Giornale delle giudicarie novembre2015

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Porto Franco

NOVEMBRE 2015

Come tutti sanno Dellai ha messo in piedi un castello di Società promosse e finanziate in gran parte dalla Provincia. Dovrebbero essere una ventina. Sono società che avendo un profilo privato, anche se la maggioranza dei soldi sono pubblici, non sono soggette ai controlli della Provincia e della Corte dei Conti. Nulla da obiettare sul piano giuridico, ma tutto da obiettare sul piano politico. “Chi ha governato prima di Ugo Rossi – ha scritto il prof. Antonio Scaglia, già preside della facoltà di sociologia di Trento – ha creato un gigantesco reticolo di enti, società e aziende con l’effetto di sottrarre il cospicuo capitale investito alle forche caudine cui è sottoposta la legge di stabilità ovvero la legge finanziaria della Provincia.” Non solo. Questa immensa macchina politica sfugge al controllo politico ed alla trasparenza che sarebbe dovuta quando ci sono in mezzo soldi pubblici. Già la Corte dei Conti di Trento è intervenuta chiedendo alla Giunta provinciale di dismettere le società partecipate che non rispondono ad obiettivi istituzionali. Ed ora scende in campo la magistratura con l’inchiesta su Trento Rise. Bene. Riprendendo il discorso del prof. Scaglia innanzitutto c’è da chiedersi (ma le minoranze in consiglio provinciale lo chiedono invano da tempo) se tutte queste Società partecipate erano proprie necessarie. Alcune sicuramente sì per una serie di ricadute positive (capacità d’iniziativa, agilità nelle decisioni, ecc.) ma altre sicuramente no o comunque con fini che rasentano il doppione con realtà già esistenti. Facciamo un esempio: la Trentino School of Management nata per fare formazione ai dipendenti pubblici e poi via via arricchita di altri compiti più o meno discutibili (ricerche, osservatorio per il paesaggio, per la cultura ecc.). Non si venga a dire che non c’erano sulla piazza scuole serie che possono far formazione, non si venga a dire che tante cose che fa la TSM non

E intanto l’Alto Adige ci insegna come si fa a razionalizzare le Partecipate pubbliche

Il casoTrento Rise, Deloitte & C. Meno società, più trasparenza di Ettore Zampiccoli All’improvviso il nome Derapporti che la Deloitte ed loitte è diventato familiare ai trentini. Si tratta di i suoi manager sono riusciti mettere in piedi con una qualificata società internazionale che nel giro società ed enti trentini: Trento Rise, in primo piadi pochi anni in Trentino è riuscita a portarsi a no, ma poi ci sono consulenze affidata alla Deloitte casa svariati milioni di consulenze. Così come è anche da parte di altri soggetti (Informatica trendiventato ricorrente il nome di Trento Rise, con- tina, Trentino School of management ecc.). Milioni sorzio per l’innovazione messo in piedi ai tempi e milioni di soldi pubblici. Comunque la magistradi Dellai, che è finito nel mirino della magistratu- tura indaga e non è qui il caso di azzardare giudizi ra proprio per una ricca consulenza affidata alla o ipotesi di conclusioni. Ci interessa invece tutta Deloitte. Ci sono sei indagati – hanno informato i la vicenda sotto un profilo squisitamente politico giornali – e già ci sarebbe un secondo filone di que- e per far questo dobbiamo fare un passo indietro, sta inchiesta per appurare altre situazioni. E’ stato ovvero tornare ai fasti e nefasti periodi del goverinteressante leggere sul “Trentino” l’intreccio di natore Lorenzo Dellai.

possono farlo benissimo e forse con costi minori i funzionari della Provincia. Ma è chiaro che anche per il politico avere indirettamente a disposizione una Società di tipo privatistico rappresenta avere mano libera in tante cose, dalla discrezionalità della gestione, agli incarichi per amici, alle consulenze che la Provincia magari può far transitare attraverso la TSM di turno senza rispettare le procedure pubbliche. Esemplare a questo proposito la vicenda denunciata dal consigliere Borga: la giunta provinciale assegna alla TSM una bella cifra per studiare la riorganizzazione dell’apparato pubblico della Provincia e la TSM che fa ? “gira” l’incarico alla Deloitte !)

Quindi la prima domanda è proprio questa: servivano tutte queste società oppure sono frutto di un disegno perverso per creare centri di potere e consenso fuori dai confini propri del pubblico? L’altra domanda è questa: ma attorno a tutte queste Società partecipare c’è sufficiente trasparenza, ovvero controlli adeguati sulle modalità di spesa? E soprattutto ci sono controlli sufficienti sui risultati conseguiti? Sono aspetti che sfuggono spesso anche alla Giunta provinciale, che peraltro “politicamente” dovrebbe esserne responsabile. Ma che può sapere il presidente Rossi di come vengono gestite queste Società, tra l’altro ora per la gran parte in mano a personaggi di fede dellaiana, che magari rispondono di fatto ancora ancora all’ex governatore. Per quanto riguarda la trasparenza, tanto per fare un esempio, c’è anche un facile riscontro: il lettore vada sul sito di qualcuna di queste Società e vedrà quante poche informazioni sono accessibili. Vada sul sito di qualche Società di regioni del Sud (citiamo per tutte Pugliapromozione) e si renderà conto della differenza. E perdere nel

confronto con Regioni del Sud sul terreno della moralità è proprio demoralizzante. Sempre Antonio Scaglia ha scritto di recente. “L’anima dell’Autonomia si esprime soprattutto nella sostanziale e coerente trasparenza”.

E – per chiudere - a proposito di Società partecipate viene proprio a fagiolo quanto ha deciso qualche giorno fa la Giunta provinciale dell’Alto Adige. Con una mossa sola ha unificato quattro società pubbliche in una sola azienda, la IDM Suedtirol-Alto

Adige che si occuperà di innovazione, di sviluppo e di marketing turistico in una innovativa e originale visione di valorizzazione complessiva del brand Alto Adige. Dunque non solo per l’Expo universale di Milano il Sudtirolo ci ha fatto mangiar polvere (deprimente – come ha documentato bene il quotidiano il “Trentino” - lo spazio e l’allestimento del Trentino, che peraltro è costato il doppio di quanto ha speso l’Alto Adige) ma anche sulla riorganizzazione dell’apparato pubblico, sulla razionalizzazione e sulla spending review l’Alto Adige fa prima e meglio. Ma perché non chiediamo l’annessione all’Alto Adige?

Don Ivan Maffeis sottosegretario della Conferenza episcopale italiana Nuovo importante incarico per Don Ivan Maffeis. 51 anni originario di Pinzolo, è stato nominato il 2 ottobre scorso sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) dal Consiglio Episcopale Permanente della Cei, riunitosi a Firenze per la sessione autunnale (30 settembre-2 ottobre). Contemporaneamente Don Ivan continua a rivestire l’incarico di direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei che ricopre dal maggio scorso nel maggio scorso. Un ruolo di certo prestigioso Don Ivan Maffeis per il religioso giudicariese. Il sottosegretario assiste il segretario della Conferenza episcopale (incarico attualmente ricoperto da monsignor Nunzio Galantino) e lo sostituisce in caso di necessità. È membro della segreteria generale e partecipa alle riunioni della presidenza della Cei. Così Don Maffeis commenta a caldo la nomina, ai microfoni della radio Diocesana Trentino inBlu: «Lo prendo come un atto di fiducia. È un servizio sia sul fronte interno della Cei sia verso l’esterno: a me spetterà soprattutto il rapporto con le istituzioni». A Don Ivan sono andate le più vive felicitazioni dell’Arcivescovo monsignor Luigi Bressan e di tutta la Diocesi di Trento: «È un riconoscimento che ci onora», commenta monsignor Bressan. E aggiunge: «Ci congratuliamo con lui e gli auguriamo un ottimo lavoro». Prima di arrivare alla Cei Don Ivan era stato per dieci anni direttore del settimanale «Vita Trentina», di Radio Studio Sette in-Blu, responsabile dell’Ufficio stampa e Comunicazioni sociali della Diocesi trentina. Prete dal 1988, e poi parroco per sei anni, ha ottenuto il dottorato all’Università Pontificia Salesiana di Roma con una tesi (pubblicata nel 1997) sulla pastorale della comunicazione, ha insegnato presso lo etudio teologico accademico tridentino e insegna presso l’università salesiana e la lateranense. Per sei anni è stato anche Segretario nazionale della Fisc, la Federazione dei settimanali diocesani.


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