Capitolo 1 - Introduzione DeArcangelis 4e - Economia internazionale 4/ed

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Introduzione

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1.1 Dieci domande per l’economia internazionale La sempre maggiore integrazione delle economie moderne – un fenomeno che spesso chiamiamo globalizzazione – fa sì che le dinamiche e gli eventi che caratterizzano il sistema economico mondiale abbiano una rilevanza crescente sulla nostra vita quotidiana. L’economia internazionale si propone di studiare la natura, le cause e gli effetti delle relazioni economiche tra Paesi diversi. Riportiamo dieci domande su fatti e questioni centrali di economia internazionale che il testo cercherà di chiarire. Domanda 1. Che dimensione ha il commercio internazionale e come varia nel tempo? Nel 2015 il commercio mondiale, misurato in termini di esportazioni, ha raggiunto la cifra di 21.236 miliardi di dollari pari al 29% del PIL mondiale. Si ricorda che nel 2015 il PIL a prezzi correnti degli Stati Uniti è pari a 18.165 miliardi di dollari e il PIL dell’Italia a 2.182 miliardi di dollari. Le esportazioni mondiali in merci sono state di 16.482 miliardi di dollari, mentre il commercio internazionale in servizi – ovvero beni non fisicamente trasportabili, come servizi assicurativi, bancari e turistici – è risultato pari a 4.754 miliardi di dollari, ovvero a circa il 22% del commercio mondiale. I servizi rappresentano poco meno di un quarto del valore complessivo degli scambi internazionali, ma la loro quota è cresciuta a partire dagli anni 80 anche grazie al progresso tecnologico (si pensi, ad esempio, alle nuove tecnologie di comunicazione a distanza e al costo sempre più basso per il trasporto di beni e individui). Un numero sempre maggiore di servizi diviene quindi commerciabile su lunghe distanze. Ad esempio, alcuni commercialisti indiani si sono specializzati nel sistema tributario statunitense e sono in grado di compilare i moduli di tassazione per le imprese e i cittadini privati statunitensi trasferendoli on line via internet. Molti di loro hanno stretto accordi di collaborazione con i commercialisti statunitensi, i quali sono ben disposti a ceder loro questa attività poco remunerativa. Negli ultimi 25 anni il commercio internazionale è cresciuto a tassi medi di variazione quasi doppi a quelli del PIL mondiale, ma con una variabilità molto maggiore, come evidenziato in Figura 1.1. Nelle ultime due recessioni mondiali il commercio


Capitolo 1

Introduzione 4

internazionale ha subito contrazioni percentuali superiori a quelle della produzione: il rallentamento della crescita mondiale dal 4,3% del 2000 al 2,0% del 2001 è stata accompagnata da uno 0,4% nelle esportazioni mondiali nel 2001; in modo più marcato, la recessione mondiale del 2009 (-1,7% nel PIL mondiale) ha visto una contrazione del commercio mondiale pari a oltre il 10%, la maggiore dal secondo dopoguerra, ma poi ad un’eccezionale ripresa nel 2010 (+11%). 15

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-15 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

Esportazioni mondiali

Pil mondiale

Esportazioni mondiali (media 1991-2015)

PIL mondiale (media 1991-2015)

Figura 1.1 La crescita del PIL e del commercio mondiale 1991-2015 (variazione percentuale annua). Fonte: Banca Mondiale, World Development Indicators.

Tuttavia, a partire dal 2012 il commercio mondiale mostra un profilo di crescita in relazione al PIL molto più contenuto rispetto agli anni 90 e il primo decennio del 2000 (si veda Figura 1.2). Vari studi individuano le cause di questo cambiamento strutturale nel ritorno a varie forme di protezionismo e nell’attenuazione del fenomeno delle catene globali del valore. Dalla Figura 1.2 si nota come negli anni 80 del secolo scorso il rapporto tra i tassi di crescita del commercio mondiale e i tassi di crescita del PIL mondiale fosse comunque contenuto. Il fenomeno di attenuazione della crescita del commercio mondiale viene quindi interpretato come una sorta di ritorno alla normalità, ma in un mondo che è cambiato rispetto agli anni 80. Si parla di un periodo new normal per il commercio internazionale. Domanda 2. Cosa determina la struttura geografica delle esportazioni e delle importazioni mondiali? E la struttura settoriale del modello di specializzazione di un Paese? Tanto più due Paesi sono vicini tra loro – non solo geograficamente ma, in senso più


1995-2007 average of 2.3. 4 The overall result is clear, howev and aggregation method, global trade has been substantially than in pre-crisis periods. Chart 7 Introduzione Ratios of global import growth to global GDP growth

Yet, while global trade has been 2012, the declines appear to be trend. Simple comparisons of re (ratios of growth rates; annual data) pre-crisis averages can miss im Series1 trends. Even before the financia 3.0 income elasticity had fluctuated 2.5 in the early 1990s and has been ever since (Chart 7). Rather tha 2.0 exceptional developments since 1.5 important to see recent experien shifts in global trade trends. Ind 1.0 of indications that the pre-crisis exceptional – a period in which 0.5 integration, declining trade cost 0.0 technology provided a one-off, a 19811986199119962001200620111985 1990 1995 2000 2005 2010 2015 to trade growth. In other words, Figura 1.2 Rapporto la crescita delle importazioni mondiali e la crescita del PIL normal” mondiale for trade growth, one m Source: IMF tra (WEO). Notes: Imports of goodsFonte: and services. GDP is aggregated market exchange (variazione percentuale annua). ForceGlobal e altri (2016), Chartat7, pag.9. previous experience constituted rates. The last observation refers to 2015. benchmark. 5 Capitolo 1

ampio, culturalmente – tanto maggiore è il loro interscambio commerciale. Tanto più elevata è la capacità di penetrazione e di assorbimento tra due partner, che sono strettamente correlate al loro peso economico, tanto maggiori sono le loro esportazioni e importazioni bilaterali. Queste due caratteristiche del commercio mondiale hanno dato origine a quello che è definito il modello gravitazionale del commercio internazionale. Come in fisica la forza di attrazione tra due corpi dipende direttamente dalla loro massa e inversamente dalla loro distanza, anche in economia 4 internazionale l’interscambio commerciale tra due Paesi dipende Global trade flows aredirettamente aggregated bydalla calculating nominal country shares at market exchange rates (MEX), whichLa is the same approach as taken, massa economica dei due Paesi e inversamente dalla loro distanza economica. Economic Outlook (WEO). To be consistent, global GDP should therefor massa economica sarà collegata non solo al PIL,MEX. ma anche alla popolazione e ad altri Furthermore, while GDP in PPP terms is important for comparing r indici di dimensione dell’economia. La distanzaacross economica è collegata alla distanza countries, it is less applicable for global trade, where the relevant concerned with global in other words, PPP weights would oversta fisica, ma deve comprendere anche misure di vicinanza culturale (adprices; esempio, lingua emerging economies in international markets for tradable goods and serv o religione comune) e misure di resistenza commerciale (ad esempio, facilità di penetrazione nei mercati locali). Questo semplice modello fornisce dei risultati straordinariamente eccellenti quando statisticamente sottoposto a test empirici, pur considerando approssimazioni molto rozze come la distanza geografica tra coppie di Paesi, in luogo di misure più sofisticate di distanza economica, e il PIL come massa economica. Si tratta di un modelloOccasional semplice di descrizione della Paper Series No 178 struttura / September 2016 del commercio mondiale che rappresenta un banco di prova importante per tutte le teorie del commercio internazionale e uno strumento utile per stimare il commercio potenziale (si veda il Focus 1.1). Questa tendenza alla concentrazione geografica del commercio internazionale è anche illustrata nella Figura 1.3 dove si evidenzia che la porzione maggiore di origine


Capitolo 1

Introduzione 6

delle esportazioni di un’area è l’area stessa, ad eccezione delle aree o dei continenti relativamente più piccoli da un punto di vista economico, come l’Africa, il Medio Oriente e la Comunità di Stati Indipendenti.

Asia

Medio Oriente

Destinazione

Africa

CSI

Europa

Sud America e America Centrale

Nord America

Mondo 0%

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20%

30%

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Medio Oriente

Asia

Origine Nord America

Sud America e America Centrale

Europa

CSI

Africa

Figura 1.3 Origine e destinazione geografica del commercio internazionale nel 2013. Fonte: WTO, International trade statistics 2014, Table I.4.

L’economia internazionale vuole anche spiegare che cosa determina i modelli di specializzazione dei singoli Paesi, ovvero la struttura settoriale delle loro esportazioni e importazioni. Nella Tabella 1.1 riportiamo alcuni dati relativi all’interscambio dell’Italia con Germania e India. Perché l’Italia mostra un saldo positivo nel comparto abbigliamento con la Germania, ma non con l’India, mentre accade viceversa nel settore dei macchinari? I Paesi esportano i beni che sanno fare meglio e a costi più bassi, ma che cosa determina la capacità di far meglio abbigliamento piuttosto che macchinari? I dati del commercio mondiale mostrano anche un’altra importante regolarità. I Tabella 1.1 Il commercio bilaterale dell’Italia con Germania e India in due comparti particolari (anno 2011, milioni di euro). Fonte: ISTAT. Abbigliamento Export Import Saldo Germania India

1582 19

428 459

1154 -440

Macchine e apparati meccanici Export Import Saldo 6793 1660

7192 255

-399 1405


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Capitolo 1

Introduzione

Paesi industrializzati, oltre a commerciare quasi esclusivamente in beni manufatti tra loro, esportano macchinari e importano materie prime o beni tradizionali (come tessile e abbigliamento) negli scambi con i Paesi meno avanzati. Esportare e importare beni manufatti dello stesso tipo (per esempio, automobili in cambio di automobili) è noto come commercio intraindustriale (o intrasettoriale) ed è tipico delle economie sviluppate. Scambiare manufatti o macchinari contro materie prime o beni tradizionali, ovvero beni completamente diversi, è noto come commercio interindustriale (o intersettoriale). Una sfida per le teorie è proprio spiegare questa regolarità. Rimandiamo al Capitolo 5, al Capitolo 6 e al Capitolo 7. Domanda 3. L’apertura al commercio internazionale abbassa i salari e provoca disoccupazione? Sono i lavoratori non qualificati ad esserne maggiormente danneggiati? Negli ultimi anni si è assistito a un divario crescente tra il salario dei lavoratori qualificati e quello dei lavoratori non qualificati in gran parte dei Paesi industrializzati. Una parte dell’opinione pubblica tende ad attribuirne la colpa all’apertura commerciale (alla globalizzazione): l’importazione di prodotti a più basso costo (in particolar modo, dai Paesi emergenti) spinge le imprese nazionali a chiudere o a ridurre i salari per rimanere sul mercato. Allo stesso tempo, si afferma che l’apertura di filiali di imprese occidentali nelle economie emergenti o lo spostamento di alcune fasi della produzione verso quei Paesi, comporta un’esportazione di posti di lavoro. La Figura 1.4 mostra che negli USA il divario salariale non si è ridotto tra le varie categorie di lavoratori secondo una distinzione per titolo di studio a partire dal 1996 fino al 2015. Mentre coloro che hanno acquisito un titolo superiore alla laurea hanno visto rimanere stabile o leggermente aumentare il divario con la mediana nazionale rispetto al quinquennio 1991-95, tutti gli altri non hanno avuto nessuna convergenza. In particolare, i possessori di diploma nel 2011-15 hanno visto il loro reddito distanziarsi dalla mediana nazionale di oltre il 40 per cento in più rispetto al 1991-95. Dipende dalla globalizzazione? Oppure dalle trasformazioni tecnologiche che hanno favorito i lavoratori più istruiti? Sarà interessante vedere che cosa le teorie del commercio internazionale avranno da dire al riguardo (Capitolo 6 e Capitolo 9). Domanda 4. Quando un governo altera gli scambi internazionali con dazi o sussidi, migliora il benessere della propria economia? Tassare le importazioni è storicamente un modo conveniente per i governi di fare cassa, soprattutto per quei governi (come molti Paesi in Via di Sviluppo) che presentano un sistema poco efficace di riscossione fiscale interno. Si danneggiano le imprese estere, ovvero produttori senza diritto di voto. Si favoriscono le imprese nazionali, i cui proprietari e lavoratori invece votano. Talvolta, con un po’ di retorica nazionalista sulla protezione del marchio nostrano, si rassicurano i consumatori, ovvero l’unica categoria a dover sopportare il costo del dazio pagando prezzi più elevati sui beni importati. Nonostante queste ciniche osservazioni, la tendenza dei Paesi a ricorrere ai dazi è andata diminuendo progressivamente nel tempo. I dazi medi tra i membri dell’Orga-


Capitolo 1

Introduzione 8

10% Master post-universitario 5%

Dottorato di ricerca

0%

1996-2000 -5% -10%

2001-2005

2006-2010

2011-2015

Laurea di base (Bachelor, 4 anni) Scuola media

-15% -20% -25% -30%

Diploma scuola superiore

-35% -40% -45%

Figura 1.4 Variazione percentuale cumulata del divario salariale tra il salario mediano di ogni gruppo e la mediana dell’economia rispetto allo stesso divario salariale del quinquennio 1991-1995 negli USA. Fonte: U.S. Census Bureau, Current Population Survey, Annual Social and Economic Supplements, Table H-13. Educational Attainment of Householder–Households with Householder 25 Years Old and Over by Median and Mean Income: 1991 to 2015.

nizzazione Mondiale del Commercio (OMC) sono diminuiti del 15 per cento negli ultimi due decenni e risultavano pari al 9 per cento nel 2013, pur permanendo un divario notevole tra i Paesi industrializzati e i Paesi in via di sviluppo. Lo stesso è avvenuto per le barriere non tariffarie (ovvero ostacoli meno espliciti al commercio internazionale). Al contrario, è aumentato l’utilizzo di alcune forme di politica commerciale – come la normativa anti-dumping – che spesso vengono utilizzate come barriere protezionistiche. L’intervento dei governi si è anche manifestato utilizzando in modo selettivo l’apertura dei propri mercati, privilegiando cioè solo alcuni Paesi (generalmente vicini) istituendo con essi degli accordi preferenziali di commercio. Il numero degli accordi preferenziali è cresciuto molto rapidamente, dai circa 70 in forza sul finire degli anni 90 ai 432 presenti all’inizio del 2017. Dei 164 membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) la Mongolia è stato il solo Paese a non appartenere ad aree di libero scambio fino a luglio 2016, quando ha siglato un accordo con il Giappone. La Figura 1.5 mostra l’andamento esponenziale della crescita nella formazione di questi accordi. Nel Capitolo 10 si discuteranno le scelte di politica commerciale dei governi e il loro effetto sul benessere.


9 Capitolo 1

Introduzione

25

350

300 20 250

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100 5 50

0 1958 1961 1970 1971 1973 1976 1977 1981 1985 1986 1987 1988 1989 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

0

Accordi Regionali entrati in vigore nell'anno

Accordi Regionali attivi nell'anno (cumulata)

Figura 1.5 Accordi regionali di commercio in vigore (1958 - 2016). Fonte: OMC, RTAs Database, http://rtais.wto.org

Domanda 5. Che cosa causa la frammentazione della produzione? E quali sono le conseguenze? Gran parte dei beni e servizi in circolazione sono il risultato di una divisione molto complessa del processo produttivo che vede la partecipazione alla ‘catena del valore’ di un gran numero di imprese dislocate in Paesi diversi. Il prodotto finale è il risultato di una serie di stadi produttivi intermedi ‘frammentati’ tra Paesi diversi; ciò avviene sia all’interno della singola impresa (multinazionale) che attraverso una fitta rete di relazioni commerciali con altre imprese. In quest’ultimo caso il fenomeno è spesso noto come outsourcing produttivo o ‘delocalizzazione produttiva’. Alla base della sempre maggiore capacità delle imprese di frammentare la produzione risiedono molti fattori, tra cui gli sviluppi recenti nelle tecnologie dell’informazione e comunicazione che hanno consentito una consistente riduzione dei costi di comunicazione a distanza e la possibilità per le imprese di sfruttare i differenziali dei costi di singole fasi o task produttivi. La Figura 1.6 mostra le provenienze geografiche dei vari componenti all’interno dell’iPad 3 di Apple. Da un punto di vista di efficienza mondiale, la frammentazione della produzione è certamente un fenomeno positivo. Guardando al singolo processo produttivo, la frammentazione rappresenta un frazionamento delle fasi di produzione che vengono


Capitolo 1

Introduction

Introduzione 10

Made in the World

Tearing Down an iPad 3 Samsung (Korea, China)

Wintek (China, Taiwan, India)

Catcher Tech. (case) (Taiwan, China)

Simplo Tech, Dynapack (Taiwan)

Infineon, Qualcomm (Germany, US, Singapore, Malaysia…)

STMicroelectronics, AKM, TAOS (Italy-France, Japan, U.S)

We’re not done yet…

Figura 1.6 Componenti dell’iPad 3 di Apple e loro provenienze geografiche. Fonte: lezioni di Antras e Melitz http://scholar.harvard.edu/files/antras/files/course_and_broad_ Pol Antr` as (Harvard University) New Perspectives on Offshoring December 9-11, 2015 facts_2014_handout_0.pdf

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Introduzione

assegnate ai vari Paesi a seconda del loro vantaggio comparato. L’outsourcing genera vantaggi di specializzazione a livello di processo produttivo, così come l’apertura commerciale genera vantaggi di specializzazione a livello settoriale. Tuttavia, sebbene l’efficienza migliori, la distribuzione dei benefici può non essere equamente distribuita: anche se il sistema economico è in grado di produrre di più con le stesse risorse, può avvenire che qualche gruppo sociale diminuisca il suo reddito, mentre altri gruppi lo aumentino di un’entità addirittura superiore del guadagno totale dell’economia. Questo sarà affrontato nel Capitolo 9.

Il modello gravitazionale del commercio internazionale Definiamo con Xi,n il commercio bilaterale tra il Paese esportatore i e il Paese importatore n. In maniera intuitiva possiamo stabilire la seguente relazione: Xi,n = λ · Si · Mn · φi,n Le variabili inserite avrebbero il seguente significato:

Focus 1.1

• • • •

Si , capacità di penetrazione nei mercati esteri del Paese esportatore i; Mn , capacità di assorbimento del Paese importatore n; φi,n , misura di resistenza bilaterale tra i due Paesi; λ, una costante.

Il commercio bilaterale tende ad aumentare con le capacità di assorbimento e penetrazione dei due partner, mentre dipende inversamente dalla misura di resistenza bilaterale. Le capacità di penetrazione e assorbimento dei Paesi possono essere approssimate dalla loro massa economica – ad esempio, misurata con il PIL o il PIL pro-capite – mentre la resistenza può essere ridefinita come distanza economica e culturale tra i due Paesi e può essere approssimata dalla semplice distanza geografica tra le capitali. In altri termini, il commercio bilaterale verrebbe a dipendere direttamente dal peso economico dei partner commerciali e inversamente dalla loro distanza secondo una relazione esponenziale: −γ β Xi,n = λ · P ILα i · P ILn · disti,n

La legge di gravitazione universale di Newton afferma che la forza di attrazione tra due corpi è direttamente proporzionale al prodotto della massa dei due corpi e inversamente proporzionale al quadrato della distanza fisica tra di loro. La relazione presentata sopra sembra la stessa legge, ma rielaborata per un contesto economico e, alla prova dei dati, mostra una bontà di adattamento sorprendente.


Focus 1.1

Capitolo 1

Introduzione 12

Tinbergen (1962) è stato il primo a proporre e validare questa relazione empirica. A partire dagli anni 90 del secolo scorso il modello gravitazionale degli scambi internazionali è stato considerato più attentamente anche da un punto di vista teorico considerando la sua altissima aderenza ai dati – Deardorff (1998) ne parla come di A fact of life. Rispetto alla semplice formulazione proposta sopra, il modello si è molto arricchito considerando la concorrenza di Paesi terzi attraverso un fattore di resistenza multilaterale, l’effetto non lineare della distanza (con l’importanza dell’esistenza di un confine in comune o del fatto di essere un Paese-isola), diversi raffinamenti sul concetto di distanza (lingua in comune, partecipare ad un accordo commerciale, ecc.). Recenti rassegne sull’argomento si possono trovare in Anderson (2011), De Benedictis e Taglioni (2011), Head e Mayer (2014) e ?. Da un punto di vista di teoria economica, il modello gravitazionale del commercio internazionale rappresenta un banco di prova: una buona teoria deve essere in grado di giustificare questa sorprendente regolarità empirica. Allo stesso tempo può servire per definire misure di commercio potenziale quando si utilizza il modello per scopi simulativi. Si sono avute estensioni della sua applicazione anche ad altre forme di transazione tra Paesi e quindi ad applicazioni del modello gravitazionale dove la variabile dipendente di sinistra sono le transazioni finanziarie, gli investimenti diretti esteri, le migrazioni internazionali.

Domanda 6. Come si stabilisce se una valuta è apprezzata o deprezzata? Le ampie fluttuazioni dell’euro ci hanno abituato a frasi del tipo “la moneta europea è eccessivamente apprezzata e le nostre imprese perdono competitività; la Banca Centrale Europea deve intervenire”. Il dibattito è ancora più acceso negli Stati Uniti riguardo al valore del dollaro nei confronti della moneta cinese, lo yuan. Una valuta è eccessivamente apprezzata o deprezzata se il suo corso è molto diverso da un valore di equilibrio del tasso di cambio. Tuttavia, raramente si spiega come tale valore viene determinato, ma si afferma solo l’esistenza dello squilibrio. Un tentativo molto noto ormai anche ai non esperti è quello della rivista The Economist che utilizza i prezzi del panino Big Mac per determinare l’eventuale sovrao sotto-valutazione di una moneta. La Figura 14.2 mostra i tassi di apprezzamento o deprezzamento delle valute dei Paesi citati a gennaio 2017 e si rimanda al Capitolo 14 per una spiegazione più approfondita. Vedremo che la determinazione di un tasso di cambio di equilibrio è tutt’altro che banale e rappresenta una delle sfide maggiori dell’economia internazionale, sia da un punto di vista teorico che empirico. I vari commentatori si riferiscono a una nozione molto semplicistica di equilibrio (la parità dei poteri d’acquisto), sulla quale il dibattito tra gli economisti è molto acceso. Domanda 7. Come si determina il tasso di cambio nei mercati valutari? Cosa possono fare le Banche Centrali?


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Capitolo 1

Introduzione

Norway Venezuela United States Canada Israel France Denmark New Zealand Belgium Costa Rica Singapore Britain Chile Austria Greece Thailand Japan Peru Portugal Czech Republic Turkey Vietnam Hong Kong Indonesia Mexico Russia Malaysia Egypt -80,0

Figura 1.7 com/

-60,0

-40,0

-20,0

0,0

20,0

40,0

L’indice del Big Mac (gennaio 2017). Fonte: http://infographics.economist.

Come visto sopra, coloro che denunciano l’eccessivo apprezzamento della valuta nazionale generalmente hanno anche un bersaglio per le loro critiche, ovvero le Banche Centrali. Queste sono colpevoli di aver lasciato apprezzare il cambio e di non intervenire per favorirne il deprezzamento. Le Banche Centrali intervengono nei mercati dei cambi con le riserve di valuta estera in loro possesso. Tuttavia, il volume mondiale delle riserve ufficiali a stento equivale al volume di una settimana di transazioni sui mercati dei cambi. Questo evidenzia la limitata possibilità di influire sui tassi di cambio in modo diretto comprando o vendendo valuta estera. Come vedremo nei capitoli successivi, le autorità monetarie impiegano strumenti alternativi per riuscire (quando possibile) a influenzare i corsi dei cambi. Uno di questi strumenti è il tasso di interesse manovrato dalle autorità monetarie. La Figura 1.8 mostra comunque una relazione debole tra il tasso di interesse di policy della Fed americana e l’andamento generale del tasso di cambio del dollaro USA. Domanda 8. Perchè i cambi fluttuano così rapidamente? L’euro è stato introdotto nei primi giorni di gennaio 1999 e ha registrato un tasso di cambio pari a circa 1,17 dollari dopo pochi giorni. Un anno e mezzo più tardi il suo valore è sceso sotto i 0,90 dollari, ma a metà 2008 ha raggiunto 1,60 e oggi (inizio 2017) oscilla intorno a quota 1,05.


Capitolo 1

Introduzione 14

150.0

25.0

140.0 20.0

130.0 120.0

15.0 110.0 100.0 10.0 90.0 80.0

5.0

70.0

Tasso di cambio medio del dollaro (TWEXM)

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luglio-10

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aprile-74

0.0 gennaio-73

60.0

Tasso sui Federal Funds (FF) (scala destra)

Figura 1.8 Tasso di cambio trade-weighted del dollaro e tasso di interesse di politica monetaria. Fonte: FRED database, https://fred.stlouisfed.org/

Questa altalena non riguarda solo il cambio dollaro-euro. La Figura 1.9 riporta i movimenti dei maggiori tassi di cambio dal 1999 al 2016. Tornando ancora più indietro nel tempo, i tassi di cambio marco-dollaro e yen-dollaro hanno evidenziato fluttuazioni altrettanto ampie dalla metà degli anni 70 in poi, ovvero dalla fine del regime di cambi regolamentati di Bretton Woods. È sorprendente notare come nessuna delle variabili macroeconomiche degli USA e dell’Area dell’Euro abbia mostrato un andamento così instabile come quello del loro tasso di cambio bilaterale. Che cosa può spiegare allora la volatilità dei cambi? Domanda 9. Perché alcuni Paesi fissano il tasso di cambio e altri lo lasciano fluttuare liberamente? Accanto alla citata esperienza del cambio dollaro-euro, nella realtà notiamo che alcune valute presentano dei tassi di cambio a flessibilità limitata o, addirittura, nulla. Per esempio, prima dell’introduzione dell’euro le valute europee erano legate dagli accordi del Sistema Monetario Europeo (SME-1) e dai relativi Accordi di Cambio in cui la variabilità dei corsi valutari era limitata a meno del 5 per cento intorno alla parità dichiarata (± 2,25 per cento) fino al 1993. Dal 1993 fino all’introduzione dell’euro nel 1998-99, l’oscillazione consentita è stata ampliata fino a ± 15 per cento. Nella Figura 1.9 si nota come il tasso di cambio dello yuan nei confronti del dollaro


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Capitolo 1

Introduzione

1.4

1.3

1.2

1.1

1

0.9

0.8

0.7

0.6 luglio-16

gennaio-16

luglio-15

gennaio-15

luglio-14

gennaio-14

Yen-Dollaro (1/1999=1)

luglio-13

Dollaro-Sterlina (1/1999=1)

Yuan-Dollaro (1/1999=1)

gennaio-13

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gennaio-12

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gennaio-11

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luglio-07

gennaio-07

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gennaio-06

luglio-05

gennaio-05

luglio-04

gennaio-04

luglio-03

gennaio-03

luglio-02

gennaio-02

luglio-01

gennaio-01

luglio-00

gennaio-00

luglio-99

gennaio-99

Dollaro-Euro (1/1999=1)

Figura 1.9 Movimenti dei maggiori tassi di cambio (gennaio 1999=1). Fonte: FRED database, https://fred.stlouisfed.org/

è rimasto costante a lungo e le sue fluttuazioni sono molto più limitate rispetto a quelle delle altre valute principali. In modo più estremo, l’Argentina ha mantenuto un regime di cambio fisso con il dollaro (1 peso per 1 dollaro) dal 1991 al 2001. Ancor più drasticamente, l’Ecuador nel 2000 ha deciso di abolire il corso legale della propria moneta e adottare il dollaro come valuta locale (dollarizzazione). Allo stesso modo il Montenegro e il Kosovo hanno adottato l’euro come valuta di corso legale (eurizzazione). La Figura 1.10 riporta la classificazione del Fondo Monetario Internazionale riguardo ai vari regimi di cambio scelti e dichiarati dai vari Paesi. Il Capitolo 18 mostrerà perchè questa diversità di esperienze e perché talvolta, come per l’Argentina, queste esperienze di cambi fissi terminano in modo improvviso ed economicamente doloroso. Domanda 10. (A cosa) Servono le istituzioni economiche internazionali? Il Fondo Monetario Internazionale, La Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, sono istituzioni che operano da vari decenni. Recentemente sono state oggetto di critica da due diversi schieramenti di oppositori. Da una parte, coloro che ne hanno criticato la scarsa democraticità e di essere istituzioni al servizio delle economie più ricche. Dall’altra, le obiezioni hanno riguardato la loro efficacia, soprattutto rispetto al loro costo di gestione: come giustificare a chi paga le tasse nei Paesi finanziatori gli ingenti fondi che vengono versati a queste organizzazioni


Capitolo 1

10%

Introduzione 16

13% Tassi di cambio manovrati: regime rigido (hard peg)

16%

Tassi di cambio manovrati: regime variabile (soft peg) Tassi di cambio flessibili (floating)

40%

21%

Tassi di cambio liberamente flessibili (free floating) Altri regimi

Figura 1.10 Distribuzione percentuale dei Paesi aderenti al FMI a seconda del regime di cambi scelto e dichiarato. Fonte: FMI (2016), Annual Report on Exchange Arrangements and Exchange Restrictions 2016.


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Capitolo 1

Introduzione

se poi i loro interventi non servono a evitare le crisi? Sono istituzioni veramente efficaci oppure intervengono intempestivamente? Non vale la pena abolirle? Il prossimo capitolo presenta proprio il funzionamento di queste istituzioni, la loro ragion d’essere, il loro modo di intervenire.

1.2 Una semplificazione della realtà: Paesi grandi e Paesi piccoli Quando si analizza un’economia aperta, occorre definire che tipo di relazione intercorre tra l’economia nazionale e il resto del mondo. Nei modelli esposti in questo testo si adottano due ipotesi semplificatrici estreme e alternative. • Ipotesi di Paese piccolo, secondo la quale l’economia in considerazione non è in grado di influenzare le variabili internazionali (come il prezzo internazionale di un bene o il tasso di interesse internazionale); tali variabili sono assunte come esogene per l’economia nazionale e sono quindi per essa immutabili. • Ipotesi di Paese grande, secondo la quale un Paese è in grado di influenzare le variabili internazionali attraverso l’interazione con altri Paesi; si considererà sempre il caso più semplice, ovvero quello con due soli Paesi.

1.3 I fatti dell’economia internazionale Durante il testo si farà continuo riferimento a eventi accaduti negli ultimi decenni. Gran parte di essi sono riportati nella Tabella 1.2, in cui si riassumono i principali avvenimenti del sistema monetario internazionale. Lungi dall’essere un elenco completo, la Tabella 1.2 ha lo scopo di fornire un riferimento sintetico per collocare temporalmente gli eventi citati nel testo.


Introduzione 18 Capitolo 1

Periodo 1870-1914 1918-1939 1944-1950 1950-1960 1960-1970 1971-1973 1974-1979 1981-1987 1979-1992 1992-1998 1999 2001 2004 2007-2008 2009 2010-11 2009-11 2014-15 2015 2016

Tabella 1.2

I principali avvenimenti del sistema monetario internazionale.

Avvenimenti I cambi fissi del regime di Gold Standard; la prima globalizzazione contemporanea Cambi flessibili e svalutazioni competitive La Conferenza di Bretton Woods e il nuovo sistema monetario internazionale (Gold Exchange Standard) Il ritorno alla piena convertibilità La carenza di liquidità internazionale; prime tensioni nel regime di cambi fissi; nasce il mercato dell’eurodollaro Dai cambi fissi ai cambi flessibili; la crisi petrolifera e l’esplosione del mercato dei petrodollari Primi tentativi di cambi fissi in Europa (il Serpente Monetario) Le ampie oscillazioni del dollaro USA Il Sistema Monetario Europeo prima maniera (SME-1) Le crisi finanziarie e di cambio: la fine dello SME-1, le crisi in Messico, Asia, Russia e Brasile L’Unione Economica e Monetaria in Europa e lo SME-2 Ingresso della Grecia nell’Area dell’Euro L’allargamento dell’UE e i regimi di cambio con i Paesi entranti Ampliamento dell’Area dell’Euro con l’ingresso di Slovenia (2007), Malta (2008) e Cipro (2008) Aumento consistente della dotazione del Fondo Monetario Internazionale a seguito della crisi finanziaria internazionale Creazione del Fondo Europeo Salva Stati Ampliamento dell’Area dell’Euro a 17 membri con l’ingresso di Slovacchia (2009) ed Estonia (2011) Ampliamento dell’Area dell’Euro a 19 membri con l’ingresso di Lettonia (2014) e Lituania (2015) Accordo per un prestito di 86 miliardi di euro alla Grecia da parte di FMI, BCE e Commissione Europea L’OMC raggiunge 164 membri con l’ingresso dell’Afghanistan


19

Capitolo 1

Introduzione

Focus 1.2

La globalizzazione: una storia non nuova L’OCSE definisce la globalizzazione come “un processo attraverso il quale mercati e produzione nei diversi Paesi diventano sempre più interdipendenti, in virtù dello scambio di beni e servizi e del movimento di capitale e tecnologia”. In tal senso, è limitativo pensare che la globalizzazione sia un fenomeno recente. Sebbene si possano identificare anche periodi precedenti, la prima fase della globalizzazione moderna risale alla diffusione del motore a vapore nella seconda metà del XIX secolo, che consentì di ridurre i costi di trasporto e favorire lo spostamento di beni e persone. Nel medesimo periodo vengono a crearsi i cosiddetti trustees, ovvero le prime forme di impresa multinazionale. Si sviluppa un intenso commercio in materie prime e i movimenti di persone aumentano esponenzialmente. Si avvia la realizzazione di grandi infrastrutture, come le ferrovie in Nord America e i canali di Suez e di Panama. Il processo si arresta tra le due guerre mondiali del secolo scorso, ma riprende sin dai primi anni 50 con una rapida impennata sia nel commercio mondiale che nel movimento internazionale delle persone, ma non nel capitale finanziario. Grazie alla vertiginosa riduzione dei costi di trasporto e di comunicazione realizzatasi negli ultimi due decenni, dovuta sia agli avanzamenti tecnologici (come la digitalizzazione), sia alla maggiore competizione causata dalle liberalizzazioni, il commercio internazionale si è rapidamente diffuso anche nei servizi. La dematerializzazione di molte attività ha portato alla frammentazione geografica del processo produttivo, che rappresenta forse l’aspetto più rilevante di quest’ultima fase di globalizzazione. Nella Figura 1.11 sono riportati i dati su commercio, movimenti di capitale e movimenti di persone. Si evidenzia come il commercio mondiale e i movimenti internazionali di capitali e persone abbiamo avuto periodi di grande aumento – tra il 1870 e il 1914, tra il 1950 e il 1973, e dal 1973 a oggi – ma anche periodi di drastica riduzione – tra il 1915 e il 1950.


Introduzione 20

Capitolo 1

35

30

25

20

10

5

Capitale estero verso paesi emergenti/PIL paesi emergenti

1996

1993

1990

1987

1984

1981

1978

1975

1972

1969

1966

1963

1960

1957

1954

1951

1948

1945

1942

1939

1936

1933

1930

1927

1924

1921

1918

1915

1912

1909

1906

1903

1900

1897

1894

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1888

1885

1882

1879

1876

1873

0 1870

Focus 1.2

15

Esportazioni mondiali di merci/PIL mondiale

Tassi di immigrazione (per 1000 abitanti)

Figura 1.11 Le tre ondate della globalizzazione. Fonte: Banca Mondiale (2002), “The New Wave of Globalization and Its Effects�, capitolo 1 in Banca Mondiale (2002), Globalization, Growth, and Poverty : Building an Inclusive World Economy, World Bank and Oxford University Press.


21

Capitolo 1

Introduzione

Per saperne di più La forte caduta del commercio internazionale nel 2009 ha stimolato molta ricerca in proposito. Ricordiamo alcune riferimenti bibliografici e di siti web che possono introdurre all’argomento: • Un articolo introduttivo di Richard Baldwin sulla rivista elettronica Vox: http:// voxeu.org/article/great-trade-collapse-what-caused-it-and-what-does-itmean; • Una rassegna è contenuta in Bems e altri (2013); • Una relazione tra qualità dei prodotti e caduta della domanda in Chen e Juvenal (2016). Il new normal del commercio internazionale è ben descritto nell’ampio lavoro di un gruppo presso la Banca Centrale Europea: Force e altri (2016). Avremo modo di presentare gli effetti del commercio internazionale sulla distribuzione del reddito per varie classi e gruppi di lavoratori. Per quanto riguarda gli USA si rimanda all’attento osservatorio del centro di ricerca Pew Research Center dedicato agli effetti della globalizzazione e del commercio internazionale: http://www.pewresearch. org/topics/globalization-and-trade/ Per quanto riguarda il quadro completo e aggiornato degli ostacoli al commercio internazionale, si rimanda al database dell’OMC consultabile attraverso il seguente sito web: http://rtais.wto.org. Per quanto riguarda i regimi di cambio dei Paesi e le loro caratteristiche, si rimanda alla pubblicazione del Fondo Monetario Internazionale: Annual Report on Exchange Arrangements and Exchange Restrictions (http://www.elibrary.imf.org/). Un articolo recente sulla storia del regime di Bretton Woods è dovuta a Michael Bordo. • Bordo M. D. (2017). The operation and demise of the bretton woods system; 1958 to 1971. NBER Working Papers 23189, National Bureau of Economic Research, Inc


Capitolo 1

Introduzione 22

1.1 Quale delle seguenti affermazioni è vera riguardo l’andamento del commercio internazionale? a. Il commercio internazionale ha avuto un tasso di crescita superiore a quello del PIL mondiale e un andamento più volatile b. Il commercio internazionale ha avuto un tasso di crescita inferiore a quello del PIL mondiale e un andamento più volatile c. Il commercio internazionale ha avuto un tasso di crescita superiore a quello del PIL mondiale e un andamento meno volatile d. Il commercio internazionale ha avuto un tasso di crescita inferiore a quello del PIL mondiale e un andamento meno volatile 1.2 La gran parte del commercio mondiale avviene... a. tra Paesi industrializzati e Paesi emergenti b. tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo c. tra Paesi industrializzati, generalmente molto grandi d. tra Paesi che confinano tra loro, indipendentemente se industrializzati o meno 1.3 Quale delle seguenti affermazioni è vera riguardo l’andamento del commercio internazionale? a. Lo scambio internazionale in merci e quello in servizi si equivalgono b. Lo scambio internazionale in merci è

circa tre volte di quello in servizi c. Lo scambio internazionale in servizi è circa tre volte di quello in merci d. Gli scambi internazionali si svolgono esclusivamente in merci dato che i servizi non sono mobili internazionalmente 1.4 Il livello medio dei dazi come misura di protezionismo... a. è fortemente aumentato nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale b. è simile tra tutti i Paesi che partecipano agli scambi internazionali grazie all’OMC c. è diminuito negli ultimi anni, ma è comunque accompagnato da altre misure protezionistiche (come le barriere non tariffarie) d. è fortemente diminuito nel periodo tra le due guerre mondiali del secolo scorso 1.5 Gli accordi commerciali nel mondo... a. sono fortemente aumentati a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma il loro numero si è arrestato nei primi anni 90 b. sono fortemente aumentati a partire dai primi anni 90 c. sono diminuiti negli ultimi anni a causa della crisi finanziaria del 2008-09 d. riguardano esclusivamente Paesi che confinano tra loro per agevolare il passaggio delle merci tra le loro frontiere

Soluzioni sul sito www.ateneonline.it/n/dearcangelis4e

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