Approfondimenti Manifesto MCE - 16 La cooperazione educativa e il cooperative learning di M.R. Petri

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Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti

16. La cooperazione educativa e cooperative learning di Maria Rosa Petri

Negli ultimi tempi si è diffuso molto, anche in Italia, il Cooperative Learning e spesso ci viene chiesto in cosa si differenzia dalla metodologia MCE. Premetto che non conosco tutti i vari modelli di CL che si sono evoluti in questi anni, ma posso affermare che la matrice teorica coincide con la nostra. Almeno in Italia, la pedagogia popolare di Freinet si è intrecciata con le varie teorie della scuola attiva, condividendone il principio dell’apprendimento come processo che avviene nel contesto sociale. Senza stare ad approfondire qui, Dewey, Kurt Lewin, Wygotsky, e, dopo, Gordon Allport e Rogers sono stati riferimenti teorici per entrambi i metodi. Perciò matrici teoriche comuni, ma con alcune differenze significative. In comune abbiamo il valore dell’interazione educativa (costruzione del sapere nell’interazione sociale tra pari e ruolo di stimolo dell’insegnante), la critica all’insegnamento “frontale”, sviluppo del pensiero critico, importanza della relazione socio-affettiva nell’apprendimento, uso di tecniche appropriate. Su queste ultime, secondo me, si evidenziano le prime differenze. Prendiamo il “problem solving” e il “lavoro di gruppo”, centrali nel Cooperative Learning: entrambi sono alla base della nostra metodologia. Quanti sanno distinguere lo ‘stare bene insieme’ dal ‘lavorare bene insieme’? Sono due tipi di ‘gruppo’ differenti, con diverse finalità e diverse strutture. A scuola il lavoro di gruppo non è solo un modo di stare insieme, ma un modo per apprendere, meglio e tutti – anche e soprattutto quelli con difficoltà- . Si tratta quindi di un gruppo di lavoro che ha caratteristiche specifiche, ruoli interni ed obiettivi chiari. Il cooperative learning finalizza il lavoro di gruppo all’apprendimento, considerando le relazioni socio-affettive come mezzo per raggiungerlo. Questa focalizzazione porta all’individuazione di un tipo di gruppo più strutturato ed efficiente. Il gruppo deve essere piccolo (2/4 alunni) con un ruolo specifico per ciascuno, assegnato dall’insegnante: un leader, un ‘problematizzatore’, uno che verbalizza e controlla. Il compito è assegnato dall’insegnante, a cui vengono consegnati i risultati raggiunti. Per ottimizzare il lavoro, si attua una contingentazione dei tempi, anche pochi minuti, stabilita nel momento dell’assegnazione del compito. Per esperienza so che è fondamentale stabilire un limite di tempo in base al compito: se per fare una cosa occorrono 10 minuti, lasciare agli alunni un’ora significa lasciar loro almeno 40 minuti a fare altro, raramente utile ad approfondire i contenuti o a

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Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti migliorare le relazioni interne. Ma ottimizzare i tempi non deve portare all’efficientismo fine a se stesso e ad una sorta di meccanicismo delle soluzioni. Nel MCE si dà la prevalenza al gruppo classe, la classe cooperativa, che si può suddividere in piccoli gruppi per alcune attività. I piccoli gruppi sono costituiti da un numero variabile di componenti. I ruoli erano assunti spontaneamente o su stimolo dell’insegnante che chiede: chi prende appunti della discussione, chi relaziona, “chi fa che cosa”? Finalità e compito sono stabiliti dalla classe, così come la verifica del “prodotto”. Il momento ‘assembleare’ è comunque fondamentale per discutere i problemi che emergono, sia relazionali che di contenuto. I “problemi” su cui lavorare sono proposti dagli alunni o dall’insegnante. Nel nostro piccolo gruppo i ruoli sono assunti spontaneamente, in base alla personalità degli alunni. Sta all’insegnante guidare verso la formazione di gruppi in cui vi siano figure ‘funzionali’ al compito assegnato, cioè con una leadership condivisa ma con funzioni chiare, ad es. uno che tenga unito il gruppo e lo richiami all’impegno preso, uno che stimoli verso la soluzione del problema, con suggerimenti e proposte, uno che sia più sensibile alle dinamiche relazionali e sappia coinvolgere e sostenere chi tende a marginalizzarsi o ad entrare in conflitto ‘distruttivo’. La verifica del lavoro svolto, come già detto, è affidata al gruppo classe. La comprensione dell’importanza della funzione delle diverse leadership deve emergere dalla pratica e, una volta compresane l’utilità, i ruoli possono consapevolmente ruotare nel gruppo, superando l’assunzione spontanea di leadership che potrebbe cristallizzarsi su alcuni alunni a discapito di altri. La valorizzazione e la crescita di ciascun alunno è sempre stata una finalità fondamentale per l’MCE, come lo “star bene insieme a scuola” unito al “saper lavorare bene insieme”, anche se con qualche tendenza a far prevalere il primo sul secondo. La differenza tra collaborare e cooperare (collaborare significa lavorare tutti su una cosa, cooperare è lavorare per un obiettivo comune, ognuno con una funzione ed un ruolo anche se in interrelazione con gli altri. Nei due casi la responsabilità è diversa: nel primo è di tutti e di nessuno, cioè sempre dell’altro, nel secondo caso è individuale e collettiva: ognuno risponde del proprio lavoro ed il gruppo risponde del progetto complessivo) ci ritrova sulle stesse posizioni del Cooperative learning. Ma è l’ importanza che noi diamo alla creatività ed una visione più ampia dei problemi, quello che storicamente ha tenuto separati i due metodi e le loro sfere di influenza: forse è per questo che la pedagogia Freinet non sia riuscita a penetrare nei paesi come Inghilterra e Stati Uniti, mentre ha Movimenti in gran parte degli altri paesi del mondo. Il diffondersi del Cooperative Learning in Italia ci offre ora la possibilità di un confronto che può anche rimettere in discussione le nostre idee, per cambiarle o riassumerle consapevolmente.

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