Alois Nebel

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ALOIS NEBEL

Un noir da oltre la cortina di ferro

Jaroslav Rudiš Jaromír 99

Questo libro è stato pubblicato con il sostegno del Ministero della Cultura ceco.

Titolo originale : Alois

© Copyright 2006 Labyrint, Praga, Repubblica ceca

© Copyright 2021, Modern Times per l’edizione italiana www.moderntimesedizioni.it

Progetto grafico:

Studio RAM

Via San Valentino 1/F - Bologna

Stampa:

A4 Servizi Grafici

Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO)

Prima edizione: dicembre 2021

ISBN 979-12-80667-00-7

ALOIS NEBEL

Un noir da oltre la cortina di ferro

TRILOGIA DI ROMANZI A

FUMETTI

Soggetto e sceneggiatura

Jaroslav Rudiš

Soggetto e illustrazioni

Jaromír 99

Traduzione Teresa Mele

Adattamento Carla Cegna

Bílý Potok

La gente qui ci veniva dal nord. Portava con sé zappe, falci, seghe, accette e soprattutto tanta forza perché qui era quello che serviva per vivere…

E così è anche oggi. Il Muto arrivò da nord, ma non portò con sé né zappa, né accetta, né falce. Lasciò sega e coltello seppelliti a casa nel fienile…

…trascorse la prima notte vicino al laghetto … la seconda nella vecchia casa del guardaboschi a Lipová…

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… arrivò nei giorni in cui l’inverno si confonde con l’autunno e l’autunno con l’inverno...

…quando ancora il sole riscalda le valli, ma sulle colline, sotto i piedi già scricchiolano le foglie, come lische di pesce congelate.

Qui la gente ci veniva dal nord e non ci arrivava da sola, perché questa terra i solitari li inghiotte. Il Muto era solo.

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Solo normali passeggeri, e anche sassi e

SUDETI, AUTUNNO 1988. SABATO, VERSO SERA. Mi piacciono i turni di sabato, sia quelli di mattina che quelli di notte. Sabato c’è pace. Nessun treno di pendolari o di scolari. legna.
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Sono i treni merci a darci da vivere. Un paio all’andata, un paio al ritorno. Via! Alt!

Bílý Potok. Capisco... della legna…

…sì, sono un po’ stanco. E tu? Sei andato a pesca?

E quella cassiera con le tette enormi, sai, quella Otýlie, sta ancora da voi?

…stammi bene allora.

E manda qualcosa di allegro la prossima volta. La legna non la voglio più.

Ah, peggio per lei…

Alle 23:30 aziono l’ultimo scambio. E dopo l’ultimo carico di sassi della mezzanotte per Zábřeh, ho una pausa di due ore…

...spesso arriva il sonno, specialmente se la notte si dorme male, come me. Ma il capomovimento dorme sempre con un occhio aperto. Avere tutto sotto controllo è la prima cosa. Un occhio sempre vigile.

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Come dicevo, un normale turno di sabato. Mi sono fatto il caffè, ma era un po’ fiacco.
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All’improvviso ho sentito il fischio di una locomotiva a vapore. Mi ha svegliato. Qui non ne passava una dal ‘77.

Quell’ultimo treno era pieno di ghiaia della cava sopra la stazione. L’anno scorso l’hanno chiusa, non c’era più niente da estrarre. Si sono portati tutta la collina di granito da qualche parte in Austria.

Dicono che dopo questa collina si prenderanno quella accanto e poi anche le altre, che si porteranno via tutte le nostre montagne, ci lasceranno solo il Praděd perché lì il granito si sgretola.

Poi le escavatrici si sono buttate sulla collina accanto, ma quella roba non si scarrozza più nella nostra stazione.

Ho chiamato giù a Lipová, per sapere di che treno si trattasse, ma non ha risposto nessuno. Saranno andati a giocare a carte al bar durante la pausa.

Non era un sogno. Ferma al semaforo fischiava una locomotiva a vapore.

Franta è un giocatore di carte accanito. Ma rimanga fra di noi. Allora ho dato il via libera.

Un convoglio eccezionale? Quel tanto atteso treno di turisti della DDR per le terme? Ma l’avrebbero annunciato quello! E così di notte? Sarebbe dovuto passare tra una settimana!

Solo che quella era una locomotiva da guerra, con una vu sulla caldaia. Bella macchina. Dal camino usciva una colonna di fumo che sorreggeva il cielo come un pilastro.

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Franta, ma che mi hai mandato? Ho un treno sanitario tedesco qui, pieno di SS.

Ma che treno? Stai dando di nuovo i numeri, vero?

Lojzík*, ma sei impazzito?

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E all’improvviso, ecco la nebbia. Dalla macchina sono scesi due nazisti; gli brillavano gli occhi. Mi urlavano addosso se conoscevo il tedesco.

Ho risposto: un po’. È morta. Molto tempo fa. Wo ist deine Großmutter? Wo ist die rote Schlampe?

Dov’è tua nonna? Dov’è la puttana rossa?

Hast du Wasser?

Hai acqua?

Gli ho fatto vedere il rubinetto sul binario. Un colpo di fischietto e dal vagone sono cominciate a scendere altre persone. Soldati feriti e infermiere con brocche e contenitori, tutti che si precipitavano verso l’acqua.

Heil Hitler!
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Quest’acqua non la bevevano a litri, ma a ettolitri

come se volessero bere tutta l’acqua delle montagne, come se non fosse autunno, ma piena estate, quando si va allo stadio o a bere birra, e loro non fossero in guerra,

ma in piscina in Vidnava, La prego!

lì dove le ombre dei tigli disegnano piccole croci per terra. La gente credeva che ci fossero seppelliti dei tesori, ma quando qualcuno provava a zappare il terreno

tirava fuori solamente delle vecchie e secche ossa tedesche che stavano lì da quarant’anni.

I tedeschi avevano bevuto così tanto, come se volessero finire tutto, anche per quelle ossa che la guerra aveva nascosto sotto terra.

Mi sono calmato abbastanza presto. Del resto, cose del genere possono capitare.

Schnaps?

Na? Wo ist deine Großmutter?

Bitte! Mach schon! Unser Führer weiß alles. Ich bringe mich um. Vai! Il nostro Führer sa tutto. Mi suicido.
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Allora? Dov’è tua nonna?
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La cartomante mi ha detto che oltre a questa ragazza ha ucciso anche la propria madre e che ora sta in Boemia…

Questa volta non ti firmo il viaggio di lavoro. Se vuoi prenditi le ferie, ma secondo me è una sciocchezza.

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E Květa che dice?

Mi ha invitato a mangiare il gulasch. Stupidi piccioni. Dovremmo sparargli a tutti. Amico, te lo dico io, le piaci proprio. Il gulasch non l’ha mai fatto a nessuno. Il polpettone sì, ma il gulasch mai. Ma io tanto non mangio carne. Hanno cercato di sparargli tante volte, sforzi inutili. L’ultima volta quando è venuto Kim Il Sung…
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Lasciali volare.

Lui ci tiene alla pulizia. Alla pulizia e alla quiete. Per lui tutto il traffico in stazione è stato interrotto. Per la prima e l’ultima volta. Lui non si sarebbe mai seduto su un aereo, e così è partito in treno alla volta di Praga e Berlino. Capite? In treno dalla Corea del Nord, dal trentottesimo parallelo. Diecimila chilometri! Tutte le sbarre alzate, nessun treno nell’altro senso.

La folla sui binari voleva salutare il sole venuto dall’oriente, ma lui non ha salutato nessuno. Allora la gente si chiedeva se ci fosse davvero qualcuno su quel treno. Fino a quando non è arrivato a Praga. In stazione non ci doveva essere anima viva e nemmeno un treno. Solo quello suo. Non voleva vedersi con nessuno – solo con il presidente Husák*. Proprio quando doveva scendere, Franta Kotek ha fatto passare la posta da Vršovice. La macchina ha fischiato, i piccioni sono volati e Franta ha perso il posto perché Kim Il Sung si è spaventato ed è schizzato direttamente a Berlino.

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Qui ci possono accedere solo i ferrovieri come te.

La mente è bastarda. Ci vuole aria fresca. Ancora due piani e siamo arrivati.

È qui che vengo quando mi fa male la testa.
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Che altezza, eh? Tieniti vicino al muro. Ad alcuni per la testa aiuta l’aspirina, altri mettono una mano sotto le coperte, a me invece aiuta questo.

Senti, non è che sei innamorato?

Una meraviglia, vero? Questa è Praga. Completamente gratis. Appena mi guardo attorno non mi fa più male niente.

Come stare sul Praděd. C’è solo meno vento.

È vero che hai ucciso tua moglie?

Mi tradiva. Così ho ammazzato anche lui. Ti saresti buttato sotto a un treno? Non credo.

UN MINIMO DI CONTESTUALIZZAZIONE STORICA...

La trilogia di “Alois Nebel” ripercorre il periodo della storia della Cecoslovacchia che va dalla sua fondazione, avvenuta nel 1918, fino alla caduta del muro di Berlino, nel 1989.

Nel 1918, il neonato stato nazionale era composto per due terzi da cechi e slovacchi, e per il resto dalle minoranze tedesca (concentrata soprattutto nella regione dei Sudeti), ungherese e polacca, che conservavano forti legami linguistici, culturali, economici e politici con i rispettivi stati nazionali di riferimento. Questi legami erano potenzialmente destabilizzanti per il governo cecoslovacco e furono infatti, nel periodo tra le due guerre, fonte di continue tensioni tra il governo stesso e le diverse minoranze.

All’inizio degli anni ‘30, la minoranza tedesca, che contava circa tre milioni di individui, era stanziata in gran parte lungo le frontiere con la Germania e l’Austria, una zona altamente industrializzata che fu in quegli anni duramente colpita dalla crisi. Approfittando della crescente insoddisfazione dei lavoratori disoccupati e della discriminazione di cui erano spesso vittime, Konrad Henlein fondò nel 1933 il partito di ispirazione nazista “Sudetendeutsche Partei”. Hitler, che mirava all’annessione dei Sudeti, usò questo partito per attuare una strategia di destabilizzazione della zona, lanciando numerose provocazioni e avanzando richieste sempre più incalzanti che finirono per diventare inaccettabili per uno stato sovrano. Il 30 settembre 1938, in occasione dell’accordo di Monaco stipulato tra Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna, fu lanciato un ultimatum alla Cecoslovacchia: entro il 10 ottobre il territorio dei Sudeti doveva essere evacuato dalla popolazione di lingua ceca e ceduto alla Germania. Praga infine cedette. In dieci giorni, la Cecoslovacchia perse così più di un terzo della sua popolazione e del suo territorio a favore del Reich e migliaia di rifugiati si riversarono nel centro del paese; nonostante ciò l’anno seguente, la parte ceca della nazione fu invasa dalla Wehrmacht e divenne un protettorato tedesco (Protettorato di Boemia e Moravia), mentre in Slovacchia fu creato uno stato satellite. Il popolo cecoslovacco fu profondamente traumatizzato dall’evento perché se, da una parte, metteva in luce l’incapacità del governo di risolvere le tensioni interne, sanciva soprattutto in modo inequivocabile il tradimento delle potenze occidentali e democratiche alleate (Francia e Gran Bretagna).

Quando, dopo la capitolazione della Germania nazista, i Sudeti furono restituiti alla Cecoslovacchia, la rinata repubblica indipendente ne espulse quasi per intero la popolazione di etnia tedesca, dando seguito peraltro alla decisione già presa nel 1943 dal governo cecoslovacco che si trovava in esilio a Londra. Il 2 agosto 1945, alla conferenza di Potsdam, gli alleati «ricono[bbero] la necessità del trasferimento in Germania delle popolazioni di lingua tedesca […] che doveva essere eseguito in maniera ordinata e umana». Ad ogni modo, la popolazione di etnia ceca non aveva aspettato le decisioni della Conferenza di Potsdam per confiscare i beni degli abitanti di lingua tedesca e per espellerli dal territorio. Le deportazioni infatti erano già iniziate nel maggio 1945, spesso in modo tutt’altro che pacifico e umano. Da maggio 1945 alla fine del 1948, 2,4 milioni di tedeschi furono costretti a lasciare il paese, e solo 200.000 circa rimasero in Cecoslovacchia. In quella che fu una vera e propria deportazione di massa si stima che dai 15.000 ai 30.000 tedeschi trovarono la morte (per fame, malattia, violenze, suicidio, nonché nei campi di internamento o lavoro forzato in URSS).

“Mito di Potsdam” è il termine con cui in tempi recenti alcuni storici definiscono la tesi (adottata da gran parte della storiografia ufficiale cecoslovacca del dopoguerra) secondo la quale la decisione di espellere i tedeschi fu presa dagli alleati, interpretazione dei fatti che non regge al vaglio di una attenta analisi degli avvenimenti.

Non si può omettere tuttavia il fatto che alla base delle violenze e della stessa espulsione della popolazione di lingua tedesca esisteva il risentimento profondo provocato dall’estrema brutalità del regime del Protettorato, guidato dal gerarca nazista Reinhardt Heydrich, non a caso soprannominato il « boia di Praga ». La disputa ceco-tedesca sulle espulsioni è durata fino al 1989, data dopo la quale è iniziato un lento processo di riconciliazione. Tali tragici eventi rimangono però ancora oggi una ferita non rimarginata, un nervo scoperto nella storia della Repubblica Ceca.

Nota all’edizione

Il primo volume della trilogia di romanzi a fumetti Alois Nebel è stato pubblicato con il titolo Bílý Potok nel 2003, seguito dal secondo volume, Hlavní nádraží (2004), e poi dal terzo ed ultimo Zlaté Hory (2005). Bílý Potok è stato pubblicato anche in francese, tedesco, polacco, spagnolo e serbo. I testi e le illustrazioni sono stati corretti e integrati per l’edizione completa. Come bonus speciale questa versione include un finale alternativo.

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