Approfondimenti Manifesto MCE - 10 La dimensione linguistica lingua madre e italiano L2

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Manifesto pedagogico del Movimento di Cooperazione Educativa Approfondimenti

10. La dimensione linguistica: lingua madre e italiano L2 di Rita Benedetti, Graziella Conte, Angela Fossa, Renata Puleo (Gruppo SIF-MCE)

Nell’affrontare il problema dell’insegnamento della Lingua2, è sostanziale la consapevolezza che l’essenza del linguaggio non è un fatto linguistico: non risiede nella realizzazione storica, nel diffuso inarrestabile fluire di parole, bensì in quel vuoto che viene detto l’essere in potenza di, ossia la potenzialità che l’infante dell’uomo ha di parlare, ma anche di non farlo. Qui si radica l’elementarmente umano, che ci ac-comuna e ci permette di comunicare. Siamo corpi parlanti e, pertanto, la corporeità è per noi al centro di ogni progetto educativo e didattico. Il corpo rappresenta un territorio privilegiato per l’incontro fra culture con la conseguente trasformazione di sé e dell’altro, verso nuove e più soddisfacenti forme d’identità. Perciò,nel momento in cui due persone stanno di fronte, in uno spazio, con l’intento di interagire, sono strumenti validi tutti i linguaggi espressivi non verbali, dalla musica all’espressione grafico-pittorica e plastica, al linguaggio motorio ed al teatrale. La corporeità si esprime tutta intera nei linguaggi e nella lingua, e la parola rappresenta il risultato biologico ed evolutivo, sintesi di natura e cultura, di quel processo di simbolizzazione che, dalla primitiva separazione dagli oggetti, genera le rappresentazioni mentali e edifica gli apparati semiotici. Da questa riflessione emerge chiaramente l’importanza che attribuiamo alla Lingua Materna. E’ proprio essa, che per prima ha appagato il dolore della separazione dal corpo della Madre e ha dato voce ai bisogni primari e fisiologici, a costituire la matrice su cui si struttura, per somiglianze e differenze, la nuova lingua, quella appresa dopo, dunque non solo e non più straniera, ma seconda. La persona non ancora parlante la lingua del paese ospite non è in stato di deficit ( come appare nello stereotipo generalizzato), vive bensì una condizione transitoria: del tutto immersa nel nuovo ambiente di vita, dove tutto parla ai suoi sensi, visivamente, sonoramente e audio-visivamente. I vissuti possono solo essere pensati e raccontati con le parole della Lingua madre. Pian piano le esperienze vissute interagendo con altri si trasferiscono sul piano della parola. La comunicazione diventa linguistica anche se l'espressione è frammentaria e incerta. Va dato il giusto tempo affinché le parole della nuova lingua entrino dentro, siano soppesate controllate nei loro effetti e misurate nei contesti. Bisogna saper attendere che risuonino e siano in grado di costruire nuovi ritmi e modulazioni, attendere il momento in cui potranno essere usate senza correre rischi. E' comune a tutti gli apprendenti, di tutte le età e di tutte le culture, la possibile condizione della non comprensione delle "parole della scuola". L'insegnante dovrebbe essere pertanto un facilitatore e non il "distributore" di Lingua, accompagnando con l'ascolto, con la cura della propria Lingua (che non deve "sommergere") e spesso con il silenzio il complesso e faticoso processo che 41


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compiono gli apprendenti di raccordo delle parole e dei concetti già ascoltati (o anche letti) in altri contesti linguistici con le parole nuove. Queste sono infatti nuove e diverse in quanto indicano cose , oggetti, avvenimenti, spesso appartenenti ad altri sfondi culturali e che comunque non stanno dentro le proprie cornici di vita. E' necessario attivare la capacità di saper fare inferenze tra il detto e il non detto e soprattutto bisogna che si produca l' aggancio alle proprie conoscenze, indispensabile perchè si dia senso e motivazione all'apprendimento di un'altra Lingua. La condizione favorente per far ciò è il gruppo stesso come luogo di interazione e condivisione di esperienze che passano attraverso tutti i linguaggi che ciascuno può mettere in gioco, in particolare attraverso il corpo che, come si è detto, è esso stesso "parlante". E' un processo naturale produrre Lingua per nominare cose comuni. Dunque, l’esperienza precede il discorso su quell’esperienza: non si impara per liste o per grafici, ma per associazioni a rete, come ci dicono i più recenti contributi di letteratura scientifica sull’argomento. La persona, a sua volta parla con il suo esserci, seleziona, costruisce e sceglie senso comune, con l’altro. Se in questo percorso viene guidata, come accade a scuola, da un insegnante di Lingua2, avrà modo di valorizzare, mentre apprende, i propri saperi, e di uscire pian piano dalla nube indistinta in cui giace il nuovo universo semiotico. Sappiamo, ad esempio, quanto vasto è il patrimonio di conoscenze con cui le bambine e i bambini entrano nella scuola. Esso va salvaguardato e rispettato, proprio perché è lì che insiste la prima radice dell’apprendimento linguistico più complesso e dell’apprendimento di un'altra lingua. All’interno di tale processo è basilare promuovere le parole del sé: il vissuto, la memoria e i suoi echi emotivi, l’impatto col nuovo nel presente, le routine spazio-temporali ed infine la dimensione progettuale, fatta di desideri, sogni e aspettative.

I presupposti: funzione della Lingua […] perché i corpi, i piaceri, i gesti,le pulsioni non possono valere per se stessi come principio di sapere e di intelligenza? Sappiamo che questo di fatto è il regime in vigore nella nostra cultura, che quasi non riconosce un parlare e un sapere direttamente modellati dai loro moventi materiali cui impone sempre una traduzione mediata. Luisa Muraro

Il processo di appropriazione della realtà si attua quando essa è definita con la nominalizzazione delle cose - persone, elementi dell’ambiente naturale - che la costituiscono. Possiamo dunque dire che il mio mondo finisce là dove finisce il mio linguaggio. Il comunicare presuppone l’esistenza dell’altro, perché è solo attraverso lo scambio che il mio parlare acquista senso. Lo sguardo dell’altro mi definisce, la mia identità esiste solo grazie all’altro che mi riconosce. La relazione è dunque la base dell’esistere, anche nell’accoppiamento 42


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strutturale di tipo biologico e, per l’animale che si parla, essa definisce il nostro esserci, abitare il mondo. C’è bisogno del dialogo, dia-logos: riconoscimento reciproco. Nello scambio linguistico avviene una vera e propria negoziazione di aspettative e di significati, un fenomeno di decentramento cognitivo e affettivo, una co-costruzione dei sensi comuni , l’accettazione degli altrui punti di vista. Solo così è possibile consolidare l’agire comunicativo che è presupposto e esito del vivere sociale. Il linguaggio dell’agire comune, se rappresenta una ricerca di unificazione, è anche espressione della propria unicità. Il comportamento linguistico svela le modalità relazionali con l’esterno, è lavorato dal desiderio dell’altro, come doppio genitivo: chi ci desidera e chi desideriamo. Ma è anche atteggiamento di difesa quando la diversità è percepita come aggressione, come messa in scacco del sé. La lingua è dunque sempre espressione della propria e dell’altrui unicità: in questo senso ci sembra di interpretare il monolinguismo dell’altro.

I presupposti: apprendimento della lingua e identità culturale Esiste una differenza irriducibile tra Lingua Materna e un'altra lingua. Posso esprimerla semplicemente dicendo che conosco a memoria un gran numero di poesie in tedesco. In un certo senso hanno avuto origine sempre nel fondo della mia mente, in the back of my mind; naturalmente questo è qualcosa che non si potrà mai ripetere. […] Non esistono alternative alla Lingua Materna. Certo, la si può dimenticare, come ho potuto vedere. Ma in questo modo si parla un'altra lingua: un cliché non fa che sostituirne altri, perché la creatività linguistica viene amputata quando si dimentica la propria lingua. Hanna Arendt

La Lingua Materna veicola quei valori individuali, sociali e culturali che fanno parte della storia di ognuno. Su di essa si struttura il processo continuo dell’identità ed anche quello, come si è detto dell’apprendimento di una seconda lingua. La Lingua Materna è quella della prima lallazione, del rinforzo vocale effettuato sui primi suoni da parte della madre, che li interpreta per empatia naturale, coglie, o attribuisce senso, al nesso tra suoni, gesto, intonazione, sguardo. Per questo è importante che la madre possegga e abbia amore, cura, per la prima lingua. L’acquisizione di una lingua altra, è indice di comprensione della cultura in cui è nata e in cui vive, ma non rappresenta mai un’adesione totale alla cultura di quella lingua. L’equivalenza fra l’acquisizione delle competenze linguistiche e l’interiorizzazione della cultura è fenomeno soggettivo: deriva dal grado di interesse, è moto dell’affettività e quindi della intenzionalità del discente. 43


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Il fenomeno della fossilizzazione linguistica ne è una prova: esso avviene in parallelo al consolidarsi ed arrestarsi del livello di aspirazioni. Solo se tale livello s’innalza, si scioglie il blocco a livello linguistico. Lo stimolo più efficace è di tipo affettivo, anche se spesso la molla è di tipo economico-sociale, frutto dell’aspirazione alla mobilità verticale nella società. Lingua, pertanto, non è solo l’insieme di suoni significativi che chiamiamo parole e delle occorrenze grammaticali, ma è tutto l’insieme degli aspetti che danno significato alle parole: la mimica, la gestualità, l’atteggiamento corporeo, il tono della voce, la sua modulazione, lo sguardo, colori che mi vestono, la distanza che si frappone fra me e il mio interlocutore In definitiva, il corpo nella sua interezza. Le azioni metodologiche e didattiche coerenti con i presupposti  Armonizzare gli obiettivi di apprendimento della Lingua 2 con il bisogno profondo e il fabbisogno esplicito del Soggetto di esprimersi, di raccontarsi, di agire sulla e nella realtà nuova consentendo il giusto tempo per rapportarsi ad essa con consapevolezza dei saperi posseduti e delle proprie risorse.  Favorire una situazione di interazione fra pari e di apprendimento co-costruito e non per trasmissione dal docente agli apprendenti, consentendo che si attivino le diverse modalità di conoscenza e che si valorizzino i processi logici meno comuni, ma non per questo meno accettabili.  Valorizzare il pensiero divergente, le capacità intuitive e di anticipazione attraverso il gioco, l'arte, i linguaggi del corpo, il teatro, la musica, la danza,il ritmo.  Utilizzare la babele linguistica a fini didattici avviando una comparazione delle lingue presenti nel contesto  Sbanalizzare l'errore, non adottando un "pedagogia del modello" e una "modello ingessato di lingua", ma intervenendo sui processi che li hanno prodotti per rendere evidenti le strategie cognitive, le sovrapposizioni culturali, i fraintendimenti che si mettono in atto nell'apprendere una lingua. Solo avanzando per approssimazione e non in modo lineare e preordinato si impara a "vedere" qualcosa di nuovo che non si sapeva di sapere e lo scarto tra ciò che ci aspettiamo e ciò che troviamo lungo il percorso della conoscenza.  Stimolare la ricerca, la curiosità, e permettere a tutti di trovare un proprio senso e di condividere significati, smitizzando l'idea di una lingua già analizzata una volta per tutte da qualcuno e vista come modello di correttezza formale immutabile.

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