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della domenica n°64 - 15 febbraio 2015 - anno 3 n.0

Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

spagine

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri


Fittiade

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ove volete che vada a finire una sfera posta su un piano inclinato? Ma giù, si capisce! E’ vero che la politica, che non va d’accordo né con la fisica né con la geometria, può anche produrre il contrario – ricordiamo le morotee convergenze parallele – ma non è questo il caso che il centrodestra ha mostrato ultimamente col diverbio Berlusconi-Fitto. Si sapeva che sarebbe andata a finire così. Berlusconi ha dato quindici giorni di tempo a Fitto per

decidere se stare dentro a Forza Italia o andarsene. Perché poi quindici? Bah! Più o meno la stessa cosa accadde con Fini e poi con Alfano, sebbene la morte politica di quest’ultimo sia più lenta. La situazione di Alfano, infatti, è davvero obbligata, se non vuole scomparire dalla scena l’unica via che gli rimane è trasformarsi “geneticamente” e aderire al Pd. A destra non c’è più posto per lui, stante l’ostinata avversione di Salvini nei suoi confronti e la sua conversione pro Mattarella in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica. Ovvio, la stessa cosa vale per tutti quelli che lo hanno seguito nel Nuovo centro destra. Ma la situazione di Fitto è assimila-

di Gigi Montonato

bile a quelle di Fini e di Alfano? Per certi aspetti sì, per altri no. E’ assimilabile nel tentativo di proporsi come successore di Berlusconi nel centrodestra quando ha pensato che l’ex cavaliere stesse per smontare da cavallo. Non è assimilabile se si considerano le circostanze particolari. Quando Fini disse “che fai, mi cacci?”, Berlusconi era una potenza elettorale e politica, pur con tutti i suoi guai giudiziari. Quando Alfano, uomo senza quid, pensò bene di staccarsi da Forza Italia per rimanere nel governo delle ampie intese, già Berlusconi si era notevolmente indebolito e di lì a poco sarebbe stato defenestrato dal Senato. Patetica la sua fiducia al governo Letta;


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diario politico

della domenica n°64 - 15 febbraio 2015 - anno 3 n.0

...Il “torto” di Fitto è di aver avuto ragione; cioè di aver previsto quanto poi è accaduto per l’insipienza del gruppo dirigente berlusconiano... una mossa senza precedenti nella storia parlamentare italiana. Oggi è ancora meno forte delle precedenti vicende. Non c’è chi non riconosca di essere stato attaccato e persino perseguitato come nessun altro nel corso della sua vicenda politica; ma non c’è chi non riconosca i suoi errori pubblici e i suoi vizi privati, imperdonabili gli uni, intollerabili gli altri. Nei confronti degli avversari interni è incapace di trovare iniziative diverse, fa con Fitto, come ha fatto con Fini e con Alfano: o di qua o di là. Salvo poi smentirsi e cercare qualche aggiustamento. Fitto ha insistito finora a dire che non avrebbe lasciato il partito. Posizione intelligente per un verso obbligata per un altro. Intelligente perché, da quell’erede democristiano che è, ha nel suo abito mentale un partito all’interno del quale si può dialetticamente rapportarsi con gli altri senza uscirne. La Dc non si è mai divisa, nonostante avesse al suo interno correnti a volte oppositive. Obbligata perché non avrebbe un luogo politico dove andare. Finché resta il quadro attuale, Fitto può dare battaglia all’interno di Forza Italia ma rimanere a “piè fermo” come l’eroe omerico in duello. La sua strategia finora lo ha premiato. Intorno a lui c’è un bel numero di parlamentari, alcuni anche di qualità, come l’On. Francesco Paolo Sisto, già relatore di maggioranza per la riforma del Senato, ora dimessosi.

Quella di Fitto è qualcosa di più di una corrente, è una sorta di dirigenza ombra che si propone di sostituire quella esistente che si è dimostrata incapace di gestire le ultime importanti vicende politiche. Ma soprattutto è l’attacco ad un metodo, quello berlusconiano, di far finta di nominare il suo delfino, in genere un uomo senza quid, per poi cacciarlo quando questi sveli qualche voglia proibita, come la successione al vertice. Le prime avvisaglie dello scontro tra Fitto e Berlusconi risalgono alla nomina di Toti, che secondo il metodo di Berlusconi, prende il posto che era stato di Alfano. Giustamente Fitto gli contesta non la scelta dell’uomo ma il metodo. Far finta di cambiare per non cambiare. Ora, dopo le batoste prese da Forza Italia, anche per colpa di questo cerchio magico berlusconiano, che va da Toti a Verdini, da Gasparri ad una delle sue virago, l’azzeramento delle cariche doveva essere un fatto scontato. In politica, quando si perde, occorre trarre le conseguenze; far finta di niente è deleterio, è solo l’anticipazione di una rovina. Il “torto” di Fitto è di aver avuto ragione; cioè di aver previsto quanto poi è accaduto per l’insipienza del gruppo dirigente berlusconiano. Gruppo – occorre anche dirlo – che si è mosso secondo gli ordini di Berlusconi. E all’intimazione: restare o uscire, Fitto gli ha risposto più o

meno come Fini: tu mi cacci perché sai che ho ragione. Berlusconi, con l’ennesimo caso di diverbio con il probabile successore, sta tradendo – ma già lo aveva fatto prima – la sua vera e forse unica strategia: il proprio guicciardinesco “particulare”, che si traduce tatticamente a tenere in pugno il partito, sempre più debole, e strategicamente a salvaguardare i propri interessi, aziendali soprattutto, che finora sono andati a gonfie vele. Ora la situazione nel centrodestra è decisamente fluida e agitata. C’è un muro contro muro con gli avversari esterni. Berlusconi vuole dimostrare a Fitto che ormai Forza Italia è contro il governo Renzi per il tradimento subito con l’elezione di Mattarella e che il partito ha bisogno di essere unito e compatto per fronteggiare gli attacchi che vengono da fuori. Ancora una volta l’appello alla concordia per difendersi dall’esterno scongiura processi di ricostruzione all’interno. Da questo gioco sono lasciati fuori gli elettori del centrodestra, che oggi, senza dover stare con l’Ncd di Alfano o con la Lega di Salvini, sperano di avere un riferimento più dignitoso e, se pure non vincente, che almeno costituisca l’inizio di un percorso vero di ricostruzione. Se Fitto, a cui piace farsi chiamare ricostruttore, riuscirà nel suo intento, quell’elettorato lo seguirà.


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Contemporanea

ecentemente, il segretario generale della Cei Nunzio Galantino, intervenendo al Consiglio permanente, ha puntato il dito sulla “colonizzazione culturale” del gender che “vorrebbe cambiare l’alfabeto antropologico”. Veramente, al di là del fissismo della cosiddetta legge naturale, fare delle giuste considerazioni sull’orientamento sessuale e sull’appartenenza di genere non è un’operazione sbagliata, non è una forzatura. Occorre delicatezza, la pazienza e l’accortezza dei saggi. Introdurre, ad esempio, la teoria del gender nelle scuole, può essere un esercizio di buon senso. Vuol dire educare i bambini al rispetto dell’alterità e della diversità. È indubbio che, in Italia, la comunità Lgbt attenda il riconoscimento di diritti, fino a questo momento, misconosciuti. Monsignor Galantino s’è espresso, tra l’altro, contro i registri sulle unioni civili, che ultimamente a Roma sono stati approvati dalla giunta Marino. Secondo l’alto prelato, “certe misure sarebbero un diversivo per non parlare delle buche per strada; e, inoltre, il monsignore aggiunge che “c’è l’impressione che i politici si diano un gran da fare, ma non sulle cose di cui la gente ha bisogno”. Effettivamente, la politica attiva dovrebbe adoperarsi su un vasto ventaglio di problematiche: dal lavoro alla sicurezza; dal decoro civile ai diritti sociali. Le istituzioni, ovviamente, dovrebbero fare di più sulla famiglia canonicamente riconosciuta, sulle pari opportunità. Tuttavia, ciò non dovrebbe impedire ai parlamentari di legiferare opportunamente sulle coppie di fatto omosessuali. Legalizzare una unione fra omosessuali non è solo un fatto simbolico, ma è una procedura sostanziale: si tratta d’una assunzione di consapevolezza e responsabilità, significa garantire agli individui di poter godere pienamente dei diritti di cittadinanza. Le amministrazioni virtuose devono saper badare alle emergenze contingenti e, al contempo, devono saper esaminare anche aspetti eccezionali. Se città come Torino, Napoli, Roma, hanno previsto registri sulle unioni gay, lo hanno fatto con disciplina e raziocinio. Semmai, ad essere gravemente latitante, fino ad ora, è la politica parlamentare, che succube d’una dipendenza confessionale, non ha legiferato alcunché sulle tematiche eticamente sensibili.

Unire le unioni Un’immagine del flash-mob “Trova le differenze” e “Lo stesso si” organizzato a Lecce, in Piazza Sant’Oronzo ieri sabato 14 febbraio - San Valentino da Arcigay Salento "la Terra Di Oz" e LeA-Liberamente

Anzi, nel 2004, presi da furore clericale, i parlamentari confezionarono l’impraticabile e illiberale Legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, smantellata a più riprese dalla Corte Costituzionale e dai tribunali civili. Inoltre, abbiamo la sensazione che la nostra Chiesa cattolica, sensibilissima a far valere istanze dottrinarie, talvolta perda di vista le esigenze effettive della comunità. È vero, i diritti sociali sono rilevanti, magari ci fosse “una più equa distribuzione delle ricchezze”; ma non ci si può distrarre clamorosamente al cospetto dei diritti civili. Inoltre, non è un buon segno che il Parlamento, ad esempio, incoraggiato da certi religiosi cattolici, non sia riuscito ancora a prevedere una giusta normativa sul testamento biologico o anche sull’eutanasia. La “morte opportuna” e la “vita dignitosa” sono parti da non trascurare, da considerare serenamente, al di fuori delle accese dispute bioetiche. Non è un caso che, su dichiarazioni anticipate di trattamento, su eutanasia, su coppie di fatto, e su altro ancora, l’Italia sia il fanalino di coda in Europa. Benedetto XVI sulle questioni antropologiche aveva una visione rigorosissima. E anche Papa Francesco è molto intransigente. E non ci riferiamo

di Marcello Buttazzo

solo all’eutanasia, allo Statuto ontologico dell’embrione umano, o alla pillola abortiva Ru 486: anche su crinali più marginali si marcano e definiscono le distanze. Soffermiamoci, per un attimo, sull’uso del profilattico, che viene bandito da una parte dei cattolici. Forse, una concezione più adeguata è quella dei cattolici “dissidenti”, i quali affermano: “Pensiamo che il sesso, come la vita, sia sacro, e dunque ognuno si debba prendere cura non solo di se stesso ma anche degli altri, e dunque che l’uso del preservativo sia doveroso e raccomandabile”. Probabilmente, non sentiremo dire mai da un Papa, neppure da Francesco, che il condom salva vite umane. Eppure cosa c’è di più normale che tentare di bloccare meccanicamente con un pezzo di lattice la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili? La sessualità è un primordiale e vitale strumento di conoscenza, di comunicazione: ad essa ci si dovrebbe accostare con l’animo sgombro di pregiudizi e preclusioni. I giovani, in particolare, hanno bisogno di fiducia, non di messaggi coercitivi. In tal senso, fanno bene certi laici e la comunità Lgbt a prospettare e difendere “una sessualità sicura e piacevole”.


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la riflessione

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Il mare della vergogna

A

fronte delle nuove drammatiche vicende degli immigrati, 29 morti per il freddo al largo dell coste libiche, soccorsi (per fortuna) da unità italiane, e i (pare) 300 dispersi di queste ultime ore, forte si leva la voce del papa che esprime: “…Preoccupazione per le notizie giunte da Lampedusa dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso”. Incoraggiare la solidarietà, urlo che si leva anche da ogni persona di buon senso, credente o meno. Il senso della pietas oltre ogni altra cosa. Esistono tuttavia dei non luoghi che fanno urlare al disprezzo e all'odio comunque e a prescindere, ed altri non luoghi in cui ci sono cose che vengono “prima” della vita umana. I primi sono quelli del razzismo e della xenofobia, cifra molto conosciuta da alcuni politici nostrani che girovagano nelle tv con felpe o ignobili fazzolettini verdi. I secondi sono quelli che fanno i conti della spesa che, in sostanza, debbono tornare sempre e comunque, a prescindere dalla tipologia di spesa fatta, e dalle priorità. Se il bambino ha sete e manca l’acqua potabile, questi signori non comprerebbero l’acqua minerale per non splafonare, forse. L’Europa ha regole ferree e (secondo alcuni) indiscutibili e indifferibili. Una nazione come la Grecia fa soffrire i suoi cittadini per la fame, la mancanza di

di Gianni Ferraris

sanità, la mancanza di scuole? Non importa i figli della (o di) troika così vogliono perché così deve essere, pecunia non olet, anzi, profuma di rosa e verbena. In Italia esisteva un sistema di controllo che si chiamava Mare Nostrum, i governanti vennero costretti a organizzarlo a fronte delle migliaia di cadaveri affogati, affondati, galleggianti nel più immenso cimitero a cielo aperto del mondo, il mare (appunto) nostrum. L’Europa dei figli della (o di) troika si voltava dall'altra parte, guardavano a sud solo ed esclusivamente per chiedere ai greci, agli spagnoli, ai portoghesi e agli italiani di abbassare le pensioni, i salari, di demolire l’industria. In pratica pretendevano di far crepare di fame le persone, gli europei di serie B. Proprio come se ne scatafottevano dei migranti. I confini, dicevano, sono italiani, i quattrini no, sono eurpoei. Ma l’Italia, si sa, è un grande paese. Poi arrivò il governo del fare. Ricordiamo un gongolante Alfano dire in TV “finalmente l’Europa prenderà in carico il problema immigrazione che faremo tutti quanti assieme, una grandissima vittoria del nostro governo”. Solo il 24 dicembre venimmo a capire che la grandissima vittoria altro non era che un altro ceffone in faccia a Renzi, Alfano e alle Mogherini tutte. La lettera porta la firma di un altro figlio della (o di) troika, tal Klaus Roesler. E’ lui il direttore di Frontex (così si chiama lo schiaffone a Renzi e Alfano). Lui scrive ammonendo l’Italia che non si fa così, perbacco, Frontex agisce solo ed esclusivamente nelle 30 miglia marine, l’Italia (i soliti

furbetti) osa addirittura andare a salvare vite umane oltre questa misura, dice la lettera: “Troppi interventi fuori area”. Vergogna italiani! Chi osa andare oltre sappia che “la cosa non è sostenibile economicamente” (sic). E’ vero che la guardia costiera ha detto che segue ed osserva le leggi del mare che impongono di salvare il naufrago. Vero è altrettanto che questa è la misura dello scempio della pietas. Quanto vale per il signor Klaus una vita umana? Quanto è economicamente sostenibile salvarla? L’etica in politica è ormai scomparsa, in economia forse non c’è stata mai, eppure abbiamo memoria di personaggi illuminati, penso a Adriano Olivetti, che metteva il benessere degli operai davanti ad altro, dava, per avere ovviamente, però era un privilegio per chiunque lavorare in luoghi dove ci si sentiva persone e non numeri. Penso a Schindler, l’industriale che salvò migliaia di suoi operai ebrei dalla deportazione, e penso a molti altri per i quali il denaro è uno strumento da mettere anche a disposizione. Come la dignità. Ecco, questa Europa ha smarrito la dignità. Anche perché, direbbe Klaus, "quanto costa inorridire? E’ economicamente sostenibile?" Macchè, su questo piano il discorso è chiuso, non si può rispondere al razzista, non si può rispondere a un Klaus qualunque. Si può però sperare che la Grecia di Tsipras riesca a dare una svolta a questa Europa paranoica, e ci si deve porre il problema: i morti in mare sono calcolabili con il metro di Klaus o con quello dell’umanità? Ad illustrare, una ripresa ai raggi infrarossi di un naviglio di migranti


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pensamenti

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L’infinito di Samantha

edicato ad Omero, il non vedente, poeta del nostro tempo, il blu che oggi mi circonda; penso d’un tratto per l’associazione strana d’idee che giunge da sola senza alcun richiamo, al blu di Antonio Verri e al tramonto della luna; Leopardi è qui, a Recanati, qui dove, nell’attimo della luna che tramonta, tutto è blu prima che si affacci l’aurora alle porte del cielo; l’aurora oggi è quella raccontata da Samantha Cristoforetti, nella danza di colori che la circondano mentre ha la sensazione di avere la Terra su di lei e la Stazione Spaziale le sembra “una nave che naviga su un mare immensamente profondo e infinitamente nero, mentre la terra, soprattutto quando è coperta di nuvole e queste brillano nella notte della luce della Luna, mi sembra un cielo agitato che sovrasta il mare calmo dello spazio”, il mare dell’infinito nel quale dolcemente naufragava il pensiero di Leopardi, chiuso nel finito di questa Terra. Invece l’infinito appartiene davvero a Samantha; le appartengono “gli interminati spazi” . L’immaginazione poetica per Leopardi è la conquista dell’infinito per Samantha; l’infinito esiste, le è intorno, la circonda e l’abbraccia; su di lei la Terra, il finito che si supera e quasi fa tenerezza. Io penso che ancora una volta dà concretezza all’immaginazione, la poesia; prevede e preannunzia; intuisce e “sente” l’infinito, lo sente con tanta forza, che lo fa, con un verso, diventare realtà. Ed è danza di colori ed è uno spicchio di blu vivo, come scrive Samantha; ancora il blu notte, quell’attimo di sospensione di Antonio Verri che ritorna nel suo girovagare tra strade a Lecce e il miagolio dei gatti e il silenzio degli angeli; penso che versi di poeti dovrebbero essere incisi, scolpiti, dovrebbero diventare un tutt’uno con le pietre dei paesi nostri, come a Recanati, appunto, ché , quando “la squilla dà

segno della festa che viene” alzi gli occhi e li ritrovi tutti, i versi, su parete nella piazzetta e li sillabi, suono di squilla e suono di verso. Realizzarlo questo sogno a Lecce, Caprarica, Maglie, Otranto, Lucugnano, in tutti i paesi nostri, ché tutti ce l’hanno un loro poeta ed andare e sentire il suono delle voci dell’anima per vederli impressi davanti a te “ i fogli di poesia” quelli fatti dai poeti, e continuare ad andare, voce dell’anima, vece di verso; e poi portarsi i tramonti sulle spalle mentre si attende che arrivi il blu e aspettare l’aurora ripetendo versi di Samantha “Ci sarà l’aurora, compagna spesso presente ma sempre diversa e sorprendente. Che meraviglia poi se capita che ci sia ancora l’aurora quando appare all’orizzonte lo spicchio di blu vivo che annuncia il prossimo sorgere del sole e quel blu si congiunge con il verde brillante dell’aurora in una danza di colori, cui si aggiunge un’esplosione di arancio nel momento in cui il sole emerge dalla linea dell’orizzonte. Giusto pochi secondi e poi tutto è inondato dalla prepotenza della piena luce solare che cancella in un attimo lo spettacolo della notte e piano piano, da est ad ovest, fa emergere dall’oscurità oceani e continenti, ridisegnando le linee ormai familiari e amiche del nostro meraviglioso pianeta”. Nota di diario, affidata a “la Repubblica” da Samantha che sorridendo continua a danzare, grazie a conquiste d’uomini di questo “nostro meraviglioso pianeta”. Poesia è davvero “costruire” sempre, insieme scienza e versi e tecnologie, tecnologie, versi e scienza ché tutto ha la sua musica e il suo colore; basta imprimerli prima nell’anima e poi inciderli i segni dovunque; spargere semi “fate fogli di poesia, poeti” magari di un bel blu vivo, che è “vivo” perché, da un attimo si è accesa l’aurora. di Giuliana Coppola


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L’abecedario di Gianluca Costantini e

Maira Marzioni

Ospitami sotto un’ombrello senz’ombra occupami gli occhi come un oceano d’oro Oh! ecco ora non occorre più parlare abbiamo il permesso di posare pulsanti a petto peloso pensandoci piumosi pavoni persuasi di essere padroni almeno di questa piccola e pallida pioggia.


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NERA

La pittura di Delia Sforza

arte

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H24 fabriKa, sabato 21 febbraio dalle ore 20.00, nell'ambito della rassegna Special Guest propone la personale dell'artista negli spazi in Vico Dietro Spedale Pellegrini, 29/a, Lecce

Per raccontare l'anima di un artista è necessario, quanto mai opportuno trovare nelle proprie corde del sentire, quel particolare profumo che ci fa seguire il volo di un gabbiano, quella nota che ci consente di entrare in punta di piedi su l'uscio lasciato socchiuso. Piano, senza invadenza. D'ascolto e passione lasciandosi attraversare dal vento di scirocco. Mentre sono in comunione con le opere Delia Sforza la giovane artista pugliese, che ha registrato successo di critica e di pubblico, ascolto Rene Aubry. Attraverso le sue note Delia si di-svela ed è per me più semplice scrivere di lei e di “Nera” questo viaggio onirico in pittura che mette al centro corpi femminili feriti e annientati capaci però di mantenere intatto il loro femminino viscerale, quello descritto da Goethe nel 'Chorus mysticus' a chiusura della seconda parte del Faust: “Tutto

l’effimero Non è che illusione L'inadeguato Qui diventa evento; L'indescrivibile Qui si è fatto; L'eterno femminino Ci porta in alto”.

Dunque al di là di quel senso di ineludibile drammaticità umana, la Sforza indaga l'essere umano nel suo divenire e con la maestria di un chirurgo dell’anima porta alla luce le sue intimità, ossessioni e tenerezze. Immersi in un nero che è disciplinato e assoluto, passaggio e conoscenza dell' “io” psicanalitico, i personaggi ritratti da Delia Sforza raccolti in “Nera” indagano e contemplano inquietudini e ricordi opponendosi con la tenacia della devozione a ciò che si cela dietro l'oscurità. La cromia in queste opere è data dal bitume commisto all'olio, dalla pulsione cromatica dei rossi che sanno farsi grumo, dal blu che s'adagia lieve come ricordo, mentre i colori scuri rassicurano i bianchi e dominano la tela trasfor-

di Rosanna Gesualdo



spagine “Rimbaud è Rimbaud. Qualsiasi accostamento con altri grandi della letteratura e della filosofia creerebbe un falso mito del poeta... È il poeta che ha combattuto una feroce lotta spirituale in un’epoca segnata dalla crisi della religione, della memoria e della scienza”

Il ragazzo dalla faccia pulita

Il saggio su Arthur Rimbaud di Elio Ria al Fondo Verri venerdì 20 febbraio, dalle 19.00

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ontro ogni rigidità mentale, pregiudizio, al di sopra di ogni regola, a favore della libertà e dell'esprimere se stessi senza alcun bisogno di nascondersi; questo è Arthur Rimbaud, emblematico poeta del secolo XIX, e, perché no, del nostro... Simbolo di rottura con tutto ciò che si conforma alle regole che, secondo il poeta, non servivano ad altro che ad ammansire il popolo, inneggiando ad un uso delle mani e non della mente. Caratteristica che accomuna la nostra epoca alla sua. Agite, fate, senza pensare, il contrario del motto illuminista: “Sapere aude”. Tutto ciò il giovane Rimbaud lo ha dimostrato con la sua vita, in cui ha percorso con bruciante rapidità i territori concessigli dalla letteratura, fino a esaurirla, a uscirne (Davide Rondoni). Pensiero libero che gli ha comportato la solitudine sino alla morte in Africa, continente che sceglie come esempio di libertà assoluta, da non intendere come ribellione bensì lo specchio della poesia della discesa agli inferi. Un altro modus vivendi che ha voluto concedersi è stata la sua breve “omosessualità”, allora come oggi una scelta che rende l'essere umano emarginato; ma Rimbaud ha dimostrato che, credendo in se stesso, soprattutto, ha senso vivere, considerarsi un individuo libero e pensante. Il modo di comunicare ed esprimere, affermando se stesso, è la poesia, nella quale paradossalmente l'io individuale si concilia con l'io collettivo: «L'Io che deve esprimersi in poesia non è quello individuale, è qualcosa che trascende la realtà più vasta, in un luogo che lo escluda e lo renda entità diversa. Un “Io” a più voci, collettivo, che tralasciando le cose stupide della quotidianità si lascia guidare per cogliere le “quintessenze”, in un meccanismo di rovesciamento perverso dell'ordine e del disordine dell'anima, che deve essere scardinata dalle apparenze ingannevoli e dai pregiudizi precostituiti, affinché se ne possa comprendere il funzionamento sottratto dalla morale e al'ipoteca condizionata e sottoposta di Dio». Questo si legge nel libro di Elio Ria su “Il ragazzo dalla faccia pulita. Saggio su Rimbaud”, edito da Villaggio Maori Edizioni, collana Ellissi diretta da Davide Dell’Ombra. *** Chiedo a Ria: quali sono le motivazioni che lo hanno condotto a occuparsi di Arthur Rimbaud, oltre a quelle accennate poc'anzi.

di Alessandra Peluso*

Mi occupo di Rimbaud da molti anni, da quando in gioventù la poesia mi prese con sé. Leggere Rimbaud non è facile, ci vuole molta pazienza e un grande amore per la poesia. Il mio libro è un omaggio a questo ragazzo che non ha avuto paura d’immolarsi sull’altare della poesia. Mario Luzi azzardò che il giovane poeta di Charleville è l’unico che si può accostare all’esiliato di Firenze. Sono difatti due poeti che compiono due viaggi (Rimbaud nell’inferno, che non è l’inferno cristiano) dove l’autore e il personaggio coincidono, e dove alla prova dell’esperienza sono sottoposte tutte le verità presunte. Occuparsi di Rimbaud vuol dire mettersi in gioco completamente, sfidare un grande, essere preparati alla sua sventura, giocarsi l’anima. Inoltre, se considera il poeta un rivoluzionario della storia, un antesignano dell'Illuminismo. Oppure un'anticonformista per eccellenza, giudizio peraltro limitante, visto che Rimbaud, accanto al talento poetico innegabile, sentiva la necessità di non dire sì alle falsità del secolo, al quale apparteneva. Rimbaud è il poeta (sfuggito all’idea di creazione di un dio) che ha combattuto una feroce lotta spirituale in un’epoca segnata dalla crisi della religione, della memoria e della scienza. Ha combattuto tutto l’ordine ipocrita borghese della società, senza peraltro provare vergogna, sbeffeggiando ogni forma di consuetudine e d’insana moralità nascosta nelle pieghe del perbenismo. Ha ceduto alle tentazioni per non diventarne vittima o sottomesso, come nel caso della sua breve condotta omosessuale con l’amico Verlaine. Il suo gaysmo, ad esempio, non è pratica del piacere carnale; non è neanche da ascrivere a qualsivoglia forma di repressione, piuttosto un mezzo per bruciare le sue carni alla voluttà dei sensi al solo scopo di esporsi al paradiso perduto, senza preoccupazione di salvezza che brucia ogni retorica. È paragonabile alla vita di Nietzsche, ad esempio, di Simmel o di Camus? Rimbaud è Rimbaud. Qualsiasi accostamento con altri grandi della letteratura e della filosofia creerebbe un altro falso mito del poeta. Azzardo, comunque, un accostamento con il pensiero di Nietzsche, almeno là dove viene concepito da entrambi il tracollo del “soggetto” – inteso come principio determinante della conoscenza e dell’azione. Entrambi (convinti di vivere in un mondo di décadence e di profondo nichilismo) smascherarono i falsi idoli dell’Occidente. Il poeta fran-

cese operò una rivolta cosmica in contrapposizione all’ideologia cristiano-borghese. Nietzsche demolì le finzioni dell’Occidente. Con la “Lettera del veggente” il poeta traccia un percorso poetico che definisce la poesia e l’arte, manifestando la necessità di una condizione di estraneità non solo nei confronti dell’opera poetica, ma anche del suo stesso creatore (Io è un altro). In tal modo la tensione spersonalizzante del poeta implica la possibilità di immergersi nelle profondità dell’abisso alla ricerca di una purezza che non è appannaggio di nessuno ed è invece una conquista di ogni istante, “dove chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro”.

È evidente che Rimbaud resta un rivoluzionario, un giovane che non si è accontentato di ciò che aveva, ma ha ricercato l'essenza della vita nella tragicità della stessa e non è un caso che abbia scelto un'esistenza libera e non facile, pagando a caro prezzo il suo andare, contro ogni pensiero benpensante o regole imposte e poste ad impedire il flusso benevolo delle idee. Rimbaud è un bravo ragazzo dalla faccia pulita, che ha espresso il disagio della diversità e del non allineamento alle regole sociali, profanando le leggi e i canoni sacri della letteratura in una sorta di creatività logica degli opposti. Ha percorso le strade conosciute, ma ha anche preferito le vie traverse, per scoprire aspetti nuovi e inattesi. Si è immerso nel male, ha amato il demonio per sconfiggerlo, in un continuo e compulsivo desiderio alla scoperta della differenza, di ciò insomma che fornisce il dettaglio di “un senso” corrispondente a un “non senso”. Rimbaud scrive per sottrarsi a ogni vincolo, tant’è che i suoi testi testimoniano il rifiuto ostinato dell’epoca lungo i binari della veggenza. L’accettazione di un ordine abituale è impensabile. Si astiene dal perseguire un’azione antisociale, rivoluzionaria, preferisce combattere se stesso, alienandosi interiormente, spostando il suo cammino verso una nuova realtà, poiché sente di appartenere a qualcosa di misterioso e di grande che però è, di fatto, sconosciuto. E forse è anche a questo è dovuto il fascino di Arthur Rimbaud, della sua poesia, ancora oggi seguiti da amanti, qual è Elio Ria. *http://www.affaritaliani.it


al fondo verri

della domenica n째64 - 15 febbraio 2015 - anno 3 n.0


Il tempo dell’illusione spagine

al fondo verri

della domenica n°64 - 15 febbraio 2015 - anno 3 n.0

Gabriele Donato, La lotta è armata. Estrema sinistra e violenza: gli anni dell’apprendistato 1969-1972, DeriveApprodi

di Alessandro Vincenti

La lotta è armata. Estrema sinistra e violenza: gli anni dell’apprendistato 1969-1972“ scritto da Gabriele Donato, storico friulano, è una riflessione storiografica sui primi anni '70 quando il dibattito sull'uso della violenza iniziòa farsi sempre più insistente nei principali gruppi della cosiddetta sinistra extra-parlamentare. Attraverso l'analisi della documentazione teorica, della pubblicistica di propaganda e delle testimonianze dei principali protagonisti di quegli anni, Donato ricostruisce i principali fattori che fecero apparire agli occhi di molti giovani dell'epoca l'opzione della violenza una pratica legittima, oltreché persuasiva. La prima parte del titolo del libro è ripresa da una dichiarazione di Renato Curcio sul primo sequestro lampo organizzato dalle Brigate Rosse ai danni di un quadro della Sit-Siemens di Milano. Il 3 marzo del '72 un commando delle brigatista, composto da quattro uomini, riuscì a bloccare e a rinchiudere per una ventina di minuti l'ing. Idalgo Macchiarini in un furgoncino e a fotografarlo con una pistola puntata alla guancia destra e un manifesto di rivendicazione. Scrive Curcio: "Noi avevamo riflettuto sul fatto che mostrare quell'arma nella foto polaroid significava, per la prima volta, "far vedere" un'impresa di lotta armata degli anni Settanta [..]. Ma la pistola in sé non era rilevante. Quello che contava era la sua immagine-messaggio diffusa in tutti i media: la lotta è armata." Quel sequestro ebbe un impatto mediatico significativo e rappresentò una sorta di spartiacque tra "rivoluzionari ed opportunisti" -s econdo l'analisi di Potere Operaio - che spingerà gli altri

gruppi della sinistra estrema a prendere posizioni più nette circa l'uso esplicito della violenza come strumento di lotta. Il libro ricostruisce minuziosamente le posizioni teoriche e le dinamiche interne a gruppi come Potere operaio, Lotta continua, i Gruppi d’azione partigiana di Feltrinelli e il Collettivo politico metropolitano (da cui nasceranno le Brigate rosse) attraverso gli avvenimenti che si successero tra l’”autunno caldo” del ‘69 fino all’omicidio Calabresi avvenuto nel ’72. La strage di piazza Fontana, il mito della “Resistenza tradita”, il timore di un colpo di stato militare simile a quello accaduto in Grecia nel '67, ma soprattutto -ed è questa la tesi centrale di G.Donato- il riassorbimento delle tensioni sociali che avevano animato l' autunno caldo del 1969 all’interno delle politiche riformistiche del PCI e del sindacato, furono i principali fattori che spinsero nel corso di quegli anni molti militanti a considerare la violenza come lo strumento indispensabile per provocare quel processo insurrezionale che la spontaneità della lotta operaia non era, evidentemente, riuscita a scatenare. Così, se il dibattito sull'utilizzo della violenza - ritenuta necessaria per la disarticolazione dello Stato borghese e di tutte le sue diramazioni istituzionali e partitiche - era comune ai principali gruppi della sinistra rivoluzionaria, cambiavano però le posizioni circa le diverse forme di lotta da utilizzare e le analisi sul rapporto tra avanguardia rivoluzionaria e masse di riferimento. Donato con questo suo lavoro contribuisce ad una importante ricostruzione bibliografica di quei complessi processi che fecero della violenza il tratto distintivo di quegli anni.


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racconti dal viaggio

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Senza Rosa

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a oltre venticinque anni, in primavera o in autunno, raggiungo M.T. per un ciclo di fango balneoterapia. Un albergo della località, il M.H.T., è stato eletto a mia temporanea casa, l’aria che vi respiro, al pari dei rapporti con i proprietari e il personale, hanno viepiù assunto connotati e toni di familiarità. Ne ho viste, di facce e vicende, al M.H.T.! Anche se, man mano, le cose sono fortemente cambiate, continuo a trovarmi bene, nei tredici giorni di permanenza per volta non avverto troppo il distacco dal mio Salento e dal mio mare. *** Verso la metà degli anni ’90, è maggio, intorno alle quattordici, dopo aver consumato il pasto al consueto tavolo in fondo al salone ristorante dal lato delle cucine, sto ritornando lentamente nella hall, sfilando lungo i tavoli degli altri ospiti o “curandi” e lasciandomi dietro una scia di “buongiorno” di cortesia. A un certo punto, mi perviene, più nitido e sentito, il saluto di risposta da un tavolo dove siedono un’anziana signora e una giovane e alta donna bionda. Aggiunge, la prima, d’avermi da un pezzo notato, solo, sotto la parete distante, precisando che, da parte sua, ha invece avuto in assegnazione un tavolo da ripartire con una seconda persona, per l’appunto la bionda più giovane. “Io sono ormai vecchia, non necessito di soverchi discorsi, distrazioni o divagazioni”, seguita a dire l’anziana, “al contrario, alla mia vicina, piacerebbe avere qualcuno con il quale parlare, intrattenersi, compiere una passeggiata, magari ballare. Lei, che ne direbbe?” Pur precisando di non conoscere e non

praticare il ballo, accetto l’invito, la proposta. Come esordio, accompagno le due a prendere insieme il caffè, dopo di che, da subito, inizio a scambiare compagnia con la giovane: nella hall, ai bordi delle piscine, nel giardino dell’albergo, durante brevi passeggiate per il paese e/o qualche puntatina in direzione dei Colli, stiamo insieme e ci conosciamo. Rosa è nata e vive in Alto Adige, a pochi chilometri dal confine austriaco, è sposata e ha due figlie ormai adulte, collabora alla gestione, a carattere famigliare, di un albergo pensione di proprietà. Ciò che, in particolare, mi colpisce della donna, è la dolcezza, la semplicità, la discrezione, mi rendo conto che, dentro, ha molto di più rispetto a quello che tira fuori: così si pone, con naturalezza, anche quando sorride scherzosa dicendo “io avere ancora fame….”, quando se ne sta in silenzio ad ascoltare il fruscio dei rami e delle foglie in piena vegetazione in mezzo ai Colli, quando mi parla delle sue montagne, per me del tutto sconosciute e misteriose, portandomele vicino, quasi facendomele sfiorare. Scende a M.T. accompagnata in auto dal marito, il quale, poi, alla fine del soggiorno, ritorna per rilevarla, non possono assentarsi insieme dal paese e dal loro albergo. Pochi i giorni di sodalizio con Rosa, pochi ma intensi. Rientrato, dopo, alla mia abituale residenza, saltuariamente prendo contatto con lei per telefono, colloqui sempre sobri, privi di lungaggini e di parole in soprannumero. Nel successivo divenire, accade che, per un po’ di stagioni, salti le cure alle terme. Riprendendo l’abitudine e continuando a far capo al consueto albergo, il M.H.T., per prima cosa, chiedo a Roberto, ad-

di Rocco Boccadamo

detto alla reception, notizie di Rosa: si ingenera un impatto brusco e terribile, gli occhi dell’interlocutore come impietriti e impallati e, a seguire, una frase, una verità sottovoce: “Ma, dottore, guardi che Rosa non viene più qui, l’anno scorso è mancata. Per la prima volta, quest’anno, è sceso da noi suo marito”. Al che, resto muto e immobile, per un attimo addirittura combattuto dal dubbio se fermarmi o ritornare casa. *** Hanno, così, preso a scorrere stagioni e cicli di cure senza Rosa e però impregnati del suo ricordo, la sua figura e il suo volto a quel tavolo nella sala ristorante e tutt’intorno. Recentemente, tramite internet, mi sono accostato alla località d’origine di Rosa, ho trovato l’immagine del suo albergo e una bella fotografia della sua famiglia, il marito, le due figlie, i generi e due nipotini. Nel sito web, nonostante che siano già trascorsi molti anni della sua salita in alto fra le aquile dei cieli azzurri, ho trovato anche lei, con il suo nome e cognome che segnano l’inizio della ragione sociale della società intestataria dell’albergo alpino. Un affettuoso pensiero di saluto, Rosa, dall’occasionale compagno di fanghi termali di anni fa. Rosa è solo la metà del tuo nome vero e completo, la seconda parte consistendo in un altro bellissimo nome che, guarda il caso, è portato da quattro dei miei cinque nipotini. Un giorno, Rosa, se sarò in tempo, mi riprometto di salutarti da vicino nei pressi del confine, comunque verrò a incontrarti allorquando giungerà anche per me il momento di volare alto.


Itinerari metacreativi tra pensiero intuitivo e pensiero creativo spagine

Ad illustrare un opera grafica di William Morris (Walthamstow, 24 marzo 1834 – Hammersmith, 3 ottobre 1896) artista e scrittore britannico. Fu tra i principali fondatori del movimento delle Arts and Crafts; è considerato l’antesignano dei moderni designer ed ebbe una notevole influenza sull'architettura e sugli architetti del suo tempo. Da molti è considerato il padre del Movimento Moderno, sebbene non fosse architetto egli stesso. Ha fondato uno studio di design in collaborazione con l'artista Edward Burne-Jones, e il poeta e artista Dante Gabriel Rossetti.

C’è

Q

formazione

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uando si parla di pensiero intuitivo e, più in generale, di intuizione, spesso ci si imbatte in una serie di equivoci. È come se una qualche legge oscura, accolta dal senso comune, abbia in qualche modo posto un’incompatibilità tra il lato intuitivo e quello razionale dell’individuo. A nostro avviso, non c’è niente di più sbagliato. Non è questa la sede per affrontare un excursus storico riguardante la creatività e l’obliquità di pensiero di uomini altamente raziocinanti – solo per fare alcuni esempi: Archimede, Pitagora, Leonardo da Vinci, Isaac Newton, Albert Einstein – che furono eminenti scienziati e menti creative. Intelletto e anima non sono due polarità irriducibili, o peggio, chiuse in compartimenti stagni e isolate l’una dall’altra. Tutt’altro, il nostro temuto lato irrazionale è in relazione osmotica con il nostro pensiero logicoanalitico. In altri termini, esiste tra logico e prelogico un rapporto costante, fluido, che si rinnova continuamente. Le nostre idee di pensiero intuitivo e di pensiero creativo non sono statiche ma dinamiche, in continuo movimento e

cambiamento. E sono proprio queste idee – legate a una riscoperta del nostro Sé interiore, intuitivo, fantasticativo e artistico – che hanno dato vita al progetto Itinerari metacreativi. Si tratta di una proposta trasversale, quella di intraprendere un cammino teorico-pratico che ha dato origine a tante esperienze interiori, creative e ricreative, attraverso incontri, laboratori, seminari, pubblicazioni. Un cammino che nutre anima e corpo, che va al di là del pensiero intuitivo e dell’espressione artistica e, per questo, diventa metacreativo (metacreatività come estensione del metapensiero). Tante esperienze a cui tutti sono invitati; tanti itinerari per cominciare a riprenderci i nostri spazi intuitivo-creativi, tante strade da percorrere insieme. Per maggiori chiarimenti riguardanti Itinerari metacreativi, per essere informati sulle nostre iniziative e sulle nostre pubblicazioni seguite questo blog e la nostra pagina Facebook, oppure scrivete all’indirizzo itinerarimetacreativi@gmail.com https://itinerarimetacreativi.wordpress.com

La prossima presentazione sabato 7 marzo a Lucugnano nella Biblioteca di Casa Comi

La cultura dei Tao... al Fondo Verri, un audio libro che è necessario acquistare e conservare nella propria biblioteca per ascoltare la "fiaba" contadina di Antonio L. Verri... e per sostenere l'attività del Fondo a lui intitolato.

La cultura dei Tao in una fotografia di Santa Scioscio


O Cose di Iago

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Alla Libreria Palmieri la presentazione del romanzo di Alfredo Annichiarico

La copertina del romanzo edito da Musicaos

ggi, domenica febbraio, 15 alle 18.00, presso la storica Libreria Palmieri, in via Trinchese 62/a a Lecce, Alfredo Annicchiarico presenterà il suo nuovo romanzo "Dalla parte di Iago" (Musicaos Editore). Introduce Daniela Palmieri, dialoga con l’autore Luciano Pagano. Il romanzo si apre su una scena inconsueta. L’auto di Iago è parcheggiata sul ciglio della strada, nei pressi di un autogrill, immobile come la vita del protagonista, non troppo al riparo dal flusso di veicoli e situazioni che lo possono travolgere, ma nemmeno al centro della carreggiata, perché non si dica di lui che aspira a essere l'attore principale di ciò che gli accade intorno. Inizia così una storia di cui raccogliamo i pezzi, uno a uno, il rapporto con la moglie, dalla quale si è separato, la figlia,

Una proposta di Workin’ Studio a Lecce a cura di Irene Scardia

Imparare a suonare, meglio tardi che mai...

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arte lunedì 16 febbraio Meglio tardi che mai, il laboratorio musicale per adulti a cura della musicista, compositrice Irene Scardia che si terrà presso Workin’ Studio a Lecce. “Nel corso degli anni”, dice la Scardia, “ho incontrato troppe volte persone animate dal rimpianto di non aver mai imparato a suonare uno strumento e desiderose di capirne un po’ di più in fatto di musica. Persone ingoiate dal vortice della quotidianità o che, irretiti dalla paura di intraprendere un viaggio in un territorio difficile e sconosciuto, inventano scuse di ogni tipo lasciando il desiderio inespresso.” Da queste osservazioni e dalla certezza che la musica possa offrire grandi opportunità di sviluppo interiore e godimento a

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Gaia, che Iago può incontrare solo una volta ogni due settimane e con la quale cerca disperatamente di conservare un rapporto paterno, e poi Antonia, la sua nuova compagna e Nicola, il fratello amato: sono solo alcuni tra i personaggi del mondo che l’autore trasferisce sulla pagina, con precisione chirurgica, cercando di riconciliare l’innocenza di un’infanzia perduta alla spietatezza dell’oggi. Alfredo Annicchiarico racconta la storia di un uomo giunto a un punto di non ritorno, attraverso un deserto fatto di compromessi, in un’Italia dove oramai tutti, nel lavoro e nei rapporti affettivi, hanno accettato tacitamente un codice di comportamento selvaggio, che non lascia più uno spiraglio all’umanità. Ritornare indietro, al punto di partenza, forse è questo che Iago dovrà provare a fare perché la sua esistenza non vada in frantumi, senza dare nulla per scontato, fino all’ultimo istante.

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qualunque età nasce questo speciale laboratorio che spiegherà agli adulti, come comprendere e fruire al meglio del linguaggio dei suoni e che offrirà l’opportunità di praticare la musica uscendo dal ruolo di inerme ascoltatore ma entrando nel vivo dell’azione musicale.“ Il laboratorio si svolgerà nell’arco di 16 lezioni e sarà condotto da Irene Scardia in collaborazione con i musicisti “Workin’ Family”, tra i quali Carolina Bubbico, Roberto Esposito, Roberta Mazzotta e Alessandro Dell’Anna. Per maggiori informazioni telefonare al 329.4123339 o scrivere a workinmusic@gmail.com. Organizzazione a cura di Workin' Produzioni gruppo di lavoro interno all’Associazione culturale "L'Orchestrina" di Lecce www.workinproduzioni.it.


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Il cartellone di Teatro a 99€

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eatro a 99 Centesimi, rassegna promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Leccecon la direzione artistica di Carla Guido, è un cartellone nel cartellone divenuto negli anni uno degli appuntamenti più amati della stagione, un luogo d'incontro e di approfondimento sul lavoro di artisti e compagnie locali e non, nella splendida cornice del Teatro Paisiello.

15 febbraio, ore 18.30 Compagnia Teatrale La Calandra MEGLIO SEPOLTO CHE VIVO tratto da un racconto di Joel Egloff con Federico Della Ducata, Piero Schirinzi, Donato Chiarello, Ester De Vitis, Antonio Giuri, Luigi Giungato, Daniela Manna, Piera Toraldo regia tecnica e foto Andrea Raho Scenografia e illustrazioni Piero Schirinzi costumi Teresa Cardinale musiche Federico Della Ducata regia GIUSEPPE MIGGIANO

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gravi, infezioni, una giustizia ingiusta, una Chiesa onnipotente e una vocazione sublime, l'amore bellissimo e assoluto di un giovanetto al limite dell'autismo che si innamora perdutamente de la mamma sua: la Madonna.

28 marzo, alle 21.00 Associazione Lavori in corso CHERCHEZ LA FEMME Noi donne non andiam bene per i poemi reading concert con Emanuela Gabrieli – voce, Carla Petrachi – piano, Mariarosaria Ponzetta – voce recitante, Alessandra Crocco – controvoce recitante.

Donne alle prese col quotidiano, con il lavoro, con la famiglia, con l'amore. Donne con i piedi per terra ma con il cuore in sospensione e le farfalle nella pancia. Un omaggio a quelle autrici che hanno saputo far ridere e riflettere. Dall'ironia sulla donna all'antica di Franca Valeri al femminismo travolgente di Franca Rame fino ai più recenti sguardi su un rapporto In una grigia canicola salentina, di un’estate di non si sa quando, tra generi in continua evoluzione. non accade nulla. Proprio nulla. Una noia mortale. Perché a Scogliano, o Scoglianò qual dir si voglia, non si muore neanche più. E 31 marzo, alle 21.00 l’unica agenzia funebre presente, la Cazzato & figlio, muore d’ine- Compagnia Giovanni Franci dia. Uccio, orbo da un occhio e il nuovo assunto Pippi, gli unici di- MATTEO DICIANNOVE, QUATTORDICI pendenti, non riescono neanche ad ammazzare il tempo, presi dal con FABIO VASCO nulla. Poi accade che qualcuno muore, pace all’anima sua, e tutto e con la partecipazione di Valeria Nardella si rianima. O così sembra, perché il viluppo colloso permane e ral- scritto e diretto da GIOVANNI FRANCI lenta tutto, anche la nebbia. Matteo Diciannove, quattordici: uno spettacolo confidenziale, in28 febbraio, alle 21.00 timo, come una preghiera, in cui il giovane Matteo affronta i propri Associazione Nany Music demoni, gli abusi subiti all'interno delle rassicuranti mura di un colNAPOLI ED EDUARDO, TRA POESIA E DOLCI MELODIE legio cattolico, il sesso, le paure... l'amore, probabilmente. Afferma di PINO INGROSSO il protagonista: ‘Ognuno di noi ama come è stato amato’. con Pino Ingrosso – tenore, Carla Guido - attrice, Stefano Indino fisarmonica, Nando Di Modugno - chitarra classica, Daniela Guer- 23 maggio 2015 ore 21.00 cia – cori Ass.ne Cult. Aretè LA SERVA PADRONA Ascoltare le canzoni di Napoli vuol dire conoscere in pochi attimi intermezzo buffo l’Anima di questa città, lo spirito, la filosofia, I sentimenti, i vizi e le musica Giovan Battista Pergolesi virtù. A Napoli le tradizioni sono antiche e radicate, la musica è Libretto Gennaro Antonio Federico l’espressione più forte con la quale i napoletani riescono ad espri- con Marco Piliego, Annalisa Ragione, Riccardo D' Ostuni mere ogni sentimento. A trent’anni dalla scomparsa di Eduardo, pianoforte M° Valerio De Giorgi questo spettacolo gli rende omaggio concedendosi un tuffo nel ‘900 regia FRANCESCA ROLLO napoletano’, attraverso i versi edoardiani incastonati, come per magia, nelle splendide melodie dell’epoca. Serpina governa la casa del ricco scapolo Uberto con prepotenza. Per sfuggire ai suoi capricci, Uberto dichiara di avere intenzione di 5 marzo, alle 21.00 sposarsi. Serpina vorrebbe diventare lei stessa la padrona di casa Thalassia e per ingelosire Ubaldo gli presenta tale Capitan Tempesta, come VOCCAVERTA suo spasimante (che in realtà è il servo Vespone travestito). Come La vera storia di San Giuseppe da Copertino prevedibile tutto si risolve nel migliore dei modi. Sposando Serpina, di Francesco Niccolini con Fabrizio Pugliese Ubaldo trasforma la “serva” in padrona. regia di FABRIZIO SACCOMANNO, FABRIZIO PUGLIESE in coproduzione con il Festival Memoria Minerale – Mesagne INGRESSO O,99 EURO 2013 prevendita c/o INFO POINT Castello Carlo V da ogni lunedì preLa grande storia di un piccolo uomo fuori dall'ordinario: Giuseppe cedente lo spettacolo. da Copertino, santo. Una storia picaresca, comica, commovente e Info Castello Carlo V via XXV Luglio, Lecce - Tel. 0832.246517 al tempo stesso raccapricciante: una vita complicata, un padre teatropaisiello@gmail.com sciocco e truffato dagli amici, quattro fratelli morti, una madre induwww.comune.lecce.it rita dalla fatica e da una fede arida. Una storia che si dipana dal primo Seicento, in un'età sfarzosa e sudicia, dove trionfano malattie


Propolino spagine

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Il nuovo album di Marcello Zappatore

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sarà presentato al Fondo Verri di Lecce mercoledì 25 febbraio, alle 21.00

a martedì 17 febbraio sarà disponibile nei negozi tradizionali, in digital dowload e nelle migliori piattaforme streaming Propolino, il nuovo album dell’artista e compositore pugliese Marcello Zappatore, conosciuto non solo come musicista, ma anche come attore protagonista del film a lui dedicato, uscito nel 2008, “W Zappatore”, di Massimiliano Verdesca. “Propolino”, come il precedente lavoro di Zappatore, “La ciliegina sulla porta”, presenta nel titolo un gioco di parole; l’associazione di propoli e Topolino nell’immaginario artistico di Zappatore da vita a una creatura fantastica, il Propolino, un'ape con le orecchie da topolino, il protagonista della copertina dell’album. Un album composto da sedici brani originali tutti scritti da Marcello Zappatore; per questo suo ultimo lavoro discografico è affiancato da Dario Congedo (batteria), Luca Alemanno (contrabbasso), Fabrizio Palombella (basso), Paco Carrieri (piano) ed Emanuele Coluccia (sax). «Propolino è un disco che sembra un film: cattura la tua attenzione dal momento in cui leggi i titoli, poi sei coinvolto dal suono, e infine vuoi stare a guardare come va a finire» - racconta Javier Girotto - «È un lavoro di grande qualità, suonato eccelsamente, pieno di classe e ironia, in cui gli arrangiamenti, l'interpretazione e l'improvvisazione sono in primo piano».

Senza mai saperlo

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iovedì 26 febbraio, alle 19.00, il Fondo Verri di Lecce ospita la presentazione di Senza mai saperlo, secondo romanzo dell'autore salentino Salvatore Caracuta appena uscito per Lupo Editore. Sembra non aspettarsi più niente da nessuno, Livia. Ventisei anni, una laurea in Economia e un lavoro poco entusiasmante in un’azienda di Lecce che si occupa della vendita all’ingrosso di bevande e alcolici. Un rapporto controverso con la famiglia e poche amiche con cui trascorrere le serate ed esperienze sentimentali deludenti. Ma un giorno, mentre è alle prese con il quotidiano controllo di documenti e fatture, inizia una strana relazione virtuale con Luigi, il responsabile delle vendite di una famosa cantina vinicola abruzzese. Prima uno scambio di mail, poi frenetici messaggi di testo dai loro cellulari. Nonostante il legame matrimoniale, Luigi si lascia trasportare da questa particolare e inspiegabile attrazione e il loro rapporto neo-epistolare, diventa

musica

quasi un bisogno, una necessità per entrambi e non più soltanto un divertente gioco di seduzione. Quando Luigi decide di uscire finalmente dall’anonimato e dare un volto a Livia e una forma al loro incontro, una tragedia inaspettata distrugge l’idillio. Ma, a volte, è proprio nella disperazione che la vita riesce a trovare le motivazioni per risalire e scegliere il proprio percorso. Sullo sfondo di un'Italia che cambia, con la crisi alle porte e la tecnologia che s'accinge a dominare un'epoca, il romanzo, attraverso digitazioni e linguaggi nuovi e scorretti, prova a raccontare la solitudine, l’indebolimento dei rapporti e l’esigenza di essere, scoprire o diventare realmente se stessi. Salvatore Caracuta (1976), salentino, è un produttore ed organizzatore nel settore cinematografico. Ha collaborato con testate giornalistiche, radio e tv locali. Senza Mai Saperlo è il suo secondo romanzo, dopo Scirocco, pubblicato nel 2010.


La musica nel sangue Tre giorni di ascolti a cura del Cineclub Fiori di Fuoco

Rock Attitude - Film in Vinile” è la rassegna dedicata alla passione per la musica organizzata da Cineclub Fiori di Fuoco e Fondo Verri. Un week-end di proiezioni, ascolti e incontri con appassionati, cultori, esperti e musicisti. In primo piano il progressive, il punk e il dark, tre generi musicali che da decenni continuano a coinvolgere vecchie e nuove generazioni. Tra aneddoti, vinili rarissimi, memorabilia, video introvabili e film di culto si parlerà senza censure del rock inteso come luogo dell’anima dove ritrovare sensazioni forti tra le pieghe di una canzone, nei solchi di un LP, nei risvolti di copertina. Ad aprire la rassegna, venerdì 27 febbraio, sarà il progressive degli immortali Genesis, King Crimson e Pink Floyd e delle mitiche band nostrane Premiata Forneria Mar-

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al fondo verri

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coni, Area, Banco del Mutuo Soccorso. Faranno da guida due progster d’eccezione: Gabriele De Blasi, giornalista e collezionista, e il musicista Gianluca Milanese, con l’intervento di Marcello Spedicato. Sabato 28 febbraio arriverà il ciclone punk. Sex Pistols, Clash e giù di lì sino ai giorni nostri, con l’introduzione di Sergio Chiari e Marcello Nitti e l’intervento del regista Carlo Michele Schirinzi nell’inconsueta veste di fan del vinile. La rassegna si concluderà domenica 1 marzo con Luca Attanasio, la Galleria Psicoattiva e le sonorità di Joy Division, Cure, Bauhaus, Siouxsie and the Banshees. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.leccefilmfest.it. Ingresso con tessera Cineclub a 3 euro. Contatti: fioridifuoco@libero.it

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l Progetto Joyschool nasce per trasformare la scuola da luogo dell’obbligo d’imparare ad orizzonte della gioia di apprendere, contribuendo a costruire un “nuovo umanesimo” su cui fondare una “rinascita” dal basso delle comunità locali. Particolare importanza riveste il metodo naturale dell’apprendimento descritto da Celestine Freinet (La scuola del fare – Movimento di Cooperazione Educativa – MCE), fondato sull’osservazione che fin dalla nascita i bambini imparano tutto spontaneamente e gioiosamente. (...) La visione pedagogica di Joyschool si prefigge di riproporre in Salento le metodologie didattiche delle scuole del centro-nord Europa e mira a far acquisire a tutti gli alunni - nessuno escluso - le otto competenze chiave dell’Unione Europea: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale. In un contesto in cui tutte le discipline hanno pari dignità, l’apprendimento dell’inglese informerà molte delle attività vissute dai bambini( geografia, matematica, canto, teatro, attività motoria). La didattica di Joyschool è attiva e partecipata, in movimento e incidentale (dove ogni esperienza di vita diviene occasione di apprendimento), aperta al mondo e a contatto con la natura (perché la vita è apprendimento e l’apprendimento avviene solo vivendo). Nella visione pedagogica di Joyschool, la didattica laboratoriale costituisce la routine quotidiana e non l’eccezione, laddove i principali laboratori attivabili sono quelli di: ♦ Scienze e Tecnologie multimediali; ♦ Giochi Logico- Matematici; ♦ Lettura e Scrittura; ♦ Lingue Straniere; ♦ Arti e Mestieri; ♦ Canto, Musica e Teatro; ♦ Cittadinanza Attiva; ♦ Sport e Attività Motorie; ♦ Orto e Botanica; ♦ Cucina.


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Il giardino megalitico e i massi della vecchia

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Solvitur ambulando" Camminando risolvo, trovo la soluzione. Camminare può essere un gesto rivoluzionario. Cammini e pensi. Cammini e muovi il mondo. Non si tratta solo di fare un’escursione, ma di mettersi in cammino e attraversare il mondo, la storia e gli ambienti antropizzati con la massima apertura mentale” così si legge nella pagina Facebook di “Maditazioni in Movimento” che propone per domenica 1 marzo, il cammino “Il giardino megalitico e i massi della vecchia”. *** Presenti in Spagna, Francia ed Inghilterra e assenti in Italia tranne che in Puglia, i monumenti megalitici sono più numerosi nella provincia di Lecce, e all'interno di questa il maggior nu-

Spagine Fondo Verri Edizioni

mero si trova all'interno del territorio di Giurdignano: ben 7 dolmen e 14 menhir che fanno di questo paese di neanche duemila abitanti la capitale italiana del fenomeno megalitico. Nel corso dell'escursione si incontrano i più conosciuti dolmen e menhir, si tocca anche Masseria Quattro Macine che, sorta su un antico casale distrutto durante il medioevo, fu ampliata in varie epoche, per essere poi, ai nostri giorni nuovamente abbandonata. Il gruppo si spingerà fino a “I Massi della Vecchia” per conoscere “Lu letto te la vecchia” , “lu Furticiddhu te la vecchia de lu nanni”, il “piede di Ercole”. Visiterà il frantoio ipogeo e la cripta del Salvatore. Al termine dell’escursione per chi avrà piacere, ci si recherà presso le cantine

Menhir a Minervino di Lecce per un aperitivo e degustazione di alcune delle loro etichette (facoltativo, €6).

Note tecniche: La difficoltàdel percorso è media, la lunghezza del percorso è di circa 14 Km; il dislivello, trascurabile; il tempo di percorrenza di 6 ore. La guida: Luigina Geusa 320/9771234. La quota di partecipazione è di € 9. Per i non soci +€10 per il tesseramento e copertura assicurativa valida fino al 31/08. L’attrezzatura richiesta: scarpe da trekking, pantaloni lunghi, pile, giacca a vento, cappello, mantella da pioggia, ricambio completo (pantaloni, maglietta, calzini, scarpe), zaino giornaliero con acqua e pranzo al sacco, macchina fotografica, torcia.

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri esce la domenica a cura di Mauro Marino è realizzato nella sede di Via Santa Maria del Paradiso, 8.a , Lecce come supplemento a L’Osservatore in Cammino iscritto al registro della Stampa del Tribunale di Lecce n.4 del 28 gennaio 2014 Programma delle Attività Culturali della Regione Puglia 2015 Artigiana - La casa degli autori


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Abitanti del XXI secolo

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Alla Galleria Scaramuzza di Lecce la mostra personale di Roberto Barni ino al 25 febbraio la galleria Scaramuzza Arte Cont e m p o r a n e a presenta la mostra personale dell’artista scultore e pittore italiano Roberto Barni. Scrive Silvia Recchia presentando la mostra: “Sono un abitante non troppo scontento di una modernissima ed effimera città del XXI secolo, dove gli abitanti sono riusciti ad eliminare quasi tutti i dislivelli, per cui da ogni parte si può ammirare un immensa pianura e ogni altra città si può intravedere senza nessuno sforzo di fantasia. Solo le proporzioni e le dimensioni di questa pianura rimangono incomprensibili.” R. Barni Quelli descritti da Roberto Barni, sono gli abitanti del nostro secolo, irrimediabilmente intrappolati negli ingranaggi del tempo, consegnati alla vertigine della quotidiana minaccia di cadere. Protagonista indiscusso della sua opera è il movimento: muoversi a piedi, girovagare, allungare il passo, correre, arrampicarsi, scalare, riunire, mettersi in fila, sfilare. Si offre così copiosa la figura del “viandante”, un uomo completamente riassunto nel suo passo di marcia. Un passo che sembra possedere come sua prerogativa quella di cancellarne la meta, di

pensamenti

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oscurarla. Dando così vita ad un andirivieni continuo ed alternato dove non è riconoscibile un inizio, ne una fine e richiamando con insistenza l'ombra del non senso e dell'assurdo. Nelle “città effimere” delle opere su carta non sono distinguibili “dislivelli”. Nozioni come destra e sinistra, sopra e sotto, giusto o sbagliato perdono qualsiasi significato. Uomini, animali e piante sono disposti in tutte le direzioni, diritti o a testa in giù, tanto che ogni elemento può essere osservato da qualsiasi lato. Come se ciascun punto di osservazione avesse egual valore. Gli uomini di Barni sono uomini anonimi, che hanno perso il privilegio di possedere un'individualità. Solo alcuni di essi conservano la capacità di rivivere l'esperienza (almeno nei sogni) di contemplare “le montagne più alte” e “i mari più profondi”, di distinguersi dagli abitanti dell' “immensa pianura”. E in questo senso, nella sua visione del mondo, l'arte appare come “l'unico miracolo” tanto più che essa dispone del potere di attribuire un significato al mondo”. Roberto Barni è uno scultore e pittore nato a Pistoia nel 1939 che vive e lavora a Firenze. Scaramuzza Arte Contemporanea via Libertini, 70 – Lecce scaramuzza.artecontemporanea@gmail.com tel 3297325036

mesi fa pensavo che imparare una nuova lingua e usarla per lavorare, fosse qualcosa d'insormontabile, lavorando pure con altre lingue... ma, oggi, che arrivo a pensare spontaneamente in francese, a dialogare con la gente, mi sembra davvero sorprendente, specie quando vedo mia figlia comunicare, leggere e giocare in tre lingue differenti. Allora comprendo che è davvero tempo sprecato lamentarsi che se hai ancora le forze per metterti in gioco: non smettere mai di provarci, perché la vita potrebbe sorprenderti! Anche se pensi di tornare al punto di partenza, ma questa volta poi essere certo di ripercorrere la strada con la tua compagna esperienza che ti offre maggiore consapevolezza. Nessuno ti regala nulla e le cose non arrivano così per magia ma una cosa è certa, bisogna crederci. Non so dove la vita ci porterà un giorno, sicuramente nella stessa direzione dove tutti sono destinati a giungere, ma ho capito che quando si evita di pensare al futuro e s'inizia a vivere il presente, le risposte arrivano da sole. C'est tout! Milena Galeoto


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