Menthalia Magazine - Giugno 2012

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numero 3 - giugno 2012

Vis à Vis con Cristiano Minellono di Martina Dragotti, Copywriting & Communication

lono Cristiano Minel lla Autore di testi de musica Italiana

Essere autore di testi. Ma cosa vuol dire? Scrivere parole, dare voce ai pensieri, stare dalla parte dei contenuti, parlare alla propria penna ieri, alla tastiera oggi. Chi scrive testi non è solo un cultore della parola, ma è anche un buon osservatore. Per scrivere del mondo, di ciò che accade, per descrivere vite, raccontarle e farle amare, occorre uno sguardo più lungo, che attraversi le apparenze per cogliere l’essenza. È questo che fa un autore, “confeziona pensieri”, ci racconta Cristiano Minellono, grande autore della musica italiana ed esperto di comunicazione. A voi l’intervista... Scrittore di testi musicali, autore di alcune delle canzoni italiane più famose, scrittore di programmi televisivi, coautore di libri, attore teatrale, responsabile artistico in Fininvest, scrittore di testi pubblicitari e campione italiano di formula 3. Una personalità eclettica e creativa. Che giudizio hai del panorama comunicativo di oggi? In questa confusione di comunicazione sta imperando il cattivo gusto. La qualità della musica, della televisione e del cinema in Italia è scaduta almeno dell’80%. Gli interessi economici hanno prevaricato il bisogno di avere prodotti di qualità, e il risultato si vede. La tua, dunque, è un’astensione di protesta? Sì. Noi autori non abbiamo più la possibilità di creare nuovi talenti. Non essendoci più i grandi produttori cinematografici e discografici di una volta, non verranno più fuori le Sofia Loren e i Mastroianni, né verranno fuori i grandi registi del passato come Fellini, Germi, Rossellini perché oggi nel cinema comandano i finanziatori e la qualità ne paga le conseguenze. Nel panorama autorale televisivo accade pressappoco la stessa cosa: invece di avere due autori bravi come accadeva negli anni ’80, ci sono sette, otto autori neolaureati, senza esperienza, pronti ad assecondare le volontà del capo, senza cenni di esitazione. Non esiste più la professione di autore, ci si arrangia come si può... L’autore sia musicale, cinematografico che televisivo è sempre stato il padrone della situazione, un programma televisivo o un film si facevano come voleva l’autore adesso, invece, si fa tutto come vuole chi mette i soldi.

E la qualità ne paga il prezzo... Hai scritto testi per cantanti molto famosi, sapere per chi dovesse essere scritta una canzone ti ha mai condizionato? Non è il caso di parlare di condizionamento. Ero giustamente indirizzato, ovviamente se sai che stai scrivendo per Adriano Celentano è differente dal sapere che stai scrivendo per Orietta Berti; scrivi spesso un testo in base all’artista, rimanendo coerente con ciò che egli rappresenta. In maniera totalmente libera? Se stai lavorando con un grande artista sì. Sono spesso Le “mezze tacche” ad imporsi maggiormente e ad avere più manie di protagonismo! Come avviene il tuo processo creativo? Hai dei riti particolari, dei momenti che preferisci? Sì, per me quello della scrittura è un momento molto particolare. Se ho quindici giorni a disposizione per scrivere un testo... lo faccio generalmente negli ultimi due minuti che ho a disposizione, la pressione mi rende più creativo. Non mi è mai capitato di scrivere una canzone partendo dal titolo, eccezion fatta per “l’Italiano” ed un altro paio. Mi metto lì, ascolto la musica, e la mia creatività parte... La canzone alla quale sei più legato? Le canzoni che ho scritto con Umberto Balsamo “Pace”, “Bugiardi noi”, o quelle con Dario Farina per i Ricchi e Poveri: “Sei la sola che amo”, “Dimmi quando”... Ma comunque è difficile scegliere; sono legato alle canzoni che ho scritto in base a quello che rappresentano: “Il primo giorno di primavera” è la mia prima vera canzone, “L’italiano” è quella che ha avuto più successo nel mondo e “Sei la sola che amo” è quella che forse mi piace di più, ma che forse ha venduto di meno... Le canzoni che scrivi sono autobiografiche? Mah, in certi casi lo sono... in altri no. Un autore non può e non deve parlare della propria vita come protagonista assoluto. Deve farsi carico del sentire comune, di ciò che accade intorno e riuscire a metterlo in parole. Spesso ho cercato di immaginare situazioni nelle quali non mi sono mai trovato, vivi


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