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morto nella tarda mattinata di ieri, sabato 26, Rocco Aprile; da pochi di giorni, dopo un ricovero in ospedale, era tornato nella sua casa, a Calimera, la grande piccola patria greca dove era nato nel 1929. Di Rocco Aprile ricordo - in me segno indelebile - l’andatura delle parole, l’eloquio pacato, raffinato, colto, segno di una sensibilità rara, di quell’attitudine da maestro che ha coltivato per tutta la vita. Parole pulite, dirette, perfette, le sue, in un italiano che mai ho sentito avere coloriture dialettali: la sua lingua - d’altronde - era il greco e sul quel metro - su quella nostalgia - Rocco Aprile ha misurato passioni, interessi e militanze. Insegnante all’Istituto Magistrale, storico, scrittore, figura essenziale del movimento di riscoperta delle tradizioni greco-salentine. Tra i fondatori del Circolo Culturale Ghetonìa, fu tra i primi – seguendo la lezione di Vito Domenico Palumbo - a proporre il riscatto territo-
Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°26 - 27 aprile 2014 - anno 2 n.0
Caro Rocco riale e linguistico di quella porzione di Salento che, con Calimera in testa, ha sempre rivendicato la sua particolarità. Il suo straordinario romanzo “Il sole e il sale” lo testimonia (edito dal Circolo Culturale Ghetonìa nel 1987, poi da I libri di Icaro nel 2006 con il seguito de “Il Funerale e i fiori di campo”): il racconto del Salento e della sua enclave grecanica, la trasformazione di un territorio rimasto per secoli piegato dalla soggezione e dai “padroni” aristocratici artefici del de-radicamento anche violento dell’origine antica del nostro territorio. Poi venne il Novecento, la guerra e la modernità... E tutto cambiò nella suggestione del nuovo... Leggiamo ciò che Rocco Aprile scrive nella nota che introduce la seconda edizione de “Il sole e il sale”: “Due inse-
gnanti di lettere della locale Scuola Media, Enza Guido e Isabella Crety, mi suggerirono l'idea di scrivere un lungo racconto, che rispecchiasse usi, costumi, lingua di Calimera, uno dei paesi della provincia di Lecce in cui si parlava ancora un dialetto greco (il "griko"), che per tanti secoli aveva rappresentato l'unico mezzo adoperato dagli abitanti della Grecìa salentina non solo per comunicare tra di loro, ma anche per esprimere i loro più riposti sentimenti in innumerevoli canti di alta poesia. L'idea mi piacque e mi misi subito all'opera, descrivendo la vita che si svolgeva a Calimera prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, cioè fra il 1936 e il 1945. Nella prima metà del racconto le vicende narrate si svolgono esclusivamente a Calimera e la lingua usata nei
colloqui è quasi sempre il griko. Nella seconda parte, invece, l'orizzonte si allarga ed il protagonista principale della vicenda si sposta nel capoluogo, trascinando con sé la sua numerosa famiglia. Nella prima parte del romanzo mi sforzo di rappresentare un ambiente rimasto immobile nei secoli con le sue credenze, la sua morale, i suoi costumi, la sua lingua. Ma, come è ben noto, questo "piccolo mondo antico" venne bruscamente spazzato via dall'immane conflitto, che cambiò radicalmente i costumi, le abitudini, la vita stessa della comunità greco-salentina. Se, prima della guerra, tutti si esprimevano in grico sia in pubblico che in casa, subito dopo quasi tutti sentirono la necessità di scrollarsi di dosso la lingua parlata per secoli dall'intera comunità, considerandola inadeguata ad esprimere la complessa realtà del mondo moderno”. Per ricordarlo e invitarvi a leggerlo, vi proponiamo nell’interno (pag. 13) la pagina che apre “Il sole e il sale”. Mauro Marino