Maurizio Cavalli Viaggi, Vigne, Emozioni
L’editó 2018
A
lcune parole per presentarvi questa nuova edizione del nostro catalogo. L’agire silenzioso come risposta al chiacchiericcio narcisistico, all’assolutismo, al continuo vociare, alle coppe del nonno, ai premi e ai voti stupefacenti, sarebbe la migliore risposta. Il cammino intrapreso ormai molti anni fa, la prima di queste presentazioni risale al settembre 2001, è ripetuta ogni anno e continua con la stessa idea di allora: di vini, di terre e di uomini. Anzi, in questa lunga strada, pur tenendo conto dei cambiamenti epocali, abbiamo fortificato le nostre scelte, il nostro rigore, la nostra intransigenza, anche a costo di farci qualche nemico. Il lavoro: questo termine quasi demodé, in un’epoca di ciarlatani, influencer e fancazzisti... Ci piace ancora guardare le mani, osservare le rughe, ammirare l’impegno di chi, nonostante tutto, continua a crederci e a dare il meglio di se stesso, che sia il produttore, l’enotecario, il ristoratore, l’oste, il nostro referente o il trasportatore. Di rimando, non sopportiamo più i fenomeni, le dive capricciose e l’autorevolezza autoreferenziale di tanta, troppa gente di questo circo. E siamo ancora curiosi. Quest’anno troverete un Saint-Pourçain, un Corbières, un Touraine-Oisly: non solo per il gusto di avere una collezione il più possibile puntuale e precisa, ma ancora una volta per trovare qualcosa di ben fatto che possa esprimere nel calice un concetto profondo, cartina di tornasole dei villages, dei climi, dei suoli, della storia, delle persone che lì abbiamo ritenuto di scoprire. Perché siamo sempre alla ricerca di gente che abbia voglia, che abbia fame, che abbia rabbia e perché non se ne può davvero più di certi contadini arricchiti in fretta e male. Poi c’è l’Inghilterra: eravamo un poco diffidenti verso il mondo dei Brit Sparkling. Abbiamo preso un aereo, siamo atterrati a Gatwick, poi con un treno di pendolari londinesi, siamo scesi a Horsham, ci è venuta incontro una signora con gli stivaloni e il cappello da cow-girl che ci ha condotto a Washington, South Downs, West Sussex. Un bravo, attento e preparato vignéron, Dermot Sugrue, irlandese con la passione di cani e rugby, produce interessantissimi Chardonnay (no, per noi, il Pinot Noir ancora non va bene…), con una forte matrice identitaria: non è Franciacorta, non è TrentoDoc, non è Cava, né Champagne, e non lo si vuole nemmeno copiare, per fortuna. Qui si racconta di climi piovosi, di repentini cambiamenti di temperatura, di vendemmie, quando tutto gira per il verso giusto, alla fine di ottobre. Trovate il racconto di queste nuove bollicine all’interno del catalogo, perché il viaggio in giornata è finito con una stretta di mano e una new entry nel nostro listino. A qualche nuovo ingresso, si contrappone qualche uscita: ancora una volta riteniamo il lato umano e di relazione molto più importante di quello dei vini e del commercio e continuiamo a praticare con ferocia il nostro concetto di lealtà, ma questa è una vicenda che già conoscete. Un’ultima parola sul mondo naturale: quarant’anni fa, ripeto quarant’anni fa, nella nostra drogheria in Parma, erano venduti i prodotti biologici della Reform di Carlo Acerra, i muesli e cereali tedeschi importati dalla Perlinger e tutto quello che di certificato prendeva vita e forma. Il mio posizionamento, senza tessere in tasca e senza essere schierato con una corrente o con l’altra, è sempre stato netto e chiaro. Troppa gente senza credo, senza amore o senza competenze, è oggi entrata in questo mondo. Se deve contare di più l’etichetta rispetto a tutto il resto è un gioco che non va più bene.