........................................................................Isolamento da fango, neve e pietrisco CONTRO................................................................................. Pressione sul collo del piede


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SCHEDA TECNICA* Scott eRide Aztec3

SCHEDA TECNICA* Salomon Spikecross 3 CS

Tomaia: mesh in Nylon + gomma + laminati di poliuretano Fodera: Nylon Intersuola: Eva a iniezione + inserto anti torsione Sottopiede: foam Allacciatura: simmetrica mediante cordino Quick Lace Suola: Vibram Super Trek Peso: 350 g Misure EU: da 35,5 a 48,5 (anche ½) Colori: nero/blu, nero/rosso Prezzo: 135 euro www.scott-sports.com *dati dichiarati RILEVAMENTI

Tomaia: mesh in Nylon + laminati di poliuretano Fodera: Salomon ClimaShield Intersuola: Eva + foam Sottopiede: OrthoLite Allacciatura: simmetrica mediante cordino Quick Lace Suola: Salomon Contagrip Mud&Snow + 9 chiodi Peso: 325 g (42 2/3 EU) Misure EU: da 37 1/3 a 48 (anche 1/3 e 2/3) Colori: nero Prezzo: 160 euro www.salomonrunning.com *dati dichiarati RILEVAMENTI

MISURA 41 EU LUNGHEZZA 289 mm LUNGHEZZA ALLOGGIAMENTO PIEDE 262 mm PESO 338 g PESO ESOSCHELETRO 320 g PESO SOTTOPIEDE 18 g SPESSORE SOTTOPIEDE 3,8 mm (ant.) / 5,0 mm (post.) AMPIEZZA APPOGGIO ANTERIORE 108 mm AMPIEZZA APPOGGIO ARCO PLANTARE 72 mm AMPIEZZA APPOGGIO POSTERIORE 83 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO AVAMPIEDE 90 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO ARCO PLANTARE 62 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO TALLONE 57 mm ALTEZZA TOMAIA AI MALLEOLI 54 mm TASSELLI LUNGO LA SUOLA 37 PROFONDITÀ TASSELLI ANTERIORI 3,5 mm PROFONDITÀ TASSELLI POSTERIORI 4,0 mm MADE IN Cina

MISURA 42 2/3 EU LUNGHEZZA 310 mm LUNGHEZZA ALLOGGIAMENTO PIEDE 267 mm PESO 329 g PESO ESOSCHELETRO 308 g PESO SOTTOPIEDE 21 g SPESSORE SOTTOPIEDE 4 mm (ant.) / 6,5 mm (post.) AMPIEZZA APPOGGIO ANTERIORE 104 mm AMPIEZZA APPOGGIO ARCO PLANTARE 64 mm AMPIEZZA APPOGGIO POSTERIORE 90 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO AVAMPIEDE* 97 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO ARCO PLANTARE* 70 mm AMPIEZZA ALLOGGIAMENTO TALLONE* 62 mm ALTEZZA TOMAIA AI MALLEOLI 65 mm TASSELLI LUNGO LA SUOLA 45 (9 chiodati) PROFONDITÀ TASSELLI ANTERIORI 6,0 mm – 7,5 mm con chiodi PROFONDITÀ TASSELLI POSTERIORI 6,0 mm – 7,5 mm con chiodi MADE IN Cina

Tenuta laterale e rigidità torsionale sono i fiori all’occhiello delle scarpe americane. Rovescio della medaglia, l’ammortizzazione non è da riferimento; caratteristica che non agevola in presenza di terreni gelati e lunghe distanze. La rullata, intuitiva e naturale, è favorita dalla curvatura rocker, ispirata agli sci, che porta in dote una conformazione ‘a culla’ della suola a tutto vantaggio della progressività nella transizione dall’appoggio tallonare alla fase di spinta. Soddisfacente il grip, a patto di evitare fango e terreni a bassa consistenza, causa la limitata profondità (3,5 e 4,0 mm) dei tasselli della suola. Ottimo il comfort: lungo avampiede e mesopiede la sensazione d’avvolgimento ricorda una calza. Efficace e immediato, come per Salomon, il sistema d’allacciatura Quick Lace mediante cordino a trazione rapida abbinato a un cursore autobloccante. Peso contenuto (338 g) complice la taglia più piccola (41 EU) tra i modelli in prova. Generosa la superficie d’appoggio anteriore (108 mm).

Imbattibili in condizioni di ghiaccio e neve. I nove chiodi di cui sono dotate garantiscono un grip molto elevato, consentendo di correre ‘in spinta’ in qualsiasi condizione. Roccia inclusa, grazie alla mescola morbida della suola e ai chiodi di spessore ridotto (1,5 mm) che non pregiudicano equilibrio e rullata. La calzata, analogamente alla famiglia SpeedCross 3, è fasciante e confortevole. Efficace e immediato il sistema d’allacciatura Quick Lace mediante cordino a trazione rapida abbinato a un cursore autobloccante. Generosa l’ammortizzazione nella zona tallonare. La tenuta laterale nei traversi non è da riferimento; la rigidità torsionale è sacrificata in favore della sensibilità. L’impermeabilità, inferiore a La Sportiva, è nella media, forte dell’abbinamento della membrana ClimaShield e del rivestimento elasticizzato in mesh sopra la linguetta. Nonostante la misura generosa (42 2/3) sono le scarpe più leggere: 329 g contro i 338 g di Scott (taglia 41) e i 376 g di La Sportiva (taglia 42).

PRO.............................................................................................................................Tenuta laterale CONTRO..........................................................................................Scarsa ammortizzazione

PRO...........................................................................................................................................Trazione CONTRO...........................................................................................Scarsa rigidità torsionale


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AZIENDE LA SPORTIVA

Parata di Vip Tutti i big dello ski-alp nello stabilimento La Sportiva per la prima dello scarpone ultra-light. Tante novità anche nell'abbigliamento

Nelle foto: Due immagini del recente photo-shooting Pomoca per presentare i nuovissimi prodotti

scorso 20 novembre Ski-alper è stato ospite nella sede di La Sportiva, a Ziano di Fiemme. L'occasione è stata la convention aziendale di presentazione del catalogo Winter 2013-14 alla rete internazionale di distribuzione. Invece noi ci siamo subito concentrati sulle novità riguardanti le linee skialp race e touring, sulle quali La Sportiva sta lavorando intensamente. L'azienda trentina è leader da sempre nei settori dell'alpinismo e dell'arrampicata e sta affermandosi sempre più efficacemente nelle discipline outdoor del momento: il running in ambiente, nelle declinazioni trail e sky, con prodotti specifici per ogni

terreno e per ogni distanza. Comprese le calzature e l'abbigliamento speciale per prove particolarissime come il Vertical, la spettacolare competizione che sta riscuotendo sempre maggiore attenzione da parte di atleti e pubblico. I testimonial per l'occasione erano gli atleti del Team La Sportiva che conosciamo bene, soprattutto per le loro battaglie nello ski-alp race: Elena Nicolini della squadra nazionale di scialpinismo, la vincitrice della classifica di Coppa del Mondo Junior 2011 Jennifer Fiechter, il fortissimo francese William Bon Mardion, lo sloveno Nejc Kuhar, sempre più protagonista nei Vertical, Marco Facchinelli, atleta emergente nel running e nello ski-alp e il nostro eclettico Filippo Beccari. Indicazione chiara dell'attenzione che

ha portato La Sportiva alla creazione di pacchetti completi per lo scialpinismo: sci, attacchi, scarponi e abbigliamento creati secondo la filosofia, il know-how e l'adozione di nuove tecnologie che caratterizzano fortemente il marchio di Ziano. Proprio per gli appassionati dello ski-alp c'è una importante novità, presentata direttamente dal CEO Lorenzo Delladio: Stratos Cube, la terza generazione di Stratos, lo scarpone race in fibre composite. Una serie di soluzioni in attesa di brevetto sono state svelate almeno alla vista, se non all'obiettivo della fotocamera, solo dopo nostra insistenza. Come deludere l'attesa degli atleti di fronte a un'arma letale fatta di 537 grammi di tecnologie e scelte radicalmente nuove?


Abbigliamento essenziale ed efficace

Nelle immagini. Sopra. Le tre generazioni di La Sportiva, sotto il set-up dello scarpone di William Bon Mardion, nella pagina accanto gli atleti del team La Sportiva davanti al nuovo Stratos Cube

Come funziona lo sviluppo di un nuovo prodotto? Abbiamo parlato con gli atleti e in particolare con Filippo Beccari per capire come nascono i prodotti La Sportiva. «Lo scambio è continuo: ogni volta che in La Sportiva c'è una novità da testare, veniamo coinvolti - ha detto Filippo -. Ogni volta che uno di noi ha qualche osservazione da comunicare, sente La Sportiva. Ma gli sviluppatori non siamo solo noi atleti: specialmente qui in Valle c'è una rete di circa venti persone qualificate per esperienza, professionalità e sensibilità che fanno la stessa cosa a livelli e con prodotti diversi. Tutto viene valutato e se un certo dato si ripete con regolarità si considera verificato. Lo sviluppo prima dell'industrializzazione di solito dura almeno un anno».

L'azienda trentina crede sempre più nello ski-alp. Ne abbiamo parlato con Luca Mich, responsabile marketing e comunicazione. «I nostri prodotti sono tradizionalmente riconosciuti nell'alpinismo per la loro tecnicità - ha detto Luca -. Scegliendo di proporci in un settore come lo scialpinismo in cui entravamo buoni ultimi, abbiamo voluto presentarci con un prodotto che non lasciasse assolutamente dubbi sulla continuità delle nostre scelte. Ecco quindi Stratos e solo poi l'allargamento della gamma a tutti i modi di fare scialpinismo. Sempre introducendo soluzioni tecnologiche sviluppate da noi, attraverso la nostra esperienza e forza tecnologica». Perché La Sportiva si avventura anche nel settore abbigliamento, già affollato? «L'abbigliamento dà visibilità e presenza nei punti vendita dodici mesi all'anno. Chi produce solo abbigliamento può trainare facilmente col proprio marchio eventuali altri prodotti. Con il nostro prodotto tradizionale invece eravamo assenti dai negozi, invisibili, per sei mesi l'anno. L'abbigliamento dà visibilità anche alla calzatura tecnica, che altrimenti non mostra sufficientemente il proprio valore. Lo stesso vale per l'attrezzo». Come siete arrivati ai recenti riconoscimenti di Outside Magazine? «I nostri Storm Fighter GTX Jacket e Pants hanno vinto rispettivamente la categoria 'Gear of the Year" e 'Backpacker's 2012 Editor's Choice Snow Award'. La scelta della rivista statunitense è stata motivata con la loro estrema funzionalità e con l'incidenza minima di peso e ingombro: abbiamo sviluppato l'essenzialità che ottimizza la prestazione. Sono serviti molto tempo e tanti tentativi per individuare le scelte giuste. In generale è stato un lavoro di eliminazione del superfluo e dei punti deboli. Anche nell'abbigliamento abbiamo voluto trasferire la nostra filosofia aziendale di ricerca della massima qualità tecnica e alla fine abbiamo imboccato questa strada 'originale' dell'essenzialità per la massima efficacia».


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NEGOZI MONTURA

tra i larici Poesia e incantesimo sono gli elementi portanti del nuovo Alpstation inaugurato a Schio il 15 dicembre

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l recupero di un’area industriale può avvenire in molti modi. Raramente però l’approccio, il criterio e la progettazione architettonica si ispirano ai canoni della poesia e dell’incantesimo. È il caso del nuovo Alpstation che nasce a Schio, in provincia di Vicenza, sulle spoglie di quella che era la vecchia sede Montura. Poesia intesa come viaggio, itinerario, scoperta, quindi strettamente connessa a un certo modo d’intendere l’alpinismo. Incantesimo, invece, come magia, conoscenza, cultura, capacità di creare esclusivamente attraverso il potere delle idee. Questi due elementi si fondono nel nuovo Alpstation, per trasformarlo non solo in un punto di arrivo, ma soprattutto in un punto di partenza. Un luogo a cui approdare per poi subito ripartire, dopo aver trovato gli strumenti necessari, verso nuovi lidi. Oltrepassata una foresta minimale e asimmetrica di larici in cui la rugiada s’imperla con la resina e che trasforma il luogo in un ambiente di grande fascino, si entra in uno spazio tutto da scoprire. Tra una mappa gigantesca del territorio alpino che fa da tappeto a gran parte della superficie del negozio, tra legni colorati, stampe, immagini d’arte contemporanea, colori,

cassettoni, drappi, porte, specchi, si inseriscono le varie aree dedicate ai prodotti. Come il reparto running, completo in ogni genere di articolo, o lo spazio dedicato ai bambini, dalla prima infanzia ai quattordici anni, fornito di abbigliamento Montura per bambini dai nove mesi ai quattordici anni, di passeggini Tfk ed accessori Babybjorn. Inoltre c’è anche una kids room, in cui i bambini possono giocare e divertirsi immersi in un mondo colorato e ricco di suggestioni. Di forte impatto è l’area dedicata al viaggio e ai suoi accessori, unito a un comparto sci molto ampio dotato di scarponi, attacchi per sci alpinismo e free ride, e che comprende anche tutto l’assortimento degli occhiali Oakley. Il nuovo Alpstation presenta anche una notevole anteprima: per la prima volta negli Alpstation viene mostrato Timbuk2, un marchio americano assolutamente innovativo distribuito da Tasci. Si tratta di borse e accessori dallo stile urbano, concreto, colorato e tecnico, pensato in particolare per i giovani. Il nuovo Alpstation di Schio, il più grande in termini di superficie tra i tredici finora realizzati, non è quindi solo un semplice negozio in cui trovare la collezione completa Montura e il meglio dell’attrezzatura per l’alpinismo, ma

da

THIENE

uno stimolo al viaggio, al dinamismo e, perché no, al nomadismo. Molti sono i progetti che in futuro l’Alpstation metterà in atto. L’intenzione è presentare attraverso film, incontri, letture, performance e concerti le infinite esperienze legate al mondo della montagna. Soprattutto la creazione di una palestra di arrampicata che possa permettere ai principianti di avvicinarsi a questa disciplina, e ai praticanti di avere uno spazio vicino e ben attrezzato, boulder compreso, in cui allenarsi e prepararsi. All’inaugurazione dell’Alpstation, che si è tenuta sabato 15 dicembre, non sono mancati personaggi che hanno fatto grande l’alpinismo e il mondo dell’arrampicata. Tra questi Adam Ondra, Hans Kammerlander, Nives Meroi, Romano Benet e Fausto De Stefani, ospiti graditi in un giorno di festa, di incontro e di scoperta.


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Nelle Foto. Alcune immagini dei lavori di restauro e scorci dell'interno ed esterno della nuova Alpstation di Schio, con la caratteristica 'foresta minimale' in larice


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AZIENDE DYNAFIT

La nazionale italiana Una partnership di altissimo livello per gli azzurri, che sfrutteranno il know-how dell'azienda elvetica per migliorare ulteriormente le prestazioni elle gare di scialpinismo moderno si sa che contano anche i centesimi di secondo e ora grazie alla collaborazione con Pomoca potremo valutare nelle prove a diretto contatto con gli avversari, la capacità di scivolamento delle pelli Pomoca Race Pro» ha affermato Robert Antonioli, Campione Mondiale di staffetta a Claut 2011, a cui fa eco un altro protagonista dello scialpinismo mondiale, Michele Boscacci. «Con il nuovo profilo delle pelli Pomoca è possibile scivolare un paio di millimetri in più a ogni passo, un vantaggio nelle fasi di arrivo dopo la salita - ha detto l'azzurro -. È la nostra arma segreta per la Coppa del Mondo di scialpinismo». Le parole dei due atleti della squadra nazionale sono il biglietto da visita migliore per annunciare la partnership fra il team italiano e il marchio Pomoca. Da oltre 75 anni i migliori atleti del mondo, esperte guide alpine e numerosi gruppi di soccorso alpino si affidano alle pelli dell’azienda svizzera. Come è riuscita Pomoca a diventare leader? La risposta è semplice: grazie a investimenti continui, ricerca e sviluppo e a una profonda conoscenza della neve a tutte le quote. Ricercatori e laboratori chimici lavorano continuamente in stretto contatto con ingegneri tessili per la definizione del prodotto e della materia prima, prima di affidare i prodotti ai migliori atleti per la valutazione delle prestazioni sulla neve. Un vero lavoro di squadra, che ha portato il reparto R&D a 'lavorare' le superfici di contatto della lana Mohair tanto da migliorare le prestazioni in salita fino a livelli finora inimmaginabili. Negli ultimi anni c'è stata una straordinaria evoluzione nelle prestazioni atletiche e la velocità ascensionale media di una gara di scialpinismo si avvicina molto a quella di una competizione di skyrunning, nonostante l‘attrezzatura sia molto più pesante delle scarpette sportive. Come è possibile? La maggiore lunghezza di passo consentita dalla tenuta dello sci e delle pelli sulla neve e la forza applicata ai bastoni (e naturalmente alle gambe) si trasformano in un movimento di continuo scivolamento dinamico. Il vero nemico qui è l’attrito delle pelli sulla neve mentre si sale. Gli ingegneri di Pomoca sono riusciti a ottenere i coefficienti di scivolamento più bassi con le condizioni di neve più diverse. In questo modo è possibile ampliare fino a 20 millimetri la lunghezza del passo. Apparentemente sembra una cifra insignificante ma, se teniamo

Nelle foto. Due immagini del recente photo-shooting Pomoca per presentare i nuovissimi prodotti

conto che per ogni 1.000 metri di altezza sono necessari 4.000 passi, otteniamo un risparmio di 8.000 centimetri. In altre parole: un vantaggio di 80 metri in una gara sulla distanza sprint può valere un podio! Ecco spiegata la ragione per la quale la nazionale italiana di scialpinismo ha deciso di affidarsi a Pomoca per la stagione agonistica ormai alle porte: un team composto da 23 atleti di cui 10 Senior che rappresentano l’élite del movimento italiano, nazione faro della disciplina. Alle

loro spalle cresce un interessante vivaio di giovani atleti con 13 promesse, tra cui la bellunese Alba De Silvestro. Ma non solo l’Italia dello skialp ha scelto Pomoca: il Campione del Mondo 2011, lo svizzero Martin Anthamatten e gli spagnoli Mireia Mirò e Marc Pinsach sono tre dei numerosi atleti di caratura internazionale che metteranno le pelli dell’azienda rossocrociata sotto i propri sci. info: www.pomoca.it


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NEGOZI CAVALLO CENTRO SPORT

Lo specialista del telemark unto di riferimento 'storico' per fondo e telemark, Cavallo Centro Sport a Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo, offre un vasto assortimento e specializzazione anche su scialpinismo e freeride. Negli ultimi anni, come ci conferma Diego Cavallo, soprattutto per lo scialpinismo c'è stato un notevole aumento di interesse e praticanti. Troviamo in negozio i marchi più rappresentativi come Ski Trab, Dynafit, Fischer, Elan, Scarpa e Garmont, oltre al nuovo reparto di abbigliamento tecnico Ferrino High Lab. Le rastrelliere di sci lasciano intravedere un assortimento per tutte le esigenze e soprattutto offerte particolari per i neofiti alla ricerca di una prima attrezzatura contenendo le spese. K2, Salomon e Völkl sono ben rappresentati per il freeride e naturalmente il telemark con larghezze decisamente 'audaci'. Come sempre, per i consigli tecnici in negozio troviamo Sergio Cavallo, skiman nel laboratorio completamente rinnovato, Chiara Ghibaudo, maestra di sci fondo e scialpinista e Diego Cavallo, maestro di sci alpino e istruttore di telemark che cura anche l’ampio settore dedicato ai talloni liberi. Diego ci segnala, nel circuito 'Tmk Snow Events', la manifestazione 'Telemark Riserva 2013' a Limone Piemonte il 9 e 10 febbraio, per dare a tutti la possibilità di scendere in pista.

Nelle foto. Qui sopra Diego Cavallo, titolare di Cavallo Centro Sport, a lato uno scatto dell'interno

INFO: Cavallo Centro Sport Via Cuneo, 13 12011 Borgo San Dalmazzo Tel. 0171.269309 www.cavallosport.it

Le pelli da skitouring scelte dalla Squadra Nazionale Scialpinismo e da molti professionisti della montagna.

pomoca.com


Riceviamo e pubblichiamo un estratto dell'ordinanza cautelare del Tribunale di Venezia Sezione Specializzata in materia di Proprietà Industriale ed Intellettuale. n.6199/2012 r.g. Il G.D. dott.ssa Anna Maria Marra letti gli atti e sciogliendo la riserva assunta nel procedimento ex artt. 669 bis e ter c.p.c. e 66, 129, 131 e 134 c.p.i. proposto da: ATK RACE s.r.l., rappr. e dif. dagli Avv. Massimo Maccagnani e Domenico Piovesana, quest’ultimo anche domiciliatario, come da comparsa in calce al ricorso contro FELISAZ s.a.s., NOPICOO s.r.l.,

P.Q.M. contumaci in accoglimento del ricorso in epigrafe per quanto di ragione: 1) dispone il sequestro dei prodotti 'Binding Plum 165' e 'Binding Plum Guide-S', anche se diversamente denominati, reperiti presso la sede di Nopicoo s.r.l. ovvero presso unità locali, magazzini, depositi o altri locali nella disponibilità di Nopicoo s.r.l. o di Felisaz s.a.s. in territorio italiano, anche facenti capo a terzi, detentori dei manufatti predetti purché non a titolo meramente personale, con autorizzazione a presenziare alle operazioni di sequestro a rappresentanti della ricorrente e/o a suoi tecnici di fiducia; 2) inibisce, in via immediata, alle convenute Felisaz s.a.s. e Nopicoo s.r.l., secondo i rispettivi ambiti di attività, la fabbricazione, la pubblicizzazione, l’importazione, la vendita ed il commercio, almeno nel mercato italiano, de attacchi 'Binding Plum 165' e 'Binding Plum Guide-S' o altrimenti denominati; 3) ordina, altresì, a Felisaz s.a.s. e Nopicoo s.r.l., secondo i rispettivi ambiti di competenza, il ritiro dal mercato, a loro cura e spese, degli attacchi 'Binding Plum 165' e 'Binding Plum Guide-S' o altrimenti denominati e del materiale promo-pubblicitario nel termine di giorni trenta; 4) fissa a carico delle convenute una penale pari ad Euro 500,00 per ogni giorno di ritardo nella esecuzione dell’inibitoria o dell’ordine di ritiro e per ogni violazione constatata successivamente alla presente ordinanza, fermi gli ambiti rispettivi di attività; 5) ordina a Felisaz s.a.s. l’oscuramento, nel termine di giorni trenta, delle pagine visibili in Italia del sito internet www.felisaz. com e di altri siti nella disponibilità della predetta di ogni riferimento agli attacchi denominati 'Binding Plum 165' e 'Binding Plum Guide-S' o altrimenti denominati; 6) ordina a Felisaz s.a.s. la pubblicazione del dispositivo della presente ordinanza, entro giorni quindici, sulle pagine nazionali di “La Gazzetta dello Sport”, per due volte in giorni consecutivi, con caratteri doppi del normale e nomi della ricorrente e della convenute in grassetto, nonché su due numeri consecutivi della rivista “Skialper” con le medesime caratteristiche, con facoltà di ATK RACE s.r.l. di provvedervi direttamente per il caso di inutile decorso del termine fissato con diritto di ripetere le relative spese da Felisaz s.a.s.; 7) rigetta ogni altra domanda; 8) condanna Felisaz s.a.s. alla rifusione in favore di ATK RACE s.r.l. delle spese di lite, che liquida in Euro 4.000,00 a titolo di compensi, oltre iv.a. e c.p.a., ed Euro 1.905,46 a titolo di spese esenti; 9) spese compensate quanto a ATK Race s.r.l. e Nopicoo s.r.l.; si comunichi. Venezia, 29 ottobre 2012 Il Giudice designato (dott.ssa Anna Maria Marra)


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CONTROCOPERTINA

testo: Umberto Isman

Nadir Maguet e Stefano Stradelli ©Umberto Isman

Quanti sono gli 'scialpinismi'? Riflessioni su agonismo e grantour, due facce dello stesso sport, spesso più vicine di quanto si possa credere

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omenica 18 novembre. Sono al seguito sulla cresta. L'avevamo già individuato, ma per sicurezza della nazionale di ski-alp per realizzare il abbiamo chiesto». reportage che trovate su queste pagine. Ohibò, mi viene da pensare, cos'è questa contaminazioSalgo veloce verso la cima del Col Marne? Io che arranco sulle piste e le tutine che esplorano il gherita, lungo la pista, a impianti chiusi. versante meno frequentato di Cima Iuribrutto? Vabbè, io Veloce per modo di dire, sono come una bicicletta ingaglo sto facendo per lavoro, se potessi sarei altrove, ma loro? giata con le moto degli atleti. Sbuco sul panettone della Gli 'scialpinismi' non erano diventati due ben distinti? cima, in un turbinio di arrivi, ripartenze, cambi di assetMi viene in mente anche il mio amico Remigio, volato Umberto Isman to. Per antica abitudine mi guardo intorno, verso le giù nella nebbia da una cresta probabilmente sbagliata montagne. Non ho bisogno di dar loro un nome, queste le conosco della Dent D'Heréns, ormai quasi vent'anni fa. Remigio andava sembene, ognuna con la sua didascalia. È così che mi accorgo di due 'tuti- pre sparato, anche quel giorno in cui era da solo e rincorreva probabilne', per di più della nazionale, che arrivano dalla parte 'sbagliata'. Ar- mente se stesso. Era un pioniere della leggerezza; quando ancora non rivano dalla cresta che collega il Col Margherita con la Forcella di Val- esistevano gli attacchini usava e modificava l'attrezzatura più essenziale lazza e la Cima Iuribrutto. Fuori dalle piste, fuori dal flusso dei maci- che trovava in commercio. Il soccorso svizzero l'ha ritrovato dall'elicotnatori di dislivello. Sono Nadir Maguet e Stefano Stradelli, 19 anni tero tre giorni dopo grazie a uno di quei primi scarponi superleggeri entrambi, ragazzini, più ancora di quanto non dica la loro età. Dynafit, a tre colori sgargianti, che spuntava dalla neve. Remigio non «E voi due da dove arrivate?» li apostrofo. lo tenevi, non gli stavi dietro, se a quei tempi fossero esistite le gare «Da là» rispondono indicando vagamente col bastoncino. come quelle di oggi probabilmente non le avrebbe fatte lo stesso, anar«Sì, ma da là dove? Da Cima Iuribrutto?». chico com'era, ma aveva l'agonismo diluito nel sangue. Così come lo «Boh... abbiamo visto una montagna che ci sembrava si potesse salire e spirito esplorativo. siamo andati. Tanto per non fare come questi qua che vedono solo la Ecco, due storie così, lontane nel tempo, mi fanno pensare che è vero, pista». lo scialpinismo in questi ultimi anni si è diviso in due, anche Ski-alper «'Questi qua' sarebbero i vostri compagni di squadra?» . è diviso in due, ma non c'è un muro in mezzo. Il seme è comune, da «Sì, a noi piace andare in giro, esplorare. Al passo abbiamo incontrato quello è nato un unico tronco, poi i rami, che vivono però di un solo altri scialpinisti che ci hanno indicato un canale ripido che portava nutrimento, quello di Remigio, di Nadir e di Stefano.


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Crédit photos : Arnaud chidéric - Dan Ferrer

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