Meloleggo Magazine n.45 - Marzo 2018

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a proposito di ...

il bello del calcio

Fin da piccola sono stata a stretto contatto con il mondo del calcio: mio papà ha sempre giocato e quando ha deciso di ritirarsi si è dedicato all ’aspetto “educativo” di questo sport tanto amato in Italia, facendo corsi di abilitazione per diventare allenatore “certif icato”.

Domeniche pomeriggio a bordo campo tifando i suoi ragazzi, tornei, cene sociali, telefonate a casa di chi avvisava di non poter essere presente all’allenamento (e a tredici/quattordici anni, credetemi, avere a che fare con una squadra di prestanti ragazzetti di qualche anno più di me mi faceva sentire privilegiata...) erano il mio pane. Crescendo la passione non mi ha abbandonato e, dopo essere diventata arbitro FIGC, mi sono sbizzarrita tra uno stadio e l’altro a vedere tutte le partite che potevo. “Il troppo strop-

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pia” direbbe qualcuno, infatti ad un certo punto è successo qualcosa. Io non credo che sia successo perché ho esagerato, ma perché, proprio negli anni in cui amavo tanto questo sport, c’è stata un’evoluzione progressiva e molto accelerata che lo ha reso sempre più finto. Non parlo degli incidenti fuori dagli stadi e dei pazzi esaltati che li frequentano (questi ci sono sempre stati, anche quando ero bambina), parlo del calcio mercato, dei calciatori stranieri che hanno totalmente invaso i Club italiani, con conseguente povertà nel vivaio della Nazionale, degli scandali del “calcioscommesse”.


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