Il Mosaiko 4-2005

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Il Mosai K o

Il Mosaiko Kids si riceve tramite abbonamento annuale, richiedendolo al seguente indirizzo: Favolarevia Editore, via C. Alberto 13 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) - Tel. 0131 856018 e-mail: ilmosaiko @tiscali.it

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Anno 2 - n° 4 - aprile 2005 Aut. Tribunale di Tortona N° 2/04 reg. periodici del 22/09/2004 Proprietà ed Editore: Favolarevia, via C. Alberto, 13 - Castelnuovo S. (AL) Periodico mensile Direttore responsabile: Antonella Mariotti Stampa: Dieffe - v.le Scrivia, 18 - Castelnuovo S. (AL)

Genitori troppo protettivi, figli infelici e immaturi

Vizi? No, grazie! Educateci alla libertà

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ari genitori, i vostri figli sono immaturi? Voi alla loro età eravate più indipendenti? Spiacente, la colpa è vostra. Dare tutto a un figlio non è un gesto d’amore, e se ossessionati da tutto quello che vi è mancato, pur essendo persone straordinarie, commettete questo errore, farete del vostro successo nella vita la nostra rovina. Caricarsi sempre i figli in groppa senza mai insegnargli a sbattere le ali, è questo il miglior modo per renderli incapaci a vivere, perennemente insoddisfatti e inetti. Aprite la gabbia, così che possano volare. All’estero l’hanno capito, e pazienza se li giudichiamo un po’ dei genitori snaturati, i risultati danno loro ragione. I giovani, in molti paesi almeno, cominciano prima a lavorare e imparano a rimboccarsi le maniche per pagarsi gli studi e guadagnarsi da vivere, hanno più responsabilità, ma anche uno scopo più saldo nella vita. Qui da noi non è infrequente il modello di ventenne che ancora non sa dov’è la lavatrice, che sa farsi un piatto di pasta solo se gli si prepara l’acqua salata, che non sa prendere decisioni e quindi non sceglie, e se non sceglie, non vive la sua vi-

Silvia Pareti

ta, ma si trascina lasciandosi guidare, così che la colpa non è mai la sua, e delle sue insoddisfazioni e frustrazioni può sempre incolpare qualcun altro, incapace di impegnarsi per gli altri perché vede solo se stesso. Erano più maturi i ventenni di venti o trent’anni fa? Sembrerebbe di sì, visto che si sposavano, lavoravano, diventavano indipendenti mentre noi sembriamo ancora dei cuccioli inesperti da proteggere, perennemente immaturi, con orizzonti che non vanno al di là dello studio fine a se stesso, del reality show e della fatica di seguire le mode, salticchiando da un storia all’altra senza bisogno di costruire nulla che sia duraturo, pena il sentirsi in prigione. Se vogliamo andare in vacanza dobbiamo farlo alle loro condizioni, per prendere la macchina dobbiamo avvisarli durante il viaggio perché non stiano in pensiero. Ma non siamo biologicamente diversi, allora se è vero che siamo più immaturi (e l’effetto che ci fa un nostro coetaneo che si sposa o ha un figlio dice di sì), la colpa è solo dell’educazione di ‘bambagia’ che abbiamo ricevuto. Bellissimo il poter contare sempre sui genitori, non dover temere segue a pag. 3

Esclusione e indifferenza

c’è chi soffre

Marta Lamanuzzi

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foto Bruno De Faveri

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utti noi sappiamo quanta sofferenza ci sia nel mondo, quanti ragazzi della nostra età vivano in condizioni precarie. Su alcuni pesa il fardello della guerra, su altri quello dell’arretratezza economica del proprio Paese, su

Viaggiare con i mezzi pubblici è indice di civiltà di Silvia Pareti

Cacao: il cibo degli dei di Giada Gatti La bambina vestita di rosa di Livia Granata avere nelle mani il potere di scegliere se “obbligare” a vivere o lasciare morire un bambino....

La scelta impossibile

di Giovanna Spantigati

Pikkoli Pikkoli: i racconti a puntate

Pianeta cane n. 3 - Quando due cani si incontrano... di Paola Maggi

altri ancora quello della criminalità o dello sfruttamento minorile. Sono realtà delle quali ci giungono a malapena un sottile eco e qualche fievole e intermittente bagliore da telegiomali e quotidiani, ma di cui siamo tutti, anche se superficialmente e distrattamente, consapevoli. Invece, spesso e paradossalmente, non ci rendiamo conto della sofferenza che dista da noi un paio di metri. Anche nella nostra società serena e benestante ci sono tanti ragazzi che soffrono. Ad affliggerli sono soprattutto problemi familiari, o legati alla discriminazione o al rapporto con i coetanei. Alcuni ne parlano, ma i più tacciono. Alcuni piangono e si lamentano, ma i più ingoiano senza reagire, fino ad implodere. Spesso sono ragazzi taciturni, che restano in disparte. Sembra che vogliano escludersi dai compagni di classe e dagli amici, e i compagni e gli amici assecondano del tutto questa loro tendenza. Così si genera una sorta di circolo vizioso. Molti percepiscono “l’escluso” come un misantropo asociale, spesso diffidente e scostante, altri non lo percepiscono affatto,

Porto di Mumbai (Bombay) - India, Febbraio 2003. Foto Mauro Mainoli

e “l’escluso” a sua volta sentendosi disprezzato o ignorato si esclude ancora di più e diventa sempre più scostante. Non è tanto per cattiveria, ma piuttosto per inerzia e distrazione che ci disinteressiamo di questi nostri coetanei. Ma sono certa che, se ci pensiamo, ad ognu-

no di noi viene in mente un ragazzo del genere; e se ci fermiamo a riflettere e ad osservare, magari riusciamo per la prima volta, a scorgere, dietro a quella chiusura, a quel rifiuto di parlare e socializzare, un bisogno cieco e disperato di dialogo e solidarietà.


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Viaggiare con i mezzi pubblici è indice di civiltà Silvia Pareti

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volte la vita mi costringe a fermarmi e quando mi succede, di solito comincio a scrivere. E’ un modo per ritrovare la pace, tranquillizzarmi e calmare i pensieri più rabbiosi. Sì, perché di rabbia ne ho tanta e un sacco di tempo per scrivere. Indovinate dove sono, tanto per cambiare? Su un treno pendolari fermo da 50 minuti a 5Km da Alessandria, da dove sono partita . La linea non ha tensione, così dicono e così siamo rimasti qui, spenti come un corpo abbandonato. Sono arrabbiata, non lo posso negare, in collera con un disservizio che mi scompagina regolarmente i piani, mi costa denaro in telefonate per avvisare dei ritardi garantiti, mi causa stress e mette a repentaglio la pazienza. Esasperata, ecco come mi sento, perché non succede quasi mai di sedersi sul treno prescelto e giungere a destinazione all’orario stabilito. Un po’ di ritardo è il meno che possa capitare, a volte bisogna ingegnarsi per trovare un altro modo di giungere a destinazione, cambiare diversi treni al volo, pazientare in lunghe attese e infine chiamare casa per farsi venire a prendere dove si è riusciti ad arrivare. Chi può, perché chi non ha nessun altro modo che quello di affidarsi ai mezzi pubblici rischia spesso di rimanere a piedi. Il tempo che passo qui, tra i campi arati, su un treno soppresso con noi dentro, non me lo restituirà nessuno. Ma se i mezzi pubblici sono un disservizio, come si può pretendere che la gente ne faccia uso, abbandonando la costosa e pericolosa ma comodissima auto? Le ferrovie italiane non sono certo una bella immagine del nostro paese, con treni sporchi, orari selvaggi, disagi di ogni tipo, scioperi inconcludenti a oltranza e incidenti mostruosi. Ci si chiede come sia possibile che ancora non si riesca a realizzare un servizio sicuro ed efficiente, che garantisca a chi si reca al lavoro e a scuola, di arrivare in orario e che sia responsabile dei disagi che causa. Perché invece adesso non offre nessuna garanzia, e non mi rimborsa del danno avuto. Infatti quando mi accosto allo sportello chiedendo di essere risarcita per aver pagato il biglietto di un treno che non è mai arrivato, anche se il danno materiale non è nulla rispetto a quello morale, gli impiegati si guardano divertiti e mi ridono in faccia, senza prendersi la briga di darmi una risposta. Ma con gli altri mezzi non va meglio, gli autobus sono troppo affollati, sempre poco puliti e le corriere passano con così poca frequenza da non lasciare nessuna possibilità di scelta. Alla fine per una tratta come quella Alessandria-Pavia e viceversa, che in macchina non mi prende più di un’ora, il tempo minimo contando solo sui mezzi pubblici diventa di due ore, ma solo se tutto va bene. Peccato però, perché in questi tempi di targhe alterne e polveri sottili, bambini asmatici e tumori ai polmoni, parcheggi sovraffollati e città poco a misura d’uomo, viaggiare coi mezzi pubblici sarebbe la soluzione a tantissimi problemi, un vero segnale di civiltà. Ma perché accada i primi ad essere civili devono essere i servizi pubblici, economici, puliti, frequenti e puntuali. La strada è purtroppo ancora lunga.

Thierr y Henr y e il progetto Stand Up! Speak Up!

RAZZISMO: ANCHE LO SPORT “SCENDE IN CAMPO” Marcello Nicolò Spinetta

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a religione ci insegna che l’amore, il rispetto, l’amicizia e la comunione fraterna rientrano tra quei valori da instaurare nell’animo di ognuno di noi per consentire una convivenza positiva. Questi aspetti si trovano alla base di una vita condotta in piena pace con sé stessi e con gli altri. Il filo su cui sta appesa la pace interiore, ma anche esteriore, diviene, tuttavia, sempre più sottile, sovrastato da realtà negative che minacciano l’importanza del rispetto reciproco. Una di queste è il razzismo che contribuisce a rendere la fratellanza tra le etnie sempre più un’utopia. Manifestazioni razziste, violenze e discriminazioni si sono sempre succedute nel corso del tempo, evidenziando con tragicità quanto di male l’uomo possa produrre. Dalla tratta degli schiavi neri al brutale sfruttamento coloniale, dall’eliminazione violenta degli Indiani d’America allo sterminio ebreo operato dai nazisti, alla legge dell’ “Apartheid” in Sud Africa, questa vergognosa realtà umana si è insinuata, come una malattia contagiosa, in vari aspetti della vita quotidiana e sociale. Tutto ciò è andato a infrangere la barriera che l’amore, l’amicizia e il rispetto si erano faticosamente costruiti. Nel mondo, per contrastare una tale violenza, è emersa la razionalità e la coscienza di individui che, come Martin L. King, hanno dimostrato come la razza umana sia dotata

anche di un cuore per amare e di una mente per riflettere e capire. Nonostante l’ammirevole operato di questi illustri personaggi, la sconcertante malattia del razzismo non è ancora stata sanata e questa cura appare sempre più difficile da scoprire. Gli episodi di discriminazione razziale si stanno così espandendo, andando ad inquinare anche quelle realtà che hanno cercato e cercano tutt’ora di diffondere nell’animo e nella coscienza umana valori positivi come la solidarietà, l’accettazione reciproca e l’unione fraterna. Una di queste realtà invase dall’ignoranza umana è lo sport. Cori razzisti provenienti dagli spalti di uno stadio, insulti tra i giocatori in campo nelle varie discipline, striscioni eccessivamente offensivi nei confronti degli atleti di colore sono, purtroppo, ormai diventati episodi molto ricorrenti. Coloro che, però, amano lo sport come mezzo ideale per la diffusione di quei principi positivi citati in precedenza, non sono restati di certo a guardare. Al contrario si sono impegnati in campagne antirazzismo o le hanno appoggiate, con lo scopo di eliminare questa violenza gratuita, fisica e morale, che annienta gli effetti benefici che l’agonismo produce.Tra i vari progetti instaurati per contrastare il razzismo, è giusto sottolineare la campagna “Stand up, speak up” che, partita da personaggi strettamente calcistici, si è estesa a tutti gli sportivi (“Stand up, speak up” significa alzati e fatti sentire). Il portavoce l’ideatore di tutto ciò è il noto calciatore dell’Arsenal Thierry Henry, di origine francese e di pelle scura. Egli ha dimostrato, “lanciando” questo progetto, grande razionalità e capacità di sopportazione: agli insulti ricevuti in campo, infatti, non ha mai risposto con oltraggi o gesti violenti ma ha deciso,con apprezzabile coscienza, di sfogare la sua rabbia nella sua idea. Il giocatore francese ha poi coinvolto nella campagna altri sportivi che, per il colore della loro pelle, hanno subito, direttamente nel loro animo, la violenza e l’irrazionalità del razzismo. Tra questi possiamo ricordare Ronaldinho, Adriano e R.Carlos, che compaiono anche negli spot pubblicitari dedicati al progetto di Henry. Come portavoce degli antirazzisti in Italia, invece, troviamo Fabio Cannavaro, difensore della Juventus. Lui ha deciso di unirsi ai suoi amici e colleghi per far capire che il complesso problema della violenza razzista deve interessare anche quelli che non la subiscono.Come tutti i progetti, anche quello ideato da Henry ha una sua effige: si tratta di

due braccialetti intrecciati, uno bianco e uno nero.Questo simbolo particolare vuol far comprendere come tra gli uomini di pelle diversa non ci debba essere distinzione ma, anzi, un rapporto di unione infrangibile. Con questa diretta ed esplicita denuncia al razzismo, Henry e i suoi amici hanno voluto dopo tanti e troppi anni di silenzio, esporre pubblicamente questo problema. Inoltre hanno cercato di trasmettere ai tifosi, alle società sportive e alla gente in generale che il razzismo è una realtà che può e deve essere combattuta per garantire un mondo migliore a tutti e un futuro dignitoso a coloro che hanno subito e subiscono violenza a causa della pelle più scura. Credo che tale progetto meriti la giusta ammirazione da tutti quelli che come me disprezzano l’irrazionalità razzista. Dio, infatti, ci ha creato tutti uguali , con pari diritti e dignità e non è corretto che la gente possa fare tali distinzioni ; questa “malattia” non avrebbe neanche dovuto sorgere. Tuttavia l’ignoranza dell’uomo è riuscita a sconvolgere anche i principi instaurati dalla religione, dimostrando che il male e l’odio sono sentimenti troppo ricorrenti nella società attuale. Dopo tutte queste parole, a tutti coloro che hanno letto il mio articolo voglio dire: “STAND UP, SPEAK UP” : alzatevi e protestate anche voi!


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mosaikokids@hotmail.com

Vita da cani...

di Davide Varni

P osta

I n r is alla pro

Cecilia sacco

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olevo dire una cosa a tutti quelli che leggono la rubrica: non pensavo che fosse così difficile! Mi scrivono solo psicopatici ossessivi come quella qua sotto. Forse è anche colpa mia, forse dovevo scrivere risposte un tantino più sensate, ma ormai il danno è fatto ed è inutile piangere sulla moglie ubriaca.

Caro Davide, volevo chiederti se è possibile raddrizzare una banana con le mani. Spero davvero che tu mi risponderai Grazie Fran92 Allora, Francesco/a, le cose stanno così: le banane hanno subito millenni di evoluzione per arrivare ad avere la caratteristica forma a boomerang. Se dopo molti millenni le banane hanno subito questa evoluzione, un motivo c’è. Ora, non ho ne tempo né voglia di addentrarmi nell’argomento ma penso che sia una cosa talmente inutile, ed uno spreco di energie talmente insensato da risultare oltraggioso a tutte le leggi naturali. Pertanto se ti disturba tanto la forma delle banane non mangiarle, evita di vederle, sradica il banano che tieni in camera e mangia solo limoni molto aspri. Così ho parlato.

Caro Davide, sai cosa diventa il formaggio dopo un mese? ForGIUGNO! Ahahahahahah! Dopo questo esilarante inizio, volevo chiederti alcune cose: Ho fatto un test per il Q.I. Sai chi ha inventato i test per i Q.I.? Perché se lo prendo….@#[]ùùù§ Come fa la gente a non capire che Clark Kent e Superman sono la stessa persona? Vuoi dire che basta che cambi pettinatura, tolga gli occhiali, mi infilo in una palandrana aderente e poi posso rapinare banche a iosa? Rispondimi perché non riesco più a dormire pensando a quanto è ingiusto il mondo. Bronx Branx Caro Bronx Branx, la prossima volta che mi scrivi ancora queste battute orribili – ho meditato il suicidio per due pomeriggi di fila - ti farò una cosa estremamente cattiva, che però non posso nemmeno accennare in un giornale per il rischio di venire censurato. Non mi vengono in mente risposte ai tuoi quesiti, così adesso salvo la risposta, chiudo tutto e ci penso domani. Allora Gigi … doh, ancora quelle domande, allora, pensiamoci con calma. Adesso devi sapere che i Q.I. vengono scritti dal Collie fratello di Lassie. Come tutti sanno il Q.I. di un cane è 8, quello di un Collie è invece 2, quindi non prendertela troppo perché sei superiore a un cagnolino, anche tanto carino, col pelo lungo e che salva i bambini. Per quanto riguarda la seconda domanda, mi sa che non ci sei tutto. Ma come si fa a confondere Clark Kent con Superman? Uno è un giornalista un po’ tardo e fifone, l’altro è un supereroe coraggiosissimo. Visitina da uno psicologo? Scrivete a: mosaikokids@hotmail.com

No, grazie!

tempeste e avversità sotto il loro ombrello, vivere dei loro soldi (che abbiamo sempre considerato nostri) e dei loro consigli, ma siamo sicuri che è così che si cresce? Molti pensano di mettere i propri cuccioli al riparo dai mali del mondo chiudendoli in una gabbia dorata, dove le difficoltà dell’esterno giungono solo ovattate. É una scelta dettata dall’egoismo, che evita al genitore preoccupazioni e l’ansia da attesa, ma non permette al futuro adulto di fare esperienza. Un figlio che vive col coprifuoco, tra mille divieti e senza libertà non sarà mai amico dei propri genitori e cercherà i modi più sottili per evadere. Allora le sbarre non saranno più in grado di proteggerlo, perché gli ostacoli fisici si possono sempre superare. Una volta fuori restano solo quelli della coscienza e del senno, che troppo occupati a costruire sbarre

- S e g u e d a l l a p r i m a ( S i l v i a Pa r e t i )

non hanno pensato di dargli. Senza aver mai sperimentato gli errori, si ritroverà solo come un bimbo ignaro del mal di pancia davanti a una bancarella di dolci a sua disposizione. Vizi e prigioni sono una strategia, ma hanno un li-

poter stare tranquillo che sanno guardarsi dai pericoli e sfruttare le occasioni. Sono individui che maturano, che sanno di poter contare sui genitori come su alleati che li conoscono (non antagonisti da fregare), ma che prima provano foto di Narciso Bresciani

Vizi?

alve a tutti, mi chiamo Ricky, sono un cane di piccola taglia, a pelo lungo bianco e nero di razza shith-tzu tibetana. Ho voluto scrivere questo articolo per farvi conoscere la mia razza e per denunciare come le persone siano così meschine da comperare i cani e abbandonarli sulle strade o maltrattarli. Le origini della mia razza sono antichissime, secondo quanto tramandato da un manoscritto del 990 a.c. la popolazione della città di Hochou, al confine tra Cina e Tibet, regalò come tributo all’imperatore un cane di piccola taglia di origine tibetana. Molto probabilmente si trattava di un apso sengky, il cane sacro del Tibet, che la tradizione buddista vedeva come reincarnazione dei monaci e che per questo veniva tenuto nei templi dove presenziava nei riti religiosi. In Cina i piccoli cani venivano ospitati e curati in un suntuoso padiglione della città proibita. Erano molto apprezzati e sotto l’imperatrice Tsu-Hsi verso la fine del 1800 vennero allevati attentamente senza subire incroci e ne presero il nome. Dopo la morte dell’imperatrice, fino agli anni 20, vennero spesso incrociati con altri cani di corte come ad esempio carlini e pechinesi ma alcuni esemplari furono venduti a diplomatici che li portarono in Europa. La mia padrona, che mi conosce da cinque anni, dice che sono un cane dal carattere determinato ed egocentrico, sono animato da un forte desiderio di socializzare e ho una forte personalità; quando mi rimprovera mi accusa di essere testardo ed esibizionista. Sì, lo ammetto, sono vanitoso e le cose mi piace farle a modo mio. Ricky Però mi ritengo fortunato ad abitare in una famiglia dove mi vogliono bene, mi coccolano, mi riempiono di attenzioni e vengo pettinato quasi quotidianamente. Esistono persone che comprano i cani o gatti pensando siano giocattoli e quando sono stufi di giocarci li considerano un peso. Non a caso capita di vedere d’estate cani abbandonati sulle strade perché i loro padroni devono andare in vacanza e il luogo di villeggiatura che si sono preposti non consente di tenere animali; oppure maltrattano gli animali o addirittura li abbandonano appena nati nei cassonetti. Tutto il loro amore per noi svanisce di fronte al loro egoismo. Ci tengo a precisare che noi animali non siamo degli oggetti, abbiamo delle necessità, soffriamo la fame e vogliamo essere sempre in compagnia. Se veniamo abbandonati su una strada, o peggio ancora su un’autostrada, non sappiamo come comportarci, siamo disorientati, non sappiamo cosa fare e non abbiamo un punto di riferimento da seguire se non macchine che sfrecciano ai 100-120 km/h. Non potete accusarci di essere aggressivi, noi animali sappiamo restare accanto all’uomo e sappiamo dare in modo disinteressato amicizia e fedeltà, cosa che non succede spesso a voi umani, e se veniamo percossi abbandonati o maltrattati non teniamo rancore al padrone. Vorrei chiedere per favore a voi lettori che avete un cane o un animale domestico di non dimenticarvi che a noi manca solo la parola per assomigliarvi. Sì, ci sono altre differenze come il fatto che camminiamo a 4 zampe invece che su due gambe, comunque non siamo degli esseri completamente diversi da voi perché anche noi abbiamo bisogno di mangiare, bere o avere un tetto caldo sopra la testa che ci protegga dal maltempo. Quindi per favore non abbandonateci sulle strade o nei cassonetti, anche noi vogliamo vivere.

mite incredibile, funzionano solo in presenza della guardia di turno e se questa si addormenta… I figli educati alla libertà invece non hanno bisogno di orari, rientrano e si comportano con responsabilità e a volte sono più saggi degli stessi genitori, sanno scegliere e lo fanno, sono in grado di cavarsela e chi li ha cresciuti sa di

con tutti i loro mezzi a fare a meno di loro. Questo per me è crescere. Certo insegnare a fare buon uso della libertà richiede la pazienza di spiegare e far riflettere, un investimento di tempo e attenzioni, quelle stesse che molti genitori sono troppo distratti per accorgersi che sono l’unica cosa che veramente ci devono.

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Il cibo degli dei Giada Gatti

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rodotto azteco, usato non solo come alimento ma anche come moneta di scambio, fu introdotto in Europa nel quattordicesimo secolo con il nome di cibo degli dei. Successivamente, nel diciannovesimo secolo, fu coltivato in Africa nelle piantagioni in grandi quantità per il suo clima favorevole. Tutti quelli che lo assaggiarono rimasero estasiati dal suo sapore. Avrete sicuramente capito che sto parlando del cacao, usato per la preparazione del cioccolato. Attualmente il più alto consumo è di cioccolato al latte, seguito subito da quello fondente che si sta apprezzando sempre di più in questo periodo. L’Italia è, comunque, uno dei paesi europei che ne consuma meno rispetto agli altri, forse per paura di commettere un peccato di gola e di finire come i dannati dell’inferno dantesco… Questo alimento è consumato non solo per golosità, ma anche per le sue virtù. Il cioccolato, infatti, oltre ad essere buono contiene la tirosina e la caffeina, due ormoni eccitanti, che uniti allo zucchero (presente specialmente in quello al latte), il quale invece calma, contri-

buiscono al raggiungimento di una situazione ideale per l’organismo. Inoltre anche la feniletilamina, ormone che si produce quando si è innamorati, è presente in quest’alimento. Dopo una delusione amorosa, una discussione con gli amici, un evento che ci ha partico-

larmente commosso o semplicemente quando siamo giù di morale, pensiamo ad una fumante tazza di cioccolata, magari con panna, nella quale affogare tutti i nostri dispiaceri. Recenti studi hanno dimostrato, appunto, che il cioccolato si può rivelare prezioso contro lo stress e la depressione, poiché favorisce il buonumore. Per chi non vuole rinunciare proprio mai a far-

si coccolare dal cioccolato ci sono linee di cosmesi che lo utilizzano, sfruttando le proprietà antiossidanti, idratanti ed emollienti per burrocabagnoschiuma, cao, maschere per il viso, creme.. Nel settore dell’abbigliamento si usano le varie sfumature del marrone per imitare le tavolette di cioccolato e si creano borse che sembrano vere tazze di cioccolato! Molti registi hanno trattato di quest’argomento nei loro film. Il primo nel 1973 “pane e cioccolato”, successivamente vi sono stati film che lo hanno associato alla seduzione, ad esempio “Come l’acqua per il cioccolato”, ed altri che lo hanno utilizzato come sfondo per avvincenti thriller come “Chocolat”, interpretato da Johnny Depp e Juliette Binoche. Quindi, consumato in giuste dosi, il cioccolato aiuta a mantenersi in forma, rende irresistibili e ci dà una spinta per superare alcuni momenti di sconforto e ritrovare serenità e buonumore; è davvero un prezioso alleato che nelle nostre case non dovrebbe mai mancare. Leggendo quest’articolo vi sarà magari venuta voglia di mangiarne un pochino: vi auguro buon appetito e mi ricarico anch’io con il cioccolato fondente, il mio preferito…

A cuore aperto Simona Lucarno

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uoto…mi chiude gli occhi. Non voglio più guardare attorno o stare alla finestra ad aspettare. Tutto quello che dovrò vedere sarà nel buio del silenzio e lascerò che le forze mi sfuggano, così inerme potrò riposare lontano da luci e colori che dettano ogni cosa. Ascolterò la canzone che mi canterà la dimenticanza, imparerò la sua melodia impercettibile, volerò tra le note dolci e morbide, mi commuoverò per le sue parole. Ma il ricordo e la speranza di giorni felici mi risveglieranno tra sorrisi e pianti. Mi stringerò al nulla per farmi coraggio, per non dimenticare come bella sia la pace interiore e quanto terribile la solitudine. E voi, aprite gli occhi, il cuore, la mente. Non sognate per tutta la vita, ma vivete per tutti i sogni…afferrateli dal cielo e siate felici.

p o e t i

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e r b a

Una bimba che gioca è una bimba felice, una bimba padrona di tante poesie, di sogni, di fiori, di mille colori, di verde, di giallo, di rosso e anche di blu. Con questi colori puoi sognare anche tu.

Claudia Poggio

foto favolarevia

La Bambina vestita di rosa Livia Granata

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idi una ragazzina seduta tutta sola nel parco. Tutti le passavano vicino e non si fermavano per scoprire perché sembrasse così triste, era scalza e sporca, indossava un vestito rosa logoro, sedeva e guardava la gente passare. Non diceva una parola, molti le passavano vicino, ma nessuno si fermava. Il giorno dopo decisi di tornare al parco per curiosità, per vedere se la ragazzina stava ancora lì: sì, era lì, proprio nello stesso posto dov’era il giorno prima, e ancora con lo stesso sguardo triste negli occhi. Quel giorno ero decisa a fare qualcosa ed avvicinarmi alla ragazzina: un parco pieno di gente strana non è il posto giusto dove dei bambini possano giocare tranquillamente da soli. Nell’avvicinarmi notai la parte posteriore del vestito della ragazzina, aveva una forma grottesca: m’immaginai che fosse quella la ragione per cui la gente passava e non faceva lo sforzo di parlare con lei. Le deformità sono un colpo basso nella nostra società, e il cielo vieta di fare un passo verso di esse e assistere qualcuno che è diverso. Avvicinandomi ancora, la ragazza abbassò appena gli occhi per evitare il mio sguardo. Da vicino potei vedere più chiaramente la forma della sua schiena: era inarcata in modo tale da assumere l’ orribile forma di una gobba esagerata. La guardai alcuni istanti, poi le sorrisi per farle capire che era tutto ok; ero lì per aiutarla, per parlare.

Mi sedetti accanto a lei e esordii con un semplice “Ciao”. La ragazzina sembrò colpita, e balbettò un “Salve” dopo avermi a lungo fissato negli occhi… Sorrisi e anche lei sorrise timidamente… Parlammo finché venne sera, ed il parco fu completamente vuoto, chiesi alla ragazza perché fosse così triste. Lei mi guardò e con tristezza disse “Perché sono diversa”. Immediatamente risposi “Lo sei!”; e sorrisi. La ragazzina sembrò ancora più triste e disse “Lo so”. ”Mi sembri un angelo, dolce ed innocente” le dissi in risposta. Mi guardò e sorrise, poi si alzò in piedi ed in un bisbiglio disse “Davvero?” “Sì, sei come un piccolo angelo custode mandato a prenderti cura della gente che passa”. Mi guardò con titubanza alcuni istanti, poi, forse convinta dalle mie parole, annuì con un lieve movenza del capo, e sorrise. Così facendo aprì la parte posteriore del suo vestito rosa e lasciò uscire le sue ali. Poi disse “Lo sono, sono il tuo angelo custode”. Rimasi senza parole - di certo stavo avendo un’allucinazione, mi stavo immaginando tutto… Disse “Per una volta hai pensato a qualcuno oltre a te stessa. Il mio lavoro qui è finito.” Mi alzai in piedi e dissi “Aspetta… perché nessuno si è fermato per aiutare un angelo?” Mi guardò, sorrise, e disse “Perché…tu sei l’unica che possa vedermi” e se ne andò, silenziosa com’era giunta.

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la voce fuori campo I medici inglesi possono rifiutarsi di rianimare un bambino nato con gravissime deficienze

L a Giovanna Spantigati LONDRA ualche tempo fa l’alta corte britannica ha stabilito che i medici ospedalieri possono rifiutarsi di rianimare una bambina nata prematura e con gravissime deficienze, se dovesse avere una

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s c e l t a va già avuto quattro arresti cardiaci. I genitori della piccola si sono battuti contro i medici del St Mary’s Hospital di Portsmouth, dove è ricoverata la piccola, che hanno sempre sostenuto che la bambina “non ha altre sensazioni a parte quella di dolore permanente”. I genitori, invece, hanno fermamente

Nessuno al mondo potrà mai capire i genitori di questa bambina. Nessuno tranne chi ha vissuto un’esperienza tristemente analoga. nuova crisi in cui si fermi il cuore o smetta di respirare. La bambina al centro della delicata questione era nata prematura di tre mesi e alla nascita era lunga soltanto dieci centimetri. A 11 mesi ne misurava 53 e pesava 5,6 chili, ma il suo cervello aveva smesso di crescere, presentava problemi di cuore, reni e polmoni e ave-

creduto che se la loro figlia era riuscita a sopravvivere fino ad ora, esistevano possibilità di miglioramento ed erano disposti a fare di tutto per mantenerla in vita. Nessuno al mondo potrà mai capire i genitori di questa bambina. Nessuno tranne chi ha vissuto un’esperienza tristemente analoga. Un genitore non può voler “la-

sciare andare” un figlio, anche se con gravi problemi fisici o mentali. Ti sembra di commettere un omicidio. Di uccidere il tuo sangue, di rinnegare la vita, di andare contro natura. L’accanimento terapeutico... arma pericolosissima... ma chi mai può rinunciare anche se con una minima, flebile speranza? Un bambino così piccolo è un angelo con le ali spezzate che ti chiede disperatamente aiuto. Un minuscolo cuore che continua a battere e tu non sai perché ma sai che non puoi lasciarlo. Ne hai bisogno. E nella tua solitudine, nella tua lotta per accettare un dolore che nella vita di un essere umano è il più lacerante, ti senti dire che “è meglio lasciarlo andare”. Io sono stata nel reparto di patologia neonatale di un ospedale, l’ho frequentato per mesi, tutti i giorni. Ho visto genitori lottare per tenere in vita dei bam-

Laur eata su “Volpone”

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lisa Santi di Isola Sant’Antonio si è laureata in lingue e tecniche dell’informazione e comunicazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, discutendo una tesi dedicata ad un autore teatrale inglese del 1600, Ben Jonson, celebre per la sua commedia “Volpone” (1607), satira feroce dell’avarizia. Ad Elisa gli auguri di una brillante carriera da parte di tutta la redazione del Mosaiko.

Victoria Ferrari, 7 anni

i m p o s s i b i l e bini ridotti a lumicini. Ho sentito pregare, pregare, pregare. Con il sorriso, con la serenità di chi sa di essere dalla parte della ragione, con una forza e un’energia inaspettate. Ho visto madri stare al fianco giorno e notte a delle apparecchiature enormi dentro le quali c’erano i loro bambini. Mamme con il sacrificio disegnato sulle pieghe del volto, con i colori della speranza dentro ai loro occhi, con le spalle curve per il peso del dolore portato con dignità e silenzio. Padri orgogliosi di quegli esserini così piccoli... e cosa chiedevano questi genitori? Un sorriso da parte delle infermiere, una parola di incoraggiamento da parte di austeri professori... E’ un sacro rituale: indossare camici bian-

chi, mascherine da mettere sulla bocca, copriscarpe, mani lavate e disinfettate.... Poi entri in rianimazione, vedi il tuo bambino attaccato a tanti strumenti, dentro ad un’incubatrice per lui enorme... ed ecco che avviene il miracolo. Infili la mano in un bocchettone dell’incubatrice, accarezzi con le dita, delicatamente, un corpicino addormentato e ti chiedi quali sogni stia facendo, raccogli tutte le tue forze e gli parli. Gli racconti di quanto è bella la vita, che a casa lo stanno aspettando il papà, i fratellini e anche un cagnolino che non vede l’ora di prendersi cura di lui. E gli dici che andrà tutto bene. Poco importa se la realtà ti ha spaccato il cuore. La forza del tuo amore diventa tutto. E quando

un dottore o un estraneo ti dicono: è meglio per il suo bene lasciarlo andare, tu li guardi incredula. Pensi che non abbiano capito niente. Un giorno una donna, guardando mio figlio, mi disse: avrebbero dovuto lasciarlo andare... ricordo che guardai mio figlio stupita. Non dissi nulla a quella donna, sapevo che non poteva capire. La sua ignoranza certo non le faceva onore, ma poco importava. Mio figlio è felice di vivere e chi ha la fortuna di conoscerlo può imparare a sorridere. Questo è ciò che conta. Il destino fa il suo corso, non ha senso opporsi. Ma avere nelle mani il potere di scegliere se “obbligare” a vivere o lasciare morire un bambino.... per un genitore è crudele, è troppo.

Ma avere nelle mani il potere di scegliere se “obbligare” a vivere o lasciare morire un bambino.... per un genitore è crudele, è troppo. Classe 1935, scuola elementare di Isola Sant’Antonio (AL)

Li

riconoscete?

Per gentile concessione di Giovanna Franca Mazzeri, prima fila, la terza da sinistra (con in mano la lavagnetta).

Alla Mamma Scrivi su un cartellone il mio nome alto un metro... Scrivilo con stelle e fiori, di giorno e di sera, a mezzogiorno e a mezzanotte, da mattino a sera. Un grande bacio da Vicky

S

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a b u l a

Il Patto del drago Paolo Pareti

Illustrazione Martina Delfanti

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i fu un tempo, quando i fiumi avevano da poco iniziato a scorrere, che su di un prato di viole e fiori preziosi, una principessa venuta da un reame d’oro, di campi fertili e di genti cortesi, venne aggredita dall’ardente furia di un drago nero comparso selvaggio da un bosco di pini. Tre i cavalieri che furono la sua salvezza: uno bloccò con il proprio scudo le fiamme e le zanne, un altro diede il miglior cavallo alla figlia del re e un ultimo distrasse il drago mentre la principessa sul destriero correva con la disperazione e col vento. Giunta la sera, e di nuovo la quiete, una brezza leggera spirava sui resti dei cavalieri e la ragazza dal sangue blu era ormai lontana su monti impervi e desolati. Su quei monti ella si rifugiò, a casa di una vecchia strega che provò per lei l’affetto di una madre, nonostante l’indole malvagia che di solito le si addiceva. Passarono mesi, ma al drago, la cui gola conosce sazietà solo da sangue nobile, la via per la principessa fu presto nota e così urlando e volando, il suo occhio cacciatore ruotò tra i monti, le valli e le grotte. La figlia del re lo sentì e gridò: “Strega, datemi la vostra bacchetta cosicché possa uccidere la belva!” Ma la strega rispose: “No, io ti voglio bene come ad una figlia, ma la mia verga è la mia vita, rende forte il mio cuore e salde le mie ossa… inoltre un drago non soffre la mia magia poiché è dalla magia nera che è stato creato! Parlerò io con la bestia e forse riuscirò a convincerla!” La principessa terrorizzata non le diede ascolto e le sottrasse dalle mani la bacchetta. Subito la vecchia si spense in un mucchio di cenere e di urla. Così il drago la trovò: “Finalmente avrò carne nobile, sangue blu, ed un teschio di regina da mettere nella mia tana.” Ella sfoderò la verga e la puntò fiduciosa sull’immensa belva la quale urlò divertita: “Cosa stai puntando su di una belva oscura? Un bastone figlio del male che non può che far del bene ai i propri fratelli!!!” La principessa si rese conto della propria impotenza e supplicò il drago di venire ad un compromesso. Egli quindi rispose: “Se vorrai che la vita io ti lasci, dovrai lasciare che il mio sangue avveleni tramite te il tuo reame.” Così si strinse il patto e lei tornò nel suo regno dove il re la accolse con feste, banchetti e cene sontuose. Presto il veleno del sangue del drago fece il suo effetto: per avere salva la vita la principessa incendiò case e raccolti, sparse per i villaggi pestilenze e maledizioni ed avvelenò il re con il sangue del drago, offerto ad ogni alba nella coppa d’oro e di gemme. Così, dopo pochi mesi, il reggente divenne schiavo della belva, la quale imponeva a lui e all’esercito ogni suo volere e loro dovevano tollerare ogni sua razzia. La principessa continuava ad avvelenare il re e la vita per gli abitanti divenne un incubo, un pozzo di morte e di dolore senza uscita ne rimedio, fino a che una vecchia del villaggio, ricordando un arcaico rituale, riuscì a parlare con i morti: “Invoco aiuto a voi spiriti defunti… aiutateci a sconfiggere il flagello” “Io sono il cavaliere che con il suo scudo e con la sua vita ha salvato la principessa da fiamme e zanne, chi mi risveglia dal mio sonno?” “Sono una vecchia che chiede aiuto, protezione da un drago che non da tregua” “Io sono il cavaliere che ha dato il suo cavallo e la sua vita per far fuggire la principessa. Perché l’esercito non difende il reame?” “Perché è legato per lealtà ad un re che non glielo permette” “Io sono il cavaliere che ha attirato su di se le fiamme del drago per non farle ricadere sulla principessa. Perché il re non lo permette?” “Perché è del drago il veleno che ha corrotto il re” “Io sono la strega che credeva nella principessa e che ora sa che è ella ad avvelenare il re. O cavalieri ci è stato invocato un aiuto a cui dobbiamo dare risposta, ergiamoci dai sepolcri fin nel mondo dei vivi e rechiamoci al reame per riportar giustizia e poi tornare a riposare in eterno!” Il giorno seguente dagli inferi giunsero tre cavalieri ed una strega ed andarono dal re senza trovare ostacolo nelle guardie, nelle porte e nei cancelli. Il re urlò: “Mandate via questi nemici, questi traditori!!!” Ma il primo cavaliere disse: “Io fui al vostro servizio e vi ricordo giusto” Il re ancora più adirato: “Andate via maledetti!!! Io sono e sempre sarò giusto!!!” Ma il secondo cavaliere aggiunse: “Dov’è l’esercito che dovrebbe salvare il reame dal flagello?” Nel re si infiammò il sangue di drago e con voce cavernosa urlò: “Non c’è nessuna belva!!! Ritornate nell’inferno!!!” Ma il terzo cavaliere insistette: “Dov’è il re in questo momento difficile? Dov’è colui che conosce il modo per sconfiggere il drago?” La strega infine si rivolse alla principessa “Tu, che mi hai uccisa, e tu, per la quale i cavalieri sono morti, tu, dalla vita che ti è stata concessa non hai causato che morte. Ora solo tu puoi restituire la vita in queste terre che muoiono, e tu sai cosa fare!” Ma lei: “Perché dovrei dare la vita per salvarne altre?” E la strega: “Poiché le nostre vite si sono spente per te. Vivere a costo di uccidere ti uccide da viva e ti fa morire due volte e la seconda volta il male che hai fatto ritorna, e tu mai immagineresti il dolore che dovrai passare da morta per redimere il dolore fatto da viva. Liberati ora e per sempre dal male ! ! ! ” Ci fu un tempo, quando i fiumi avevano da poco iniziato a scorrere, che su di un prato di viole e fiori preziosi, una principessa venuta da un reame d’oro, di campi fertili e di genti cortesi, salì su di una roccia. Nella lunga tunica di bianco lino era nascosta una spada lucente, ella alzò il braccio che stringeva la fiala di sangue di drago e stringendo con la chiara mano la ruppe. Il sangue venò di un rosso scuro il suo braccio bianco. Il drago subito accorse: “Stupida figlia del re! Nel rompere la fiala hai rotto il nostro patto e con esso la tua vita!” Ella rimase ferma con in alto il braccio insanguinato e la fiala rotta, il drago allora la morse ma lei, quando gli fu in gola, lo trafisse con la lunga spada ed insieme morirono. Il re rinvenne da ciò come da un brutto sogno, sua figlia era morta ma lui tornò a essere giusto, il reame a vivere, i campi a crescere e il tempo, come si addice ad una fine che è anche un po’ un inizio, tornò a scorrere.

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Gelateria - Paninoteca Ristorantino via Dante, 39

Nota per chi vuole inviare i suoi scritti La rubrica Una voce fuori campo è espressamente dedicata alla pubblicazione di articoli, saggi, racconti, componimenti poetici o segnalazioni di chiunque desideri far uscire la propria voce dalle mura di casa. L’indirizzo a cui inviare il materiale è: Una voce fuori campo, redazione de “Il Mosaiko Kids” Via C. Alberto 13 - 15053 Castelnuovo Scrivia (AL) e-mail: ilmosaiko@tiscali.it La redazione, ovviamente, si riserva il diritto di pubblicare solo ciò che ritiene meritevole.

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Progetto grafico e impaginazione: Favolarevia - Mauro Mainoli Fotografie: Bruno De Faveri, Paola Maggi, Mauro Mainoli, Favolarevia Redazione Direttore Resp.: Antonella Mariotti Presidente: Mimma Franco Anna Bruni - Giovanna Spantigati Paola Maggi - Alessandro Pugliese

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Silvia Pareti (Capo redattore) - Marta Lamanuzzi (Capo redattore) - Livia Granata (Capo redattore) - Anna Baiardi (inviato) - Sara Serafin - Giada Gatti - Simona Lucarno (inviato) Davide Varni (Capo redattore) - Elena Pisa - Paolo Pareti (Capo redattore) - Costanza De Faveri - Marcello Spinetta - Giorgia Bresciani - Cecilia Sacco - Andrea Accatino (inviato)

Mini reporter Stefano Pugliese (Capo redattore) Piccoli Piccoli Lisa R. Magnaghi (Capo redattore) Cecilia Mariotti - Martina Ruta (Capo redattore) - Sofia Falchetto (Capo redattore) - Daniele Accatino - Marta Poggio - Alberto Arzani - Fabio Porta Scarta - Claudia Poggio Piccoli Artisti Carlotta Rubin, Victoria Ferrari Collaboratori Maria Serafini - Cristiana Nespolo Claudio Bertoletti - Cristina Bailo Bruno De Faveri - Elisabeth Daffunchio Illustrazioni Martina Delfanti Vietato riprodurre senza autorizzazione testi, fotografie e impostazione grafica


Pikkoli Storia di Marta e Claudia, intrepide sognatrici

Pikkoli La Porta Magica

Sofia Falchetto terza parte

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vviamente le nostre eroine sono arrivate alla casa di Grande Occhio; la trovarono subito perché era l’unica e la più grande della foresta. Bussarono. Uscì un uomo con la testa quadrata ed al centro vi era un grande occhio blu. Era un essere bravissimo e ospitale. Le invitò anche ad entrare ; appena accomodate sul divano G.V. chiese loro: “Ci puoi dare il lasciacomprare tendina?”. Grande Occhio rispose: “Care amiche, prima dovete rispondere all’indovinello della Fata del Fungo; abita a qualche miglia da qui. Buon viaggio e buona fortuna!”. Grande Occhio aprì la porta e subito G.V. e G.A. corsero dalla Fata per risolvere l’indovinello. Dopo qualche miglia di corsa, si ritrovarono davanti ad un fungo verde con dei pallini rosa e sopra c’era una fata azzurra; era lei! Era la Fata del Fungo. Appena le vide scese dal fungo e chiese loro :”Siete qui per 1’indovinello ?” G.A. e G.V. risposero in coro : “Si!!!!!!!!!!”. Ma la fata disse:” Calmatevi piccole, prima dovete combattere contro la cavalletta gigante!” G.A. e G.V., ancora con il fiatone per la corsa, le chiesero sfinite: “Dove si trova?”, la fata rispose:”Alle vostre spalle!”. G.A. e G.V. si girarono e trovarono un’enorme cavalletta............

Favola di: Lisa Rita Magnaghi 5ª elementare

settima puntata

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s c o p r i r e m o

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etto questo l’uomo prese una cartina, aprì una botola e scivolò dentro un tunnel. I nostri amici lo seguirono e si trovarono in uno stanzone nero da cui partivano molti cunicoli. L’uomo entrò nel cunicolo più buio dal quale proveniva uno scroscio d’acqua corrente. Il rumore si faceva sempre più forte e tutti pensavano che l’acqua fosse vicina. Invece si trovarono di fronte una serie di cunicoli sempre più bassi e più scuri. “Come farò a seminarli?” pensò tra sé e sé il fuggitivo. Prese con decisione un cunicolo sbagliato ma non sapeva che Popotus stava scrutando la sua mente e ben presto avrebbe scoperto l’imbroglio. E così fu. “Questo qui sta tramando qualcosa! Al mio cenno infiliamo il cunicolo che vi indicherò” disse Popotus cercando di non farsi sentire dal fuggitivo. Poco dopo Popotus indicò un cunicolo e vi entrò di corsa insieme ai quattro amici. Si trovarono nel cunicolo centrale dove risentirono lo scroscio d’acqua. “Amici! Quando arriveremo alla fonte aspetteremo l’uomo per prenderlo e riportarlo nel suo tempo per sempre”. L’uomo poco dopo si accorse di non essere più seguito e prese la via più breve per arrivare alla fonte, ma una sgradevole sorpresa lo aspettava.

CLEO LA FORMICA di Fabio Porta Scarta

Ce la faranno a sconfiggerla?

Q u e s t o

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n e l

p r o s s i m o

n u m e r o .

emergency

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scoltando il racconto, purtroppo drammatico, delle volontarie di Emergency riguardo le popolazioni devastate dalla guerra, sono rimasta fortemente impressionata e ho riflettuto molto su questa sconcertante realtà. Ho capito che non esiste ragione al mondo che può giustificare la guerra; è inaccettabile che un essere intelligente com’è appunto l’uomo, possa permettere o desiderare una simile atrocità. La guerra è come un mostro spietato che non risparmia nessuno, nemmeno le vittime più indifese e innocenti come i bambini. I bambini che senza capire il perché, si trovano improvvisamente soli, senza più una famiglia che si occupi di loro, abbandonati nella povertà e nella sofferenza. Molti bambini vengono uccisi nei combattimenti, altri possono morire o rimanere mutilati anche dopo che la guerra sembra finita, perché c’è sempre il rischio delle mine antiuomo disseminate nei campi. I bambini che sopravvivono, in ogni caso, non potranno mai più essere felici, perché continuamente perseguitati dal fantasma della guerra, nei loro occhi si legge solo il terrore della morte. Certo, per me è difficile capire tutto questo, perché si tratta di realtà molto lontane e molto diverse dal luogo dove vivo, eppure esistono, ed è per questo che anch’io vorrei fare qualcosa per loro. Lorenza Stella, 1°B - Scuola Media “Boxilio” - Castelnuovo Scrivia

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CAPITOLO 1 : LA NASCITA DI CLEO

’era una volta e tutt’ora vive un antichissimo e laborioso popolo, le formiche rosse. Ai confini di una foresta, vicino una grande roccia ricoperta di muschio verde, sorge questo maestoso formicaio. Era un giorno di primavera dove la natura improvvisamente accennava i suoi primi risvegli e dalla brezza tiepida del mattino si sentivano canti di uccellini e odori di fiori delicati. All’interno del formicaio tutte le formiche erano in agitazione. Cosa stava succedendo? Una formica, poi un’altra e poi molte, correvano qua e la tra le gallerie come impazzite. Alcune urlavano: “Presto! Presto! Più veloci!” e altre: “E’ ora! E’ ora! Andiamo!” e altre ancora: “Sono nati i piccoli sono nati!chiamate la regina madre!”. Nell’ultima galleria più in profondità, centinaia di uova si erano schiuse. Le formiche nutrici (addette ai piccoli) erano instancabili a trasportare i nati in un’altra galleria. Quando i piccoli furono tutti trasferiti arrivò la regina madre. Arrivò lentamente, con sicurezza e maestosità, era bellissima, molto più grande di tutte e con due lunghissime ali di color azzurro delicato. Sorridente si ferma a guardare i piccoli e ad ognuno di loro dava un nome. Una formica scrivana che seguiva la regina, prontamente annotava i nomi su un lungo papiro sostenuto da altre. Passò un po’ di tempo, poi entrò triste una formica nutrice che interruppe il giocoso rito, si presentò alla regina dicendo: “mi scusi maestà! Ma… un uovo non si è schiuso… forse è…”. La formica era commossa e non riuscì a finire la frase. Adagiò dolcemente l’uovo davanti alla regina. In quel momento ci fu un assoluto silenzio, persino i piccoli che prima strillavano stettero zitti. La regina accarezzò l’uovo e appoggiò delicatamente sopra la sua testa e … capii. Nel silenzio si sentì prima un sospiro poi la voce della regina ruppe il brutto presentimento che coinvolgeva tutti disse : “E’ vivo! Sta bene! E’ solo in ritardo, la vostra sorellina nascerà presto!”. Ad un tratto tutti urlavano di gioia e i piccoli ricominciarono a strillare. La regina portò via con sé l’uovo nella sua galleria reale. Dopo pochi giorni l’uovo si schiuse, la regina era presente alla nascita, vide che stava bene ma… non aveva le sue antennine. Con tono dolce la regina gli parlò: “Ciao! Ben arrivata piccola mia! E’ da giorni che ti aspettiamo, ti ho scelto un bel nome ti chiamerò Cleo”. Nel frattempo entrò una formica nutrice che ferma sulla soglia restò a bocca aperta. La regina si avvicinò e parlò a bassa voce: “La piccola Cleo avrà bisogno del nostro aiuto… forse un giorno anche le sue antennine cresceranno, ora è affamata, puoi portarla dalle sue sorelle” “Si, maestà” Rispose la nutrice portando via con se Cleo.


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Pianeta n. 3

a cura di Paola Maggi

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bbiamo parlato di “presentazioni interspecifiche” tra umani e cani ed è giunto il momento di prendere in considerazione il caso in cui siano invece due cani a doversi presentare… questo ci tornerà utile nel caso siamo noi i possessori di un cane e vogliamo fargli fare una corretta socializzazione con altri cani ma sarà utile anche nel caso si incontri un cane che il padrone non ce l’ha: saper riconoscere i segnali trasmessi ci eviterà di far compiere al nostro amico peloso delle brutte esperienze che potrebbero poi causargli dei problemi nei rapporti futuri.

evitare che il nostro cane si abitui a considerare l’avvicinarsi di altri cani come motivo di allarme, deleghiamo la fase di socializzazione ad un membro della famiglia che abbia maggior sicurezza nell’approccio o, meglio ancora, cominciamo a frequentare un campo di addestramento dove, dato che gli incontri avvengono in ambiente per così dire “protetto”, le nostre ansie diminuiranno parecchio. Per quanto riguarda la limitazione della libertà di movimento questo si traduce nell’impossibilità del cane di sottrarsi ad uno stimolo sgra-

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a prima cosa da tener presente è il “fattore guinzaglio”: questo è una sorta di cordone ombelicale che amplifica ulteriormente la percezione che il cane ha degli stati d’animo del padrone e oltretutto gli impedisce la totale libertà di movimento. Questo significa che se noi per primi non siamo a nostro agio la nostra tensione si trasmetterà sicuramente al cane mettendolo in guardia nei riguardi di chi si avvicina… se non ce la sentiamo è meglio cambiar strada per tempo ed Foto 1: incrocio di tre cani dove si vede bene come non si guardano negli occhi e non si fronteggiano direttamente

Foto 3: un cane dominante appoggia il mento sul garrese del cane sottomesso

forte che è quello di sdraiarsi a terra a pancia in su). In tutto questo, sempre che non si veda nascere un conflitto, è bene che noi umani non ci si immischi perché il nostro amico deve abituarsi a considerare presenze quantomeno neutre se non proprio interessanti gli altri cani e perché questo avvenga deve avere il modo di spiegarsi nella “propria lingua” senza in debite interferenze da parte nostra. Foto 2: un cane sottomesso lecca il muso del cane dominante

devole o preoccupante (l’avvicinarsi di un altro cane) nel modo per lui più semplice e cioè aumentando le distanze… per un cane timido o aggressivo questo può essere un grosso fattore scatenante di comportamenti difficili. e le condizioni sono buone, il nostro amico non mostra segni di paura e noi ci sentiamo tranquilli, esaminiamo i comportamenti che molto probabilmente potremo notare: due cani che non hanno intenzioni “bellicose” quasi sempre si avvicinano non frontalmente (a volte uno è addirittura perpendicolare all’altro) ed evitando di guardarsi negli occhi (abbiamo già visto che uno sguardo diretto è un segnale di sfida), cominceranno ad annusarsi il muso passando poi ai genitali. Questo perché in entrambe le zone possono raccogliere tracce odorose che forniscono molte informazioni sull’individuo che si trovano davanti, tra queste anche il “livello sociale” occupato dal quel particolare cane. Una volta che si sono”prese le misure” il comportamento si evolverà in maniera diversa: se il loro livello è simile ed entrambi sono animali non molto dominanti o giovani è facile che comincino tutti quei rituali che portano al gioco; se il livello è simile ma gli animali sono più adulti o piuttosto dominanti allora potrebbe cominciare una sorta di conflitto che è meglio chiudere sul nascere riportando l’attenzione del nostro cane su di noi ed allontanandoci con calma; se c’è una differenza netta di gerarchia generalmente il cane “più importante” sottolineerà questa sua posizione con diversi segnali (il più tipico è la zampa o il mento appoggiati nella parte alta della schiena, sul petto o sulla testa … oppure si terrà molto “impettito” con la coda portata alta, le orecchie più erette e guarderà l’altro cane in modo più diretto) ed il cane meno importante risponderà con quelli che vengono chiamati “segnali di pacificazione” che sono dei comportamenti spesso derivati da quelli dei cuccioli che vogliono dire “da me non hai niente da temere quindi non serve che mi attacchi” (leccherà il muso dell’altro cane, distoglierà lo sguardo, cercherà di farsi piccolo piccolo per arrivare al segnale più

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Se avete dubbi, domande, curiosità o se semplicemente siete in cerca del consiglio giusto per gestire nella maniera più corretta il rapporto con il vostro cane, potete scrivere a: ilmosaiko@tiscali.it

un regolamento per difendere gli animali

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Castelnuovo Scrivia è in vigore un regolamento, fortemente voluto dal sindaco Gianni Tagliani e dall’Amministrazione Comunale, che fissa le regole da rispettare affinché il rapporto tra uomo ed animale possa realizzarsi nel più armonioso ed equilibrato dei modi. Così recita la premessa: “Il presente regolamento promuove la convivenza tra l’uomo e la popolazione animale e sostiene iniziative e intreventi rivolti alla conservazione degli ecosistemi e degli equilibri ecologici che intressano le popolazioni animali. (...) Il Comune promuove la cura e la presenza nel proprio territorio degli animali, quale elemento fondamentale e indispensabile dell’ambiente. Il Comune riconosce alle specie animali il diritto ad un’esistenza compatibile con le proprie caratteristiche biologiche ed etologiche.” Pubblicheremo a puntate in questa rubrica alcuni degli articoli che riguardano più da vicino il mondo dei cani. Art. 4 - Detenzione di animali 1. Chi detiene un animale dovrà averne cura e rispettare le norme dettate per la sua tutela. 2. Gli animali, di proprietà o tenuti a qualsiasi titolo, dovranno essere fatti visitare da medici veterinari ogni qualvolta il loro stato di salute lo renda necessario. 3.I proprietari, o detentori a qualsiasi titolo, di animali, dovranno accudirli e alimentarli secondo la specie e la razza alla quale appartengono. 4. A tutti gli animali di proprietà, o tenuti a qualsiasi titolo, dovrà essere garantita costantemente la possibilità di soddisfare le proprie fondamentali esigenze, relative alle loro caratteristiche anatomiche, fisiologiche e comportamentali. 5. E’ vietato tenere cani ed altri animali all’esterno sprovvisti di un idoneo riparo. In particolare la cuccia dovrà essere adeguata alle dimensioni dell’animale, sufficientemente coibentata e dovrà avere il tetto impermeabilizzato, in modo da fornire protezione dalle intemperie e dalle condizioni climatiche sfavorevoli; dovrà essere chiusa su tre lati ed essere rialzata da terra e al di sopra dovrà essere disposta un’adeguata e idonea schermatura; non dovrà, infine, essere umida, né posta in luoghi soggetti a ristagni d’acqua, ovvero in ambienti che possano risultare nocivi per la salute dell’animale. In ogni caso i locali di ricovero devono essere aperti verso l’estemo per consentire sufficiente illuminazione e ventilazione e lo spazio occupato dall’animale deve essere mantenuto in buone condizioni igieniche. (Mimma Franco)


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