2011 07 20, orbecchi, la stampa, non si smette mai di essere razzisti

Page 1

27

NEUROSCIENZE

RICERCA

MISTERI

Chi ricorda e chi cancella i sogni notturni?

A Cambridge una fabbrica di Premi Nobel

L’Eldorado dei quadrati giganti in Amazzonia

Una ricerca italiana indaga un meccanismo ancora oscuro. BANFI, PARRINI

Come rendere la ricerca produttiva al massimo: Cambridge ha trovato la soluzione.

I

La giungla rivela le tracce di una civiltà insospettabile: ecco cosa dicono i primi studi.

I

e NEWBURY PAGINE 28 E 29

I

BECCARIA PAGINA 30

DI CIANNI PAGINA 31

TUTTOSCIENZE ETOLOGIA. NELLA «BASE» DELLE TREMITI SI STUDIA COME SALVARE UNO DEI VOLATILI PIU’ MINACCIATI DEL MEDITERRANEO

Analisi MAURILIO ORBECCHI

Non si smette mai di essere razzisti uando si guarda la storia con animo privo di retorica, non si può che rimanere colpiti dalla ferocia che assumevano le relazioni umane nei tempi passati. In particolare non si può evitare di osservare che nessuna forma sociale è mai stata indenne dalla discriminazione, che ha assunto aspetti che vanno dalla prevaricazione al razzismo. Lo schiavismo, che è una delle conseguenze più diffuse del razzismo, era endemico nei tempi antichi, come il sessismo. Le fonti ci dicono che i bambini nati deformi, in molti casi, venivano eliminati alla nascita, mentre le guerre finivano spesso con la soppressione della maggior parte degli avversari, dei bambini, degli anziani e la presa in schiavitù delle donne migliori. Fino a oggi le teorie che offrono spiegazioni sulla nascita del pregiudizio e della discriminazione sono per la maggior parte di ordine sociologico, psicologico e giuridico. Manca a livello generale la consapevolezza che siamo di fronte a un fenomeno che non è nato con l'umanità, perché si trova anche in numerose altre specie, tra cui gli scimpanzé. Richard Wrangham, primatologo dell'Università di Harvard, ha descritto sia il comportamento non esattamente tenero che gli scimpanzé tengono con gli estranei che entrano nel loro territorio sia i raid mortali che compiono nei territori altrui.

Tra i fantasmi delle falesie Un programma internazionale spia l’odissea delle ultime berte La cura delle uova I nidi delle berte sono isolati e in luoghi spesso inaccessibili: riuscire a fotografarne uno è una vera e propria impresa

Q

CONTINUA A PAGINA 30

TUTTOSCIENZE MERCOLEDÌ 20 LUGLIO 2011 NUMERO 1478 A CURA DI: GABRIELE BECCARIA REDAZIONE: GIORDANO STABILE tuttoscienze@lastampa.it www.lastampa.it/tuttoscienze/

EUGENIO MANGHI

I

l sole è tramontato e l'ultima striscia arancione, all' orizzonte, si è spenta. Dall'alto della falesia, a picco sul mare delle Tremiti, l'acqua della Grotta delle Viole è diventata invisibile. Passa qualche istante e il buio è totale. Questa notte la luna non sorgerà. Quasi d'improvviso, ecco il primo richiamo gutturale. E'

Maschi e femmine si scambiano informazioni sfregandosi i becchi come una specie di miagolio, fatto da un bambino che cerca di imitare un gatto. Dall'altra parte della falesia risponde un «maialino», con un breve grugnito. «Questa è la femmina», mi spiega Jacopo Cecere, l'ornitologo della Lipu-BirdLife Italia che da tre anni porta avanti in Italia l'attività di ricerca del progetto internazionale sugli uccelli marini: si tratta di uno dei gruppi di uccelli più misteriosi e in declino di tutto il Mediterraneo. «Le berte sono i nostri albatri e come gli albatri volano

per centinaia di chilometri alla ricerca di cibo. Alla fine dell'inverno le berte maggiori arrivano nel Mediterraneo, migrando dal Sud Africa, e si fermano sulle nostre isole per riprodursi, oltre che in Grecia, Tunisia, Malta... Questi che sentiamo nel frattempo i gorgheggi hanno invaso lo spazio buio intorno a noi - stanno rientrando dopo una settimana di peregrinazioni verso Nord, verso l'alto Adriatico. L'abbiamo scoperto studiando i tracciati rilevati da leggerissimi Gps, sistemati sul dorso di alcuni esemplari e che ora recuperiamo man mano che gli uccelli ritornano ai propri nidi per sostituire il partner impegnato nella cova. Il “cambio della guardia” avviene dopo una decina di giorni». I nidi sono ovunque intorno a noi, ma, anche se fosse giorno, non riusciremmo a vederne neppure uno. Né qui, alla Grotta delle Viole, né a Caprara, l'isolotto davanti a San Nicola e dichiarato off-limits dal Parco Nazionale del Gargano per chiunque non sia ufficialmente impegnato in questo progetto di ricerca. I nidi, infatti, si trovano nelle profondità di cunicoli e anfratti strettissimi che, anche per gli studiosi, sono difficili - talvolta impossibili - da raggiungere. Solo qual-

cuno, qua e là, è più facile da esplorare e proprio su questi Cecere e Carlo Catoni devono concentrarsi per studiare le berte. «Alle Tremiti teniamo sotto osservazione una trentina di nidi, ma sono in tutto qualche centinaia. Si tratta di colonie esistenti da tempo e note agli ornitologi. Catturiamo alcuni campioni, li pesiamo, ne valutiamo lo stato di salute e li do-

Jacopo Cecere Ornitologo RUOLO: E’ RICERCATORE DELLA LIPU-BIRDLIFE ITALIA E DA 3 ANNI CURA IN ITALIA UN PROGETTO INTERNAZIONALE SUGLI UCCELLI MARINI

tiamo di un Gps di pochi grammi. Infine - dice Cecere - li identifichiamo con un anello, dipingiamo le piume del sottogola con un colorante temporaneo rosso o nero e li rimettiamo sul nido. Controllandole ogni giorno, scopriamo il momento in cui le berte vengono sostituite nella cova dal partner e si allontanano per alimentarsi. A questo punto ripetiamo l'operazione con il nuovo arrivato. Al loro ritorno i successivi controlli ci permettono di recuperare il Gps e, leggendo i dati, scopria-

mo dove le berte scelgono di alimentarsi». E così si è scoperto come alcuni esemplari volino per centinaia e centinaia di chilometri, ma come abbiano anche imparato a frequentare le aree dei porti, come Pescara e Ancona. «Lavoriamo così anche a Linosa, dove c'è una colonia di 10 mila coppie - spiega Cecere - e in tutto l'arcipelago toscano». Il vociare delle berte, ora, è assordante e fatico a sentire le spiegazioni dei due ricercatori. Ma, se sorgesse la luna o qualcuno accendesse una torcia elettrica, tutto cesserebbe all' istante. Sussurrandomi nell'orecchio, Catoni mi spiega che, oltre ai ratti, che sono i più formidabili predatori delle uova delle berte, l’altro pericolo incombente su questi uccelli è l'inquinamento luminoso: bastano le luci di una strada per indurre le berte ad abbandonare la colonia. E per ammutolirle è sufficiente che i fari delle auto di passaggio illuminino l'area di nidificazione. Per fortuna alle Tremiti il problema non si pone: il sentiero che porta alla Grotta delle Viole è immerso nel buio. Ma a Linosa una strada secondaria passa proprio nei pressi della colonia e, se fosse illuminata in modo perma-

nente, sarebbe un disastro! Ormai è quasi l'una di notte e l'attività delle berte è all'apice. Le sentiamo volare vicinissime e gridare. Una mi sfiora i capelli come un poltergeist. Decido di fare qualche ripresa e accendo un illuminatore a raggi infrarossi, così il paesaggio può restare immerso nella più totale oscurità. Dopo qualche minuto due berte compaiono nello schermo monocromatico della telecamera e le filmo. La scena è di quelle che Jacopo e Carlo non esitano a definire irripetibile: la femmina esce dal nido, poi il maschio - lo si capisce dal canto querulo - arriva in volo. I due si scambiano dei brevi convenevoli, fregandosi i becchi, finché il maschio assesta una decisa beccata all'ala della femmina. Non è una sgarberia: nel linguaggio delle berte significa: «Cara, vai a cena, ora ci sono qui io ad occuparmi della casa e delle uova!». La compagna vola via e scompare nella notte più nera. Arriverà là dove neppure il nostro faro a infrarossi potrà raggiungerla. A proteggerla c’è il mito delle sirene, che dal canto delle diomedee vocianti sembra essersi originato. Ma - speriamo - anche qualche legge lungimirante sulla tutela del mare.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.