Quotidiano Meeting | 24 agosto 2021

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24 ANNO 42 N° 5

EDITORIALE

Afghanistan tutto perduto? di Roberto Fontolan C’era una volta un Afghanistan che sognava. Lo aveva raccontato al Meeting 2015 la moglie del presidente Ghani, la first lady Rula, di origine libanese e cristiana, che desiderava essere chiamata con il suo nome afghano, Bibi Gul. Era stata inserita dal “Time” tra i cento leader che possono cambiare il mondo. E in quegli anni, nonostante tutto: le stragi, la violenza sempre implacabile, la povertà spaventosa, i diritti umani schiacciati; nonostante tutto questo in quegli anni a Kabul ancora si sognava, ancora si credeva, ancora si lavorava per un Paese nuovo. Bibi Gul Ghani era un punto di riferimento per centinaia di associazioni e iniziative e progetti: dalla lotta all’analfabetismo all’aiuto alle donne, dalla microimpresa alla famiglia, dalla riabilitazione dei feriti delle innumerevoli guerre all’educazione sanitaria. Un fermento incredibile ha animato per anni uno dei luoghi più bui del pianeta, che ben si posizionava ai primi posti di tutte le classifiche negative: povertà, sottosviluppo, diritti della persona, danni provocati dai conflitti. Quell’Afghanistan ci stava provando, anche grazie alla tutela delle missioni militari occidentali. Quante volte abbiamo sentito i racconti dei soldati italiani impegnati anche a ricostruire scuole e ad assistere i bambini. Moltiplichiamolo per quasi venti anni e per i vari contingenti occidentali: spagnoli, tedeschi, britannici (persino gli americani, anche se oggi il presidente Biden ci racconta che «non siamo andati laggiù per costruire una nazione ma per cacciare i terroristi: la missione è compiuta e dunque ce ne andiamo») e così tutti gli altri. Quanti volontari, quante ong si sono impegnate in Afghanistan in tutti questi anni? Un numero incalcolabile: ancora in queste ore, quando si tratta di salvare migliaia di afghani che hanno lavorato con gli occidentali (che non sono stati solo eserciti) non lo sappiamo. Quell’Afghanistan è finito con la presa di Kabul da parte dei Talebani, lunedi 16 agosto, primo giorno del secondo Emirato islamico di Afghanistan. Forse era già finito prima, da quel rapido inarrestabile conto alla rovescia [Continua a pagina 2]

Gentiloni per un ruolo attivo dell’Ue. E Lupi sul Pnrr: la prima infrastruttura è la formazione

Europa aperta agli esuli Bassetti

Un sinodo per il Mediterraneo A pagina 7 La mostra

Vivere senza paura è possibile A pagina 9

Tra le quinte

Nel dibattito sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, organizzato al Meeting in collaborazione con l’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà presieduto dall’on. Maurizio Lupi, il commissario europeo Paolo Gentiloni, ha risposto anche alle domande del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, sull’Afghanistan. Gentiloni, in dissenso con il presidente della Commissione europea, si è detto decisamente a favore di

un ruolo attivo dell’Europa nella crisi afgana: nell’immediato creando corridoi umanitari per gli esuli da Kabul, e in prospettiva organizzando un vero e proprio sistema di difesa comune. Quanto al Pnrr, Gentiloni ha ammonito i partiti a non privilegiare interessi settoriali. Lupi ha illustrato un documento che insiste sulla necessità di considerare istruzione e formazione le prime “infrastrutture” da finanziare. [A pagina 3]

Il Meeting del popolo dei volontari Alle pagine 10 e 11

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