L’editó 2020
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A proposito di Marie Noëlle Ledru
ella lunga superstrada che cinge Reims c’è la direttrice Reims-Cormontreuil, uscita che porta verso la Montagne e, poi, verso la Marne. A man a mano che ti allontani dalla città, la campagna prende nuova forma, diventa materia, si inselvatichisce, i colori rafforzano nei riflessi intensi le loro diverse tonalità e ti dimentichi rapidamente del rumore ottuso di macchine e clacson. Piove a dirotto, Dio se piove. Il verde dell’erba nuova attende ancora il primo segnale dalle vigne, per ora, ancora solo un timido, lento progredire delle piccole gemme sulla pianta. I paesi sono vuoti e silenziosi, calmi: Verzenay, Verzy, Trépail e Ambonnay, dalla forma sinuosa e dai tetti bassi e spioventi. La strada è lucida dalla pioggia, l’acqua riluce nei rivoli che corrono diramandosi verso le estremità del manto asfaltato. Nessuno cammina, nessuno è fuori. Sembra così poco normale, eppure qui il centro è dentro le case. È nel dentro che si vive. L’edicola di Ambonnay, in mezzo a un crocevia di tre piccole strade che si diramano, vende caramelle e gomme da masticare che sembrano sassi, saranno lì da vent’anni. Immobili anche loro come la signora dietro al banco, arroccata su uno sgabello e coperta da uno scialle floreale, triste dei bei momenti andati. In negozio fa un freddo bestia; altro che chirurgia estetica. Non vengono le rughe se vivi a otto gradi. Poco più avanti, forse a seicento metri, rientrando in un cortile-giardino meticolosamente ordinato, c’è la casa e c’è la cantina di Marie Noëlle Ledru. Piove ancora, le gocce sono più sottili, vaporizzate dalla densità e dal gonfiore delle nuvole grigie. Marie Noëlle lavora sola: forse ha poca voglia di ricevere visite, oppure è il suo carattere, molto schivo e riservato. Le frasi di circostanza qui non servono, nemmeno inutili sorrisi affettati per vendere due bottiglie in più. C’è l’essenziale, c’è un sussurrato buon giorno. La signora Ledru porta una cerata verde con stivaloni di gomma verdi e sta preparando il tiraggio per il giorno successivo. Sposta, predispone, avvicina, ordina e mentre lo fa ti porge in assaggio i “vini base”. Tu li metti in bocca e li sputi per terra con la vergogna di chi non vorrebbe farlo. Brutto gesto, pensi. Ma lei non sembra curarsene affatto, indaffarata come è nelle sue attività pratiche e veloci. Assaggia di fretta anche lei e sputa ancor più velocemente. E allora ti senti appena meglio, più comodo, di fronte a chi sta lavorando e si deve interrompere per rispondere alle tue domande sui vigneti, sulla vinificazione, sugli assemblaggi. Marie Noëlle Ledru, all’improvviso, ha finito di lavorare e sparisce. Ritorna in un lampo senza cerata, in ordine, e ti invita a seguirla dentro casa. La piccola sala dove si fa la degustazione è appena fatta, almeno così sembra, ed è ricavata nell’ingresso dell’abitazione. Ti senti subito bene, senti il calore che ti scalda, l’accoglienza severa ma schietta della famiglia. Noti le differenze, istintivamente ripensi alle grandi Maisons che in molte occasioni hai visitato; belle sì, molto sfarzose, eleganti, perfette: ripensi anche alle smancerie delle pubbliche relazioni, ai sorrisi finti, a quell’approccio così consueto e fittizio. Ai pranzi organizzati per stupire, ai direttori marketing e ai dati di vendita. Qui, invece, sei dentro casa. Poco più in là c’è la cucina, la cucina e al piano di sopra le camere da letto. E immagini il fluire delle loro vite, qui dentro, il tempo che pazientemente accompagna giorni, stagioni, anni. Ci sono gli Champagne da assaggiare e tutto sembra essere al posto giusto: tu, questo nucleo familiare, la pioggia sottile che intuisci dalla finestra, questa delicata malinconia che ti aiuta a non chiedere troppo alla vita. Il primo servito dalla signora Ledru è l’Extra-Brut, il tuo preferito, quello che abitualmente tieni nel frigorifero pronto per ogni evenienza. Lo hai scelto tra tantissimi altri non dosati proprio per quell’eleganza, raffinata e contratta insieme, al limite dell’austerità, quella trasparente classe che è sobrietà assoluta; per quelle bollicine che, dopo un breve giro di danza, ti lasciano, per dare spazio al vino. L’Extra-Brut è prima di tutto e dopo tutto. In mezzo potrai bere e mangiare ciò che credi. Il Brut è sulla traccia del fratello più secco e anch’esso “poco dosato” in profondità, nell’anima. Se cercate un Brut Classico, d’assemblaggio con richiami marcati, dosaggi forti e note stanche, avete sicuramente sbagliato prodotto. A dominare, qui, è il Pinot Noir, trattato però con mani femminili, ingentilito non dallo zucchero ma da un’intelligente vinificazione che lo rende elegante, opalino, scheggia di luce nel calice. Il Rosé è un Saignée molto asciutto, curato, lontano dal facile fruttato commerciale. Il Millésime 2003, ricordo d’estate calda, è ricco e armonico, forse appena meno verticale e più aperto di altre annate, lascia sempre senza parole per la classe, la capacità di non sbordare mai, raccolto perimetro del fare con il cesello. La Cuvée du Goulté 2004 è una superba interpretazione di Blanc de Noirs: apre timidamente con agrumi, frutta tropicale appena verde e lieve tocco di spezie. Al palato trovi, ancora, l’anima del vino, quella profondità di sensazioni che non replichi con le parole. Si chiude, per quel teorema del prima e del dopo, con il Millésime 1999 Brut Nature: anno adorabile, contrastato, freddo. Slancio verticale, austerità, compattezza e quelle note agrumate tanto eleganti quanto bilanciate nella vinosità al palato. Marie Noëlle Ledru, viticoltrice ad Ambonnay, con i suoi Champagne, sa donare il calore della casa, in una primavera tanto fredda e piovosa, l’essenzialità delle vicende che contano, la sobrietà di un perimetro umano dai contorni netti, reali e circostanziati. Riprendo la strada, in senso contrario, verso Bouzy…
Da: Pietre Colorate, Marco Pozzali, numero 2 Aprile 2010 Abbiamo voluto dedicare la copertina a uno dei nomi simbolo della nostra distribuzione, Marie Noëlle Ledru. Per scrivere di lei, data la continuità del nostro rapporto, abbiamo utilizzato un reportage-racconto scritto in tempi non sospetti, quando proponevamo i suoi Champagne a volte con poco successo e non esisteva sicuramente la richiesta universale che li accompagna oggi. Quest’anno le parole, i proclami, la voglia di comunicare, cedono il passo a un misto di ricordi, di nostalgia e, nel contempo, alla voglia di ripartire. L’editoriale avrebbe dovuto raccontare di giovani produttori emergenti, di vigne inerbite e non cimate, di montoni e polli tra i filari, senza dimenticare chi si alza quotidianamente per dare il proprio contributo. Questo virus ha azzerato o, meglio, anestetizzato questa volontà e ci sembra opportuno mantenere un profilo più rispettoso, anche nei confronti di chi ha perso i propri cari, parenti, o per chi sta ancora lottando per vincere questa battaglia.
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