Menthalia Magazine - Giugno 2016

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Periodico d’informazione sulla comunicazione e dintorni N. 6 - ANNO V GIUGNO 2016

IL LINGUAGGIO: UN MODO PER COMUNICARE

Per chi vorrebbero lavorare i giovani? Ecco la Top 10 Maison Tatiana Fabergé: storia e innovazione Movinga: è iniziata la rivoluzione del mondo dei traslochi Blips: la pellicola che trasforma lo smartphone in microscopio Il Project Manager… a norma Utenti “giornalisti” e social “giornalistici” Voliamo in Chat! Android Pay sbarca in Europa: Londra e Tfl ringraziano Le star del web “lasciano” YouTube. Ecco Blasteem!


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Editoriale

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Registrazione al Tribunale di Napoli N. 27 del 6/4/2012 Direttore Responsabile: Fabrizio Ponsiglione Direttore Editoriale: Marco Iazzetta Grafica & Impaginazione: Diego Vecchione Hanno collaborato in questo numero: Federica Aiello, Michele Botti, Riccardo Catapano, Danilo Di Domenico, Silvia Iazzetta, Elena Mittino, Stefano Rossi Rinaldi, Loredana Romano, Giovanni Tabbanella Menthalia srl direzione/amministrazione 80125 Napoli – 49, Piazzale V. Tecchio Ph. +39 081 621911 • Fax +39 081 622445 Sedi di rappresentanza: 20097 S. Donato M.se (MI) – 22, Via A. Moro 50126 Firenze – 20, Via Cardinal Latino Tutti i marchi riportati appartengono ai legittimi proprietari. La pubblicazione delle immagini all’interno dei “Servizi Speciali” è consentita ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca.

ambiare il modo in cui funziona il mondo. Così titolava qualche giorno fa Jeff Weiner, CEO di LinkedIn, in un post sul “suo” network. Già incoronato dal Wall Street Journal come il boss più amato dai dipendenti, in una classifica di aziende-colosso, Weiner ha condiviso il contenuto, rendendolo così pubblico, della mail inviata ai suoi dipendenti lo scorso 13 giugno, data dell’acquisizione da parte di Microsoft della sua company. Parla di mission e vision, cultura e valori aziendali, concetti che qualsiasi top manager avrebbe elencato. Jeff però li coniuga e li intreccia alla necessità che ciascuno ha di controllare il proprio destino, e questa necessità diventa il razionale per l’annuncio in toni immaginifici della notizia del giorno. La forza delle parole, verrebbe da dire: attraverso il “controsenso” dell’acquisizione, e quindi con una potenziale perdita di identità aziendale, con tutto quello che ne consegue, che escluderebbe di fatto per ciascuno dei dipendenti il controllo del proprio futuro professionale, Weiner arriva invece al concetto di diventarne, da oggi, ancora più padroni. E via con gli esempi dei “tech titans” come Apple, Google, Microsoft, Amazon e Facebook, sempre da loro guardati come da un livello sotto, come attraverso i sogni, e da ora in poi invece da poter essere considerati alla pari, attraverso la realtà di un’azienda che potrà proseguire la sua crescita senza più gli ostacoli legati all’oscillazione del valore azionario, che potrà realizzare la sua mission e la sua vision, grazie all’indipendenza che Microsoft garantirà. Da sognatori ad oggetto del sogno, dunque, perché chiunque guarderà a LinkedIn, da oggi, lo farà solo sognando di arrivare altrettanto in alto e diventare come loro. E a noi questo piace, perché, si sa, i sogni sono risposte a domande che non abbiamo ancora capito come formulare.

Marco Iazzetta General Manager Menthalia


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Per chi vorrebbero lavorare i giovani? Ecco la Top10 Di Michele Botti

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e potessi scegliere per quale società lavorare, quale indicheresti? Una domanda particolarmente interessante, in un momento storico dove le certezze lavorative non sono più quelle di un tempo, che YouGov (Istituto di Ricerca Internazionale con sede a Londra) ha posto ai giovani d’età compresa fra i 18 e i 34 anni. Dal sondaggio è scaturita una lista delle 10 aziende più ricercate al mondo, ben 7 delle quali appartengono al settore hi-tech o comunque collegate al web. Fra le restanti tre spiccano i nomi di Nike, Disney e del gigante dell’industria farmaceutica Johnson & Johnson. Una situazione che rispecchia nel migliore dei modi la direzione in cui il mondo sta andando: aziende che hanno abbattuto radicalmente la distanza nei confronti dei consumatori, ormai ritenuti a tutti gli effetti co-creatori del valore. Ma andiamo con ordine. Al primo posto di questa classifica, con il 57.9%, troviamo il signor Google. L’impressionante preferenza che Big G ha conquistato fra gli intervistati le ha consentito di posizionarsi davanti ad Amazon e a Netflix, rispettivamente i leader mondiali per ciò che riguarda la vendita online e di streaming online on demand. L’egemonia di Google non finisce però con il primato assoluto conquistato dal proprio motore di ricerca ma anche con il gran quarto posto aggiudicato ad uno dei suoi servizi di punta, YouTube, che a 11 anni dalla sua fondazione è arrivato a conquistare un miliardo di utenti - quasi un terzo di tutti gli utenti su Internet, ndr - con una sensibile impennata di visualizzazioni di video registrata negli ultimi tre anni ed un incremento minimo su base annua del 50%. Quinto posto per Microsoft. Il colosso di Redmond ha preceduto la posizione

occupata da Samsung leader mondiale nel settore degli smartphone - con il 23% dello share di mercato avanti ad Apple e Huawei. Al settimo posto Nike, indiscussa padrona nel settore dell’abbigliamento sportivo e la prima delle aziende sin qui elencate che non appartiene al mondo dell’hi-tech, e che festeggia il piazzamento più alto della sua storia in questa isneyspeciale classifica. A seguire Disneyohnland/Disney World, tallonata da Johnson & Johnson che invece si è buscataa il nono posto. Ma Apple? Un attimo di pazienza… c’èè ancora il decimo posto! Si, avete capito bene. Poco importa il dominio assoluto di iPhone e iPad - il Mac invece si attesta poco sopra il 10% a dispetto del monopolio, seppur in leggero calo, di Windows -, il colosso della mela fondata da Steve Jobs relegato all’ultimo posto della Top10 in cui i giovani vorrebbero lavorare. E voi? Per chi vorreste lavorare?

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Maison Tatiana Fabergé: storia e innovazione Di Redazione Menthalia

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a qualche giorno abbiamo comunicato la pubblicazione del nuovo portale della “Maison Tatiana Fabergé”, nome cui è legata la famiglia più importante nel mondo dell’alta gioielleria. La Maison venne fondata a Ginevra nel 1974 da Tatiana Fabergé proprio nell’intento di perpetuare il nome del bisnonno Carl Fabergé, passato alla storia grazie alle Uova Imperiali che egli realizzò fra il 1885 e il 1917 per la famiglia imperiale russa. La realizzazione di un portale per un’azienda così prestigiosa rappresenta una grande soddisfazione per la nostra agenzia nonché un’ulteriore attestato di fiducia per il lavoro che svolgiamo ogni giorno. Per addentrarci in maniera più profonda nell’argomento abbiamo intervistato il Chief Operating Officer di Maison Tatiana Fabergé, Emiliano De Maria. Un italiano, che vive in Svezia da sette anni e che dal 2010 fa parte del team della Maison fondata nel 1974: “Quando ho cominciato la mia collaborazione con Maison Tatiana Fabergé mi occupavo sostanzialmente di studio ed espansione dei mercati. Oggi mi dedico ad uno spettro di ruoli più ampio che va dalla progettazione allo sviluppo di nuove opportunità di business fino al coordinamento del marketing e della vendita in alcuni mercati specifici”.

Facciamo un inquadramento storico. Da poco sono stati celebrati i 170 anni della nascita di Peter Carl Fabergé, dopo tutti questi anni le sue opere d’arte sono ancora tra le più ricercate e discusse nel mondo della gioielleria. “Il segreto del successo è in un mix tra creatività e perfezione tecnica.

La scelta della forma dell’uovo, divenuta poi un’icona e che rappresenta lo stile Fabergé nel mondo, è dovuta soprattutto alla sua perfezione geometrica delle proporzioni. La gioielleria, così come l’arte, l’architettura o la danza, accontenta l’occhio di chi la guarda. Nonostante Fabergé rappresenti la storia della gioielleria nel mondo, i suoi contemporanei avrebbero potuto senza dubbio definirlo come innovatore e visionario. Ciò che oggi ricordiamo come oggetti del passato, ancora ricercati da collezionisti, un tempo erano il frutto della massima espressione di tecnica possibile. Non è un un caso che le famose uova smaltate sono la difficile combinazione di tecniche di smalto a fuoco che rivestono superfici metalliche incise a pantografo, cosa prima di lui mai realizzata su superfici non piane. Molte di queste tecniche sono rimaste per noi invariate e rappresentano insieme il collegamento del passato, le nostre tradizioni e la chiave del successo presente.

Nel 1974 la pronipote di Carl Fabergé fonda la Maison Tatiana Fabergé, continuazione storica dell’azienda di famiglia ed unica al mondo a riproporre i disegni originali di Carl Fabergé. Cosa rappresenta oggi Maison Tatiana Fabergé e qual è la mission dell’azienda. “Portare in eredità un cognome pesante e noto come quello di Fabergé, rappresenta una fortissima responsabilità ma al tempo stesso delinea in maniera precisa il


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cammino da percorrere. Tatiana Fabergé non si è mai sentita obbligata nella continuazione della tradizione ma tutte le scelte, dalla fondazione dell’azienda alla creazione di gioielli unici, sino alla realizzazione di opere letterarie, sono il continuum naturale di quella che è stata la scintilla che ha dato inizio al mito di Carl Fabergé: la passione per l’arte e per la gioielleria. Oggi ci confrontiamo con mercati in continua evoluzione, attraversati da sistemi di informazione, ricerca e acquisto molto più rapidi del passato. La Maison Tatiana Fabergé ha lo scopo di realizzare collezioni che rappresentino la continuazione delle nostre tradizioni e ma che, allo stesso tempo, incontrino il gusto dei consumatori di questo millennio. A testimonianza di quello che dico, le nostre ricercatissime collezioni di orologi e oggetti in cristallo combinano tutta la tradizione della cultura di Fabergé con lo stile e l’eleganza di una Maison svizzera come la nostra”.

È da poco online il nuovo sito internet. Un portale che identifica un’immagine aziendale per Maison Tatiana Fabergé ma che rappresenta solo il primo passo verso lo studio di un piano di comunicazione che metta al centro il consumatore. “Internet è uno strumento dalle enormi potenzialità ma al tempo stesso crea in chi naviga aspettative in termini di qualità d’uso e di strumenti. E’ molto facile risul-

tare obsoleti, anche investendo in prodotti moderni, se non si presta attenzione alla comunicazione che un’azienda esprime attraverso il proprio sito web. Non possiamo più immaginare i siti internet come semplici vetrine online o come un biglietto da visita digitale, ma una vera e propria esperienza d’uso e di interazione con le aziende che hanno l’opportunità di mostrarsi in maniera diretta. Riteniamo in tal senso indispensabile che la comunicazione debba essere quanto più possibile improntata sul linguaggio utilizzato dai consumatori. Per il 2016/17, abbiamo intenzione di investire e puntare ancor di più su tecnologie che permettano al consumatore di interagire con il nuovo portale di Maison Tatiana Fabergé. Ci saranno infatti degli aggiornamenti che includeranno le preview di future collezioni ma soprattutto stiamo lavorando ad una sezione che consentirà agli utenti/follower di interagire in maniera diretta con noi, con la possibilità di inviarci suggerimenti e proposte per la realizzazione di futuri prodotti”.

Con un ringraziamento ad Emiliano De Maria per la disponibilità, invitiamo tutti i lettori del Menthalia Magazine a restare aggiornati sulle novità di Maison Tatiana Fabergé visitando il nuovo sito internet all’indirizzo www.tatianafaberge.net o sulla pagina ufficiale di Facebook.

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Movinga: è iniziata la rivoluzione del mondo dei traslochi Di Riccardo Catapano

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utti, almeno una volta nella vita, abbiamo avuto a che fare con un trasloco. Tra scatole, spostamenti pesanti, disordine e confusione si è rivelata un’esperienza quantomeno stressante, sia mentalmente che fisicamente. Ma tutto questo trambusto sembra destinato a finire. Merito di Movinga, il nuovo servizio online che addirittura punta a rendere persino piacevole l’esperienza del trasferimento, locale, nazionale o internazionale che sia. Ideato a Berlino nel 2015, con pochi click Movinga ti permette di pianificare il tuo trasloco in tutti gli aspetti, potendo persino programmare il prezzo desiderato, evitando brutte sorprese al momento della fattura. Presente in diversi paesi europei, compresa l’Italia, Movinga è una startup in costante crescita: basti pensare che già entro il primo anno dal lancio è passata da 2 ad oltre 500 dipendenti. A spiegare bene in cosa consiste questa innovativa idea ci ha pensato il founder, Bastian Knutzen, intervistato da ninjamarketing.it: “Abbiamo progettato un algoritmo che permette di calcolare il volume degli effetti personali dei clienti, che ricevono così un preventivo ad un prezzo fisso garantito sul nostro sito web in pochi minuti. I nostri algoritmi sono una caratteristica fondamentale della nostra piattaforma. Abbiamo investito molto nel loro sviluppo e continuiamo a farlo. Basti pensare che il nostro primo algoritmo organizza i lavori con i partner che hanno disponibilità,

trasformando i costi inutili in profitto per loro. Il secondo algoritmo sviluppato, invece, stima la dimensione dell’inventario del cliente con poche variabili. Le variabili, come ad esempio il numero di stanze in una casa e quante persone ci vivono, sono forniti dal cliente online per non lasciare niente al caso. Ovviamente, per qualsiasi necessità disponiamo anche di un servizio clienti per ogni genere di quesito inerente al trasloco”. Il fenomeno di Movinga, come detto, è sbarcato anche in Italia conquistando una buona fetta del mercato dei traslochi nostrano. Rapidità e qualità a costi contenuti stanno rapidamente convincendo diversi clienti ad affidarsi a questa nuova concezione di “risparmio”: “Utilizzando le capacità extra delle aziende di trasloco - ha proseguito Knutzen - riduciamo il numero di camion vuoti sulla strada. Risparmiare carburante contribuisce a rendere il business dei traslochi più rispettoso dell’ambiente, e abbassa sensibilmente i costi. Stiamo lavorando alla misurazione su scala globale dell’impatto ambientale positivo di Movinga rispetto ai servizi tradizionali”. Ed i risultati, dati alla mano, sembrano dar ragione all’azienda tedesca: la crescita esponenziale dei feedback positivi rivela l’ottimo risultato, qualità/prezzo, che si ottiene affidandosi a Movinga. Competenza, semplicità e trasparenza: sono questi i segreti della startup che sta conquistando il mondo dei traslochi.


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Blips: la pellicola che trasforma lo smartphone in microscopio Di Stefano Rossi Rinaldi

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all’Istituto italiano di tecnologia di Genova arriva Blips, un kit di innovative lenti da applicare a smartphone e tablet che consentono di scattare macro con uno zoom digitale fi no a 100x. Le due lenti sono inserite in una pellicola adesiva, di uno spessore compreso fra i 0,5 e i 1,2 millimetri, riutilizzabile e modellabile per qualsiasi tipo di dispositivo. Il visionario progetto si è presentato al grande pubblico lo scorso 10 marzo con una campagna di crowdfunding su Kickstarter, ponendosi l’obiettivo di raccogliere 15.000 €. Pensato come strumento utile per la ricerca, l’anima amatoriale e di divertimento, Blips ha letteralmente spopolato in rete superando addirittura quota 150.000 € raccolti grazie alle diverse opzioni offerte. Con l’importo minimo di contribuzione (20 $) è inclusa una lente micro e una macro. Previsto anche un pratico sostegno per lo smartphone/tablet, con una maggiorazione di 5 $, oppure una doppia lente macro con la modica spesa di 30 $. Blips provvederà inoltre a fornire un’applicazione, scaricabile da tutti i dispositivi Android e iOS, che consentirà di regolare agevolmente le impostazioni del dispositivo affi nché sfrutti al massimo le potenzialità delle lenti. Fra i servizi inclusi nell’app, il rapido toggle per avviare la torcia e per condividere sui principali social gli scatti realizzati. Su Repubblica.it, l’ideatore e CEO della startup, dott. Andrea Antonini, parla così della nascita di Blips: “l’idea è nata dal laboratorio di neuroscienze, anche se è un’applicazione totalmente diversa. Mi occupavo dello sviluppo di mini e micro ottiche per guardare reti neuronali. Realizzavo e sviluppavo

queste mini ottiche da applicare a microscopi e un giorno ho pensato di usare il background acquisito per realizzare micro ottiche da applicare sugli smartphone. Ho variato l’ottica in modo che diventasse impiegabile da parte di chiunque, sia dal punto di vista delle prestazioni sia della facilità d’uso, e ho iniziato a sviluppare il prodotto fino ad arrivare a quello che è oggetto di finanziamento su Kickstarter. La lente che abbiamo chiamato macro serve per fare foto macro, mentre la seconda che abbiamo chiamato micro è utile per vedere dettagli microscopici perché trasforma lo smartphone in uno strumento simile a un microscopio, con uno spessore di circa 1 millimetro. Sono molti gli impieghi potenziali in vari settori, dalla dermatologia alla fabbricazione di schede elettroniche per guardare le saldature o anche in ambito odontoiatrico da applicare su strumenti professionali. Può essere usato ovunque serva una lente di ingrandimento potente o un microscopio di prestazioni non particolarmente elevate”.

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Il Project Manager… a norma Di Loredana Romano

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inalmente anche in Italia sembra maturata la consapevolezza che un Project Manager può esprimere la propria professionalità in ambiti veramente ampi ed articolati, sia nel settore pubblico che privato. L’elaborazione del progetto di norma nazionale sul Project Manager è alle battute fi nali: un passo importante per la qualificazione di una figura professionale riconosciuta anche da specifiche disposizioni legislative. La legge 4/2013 reca già disposizioni in materia di professioni non organizzate, come viene spesso defi nita la professione del Project Manager, ma ancor prima della sua entrata in vigore l’UNI, Ente Italiano per la Normazione, aveva svolto una attenta attività di normazione in tema di qualificazione professionale, nell’ottica di una piena “riconoscibilità” di specifiche conoscenze e competenze appartenenti a realtà a volte non assimilate o non valorizzate abbastanza nel mondo del lavoro.

Un apposito gruppo di lavoro dell’UNI sta ora dedicandosi alla qualificazione della figura del Project Manager; il gruppo, coordinato da Pier Luigi Guida (autore tra l’altro del libro “Il Project Management - Secondo la Norma UNI ISO 21500”, Franco Angeli, 2015), concluderà infatti in questi giorni i lavori di elaborazione di un progetto di norma destinato ad avere un sicuro impatto per chi opera nel settore. “In Italia la figura del Project Manager non è stata sinora qualificata in maniera puntuale”, spiega Pier Luigi Guida. “È una professione che riguarda in modo trasversale un ampio spettro di attività che vanno dalle grandi opere pubbliche ai piccoli progetti informatici”. La norma che stiamo elaborando prosegue Guida, segue il modello delle norme già esistenti sulle professioni non regolamentate: riguarda le cosiddette competenze, che si sviluppano in conoscenze e abilità. Per quanto riguarda le conoscenze ci siamo basati sulla norma


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UNI ISO 21500. Le abilità – ivi comprese le cosiddette competenze ‘soft’, cioè comportamentali - completano il quadro di questa norma sulla figura professionale del Project Manager. È opportuno anche sottolineare - aggiunge Guida - che la norma UNI ISO 21500 è basata sui processi (‘process based’) ed è dunque perfettamente allineata con la nuova UNI EN ISO 9001”. Sicuramente tutti gli addetti ai lavori sono fortemente motivati ad ottenere una norma che qualifichi la professione. Proprio per la natura trasversale dell’attività che è stato chiamato a trattare, il Gruppo di Lavoro “Project management”, riunisce esperti in rappresentanza sia della commissione “Servizi” che della commissione “Gestione per la qualità e metodi statistici”. Un lungo ma proficuo lavoro congiunto, dunque, per il quale è lecito nutrire le giuste aspettative. “In termini generali ci aspettiamo che il termine ‘project manager’ sia accolto nella maniera cor-

retta nel dizionario italiano. E ovviamente ci aspettiamo un riconoscimento del lessico della disciplina, da parte di tutti i cosiddetti stakeholder così come del ruolo di tale figura e dei metodi, tecniche e strumenti del mestiere”. Anche a livello internazionale le novità non mancano in questo ambito. “L’ISO/TC 258 sta rilanciando la propria attività con altri progetti già ben avviati che riguardano la ‘governance’ dei progetti, il ‘programme management’ - cioè la gestione dei programmi, intendendo con questo termine l’insieme dei progetti correlati tra loro da un obiettivo strategico - e il ‘portfolio management’, ovvero la gestione dell’insieme dei progetti e programmi di cui bisogna decidere, in ottica di ottimizzazione, l’avvio, il sequenziamento, l’allocazione delle risorse e così via”. Un’attività ambiziosa che il GL UNI seguirà con attenzione. I nostri lettori interessati troveranno l’intervista completa a Pier Luigi Guida sul Canale UNI di YouTube.

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Utenti “giornalisti” e social “giornalistici” Di Elena Mittino

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on l’avvento del web 2.0., sempre più persone utilizzano i social network, in modo particolare Facebook, per informarsi o cercare una notizia. Sì, la notizia, quella che teoricamente dovrebbero fornire i giornali, in realtà i primi a usare il web come mezzo di diff usione. Basta osservare le persone nei luoghi più affollati, come le sale d’attesa, le stazioni, i treni della metro: chi usa i social spesso non socializza con altri, ma cerca informazioni che gli interessano. Perché? Che la carta non stesse passando un buon periodo, lo si sapeva, ma i giornali online? Loro stanno meglio, ma ciò che colpisce il lettore di oggi sono titolo e immagine e solo dopo un’accurata selezione si clicca per poter leggere, altrimenti in tanti pensano addirittura di essere informati

soltanto con quei due elementi. Il fenomeno è generale: per esempio Pew, il sistema statunitense che fornisce dati su aspetti sociali, opinione pubblica e andamenti demografici, ha dichiarato che circa il 62% degli americani consuma le notizie, quindi legge, sui social. Pew elenca otto piattaforme utilizzate dagli utenti del web e tutti sono in aumento rispetto a uno studio realizzato nel 2013: il più utilizzato è Reddit (70%), la piattaforma dove si possono linkare notizie e aprire vere e proprie conversazioni; poi Facebook (66%), Twitter (59%), Tumblr (31%), Instagram (23%), YouTube (21%), LindedIn (19%), Vine (14%). Quello che in tre anni è cresciuto meno è stato YouTube, che ha fatto solo il +1%. Attenzione, percentuali riferite alla ricerca di notizie, non all’utilizzo generale della piattaforma: citando sempre il sito per eccellenza dei video, la copertura risulta comunque alta. In Italia risulta più difficile raccogliere informazioni maggiormente dettagliate, ma da un’analisi di Newsruption, rapporto presentato da Burson-Marsteller e Human Highway, emerge che gli italiani amano condividere, fi n quasi a divenire essi stessi divulgatori della notizia: dal 2013 all’autunno 2015 si è registrato un +185% con 30 milioni di condivisioni mensili. I dati, emersi da un campione di 1.600 persone maggiorenni e web-navigatori, sono corredati dall’analisi di 800.000 articoli pubblicati da gennaio 2014 a giugno 2015 su 100 testate online. Che i lettori siano quindi diventati più pigri e quasi preferiscano rimanere in una sorta di “ignoranza”? Come sempre le sfumature sono tante. Sicuramente la modalità di fornire notizie ha fatto evolvere anche la modalità di percezione delle stesse.


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Voliamo in Chat! Di Danilo Di Domenico

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ercare un volo semplicemente con una chiacchierata su Facebook? Oggi è possibile, con un’assistente digitale pronto a fornirci orari, costi e alternative al nostro viaggio di lavoro o di vacanza. È il rivoluzionario servizio offerto dal motore di ricerca internazionale di voli Skyscanner, una delle prime aziende al mondo a sfruttare l’apertura ai bot da parte del social network fondato da Mark Zuckerberg. Il servizio di “chat bot” è disponibile per chiunque utilizzi Facebook Messenger e si presenta agli utenti – esclusivamente in lingua inglese al momento, ndr – con la seguente frase: “Ciao! Per favore, inserisci una destinazione per iniziare a cercare i voli”. A questo punto potremo ricevere informazioni sulla città che abbiamo intenzione di visitare oppure lasciarci ispirare dall’innovativo servizio. Rispondendo infatti “not sure” (non sono sicuro), in maniera molto simile alla funzione “Ovunque” presente sia sul sito che sulle App di Skyscanner, il bot ci presenterà una serie di suggerimenti con possibili destinazioni. I risultati non sono chiaramente figli del fato quanto piuttosto dello studio delle preferenze dell’utente in base alle esperienze di navigazione o degli interessi settati sul proprio profilo di Facebook. Fatta la nostra scelta, l’assistente virtuale ci proporrà un link contenente una raccolta dei voli più economici chiedendoci di procedere eventualmente all’acquisto. “L’economia della messaggistica e della ricerca conversazionale sono aree che riteniamo di estrema importanza per l’evoluzione del nostro settore – ha commentato Filip Filipov, direttore di Skyscanner. Non appena se n’è presentata l’opportunità, è stata una priorità assoluta per noi

entrare in questo settore ed avvicinarci ancora di più all’utente. Vogliamo che ricercare un volo sia il più facilmente accessibile possibile, e credo che il lancio del nostro bot su Messenger consenta proprio questo alle persone: cercare la meta per il prossimo viaggio e farlo in modo divertente e istruttivo”. Dalle dichiarazioni di Filipov si intuisce l’esigenza del colosso di Edimburgo di fare un ulteriore passo di avvicinamento verso la gente, soprattutto per andare incontro a quelle che sono le tendenze e l’evoluzione del mondo del web. Basti pensare che nel 2015 i visitatori di Skyscanner sono aumentati del 48% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la cifra record di 50 milioni di visitatori mensili, di cui addirittura il 59% di questi provengono dal mobile (+60% rispetto allo scorso anno). Aumento vertiginoso non soltanto per quel che riguarda le visite o la fase di “studio” del viaggio, considerato che anche le effettive prenotazioni che arrivano dal mobile hanno subito un incremento del 24%, arrivando a toccare quota 42% delle conversioni totali.

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Il linguaggio: un modo per comunicare Di Silvia Iazzetta

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l linguaggio rappresenta la funzione speciale dell’organismo umano. Esso rappresenta un mezzo, flessibile e sofisticato, con cui l’organismo si mette in relazione con il mondo sociale. L’uomo, infatti, costituisce un sistema in continua interazione con l’esterno, dal quale ottiene dati di ingresso e sul quale agisce trasmettendo dati in uscita. Il termine “linguaggio” è utilizzato in merito a relazioni di tipo sociale: cioè relazioni fra individui. Tuttavia, gli individui di una stessa specie (o anche di specie differenti) possono interagire a vari livelli, senza necessariamente usare ciò che noi chiamiamo “linguaggio”. Pensiamo alle emozioni, attraverso le quali possiamo non solo aff rontare la realtà secondo strategie comportamentali rapide ed efficaci, ma anche trasmettere alle persone con le quali stiamo interagendo importanti informazioni sul nostro stato interno, sulle nostre motivazioni, sule nostre intenzioni (a volte anche sulla nostra personalità), regolando così l’interazione sociale. Del resto si parla spesso di “linguaggio delle emozioni”, come anche d’altre forme di linguaggio (dei segni, dei colori, dei fiori e così via). Tuttavia il linguaggio è qualcosa di estremamente specifico e deve essere defi nito in modo specifico. In particolare, possiede le seguenti proprietà: • si compone di un set defi nito e numericamente fi nito di simboli di base; • possiede un set defi nito e numericamente fi nito di regole di combinazione delle unità di base per produrre unità complesse (dotate di significato); • è costituito da un set defi nito e numericamente fi nito di regole di

combinazione di unità complesse; a partire dal set di base e dalle regole di combinazione è possibile produrre un numero illimitato di unità complesse dotate di significato (parole e frasi).

Un qualsiasi sistema che possiede queste proprietà può essere defi nito “linguaggio”. Ogni specifica lingua possiede almeno le proprietà sopra descritte, a cui vanno aggiunte le regole di pronuncia (che in un ipotetico linguaggio esclusivamente scritto, ovviamente, non esisterebbero). A partire da questa defi nizione, è immediatamente chiaro che il sistema delle emozioni non costituisce un linguaggio. Lo stesso vale per il linguaggio dei colori e così via. Un discorso a parte merita il linguaggio dei segni, utilizzato dalle persone con deficit acustici per comunicare: esso possiede tutte le proprietà necessarie per essere defi nito tale e si declina concretamente in una serie di lingue codificate e una varietà di dialetti locali, proprio come avviene per le lingue parlate. Inoltre, da un punto di vista neuro-funzionale, il linguaggio dei segni possiede caratteristiche molto simili a quelle del linguaggio verbale. Tuttavia, il linguaggio dei segni presenta delle forti caratteristiche analogiche che, in linea di principio, non caratterizzano il linguaggio verbale astratto. La produzione del linguaggio richiede un alto grado di pianificazione, in quanto è necessario stabilire in anticipo cosa si vuol dire, tenendo il fi ne comunicativo sempre attivo. Questo processo implica un alto livello di concentrazione, con uno sforzo non indifferente. Quando il livello di coscienza si


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abbassa, si abbassano le capacità attentive, il piano comunicativo può essere perso e si può continuare a comunicare senza il vincolo del legame parola articolata contesto comunicativo (o piano). Ciò è tipico della comunicazione delirante, dove la rottura, o l’indebolimento, del legame fra le parole e il contesto determina la produzione di frasi sconnesse e prive di significato contestuale. Lo stesso può accadere nelle fasi di dormiveglia. L’uomo nasce con la capacità specifica di riconoscere alcuni suoni particolari fra quelli presenti nell’ambiente. Questi suoni sono i fonemi, le unità base del linguaggio parlato. Un fonema è un precetto significativo per il bambino in virtù di una proprietà innata, intrinseca del sistema di comprensione del

linguaggio. Tuttavia, l’apprendimento del linguaggio è strettamente contestualizzato, dipende cioè dall’effettiva esperienza che se ne fa. Se non c’è esperienza linguistica, il linguaggio non si sviluppa. Nella maggior parte dei casi, si sviluppa invece la capacità di comprendere e produrre una certa lingua. Questa lingua è caratterizzata da un insieme di fonemi, che saranno quelli di cui si fa effettiva esperienza il bambino. Gli altri fonemi perdono il proprio statuto privilegiato e così diventa difficile comprendere e produrli. Per esempio i giapponesi non distinguono i fonemi delle lettere L e R e di conseguenza anche imparando l’italiano (con tutte le sue regole grammaticali e di pronuncia) riesce loro difficile pronunciare parole contenenti la R, che spesso è pronunciata come una L.

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Android Pay sbarca in Europa: Londra e Tfl ringraziano Di Giovanni Tabbanella

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a corsa a tirare fuori l’abbonamento o la carta di credito per pagare il biglietto per bus e metropolitana sembra esser giunta al termine. Non parliamo chiaramente dell’Italia, dove la stragrande maggioranza dei Comuni non ha idea di cosa sia pagare il trasporto pubblico semplicemente poggiando (letteralmente) la propria carta di credito sul rilevatore, ma di Londra. Nella capitale dell’occidente, dove la Oyster Card è la regola per i londinesi e l’ambizione per molti dei turisti, sarà infatti possibile pagare il “biglietto” semplicemente con il pro-

prio smartphone grazie allo sbarco in Europa di Android Pay, il servizio che, in sostituzione di Google Wallet (2011), consente agli utenti Android di pagare prodotti e servizi con il solo utilizzo di device dotati di tecnologia NFC (Near Field Communication). Il funzionamento non è dissimile da quello di Apple Pay, con la sola ma importante eccezione che Android Pay può essere utilizzato anche per concludere transazioni con servizi di terze parti come Airbnb o Kickstarter. All’arrivo nel Regno Unito, nel nuovo servizio di Google saranno supportate le carte di credito appartenenti ai

circuiti MasterCard e Visa dei principali istituti bancari del paese, tra cui Bank of Scotland, First Direct, Halifax, HSBC, Lloyds Bank, M & S Bank, MBNA e Nationwide Building Society. C’è chi chiaramente storce il naso all’ingresso di Big G nel settore come Barclays che non ha fatto mistero della sua intenzione di non supportare il servizio, continuando a veicolare la propria applicazione. Il servizio Android Pay consentirà pagamenti mobili fino ad un ammontare di 30 sterline, poggiando lo smartphone sullo scanner presso i punti supportati. Per pagamenti che eccederanno tale importo, i clienti dovranno riporre il proprio telefono sul terminale, inserendo quindi un codice PIN. La killer application del servizio, come scrivevamo in apertura, riguarda però la compatibilità con la Transport for London (TfL). “Abbiamo introdotto un altro grande strumento di pagamento mobile per la nostra rete di trasporti – afferma con soddisfazione Shashi Verma, Chief Technology Officer and Director of Customer Experience at TfL. Lavoriamo a stretto contatto con Google per garantire che Android Pay sia completamente integrato nei servizi della città. I pagamenti contactless sono stati di grandissimo successo fino a questo momento con più di 400 milioni di transazioni già effettuate nella nostra rete, con carte provenienti da oltre 80 paesi”. Comodità nelle transazioni ma anche sicurezza e attenzione estrema alle regole con l’App che sarà in grado di notificare a TfL nel caso in cui un utente abbia lasciato la stazione senza “passare” lo smartphone sull’apposita macchinetta.


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Le star del web “lasciano” YouTube. Ecco Blasteem! Di Federica Aiello

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ero che nulla è per sempre, ma sinceramente che gli youtuber iniziassero la scissione da YouTube era un qualcosa di difficilmente pronosticabile. È notizia di qualche giorno infatti che le piccole (mica tanto!) celebrità del web hanno avviato una vera e propria scissione da YouTube per aderire al progetto tutto italiano di Blasteem. Operazione in grande stile che conta addirittura ben 60 tra gli youtuber più influenti del web, tra cui spicca il nome di Favij con i suoi oltre 2 milioni e 600 mila iscritti al canale FavijTv. Insieme al fenomeno 21enne ci sono anche i Mates, i Melagodo, il Pancio e tanti tanti altri. Costola dell’italianissima Showlab, che da circa 15 anni si occupa di produzioni per tv e web, la nuova piattaforma Blasteem sarà una piattaforma con un concept diverso dal più famoso YouTube. Solo le cosiddette webstar potranno caricare i propri contenuti, mentre la fruizione degli stessi sarà chiaramente aperta a tutti. La vera rivoluzione di Blasteem sta però nella struttura di circa 1600 metri quadrati, realizzata in via Watt a Milano, equipaggiata con le più moderne attrezzature così da permettere ad ognuno di loro di alzare l’asticella qualitativa dei propri video. Non solo una piattaforma dunque, ma un vero e proprio polo in cui Favij e compagni potranno incontrarsi, confrontarsi, condividere idee e perché no, collaborare a progetti comuni. “In Blasteem i talenti della rete potranno mettere in piedi iniziative più progettuali e lasciate meno alla libera iniziativa individuale. Avranno a disposizione studi di registrazione, teatri di posa, sale montaggio, personale specializzato”, spiega a Corriere.it Corrado Camilla, amministratore delegato di Showlab, che poi aggiunge: “Sarà il

luogo dove pensare, produrre e finalizzare i loro video, ma soprattutto incontrarsi, conoscersi, contaminarsi. Uscire, insomma, dalle camerette nelle quali gran parte di loro ha iniziato la propria avventura”. A ciò si aggiunge anche il pensiero di Favij che rilancia sullo scopo qualitativo del progetto: “È un’occasione importante per lavorare in una realtà strutturata, con un team di produttori che ci daranno la possibilità di fare dei video più professionali e di migliore qualità. La spinta è anche la possibilità di collaborare con altre webstar, incontrarci e scambiarci idee: è dal confronto che nasce la creatività. E poi YouTube è la mia casa: non la lascerò mai”. Ah giusto, perché è bene chiarire che nessuno dei citati youtuber lascerà la piattaforma di Google, su cui però non saranno pubblicati i contenuti riservati in esclusiva a Blasteem.

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Maison fondeèe en 1974 à Genève

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