Giornale delle giudicarie marzo 2021

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Giudi iudicarie

il È NATA Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

Le buone azioni per la crescita del nostro territorio www.lacassarurale.it

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iornale delle

MARZO 2021 - pag.

L’EDITORIALE

Ed ora, Mario Draghi governi di Adelino Amistadi

solida vicina cooperativa Le buone azioni per la crescita del nostro territorio

Mensile di informazione e di approfondimento

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ANNO 19 - MARZO 2021- N. 3 - MENSILE

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Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

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FONDATO NEL 2002 - Distribuito da

Niente stagione invernale, operatori disperati

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Nel salutarci il mese scorso con l’editoriale dedicato alla crisi del governo Conte auspicavo che per marzo il nostro Paese potesse finalmente essere guidato da un Governo forte, rinnovato, e pronto ad affrontare i drammatici problemi sanitari ed ancor più economici che sono sul tappeto da tempo, con idee chiare e prospettive sicure. Ed è quel che è successo, a metà febbraio, dopo gli inutili tentativi del presidente Conte nel volersi riproporre per un ulteriore governo da lui presieduto, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rotto gli indugi ed ha incaricato Mario Draghi per la formazione di un nuovo esecutivo che richiamasse tutte le forze politiche alla loro responsabilità e puntasse su di una maggioranza ampia per poter incidere senza ulteriori perdite di tempo sulla tragica situazione in cui si trova l’Italia. E Draghi, col senso del dovere che gli si riconosce, ha accettato l’incarico riuscendo ad ottenere nei due rami del Parlamento la fiducia con numeri più che ragguardevoli. Mario Draghi è forse uno degli uomini italiani più conosciuti e più stimati nell’ambito della politica e dell’economia di tutto il mondo occidentale. È l’uomo che ha salvato l’euro, che ha risollevato le finanze dell’Europa, è stato funzionario del Ministero del Tesoro, Governatore della Banca d’Italia, Direttore esecutivo della Banca Mondiale a Washington e infine presidente della Banca Centrale Europea. Continua a pagina 8

Tavola rotonda: i medici di base in campo per le vaccinazioni

EUROPA

La forza della sovranità condivisa di Paolo Magagnotti

Alle pagine 4-5-6 Sport

Laura Pirovano fra i grandi dello sci

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Territorio

Limarò, un progetto per la Forra A PAGINA 11

“Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. A Pag.15

Turismo: Ambito Campiglio-lago d’Idro POLITICA Binelli, nuovo segretario Lega A pag. Centro Specializzato Materassi e Reti

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Opera

LA LETTERA. Coop, fine ...e dell’accotu glienza come Adormi? pag.

A PAGINA 13

Riforma turismo

PROMOZIONE

A Comano Terme il primo accordo

SOCIETÀ MARZO !!! Spazzacamini, PREZZI SCONTATI TUTTO IL MESE continua la storia A pag. A PAG. SELLA GIUDICARIE (BONDO) - Tel. 0465.901919 - 339.1388960 ESTATE Le proposte culturali della Valle del Chiese A pag 34 PORTO FRANCO Orsi sì, orsi no A pag. 8 GIOVANI InPrendi, sei giovani per sei idee d’azienda A pag 17

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Rassegna Stampa

MARZO 2021

A cura della REDAZIONE

RASSEGNA STAMPA FEBBRAIO 2021

DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA Ugo Rossi lascia il Patt A sorpresa, l’ex presidente della Provincia Ugo Rossi, ha deciso di non rinnovare la tessera del partito in cui milita da sempre. Capogruppo delle Stelle alpine in consiglio, dal 2005 al 2021 Rossi ne era stato anche il segretario politico. Rossi lascia il Patt, va nel gruppo misto e ha annunciato il suo ingresso in Azione il nuovo partito di Calenda.

Felice Ducoli, l’uomo delle 5500 pensioni. Va in pensione lo storico funzionario Cgil. Felice Ducoli 67 anni di Breguzzo, dopo 37 anni lascia il Patronato della Cgil di Tione per andare in pensione. Internet veloce: la fibra ottica è arrivata anche a Pieve di Bono – Prezzo oltre ad altri tre Comuni trentini - Mezzolombardo, Calceranica al Lago, Mazzin e Pieve di BonoPrezzo sono i nuovi comuni delle aree bianche (periferiche) del Trentino che, da qualche settimana, possono beneficiare della connettività in fibra ottica FTTH (Fiber To The Home). La comunicazione arriva da Open Fiber, la società che si è aggiudicata i bandi pubblici di Infratel e che si sta occupando della realizzazione di reti ultraveloci su tutto il territorio provinciale. Complessivamente sono circa 33mila gli utenti di 37 comuni che, a oggi, dispongono già di infrastrutture ultrabroadband e che possono quindi rivolgersi agli operatori partner di Open Fiber per attivare un servizio quanto più congeniale alle proprie esigenze di studio e lavoro. Muore padre Giuseppe Bagattini originario di Condino: l’ennesima vittima di coronavirus BORGO CHIESE. Si sono svolti martedi 16

Una persona al servizio della gente che era diventata un’istituzione. «Calcolando una media di 150 pratiche all’anno diciamo che ho aiutato circa 5500 giudicariesi ad andare in pensione» conferma Felice. febbraio, a Domodossola (provincia di Verbania) i funerali di padre Giuseppe Bagattini. Aveva 85 anni ed era originario di Condino, dove lascia la sorella Graziella e alcuni nipoti. Apparteneva all’Ordine dei Rosminiani e ultimamente era ospite della Casa del Clero di Stresa dove ha dovuto soccombere a causa del coronavirus. Carnevale online a Pinzolo, tombola e gag in streaming Quest’anno non è stato possibile organizzare il tradizionale carnevale in piazza il giovedì grasso. Proprio per questo il bisogno di socialità e leggerezza è stato ancora maggiore. Così il comune di Pinzolo per rafforzare il senso di comunità ha organizzato una serata in diretta streaming diffusa sul web tramite i canali facebook e youtube. Il pubblico da casa, oltre che assistere alle divertenti gag, ha potuto partecipare tramite mail e telefono ai giochi proposti con la possibilità di vincere dei bei premi. una simpatica iniziativa che ha riscosso un grande successo.

2021 Direttore Sanitario: ���������Cristantielli Patrizia

Servizi digitali: Provincia e Comuni pronti ai pagamenti online “pagoPA” è la piattaforma digitale promossa a livello nazionale che consente ai cittadini di pagare in modo veloce, con le possibilità offerte dalla tecnologia, anche a vantaggio delle pubbliche amministrazioni. Entro il 28 febbraio 2021, le pubbliche amministrazioni italiane hanno dovuto rendere disponibili i pagamenti elettronici utilizzando la piattaforma pagoPa. MyPay, reso disponibile sul territorio grazie al supporto di Trentino Digitale, è lo strumento per i pagamenti elettronici verso le pubbliche amministrazioni più utilizzato in Italia. Oltre alla Provincia di Trento, è presente in Lombardia, Veneto, Puglia, Campania, Calabria e nella città metropolitana di Roma, con un bacino di oltre 25 milioni di cittadini interessati. In Trentino, MyPay è stato sviluppato per garantirne il collegamento con oltre 20 programmi diversi utilizzati dagli enti del territorio, per offrire uno strumento di pagamento condiviso e semplificare i pagamenti delle prestazioni sanitarie, dei buoni mensa scolastici, delle rette delle case di riposo, gli affitti residenziali ed universitari e molto altro. Gli enti che utilizzano MyPay in Trentino sono oggi 330: Provincia, APSS, comuni e comunità di valle ma anche le scuole, i musei, le case di riposo e Trentino Riscossioni. Nel solo gennaio 2021 si sono registrati oltre 26.000 pagamenti per un valore di circa 5 milioni di euro. Plus Muse & Smart 2: esperienze di tirocini lavorativi in Europa rivolte ai giovani, dal 4 al 23 marzo la presentazione delle domande Plus Muse & Smart 2 è un’iniziativa legata al programma Erasmus+ volta al rafforzamento delle opportunità di apprendimento non formale dei giovani. Il progetto prevede l’attuazione di mobilità transnazionali, da realizzarsi nell’estate 2021, finalizzate ad offrire ai partecipanti la possibilità di rafforzare le competenze linguistiche, socio-culturali, relazionali e tecnico professionali legate prioritariamente ai settori di specializzazione individuati dalla “Strategia di Specializzazione Intelligente” della Provincia autonoma di Trento. Possono partecipare all’iniziativa gli studenti del IV anno – diurno – dell’istruzione secondaria di secondo grado, pubblica e paritaria (III anno per i percorsi quadriennali) e i diplomati negli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado e degli istituti di formazione professionale pubblici e paritari. Sono 175 i posti disponibili per un budget complessivo di Euro 478.279. Il Giro d’Italia per quattro giornate in Trentino L’edizione 2021 è in calendario dall’8

Sfoglia il Giornale delle Giudicarie su www.giornaledellegiudicarie.it Si ricorda che è possibile sfogliare il Giornale delle Giudicarie sul sito www. giornaledellegiudicarie.it aggiornato ogni mese con le notizie più importanti che accadono in Giudicarie.

al 30 maggio. In Trentino ci saranno il passaggio sui passi dolomitici Fedaia e Pordoi nella tappa da Sacile a Cortina, il 24 maggio, e poi il giorno di riposo a Canazei; da Canazei a Sega di Ala il 26 maggio e da Rovereto a Stradella il 27 maggio. Fibra ottica nelle scuole Le scuole trentine di ogni ordine e grado, comprese le materne, saranno servite da collegamenti ultraveloci grazie alla fibra ottica. E’ questo il senso dell’accordo - che stamani ha incassato il via libera della giunta - che la Provincia autonoma di Trento stringerà con il Ministero dello Sviluppo Economico (Mise). In particolare, l’intesa fissa le modalità con cui saranno realizzate e gestite le infrastrutture in banda ultra larga, così da permettere il completamento del collegamento in fibra ottica a 1 Gbps, in corso già da tempo. Il Mise finanzierà il progetto per 3,44 milioni di euro che vedrà la partecipazione, a vario titolo, di Infratel Italia e Trentino Digitale. Sono 166 le sedi scolastiche trentine ancora prive della connessione provinciale. Per quanto invece riguarda la programmazione degli interventi, i progetti già oggi attivi e finanziati prevedono che la copertura in fibra raggiungerà nei prossimi mesi complessivamente 407 sedi (circa il 90%). Il progetto prevede il collegamento, tramite connettività in Fibra Ottica, dei plessi scolastici ad oggi non ancora raggiunti dalla rete provinciale. Il nuovo rettore dell’Università di Trento è Flavio Deflorian Deflorian sostituisce Paolo Collini alla guida dell’ateneo trentino. Flavio Deflorian è professore ordinario di scienza e tecnologia dei materiali al Dipartimento di Ingegneria industriale, sarà chiamato a guidare l’ateneo nel mandato 2021-2027. «Vedo i prossimi sei anni per il nostro ateneo - aveva detto il neorettore presentando il programma - come un periodo caratterizzato innanzitutto da un consolidamento delle iniziative in corso, oltre che da una prospettiva di crescita nelle attività di ricerca, da rilanciare, e nella didattica post pandemia». Lupo, nuove linee guida per la gestione Per garantire una gestione in loco dei grandi carnivori, nuove linee guida relative alla gestione del lupo sono state messe a punto dalle Province autonome di Trento e Bolzano. Il documento – che segue la predisposizione di regole similari relative all’orso – è stato inviato ad Ispra per l’acquisizione del necessario parere. L’obiettivo è quello di garantire l’applicazione delle rispettive leggi provinciali che hanno stabilito l’autonomia delle due Province nell’applicare le deroghe previste dalla normativa europea su lupi e plantigradi. Le leggi attribuiscono ai presidenti delle Province autonome la competenza ad autorizzare il prelievo, la cattura e l’uccisione dell’orso (Ursus arctos) e del lupo (Canis lupus), nel perseguimento delle finalità della direttiva Habitat, previo parere dell’Ispra, qualora non sussistano altre soluzioni valide e non venga messa a rischio la conservazione della specie.

Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.


MARZO 2021 - pag. Maurizio Fuga

Ribalto

VECCHIA SEDE

etri 100 m

NUOVA SEDE

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Tavola Rotonda: Covid l’opinione dei medici

MARZO 2021

Giorgio Zappacosta, medico condotto nelle Giudicarie Esteriori

“Non ci sono alternative al vaccino in questo momento” A distanza di un anno dall’inizio della pandemia Covid-19 e dopo almeno due ondate di contagi, qual è la situazione attuale nelle nostre comunità? Attualmente la situazione purtroppo nella nostra comunità resta critica: il virus circola in maniera significativa in tutte le fasce di età della popolazione, non si vedono ancora segni di regressione della malattia e le varianti che già circolano nel nostro Paese possono purtroppo solo peggiorare il quadro nel tempo. Che regole di comportamento consiglia attualmente? Possiamo sperare di tornare piano piano alla normalità? Le regole penso ormai dovrebbero essere conosciute da tutti cmq un ripassino non fa male: • Lava spesso le mani con acqua e sapone o, in assenza, frizionale con un gel a base alcolica • Non toccarti occhi, naso e bocca con le mani. Se non puoi evitarlo, lavati comunque le mani prima e dopo il contatto • Quando starnutisci copri bocca e naso con fazzoletti monouso. Se non ne hai, usa la piega del gomito • Pulisci le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol • Copri mento, bocca e naso possibilmente con una mascherina in tutti i luoghi affollati e a ogni contatto sociale con distanza minore di un metro • Utilizza guanti mo-

nouso per scegliere i prodotti sugli scaffali e i banchi degli esercizi commerciali • Evita abbracci e strette di mano • Evita sempre contatti ravvicinati mantenendo la distanza di almeno un metro • Non usare bottiglie e bicchieri toccati da altri Sul ritorno alla normalità, nel breve, possiamo ragionevolmente sperare che, come l’hanno scorso, il clima caldo riduca in maniera significativa la circolazione del virus. A lungo termine bisogna vaccinare al più presto tutta la popolazione Questa pandemia ha sconvolto le nostre abitudini. Quale è stata la ripercussione sulla sua attività e sui suoi pazienti che già soffrono di altre malattie? L’impatto della pandemia sulla attività dei medici di medicina generale è stato molto pesante a tutti i livelli: organizzativi, lavorativi, psicologici. L’attività scientifica e professionale dei medici di famiglia si divide in quattro aree: prevenzione, gestione dei disturbi acuti, cronicità e fragilità. La prima riguarda l’attenzione nei confronti delle persone sane, dagli stili in vita alla gestione delle vaccinazioni; i disturbi acuti fanno riferimento ai problemi con insorgenza acuta che possono essere curati all’interno della Medicina Generale; la gestione della popolazione affetta da patologie croniche, ipertensione, diabete mellito, osteoartrosi, Bpco, cardiopatia ischemica,

ictus ischemico, scompenso cardiaco, disturbi tiroidei, asma bronchiale, coinvolge circa il 40% dei pazienti di ciascun medico. Infine, vi è la macroarea della fragilità, in cui il paziente ha una aumentata vulnerabilità correlata al suo grado di disabilità. L’emergenza pandemica ha determinato uno sbilanciamento dell’attività professionale nei confronti della gestione del paziente affetto da Covid-19 e delle problematiche correlate alla gestione della pandemia rispetto a tutte le altre attività. Le conseguenze di una mancata presa in carico dei pazienti affetti da malattie croniche dovute alla mancanza di visite mediche, esami e follow-up purtroppo le vedremo nel tempo. Si parla molto di noi nella gestione del Covid, dimenticandosi che dobbiamo gestire l’attività ordinaria che è già molto impegnativa e gravosa. Ci dica un buon motivo per convincere la popolazione ad aderire alla campagna di vaccinazione che è stata avviata da poco Il buon motivo per invitare tutta la popolazione ad effettuare la vaccinazione è chiaro limpido ed inequivocabile: non ci sono alternative al vaccino in questo momento. Le terapie proposte non hanno dimostrato di poter risolvere il problema, gli studi continuano e si spera che si possa trovare il rimedio efficace in grado di chiudere la partita ma a tutt’oggi non esiste, per cui dobbiamo vaccinare tutta la popolazione al

più presto possibile poiché anche il fattore tempo risulta una variabile che può fare la differenza. È chiaro che non è per niente facile organizzare una vaccinazione di massa che richiede oltretutto l’effettuazione di un richiamo a distanza di qualche tempo. I problemi sono molteplici: vanno dalla gestione fisica dei vaccini, che attualmente sono diversi sia per indicazioni che per modalità di conservazione, alla copertura delle persone che necessitano di ricevere la vaccinazione a casa, per passare alla gestione del sistema prenotazioni che dovrebbe essere il più semplice possibile per permettere a chiunque di poterne usufruire facilmente, ma che essendo collegato a più varianti (età, indicazioni dei vaccini, priorità di effettuazione decise in sede ministeriale, numero delle dosi di vaccino a disposizione, modalità ) risulta difficile da far quadrare. Quale è a suo avviso il ruo-

lo in futuro del medico di medicina generale, chiamato semplicemente medico di famiglia, tenendo conto delle aggregazioni che sono in corso tra i dottori e delle esigenze della popolazione sempre più avanti con l’età? Si prospetta per i medici di medicina generale un rafforzamento della funzione in ambito di prevenzione e di controllo sanitario, utilizzando una terminologia antica ma che potrebbe avere in sé oggi un valore molto importante nello svolgimento delle funzioni di sanità pubblica: il suo essere sentinella. La parola sentinella potrebbe essere forse non adeguata giacché tutti i medici di famiglia sono volti a conoscere la popolazione e ad affrontare i problemi emergenti, ma ogni allarme che possa provenire anche dal singolo medico di famiglia in ambito di malattie contagiose può essere utilissimo per l’attivazione delle azioni di prevenzione collettiva. La

“medicina di gruppo”, composta da medici di medicina generale che interagiscono con specialisti convenzionati che hanno a disposizione strumentazioni diagnostiche almeno di I livello e in cui è inserita un’organizzazione infermieristica attiva sul piano sanitario e assistenziale, potrebbe essere una risposta efficace. Queste aggregazioni potrebbero costituire validi esempi d’integrazione per una più adeguata organizzazione nell’assistenza territoriale, generale e specialistica decentrata avente un più vasto bacino di utenza ed una maggiore capacità d’intervento. Si presume, infatti, che questa tipologia d’intervento consenta al medico di medicina generale di estendere le proprie competenze dalla “cronicità”, riservata ai pazienti di età superiore ai 65 anni ed alle cosiddette patologie gestibili a livello residenziale e domiciliare, alla medicina dell’acuzie supportata da una diagnostica specialistica di primo e secondo livello, gestibile a domicilio, o, nei casi più avanzati, nelle strutture di cure intermedie e riservandosi il ricorso alla medicina ospedaliera nel caso di situazioni cliniche che richiedano interventi di maggior complessità e più elevata competenza specialistica. Quello che viviamo è certamente un momento epocale in cui due sistemi di assistenza e cura del sistema sanitario nazionale, ospedale e territorio, sono invitati ad una nuova rafforzata interazione e integrazione (inter ed intraprofessionale).

Romina Parolari, medico di famiglia a Tione

Vaccinazioni unico spiraglio di luce A distanza di un anno dall’inizio della pandemia Covid-19 e dopo almeno due ondate di contagi, qual è la situazione attuale nelle nostre comunità? Sembra impossibile, eppure è già passato un anno dall’inizio di questa inimmaginabile pandemia. Tra marzo e maggio ’20, come medici di medicina generale, ci siamo visti cadere addosso una mole di lavoro, rappresentata in primis da una diffusa paura per l’ignoto, che avvolgeva anche noi e rendeva molto complicato trovare le risorse per trasmettere rassicurazioni ai nostri assistiti. Dopo almeno due ondate di contagi,

la situazione attuale nelle nostre comunità è, a parere mio e dei colleghi che con me lavorano nel bacino di Tione, incoraggiante. Questa seconda ondata invernale, è stata sicuramente diversa dalla prima. Numeri di contagi molto più alti, a scapito di una fronda di popolazione più giovane rispetto alla primavera, e per questo con un’intensità di malattia spesso più facilmente gestibile a domicilio. Comunque, i numeri elevati, hanno significato un peso rilevante anche per la nostra struttura ospedaliera, che ha però retto egregiamente. Ciò che sicuramente preoccupa noi medici e i vertici

dell’Azienda è la gravosa questione delle varianti del virus, che stendono su tutta la “questione Coronavirus”, un’ulteriore velo di incertezza sopra quello che già ci ha accompagnato per l’intero 2020.

Che regole di comportamento consiglia attualmente? Possiamo sperare di tornare piano piano alla normalità? Proprio per questa incognita delle varianti del virus, il nostro accorato consiglio

nei confronti delle nostre comunità, è di mantenere assolutamente alta l’allerta, non dimenticando mai, nemmeno per un secondo, le norme di contenimento dell’infezione, predicate a gran voce per tutto l’ultimo anno. Quindi mascherine correttamente indossate, distanziamento interpersonale di almeno un metro, igiene delle mani e divieto di creare occasioni di assembramento, sia al chiuso che all’aperto. Purtroppo è ancora assolutamente prematuro pensare ad un ritorno alla “normalità, sempre che questo ritorno possa avvenire. Immagino un futuro privo di strette di mano

amichevoli, simbolicamente sostituite dal meno formale “battito del gomito”! Questa pandemia ha sconvolto le nostre abitudini. Quale è stata la ripercussione sulla sua attività e sui suoi pazienti che già soffrono di altre malattie? Sicuramente questa pandemia ha sconvolto, oltre alle abitudini di tutta la popolazione mondiale, anche il nostro modo di lavorare sul territorio. Innanzitutto, per preservare i nostri pazienti dal rischio di contagio, ci ha costretti a fare del telefono il primario strumento di contatto. Cosa spesso molto riduttiva nel nostro lavoro,


Tavola Rotonda: Covid l’opinione dei medici

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Il parere dei medici della Rendena Tomaso Bruti, Rosa Maria Carbone, Paolo Garbari, Massimo Passafiume

“Le nostre abitudini devono convergere ancora di più all’attenzione verso gli altri” A distanza di un anno dall’inizio della pandemia Covid-19 e dopo almeno due ondate di contagi, qual è la situazione attuale nelle nostre comunità? Per quanto riguarda i numeri, questi sicuramente non ci mancano: basta aprire qualsiasi pagina di giornale o sito di internet per avere tutti i dati giorno per giorno, comune per comune e la situazione generale della nostra comunità delle Giudicarie al momento attuale. I dati aggiornati sono in mano al Servizio Cure Primarie. A contatto con la nostra gente percepiamo una stanchezza, uno sconforto che alla malattia, il ricovero e il decesso aggiunge un grave disagio sociale quale la perdita del lavoro e la carenza di contatti. Si avverte però anche la speranza in un ritorno alla normalità, verso un tempo in cui il Covid-19 sarà solo un ricordo. L’incidenza della malattia sta disegnando un grafico incerto e fluttuante con alti e bassi giornalieri che non ci offrono ancora una netta tendenza che auspichiamo. Purtroppo stiamo assistendo ancora persone che muoiono per Covid-19 e questo aggiunge sconforto alla fatica che ci accompagna in questo periodo molto complesso. Che regole di comportamento consigliate attualmente? Possiamo sperare di tornare piano piano alla

normalità? Sperare non solo è lecito, ma anche è doveroso, però siamo ancora molto lontani dalla normalità. La prima regola da osservare è l’uso costante della mascherina nei luoghi pubblici e indossarla correttamente a coprire bocca e naso, senza eccezioni per fare uso del cellulare, per fumare, per dimenticanza o quant’altro, e questo significa rispetto verso chi abbiamo di fronte. Disinfezione delle mani. Limitazione degli spostamenti. Ricordiamoci di tenere sempre una distanza di sicurezza interpersonale. Alle persone che risultano positive, e ai loro famigliari, si chiede di rispettare l’isolamento e la quarantena e le indicazioni della Centrale Covid. Abbiamo tutti una responsabilità verso noi stessi e verso gli altri e ognuno di noi può dare un contributo per tutelare la salute sua e quella collettiva. Il protrarsi della situazione critica non ci deve far abbassare la guardia, sottovalutando il virus. Altro impegno della nostra popolazione è quello di sottoporsi a vaccinazione. Questa pandemia ha sconvolto le nostre abitudini. Quale è stata la ripercussione sulla vostra attività e sui suoi pazienti che già soffrono di altre malattie? Le nostre abitudini devono convergere ancora di più ad

una attenzione verso gli altri, ad una preoccupazione di non diffondere una malattia contagiosa a chi mi sta davanti, perché io posso essere portatore asintomatico senza saperlo e posso trasmettere una malattia che può essere pericolosa per certe categorie di persone come gli anziani e i portatori di malattie croniche. Noi operatori sanitari ci siamo trovati tutti ad affrontare qualcosa di imprevisto per cui non avevamo mezzi, né protocolli, né competenze specifiche e ci siamo attrezzati, adattandoci a fronteggiare una situazione molto critica, caratterizzata da precarietà. La paura, accompagnata dalla diffusione del virus, ha preso comprensibilmente il sopravvento nella popolazione e questo ha provocato una escalation di richieste a cui era ed è necessario rispondere. Ci abbiamo messo tutte le

energie possibili, cercando di seguire le linee guida inizialmente piuttosto incerte e in continua evoluzione. Al contempo abbiamo cercato di assicurare le cure e le attenzioni alle persone che soffrono di altre malattie, penalizzate dalle difficoltà e complicazioni legate all’accesso a domicilio e nei reparti dovute al particolare momento che stiamo vivendo. Diteci un buon motivo per convincere la popolazione a aderire alla campagna di vaccinazione che è stata avviata da poco La vaccinazione è l’arma medica di prevenzione più importante che abbiamo a disposizione e come siamo riusciti in passato a sconfiggere e cancellare tante malattie, anche adesso dobbiamo sconfiggere il Covid-19. Posso vaccinarmi? – chiedono tanti - Devi vaccinarti! – ri-

perl’immunità di gregge” che prevede la visita del paziente per andare a fondo dei vari sintomi lamentati. Ma come si suol dire: a mali estremi, estremi rimedi, e ci siamo adattati, impegnandoci al massimo nell’ottimizzare la raccolta dell’anamnesi del paziente, in modo da poter raggiungere con successo il nocciolo delle questioni e la loro risoluzione. A farne maggiormente le spese, sono stati sicuramente i nostri pazienti affetti da patologie croniche, i quali si sono visti continuamente rimandate le importanti indagini di monitoraggio e le successive visite specialistiche.

Ci dica un buon motivo per convincere la popolazione ad aderire alla campagna di vaccinazione che è stata avviata da poco Di fronte alle mille incertezze che hanno caratterizzato quest’ultimo anno, l’unico spiraglio di luce portatore di speranza sembra essere rappresentato dalla possibilità di vaccinare più popolazione possibile, in modo da raggiungere presto la cosiddetta ”immunità di gregge”. Quindi noi medici di medicina generale, dopo essere stati vaccinati per primi, ci troviamo in prima linea nell’importan-

te compito di sensibilizzazione delle nostre comunità, verso la campagna vaccinale appena partita, speranzosi che si possa procedere spediti, senza troppi ritardi e gabole burocratiche. Quale è a suo avviso il ruolo in futuro del medico di medicina generale, chiamato semplicemente medico di famiglia, tenendo conto delle aggregazioni che sono in corso tra i dottori e delle esigenze della popolazione sempre più avanti con l’età? Il futuro della medicina generale, alla luce del

progressivo allungamento della vita media, si sta delineando nel panorama di un servizio sempre più territoriale e addirittura domiciliare. Il paziente grande anziano si tende a gestirlo ambulatorialmente, fin tanto che è possibile, e poi al domicilio, evitando spostamenti per visite specialistiche, se non assolutamente indispensabili. Al fine dell’ottima riuscita di questa presa in carico a 360°, fondamentale l’apporto dato al medico dal servizio infermieristico territoriale, fiore all’occhiello della nostra realtà e valido aiuto H12, 7 giorni su 7.

spondiamo con convinzione. Naturalmente al medico va la selezione di quei rarissimi casi dove potrebbe esserci controindicazione ed è necessario attendere il proprio turno, dando la precedenza alle categorie individuate come prioritarie. Un reale vantaggio ed effetto protettivo in termini di salute pubblica si può ottenere solo attraverso una capillare e diffusa campagna vaccinale anti covid-19. Solo dopo si spera di poter tornare alla “normalità”. Quale è a vostro avviso il ruolo in futuro del medico di medicina generale, chiamato semplicemente medico di famiglia, tenendo conto delle aggregazioni che sono in corso tra i dottori e delle esigenze della popolazione sempre più avanti con l’età? Il medico di famiglia è un ri-

ferimento fondamentale, è la persona che ha in testa tutta la nostra situazione sanitaria, con le malattie, i disagi, le ansie; è colui che gestisce le nostre terapie; e risponde ai nostri quesiti e ai nostri dubbi. Le richieste sono molteplici e svariate, ognuno di noi potrebbe scrivere un libro. Negli ultimi anni stiamo facendo a Pinzolo una positiva esperienza di lavoro in gruppo tra colleghi e infermieri professionali, dove la priorità è quella di mettere al centro il cittadino e le sue esigenze di salute e di garantire una presenza medica continuativa. Garantiamo anche alcuni ambulatori periferici in altri comuni della Val Rendena. La risposta della popolazione è stata molto favorevole e tra di noi si è creato un feeling di collaborazione che prima non si conosceva. Ora siamo concentrati sul presente, a reggere un ritmo di lavoro davvero faticoso, complicato dalla scarsità di medici per cui sempre più zone, soprattutto periferiche, restano scoperte. Se vogliamo dare un veloce sguardo al futuro ci immaginiamo come medici di comunità che lavorano in equipe integrate con infermieri di comunità e che lavorano in rete con altre figure sanitarie e sociali per fronteggiare meglio le malattie croniche e i disagi compresenti nelle persone e nei nuclei famigliari.

Il Giornale delle Giudicarie mensile di informazione e approfondimento Anno 19 n° 3 marzo 2021

Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Presidente: Oreste Bottaro Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Matteo Ciaghi, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Achille Amistadi, Adelino Amistadi, Virginio Amistadi, Mario Antolini Musòn, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Alessandro Togni, Ettore Zampiccoli, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 2 marzo 2021 da Athesia - Bolzano


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Tavola Rotonda: Covid l’opinione dei medici

MARZO 2021

Mario Romanelli, medico di base in Valle del Chiese

“Affrettarsicoivaccini,primacheilvirusmutiancora” A distanza di un anno dall’inizio della pandemia Covid-19 e dopo almeno due ondate di contagi, qual è la situazione attuale nelle nostre comunità? Il virus è ancora tra di noi: nella seconda ondata ci sono stati circa novanta contagi nei miei pazienti confermati dai tamponi; soprattutto giovani e con una contagiosità familiare molto accentuata; rispetto alla prima ondata ci sono stati meno ricoveri ( fino ad ora solo 3) , nessuno in rianimazione e nessun decesso. Ho curato casi di broncopolmonite da Covid a domicilio, usando il protocollo con cortisone + eparina a basso peso molecolare e antibiotici; c’è stato un rallentamento nelle ultime settimane ma il virus non è scomparso. Adesso io temo le varianti che sembrano caratterizzate da una maggiore contagiosità e che colpiscono soprattutto i giovani, anche i bambini, con un incremento del rischio da parte dei nonni. Che regole di comportamento consiglia attualmente? Possiamo sperare di tornare piano piano alla normalità? Le regole di comportamento sono sempre le stesse anche se molti se le dimenticano: evitare gli assembramenti (anche in famiglia), mascherina sempre, eccezion fatta per quando si è da soli; lavarsi le mani. Per il ritorno alla normalità i tempi sono ancora abbastanza lunghi: ho molta fiducia nella vaccina-

zione anche se sta andando a rilento: mancanza di vaccini, difficoltà di conservazione e di uso di certi vaccini ( temperature molto basse di conservazione). Questa pandemia ha sconvolto le nostre abitudini. Quale è stata la ripercussione sulla sua attività e sui suoi pazienti che già soffrono di altre malattie? I pazienti hanno paura: hanno paura a venire in ambulatorio (anche se ricevo solo su appuntamento; ho chiuso ambulatori periferici che potevano essere logisticamente pericolosi); bisogna richiamare telefonicamente i pazienti con malattie croniche per il monitoraggio ed i controlli. L’azione “socializzante” della sala d’aspetto non c’è più. Anche la specialistica è cambiata: molti controlli vengono fatti on line ed in remoto. Le patologie oncologiche hanno subito qualche rallentamento non significativo mentre l’attività chirurgica non urgente ha subito rallentamenti considerevoli. Le urgenze non hanno avuto contraccolpi dalla pandemia: se c’è la neccessità non ho avuto nessuno che ha rifiutato l’invio in ospedale e le strutture ospedaliere hanno sempre risposto. Devo dire che i contatti telefonici sono nettamente aumentati: i pazienti hanno bisogno di parlare e sentirsi rassicurati: se la cosa è risolvibile telefonicamente bene altrimenti mi reco al domicilio o li faccio venire in ambulatorio; è possibile nei casi di neccessità attivare anche il

Covid possa trasformarsi da una semplice influenza con qualche strascico ad una malattia molto grave in grado di portare anche alla morte, senza dimenticare i reliquati invalidanti e permanenti per chi sopravvive.

servizio infermieristico cure domiciliari o l’accesso al domicilio del medico palliativista : mi riferisco agli allettatie ai cronici o ai paz in stato terminale. Qualche problema c’è con con l’accesso in RSA molto in ritardo e che molto lentamente cerca di tornare alla normalità. Ci dica un buon motivo per convincere la popolazione ad aderire alla campagna di vaccinazione che è stata avviata da poco Io sono stato tra i primi ad essere ammalato di Covid: mi è andata bene che sono ancora qui a raccontarla. Pur avendo ancora qualche anticorpo datomi dalla pregressa infezione, ho preferito vaccinarmi, anche perché lavoro in RSA e non volevo essere io a portare il virus in struttura. Inoltre io penso che chi lavora come medico debba essere vaccinato sia per proteggere se stesso che proteggere gli altri. Non ci sono ad oggi, terapie

specifiche per il virus validate su larga scala: ogni tanto qualcuno parla di farmaci, di procedure miracolistiche però il numero dei morti è sempre alto. L’unico approccio che ha dato prova di efficacia è quello vaccinale: i numeri della Gran Bretagna, drasticamente in calo, indicano che la strada è quella giusta. Il mondo scientifico ha molta fiducia nella campagna vaccinale pur con le difficoltà di approvvigionamento dei vaccini, ma bisogna fare in fretta per impedire che il virus si trasformi ulteriormente producendo varianti resistenti ai vaccini. Questo finora non è successo, i vaccini in uso sembrano proteggere anche dalle varianti presenti oggi. I pazienti sono in attesa del vaccino, soprattutto gli over 60 e non vedono l’ora di sottoporsi alla vaccinazione: sanno che sono a rischio. Chi sembra ignorare il rischio sono i giovani e chi per ideologia e convinzioni errate non crede che l’infezione da

Quale è a suo avviso il ruolo in futuro del medico di medicina generale, chiamato semplicemente medico di famiglia, tenendo conto delle aggregazioni che sono in corso tra i dottori e delle esigenze della popolazione sempre più avanti con l’età? La ringrazio di averci chiamato così: noi siamo medici di famiglia e siamo medici di medicina generale non siamo medici di base, non mi ci riconosco. Per rispondere a questa domanda avrei bisogno della sfera di cristallo e di molto tempo; cerco di riassumere in pochi punti quello che penso io. Per anni si è operato per trasformare la medicina da “territorialocentrica” ad “ospedalierocentrica” salvo scoprire, durante la pandemia, che senza il territorio l’ospedale non ce la fa a fare tutto. Ci vuole però un territorio strutturato in cui la dicotomia tra pubblico e convenzionato sia organizzata al meglio. Il rapporto fiduciario con i pazienti è alla base del nostro lavoro: i nostri pazienti li conosciamo perchè ci viviamo a contatto, entriamo nelle loro case, conosciamo i loro problemi; se questo verrà mantenuto avremo ancora un

medico di medicina generale, ma diverso: tecnologicamente preparato, non più solo ma affiancato da infermiere e segretaria, aggregato in associazione con altri medici con i quali confrontarsi e crescere insieme. Sarà un medico con maggiori competenze (la scuola di specializzazione in Medicina Generale sta sfornando medici con questa formazione) dotato di strumenti diagnostici ormai alla portata : ecg, spirometria, minilab, holter pressori, ecografia; Rapporti diretti con ospedale, servizi e specialistica attraverso una rappresentanza reale, non solo sindacale, capace di portare le istanze della medicina generale non filtrate. L’alternativa sarà passare alla dipendenza con la spersonalizzazione del rapporto medico paziente. I medici saranno sempre meno, almeno per qualche lustro: sarà quindi neccessario che al medico di medicina generale, vengano tolte molte incombenze burocratiche e gli venga riconsegnato (ed il medico si riappropri), del ruolo di gestore della salute dei propri pazienti. Un ruolo difficile, complesso, capace di coniugare la medicina ufficiale con il popolo di Internet che al primo sintomo arrivano già con il percorso diagnostico e la diagnosi fatta. Magari fosse così semplice: un mio maestro diceva che nessun computer potrà sostituire in toto il sapere, la capacità di sintesi e di diagnosi e soprattutto il rapporto con il paziente di un medico.

Egidio Dipede, direttore di Medicina generale dell’ospedale di Tione

«Personale contato per le altre malattie, ma facciamo il possibile» La pandemia era inattesa e sconosciuta un anno fa, ma davanti a questa seconda ondata e viene da chiedersi se, conoscendo la situazione, non si sarebbe potuto fare di più e meglio per evitare di ritornare a misure drastiche in autunno e anche ora. Visto da chi si occupa di sanità, cosa è mancato secondo lei? Le misure drastiche utilizzabili in un caso come questo, in assenza di una copertura vaccinale sono sostanzialmente riconducibili a provvedimenti di

lockdown locali, di difficile attuazione in questo momento di sofferenza per l’economia. Mentre parliamo, siamo appena passati da zona gialla a zona arancione. Guardando ai dati giudicariesi, come sta andando quesa seconda ondata rispetto alla prima? Nella nostra zona abbiamo avuto in media un numero di pazienti proporzionale alla diffusione in trentino, anche se in misura lievemente inferiore alla Valsugana ed alla Val d’Adige.

per le altre malattie croniche ed acute, seppur con il personale contato. Facciamo appello alla sensibilità delle persone ed all’aiuto dei medici di famiglia per scegliere con appropriatezza, quali prestazioni erogare e quali pazienti valutare in consulenza, ricordando che abbiamo una disponibilità ridotta . Si è spesso detto che durante il Covid si è finito per “trascurare” altre patologie. A Tio-

ne, come si fa fronte a questo problema? Stiamo cercando di tenere aperte le attività ambulatoriali e di ricovero

In questo momento, i reparti e le attività dell’ospedale di Tione sono regolari? Si certamente

Ci fa il punto della situazione sui vaccini in Trentino e in particolare nella nostra valle? I vaccini sono un arma straordinariamente efficace per combattere il virus ed ad oggi sono state somministrate quasi 40.000 dosi in Trentino, con i servizi essenziali ed i pazienti in RSA già in fase di quasi completa copertura. È necessario procedere con la vaccinazione delle altre classi di età secondo il modello organizzativo preparato da APSS.


Attualità

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I sindaci a colloquio con Fugatti e i tecnici provinciali anche per la variante di Ponte Arche

Esteriori, lavori alla strada di Nembia al via dopo Pasqua Per la galleria di Ponte Pià l’obiettivo è iniziare fra un anno di Denise Rocca Gli amministratori ne sono usciti soddisfatti, anche se per la variante ancora non si è trovato il modo di trovare le risorse. Ponte Pià e i lavori alla strada di Nembia sono invece due opere di rilievo che concretamente sono in partenza. «In un momento nel quale si sta lavorando sulle Terme ristrutturando il comparto dichiara Fabio Zambotti, sindaco di Comano Terme - e si stanno facendo anche i lavori di arredo urbano a Ponte Arche la circonvallazione è un tema fondamentale. Impostare il futuro del paese di Ponte Arche passa da questa variante: è un momento cruciale questo per riuscire a far partire l’iter di progettazione di un’opera strategica per le Giudicarie Esteriori, ma indispensabile anche per Val Rendena e Val del Chiese visto che da qui passa un flusso importante di turisti e visitatori che procedono poi anche verso il resto delle Giudicarie». Quali rassicurazioni avete ricevuto? «Il presidente Fugatti ha presente quanto ci teniamo a quest’opera

Dei problemi della viabilità in Giudicarie si parla ampiamente da decenni, ma di cantieri se ne sono visti pochi. Così i cinque sindaci delle Giudicarie Esteriori sono andati a colloquio con il presidente della Provincia Maurizio Fugatti e i tecnici provinciali. ed è importante per i cittadini della valle - spiega Zambotti - considera l’opera strategica. Sui fondi che sono il nodo principale non ci sono certezze, se le avessimo non saremmo qui. Ma c’è la rassicurazione che se si presenteranno delle opportunità economiche la variante di Ponte Arche sarà una di quelle che entreranno nei ragionamenti». In veste di sindaca di Stenico, ma anche e forse soprattutto di presidente dell’assemblea termale Monica Mattevi ha ricordato che la riqualificazione dello stabilimento è strettamente legata ad un concetto di benessere che dalla circonvallazione - ovvero il togliere il traffico dal cuore del paese e a fianco del parco termale – trae un enorme vantaggio. «Il presidente ha capito perfettamente che per noi, anche come Terme, la variante è una priorità e

sarebbe un completamento dell’opera che iniziamo con la riqualificazione dello stabilimento termale. I tecnici provinciali hanno ripreso in mano le vecchie proposte che c’erano state diversi anni fa con delle proposte migliorative e che fanno attenzione anche ai Abbiamo parlato anche della sistemazione della Selva con la proposta di fare solo degli interventi

Un’ora e mezza di incontro con l’obiettivo di ribadire la necessità della variante di Ponte Arche, ma anche la sistemazione, ben più immediata, di alcuni punti critici della viabilità giudicariese: dalla galleria di Ponte Pià alla strada di Nembia.

puntuali traslando invece una parte di quelle risorse in vista della variante. Ci sono stat spiegate anche le particolarità della galleria necessaria alla variante, legata alle caratteristiche del terreno, che incide molto sui costi. Quindi abbiamo parlato anche nei dettagli di quest’opera, segnale che c’è una reale attenzione e siamo rimasti che quando sarà possibile l’opera

sarà inserita nel programma della Provincia». A godere di prospettive più prossime sono invece i lavori a Ponte Pià e la sistemazione della strada fra San Lorenzo e Molveno, dove si sogna anche una ciclabile. «I lavori per la strada di Nembia - spiega Ilaria Rigotti, sindaca di San Lorenzo Dorsino - sono finanziati con 2 milioni e 100mila euro, con

l’appalto previsto dopo Pasqua. Altri 3 milioni e 600 mila euro sono stanziati per l’allargamento del tratto più critico proprio a Nembia di cui è in corso la progettazione esecutiva. Mi auguro in un intervento che sia veramente risolutivo dei problemi viabilistici e la richiesta che ho portato ieri in riunione è quella di realizzare anche la ciclabile in occasione dell’allargamento: sarebbe importante per il turismo ed è una richiesta che ho portato personalmente al presidente». Per la galleria di Ponte Pià - 25 milioni di euro di intervento - l’obiettivo dichiarato dalla Provincia è quello di avviare il cantiere nella primavera del 2022, Il progetto prevede la sistemazione della galleria esistente, per i primi 350 m a partire dall’uscita lato Tione, e la realizzazione di un nuovo tracciato in galleria, molto più lineare dell’attuale, per una ulteriore lunghezza di circa 1.150m in direzione Ponte Arche. L’ipotesi per il tratto di galleria che finirà ill suo compito di arteria viabillistica è una trasformazione in pista ciclabile per il collegamento Esteriori - ciclabile della Rendena che parte nell’abitato di Tione.


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Economia

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In questo contesto storico e sociale, la sfida più importante da affrontare sarà quella di guidare le imprese della nostra categoria verso nuove condizioni di ripresa, di sviluppo, di digitalizzazione, promuovendo servizi innovativi e fornendo nuove competenze professionali per riqualificare il settore. Reputo infatti che la pandemia abbia accelerato i tempi del rinnovamento, modificando i bisogni, i comportamenti e le abitudini che si stanno già trasformando in nuovi stili di vita: è cambiato improvvisamente il modo di lavorare, di consumare, di muoversi e le nostre aziende dovranno adattarsi rapidamente ai bisogni in continua evoluzione. L’arte del fornaio deve essere intesa come elemento irrinunciabile della nostra società, poiché è un mezzo determinate per l’equilibrio dell’economia provinciale, sempre più indirizzata all’offerta di prodotti tipici legati alla cultura e alle tradizioni culinarie caratteristiche della popolazione trentina”. All’assemblea hanno partecipato il presidente di Confcommercio Trentino e della Camera di Commercio di Trento Giovanni Bort, l’assessore all’Artigianato, commercio, promozione, sport e turismo Roberto Failoni, la dirigente del Servizio formazione professionale, formazione terziaria e funzioni di sistema, Cristina Ioriatti. Bonafini ha ricordato la grande sfida che i panificatori trentini hanno davanti: “Con il Covid è cambiato tutto, ora dobbiamo attrezzarci per la ripartenza

“Servono nuovi strumenti di ricerca, formazione e comunicazione”

Emanuele Bonafini, riconfermato alla guida dei panificatori trentini I soci dell’Associazione Panificatori della provincia di Trento hanno confermato recentemente la fiducia a Emanuele Bonafini, eleggendolo alla carica di presidente. “Al termine di un quinquennio di grande rinnovamento ricco di novità e iniziative rilevanti per tutta la categoria, ma anche di un anno particolarmente impegnativo e gravoso caratterizzato da un’emergenza sanitaria sociale ed economica, è importante fermarsi a riflettere sul risultato che l’Associazione svolge in funzione della tutela degli associati e con nuovi strumenti di formazione, ricerca e comunicazione”, ha detto. Ricordando come l’unità della categoria ha potuto offrire agli associati un aiuto anche tecnico nell’emergenza ed ha rilanciato la valenza del marchio di Qualità “Pane fresco Trentino”. “Per svolgere al meglio la nostra missione di rappresentanza delle imprese della panificazione trentine - spiega Bonafini - abbiamo agito lungo tre assi: il passato, per non disperdere l’importante tradizione culturale e pratica legata all’arte della panificazione, tutelando la specificità del territorio e la sua identità. In questo quadro, nel corso di quest’ultimo quinquennio, molti sono stati i temi affrontati che hanno visto impegnata la nostra Associazione, con

grande coesione e spirito di sistema: dall’introduzione di una legge sul pane trentino, la Legge provinciale numero 12/2017, che mira a tutelare e valorizzare il mestiere del panificatore e, nello stesso tempo, a garantire il consumatore sulla qualità e originalità del pane trentino; alla promozione della figura del Maestro

della categoria che rappresenta” queste le parole del presidente Bonafini all’assemblea elettiva e poi ha proseguito: “Se è vero che le scelte imprenditoriali ed i comportamenti di oggi condizioneranno le sorti economiche e sociali del futuro, confido che questo sia il momento della coesione e della responsabilità, perché solo attraverso l’unione degli intenti e delle nostre imprese potremo riuscire a conservare ed accrescere i livelli faticosamente raggiunti fino ad oggi.

Artigiano Panificatore; alla campagna di comunicazione ed informazione sul “Pane Fresco” e infine alle modifiche al “Disciplinare di produzione per il pane fresco e i dolci da forno” per il Marchio Qualità Trentino. Il presente, per fornire gli strumenti migliori e più adeguati ad una gestione contempora-

nea, per garantire dispositivi di sicurezza a tutela delle imprese durante l’emergenza, per assicurare informazioni e per accrescere la competitività e lo svolgimento dell’attività lavorativa. Il futuro, per cogliere i cambiamenti del settore, delle tecnologie e del sapere della nostra attività, con un occhio di particolare riguardo nei confronti della formazione, sia quella scolastica ricorrente che quella di aggiornamento professionale. Bonafini ha citato gli importanti progetti di ricerca con l’Università di Trento, la Camera di Commercio, e incontrato start-up di innovazione tecnologica, al fine di individuare progetti innovativi e nuovi stimoli per il settore”. Particolare attenzione è stata riservata alla promozio-

ne ed il sostegno delle attività di formazione sia scolastica, ovvero delle future generazioni di panificatori, che di riqualificazione professionale, per garantire la possibilità di essere sempre aggiornati su tecniche e sviluppi dell’attività di panificazione. In tal senso è stato evidenziato l’importante traguardo raggiunto dall’Associazione e dalla Scuola di Arte Bianca e Pasticceria di Rovereto per il conseguimento del quinto anno - Capes - che consentirà agli studenti che hanno conseguito il Diploma professionale di Tecnico, al termine dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale, di sostenere uno specifico esame di Stato che permetterà l’accesso all’Università e all’Alta Formazione.

L’EDITORIALE - di Adelino Amistadi

Continua dalla Prima Gran parte del Paese ne è consapevole ed ha partecipato con entusiasmo a tutta la vicenda della sua ascesa al trono, convinta che finalmente avremo avuto in Italia il governo dei “migliori”. Il Governo dei “competenti”. Il Governo dei “meritevoli”. Per troppo tempo abbiamo visto, nei posti di comando delle istituzioni, quelli che magari a scuola si facevano passare i compiti dai compagni. Furbi a scuola, furbi nella vita, furbi nella politica. Mario Draghi nel suo primo discorso alla Camera ha messo in luce il suo straordinario carisma. Con una umiltà stupefacente ha sorpreso quanti si aspettavano un discorso breve che invece è andato avanti per quasi un’ora, senza enfasi, ma con ponderata, chiarezza e realismo. Due sono le parole chiave più volte richiamate nel suo discorso: dovere e competenza. Il dovere d’essere uniti per affrontare i problemi, pensando prima di tutto ai giovani. La competenza per trovare soluzioni giuste in un momento così drammatico e difficile. Dovere e competenza sono

Ed ora, Mario Draghi governi forse le due parole chiave del discorso di Mario Draghi alle Camere. Parole sante e poco usate in Italia dove si è abituati a ricordare più i diritti che i doveri e dove la competenza non è mai stata gran che di moda, soprattutto in questi ultimi anni. Avendolo ascoltato con attenzione in diretta alla Tv, mi ha richiamato alla memoria il nostro grande Alcide De Gasperi, asciutto, chiaro, sobrio, ma concreto e previdente. Ed ora Draghi governi. Ed imponga la sua grande cultura e la grande esperienza a quanti ha chiamato in Consiglio, senza se e senza ma. Anche perché in caso di insuccesso, all’estero avranno un unico pensiero sull’Italia: se non c’è riuscito nemmeno Draghi, vuol dire che per

l’Italia non c’è più niente da fare, è insalvabile. Per un Paese come il nostro stritolato da un debito pubblico pazzesco, sarebbe la condanna a morte. Farebbero bene a riflettere su questo punto i partiti, le minoranze, ma anche le lobby che da anni tengono in scacco la nostra terra. Tutto sommato anche Conte aveva lavorato bene. E’ vero che a un certo punto s’è fermato, s’incagliato e non ha saputo trovare vie d’uscita, ma bisogna riconoscergli d’aver governato l’Italia in uno dei momenti peggiori della sua storia. Ora però le cose sono cambiate. Bisogna rimettere in moto il Paese. O ci si rimette in moto e si va avanti, o si torna indietro e si casca ne dirupo. Se Draghi non ce la fa, diventiamo in poco tempo

come la Grecia. Perchè la reputazione che quest’uomo ha nel mondo fa si che agli occhi dei grandi investitori di tutto l’occidente lui rappresenti l’ultima spiaggia per l’Italia. ci porta a crescere o ci porta a fondo. Ma Draghi riuscirà a fare miracoli? Sono convinto che ce la faccia, anche se mi rimane qualche dubbio. Ho letto da qualche parte una similitudine molto azzeccata. Avere Draghi è come avere un pilota e campione di Formula 1 costretto a guidare una vettura vecchia e scassata, che ha i freni da rifare, le candele sporche, le gomme liscie, gli specchietti rotti...è un po’ così che si trovano le nostre istituzioni e pensare di rimetterle in sesto è l’impresa più ardua che spetta al nostro

formidabile Pilota. Il vero problema per Draghi è che dovrà governare con il consenso e l’approvazione di partiti non sempre affidabili. E qui sta il pericolo. Le divisioni e le battaglie di bandiera di questo o quel partito, di questa o quella fazione, rischiano di frenare un po’ tutto. I primi segnali sono già arrivati e rischiano di moltiplicarsi nei prossimi mesi. Leader o presunti tali sono già pronti a darsi battaglia. Per questo (è il messaggio di Draghi ai partiti) il Governo ha bisogno di unità che “è un dovere,non un’opzione”. Un governo per “una nuova ricostruzione”, come dopo la fine dell’ultima guerra. Ma, ed è questo il problema di Draghi, alla guida dei partiti d’allora c’erano personaggi come

De Gasperi, Nenni e Togliatti. Questa è la sfida alla quale ha chiamato a raccolta tutti i partiti e tutti gli Italiani il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che merita la nostra riconoscenza per aver concepito un disegno strategico, forse l’unico e forse l’ultimo, capace di garantire una stagione di governo che ci porterà fuori dal guado in cui s’è cacciata. Draghi è l’unico che può farcela. Insomma, il discrimine Draghi, un prima e un dopo che potrebbero segnare felicemente la svolta dell’Italia, il suo rilancio e il suo ritorno nel ruolo internazionale che s’era meritata. Senza indulgenze ed ottimismi fuori luogo, con spirito e costruttivo, vogliamo crederci.


Azienda sanitaria

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Vaccinazione anti covid-19 per il personale scolastico Nella prima fase della campagna vaccinale la priorità viene data al personale delle scuole materne e dei nidi, maggiormente esposto al rischio di contagio visto che i bambini piccoli non portano la mascherina. Gradualmente verrà coinvolto tutto il personale docente e non docente delle scuole di ogni ordine e grado. Sul sito dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (https:// www.apss.tn.it/) è disponibile l’elenco

Completata con successo la vaccinazione delle Rsa e del personale sanitario dipendente si prosegue ora con gli over 80 e il personale scolastico degli asili nido e delle scuole dell’infanzia trentine. Grazie alla disponibilità del vaccino

AstraZeneca, più facile da conservare e somministrare, insegnanti e operatori scolastici possono vaccinarsi dal proprio medico di famiglia. Sarà vaccinato tutto il personale scolastico, fino ai 65 anni di età.

dei medici di medicina generale che aderiscono alla campagna di vaccinazione. Per prenotare il vaccino bisogna quindi contattare il proprio medico di famiglia. Chi ha un medico che non aderisce alla campagna e chi non ha un medico in Trentino ma lavora qui può prenotarsi al CUP online

(https://cup.apss. tn.it/#/main/home) e fare la vaccinazione nelle sedi vaccinali dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari. Al momento della prenotazione bisognerà indicare, oltre al codice fiscale e al numero di tessera sanitaria, anche la scuola/istituto di appartenenza. Chi ha un medico che aderisce alla campagna di vaccinazione non potrà prenotare tramite CUP. La seconda dose di vaccino sarà somministrata a dieci settimane dalla prima.

Per chi soffre di gravi patologie il vaccino AstraZeneca non è indicato e quindi si consiglia, dopo aver consultato il proprio medico, di attendere la somministrazione dei vaccini Pfizer o Moderna. I vaccini sono sicuri ed efficaci. Vaccinarsi contro il Covid-19 in maniera convinta è fondamentale per ridurre l’impatto della malattia sulla popolazione e per ricominciare a riappropriarci, lentamente, della nostra vita e della nostra libertà.

NeMO Trento a Villa Rosa: un centro d’eccellenza per i malati di Sla, Sma e distrofie muscolari Oggi anche il Trentino ha un centro all’avanguardia per la cura delle malattie neuromuscolari e neurodegenerative, un punto di riferimento per i malati e le loro famiglie: il Centro NeMO Trento, inaugurato alla fine di febbraio all’ospedale Villa Rosa di Pergine Valsugana. La presenza di un’eccellenza come il Centro NeMO sul nostro territorio significa incontrare il bisogno clinico-assistenziale di una comunità di pazienti che ha necessità di avere al proprio fianco un punto di riferimento specialistico, capace di rispondere al bisogno di cura di ciascuno. Dopo Milano, Roma, Messina, Arenzano (GE), Brescia e Napoli, con Trento la rete dei Centri Clinici NeMO si arricchisce della sua settima sede, dando continuità alla missione del progetto: voler essere sui territori e vicino alle persone con malattie neuromuscolari. Il Centro Clinico NeMO (NeuroMuscular Omnicentre) è un centro clinico ad alta specializzazione, pensato per rispondere in modo specifico alle ne-

cessità di chi è affetto da malattie neuromuscolari come la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), le distrofie muscolari e l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA). Si tratta di patologie altamente invalidanti con un grave impatto sociale, caratterizzate da lunghi e complessi percorsi di cura e assistenziali, per le quali, purtroppo, al momento non c’è possibilità di guarigione. Queste malattie interessano attualmente circa 40mila persone in tutto il Paese (5mila nelle sole regioni del nord est dell’Italia). Un modello di sanità unico perché, oltre a prevedere un approccio mul-

tidisciplinare, si basa su una concezione della cura che ha come centro dell’interesse la persona e le sue esigenze complessive. Tutto ruota attorno alla persona con malattia neuromuscolare e alla sua famiglia. Al centro NeMO di Trento si effettueranno diverse attività, a partire dalla valorizzazione dell’esperienza clinica e riabilitativa presente nell’ospedale Villa Rosa: dalla diagnosi, ai trattamenti terapeutici e riabilitativi attraverso programmi individualizzati di fisioterapia neuromotoria, respiratoria, logopedica per disturbi del linguaggio e della deglutizione, di terapia occu-

pazionale per il recupero e/o mantenimento delle capacità di eseguire attività della vita quotidiana e, ancora, idrochinesiterapia grazie alle piscine presenti in ospedale, fino alla realizzazione di progetti tecnologici individualizzati per lo sviluppo e il mantenimento quanto più a lungo possibile dell’autonomia nel proprio contesto di vita. Saranno effettuati ricoveri ordinari, servizi ambulatoriali ad alta specializzazione e Day Hospital. Dotato di 14 posti letto, di cui quattro ad alta complessità assistenziale e riabilitativa, quattro day hospital, tre ambulatori specialistici, una palestra, due piscine,

un laboratorio di analisi del movimento, un centro di valutazione domotica e addestramento ausili e una sezione dedicata alla riabilitazione robotica, il Centro NeMO Trento occupa 1.500 metri quadri all’interno dell’ospedale riabilitativo Villa Rosa di Pergine Valsugana. La presa in carico dei pazienti avviene in un contesto accogliente e familiare: il parco con gli abeti secolari, le camere singole e luminose, l’ampia area giochi dedicata ai bimbi, lo spazio relax per gli adulti, la cornice delle Dolomiti che corre sui muri dei corridoi del reparto raccontano di uno spazio che vuole essere

anche una casa per chi lo vive, spesso anche per lunghi e frequenti percorsi di cura. Una casa pensata e voluta con grande tenacia ed entusiasmo dalle associazioni dei pazienti e soci dei Centri NeMO: per questa comunità, il NeMO Trento sarà punto di riferimento e luogo sicuro dove riporre la fiducia oggi e alzare lo sguardo alla speranza di cura domani. L’apertura di NeMO Trento è il frutto di un accordo di sperimentazione gestionale pubblico - privato tra la Provincia autonoma di Trento, l’Azienda provinciale per i servizi sanitari e Fondazione Serena, ente gestore dei Centri Clinici NeMO. Accordo sottoscritto e presentato nell’ottobre 2019 e che ha dato avvio al percorso di collaborazione tra gli Enti promotori, proprio per realizzare quello che oggi è considerato un modello clinico-assistenziale di riferimento nazionale per la presa in carico delle persone con malattia neuromuscolare, senza alcun onere a carico delle loro famiglie.


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Le Giudicarie in numeri

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I dati esposti fanno riferimento al portale https:// covid19trentino.fbk.eu/ curato dalla Fondazione Bruno Kessler sul quale è possibile accedere sia dati giornalieri che allo storico di contagi, ricoveri e decessi a partire dal marzo 2020 sia in forma aggregata che per comune. Al 23 febbraio 2021 i trentini in fase di positività erano 3.036 di cui 2.764 presso il proprio domicilio, 22 in RSA o struttura intermedia, 132 ricoverati in malattia infettiva, 42 ricoverati in alta intensità e 32 in terapia intensiva. Dal 3 marzo 2020, data di inizio della raccolta dati, al 23 febbraio 2021 sono risultati positivi al test 32.896 trentini; di questi sono già guariti in 28.598 (86,9% dei positivi) con un numero di decessi che è arrivato al 3,8% del totale (1.262 casi). In questa fase non c’è ancora modo di accedere ad informazioni relative alle fasce di età e al genere della popolazione colpita lasciando purtroppo il lettore privo di elementi fondamentali ad esempio per una adesione informata alle proposte vaccinali che saranno, speriamo, presto disponibili sul territorio. Nella tabella di seguito riportiamo in modo sintetico, per ogni comune giudicariese e per ambito, il riepilogo della situazione con i tassi di incidenza dei positivi sulla popolazione totale e i dati puntuali relativi a numero di positivi, guariti, deceduti, e i positivi al 23 febbraio. Da notare come in Trentino solo il comune di Pieve Tesino abbia superato i comuni di Bleggio Superiore e Pieve di Bono Prezzo nell’incidenza dei positivi sulla popolazione totale (12% Pieve Tesino, 11% Bleggio Superiore e Pieve di Bono – Prezzo). Borgo Chiese con il suo 8,8% si colloca all’9° posto tra tutti i comuni trentini. Segue Sella Giudicarie ma al 29° posto con una incidenza totale del 7,5%.

Un anno di Covid

I numeri della pandemia di Virginio Amistadi A un anno di distanza dall’inizio della pandemia i dati disponibili, seppure in continua evoluzione, iniziano, purtroppo, ad acquisire una significatività statistica ben definita che ci

permette di proporre un primo bilancio dell’impatto della malattia sul nostro territorio provinciale e in Giudicarie.

TASSI DI INCIDENZA DEI POSITIVI SULLA POPOLAZIONE TOTALE, TOTALE POSITIVI, GUARITI, DECEDUTI E POSITIVI AL 23 FEBBRAIO Numero di abitanti Borgo Lares

% popolazione N. positivi da positiva inizio pandemia

Guarigioni

Decessi

Positivi al 23/02/2021

712

6,3

45

43

1

1

Tione di Trento

3.660

6,0

221

204

7

10

Tre Ville

1.395

4,9

68

62

3

3

Giudicarie Centrali

5.767

5,8

334

309

11

14

657

3,8

25

23

1

1

1.994

8,8

175

162

13

0

221

7,7

17

16

0

1

Pieve di Bono-Prezzo

1.443

11,0

153

135

15

3

Sella Giudicarie

2.912

7,5

218

200

6

12

Storo

4.579

5,2

238

225

9

4

Valdaone

1.150

5,4

62

59

1

2

Valle del Chiese

12.956

6,9

888

820

45

23

Bleggio Superiore

1.535

11,0

164

139

9

16

Comano Terme

2.934

5,1

151

125

5

21

Fiavè

1.075

4,4

47

40

1

6

San Lorenzo Dorsino

1.568

2,6

41

37

1

3

Stenico

1.205

4,3

52

43

2

7

Giudicarie Esteriori

8.317

5,5

455

384

18

53

Bocenago

386

4,9

19

15

0

4

Caderzone Terme

684

4,8

33

30

1

2

Carisolo

959

3,8

36

29

0

7

Giustino

742

6,7

50

44

0

6

Massimeno

141

5,7

8

8

0

0

Pelugo

402

6,0

24

14

0

10

Pinzolo

3.041

5,9

178

165

10

3

Porte di Rendena

1.792

4,6

83

80

2

1

Spiazzo

1.252

5,4

68

57

9

2

Strembo

592

4,9

29

28

1

0

Valle Rendena

9.991

5,3

528

470

23

35

Giudicarie

37.031

6,0

2.205

1.983

97

125

Provincia Autonoma di Trento

542.739

6,1

32.896

28.598

1.262

3.036

Bondone Borgo Chiese Castel Condino

Fonte: https://covid19trentino.fbk.eu/#datixcomune. Dati elaborati.


Territorio Un passaggio che sarà pedonale e adatto anche alle famiglie: niente escursionismo o arrampicate sulla roccia, piuttosto una passeggiata nel cuore del canyon, a fianco delle rocce e dell’acqua nel contatto più diretto possibile con la natura. Si parte dalla struttura dell’Hotel Terme - il vecchio albergo che nei progetti dell’azienda consorziale Terme di Comano andrà demolito - per inoltrarsi nella forra e raggiungere le piazzole panoramiche già presenti in località Limarò. Il percorso pedonale in sinistra orografica del fiume si sviluppa soprattutto all’interno della roccia, quindi con scavo su parete, fino al Ponte dei Servi, da dove poi si passa dall’altra parte della Sarca, in destra orografica, con un ponte tibetano di un centinaio di metri per inoltrarsi infine nel bosco riprendendo la traccia di un sentiero già esistente che verrà ripristinato. Con il ponte tibetano ad attraversare la forra si passerà letteralmente sotto il Ponte dei Servi, per una visuale insolita di un manufatto che al tempo della sua costruzione era pionieristico: sotto ai piedi la maestosità della forra e della natura modellata dallo scorrere incessante dell’acqua, sopra alla testa il risultato del lavoro e dell’ingegno umano. Un binomio di una bellezza rara. È proprio questo attraversamento a promettere di essere fra i più suggestivi del percorso di 1,8 chilometri pensato dall’ingegnere

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Il progetto preliminare presentato in Provincia

Limarò, un percorso nella forra da 2 milioni di euro di Denise Rocca

A metà febbraio è stato presentato ai tecnici della Provincia il progetto preliminare per la valorizzazione della Forra del Limarò. Si tratta di 2 milioni e 200 mila euro di investimento, in parte finanziato con fondi del piano di sviluppo territoriale in parte, 110 mila euro fino ad ora ma è previsto un apporto maggiore, sono

Tagliaferri per la forra del Limarò. Si proseguirà poi a riutilizzare le opere realizzate dal servizio ripristino all’inizio degli anni Duemila, che sono la passerella proprio a fianco del ponte Balandin e le due piazzole

già esistenti che si affacciano sulla forra a sbalzo sul vuoto. Le sfide nel realizzare un’opera del genere sono soprattutto di tipo geologico: «Sicuramente è l’aspetto geologico quello più delicato - spiega Tagliaferri - mol-

del Comune di Comano Terme che fa da capofila per i comuni delle Esteriori. Il progetto, realizzato dall’ingegnere Sandro Tagliaferri della Eng Group Srl di Pieve di Bono con un team multidisciplinare, prevede un percorso negli anfratti della forra formata dal fiume Sarca all’ingresso del paese di Ponte Arche.

to del percorso sarà scavato sulle pareti della forra o a sbalzo e questo comporta studi approfonditi della roccia e della sua tenuta». Siamo ancora al progetto preliminare: quello di febbraio era un incontro con i servizi

provinciali che poi dovranno dare il via libera all’intervento per condividere le idee progettuali e confrontarsi su alcuni aspetti in modo da velocizzare il più possibile le procedure. Nei piani delle amministrazioni locali i

tempi prevedono l’approvazione di un progetto esecutivo entro l’autunno, l’appalto dell’opera in inverno e l’avvio dei lavori nella primavera del 2022. «È un’opera importante, molto attesa dai cittadini e dagli operatori economici e turistici - spiega il sindaco di Comano Terme Fabio Zambotti che a metà febbraio ha incontrato i tecnici provinciali e il vicepresidente della Provincia Mario Tonina per condividere il progetto preliminare - e sicuramente in un momento come questo dove serve un impulso all’economia credo sia doppiamente importante. Ci crediamo tantissimo come amministrazione e come comuni delle Esteriori nella valorizzazione di una bellezza unica come la forra e sono convinto che diventerà un elemento centrale nel rinnovo dell’offerta turistica che beneficerà anche dei lavori alle Terme di Comano».


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12

Il Saltaro delle Giudicarie

MARZO 2021

Per continuare con i Piddini, unici draghiani di ferro, se lo tengono e se lo godono. Beati loro. Stupisce la Lega che in poco tempo è passata da “incazzata” per come s’erano messe le cose, a sorridente con dentiera doppia. Ma è solo una questione facciale, dietro le quinte Salvini è roso dal sospetto di aver sbagliato qualcosa. In pochi giorni Draghi l’ha trasformato, l’europeismo è diventato il suo pane quotidiano (con la Nutella, s’intende!), Biden ha spiantato Trump e Salvini è alla ricerca del cappellino pro Biden, quello di Trump neanche sa più dove l’abbia messo, il rosario l’ha dimenticato da qualche parte, anche perché, fin dall’inizio, il rosario nelle sue mani non si è mai trovato a suo agio, continuava a cadergli per terra, c’era qualcosa che non andava, e la “Bestia”, famosa per le sue sparate, ormai è un gatto che fa le fusa. Sono scomparse persino le felpe più disparate, simbolo d’arroganza e di potenza, ormai il Salvin-one felpato è diventato un Salvini-no in giacca e cravatta. Messo così potrebbe aspirare a subentrare a Draghi fra qualche anno. Ma dubito che resista...lui è nato casinista e prima o poi ritornerà alla sua vera indole e allora sì, tornerà a sorridere davvero. Incazzato nero lo è pure Matteo Renzi, l’autore del “golpe”, si fa per dire, che ha portato Draghi a palazzo Chigi. Sembra che a storia finita, lui s’aspettasse mille ringraziamenti, e magari una qualche poltrona prestigiosa, niente da fare, quanto è ingrata la politica, ormai non lo “caga” più nessuno e dovrà quanto prima tornare in Arabia Saudita dal grande principe Bin Salman, forse l’unico amico che gli è rimasto. C’è chi dice, che visto come stanno andando le cose per il suo partito, prima o poi si stabilirà in Arabia Saudita, si convertirà all’islamismo, il Principe Salman gli cederà un centinaio di mogli delle due mila che ospita nel suo harem, ma non tutti gli arabi sono d’accordo, quello, visto i precedenti, è capace di dilaniare persino l’islamismo. Dei 5 Stelle c’è poco da dire. Ormai sono entrati in totale confusione.

Va a dar via i ciap! Mario Draghi, un banchiere, un borghese, un economista, un allievo dei gesuiti, così sobrio, composto, tenace, laconico ed anche elegante, è salito sul trono, osannato dal popolo e dai lecchini di professione che fino al giorno prima della sua entrata in politica non ne volevano sapere. Tutti felici e contenti, tutti noi ci aspettiamo miracoli. “Draghi è un vero drago, non ci deluderà…” così sembra pensarla la maggioranza degli italiani. Adesione totale anche dai parlamentari, applausi e convinto sostegno, anche loro

C’è chi ride e c’è chi piange. Di loro resterà ben poco nel prossimo futuro,a meno che, avendo deciso sabato scorso di affidarsi a Giusppe Conte, non succeda il miracolo. Contenti loro, contenti tutti! Il più contento di tutti è il Berlusca. La sua adesione al governo Draghi è stata più che mai convinta. L’abbiamo visto tutti a Palazzo Chigi salutare l’amico Mario, era raggiante, in piena forma, eppure qualche giorno prima i giornali lo davano per malato grave...ah, ma no, quella è l’allergia che gli viene ogni volta che è chiamato in tribunale per uno dei suoi processi, ecco allora, lo assale un’allergia strana che lo costringe a letto...salvo poi guarire il giorno dopo. Eh..la prescrizione, è il trucco dei ricchi per farla franca...e poi dicono che la giustizia è uguale per tutti. Forse negli altri Stati, ma in Italia, no. Infine la Meloni, tenace donna dell’Italia antica,

donna con le palle, lei mica s’è fatta lecchina, lei è coerente, lei sarà l’unica a far opposizione. E prima o poi il Salvini che ha tradito il centro destra la pagherà e allora saranno guai. Intanto noi, povera gente, continuiamo nella nostra guerra al coronavirus. Siamo all’esasperazione e tutti noi vorremmo urlare al cielo, in schietto dialetto lombardo, il più consono al Covid-19, perché qualcosa succeda: “Va a dar via i ciap, virus della malora, ci stai distruggendo la vita!” “Va a dar via i ciap...” non è roba nostra, di vecchi giudicariesi, tradotta vuol dire “vai fuori dalle scatole...” palle e mi perdoni il buon Dio per il mio linguaggio poco edificante, ma un vecchio Saltaro se lo può permettere se a fin di bene. Il virus ci sta rovinando l’esistenza. E siamo al secondo anno e chissà quando ce la caveremo. Già si parla di una imminente terza ondata con tut-

19 marzo 2020

sembrano essere contenti di come la storia renziana che ha portato al governo Draghi sia finita nel migliore dei modi. Tutti contenti davvero i nostri politici? Seguiti da vicino nelle loro tane, vi assicuro (un Saltaro non mente mai!) che le loro facce erano tutt’altro che rilassate e sorridenti. A cominciare da Giuseppe Conte che sembra ormai non interessare più a nessuno, s’è perso, lui che ambiva al Conte-3 s’è trovato senza trono, ritto, in piedi, ad aspettare il tram che lo porti a casa.

te le varianti del caso. Bei tempi quando si sentivano i canti e gli applausi dalle finestre e dai balconi, oggi ci spaventa il silenzio tombale che disarma la gente. Non c’è paese che sorrida, grugni e maledizioni ovunque. Nessuno più ormai ha fiducia nel “ce la faremo! “ del febbraio dell’anno scorso, all’inizio della pandemia. Ad un anno di distanza c’è piuttosto da chiedersi “ce la faremo?” con tanto di punto di domanda. Stanchezza, sconforto, smarrimento e irritazione sembrano essere i sentimenti più diffusi. La nostra vita è ormai segnata giornalmente dai bollettini di guerra: quanti i positivi, quanti gli ospedalizzati, ma soprattutto quanti i decessi. Il tutto mentre continua la commedia dei così detti “esperti” che si smentiscono a vicenda, contraddicono i bollettini ufficiali, e, magari, cambiano parere un giorno sì ed uno no. E poi arrivano gli intellettualoidi di turno che si

chiedono se l’obbligo della mascherina non sia applicabile in quanto potrebbe essere un privazione della libertà individuale. E, infine, ci sono gli illustri strateghi esperti di pandemie che litigano tra chi vorrebbe un lockdown più severo e chi sostiene invece l’immunità di gregge, tanto per capirci, chi vorrebbe soffocare il virus e chi invece vorrebbe farlo circolare per eliminare i deboli ed i più fragili e salvare il resto dell’umanità. “Ma va a dar via i ciap!” Qui è proprio il caso di dirlo. Ovvio che questa gran carnevalata mediatica ha generato nella maggior parte di noi solo ansia e confusione. Come non comprendere se taluni per proteggersi preferiscono far riferimento alle tre regole d’oro d’altri tempi: tisana d’ortiche, l’acqua di Lourdes e la grappa nostrana? Oltre tutto sembra che funzioni! “Uniti ce la faremo!” ci

viene detto dal pulpito della politica. Mah...lo spettacolo a cui assistiamo è quello della generazione dominante che vorrebbe il confinamento (scuole chiuse) per i propri figli ipotecando così il loro futuro e magari che vorrebbe mandare in letargo i propri genitori pensando così di aggiungere ancora qualche anno alla loro vita, al diavolo la qualità della vita...tanto sono anziani, neanche se ne rendono conto! E va a dar via i ciap! Torno a dire. Forse abbiamo un po’ tutti perso la bussola. La situazione è eccezionale ed oggettivamente molto difficile, piena di incognite e da prendere sul serio. Ma “vada-via-il- covid”, ce la faremo. Senza troppe prediche, divisioni intemperanze, e disinformazione. Dovremo cercare, pur tra mille difficoltà, maggior equilibrio, pacatezza, sobrietà, anche se queste virtù fanno meno “audience” del chiacchiericcio televisivo. Nonostante la disillusione di una società e di una medicina più fragili di quanto credessimo, proviamo a ritrovare un po’ di normalità e di fiducia. Senza questi ingredienti, insomma senza la voglia di vivere, serviranno a poco i molti milioni dello Stato messi a disposizione per sostenere la nostra economia. Parole sante del nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi. “ Va da via il covid!” e torniamo a sorridere... e come dice un detto africano. “Hai un solo dente? Sorridi almeno con quello!”.


Turismo

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Impianti di risalita: continua la chiusura fino al 15 febbraio secondo quanto stabilito dal Dpcm

Ap Gli spostamenti tra regioni sono vietati, ma è possibile raggiungere le seconde case

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Turismo

MARZO 2021

Definitivo no all’apertura di impianti e piste. I maestri di sci senza lavoro e indennizzi da un anno

Montagna bianca: ferma e in gravi difficoltà

Aldrighetti: “È dura per noi imprenditori, ma di più per i nostri stagionali, per loro è un dramma” L’albergatore Fausto Aldrighetti, proprietario e gestore, insieme alla sorella Cristina, dell’Hotel Alpina a Madonna di Campiglio, struttura per l’ospitalità di lunga tradizione, un tentativo l’ha fatto. Il 7 gennaio ha aperto il suo hotel, ma il 17 dello stesso mese lo aveva già chiuso. “È stata una mini apertura di dieci giorni – racconta Aldrighetti – durante la quale gli arrivi non hanno raggiunto le dieci persone. All’inizio dell’inverno, considerato che i protocolli per il settore alberghiero e della ristorazione erano già stati ampiamente collaudati l’estate precedente e che sui protocolli per la gestione degli impianti e delle piste da sci si era fatto e si stava facendo un gran lavoro di definizione, discussione, rimaneggiamento e perfezionamento, ci aspettavamo, come operatori del turismo, di poter lavorare, al minimo, anche con qualche ulteriore restrizione, ma di lavorare”. Invece così non è stato. Dall’inizio di dicembre, data canonica per l’avvio della stagione turistica invernale, a Madonna di Campiglio, a Pinzolo e in Val Rendena si è vissuto, nei fatti, un nuovo lockdown. “La stagione non è mai partita – prosegue l’albergatore di Madonna di Campiglio – e oggi viviamo di speranza unita alla consapevolezza che sarà difficile venirne fuori”. Sia per gli imprenditori del turismo che per i loro collaboratori che, a causa delle stagionalità concentrate sull’inverno e l’estate, sono principalmente stagionali. “Sarà dura per noi operatori – precisa Aldrighetti – ma tirando la cinghia, con qualche nuovo e congruo ristoro per il 2021, la dilazione del pagamento dei mutui e la concessione di liquidità da parte della banche ce la possiamo fare. I nostri collaboratori, sui quali la mancanza del lavoro pesa come un macigno anche dal punto di vista psicologico, rischiano invece il baratro”. Un esempio concreto. “Il mio staff, fidato e di lunga data, lavora circa 4 mesi

Se, per i più ottimisti, un barlume di speranza era ancora riposto nel mese di marzo, con il nuovo Dpcm, il primo firmato da Mario Draghi, è definitivamente tramontata la possibilità di riaprire impianti di risalita, piste da sci e attività collegate al mondo neve: dagli hotel tuttora desolatamente chiusi ai ristoranti, dalle scuole di sci ai servizi in inverno (dicembremarzo) e 3 in estate (metà giugno-metà settembre), percependo, nei restanti mesi, la disoccupazione che è terminata lo scorso novembre. Da allora i miei collaboratori non percepiscono più nulla, oltre ad essere esclusi, al momento, dalle categorie alle quali sono destinati i ristori”. E questo vale, in generale, per tutti i lavoratori stagionali impiegati, durante l’inverno, nei vari settori economici. I prossimi anni? “Saranno difficilissimi”, conclude Fausto Aldrighetti aggiungendo: “Sperando che la campagna vaccinale acceleri, il 2021 sarà drammatico, il 2022 complicato e il 2023 vedrà qualche luce. Occorre cambiare i nostri paradigmi, e mi riferisco a noi albergatori e alle funivie, di pensare e fare turismo abbandonando la politica dei numeri a tutti i costi. Non possiamo ricominciare da dove ci siamo lasciati, sarebbe uno sbaglio”. Andrea Sini, direttore della Scuola di sci Adamello-Brenta, rappresentante delle scuole e dei maestri di sci nel Cda dell’Azienda per il Turismo Madonna Campiglio Pinzolo Val Rendena, fa un’analisi dello “stato di salute” della sua categoria tanto precisa quanto preoccupante. Da oltre un anno i maestri di sci (ad esclusione del ristretto gruppo di istruttori/allenatori delle società agonistiche) non lavorano e l’unico ristoro del quale hanno beneficiato sono stati i 600 euro della scorsa primavera destinati ai lavoratori autonomi. Null’altro è arrivato, né da Roma né da Trento. Solo per Madonna di Campiglio e Pinzolo si parla di 300 tra maestre e maestri di sci e snowboard. “Fino a qualche settimana fa – spiega Sini – la speranza di ripartire e ricominciare a lavorare ci dava un po’

di adrenalina. Ora c’è solo delusione. La conclusione anticipata della stagione invernale 2019/2020 ha pesato sul reddito per un 20% circa, che abbiamo gestito con il buon andamento della stagione fino alla vigilia del lockdown. È importante dire che sul nostro territorio l’attività di maestro di sci è fonte principale del reddito annuale di chi la svolge. Poi, aggiungo che insieme a noi è colpita tutta una serie di lavoratori stagionali: chi si occupa della segreteria e dei noleggi annessi o gli autisti dei pulmini. In più, il disagio si muove su due versanti: i maestri di sci intesi come singoli professionisti da una parte, le scuole di sci, che da oltre un anno sono prive di entrate economiche, ma devono far fronte ai centri di costo fissi come le bollette, gli affitti, le tasse e il commercialista, dall’altra. C’è bisogno di sostegno economico sia per le persone fisiche, per tenere in piedi le famiglie, ma anche per le scuole di sci. Se questo non avverrà, molte chiuderanno e sarà un grave danno per la destinazione, una perdita che si farà sentire pesan-

collegati. La stagione turistica invernale 2020/2021 non è esistita e, nel momento in cui il numero di marzo del Giornale delle Giudicarie sta andando in stampa, la pandemia continua a dirigere i fatti del mondo, il Trentino è “colorato” di arancione e gli inverni vivaci e internazionali di Madonna di Campiglio e Pinzolo sembrano un ricordo.

temente quando la località ricomincerà a vivere e lavorare”. Anche sul fronte commerciale le conseguenze della pandemia e della “non stagione” si fanno sentire in modo grave, come ci spiega Roberta Lorenzi anima, insieme al marito e ai figli, della Coltelleria Lorenzi a Madonna di Campiglio, boutique elegante e ricercata con i migliori prodotti, comprese numerose rarità, del mondo degli oggetti legati alla coltelleria. “Anche in questo momento rimaniamo una bottega vecchia maniera – racconta Roberta Lorenzi – preferendo alle vendite online il contatto diretto con la nostra clientela. Per questo motivo risentiamo ancora di più di questo momento molto difficile per il nostro settore. Quanto proponiamo non è necessario e non può prescindere dal rito della vendita, va raccontato. Se attribuiamo alla nostra attività una scala di grandezza siamo passati da dieci a uno. C’è stato un crollo generale per tutti gli esercizi commerciali e dalla fine di novembre, quando abbiamo aperto, viviamo grazie ai clienti

storici e ai proprietari di seconda che si concedono ancora qualche coccola. Il nostro negozio ha una gestione familiare e quindi flessibile, adattabile alle esigenze, che ci permette di restare aperti, lieti di accogliere i pochi turisti che si presentano”. Un’altra categoria sulla quale la “non stagione” di quest’inverno si è abbattuta come uno Tsunami, è quella dei noleggi con concludente (Ncc). A parlarne è Giulio Bonomi, proprietario di Ingoviaggi Dolomiti Transfer ed esperto driver che da anni effettua viaggi per e da Madonna di Campiglio. “La mia ditta e numerose altre – precisa Bonomi – sono nate dall’esigenza generata dalle dinamiche turistiche di portare a Campiglio soprattutto gli ospiti proveniente dall’estero, svolgendo quindi servizio transfer da e per gli aeroporti di riferimento del nord Italia. La stagione scorsa, fino a marzo 2020, è proseguita molto bene poi, dal lockdown di primavera, tutto si è fermato. In estate abbiamo lavorato un po’ ad agosto, circa il 40% della nostra consueta capacità, e l’in-

verno 2020/2021, la stagione altamente turistica, per noi Ncc quella fondamentale per costruire il bilancio annuale, non c’è stata. Il turismo è una filiera e se la filiera è ferma siamo fermi anche noi. Aver perso l’inverno è una disgrazia, un danno enorme a livello economico. In più ci è stata tolta la dignità del lavoro che è una parte fondamentale della nostra vita”. ANEF: SERVONO MISURE E INDENNIZZI Anef, l’Associazione nazionale degli esercenti funiviari, che rappresenta, in termini numerici e di fatturato, oltre il 90% delle imprese attive in Italia, ha chiesto al nuovo Governo Draghi di riprendere il confronto sulla concessione di indennizzi commisurati al danno subito dalle società funiviarie, riprendendo i discorsi già avviati nei mesi scorsi, a tutela di tutta la filiera turistica montana e dei suoi lavoratori. “Tante imprese – riferisce Anef – sono a rischio chiusura e ci sono oltre centomila lavoratori, tra fissi e stagionali, in tutto l’indotto che sono ancora senza alcun sussidio economico, la maggior parte residenti nelle vallate di montagna. E non può essere ignorata anche la situazione dei lavoratori: sia fissi, circa il 35-40% del totale, per i quali sarà necessario prevedere il prolungamento della cassa integrazione, ma soprattutto dei 10.000 lavoratori stagionali (che diventano 90.000 se si valuta l’indotto). Attualmente tutte queste persone, per lo più residenti nelle vallate di montagna, risultano prive di qualsiasi ammortizzatore sociale o altra forma di sostegno al reddito. Dare un segnale di speranza a queste famiglie, per evitare una grave crisi sociale e la perdita di importanti competenze professionali maturate in molti anni di attività (macchinisti, piloti dei mezzi battipista, tecnici degli impianti di innevamento programmato, soccorritori, ecc.) è una priorità assoluta”. (A.V.)


Europa

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La forza della sovranità condivisa Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine”. Con queste poche righe il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Draghi, ha dato nelle sue recenti dichiarazioni programmatiche in Parlamento per chiedere la fiducia al suo Governo un’incisiva impronta al cammino lungo il quale l’Italia deve continuare il suo percorso verso il futuro. Poche parole con le quali egli ha pure ripreso, ridandole forte vigore, le visioni che i coraggiosi e lungimiranti padri fondatori del Progetto di unità europea, fra cui il nostro grande Alcide De Gasperi, hanno posto alla base di quell’unità dei popoli europei che ora viviamo nell’Unione europea; un’unità che ci ha garantito il supremo bene della pace. L’Euro, per salvare il quale nel turbinio della crisi finanziaria il presidente Draghi ha avuto un ruolo determinante, dovrà continuare ad essere un insostituibile strumento per

di Paolo Magagnotti “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree

definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani, ancora più vicini ai nostri territori di origine o residenza. Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea.

unire e far crescere le nostre economie su una piattaforma europea aperta al mondo. L’accelerazione dell’integrazione europea sarà un ancoraggio insostituibile per salvare, promuovere e far crescere le Nazioni, alle quali nessuno vuol negare un sentimento di appartenenza. Tutti gli Stati membri dell’Unione europea devono rendersi conto e essere coscienti che solo un robusto bilancio pubblico europeo comune potrà far fronte a crisi di dimensioni tali che uno Stato nazionale da solo non può nemmeno sognarsi di affrontare e superare. La pandemia da coronavirus docet. Tuttavia, l’Unione europea per poter promuovere e gestire le politiche necessarie per il bene di tutti i popoli europei non può basarsi solamente su auspici e

compresa la forza della sovranità, che lascerebbe gli illusi avvolti in un’amara nostalgia. Per certi aspetti il Presidente del Consiglio, nel riconoscere gli Stati nazionali “riferimento dei nostri cittadini”, ma indicando che al tempo stesso “nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale” ad un’entità superiore che possa meglio soddisfare le esigenze dei cittadini stessi, si richiama pure a quel fondamentale principio della sussidiarietà ancorato nel corpo giuridicoistituzionale dell’Unione europea con il Trattato di Maastricht nel 1992. Un principio presente da secoli nel discorso politico e filosofico ma formulato per la prima volta dalla Dottrina sociale della Chiesa cattolica con l’enciclica “Quadragesimo anno”

buone intenzioni; le Istituzioni sulle quali l’Unione si basa devono avere il potere di poter agire. Serve, cioè, che gli Stati nazionali che ne fanno parte le conferiscano le competenze necessarie. Ciò non significa evidentemente spogliarsi di ogni potere e perdere tutte le proprie sovranità. No, nulla di tutto ciò. Servono, tuttavia, e serviranno sempre più, rinunce a sovranità nazionali per avere “sovranità condivisa”. E se qualcuno avesse dei dubbi sul significato e sulla forza di queste due parole, il presidente Draghi richiama in maniera incisiva al realismo chi ancora volesse continuare a vivere esclusivamente nel sogno sovranista, ricordando che “non c’è sovranità nella solitudine”. Nella solitudine tutto si può perdere,

MANGIARE BENE, VIVERE M E G L I O.

di Pio XI del 15 maggio 1931. Un principio basilare che unitamente alla solidarietà deve costituire colonna portante della società. Ogni persona, ogni comunità grande o piccola che sia, dalla municipalità allo Stato nazionale, deve compiere ogni sforzo per soddisfare da sé le proprie esigenze e quando questo non è possibile un’entità superiore e più capace di interventi per far fronte adeguatamente ai bisogni dei cittadini deve poter intervenire. Ed ecco, quindi che, “nelle aree definite dalla loro debolezza” gli Stati Nazionali, devono cedere, o “condividere” loro sovranità a un’entità in grado di meglio soddisfare i bisogni dei propri cittadini. Non si deve peraltro attendere di essere immersi in una grave crisi per poter fare determinate

scelte; serve pure essere lungimiranti lasciando da parte talvolta l’orgoglio nazionale e consentire che altri, nel nostro caso l’Unione europea, facciano quello che può e deve essere fatto. Tutto questo evidentemente, coscienti che la perfezione non è una virtù dogmatica. Qui aggiungiamo che è anche Alcide De Gasperi a richiamarci a quello spirito che troviamo nelle dichiarazioni del presidente Draghi. Commentando a Parigi la firma dell’accordo sull’Alto Adige firmato il 5 settembre 1946 con il ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber, lo Statista trentino disse: “l’esperimento di una minoranza libera e garantita costerà qualche sacrificio anche all’orgoglio italiano, ma esso è fatto per la fraternità dei popoli”. L’orgoglio può essere certamente forza nel nostro essere e agire, ma se qualche rinuncia viene fatta per il bene nostro e degli altri, non significa perdita di dignità, bensì opportunità e saggezza.

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MARZO 2021

La nuova normativa consente di trasformare fino al 10% del patrimonio residenziale in alloggi

In Trentino nuovi appartamenti turistici Intervista all’assessore provinciale Mario Tonina Il Consiglio provinciale nell’agosto scorso ha approvato, su sua proposta, una norma che consente ai Comuni di trasformare il 10 per cento del volume residenziale esistente nei rispettivi territori, in alloggi per il tempo libero e la vacanza. Quali sono in sintesi le motivazioni che hanno portato a questa proposta? Le motivazioni sono essenzialmente due. La prima: la norma consente, in ragione degli avvenimenti legati alla pandemia e alle modifiche che essa ha indotto sui modelli di ricettività, richiedendo una maggiore disponibilità di appartamenti per le vacanze, interventi di recupero, con cambio d’uso, del patrimonio immobiliare esistente, caratterizzati da una riqualificazione sotto il profilo architettonico energetico e paesaggistico che possano assicurare anche ricadute territoriali sotto il profilo economico. La seconda motivazione: a quindici anni dall’entrata in vigore della disciplina della residenza ordinaria e per tempo libero e vacanze (legge provinciale 11 novembre 2005, n. 16), nella conferma sostanziale degli obiettivi della legge e dei suoi provvedimenti attuativi, si intende consentire – mediante gli strumenti di pianificazione urbanistica – una ricognizione sul patrimonio edilizio esistente per individuare un dimensionamento massimo per il cambio d’uso. I Comuni – entro il 31 dicembre 2021 – fissano la quota massima degli interventi di cambio d’uso per la realizzazione di alloggi per tempo libero e vacanze su edifici esistenti alla data di entrata in vigore di questa legge nel rispetto di una serie di condizioni, finalizzate alla riqualificazione architettonica ed energetica degli edifici e del rispetto di quanto realizzato per rispondere al fabbisogno abitativo primario. Fino all’individuazione del dimensionamento previsto dal comma 2 e comunque non oltre il 31 dicembre 2021 è ammesso il cambio d’uso di edifici esistenti alla data di entrata in vigore di questa legge in alloggi per il tempo libero e vacanze entro un

di Ettore Zampiccoli Nell’agosto scorso il Consiglio provinciale ha approvato, su proposta dell’assessore all’urbanistica Mario Tonina, una norma che consentirà ai Comuni che lo vorranno di trasformare fino al dieci per cento del patrimonio residenziale esistente in alloggi per il tempo libero e la vacanza. Quindi, detto in parole povere, nuovi appartamenti turistici. La norma non è cogente per i Comuni: solo i Comuni che riterranno utile tale trasformazione potranno recepire la normativa Tonina. Per gli altri non cambierà nulla. Il provvedimento aveva sollevato qualche perplessità soprattutto da parte dell’Associazione degli albergatori, secondo

la quale l’affacciarsi sul mercato turistico di altri appartamenti ad uso vacanze potrebbe creare una concorrenza immediata con gli alberghi e prefigurare un abbassamento della qualità dell’offerta. Il tema è complesso ed andrebbe approfondito. Tra i Comuni che hanno ritenuto di non far propria la norma Tonina ci sono quelli di Pinzolo, Riva del Garda, Arco e Torbole. Allo stato attuale peraltro non si conosce ancora il numero dei Comuni che hanno fatto proprio questa variazione urbanistica. Detto questo abbiamo chiesto all’assessore Tonina di chiarire il senso di questo provvedimento.

lato molto di regolamentare il traffico e gli accessi.

contingente pari al 10 per cento del dimensionamento per residenza ordinaria individuato a suo tempo con il PRG di adeguamento all’articolo 57, comma 3, della l.p. 1/2008. Pur nel tentativo di rispondere alle dinamiche economico-sociali e di perseguire delle positive ricadute territoriali, la modifica introdotta vuole in ogni caso salvaguardare le scelte condotte dai Comuni, consentendo l’applicazione della nuova disciplina solo laddove non sia stata esclusa la realizzazione di alloggi per tempo libero e vacanze e se, entro il 20 dicembre 2020, i Comuni non andranno ad escludere l’applicazione di questa norma con deliberazione consiliare. Le condizioni fissate per l’intervento di cambio d’uso richiedono che l’intervento sia ricompreso in uno di recupero del patrimonio edilizio esistente che comporti la riqualificazione energetica e architettonica dell’edificio, come spiegato nella norma. Su questa variazione della legge Gilmozzi, se così possiamo chiamarla, abbiamo letto spunti critici da parte di associazioni ambientaliste. Che cosa risponde? Come detto, mi preme sottolineare che la norma fissa delle condizioni per subordinare l’eventuale cambio d’uso a interventi di recupero del patrimo-

nio edilizio esistente; non va inoltre a interessare gli edifici realizzati in corrispondenza delle aree introdotte nei PRG approvati dopo l’entrata in vigore della l.p. n. 15/2015 e rispondenti al fabbisogno abitativo primario, nel rispetto del principio di riduzione del consumo di suolo di cui all’articolo 18 della legge provinciale per il governo del territorio. L’Associazione albergatori ha avanzato perplessità in quanto i nuovi alloggi, ovvero appartamento turistici, andrebbero e creare squilibrio nel rapporto con gli hotel e le altre strutture ricettive. Ovvero sia si ritiene che gli alloggi turistici vadano ad incidere negativamente sulla qualità del turismo, portando turisti di profilo medio basso. La sua opinione in proposito? Dicevo prima che la norma risponde anche agli avvenimenti legati alla pandemia e alle modifiche che essa ha indotto sui modelli di ricettività, richiedendo una maggiore disponibilità di appartamenti per le vacanze. Cambiamo argomento. Lei presiede la Fondazione Dolomiti UNESCO, nel 2019 si sono celebrati i dieci anni del riconoscimento. Il Covid in questo momento fa passare in secondo piano tanti problemi, compreso quello della tutela dell’ambiente e dei passi dolomitici. Si è par-

Quando il Covid sarà passato è presumibile che questo tema torni a galla. Lei in proposito ha già un Suo percorso da proporre? Credo fermamente nella forza della condivisione. Anche se i passi dolomitici sono esterni al sito UNESCO, è chiaro che una gestione sostenibile dei flussi è interesse di tutti in un’ottica di miglioramento della qualità della visita. Questo è il punto centrale. Gli studi commissionati proprio dalla Fondazione nel 2014 sui principali passi dolomitici hanno dimostrato che le maggiori criticità riguardano la qualità percepita della visita. Non è tanto una questione di inquinamento atmosferico o acustico, lo studio di EURAC su questo è molto chiaro. La sfida maggiore è gestire flussi di auto private, che si concentrano in pochi giorni all’anno e in alcune ore all’interno di queste giornate picco. Per dare un’idea della situazione, ricordo che proprio questo studio ha rilevato che il giudizio sulla qualità pag. 12 della visita al Passo Sella dei turisti provenienti da Austria, Germania e Svizzera è stato nell’80% dei casi da mediocre a molto negativo. Questo non va sottovalutato: qui c’è in gioco il futuro anche economico dei nostri territori. Se questi hotspot (Passo Sella in questo caso, ma anche le Tre Cime e il lago di Braies analizzati in altri studi) si degradano e perdono attrattività, i turisti non tornano e scelgono altre destinazioni. Ancora una volta, i dati ce lo dimostrano: la percezione della qualità della visita alle Tre Cime è in calo da anni. È un campanello d’allarme che non possiamo sottovalutare. Questo è il punto di partenza su cui

lavorare insieme, a livello interregionale e utilizzando la Fondazione Dolomiti UNESCO che è una piattaforma di confronto che ci aiuta molto a gestire in maniera coordinata il Patrimonio Mondiale e le cosiddette “aree di transizione” tra i nove sistemi del Bene, dove appunto si trovano i principali passi dolomitici. Sono convinto che, passata la situazione di emergenza, anche i colleghi delle regioni e province confinanti condivideranno l’opportunità di confrontarsi puntualmente su questa tematica. A questo proposito è della fine di gennaio una mia nota in risposta ad una del Vicepresidente della Provincia autonoma di Bolzano, Daniel Alfreider, in cui

metto in evidenza la piena condivisione dell’auspicio alla collaborazione tra gli Enti territoriali rispetto al tema del traffico sui passi dolomitici attorno al Gruppo Sella. Nella mia nota ho messo in evidenza la necessità di individuare ed avviare insieme misure concrete per una gestione dei flussi e mi sono anche reso disponibile, in qualità di Presidente della Fondazione Dolomiti Unesco, a portare il tema, quanto prima, all’ordine del giorno del Consiglio di Amministrazione della Fondazione che potrebbe avvalersi di un tavolo di lavoro rappresentativo anche degli altri enti territoriali direttamente interessati.

Le Giudicarie Nel numero di gennaio del Giornale il nostro vispo e irrequieto Saltaro, che dall’alto dei Cieli si conferma sempre instancabile scrutatore dei malanni terreni, ha colto nel fallo una promozione turistica del Trentino corredata da una cartina dalla quale erano assenti nomi delle Giudicarie, terra che ocGENNAIO Il Saltaro cupa un2021 posto del tutto particolare nel suo delle cuore.Giudicarie Apriti cielo! Non ha saputo trattenersi dal condannare simile misfatto e si è speso con tutte le sue energie per rivendicare dignità e diritti dei suoi protetti. Tuttavia, ci vien detto che le Giudicaie sono al sicuro e, al di là dello sgarbo grafico, siano tutt’altro che dimenticate, il che sembra tranquillizzare il nostro Saltaro, che può così volgere altrove il suo severo sguardo investigativo. Di seguito la buona notizia, inviataci dall’Ufficio di Gabinetto dell’Assessore al turismo della Provincia autonoma di Trento e che ben volentieri pubblichiamo.

L’unico paese riportato in cartina di quelle parti è Terme di Comano. Le Giudicarie, quelle importanti, per la Provincia cominciano timidamente a Spiazzo, poi Caderzone, poi Pinzolo e Campiglio. Sembra che ormai le Giudicarie che contano siano Pinzolo e Campiglio, per il resto non gliene frega niente a nessuno. Per cui, seguendo l’allegato in questione, uno che arriva dalla Lombardia deve andare diretto a Pinzolo, e per evitare tentazione neanche si segnano i paesi che incontra, paesi di poco conto, sembra dire la cartina. Che le Giudicarie per la Provincia siano Pinzolo e Campiglio e poco più è da tempo che è risaputo, ma adesso stanno esagerando. Di giudicariese Campiglio ha poco o niente, così Pinzolo, con il resto della Rendena condividono poco, con il resto delle Giudicarie non condividono niente. Ma come si sia potuto arrivare ad un simile affronto nessuno lo sa spiegare. A dir il vero non è la prima volta che la “promotion” della Provincia va in tilt, ricordiamo l’ultimo giro d’Italia con i cronisti della Rai che seguono la corsa con tappa a Campiglio, e che neanche conoscono il tragitto che stanno percorrendo, non citano nè paesi nè valli, e Madonna di Campiglio la sistemano in provincia di Belluno. Altro bell’affare... e nessuno che dice niente, quel che si fa alla Trentino Marketing, non si discute. Quel che stupisce è che il turismo trentino è in mano a due Giudicariesi, ma quando si sale nella scala del potere è facile dimenticarsi delle proprie origini. Poi adesso l’Assessore Failoni ha ben altro da fare, è tutto preso dai “ristori”, ristori di qua, ristori di là, soldi in pratica da distribuire ad alberghi e ristoranti, poverini, sono in crisi, sono alla fame, urgono aiuti sostanziosi, 3 milioni? Troppo pochi...allora facciamo 5...ne servirebbero almeno dieci.

Giudicarie bistrattate, spariscono pure dalle cartine

Le proteste arrivano nell’alto dei cieli, in Paradiso, sfiorando le nevi del Brenta, del passo del Frate e delle più alte cime della nostra terra. E’ tutto un vociare adirato, urla, parolacce, minacce, volgarità, sconcezze contro tutto e tutti, ma in particolare contro la Provincia. Non è facile capire in un simile casino, ma il sindaco Filippo me l’ha spiegato come al solito in maniera netta. In pratica la Provincia ha finanziato un inserto allegato al Corriere della Sera, distribuito in tutta Italia, con l’invito a “scoprire il Trentino” e fin qui tutto bene, ma quando poi si è aperto l’inserto, proprio in seconda pagi-

del virus, cosa dire, come

parte e per noi potrebbero

na, appariva una belle cartina del Trentino, colorata d’azzurro, e, sorpresa, sorpresa, le Giudicarie non apparivano in nessun modo, nessun paese citato, niente da scoprire, deserto assoluto...Oibò! Nessun segno delle nostre eccellenze, del lago d’Idro, di Storo e dell’AGRI 90, la val di Daone fra le più belle valli del Trentino, seppur misconosciuta, niente lago di Roncone, perla dell’alto Chiese, Tione non esiste, Bolbeno men che meno, così come non c’è traccia del Bleggio e del Banale, secondo la Provincia, in Giudicarie non c’era niente da scoprire.

chi confermare Mattarella,

suoi confronti, quella del

il Quirinale da quei quattro


Attualità L’attenzione su Storo è maturata negli ultimi mesi del 2020, quando all’improvviso (almeno pubblicamente, perché da tempo fra gli addetti ai lavori si temeva il fattaccio) la multinazionale americana Lincoln Electric, (erede della Isaf, produzione di fili speciali) ha deciso che il sito storese non riveste più interesse per i propri affari. Cinquanta addetti a casa da un giorno all’altro, e cinquanta famiglie in difficoltà. Il solito ritornello. La notizia cadde in un clima già piuttosto caldo, considerato che nel 2020 altre due aziende, collegate, avevano chiuso i battenti: la Waris e la Schlaefer, produzione di pannelli fotovoltaici. Altri venti e rotti disoccupati. La punteria Ghezzi si è fatta avanti, prima cercando una trattativa con Lincoln per avere in affitto il capannone (trattativa fallita quasi sul nascere, perché la multinazionale non era interessata, temendo una qualche forma di concorrenza), poi contattando Trentino Sviluppo, l’assessorato allo sviluppo economico della Provincia ed il Comune di Storo (che, figuriamoci!, hanno risposto con entusiasmo) per capire gli spazi di manovra. In poche settimane Trentino Sviluppo (che evidentemente non aspettava altro) ha emanato un bando per l’assegnazione di un altro capannone: quello di proprietà di Trentino Sviluppo, utilizzato fino a metà del 2020 da Waris e Schlaefer. Operazione lampo. Primi giorni di gennaio 2021. Trentino Sviluppo emana il bando con poche richieste chiare: chi fosse interessato all’ingresso nel capannone deve garantire ventidue nuove assunzioni e investimenti per almeno 800.000 euro in impianti e macchinari. Durata dell’affitto: sei anni più eventuali altri sei, con un im-

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Sono 22 le assunzioni previste per l’azienda nonesa in Valle del Chiese

L’impresa Ghezzi apre un nuovo stabilimento a Storo di Giuliano Beltrami Occupazione, più croce che delizia delle vallate trentine. Negli ultimi decenni si potrebbe paragonare proprio ad una strada di montagna, con l’alternarsi di tratti alla luce del sole e di tunnel non illuminati. Se ne vanno fabbriche (tunnel) e ne arrivano di nuove (uscite all’aperto), e così si viaggia, fra speranze e delusioni. porto minimo di partenza di 60.000 euro all’anno. La risposta deve pervenire entro e non oltre venerdì 15 gennaio. E naturalmente è pervenuta da Mauro Ghezzi e dalla sua famiglia. Certo, non è la soluzione di tutti i mali, considerato che fra Lincoln, Waris e Schlaefer si sono persi una settantina di posti di lavoro, mentre Ghezzi ne assorbirà poco più di venti, tuttavia è un messaggio di speranza. Anche perché va detto che l’azienda della Val di Non (uno dei leader del settore) arriva a Storo con i migliori propositi: eliminare il 90% dell’importazione di materiale. Obiettivo annunciato con una certa enfasi: mettere in collegamento Storo con il mondo. Tradotto: Ghezzi (partendo da una valle di montagna) esporta i suoi prodotti in 54 Paesi del globo terracqueo, a testimoniare che si può partire anche da

situazioni non proprio felici. Tempi? Tutti concordi: “Rapidi: massimo due o tre mesi per la partenza”. Così hanno assicurato in una conferenza stampa l’assessore provinciale Achille Spinelli, il presidente di Trentino Sviluppo Sergio Anzelini, il sindaco di Storo Nicola Zontini e l’imprenditore Mauro Ghezzi. I primi ad essere riassorbiti saranno gli addetti provenienti da Lincoln, evidentemente inseriti in un settore in qualche modo assimilabile. Quanto alle prospettive di ulteriore sviluppo, si vedrà. Per ora si è accesa la luce. Spunti di storia dell’industria giudicariese Si sa, le Giudicarie furono terra di emigrazione fin dall’Ottocento: arrotini, serve, operai e contadini viaggiarono verso l’Italia, l’Europa e le Ameri-

L’ultima speranza, nella valle del Chiese, è stata offerta nel mese di febbraio da un’azienda nonesa: la trafileria punteria della famiglia Ghezzi di Ville d’Anaunia (stabilimento a Mollaro), quarta generazione di imprenditori nella produzione di chiodi, punti metallici e sistemi di fissaggio per l’imballaggio di legno e dell’industria del mobile. che. Però non sono mancati gli esempi industriali fin dal Secolo Diciannovesimo. Basti pensare alle vetrerie. Nascevano dove c’erano alberi da tagliare e bruciare come combustibile. Allora ecco l’alta Rendena, ecco la Val d’Algone ed ecco soprattutto Basso Arnò, a Tione. In Val d’Algone, nei pressi del rifugio Ghedina, è visibile ancora il fumaiolo, mentre ci si dice che dal terreno ogni tanto affiora ancora qualche pezzo di vetro verde. Quanto all’alta Rendena, a Carisolo, alla famiglia Bonfioli, spetta il merito di un recupero affascinante. Quanto al Basso Arnò, la vetreria Vanini (di grosse dimensioni) ha una storia interessante da raccontare. A causa delle imposte dell’Impero austroungarico l’imprenditore decise di migrare: si trasferì in Italia, in provincia di Verona, precisamente a San Giovanni Lu-

patoto, dove infatti si trovano ancora cognomi tionesi, eredi di quegli operai specializzati che seguirono l’azienda. Ai primi del Novecento arrivarono da Lumezzane (Lombardia, al confine con la valle Sabbia) in terra giudicariese, i Bonomi, industriali meccanici che si insediarono a Tione. E sempre lombardi erano i protagonisti dell’epopea mineraria del basso Chiese. 1894. Un tal Tommaso Fabbri da Pisogne (Valcamonica) in cerca di miniere di ferro, incappò sulle montagne di Darzo nei filoni di solfato di bario: la barite, pietra bianchissima e pesante che frantumata serviva nell’industria delle vernici e per molti altri usi. Nel giro di qualche decennio si insediarono tre aziende principali, mentre altri piccoli cercatori d’oro (l’oro bianco di Darzo, appunto) si avventurarono con

alterne sfortune bucherellando la montagna della zona. Corna Pellegrini, Maffei e Cima sfruttarono lo sfruttabile: fra l’altro Valcornera della Maffei per alcuni decenni fu la miniera più importante d’Europa. E sempre Maffei ha sfruttato a lungo la cava di Giustino per ricavare feldspato. Intorno alle miniere sorsero gli stabilimenti e si sviluppò un indotto di piccoli artigiani che ancor oggi costituiscono il tessuto imprenditoriale della zona. Nel 2009 l’ultima miniera (Marìgole, che era stata la prima ad aprire) ha chiuso definitivamente. Ora tocca alla memoria: l’Associazione Miniere Darzo lavora per non dimenticare. Lo sviluppo vero iniziò dopo la seconda guerra mondiale. Ci sarebbe da raccontare la storia della Sapes (arrivata da Milano a Storo) e quella dell’imprenditore Bagnasco, che sempre a Storo edificò la fabbrica per rettificare i fucili ’91 venduti dall’esercito italiano. Uno di questi, a quanto pare, avrebbe ucciso John Fitzgerald Kennedy, presidente degli Stati Uniti, nel novembre del 1963. Ma ci fermiamo qua, perché la storia ci porterebbe molto lontano.

nella promozione turistica del Trentino Il numero di gennaio de “Il Giornale delle Giudicarie” ha sollevato con una vena decisamente polemica la presunta assenza del territorio delle Giudicarie dalla promozione turistica provinciale, prendendo spunto da una cartina del Trentino, pubblicata sullo Speciale del periodico di Viaggi e Turismo DOVE dedicato all’inverno in Trentino che non riportava appunto diverse località giudicariesi. La cartina in questione non è stata fornita da Trentino Marketing, ma realizzata direttamente dalla redazione di DOVE e nella quale le località e i toponimi inseriti sono quelli che trovano una corrispondenza nei contenuti dei successivi articoli. A riprova di questo, in un analogo supplemento realizzato sempre dalla redazione di DOVE per l’estate 2020 e distribuito con analoghe modalità, la stessa identica cartina riporta le

località di Storo, Valdaone, Tione, Comano Terme, San Lorenzo in Banale citate infatti nei servizi interni. D’altra parte non trova in ogni caso alcuna veridicità il fatto che le Giudicarie siano “bistrattate” da Trentino Marketing, nell’ambito dell’attività di promozione turistica, anzi il contrario. Anche nel corso del difficilissimo 2020 non sono infatti mancate le azioni di comunicazione in Italia e all’estero, sia offline (TV, carta stampata) che online, riguardanti il territorio giudicariese nella sua complessità e varietà. Iniziando dai territori cari al Saltaro, la Valle del Chiese e la Busa di Tione – mentre potremo ritornare su quanto fatto per le Giudicarie esteriori e la Val Rendena in un secondo momento – possiamo evidenziare quanto segue. Per quanto riguarda la comunicazione offline, in Italia abbiamo spinto più volte sui

”Borghi più belli d’Italia” trentini con Bondone, Rango e San Lorenzo, sui laghi e sulle esperienze fishing e outdoor. Nel dettaglio sono stati realizzati diversi speciali e monografici estivi dedicati al Trentino, come TRAVELLER di Vanity Fair (156.000 copie), con borghi, fishing, lago Roncone Bandiera blu, Val di Fumo, canyoning nel Palvico e Val di Breguzzo; SPORTWEEK (+100.000 copie) con la ciclabile del Chiese, il Kitesurf sul lago di Idro, i percorsi nelle gole, il bike, il fishing e il canyoning in Val di Breguzzo; DOVE allegato a Io Donna (214.000 copie) con Bondone, trekking nel Chiese, Breg Adventure Park, allevamento bovini Artini e alcune strutture ricettive; QN ITINERARI con i Laghi di Roncone e Idro (bandiere blu) e il Breg Adventure Park. Nello speciale inverno ALBUM REPUBBLICA (circa 182.000 copie) abbiamo ri-

compreso una pagina dedicata ai 6 Borghi più Belli d’Italia, con Bondone, Rango e San Lorenzo. Proseguendo questa carrellata, in televisione segnaliamo Melaverde di Canale 5 con la puntata dedicata alle trote di Storo, e Geo, girata nel mese di gennaio 2021 in Valle del Chiese. La Valle del Chiese e le Giudicarie centrali sono state poi presenti in circa 20 uscite su stampa e web nel corso dell’anno tra le quali si segnalano Il Giornale-Stile, QN (La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno), La Gazzetta di Parma, con articoli dedicati ai 6 Borghi, LaStampa.it con il Breg Adventure Park, Il Messaggero con pezzo e box sull’arrampicata in Val Daone e box dedicato al rifugio Lupi di Toscana, oltre lo speciale Borghi di TGCOM24 con circa 38 milioni di visualizzazioni mensili. Inoltre i 3 Borghi giudicariesi appaiono nella Guida Borghi del Tren-

tino pubblicata nel 2020. Per quanto riguarda l’estero, tra il resto segnaliamo l’articolo dedicato alla Valle del Chiese uscito sul magazine specializzato tedesco Outdoor (40.000 copie). Per la imponente campagna estiva “Respira” è stato utilizzato uno scatto realizzato sull’Alpo di Storo e Bondone con il Lago d’Idro. La doppia pagina ADV con questa immagine e la specifica “Valle del Chiese” è stata pubblicata sulle testate La Repubblica, Corriere della sera, Il Giornale, La Verità e IlSole24ore. In merito alla comunicazione online, la Valle del Chiese e le Giudicarie centrali sono state inserite ripetutamente nei contenuti di visittrentino. info con 4 articoli in primavera (tematiche outdoor, enogastronomia, fishing), 10 sull’estate (tematiche: outdoor, lago, cultura, fishing, famiglia), 7 nell’autunno (tematiche: outdoor, foliage, cultura

- borghi, fishing, famiglia) e 4 sull’inverno (tematiche: outdoor, sci a Bolbeno). Era stato previsto anche un articolo sui Mercatini di Cimego, poi saltati. Per i canali social di Visit Trentino (facebook, instagram, twitter) sono stati prodotti in oltre 77 contenuti che hanno generato 1.052.469 interazioni. Vista questa attività di promozione della sola Trentino Marketing, paiono quindi infondate le accuse nemmeno tanto velate di dimenticare un territorio – quello giudicariese - che, per la sua ricchezza e qualità di esperienze turistiche presenti, è sicuramente una parte importante e imprescindibile del turismo trentino. Testo pervenuto dal Gabinetto dell’assessore all’artigianato, commercio, promozione, sport e turismo Roberto Failoni


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Rubrica salute

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E non può essere nemmeno solo di tipo orizzontale perché mancando le basi della conoscenza non provoca comportamenti virtuosi. Ma le decisioni sono legate al narcisismo di questo o quell’autore, o al linguaggio che si riesce a percepire come veritiero: “Io mi fido”. Ma il linguaggio della Scienza è difficile perché difficile e far capire che molte volte non vi sono le conoscenze adeguate e che un qualsiasi fenomeno nuovo può costringere a cambiare strategia. Vi è attualmente una tale abbondanza di notizie nel web che la loro gestione diventa molto difficile a tutto discapito dell’autorevolezza. Chi decide? Dobbiamo sempre farci guidare dalla gravità delle circostanze o possiamo programmare un cambio di passo e seguire una via dettata dalla conoscenza? Attualmente si parla di dinamica del contagio, di Ro (Rt), di vaccinazioni, di mutazioni e quindi di varianti, di lockdown più o meno rigoroso, di danni delle relazioni sociali, di deficit susseguenti alle decisioni politiche etc etc. Cercheremo di seguire una logica e di fare riferimento alle conoscenze che hanno portato e/o portano gli esperti alle decisioni relative alla gestione della Pandemia, senza tener conto dei dissidi legati alla politica o alle dispute di potere. R. Ross, lo scopritore della malaria per cui ebbe il premio Nobel nel 1902, pubblicò nel 1916 un articolo dal titolo The prevention of Malaria in cui postulava in termini matematici che: “le epidemie rallentano quando la densità degli individui suscettibili di ammalarsi scende sotto una certa soglia”. La storia va avanti: nel 1927 Kermack e McKendrick pubblicano un articolo in cui descrivono in termini matematici le interazione fra i fattori tipici di un’epidemia : il tasso di infezione, il tasso di guarigione e quello di mortalità. Testualmente : “un soggetto infetto viene in-

I nostri comportamenti spesso fanno la differenza

Le varianti del Coronavirus di Gianni Ambrosini - oncologo Alcuni giorni fa ero in banca aspettando il mio turno e inevitabilmente mi sono trovato a “parlare” con chi come me era in attesa. Naturalmente di Sars-Cov-2. Naturalmente Io ero l’esperto, mi conoscevano, ma la contestazione nei miei riguardi era strisciante e in alcuni palese. Rappresentavo la Scienza che giornalmente viene citata nei vari mezzi di comunicazione. E la responsabilità trodotto in una comunità di individui. Dal malato l’infezione si propaga tra i sani per contatto diretto. Ognuno passa per stadi diversi della malattia finché o guarisce o muore. Le possibilità di guarigione o morte variano di giorno in giorno per ogni persona. Come pure la possibilità di trasmissione dell’infezione varia di giorno in giorno. Man mano che l’epidemia progredisce si riduce il numero delle persone non infettate.” Ma il ragionamento mancava di un elemento critico: “il numero medio di infezioni secondarie conseguenti all’introduzione di un individuo infetto in una popolazione suscettibile di ammalarsi”. Ci pensò MacDonald che introdusse nel 1956 il concetto di “tasso di riproduzione di base”, un’equazione differenziale dove compare il famoso R0 (erreconzero): se il numero di riproduzione è inferiore a uno (1) il focolaio si insabbia; se è maggiore di uno (1,0) il contagio si espande”. Lo chiamiamo Rt (errecont ) quando la valutazione è nel tempo. Il successo di un virus è direttamente proporzionale al tasso di trasmissione e inversamente

proporzionale alla letalità, alla velocità di guarigione degli infettati e al tasso di mortalità generale. Introduciamo a questo

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del presente era tutta da attribuire ai vari professori che “confondono” le idee e non dicono la verità. E ai politici che decidono senza tener conto dell’economia del paese. Mi sono reso conto ancora una volta che la comunicazione, in un momento come questo, è la chiave di tutto. Non può essere di tipo verticistico perché non genera discussione e quindi non nasce condivisione.

punto un’altra variabile, forse la più importante . Le caratteristiche genetiche dei virus, le sequenze che li caratterizzano. Di solito le rappresentiamo con delle lettere A,G,T,C,U sono le componenti del DNA e dell’RNA contenute in tutti gli organismi viventi. La maggior parte dei virus sono a RNA, sono molto comuni e diffusi dappertutto, per questo è molto alta la possibilità che possano attaccare l’uomo. Evolvono molto in fretta e si adattano rapidamente. Vengono espulsi con la tosse, gli starnuti, il vomito, la diarrea, il sanguinamento e cercano di battere sul tempo il sistema immunitario. Il DNA è un

sistema a doppia elica, con un basso indice di mutazione perché esiste un sistema di controllo che impedisce che ci siano degli errori. I virus a RNA sono piccoli, non sono a doppia elica, non hanno sistemi di controllo, si comportano come dei pasticcioni e sono molti veloci nelle loro funzioni proprio perché sono piccoli. Sotto certe dimensioni, per definizione, le molecole in genere non si duplicano più perché il numero degli errori è troppo grande. I virus a RNA corrono questo rischio ma lo compensano aumentando la consistenza della popolazione e diffondendosi in fretta. Ma chiariamo subito che tutto è affidato

al caso. I virus a RNA e nello specifico i Coronavirus (come il Sars-Cov2 che provoca la malattia Covid-19 ) hanno alti tassi di mutazione e replicazione, sono molto adattabili ma l’intero processo ha un carattere casuale; non è credibile che attacchino l’uomo per una qualche finalità; “tra le caratteristiche dell’evoluzione c’è l’assenza di uno scopo, non è pensabile nemmeno per un momento che i virus abbiano uno scopo o una strategia”.Il fattore cruciale è la trasmissione da uomo a uomo, il “tasso di trasmissione “ efficiente per cause accidentali può determinare una pandemia. Le variazioni genetiche dovute alle mutazioni possono fare l’enorme differenza, ne consegue per certo che è indispensabile sviluppare l’immunità con le vaccinazioni. E’ altresì importante “non perdere di vista il virus”. Cosa vuol dire? Seguire colla metodica che si chiama Sequenziamento l’eventuale comparsa di mutazioni per noi deleterie. Gli scienziati sono in perenne stato di allerta, sono le sentinelle poste a guardia dei confini che i patogeni (virus ) devono attraversare. Prima di reagire in modo isterico o stupido cerchiamo di conoscere le dinamiche che regolano i processi vitali e chiarirci che molte delle nostre azioni sono inevitabili ma altre sono assolutamente controllabili. E ricordiamoci che c’è un mondo solo, di cui noi facciamo parte e di cui fanno parte tutti gli esseri viventi e che “al contrario di un bruco possiamo orientarci e fare delle mosse intelligenti”, possiamo differire soprattutto nei nostri comportamenti che spesso fanno la differenza.


Territorio L’obiettivo è incentivare il recupero e il risparmio energetico e sostenere le attività economiche legate all’edilizia, segnate dal difficile periodo della pandemia. La misura provinciale prevede 10 milioni di euro di finanziamento per coprire gli oneri degli interessi derivanti dall’anticipazione delle detrazioni d’imposta, previste dalle disposizioni statali, per le spese relative agli interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica. È inoltre previsto uno stanziamento di 20 milioni di euro per la concessioni di contributi in conto capitale. Il bando, oltre a prevedere la copertura degli interessi sul mutuo, introduce per la prima volta un nuovo contributo in conto capitale, che viene concesso nella misura del 30% della spesa sostenuta dal cittadino. Possono presentare la domanda di contributo tutti coloro che intendono realizzare sulle abitazioni degli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica destinatari delle detrazioni d’imposta statali. Sono ammissibili a contributo le domande presentate dai proprietari o coloro che vantano un diritto di usufrutto o di abitazione sull’unità immobiliare oggetto dell’intervento. Alle agevolazioni può accedere anche un singolo richiedente per spese riguardanti interventi su parti comuni, per la propria quota di spettanza; in alternativa si può richiedere il contributo congiuntamente agli altri proprietari interessati dai lavori comuni sull’edificio purché non costituito in condominio. Sono ammissibili a contributo interventi di recupero e/o di riqualificazione energetica su unità immobiliari rientranti nelle

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Prorogati al 30 giugno i contributi provinciali per l’edilizia di Enzo Ballardini Ci sono altri quattro mesi per presentare le domane di contributi per le ristrutturazioni edilizie. La Provincia ha prorogato fino al 30 giugno il bando per la concessione del contributo - in conto interesse e a fondo perduto - per le spese relative agli

categorie catastali ad uso abitativo. Questi interventi di ristrutturazione e/o di riqualificazione energetica possono includere anche le pertinenze degli edifici nella misura massima di due unità. Per relative pertinenze s’intendono i fabbricati classificati come cantine, soffitte, magazzini, autorimesse, rimesse, scuderie, tettoie chiuse o

aperte. Sono inoltre ammessi a contributo interventi su unità immobiliari di pertinenza, purché finalizzati alla trasformazione delle medesime in unità immobiliari ad uso abitativo. L’anticipazione è garantita mediante la stipulazione, da parte della persona ammessa a contributo, di un contratto di mutuo in linea

interventi di recupero e di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. Le domande dovranno essere presentate online e dalle agevolazioni provinciali sono esclusi gli interventi dei condomini.

con le specifiche caratteristiche concordate tra la Provincia e le banche convenzionate: durata decennale, tasso fisso in una misura massima predefinita e assenza di commissioni e oneri aggiuntivi a carico del mutuatario. La persona che stipulerà il mutuo dovrà poi rimborsarlo alla banca in dieci rate annuali. Nel contempo la medesima

persona riceverà dalla Provincia dieci rate annuali di contributo a copertura degli interessi del mutuo. I contributi in conto interesse e a fondo perduto possono essere richiesti alternativamente o cumulativamente. Per quanto riguarda il contributo a copertura degli interessi relativi al mutuo, la detrazione fiscale statale è ammessa sul 50% delle spese sostenute in caso di interventi di ristrutturazione edilizia con il limite massimo di detrazione pari a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare e del 65% in caso di riqualificazione energetica con i limiti massimi di detrazione di 100.000, 60.000 e 30.000 euro a seconda della tipologia di intervento. Per ottenere il contributo è prevista una soglia minima di spesa pari a 20.000 euro. Sono ammesse anche le spese eventualmente già sostenute a far data dal primo gennaio 2020. È inoltre necessario stipulare un contratto di mutuo per almeno 10.000 euro. Superbonus 110% Oltre ai contributi appena illustrati i cittadini possono accedere anche al Superbonus 110%. Parte dai

condomini la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare del Trentino. Per incentivare il miglioramento energetico e strutturale degli edifici plurifamiliari, in supporto alla misura nazionale del Superbonus 110%, la Provincia autonoma di Trento con specifici contributi, copre parte della spesa non ammissibile a livello statale. Per richiederli è attivo un portale provinciale per raccogliere le domande. Per favorire l’utilizzo del cosiddetto Superbonus 110% sul territorio provinciale l’Assessorato all’urbanistica, ambiente e cooperazione - in sinergia con i componenti del Tavolo condomini - supporta l’avvio dell’analisi iniziale incentivando la diagnosi dei condomini qualora non si eseguano i lavori, in modo da garantire un parziale rientro dai costi. Nel caso si decida di intervenire riqualificando energeticamente la propria abitazione, la Provincia contribuisce a coprire metà della spesa relativa agli oneri dell’amministratore condominiale o del referente, non coperti dalle detrazioni nazionali. Un’ulteriore novità dell’iniziativa è data dalla digitalizzazione del servizio. La domanda di contributo è disponibile sul portale della Provincia di Trento.

Orso, attacchi al bestiame a Roncone e Daone L’orso negli ultimi giorni, è tornato a fare razzia in Valle del Chiese. Infatti, dopo l’abbuffata di carnevale a Roncone dove ha divorato tre asini (cui una portava in grembo un asinello), il plantigrado si è spostato nel cuore della Valle di Daone. Nella notte tra venerdì e sabato scorso infatti il plantigrado, di cui non si hanno ancora le referenze precise e non si sa se è lo stesso esemplare segnalato nei giorni precedenti a Roncone, ha fatto razzia di api in località “Vermongoi” dove, da molti anni, è presente l’apicoltura gestita, per passione, da Lino Pellizzari di Dao-

ne. Un allevamento, tra i tanti attivi nel territorio comunale di Valdaone, mantenuto in vita grazie alla passione per l’apicoltura che Lino porta avanti anche grazie all’aiuto del figlio Daniele, oggi operaio comunale del comune nato dalla fusione degli ex comuni di Daone, Praso e Bersone. «Non è la prima volta – commenta Daniele Pellizzari – che l’orso visita il nostro allevamento. Essendo in piena stagione invernale la corrente del recinto elettrificato non era attiva anche perché in zona è presente ancora la neve. Aldilà dei danni e del dispiace-

re per vedere andare in fumo ore e ore di lavoro il fattore preoccupante è che in questo periodo dell’anno solitamente l’orso è in letargo.» Una problematica non da poco se si considera che solitamente i primi avvistamenti degli orsi sulle montagne giudicariesi si registrano a primavera inoltrata. «Dispiace – prosegue Pellizzari – soprattutto per il papà che porta avanti l’attività per passione. Purtroppo anche i recinti elettrificati servono a poco. Fortunatamente non ha distrutto proprio tutto e qualche casetta è rimasta indenne». (M.Mae)


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Parco

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Il sindaco di Bocenago Walter Ferrazza è stato eletto presidente del Parco naturale a febbraio

“Il Parco torni ad essere parte attiva sulla gestione dell’orso” Un presidente cacciatore per un parco naturalistico. Che suoni come un paradosso l’hanno subito detto in tanti, cosa risponde alle critiche? Un cacciatore è prima di tutto il protagonista di una politica ambientale moderna e concreta: le associazioni cacciatori spesso forniscono un aiuto reale alle istituzioni a tutela dall’ambiente portando il proprio contributo di conoscenza del territorio e capacità gestionali. Ovviamente sto parlando di una caccia fatta di un’attenta, sicura e rispettosa attività di controllo e selezione che troppo spesso viene confusa, per mancanza di un confronto autentico, con attività che con la mia concezione di caccia nulla c’entra. Mi è capitato spesso in questi anni di scrivere diversi articoli sulla natura e in particolare sulla caccia sostenibile declinata in un’ottica Wilderness. Sulla “questione caccia” e sulla sua compatibilità con la salvaguardia non voglio dilungarmi troppo ma non posso non ricordare come le più blasonate associazioni ambientaliste fondino le proprie radici esattamente sulla caccia e sui cacciatori. Le zone di conservazione sono infatti spesso riserve di caccia che proprio i cacciatori hanno deciso di dedicare alla protezione. Il WWF Italia ad esempio nasce nel 1966 nel castello dei marchesi Patrizi Montoro a Castel Giuliano al centro di una nota riserva di caccia ad opera di soci fondatori cacciatori (la cosa non è diversa per il WWF internazionale). Lo stesso Parco dello Yellowstone è stato promosso dal primissimo gruppo ambientalista (Boone and Crockett Club) fondato da illustri cacciatori. Insomma caccia e conservazione non sono minimamente lontane se la volontà è quella di essere realmente e oggettivamente a favore della protezione della fauna e della natura in genere. Anche molti degli attuali protagonisti delle aree protette italiane sono coscienti e preparati cacciatori. È il momento quindi di volgere lo sguardo più lontano della sterile polemica e cominciare seriamente a condi-

di Denise Rocca Walter Ferrazza, Ingegnere per l’Ambiente e il Territorio, sindaco del Comune di Bocenago dal 2010 e Responsabile di Area Tecnica presso una pubblica amministrazione è il nuovo presidente

videre intelligenti strategie di salvaguardia cercando i veri responsabili di un eventuale emergenza naturale che certamente nulla hanno a che fare con caccia e cacciatori. Come si è arrivati al suo nome? Sono note l’amore, la passione e la dedizione che riverso ogni giorno su un territorio che conosco e vivo e del quale sono amministratore da lungo tempo. Ho sempre dedicato impegno, attenzione e passione alla salvaguardia della nostra popolazioni e dell’ambiente sostenendo uno sviluppo durevole delle aree più sensibili certo che rivestano un ruolo chiave ai fini di una crescita sana ed equilibrata delle nostre comunità. Credo che sia stata una scelta non tanto su una persona ma su un gruppo radicato che, senza pregiudizi, si potesse assumere il preciso impegno di dare risposte per un concreto sviluppo fatto di benessere e serenità: io sono solo uno dei 29 membri che oggi devono dimostrare di essere parte di un sistema al di la delle appartenenze e delle simpatie. Sarà il suo un mandato in continuità o in rottura con quanto fatto dall’ente nella scorsa legislatura? Nel programma di presentazione alla candidatura sono stato chiaro: tra le 5 linee programmatiche c’è la continuità’ con le precedenti esperienze amministrative così da dare concretezza e

stabilità ai progetti avviati. Non ha nessun senso rompere quello che di buono è stato costruito, siamo qui per evolvere e migliorarci non per distruggere. Ci dica tre priorità per il Parco, guardando ai prossimi dieci anni. Tra le priorità vi sono la ricerca e l’educazione ambientale perché la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente non può prescindere da un approfondito studio degli habitat e le specie che lo popolano, così da avere una piena coscienza delle emergenze naturali. Dovremo investire quindi con rinnovato impegno allo sviluppo del settore ricerca scientifica ed educazione ambientale, fulcro di un sistema dal quale troveranno orientamento tutte le altre scelte. Sarà necessaria poi la redazione di una pianificazione strategica con processi di condivisione e partecipazione prevedendo tavoli tecnici, focus group e indagini mirate in grado non solo di aumentare l’accettazione dell’ente ma di approvare rapidamente condivisi Piani d’Azione con l’intento di incentivare le attività di alpeggio, i pascoli in quota, i miglioramenti ambientali, la mobilità sostenibile e i tanti tantissimi interventi sull’architettura degli edifici e su un turismo lento, più “wild” che predilige luoghi meno frequentati gestiti con piccoli gruppi di persone ed esperienze autoguidate perfette per il nostro ambiente. Il Parco dovrà poi,

del Parco Adamello Brenta. A lanciarne la candidatura sono stati i sindaci della Val Rendena.

d’intesa con gli enti Locali, diventare assoluto protagonista degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del territorio dell’area protetta in un ottica di competenza, uniformità e qualità con concrete azioni di ripristino e difesa del territorio. Qual è la sua visione dell’ente Parco e del suo ruolo nel territorio? Nel programma per la candidatura ho parlato di coerenza con i principi ispiratori delle Aree Protette: “garantire e promuovere in forma unitaria e coordinata la conservazione e la valorizzazione della natura, dell’ambiente, del territorio, del paesaggio e della cultura identitaria” nella piena coscienza del valore che ha

la salvaguardia ambientale, la tutela degli ecosistemi e delle risorse naturali terrestri ed il sostegno ad uno sviluppo durevole delle aree. Insomma un Parco che, come ho detto tante volte, non deve comunque dimenticare le popolazioni che lo abitano, ma che faccia il Parco. Difendere in maniera onesta gli interessi dell’ambiente è difendere gli interessi di tutti nel rispetto dei valori delle comunità: quello faremo. Rapporto con l’orso: è il simbolo del Parco, ma c’è già il rinnovo delle proteste degli allevatori per le incursioni negli allevamenti. Che posizione adotterà l’ente parco? Nella gestione dell’orso, formalmente terminato il

progetto “Life Ursus”, il Parco ha subito una certa emarginazione e per questo mi sono già impegnato nel chiedere alla Provincia che il Parco torni a giocare un ruolo attivo nelle dinamiche di conservazione della specie con particolare attenzione al monitoraggio, alla ricerca, al tema della comunicazione. La conservazione attiva dei grandi carnivori è una delle mission del Parco che vuole tornare ad essere parte attiva della sua gestione ma certamente senza strumentalizzazioni, ipocrisie o paure: siamo pronti a fare proposte attive per arrivare ad una ideale convivenza dell’orso con le popolazioni locali nel rispetto dei bisogni reciproci.


Attualità

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Ponte del Caffaro, cronologia di un pasticcio

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di Giuliano Beltrami Storia del ponte, si diceva. E’ un manufatto importante, perché rappresenta l’unica arteria di collegamento fra la Lombardia ed il Trentino: fra la Pianura padana e le montagne. Da qui passano settemila veicoli di media al giorno, mille dei quali mezzi pesanti. C’è il traffico di piccolo cabotaggio della zona, ma ci sono le colonne di turisti che salgono verso Madonna di Campiglio e Pinzolo; ci sono i camion che salgono e scendono verso le zone industriali ed artigianali di Storo, Condino, la valle di Ledro, Tione. E di qua passano pure (questa è l’accusa che periodicamente si sente) i camion stranieri in transito verso la Lombardia, i quali scelgono di uscire dall’autostrada a Trento per arrivare nelle ferriere del Bresciano evitando di pagare le tariffe autostradali e cercando di rifuggire dagli eccessivi controlli. Problema: quel ponte si è deteriorato. Costruito nel 1906, quando proprio sul torrente Caffaro c’era la dogana fra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico, quella striscia di bitume su travi di ferro lunga ventisette metri e larga appena cinque ha svolto un lavoro encomiabile, ma 115 anni, e soprattutto la rivoluzione dei carichi, hanno chiaramente agito sull’invecchiamento della struttura. Nel 2013 il Comune di Bagolino (di cui Ponte Caffaro è frazione) decide: bisogna fare qualcosa. Ci si rende conto che quel ponte non è sicuro. Che fare? Sostituirlo? Non se ne parla! La Sovrintendenza ai Beni culturali di Brescia interviene in modo deciso: “Quel ponte è un monumento storico di portata nazionale. Non si può toccare”. Non ci sono santi, né proteste. E allora? Da un paio d’anni esiste il Fondo comuni confinanti: ottanta milioni di euro all’anno erogati dalle Province Autonome di Trento e Bolzano per i Comuni veneti e lombardi che confinano con queste terre fortunate. Basta attingere a quel fondo, et voilà, si costruisce un ponte nuovo, da affiancare a quello vecchio. Funzioneranno a senso unico: il vecchio per il traffico nord-sud, quello nuovo viceversa.

Quando il tempo passa invano... Esattamente un anno fa raccontavamo dalle pagine di questo giornale la storia per nulla edificante del ponte di Caffaro: storia tipicamente italica, ma in verità capace di accadere

sotto ben altri paralleli. Almeno questa è l’illusione di chi vive nelle nostre valli e vede i disastri di un’Italia lontana, pressappochista, superficiale, corrotta. E attaccateci tutti gli aggettivi che preferite.

del vecchio ponte la piattaforma dotata di un braccio estensibile con il compito di essere passato sotto l’impalcato del manufatto, sotto il quale è stato collocato pure un cesto da cui i tecnici osservano in diretta la situazione. 21 febbraio 2021. Quando scriviamo queste note non è più successo nulla. Niente ponte Bailey, niente informazioni sullo stato di salute del ponte vecchio. Ponte nuovo ancora chiuso, anche se qualche indiscrezione sussurra che il Prefetto di Brescia sarebbe intenzionato a prendere il toro per le corna ed aprirlo. Con quali conseguenze sul traffico non è dato sapere. Per ora la storia finisce qua. Otto anni fa l’idea di realizzare il ponte nuovo; quattro anni fa il ponte è stato

vincia”, eccetera eccetera. In mezzo c’è di tutto in un tourbillon di iniziative. Settembre 2020: camion munito di sensori magnetici e sensori ottici cerca di captare le reazioni del ponte rispetto al peso di 40 tonnellate. Domenica 24 gennaio 2021: il vicesindaco Eliseo Stagnoli, che evidentemente ha perso la pazienza, si auto riprende mentre sotto il ponte gratta la ruggine dalle travi. Scandalo!

realizzato. Quattro anni dopo è ancora chiuso. C’è una conclusione? Amara. Siamo convinti che se quel ponte non fosse in fondo alle Giudicarie, alla periferia dell’impero, si sarebbero interessati Gabibbi, Iene, telegiornali. E forse anche la Magistratura. A noi non resta che concludere con una frase: lo scandalo continua.

E qui cominciano i guai. Qualche data per capire. 2017: il ponte nuovo (qualche decina di metri a valle del vecchio) è realizzato. Ma si capisce subito che le cose sono state fatte... diciamo non a regola d’arte. chiuso: chi ha il coraggio di inaugurarlo? Diventa la barzelletta del territorio. Si evidenzia un problema di livelli sulla strada per Baitoni, su cui si affaccia, tant’è che Trentino Trasporti non riesce a passare con i pullman, i quali strisciano infelicemente la carrozzeria sull’asfalto. Naturalmente il ponte appena realizzato rimane malinconicamente chiuso. Ma questo è niente.

Altre date. 2019: l’Amministrazione di Bagolino cambia. I nuovi arrivati cercano (non senza imbarazzo) di trovare soluzioni. Ottobre 2019. Simulazione per capire se i mezzi pesanti possono affrontare il ponte nuovo: un autoarticolato, un camion con rimorchio, un biscione (pullman doppio) e un semplice pullman cercano di passare, con il popolo che osserva sconsolato le manovre. 11 dicembre 2019. L’università di Brescia segnala il “degrado diffuso sul manufatto” e raccomanda “in via cautelativa di imporre un limite di massa ai veicoli in transito sul ponte”. 15 marzo 2020. La Provincia di Brescia vieta che i mezzi pesanti con massa superiore alle 40 tonnellate attra-

versino il ponte. Inoltre, chi potrà passare dovrà farlo con il limite massimo di 30 chilometri all’ora, tenendo una distanza con il mezzo che lo precede di 30 metri. In pratica può passare un solo mezzo alla volta. Fine maggio 2020. La Giunta provinciale di Trento interviene con un comunicato per annunciare l’intenzione di posare “un ponte provvisorio, tipo bailey, da collocare nello spazio tra il ponte storico e il nuovo ponte in via di ultimazione, per limitare i disagi per il tempo necessario ad adeguare il ponte di recente costruzione e consentire il passaggio del traffico anche pesante in direzione di Trento. E’ l’ipotesi di soluzione a cui sta lavorando il gruppo di lavoro istituito dalla Pro-

La Provincia di Brescia scarica l’Amministrazione comunale: come c’entrasse qualcosa... Gli eventi precipitano. O meglio, non precipita proprio nulla, ma si muove il mondo. Fine gennaio: incontro plenario fra tutte le parti in causa nella sede della Provincia di Trento. Grande discussione e ritorno mesto a casa. Domenica 7 febbraio 2021. Una squadra di tecnici bresciani piazza su una corsia


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Scuola

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Le voci dei nostri studenti

Dal Guetti una riflessione sul lavoro

esto numero il “Giornale delle Giudicarie” riserva ogni mese una sua intera pagina al buto degli studenti dell’Istituto “Lorenzo Guetti”, dando loro spazio e voce. La one e tutta la redazione del Giornale attribuiscono molta importanza all’apporto di azioni, conoscenze, riflessioni e proposte che essi potranno offrire. Vi è nell’Istituto cezionale ricchezza di giovani menti che, contando su uno straordinario corpo ti, può esprimere, con conoscenza e creatività, importanti riflessioni e idee utili per a comunità giudicariese, e oltre. li studenti – che lasceremo riposare nel periodo estivo – potrà essere un utile zio per sentirsi maggiormente partecipi e protagonisti della vita culturale e economica della loro terra, sulla quale sapranno pure far riflettere i raggi di quegli nti europei e internazionali più ampi verso i quali desiderano proiettare il proprio . L’iniziativa potrà pure contribuire a realizzare un ulteriore raccordo fra la stessa

Le due facce della medaglia della globalizzazione? Giovani di oggi che, schiacciati tra due strade ugualmente difficili, molte volte non riescono a scegliere quella giusta o, semplicemente, non scelgono perché non sono in grado. Tanti giovani che, completato il percorso di studi, faticano a trovare un’occupazione o perchè la posizione occupata richiede competenze e capacità alquanto distanti da ciò che si è appreso alle scuole superiori e all’università o, al contrario, hanno troppe competenze per il lavoro proposto. Che fare allora? Di certo bisogna studiare, bisogna specializzarsi, ma al contempo anche lavorare molto sulle proprie passioni,

a cura della prof.ssa Antonella Moratelli

Giovani, schiacciati nella difficoltà di scegliere studi e lavoro

sulle competenze trasversali che sempre più vengono richieste dal mondo del lavoro. Ultimamente infatti si sta rivalutando sempre di più la passione e molte aziende importanti la considerano alla stregua, se non addirittura più importanti, di un titolo di studio che attesti determinate competenze. Ad esempio, non molto tem-

po fa, Spotify (una multinazionale che si occupa di fornire servizi relativi alla possibilità di ascoltare la musica in streaming) cercava un capo degli studios per l’Europa, qualcuno che potesse creare o acquistare contenuti riguardanti storie e vite di chi lavora con la musica. La cosa che ha stupito è che non sono stati richiesti

particolari titoli di studio, ma una grande passione per le mansioni che il futuro capo avrebbe dovuto svolgere. Oltre a questo, sempre più spesso viene richiesta la flessibilità, cioè la capacità di adattarsi e di cambiare spesso lavoro, anche spostandosi in campi totalmente differenti tra loro. Un tempo infatti si studiava e si co-

struiva il proprio percorso per avere come traguardo il famoso “posto fisso”, ambito da tutti. Oggi non è più così; i giovani sono chiamati a cambiare molto spesso lavoro, ma sempre più spesso sono i giovani stessi che hanno voglia di cambiare, che sentono l’esigenza di non fermarsi e di avere una formazione continua, anche in ambiti

lontani dal percorso scolastico o universitario. Queste esigenze sono sintomo di un mercato del lavoro in fase di cambiamento e noi giovani siamo chiamati a farne parte integrante, con tutto il nostro bagaglio di conoscenze ed esperienze. Alice Corradi e Sara Nicolini

Il lavoro contemporaneo punta sulle competenze trasversali Da qualche anno sentiamo continuamente parlare di “soft skills”, le competenze e le abilità trasversali che ci serviranno nella vita, ma soprattutto in un mondo del lavoro in continuo cambiamento come quello di oggi. Queste sono per esempio l’autonomia, la capacità di lavorare il gruppo, l’autostima (qualità che molto raramente si riesce a trovare nei giovani d’oggi), l’intraprendenza, le capacità comunicative. In teoria dovremmo apprendere queste competenze prima di entrare nel mondo lavorativo, perciò durante la nostra carriera scolastica. Sì, in teoria. In pratica sono rari gli insegnanti, o più in generale gli adulti che hanno un ruolo nella nostra istruzione, che si impegnano a formarci in questo senso. Ho notato che la maggior parte degli adulti ci vede molto lontani dal mondo del lavoro, anche se dai 16 anni potremmo già farne parte; ma effettivamente siamo sprovvisti di conoscenze in merito, visto anche che l’alternanza scuola-lavoro inizia dalla terza classe

della scuola superiore, quando la maggior parte degli alunni compiono 17 o 18 anni. Anche per questo motivo molti miei coetanei hanno iniziato a rimandare il più possibile il loro ingresso nella vita lavorativa, forse perché sono “impauriti” da questo mondo. Ovviamente anche perché in qualsiasi posto di lavoro viene richiesta esperienza che nessuno è disposto però a far maturare nei giovani, come se questi non rappresentassero il futuro della nostra macchina economica. In conclusione, sono fermamente convinta dell’importanza fondamentale che le soft skills hanno per la buona riuscita dei nostri progetti di vita, ma vi si dovrebbe porre maggiore interesse, sia a scuola che a casa. E soprattutto bisognerebbe stimolare i giovani a maturare delle esperienze lavorative, anche brevi, fin da subito, in modo da arrivare alla fine del loro ciclo di studi consapevoli di quello che li aspetta dopo. Alessia Chinetti

Il lavoro che travalica le generazioni Autotrasporti Floriani Celso e figli, un lavoro portato avanti da tre generazioni, a partire da Celso Floriani, poi con i figli, Luigi dal 1984 e Fabio dal 1998, fino ad arrivare ad oggi col nipote Marco, che lavora in ditta dal 2019. La storia della ditta inizia nel lontano 1955 a Ragoli, con solo un trattore a disposizione per il trasporto di circa 6000 quintali di legna provenienti dalla Val Brenta per la comunità delle Regole Spinale e Manez. Il primo camion Fiat acquistato di seconda mano è arrivato solo nel 1960, dopo molti sacrifici e duro lavoro, seguito poco dopo dal secondo nel 1966, con l’allestimento della prima gru avvenuto nei primi anni settanta. Con l’arrivo del primo camion nuovo, nel 1976 si aprono anche nuove vie che dall’Alto Adige si spostano verso la Pianura Padana, per il trasporto di legname destinato ad essere lavorato. Dopo i 65 anni la patente per il rimorchio non viene più rinnovata, quindi Celso, un po’ a malincuore, nel 2000 ha dovuto lasciare la ditta nelle abili mani dei suoi figli e nipoti. Nonostante ciò ha continuato a seguire i lavori, occupandosi della parte burocratica e assistendo i figli durante la riparazione dei mezzi.

Importanti per Celso erano i ricordi che, con occhi lucidi, non dimenticava mai di raccontare. Dalle sue parole si capivano tutti i sacrifici e il duro lavoro che aveva dovuto svolgere per arrivare dov’era, ma allo stesso tempo, si percepiva che lui avrebbe rifatto tutto di nuovo senza pensarci due volte. Senza ombra di dubbio il lavoro del camionista non è semplice, perché oltre alla fatica fisica si aggiungono anche le sveglie alle due del mattino e il trascorrere intere giornate lontani dalla propria famiglia. Nonostante tutto Celso era felice di quello che stava costruendo piano piano ed era sicuro che un domani tutti gli sforzi compiuti avrebbero dato frutto. E infatti non si sbagliava, perché la ditta che proprio lui aveva fondato continuò, e continua tuttora, anche se Celso non c’è più. I figli hanno deciso non solo di proseguire il lavoro di famiglia, ma di mantenere lo stesso nome, sia per fare onore a tutti gli sforzi fatti dal padre, sia per far capire che la continuità tra gli artigiani di ieri e quelli di oggi c’è ancora e, nonostante tutte le differenze che li separano dal punto di vista lavorativo, continuano ad essere legati dalla passione e dall’amore che hanno nello svolgere il proprio lavoro. Anna Floriani, Alba Pellizzari, Susanna Vaia


Scuola

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Giovani mani per antichi mestieri La modernità e la globalità stanno distruggendo in modo rapido le memorie del passato, gli usi e le abitudini genuine dei nostri avi. La crisi degli ultimi anni, però, ha reso necessaria a nord come a sud del Paese una riconsiderazione delle professioni tradizionali. In un mondo del lavoro caratterizzato da precarietà e insicurezza vale la pena intraprendere percorsi più coerenti con i propri sogni, i propri talenti e le proprie passioni. Anche nella nostra zona ci sono storie, talvolta poco conosciute, di giovani che vanno controcorrente e che ricordano la necessità di guardare al futuro attingendo alle risorse del passato. Sono storie di audacia, tanti sacrifici e fatiche ripagate come quelle di Damiano, Erik, Matteo, Moira, Alessia, Daniela, Luca, Claudio, Virginia, Sandro, Massimiliano e di molti altri giovani locali impegnati a tempo pieno a giocarsi la scommessa. Non sono solo storie di studenti che, finiti gli studi, scelgono un determinato lavoro tradizionale; sono anche storie di persone che, ad un certo punto della loro vita, nonostante un impiego ben retribuito e una carriera avviata, decidono di fare una scelta

coraggiosa: da carpentieri, dipendenti pubblici, programmatori informatici si reinventano in vecchi mestieri, che mostrano ancora potenzialità occupazionali nel presente, per avere nuove certezze. Tra le attività più gettonate ci sono l’agricoltura e l’allevamento. Si va dai piccoli frutti al miele, dalle noci al corniolo, dai prodotti caseari ai cosmetici naturali, dalle confetture alle conserve, dalla lana al vino. Un ventaglio di impieghi sicuramente da lodare e da valorizzare, poiché danno la possibilità di tenere in vita tradizioni a rischio di estinzione, ma anche da incentivare e facilitare per esempio riducendo la burocrazia, ostacolo sempre più insormontabile. Nel futuro c’è spazio per la tradizione, i mestieri dei nostri nonni possono rivelarsi una risorsa incredibile a maggior ragione se affiancati all’uso di tecnologie, macchinari progrediti e mezzi di comunicazione di cui oggi disponiamo. Inoltre, non va dimenticato che la tutela di queste mansioni è strettamente legata al rispetto delle culture locali e soprattutto dell’ambiente, ambiti sempre più travolti dallo sviluppo industriale. Matilde Armani

“Job hopping”, il valore della flessibilità

Cambiare fa paura ed è faticoso, eppure oggi la flessibilità è diventato il valore alla base del job hopping, letteralmente il “saltare da un lavoro all’altro”, fenomeno di cui i giovani fanno gradualmente e progressivamente sempre più parte. La situazione si è infatti evoluta: una volta la fedeltà all’azienda era qualcosa di assolutamente insostituibile e “al top”dei requisiti che si potesse sognare di avere, mentre quelli propensi a cambiare spesso lavoro non erano visti di buon occhio, data la scarsa affidabilità che facevano trasparire. Certamente questo fenomeno è più radicato nei paesi dove il tasso di disoccupazione è re-

lativamente basso, tuttavia, anche un buon 43% degli italiani nati tra il 1983 e il 1994 vede di buon occhio il job hopping. Oltre alle motivazioni economiche, dietro a questa coraggiosa scelta però c’è dell’altro:

avere molte esperienze diverse alle spalle è infatti utile a formare una persona, a renderla flessibile e adattabile, non esonerandola però dai contro che questa pratica comporta. Non riuscire a specializzarsi in un settore preci-

so potrebbe essere uno di questi. C’è poi tutta l’altra partita del mondo del lavoro: il passaggio da padre in figlio; parliamo di un fenomeno che sta diventando sempre più raro, ma che ugualmente sta contribuendo a portare

ai giovani nuove idee e anche nuovi sogni.I figli però non vengono più spinti, o a volte obbligati, a seguire le strade dei genitori, non tutti nasciamo con le stesse passioni delle persone vicino a noi. La pressione di dover

prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia è diminuita; tuttavia, quando accade, questa non è sempre imposta dai predecessori. Può infatti entrare in gioco anche l’obbligo morale, facendo sentire il giovane responsabile di un’attività a cui non sempre si sente appartenere fino in fondo. Uno dei fattori che ha portato a ciò è sicuramente dettato anche in parte dal cambio generazionale insieme all’avvento della globalizzazione, che deve essere visto positivamente o negativamente: è una scelta che sta a noi. Eloisa Tisi e Sofia Surci


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Associazioni

MARZO 2021 La cooperativa Incontra lancia una raccolta fondi

Vivere in autonomia, un diritto di tutti L’obiettivo: arredare un appartamento da assegnare a tre giovani persone con disabilità

Ecco il perché della campagna di crowdfunding che partirà proprio in questo mese di marzo e alla quale tutti possono contribuire. «L’abitare - spiega Nadia Bortoli, responsabile dell’area disabilità - costituisce il nucleo centrale del progetto di vita adulta di ogni persona, anche di quelle con disabilità e, attorno ad esso, si innestano altri ambiti altrettanto importanti per la qualità della vita come il lavoro o il tempo libero. Come cooperativa riteniamo questo tema di primaria importanza per garantire quanto sancito dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità che si basa, fra gli altri, su princìpi quali la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, la non discriminazione e la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società». L’impegno della cooperativa sull’abitare inclusivo è partito nel 2013, è proseguito all’interno del tavolo dedicato del piano sociale L’inizio di febbraio ha visto, per l’ennesima volta, allertati i pompieri per intervenire a togliere la neve dal tetto dell’ormai tristemente nota “ Casa Sembenotti “. Un ignaro automobilista si trovava a transitare con la sua autovettura mercoledì 3 febbraio, quando la sua macchina è stata centrata da un enorme blocco di neve staccatasi dal tetto della suddetta casa. Al povero automobilista, spaventato, non è rimasto che constatare l’entità del danno al suo mezzo, peraltro considerevole. Una domanda sorge spontanea: “ Chi pagherà i danni? E se fosse scappato il morto? Di chi sarebbe stata la responsabilità?” E siamo alle solite. Da tempo ormai l’edificio si trova in condizioni precarie sia internamente che esternamente. E’ disabitata da quasi quarantanni senza alcuna manutenzione. Infatti le muratora, i soffitti ed i pavimenti sono solcati da profonde crepe che ne minano la solidità strutturale. Ancora oggi ci si chiede come mai la Sovraintendenza dei Beni Culturali abbia valutato tale stabile come un immobile storico da conservare, considerato che ci sono solo due dipinti murali in avanzato stato di degrado. Invano ne è stata

di Denise Rocca La Cooperativa Incontra lancia una campagna di crowdfunding per permettere a tre persone con disabilità di sperimentare un’esperienza di coabitazione in semi-autonomia. L’appartamento, a Sella Giudicarie, lo mette a disposizione la cooperativa stessa

che sostiene quindi i giovani coinquilini per affitto e bollette, oltre a seguirli con un educatore per accompagnarli verso l’autonomia della vita adulta. Ma servono fondi per poterlo arredare e partire concretamente con il progetto. della Comunità delle Giudicarie e del gruppo di lavoro delle cooperative di Con.solida ed è stato portato avanti anche grazie al contributo economico di Etika-Dolomiti Energia. Si è lavorato per arrivare a questo momento, con tre persone pronte a mettersi in gioco e sperimentarsi nel vivere in modo semiautonomo. «In questi anni - spiegano infatti gli operatori di Incontra - si è potuto offrire la possibilità ad un gruppo di persone con disabilità di allenare, all’interno delle strutture della cooperativa, una serie di abilità e competenze propedeutiche all’autonomia abitativa e di sperimentare periodi di co-abitazione supportati dagli educatori. Parallelamente, è stato avviato un lavoro di sensibi-

lizzazione della comunità, perché faciliti la costruzione di contesti di vita realmente accessibili ed inclusivi e di supporto alle famiglie che stanno maturando il pensiero dell’indipendenza dei propri figli, affinché li possano accompagnare gradualmente e serenamente al distacco e alla realizzazione del proprio progetto di vita». Dopo la sperimentazione, che sarà di almeno un anno, le persone coinvolte verranno accompagnate nella ricerca di un appartamento in affitto gestito da loro in completata e totale autonomia, per riuscire a realizzare quello che il sogno di tutti e il proprio progetto di vita. L’appartamento arredato servirà quindi ad un nuovo gruppo di persone con disabilità, pronte a sperimentarsi a loro volta in questa fase dell’abitare autonomo e crescere inseriti e parte integrante e arricchente della propria comunità.

Sella Giudicarie, Casa Sembenotti continua a preoccupare chiesta la demolizione perché situata nel centro dell’abitato di Breguzzo, crea gravi difficoltà al transito automobilistico e ai poveri pedoni che si trovano, malauguratamente, a passare di lì. La casa di proprietà della famiglia Ciolli ha conosciuto negli anni alterne fortune. L’avvocato Ciolli, irredentista, dopo una vita brillante morì povero nel 1885 lasciando la casa agli eredi Sembenotti. Le varie amministrazioni comunali, vista la pericolosità dell’edificio, hanno più volte proposto delle soluzioni fra cui la demolizione. Quindi molti cittadini si chiedono perchè un presunto interesse storico debba prevalere sull’ interesse e sulla sicurezza pubblica. Sono state studiate alcune proposte tutte molte dispendiose ed onerose. Si è prevista una spesa complessiva di un milione di euro per il restauro della casa. Sarebbe forse il caso di ripensare ad

una possibile ed auspicabile demolizione comprendendo anche altri edifici pericolanti adiacenti. Ciò garantirebbe una maggior

sicurezza ai tanti automobilisti che, ogni giorno, devono passare lungo la statale 237 del Caffaro. Da tale demolizione, deriverebbe,

di sicuro una notevole riqualificazione dell’area del centro storico del paese. Per non parlare della viabilità che in

quel punto così pericolo risulterebbe scorrevole e sicura. Gianni Armani


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Motivazioni e perfino date diverse, per celebrare i padri

La festa del papà nel mondo di Chiara Garroni La festa in Italia si celebra il giorno di san Giuseppe, che la Chiesa proclamò protettore dei padri di famiglia nel 1871. Anche in altri paesi di cultura prevalentemente cattolica, come Spagna e Portogallo, la festa cade il 19 marzo. E si capisce bene il perché della scelta del 19 marzo: Giuseppe nei secoli è stato considerato il padre per eccellenza: buono, comprensivo, laborioso. Ha cresciuto il Figlio di Dio, dunque un vero simbolo della figura paterna. Non solo biglietti e regali per festeggiare il papà, ma anche il buon cibo è un ottimo modo per condividere la giornata di festa. Tra i cibi tradizionali di questa festa, diffusi soprattutto al sud, ci sono le famosissime zeppole di San Giuseppe, frittelle napoletane guarnite con crema o marmellata di amarene. La leggenda infatti dice che durante la fuga in Egitto per sfuggire ad Erode, Giuseppe fu costretto a mettersi a vendere delle specie di frittelle per mantenere la famiglia. Sempre a San Giuseppe sono dedicati anche i bignè tipici della tradizione romana, rigonfi di crema, e le “sfince” siciliane, ripiene di ricotta. In alcuni Paesi si accen-

Il 19 marzo è la festa del papà, ed è il giorno in cui diciamo grazie ai nostri padri per tutto quello che sono e che fanno per noi. In un periodo tanto difficile come quello attuale, la figura paterna assume un’importanza ancora più grande rispetto

al passato: deve evocare nei propri figli, specie adolescenti e giovani, la capacità di distinguere il reale dal virtuale, e trasmettere la consapevolezza che la libertà non è solo istinto, ma è responsabilità e impegno per la vita.

dono falò, e ciò appare come sovrapposizione ai riti di purificazione e preparazione delle coltivazioni nel mondo contadino, che si tenevano in corrispondenza della fine dell’inverno.

anche Mosca ha indetto una giornata simile a quella celebrata in Italia, per dare un’immagine positiva del padre inteso come educatore. In Danimarca la festa del papà è collegata ad una ricorrenza civica: il 5 giugno è infatti sia la Festa del papà, sia il Giorno della Costituzione. Si sono allineati al mondo anglosassone diversi Paesi orientali come Giappone, India, Malesia e Singapore, che quindi festeggiano la terza domenica di giugno, ma non mancano le eccezioni. In Thailandia ad esempio, i papà si celebrano il 5 dicembre, il giorno del compleanno del Re Rama IX, deceduto nel 2016, il “padre della patria” che regnò per oltre 70 anni. La tradizione è di portare a nonni e papà un fiore di canna in segno di rispetto e virilità.

Nel mondo, i vari Paesi hanno declinato la festività in base alla loro cultura e alle diverse tradizioni, e non esiste neppure un’unica data condivisa. Inoltre il significato stesso della giornata assume sfumature differenti in base al luogo in cui si celebra. Nei Paesi anglosassoni, oltre che in Francia, Olanda e Ungheria, la festa del papà cade la terza domenica di giugno, coi bambini che fanno piccoli regali ai loro padri. Questa data è di origine americana, e si deve a Sonora Smart Dood, giovane donna di Fairmont, in West Virginia. L’idea le venne durante un sermone in chiesa nel giorno della festa della mamma. Sonora si impegnò molto, e ottenne che il 19 giugno 1910 fosse istituito il primo Father’s Day. La data non era casuale, poiché il 19 giugno compiva gli

Decisamente prevale lo spirito commerciale in Australia: qui la prima domenica di settembre, che corrisponde per loro alla prima domenica di primavera, i padri godono di sconti e offerte in molti negozi.

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anni proprio suo padre, il quale, dopo la morte della moglie, si era trovato a crescere i sei figli da solo. Nel 1966 poi il Presidente Lyndon Johnson proclamò il Father’s Day come festa nazionale da celebrare ogni terza domenica di giugno. In Germania, invece, la Festa del Papà coincide con il giorno dell’Ascensione, e si chiama Männertag, ossia “giorno degli uomini”. In Russia si predilige l’aspetto civico e politico dell’uomo impegnato a difendere la patria e i suoi cari. Questo giorno infatti si chiama “Festa dei difensori della patria” ed è il 23 febbraio. Dal 2016 però

Riteniamo che la cosa migliore sia una festa intima, piena di gesti affettuosi anziché di cose. Per chi il papà non lo ha più, sarà di conforto dedicarsi ai ricordi: guardare qualche foto, una cartolina, un libro che amava, un oggetto costruito od usato da lui. Io mi rileggerò tutte le sue “note” che scriveva a matita nei bordi della guida turistica del Touring dell’Italia centrale: Sant’Antimo, Monte Oliveto Maggiore, san Galgano, Sant’Anna in Camprena, Spello, Montefalco: luoghi intimi e affascinanti, pieni di arte e bellezza che lui mi ha fatto conoscere ed apprezzare. Oggi posso dire che mi ha insegnato a fare dello “slow tourism”, e non lo sapeva!


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“Sulle concessioni idroelettriche serve fare squadra”

Marchetti, un nuovo presidente per il Bim del Sarca

In un momento in cui si prospetta una crisi economica legata al Coronavirus, che ruolo può avere il Bim? In tutte le crisi chi ha un po’ di disponibilità finanziaria è stimolato a metterla in circolo per far girare l’economia. Quindi sicuramente è un dovere quello di mettere in circolo le energie e risorse disponibili. Poi sappiamo che quando parliamo di opere pubbliche una volta che sono messi a disposizione i soldi non diventano subito e automaticamente sostegno all’economia. C’è un divario fra lo stanziamento e i suoi effetti, legato alla burocrazia e alle procedure che sono lunghe. Dal punto di vista burocratico, si può semplificare qualcosa per favorire il flusso di risorse? Ogni volta che si parla di lotta alla burocrazia ho imparato nella mia esperienza personale che sarebbe già sufficiente farla non aggiungendo ulteriore burocrazia. Purtroppo vediamo sempre che se ne aggiunge di nuova. Riuscire a fermarci con quella che c’è e che in qualche modo è “digerita” sarebbe già una bella cosa. Se ci sarà spazio per accelerare le nostre procedure, questo sarà compito nostro cercare di farlo. Per il Parco fluviale del Sarca quali sono le prospettive?

Giorgio Marchetti, veterano dei sindaci giudicariesi, è il nuovo presidente del Bim del Sarca. Gianfranco Pederzolli, che ha guiLa rete delle riserve del Sarca è una sezione separata del Bim e continuerà ad occuparsene sempre Gianfranco Pederzolli: in un momento in cui la risorsa acqua sta diventando sempre più preziosa, anche per l’ambiente credo che sia un aspetto fondamentale. Lo stesso Covid ci insegna che avere ambienti ampi, sani, ben gestiti è una risorsa anche dal punto di vista economico. Quindi seguire al rete di riserve è una cosa importante e sicuramente cercheremo di porre molta attenzione al tema. Possiamo dire che rispetto a vent’anni fa sulla qualità delle acque siamo molto più avanti, ma la pulizia, la cura dei sentieri e dell’intorno sono un valore aggiunto per il nostro territorio che dobbiamo cercare di mantenere e migliorare. C’è qualche nuova iniziativa che ha in mente? Il Bim è un organo dei comuni, fatto per gestire i proventi dei canoni aggiuntivi per le popolazioni, attraverso i comuni. Lo stato parla di “progresso economico e sociale della gente che vive nei territori dove è stata prelevata l’acqua”. Il margine è ampio: chiaro che mantenere quello che si è fatto con i comuni è l’argomento principe, ma si stanno aprendo prospettive che per un ente come il nostro che ha le sue entrate principali sempre dall’uso dell’acqua credo sia un argomento sul quale fare Già ora il Bim si occupa di rinnovabili, con incentivi per il recupero delle facciate e per il risparmio energetico. Magari c’è ulteriore spazio per qualche iniziativa che va fatta sempre nella direzione di minori emissioni e risparmio di energia e risorse. Credo che dobbiamo cercare di penetrare un po’ di più in questi temi. Come vede i rapporti

l’altro Bim giudicariese, quello del Chiese, in futuro? Sono convinto che sia importante trovare della

dato l’ente per tanti anni, sarà il suo vicepresidente e continuerà ad occuparsi del parco fluviale del Sarca.

convergenza su alcune iniziative da fare a livello sovracomunale. Credo che appena la loro governance si sarà stabilita,

dare risposte congiunti su alcuni temi che possono essere comuni sia una cosa da cercare di fare. Auspico che ci sia una

collaborazione su iniziative sovracomunali che nel tempo sicuramente arriveranno.

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Quali sono le sfide maggiori dei prossimi anni per l’ente che dirigerà? Direi cercare di darci da fare nel rinnovo delle grandi concessioni idroelettriche. Poi è chiaro che non siamo noi gli attori a fare le leggi o i regolamenti, ma considerato che l’ente vive di canoni e sovracanoni e poi li usa per il territorio, da questo dipende se essere più o meno operativi e avere più o meno disponibilità. È una partita essenziale e credo che come Bim trentini sarebbe il caso di fare squadra su questo tema.

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Territorio Roberta infatti dopo il diploma di Forestale e Agroteconico, un primo corso di Mastro Apicoltore di seicento ore a San Michele all’Adige e uno sull’allevamento di api regine (“In quel corso conobbi l’apicoltore Giuliano Mora che venne a parlarci dell’importanza delle api per l’impollinazione, nonché del suo lavoro; da lì nacque una bellissima collaborazione”), ha avuto il suo “colpo di fulmine” definitivo per le api dopo essere stata invitata da un’amica al museo dell’ape in Valle di Sole MMApe. Da quel momento l’idea di aprire un’azienda apistica non l’ha mai abbandonata fino a quando qualche anno fa è riuscita finalmente a coronare il proprio sogno. Partita con 15 arnie, Roberta infatti l’anno successivo è riuscita ad averne già 90 per arrivare da ultimo come detto a 300: “Amo svegliarmi la mattina, andare in apiario, aprire le prime arnie e iniziare a lavorare. Sento veramente una forte connessione con le api. Non riesco a descrivere in poche parole l’amore che nutro per questi insetti” - afferma convinta Roberta - “Api e regine mi hanno completamente incantata. Mi piace il duro lavoro della stagione, essere soddisfatta la sera quando i clienti mi fanno i complimenti per i miei prodotti e capiscono il valore contenuto in un vasetto di miele”. Tutto facile quindi? Non esattamente, ché di fatto quella dell’apicoltore è una professione pesante, esercitata per le sue difficoltà generalmente piuttosto da uomini che da donne (“Qui in valle come apicoltrice conosco solo un’altra apicoltrice”). Roberta quando dopo il semiletargo invernale le api si risvegliano inizia infatti col portare le arnie con furgone e carrello nel più tiepido clima del veronese, per poi spostarsi nuovamente in Trentino in Valle del Chiese per

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Roberta Butterini ha 300 arnie a Borgo Chiese

La ragazza che sussurra alle api di Mariachiara Rizzonelli Ventinove anni, viso dolce ma fisico forte come le montagne tra cui lavora con le sue api, mente aperta alle possibilità che la vita offre ma chiara a se stessa sugli obbiettivi da raggiungere. Que-

sti i tratti che maggiormente colpiscono nell’incontrare la giovane apicoltrice, proprietaria di trecento alveari in quel di Borgo Chiese, Roberta Butterini. lavorare finché serve” sono di aiuto (molto importante comunque, ammette, anche il notevole sostegno datole in questi anni da Giuliano Mora e dal compagno Nicola, in stagione il suo “pilastro portante”). In questi anni Roberta è così riuscita a produrre molti

la produzione di miele. Le molte azioni necessarie richiedono altrettante ore di lavoro: “Ad aprile normalmente non lavoro mai meno di tredici ore al giorno” - ribadisce Roberta - “Con l’impollinazione e le varie fioriture devo infatti spostare continuamente le arnie, cosa che faccio di notte. Inoltre nella stagione nettarifera, quando si produce miele, devo alzare molti pesi, melari, arnie e altro ancora”. In tutto ciò, sottolinea la giovane ma tenace apicoltrice dimostrando tutto il carattere che ha, un forte sentimento di passione, giusta organizzazione, attrezzi adatti, la disponibilità “al momento del bisogno di piegare la testa e

tipi di miele (lampone, millefiori primaverile, di alta montagna, estivo, di rododendro, tiglio, castagno, acacia, melata) e altri prodotti d’alveare quali il propoli e la cera purissima d’opercolo“. Se Roberta spende tutte le proprie energie per impossessarsi del sapere

maschile dell’apicoltore, la sua indole prettamente femminile ritorna però prepotentemente in auge nel tocco finale con cui elabora eleganti confezioni di vasetti di miele da regalo. Per ora la vendita Roberta si basa sulla vendita diretta al pubblico e ai negozi. Il suo prossimo desiderio? Realizzare un negozietto per la vendita in uno dei prati di sua proprietà, non dovere più avere a che fare

con l’orso (in due anni le ha ribaltato, facendole morire, una quindicina di arnie) e, molto saggiamente, “aver la salute che ci vuole per svolgere questo lavoro continuando a vivere di tutto ciò offrendo prodotti di qualità”.


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Il personaggio

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Il 32enne dopo le esperienze in Bentley e McLaren rientra in Italia

Marco Failoni, da Tione a Maranello di Chiara Garroni Insomma, un curriculum di tutto rispetto nonostante la giovane età, ed un bagaglio di esperienze che lo ha arricchito non solo in campo lavorativo, ma umano e culturale, dati i contatti numerosi con gente proveniente da tutto il mondo, occupati nelle due famose aziende inglesi. La passione per il disegno tecnico la ha sempre avuta, fin da bambino. Poi quello che disegnava cercava di costruirlo: barche di polistirolo, aerei, ed altri manufatti ideati a scuola, spesso con l’amico Paolo. Marco ammette di non essere stato un bravo studente, ed anche la condotta lasciava a desiderare. Tutti gli ordini di scuola li ha frequentati con poco impegno, sempre preso a disegnare e ideare, specie mezzi di trasporto. L’idea di mettere a frutto questo suo dono con la laurea triennale in disegno tecnico è arrivata durante l’Open Day al Guetti, ovvero la giornata di orientamento per i ragazzi dell’ultimo anno. La classica postazione con materiale illustrato sia dell’Istituto europeo di design, sia quella del Politecnico di Milano gli hanno acceso la lampadina, e nei giorni successivi al conseguimento della maturità si è iscritto a

“Volevo dimostrare di saper fare qualcosa, e non passare per il figlio di papà che si inserisce subito nella azienda di famiglia”. In sintesi è stata questa la molla che ha spinto Marco Failoni, 32enne tionese, a diventare digital modeller in prestigiose case

Milano, nel corso di disegno industriale. Qui ha confermato l’abilità nel disegno, nel modellare in 3D, ma appena conseguita la laurea è andato a fare l’operaio metalmeccanico alla Girardini di Tione, perché voleva

automobilistiche, dopo aver conseguito la laurea in disegno industriale all’Università di Milano. Da poche settimane è approdato in Ferrari, dopo alcune esperienze assai significative in Inghilterra: prima alla Bentley, e poi alla McLaren.

imparare come era la progettazione industriale calata nel concreto. Ci dice di aver appreso molto, poi alcuni mesi in Inghilterra per imparare bene l’inglese, infine il salto nel mondo delle auto. A Torino alcuni la-

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vori presso aziende satelliti dei grandi gruppi automobilistici, quindi ha colto l’opportunità di andare alla Bentley, nel cuore dell’Inghilterra, azienda ben strutturata dove ha collaborato con tecnici che provenivano da tutto il mondo. Quando lo hanno cercato alla McLaren, ha accettato subito, e lì si è trattenuto 4 anni e mezzo. A Londra c’era un ambiente bello, stimolante, a contatto con tanti col-

leghi, fra cui moltissimi italiani. Almeno la metà sono ingegneri o disegnatori italiani, spesso ex Ferrari ed ex Lamborghini. Ad un certo punto però, e la pandemia ha giocato un certo ruolo, ha sentito il desiderio di lavorare in Ferrari, e così è potuto tornare in Italia, cogliendo al volo questa opportunità di grande prestigio. Al momento non ci è andato fisicamente per

le restrizioni, lavora da casa al computer, come tanti in epoca di pandemia, ma se le cose non peggiorano, in aprile si trasferirà a Maranello, e potrà anche fisicamente stare a contatto con gli altri tecnici e designers. Tra l’altro in Ferrari ci sono altri due tionesi, entrambi ingegneri: Gabriele Antolini, e Giuliano Salvi, che da anni segue le corse, essendo tecnico di pista. Del lavoro da remoto gli piace la possibilità di massima concentrazione, ed anche stare in famiglia, con relative comodità domestiche. Dell’Inghilterra ha sempre apprezzato il rispetto che c’è per il lavoro, meno le abitudini diverse della quotidianità: niente possibilità di un caffè la mattina al bar, pessimo cibo, gente che si ubriaca di brutto tutti i venerdì ed i sabati sera nei pub. Grande la differenza anche fra la campagna e Londra, città cosmopolita decisamente più vicina agli standard europei. Gli inglesi sono più aperti verso gli stranieri, e ciò dipende anche dalla loro storia, non paragonabile con quella italiana. La migliore soddisfazione finora? “Sono stato team leader del gruppo che ha ideato e realizzato il modello McLaren 765 LT, un’auto splendida, impegnativa, che ha richiesto un lavoro lungo e complesso, ma che ha dato ottimi frutti”. Basta guardarla: 765 sono non solo i cavalli, ma gli esemplari costruiti nel 2020, e sono già stati tutti venduti. Costa circa 340 mila euro, e nel 2021 se ne produrranno ancora, ma bisogna mettersi in fila, e forse non tutti potranno esser accontentati. Dopo Ferrari, fra qualche anno, che progetti ha Marco? “Tornare a Tione, e lavorare nell’azienda di famiglia, le grandi cucine Failoni. Perché mi piace la montagna, perché era nei miei progetti di stare via pochi anni, e perché ho dimostrato di saper lavorare bene. Questo mi ero prefissato, e lo sto realizzando”.


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Cooperando

La cooperazione giudicariese in numeri

L’impatto della cooperazione è rilevante nei territori sotto il profilo economico, sociale, ambientale e culturale. La cooperazione in Giudicarie cosi come in Trentino genera una ricchezza (valore La cooperazione Giudicariese in numeri aggiunto) che va ben oltre il dato dei 110 milioni di fatturato annuo. Il valore aggiunto costituisce infatti il punto di Alberto Carli unione fra il Bilancio d’Esercizio e il Bilancio Sociale. Il Bilancio d’Esercizio è la rappresentazione della compoIl totale complessivo dello imprese cooperative presenti in Giudicarie è pari a 33, che costituiscono l’8% del sizione dell’utile di esercizio totale di imprese cooperative in Trentino. 12 sono le Cooperative di consumo, 9 quelle di lavoro e servizi, 8 formato dalla differenza tra di Alberto Carli riguarda il credito, da 8 casse rurali oggi le cooperative sociali e di abitazione, 2 quelle agricole. Per quanto costi e ricavi, mentre il Bicontiamo 2 casse rurali di grandi dimensioni con in 49 filiali . Il dimensioni giro di affari sistema Cooperativo insilancio Sociale evidenzia la Il totale complessivo dello imprese cooperative presenti di grandi con del 49 filiali . Il giro di affari del formazione della ricchezza a 33, che l’8% del totale di milioni stema di Cooperativo in Giudicarie e Paganella è in crescita Giudicarie èe pari Paganella è costituiscono in crescita costante: dai 101 euro del 2015 ai 110 del 2018. I soci sono prodotta dall’azienda e la sua imprese cooperative in Trentino. 12 sono le Cooperative di costante: dai 101 milioni di euro del 2015 ai 110 del 2018. 40.000 di cui 13.700 sono attivi nel consumo, 17.000 nel credito e 8500 ne settore lavoro. In Giudicarie sono distribuzione sulla comuniconsumo, 9 quelle di lavoro e servizi, 8 le cooperative so- I soci sono 40.000 di cui 13.700 sono attivi nel consumo, 1500 che2 quelle lavorano nelle Per cooperative. tà di appartenenza. Il valore ciali ele dipersone abitazione, agricole. quanto riguarda 17.000 nel credito e 8500 ne settore lavoro. In Giudicarie aggiunto cooperativo si puo’ il credito, da 8 casse rurali oggi contiamo 2 casse rurali sono 1500 le persone che lavorano nelle cooperative. rilevare nella capacità di conferire una nuova dimensione ai progetti locali, fornendo alle parti interessate alternative e nuove opportunità per esaminare e risolvere i problemi in modo innovativo. I progetti di cooperazione possono generare valore aggiunto in diversi modi. - Possono rendere più ambiziosi i progetti raggiungendo una massa critica. Favorire la condivisione di risorse e di competenze può infatti nuovi partner commerciali, o un processo; acquisire ul- economici e ambientali per gli attori locali a rappresentagenerare economie di scala a posizionarsi su nuovi mer- teriori competenze. Inoltre, le aree rurali; - Non da ultimo re più attivamente il proprio e sinergie utili per il conse- cati. La Cooperazione può il contatto con esperienze favorire l’identità territoriale territorio, trasformandosi in guimento degli obiettivi del infatti offrire nuove opportu- diverse può contribuire ad e svolgere un’opera di sen- veri e propri “ambasciatori” progetto (come ad esempio i nità commerciali, ampliare gli orizzonti com- sibilizzazione. La economico, coopera- della zona.ambientale e L’impatto dellagenerando cooperazione è rilevante nei territori sotto il profilo sociale, costi per le attrezzature tecni- così la possibilità di incre- merciali e incoraggiare le zione può aiutare le persone La cooperazione diventa culturale. La cooperazione in Giudicarie cosi come in Trentino genera una ricchezza (valore aggiunto) che va che/ tecnologie, la formazio- mentare le vendite dei pro- imprese e le organizzazioni a riscoprire la propria terra e fondamentale per il suppleben individuare oltre il datoundei 110 milioni di fatturato aggiunto il punto di unione dei ne, la commercializzazione, dotti; partner a adottare approcci annuo. operativiIl valore la propria storia. costituisce Favorendo infatti mento, o in sostituzione, fra il Bilancio d’Esercizio e il Bilancio Sociale. Il Bilancio d’Esercizio è la rappresentazione della composizione ecc.); - Aiutano a migliorare commerciale complementare più avanzati. Questi, a loro una migliore conoscenza del servizi del pubblico in un moinserzione 280x200-febb2021.pdf 1 26/02/21 10:52 la competitività, a trovare per migliorare un prodotto volta,dalla portano benefici socio proprio territorio, mento di continuo cambiadell’utile di esercizio formato differenza tra costi e ricavi, mentrespingere il Bilancio Sociale evidenzia la

mento della situazione socioeconomica. Un ecosistema in cui imprese, enti pubblici e privato sociale si integrano. Generando, quindi, risposte alle sfide sociali del nostro tempo: benessere, conciliazione e lavoro. Attraverso la continua integrazione di servizi e la co-progettazione si possono attuare nuovi scenari di welfare. La sfida, infatti, è quella di rispondere ai bisogni emergenti, a cui il pubblico da solo non riesce più a far fronte, in un sistema di welfare ed economia circolare. Le cooperative, in rete tra loro, possono diventano attive e protagoniste nell’erogazione di servizi di qualità in modo capillare in tutta la Comunità e in generale la Provincia, con il valore aggiunto dell’ascolto della persona e del dialogo con il territorio: servizi personalizzabili sulle esigenze della singola persona, tutela del lavoratore, affidabilità e competenza dei professionisti del settore.

formazione della ricchezza prodotta dall’azienda e la sua distribuzione sulla comunità di appartenenza. Il valore aggiunto cooperativo si puo’ rilevare nella capacità di conferire una nuova dimensione ai progetti locali, fornendo alle parti interessate alternative e nuove opportunità per esaminare e risolvere i problemi in modo innovativo. I progetti di cooperazione possono generare valore aggiunto in diversi modi. - Possono rendere più ambiziosi i progetti raggiungendo una massa critica. Favorire la condivisione di risorse e di competenze può infatti generare economie di scala e sinergie utili per il conseguimento degli obiettivi del progetto (come ad esempio i costi per le attrezzature tecniche/ tecnologie, la formazione, la commercializzazione, ecc.); - Aiutano a migliorare la competitività, a trovare nuovi partner commerciali, a posizionarsi su nuovi mercati. La Cooperazione può infatti offrire nuove opportunità commerciali, generando così la possibilità di incrementare le vendite dei prodotti; individuare un partner commerciale complementare per migliorare un prodotto o un processo; acquisire ulteriori competenze. Inoltre, il contatto con esperienze diverse può contribuire ad ampliare gli orizzonti commerciali e incoraggiare le imprese e le organizzazioni a adottare approcci operativi più avanzati. Questi, a loro volta, portano benefici socio economici e ambientali per le aree rurali; - Non da ultimo favorire l’identità territoriale e svolgere un’opera di sensibilizzazione. La cooperazione può aiutare le persone a riscoprire la propria terra e la propria storia. Favorendo una migliore conoscenza del proprio territorio, spingere gli attori locali a

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In media le donne percepiscono pensioni molto più basse rispetto agli uomini

La Cassa Rurale: un webinar per parlare di previdenza …al femminile La costruzione di una pensione integrativa, quale consolidamento del pilastro dell’assegno principale della pensione pubblica, è oggi davvero necessaria anche in considerazione che l’attuale sistema pensionistico italiano non è più in grado di garantire risorse sufficienti ad assicurare nel periodo della fine lavoro lo stesso tenore di vita precedente. E questo è ancora evidente dopo la riforma Fornero con cui si è consolidato il passaggio dal metodo di calcolo retributivo a quello di calcolo contributivo. Se il metodo retributivo infatti si fondava sul valore delle retribuzioni degli ultimi anni la-

“Perché un webinar a tema “donna e previdenza”? Perché sebbene il ruolo della donna nel mondo del lavoro sembri un fatto ormai riconosciuto - numerosi studi hanno dimostrato come il ruolo femminile in ambito lavorativo, sociale, finanziario ed economico abbia un impatto significativo sullo sviluppo del nostro Paese - nella realtà le disuguaglianze sono ancora tante e marcate. La conciliazione e l’armonizzazione tra famiglia e lavoro ricade infatti ancora e sempre sulla donna. Maternivorativi, assicurando in media un assegno pensionistico pari all’80% dell’ultimo stipendio, con il metodo contributivo l’assegno di pensione viene calcolato in base ai contributi versati e questo influisce significativamente sull’ammontare pensionistico di ciascuno che si ridurrà progressivamente, soprattutto per le nuove generazioni, fino

a raggiungere il limite del 50% del valore delle ultime retribuzioni. Diventa dunque importante conoscere in anticipo l’ammontare dell’assegno pensionistico che si prevede di ricevere al fine di valutare l’adozione di un sistema pensionistico integrativo. Marco Mariotti, Direttore Generale della Cassa Rurale, evidenzia come

tà, cura dei familiari e lavori part-time sono fattori che incidono in modo importate sui versamenti previdenziali e conseguentemente sui trattamenti pensionistici riservati alle donne: in media le donne percepiscono pensioni molto più basse rispetto a quelle degli uomini. Ed allora, in questo contesto sociale, diventa non solo opportuno ma determinate anche per le donne pensare al proprio futuro previdenziale - afferma la Presidente Monia Bonenti” “in Italia alla fine del 2019, a fronte di una forza lavoro pari ad oltre 25 milioni di unità, gli aderenti ad un fondo pensione complementare rappresentavano solo il 31,4%. Se si analizzano i dati della Cassa Rurale vediamo come le situazioni dei nostri soci-clienti siano in linea con le medie di sistema. Segno questo che, anche nel nostro

territorio, si deve aumentare la consapevolezza dell’importanza di rafforzare la copertura previdenziale individuale con strumenti integrativi quali l’adesione a forme di previdenza complementare” “Occuparsi della comunità significa anche questo ovvero creare opportunità di confronto e riflessione sui temi centrali per la nostra

esistenza quale quello previdenziale. Temi in grado di migliorare, anche se in prospettiva, la nostra qualità di vita - sottolinea la Presidente Monia Bonenti. L’appuntamento è per il prossimo 12 marzo alle ore 20.00 in modalità webinar per scoprire come l’essere donna influisca sui tempi e sulle modalità di accesso alla pensione, comprendere l’importanza delle forme di previdenza integrative e conoscere i principali vantaggi previsti dalla legge per favorire l’adesione ai fondi pensione. Per partecipare è necessario compilare l’apposito form sul sito www. lacassarurale.it entro il prossimo 11 marzo.


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Territorio

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D’altro canto l’antropizzazione delle aree boschive è un processo storico, del quale il clima prima e l’uomo poi sono i principali responsabili nella dinamica del paesaggio montano. I primi frequentatori delle Giudicarie sono stati i Liguri, seguiti poi dai Reti, dai Celti, dagli Stoni, dai Galli e, un secolo avanti Cristo, dai Romani. Furono i pastori padani a insediarsi stabilmente nelle valli giudicariesi, bonificando i terreni incolti trasformandoli a prati pascolo e praticando l’alpeggio, attività che è diventata parte importante della vita comunitaria. Solo quando i prodotti boschivi diventano beni economici gli abitanti originari (i Vicini) delle Comunità locali intervengono nella loro amministrazione con l’istituzione della Regola. Già nell’undicesimo secolo Ragoli, Preore e Montagne adottarono le Regole che costituivano pratiche giuridiche di autogoverno per la gestione delle proprietà comuni indivise, in particolare quelle riguardanti boschi e pascoli. La Regola stabiliva norme per il governo dei beni comuni e assegnava il numero di vacche, capre e pecore che ogni famiglia poteva allevare e la quantità del bestiame da monticare nelle singole malghe condotte collettivamente. Con l’aumento della popolazione giudicariese, verificatosi dalla metà del Settecento, si accentuò la pressione antropica sul bosco, con la conseguente necessità di espandere l’area dei seminativi e dei pascoli a quote elevate, cambiando così il paesaggio e l’ambiente montano. Particolarmente interessante è dare uno sguardo alla storia attraverso le cronache del passato. Il documento più antico della Regola dello Spinale, indetto per la gestio-

L’abbandono progressivo dell’Uomo

Il paesaggio alpestre delle Giudicarie di Elio Caola La storia della montagna giudicariese è ritmata da oscillazioni fra periodi di sovraccarico umano con eccessivo sfruttamento delle risorse e di ristrutturazione delle stesse, in concomitanza con le diverse fasi dell’andamento economico e della organizzazione sociale. Negli ultimi decenni sono stati abbandonati ampi territori montani con profondi cambiamenti di ne dell’alpeggio estivo sullo Spinale riservato ai Vicini della Comunità di Ragoli, risale all’anno 1249. Nel 1805 il Governo austriaco proibì le Regole e gli Statuti medioevali riguardanti il patrimonio silvo-pastorale, dichiarandole “illecite combriccole di popolo”. Fu solo dopo la metà del diciottesimo secolo che la politica forestale austriaca dettò delle norme di utilizzo dei boschi del Trentino adottando il sistema del “taglio raso”, che ha fatto crescere vaste abetine coetanee meno resistenti agli eventi atmosferici distruttivi del bosco disetaneo e plurispecifico che si insedia naturalmente. Alla fine dell’Ottocento i criteri della politica forestale nelle Giudicarie erano ben radicati. Disposizioni legislative indicavano infatti il prelievo del materiale boschivo e riducevano gli Usi Civici, riequilibrando l’utilizzo fra le colture agrarie, il pascolo

e il bosco. Nei momenti di crisi, tuttavia, alcune restrizioni si allentavano con concessioni di disboscamento, per la conversione a pascolo. Nel panorama del paesaggio montano delle Giudicarie le aree pascolive hanno sempre rivestito notevole importanza per l’attività dell’alpeggio, fondamentale nell’allevamento del bestiame, fonte unica di sostentamento dei valligiani. Un fatto significativo dell’importanza della monticazione è costituito dalla sentenza arbitrale del 1246 con la quale il Comune di Bocenago divenne proprietario della vasta area boschiva della Zeledria, a Madonna di Campiglio, trasformandola a prato –pascolo per l’alpeggio. Aspre furono le contese per la conquista dei pascoli. La tradizione infatti ricorda che nel 1155 vi fu un duello all’ultimo sangue fra due campioni designati dalla popolazione della valle Ren-

tipo economico, culturale, storico, ecologico e paesaggistico. E’ noto che gli elementi determinanti la distribuzione della vegetazione forestale-pascoliva, la configurazione orograficogeologica e l’andamento climatico contribuiscono a rendere il territorio caratterizzato da grandi differenze paesaggistiche e da una elevata biodiversità.

dena e del Bleggio per l’aggiudicazione della proprietà della malga Movlina, in Val d’Algone. Nel 1700 malghesi bresciani di Cedegolo soffocarono nella “caldera “alcuni uomini di Daone a seguito di una controversia per i pascoli della Val di Fumo. Fino a quando l’uomo ha avuto un rispettoso ed equilibrato rapporto con la montagna la sua presenza ha costituito un ruolo qualificante, utile e non contradditorio con la natura. Tutto ciò però ha comportato povertà e fatiche, sopportate da un senso di rassegnazione e di ineluttabilità tipico dei montanari di allora. L’abbandono della montagna da parte dell’uomo è stato progressivo ed inarrestabile, con il degrado del territorio soggetto a continui eventi meteorologici distruttivi. Il bosco, non più disturbato dal pascolamento, riconquista le aree libere e invade pascoli e prati, modificando rapida-

mente l’ambiente silvo–pastorale. Inoltre, negli ultimi decenni l’industrializzazione fa sentire in maniera evidente e traumatica i suoi effetti negativi sul territorio montano e per le attività agricole; di fatto, dopo la seconda guerra mondiale, ai contadini giudicariesi venne offerta l’opportunità di un’occupazione rimunerativa nei lavori di captazione per scopi idroelettrici delle acque dei fiumi Sarca e Chiese e nei servizi legati principalmente all’attività turistica. La conseguente forte diminuzione di attività silvo-pastorali e lo sfruttamento squilibrato del territorio per un uso idroelettrico e turistico sono i due fattori che segnano il destino della montagna che non potrà che essere negativo se non si provvede ad una adeguata politica di salvaguardia e valorizzazione del suo territorio che diventa sempre più incolto, con le tipiche costruzioni rurali “Ca

da mont” che vengono abbandonate al degrado e l’invasione del bosco nei prati che le attorniano. Una tutela delle risorse ambientali va attuata in parallelo con la promozione ed il sostegno dello sviluppo delle economie zootecniche ed industriali locali, capaci di determinare occupazione e fonti di reddito migliorative della qualità della vita dei suoi abitanti. È infatti essenziale il sostegno pubblico delle attività tradizionali forestali e zootecniche, tuttora economicamente valide, che possono integrare il reddito basilare dell’attività turistica la quale, come afferma l’illustre antropologo Annibale Salsa, “è la nuova vocazione (della montagna) che ha compensato le lacerazioni prodottesi nel tessuto sociale rischiando, però, di incamminarsi verso forme di monocultura dagli esiti potenzialmente incerti”.

Paolo Sartori nominato Commendatore Dalla Rendena allo scenario internazionale, una vita in polizia Dagli anni Novanta, all’inizio di Tangentopoli alla guida della Squadra Mobile di Trento, fino agli incarichi internazionali nella difficile situazione dell’Europa dell’Est. Ha percorso in lungo e largo le strade d’Europa, dall’Italia alla Romania come consigliere del Primo Ministro romeno, e ritorno come Questore di Mantova. Il prestigioso curriculum del trentino e giudicariese Paolo Sartori si è arricchito di un nuovo titolo: il Commissario del governo Sandro Lombardi ha conferito a Sartori l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Paolo Sartori, 59 anni, si è laureato in Giurisprudenza all’Università

di Bologna nel 1987. Fin da giovane vince il concorso di commissario ed entra in polizia: prima destinazione Questura di Trento. Nel giro di pochi mesi assume un incarico delicato come la guida della Squadra mobile nel periodo di Tangentopoli. Con i Pubblici Ministeri Giovanni Kessler e Pasquale Profiti il dirigente della Mobile forma il pool trentino di Mani Pulite. Le indagini della polizia anche in Trentino mettono a nudo i rapporti non sempre trasparenti tra politica e affari: le inchieste sulle tangenti Autobrennero e Mondialfiemme, solo per citare i procedimenti più famosi, fanno tremare i palazzi trentini. Ma ci sono

anche gli omicidi - come il duplice delitto del Calisio - sempre risolti. Nel luglio del 1999 Sartori viene trasferito a Roma

alla Criminalpol e, quindi, al Servizio Interpol. Nell’agosto del 1999 viene inviato a Bucarest (Romania), presso l’Ambasciata

d’Italia, a ricoprire gli incarichi di rappresentante dell’Italia presso l’ Organizzazione internazionale finalizzata a coordinare, nei Paesi Balcanici, le iniziative a contrasto delle organizzazioni mafiose e terroristiche internazionali e di Ufficiale di Collegamento Interpol per la Romania, l’Ucraina e la Repubblica Moldova. Promosso, nel 2007, primo dirigente della Polizia di Stato, Sartori diviene responsabile dell’Ufficio di coordinamento operativo per l’Europa Orientale, la Federazione Russa ed il Libano del Ministero dell’Interno italiano, con sede a Bucarest. Anche negli anni trascorsi all’estero Sartori rimane operativo

sul fronte delle indagini e contribuisce a catturare in Polonia Francesco Schiavone, capo dei Casalesi ed erede di “Sandokan”. Un duro colpo viene inflitto anche alla mafia con il sequestro in Romania dei beni dei corleonesi. Dal 2010 al 2013 è anche coordinatore dei progetti in materia di contrasto alla criminalità organizzata internazionale ed alla corruzione nei Paesi del Centro America (Guatemala, El Salvador, Nicaragua e Honduras). In tutti questi anni trascorsi per lavoro all’estero, Sartori ha comunque mantenuto solidi legami con il Trentino, con Caderzone in particolare dove c’è la casa che fu dei nonni.


Arte

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Un po’di Giudicarie dentro Bellezza di un’identità Proprio all’articolo 2 dello statuto dell’ente tionese se ne deduce con precisione lo scopo sociale, che è quello di “promuovere con tutti i mezzi possibili l’abbellimento del paese e dintorni, attraverso la costruzione di strade, ponti, giardini , impianti igienico-sanitari, tinteggiatura delle case e la conservazione delle opere d’arte, nonché quello di favorire pubblici divertimenti”. La dizione “Società di Abbellimento” viene spesso integrata con quella di “Comitato di cura e per l’incremento del concorso dei forestieri”, da cui emerge, come annota nel 1903 il grande bibliotecario di origini nonese Desiderio Chilovi nel suo saggio dedicato a quelle pionieristiche istituzioni cultural/turistiche “...che all’idea della bellezza si unisce anche, in quelle Società, l’altra di stimolare alla frequenza i forestieri, rendendo più ameno e gradito il soggiorno nel paese...”. Gli fa eco l’avvocato Giovanni Battista Debiasi di Ala che, sempre in quegli anni, saluta in questo modo la nascita delle Società di abbellimento e la loro finalità: “Occuparsi di ciò che è o dovrebbe essere bello non è uno svago da oziosi, da aristocratici, come pure talvolta distrattamente suppone il volgo; che al contrario, ogni cura la quale contribuisca a togliere lo spettacolo di deformità ed a presentare qualche cosa di aggraziato è cura ‘umana e popolare’....Che la educazione popolare nel culto del bello abbia fatto anche tra noi molti progressi è cosa tanto vera quanto confortante...”. Quindi un’esperienza nel nome della bellezza, declinata in estetica civica, a cui guardare pure oggi, tanto più nel mezzo dei frenetici cambiamenti che investono il mondo del turismo ed il suo riassetto anche a livello locale, che vanno a toccare in maniera non marginale la storia e l’identità stessa delle nostre comunità e della nostra valle. In questo senso l’importanza di riaffermare il valore intrinseco del nostro

di Giacomo Bonazza Semplicemente “Società di abbellimento”: così le antenate delle Pro loco in epoca austroungarica, con quella di Pieve Tesino del 1881 a far da capofila, prima Pro loco d’Italia ante litteram, fondata da alcuni “perteganti” tesini (merciai ambulanti, venditori di stampe sacre in tutta Europa), che, di ritorno al loro paese, vogliono restituire all’antico splendore il colle di San Sebastiano con l’omonima chiesa quattrocentesca. Di qualche anno

più tardi, siamo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, la Società di abbellimento di Campiglio, presieduta dal pittore bolzanino Gottfried Hofer, artista della vacanziera corte asburgica sulle Dolomiti, famoso per la sontuosa decorazione della sala da pranzo del Grand Hotel des Alpes (oggi Salone Hofer) ed autore della maestosa tela ad olio “La Madonna di Campiglio”(1897/1898), e la Società di abbellimento di Tione costituitasi nel 1899.

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patrimonio culturale, dei beni artistici e paesaggistici che lo sostanziano, della bellezza come diritto fondamentale di tutti i cittadini, sottraendoli alla pure logiche del consumo e di un mercato senz’anima che ragiona solo in termini di PIL e di massima visibilità mediatica possibile, con il rischio di trasformare in ‘prodotto’ perfino la parte più intima e più vera dei luoghi in cui viviamo. Non si vuole qui negare la necessità, dentro un contesto di crescente complessità e sempre più globalizzato, di adottare anche in campo turistico le strategie di promozione più efficaci e concorrenziali, ridisegnando pure nuovi ambiti e bacini d’offerta secondo criteri di una certa omogeneità e di economia di scala, basta che ciò avvenga nel rispetto e nel coinvolgimento delle singole comunità locali, le vere depositarie dell’identità storica e umana dei luoghi. Per essere glo-

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mologia di patrimonio: pater, ‘padre’ e munus, ‘dovere’, ‘compito’, è lì a ricordarci l’impegno di essere degni continuatori di un’eredità!), proprio lui instancabile indagatore della multiforme identità della nostra valle, fondata sulla varietà e la diversità dei territori che la compongono ma non esente da

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1 - Gottfried Hofer - Particolare decorazione Salone Hofer con ritratto dell’ inperatrice Sissi 2 - Gottfried Hofer - La Madonna di Campiglio (1897-1898) 3 - Gottfried Hofer - Parete sud Salone Hofer - Grand Hotel Des Alpes bali occorre essere pienamente locali, come da sempre ci bacchetta implacabile su questo giornale il saggio Mario An-

tolini, sollecitandoci ad una maggiore conoscenza e consapevolezza del patrimonio che ci è dato a gestire (la stessa eti-

una secolare vocazione unitaria. Solo a partire da questa consapevolezza si possono affrontare le sfide del presente, sia quella istituzionale con la prossima chiusura della Comunità di Valle con il portato simbolico che si porta dietro (il termine simbolo significa letteralmente “mettere assieme”), sia quella della

riorganizzazione turistica dettata dalla nuova legge provinciale. In quanto giudicariesi non possiamo restare indifferenti alla migrazione di San Lorenzo e Dorsino verso l’Apt Dolomiti Paganella senza interrogarci in merito alla compatibilità ed alle conseguenze di quella operazione, vista l’appartenenza di quei paesi all’antica Pieve del Banale, una delle sette pievi delle Giudicarie, documentata per la prima volta nel 1193; così come all’aggregazione del resto delle Esteriori al grande comprensorio turistico dell’Alto Garda, seppure quel territorio storicamente ricompreso entro i confini della prima e più antica Judicaria. Pari perplessità non possono non sorgere rispetto al destino dei Consorzi turistici Valle del Chiese e Giudicarie Centrali, accorpati alla collaudata Apt rendenera, dove il rischio della prevaricazione di quest’ultima su zone meno attrezzate e competitive, almeno su un piano meramente quantitativo, sembra ineluttabile, se non entra in gioco un sentimento di condivisione che solo può venire da una storia comune, dalla medesima identità. Non si possono vincere queste sfide se non si ha “un po’ di Giudicarie dentro”!


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Cultura

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In uscita il libro di Alessandro Giacomini che racconta Margherita Hack

“Una stella per amica” Molto di più di un’amicizia. Un legame unico quello che ha segnato la vita professionale, ma soprattutto personale, di Alessandro Giacomini, autore del libro che oggi vuole raccontare l’astrofisica, icona del pensiero libero e dell’anticonformismo, ma anche donna dalla grande umanità. “Era spettinata, trasandata, semplice. Il suo tono schietto e le sue parole taglienti, ma giuste, le hanno spesso affibbiato l’appellativo di donna fredda, ma aveva un sorriso e due occhi color cielo che illuminavano ogni anima”. Alessandro Giacomini, fondatore dei Laici Trentini per i diritti civili e Presidente uaar del Trentino Alto Adige ora scrittore, prova a descrivere a parole la grande figura di Margherita Hack. Nasce così “Una stella per amica”, un libro edito per Transeuropa edizioni, che racconta la compagnia di “Marga” nella vita dell’autore. L’idea nasce da un suggerimento di Giulio Giorello, profondo estimatore e amico di Giacomini , filosofo e matematico, anche lui impegnato nella diffusione di pensieri liberi, ma che purtroppo, non è mai arrivato a leggerne la conclusione, strappato alla vita lo scorso giugno. Alla stesura del libro sono però intervenuti anche altri contributi, come i ricordi personali di Sergio Staino, Piergiorgio Odifreddi e Don Pierluigi Di Piazza. Un vignettista, un ateo convinto e un prete anomalo, figure tutte che ben si accordano con Margherita. “Quello che ci legava erano i diritti civili, soprattutto quelli per le donne - racconta l’autore . Mi colpì subito la sua capacità di entrare negli argomenti più difficili, nel modo più semplice e autentico. Dopo quel momento è solo nel 2000 che mi ritrovo ospite a casa sua. Quando venne ad accogliermi era l’emblema della strega, finché non esplose il suo grande sorriso. In casa c’erano più di 24mila libri, suo marito leggeva un quotidiano in inglese e lei che mi serviva con thè e torta: devo aver pensato di essere finito in un sogno. Da qui le prime discussioni e collaborazioni. Il racconto descrive così frammenti personali e inediti degli ultimi anni di vita della nota astrofisica. Un omaggio all’intenso concetto di libertà e alla profonda tolleranza di una donna di scienza che non ha mai imposto la sua laicità, anche quando la stessa è stata oggetto di polemiche e censure. Nel libro, ben si intuisce l’eredità di Hack, non solo nella lotta per i diritti civili, ma soprattutto nella sua umanità, nella sua sensibilità, e nel suo grande amore, spesso nascosto dalla rigidità delle parole. Questa era lei, una donna che amava portare la sua parola di incitazione per servire i diritti civili là dove ce ne era più bisogno, come nelle chiuse valli trentine, che insieme a Alessandro, è riuscita a conquistare convegno dopo convegno. Una donna sensibile, libera e indipendente, che rispondeva con fermezza “non mangio cadaveri” a chi le chiedeva perché fosse vegetariana. Guardandola ho capito cos’era l’amore e il rispetto altrui, qualcosa che ancora io non riesco a fare. Il libro parla proprio di questo. Della vera Margherita

Hack. Una donna che ha rinunciato all’estetica, al trucco, ai vestiti firmati, ai figli, per condurre la battaglia delle donne e dei diritti civili”. Il libro già disponibile in prevendita sui principali siti online, sarà in libreria a partire dal 1 marzo.

“L’intero ricavato andrà in beneficienza” spiega ancora Giacomini Alessandro, “per contrastare la violenza di genere”

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Viale Dolomiti di Brenta 1 - Madonna di Campiglio • Tel.+39 0465 442694 • stedile@live.it • www.stedile.com


Sport È la prima volta che vieni convocata ai Mondiali, ma non è la prima volta che ti confronti con delle gare a livello internazionale. Giusto, ho partecipato più ai Mondiali juniores che sono una cosa diversa. Questo è il mio primo Mondiale “vero”. La convocazione è arrivata solo a fine gennaio. Com’è stato ricevere la notizia? È stato bellissimo. Dopo i risultati che ho ottenuto, un quarto e un quinto posto, ci pensavo ad una convocazione. Non ero così sicura, ma quantomeno ci speravo. A inizio stagione la vedevo come una cosa abbastanza lontana, perché anche essere un’atleta abbastanza brava nel nostro gruppo non è mai abbastanza.

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La 23enne di Spiazzo a Cortina

Laura Pirovano, la prima al mondiale di Francesca Cristoforetti Laura Pirovano, la sciatrice 23enne originaria di Spiazzo, è stata convocata ai Campionati mondiali di Sci alpino, che si sono svolti a Cortina d’Ampezzo dal 7 al 21 febbraio 2021. Pirovano fa parte del-

le Fiamme Gialle dal 2015, quando è entrata come Allieva. Dopo molti successi nella sua carriera agonistica ha debuttato per la prima volta ai Mondiali del 2021.

Com’è andata la preparazione fisica quest’anno, considerando anche il problema della pandemia? Come si svolgono i vostri allenamenti? La preparazione fisica è andata bene, sono sempre riuscita ad allenarmi in modo regolare. La nostra preparazione si divide principalmente in due parti, quella sugli sci e quella atletica. Quando si fanno i raduni sugli sci, si scia tutta la mattina per poi fare un richiamo di atletica nel pomeriggio. Invece durante il resto dell’estate si fa preparazione atletica che può essere bici, corsa al campo, skiroll, palestra.

ma non è stato abbastanza per ottenere la convocazione. La gara dopo hanno chiamato anche me, sono riuscita a qualificarmi per la seconda manche in gigante. Dopo ho iniziato ad avere anche qualche risultato in velocità e da lì è stato tutto un crescendo e ora sono dove sono. Immagino che tu debba viaggiare molto per lo sci. Ti piace? Tantissimo. Già all’età di sedici anni mi ritrovavo a dover fare una trasferta in Norvegia piuttosto che in America. E alcune di queste mi è anche capitato di doverle affrontare da sola. Anche se ti può far paura all’inizio, a livello di persona ti fa crescere molto più in fretta e ti fa maturare prima. Quando è iniziata la tua passione per lo sci? Sono stata per la prima volta sugli sci a tre, quattro anni. Io impazzivo letteralmente per andare a sciare.

In quale disciplina sei specializzata? Quella che sento più mia è il gigante. Sia fisicamente che tecnicamente mi sento gigantista. Poi faccio ancora un po’ di fatica ad ottenere risultati per una serie di motivi. Sono nata gigantista e non ho intenzione di mollare. Sono sicura che sciando come so, posso arrivare a dei risultati. È solo questione di avere più pazienza. In velocità invece come te la cavi? Con la velocità ho trovato subito feeling, fiducia. I risultati sono arrivati fin da subito quindi è stato più facile. Però il gigante non lo sto abbandonando assolutamente. Quand’è stata la tua prima vittoria a livello internazionale? Nel 2015, nella prima gara in gigante in Coppa Europa, dove sono riuscita ad entrare nelle prime trenta e ho vinto. Sono passata dal niente al tutto, non ci sono stati step intermedi. Quel passaggio è quello che mi ha fatto ottenere poi la convocazione per l’esordio in Coppa del Mondo. Come andò la Coppa del

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Mondo a Lienz nel 2015? Abbastanza bene, non ero riuscita ad ottenere la qualifica però. Ero molto piccola, ma già una convocazione in Coppa del Mondo era un grande passo avanti per me. Ai Campionati mondiali juniores di sci alpino nel 2017, in Svezia, arriva l’oro nello slalom gigante.

Avevo già partecipato ai Mondiali juniores l’anno prima, che non erano andati benissimo. Ero già un’atleta abbastanza forte, quindi vincere i Mondiali juniores significava avere una conferma. E infatti ho vinto. Il tuo infortunio del 2018 invece ti ha tenuta ferma un po’ di tempo.

Tutto è partito ancora a novembre 2017 dove in America, in ritiro durante degli allenamenti, sono caduta. Avevo una contusione al ginocchio che mi ha fatto rimanere ferma fino a fine dicembre. Complice la mia immaturità e la voglia di fare gare forse ho affrettato un po’ i tempi di rientro sugli sci. A gennaio ero già a Cortina per fare la mia prima gara di Coppa del Mondo di discesa. Durante la tappa di Cortina, all’ultima gara che era un Super-G mi sono rotta il ginocchio. Sono tornata a sciare a settembre. La stagione del 2019? Sono tornata dopo l’infortunio, ho ricominciato a

sciare finché non ho ripreso una contusione, che mi ha fatto rimanere ferma. Poi ho iniziato la stagione, il mio ginocchio stava bene, ma Laura non stava bene. Non riuscivo a sciare, e durante quella stagione non c’è stato un singolo giorno in cui fossi soddisfatta di quello che stavo facendo. Ho finito quella stagione esausta. La rinascita quando è arrivata? È arrivata l’anno dopo, a fine stagione del 2019, quando ho voluto voltare pagina. Ho iniziato a sciare veramente bene appena prima della gara di inizio stagione, a Sölden,

Quando hai capito che lo sci sarebbe stata la tua strada? Non c’è stato un momento in cui l’ho capito, ho sempre sciato perché mi piaceva. Facevo anche due gare in un giorno, ma perché mi piaceva, non perché volessi ottenere risultati. È stata una cosa che è cresciuta piano piano con il tempo. Come credi che lo sport ti abbia cambiato? Aldilà della mia famiglia che mi ha dato le basi, oggi sono la persona che sono grazie anche allo sport. Senza lo sci sicuramente non sarei la stessa persona che sono ora.


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Parlando giudicariese

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Dal periodo della pandemia possibili riflessioni?

Giudicarie “in fieri” di Mario Antolini Musón In particolare, sto riflettendo sui numerosi miei rapporti personali con gli Enti pubblici, in particolare con i Comuni ed i Municipi di tutte le Giudicarie, iniziando con i ricordi della fanciullezza durante la quale ho visto l’affermarsi dei “podestà” (in sostituzione dei “Capicomune”) nei 16 Comuni amministrativi istituiti nel 1928 aggregando i territori dei 64 Comuni asburgici, lasciando intoccabili i 91 Comuni catastali. Il territorio comprensoriale era rimasto quello che era, ma si era passati dai 64 Municipi a soli 16 Municipi, da 64 Capicomune ai 16 Podestà. Anche per me che mi sono tanto occupato di storia delle Giudicarie, rimane strano il fatto di non essere riuscito a trovare documentazione circa la pubblica amministrazione in mano ai Podestà (dal 1928 al 1945). Mi è rimasta impressa (ero un bambino decenne) un’atmosfera un po’ amara e ambigua fra il Podestà di Tione e gli abitanti di Bolbeno e Zuclo (aggregati con Tione nel comune da allora denominato Tione di Trento), ma nulla di più. Per quanto mi risulta, non ho trovato neppure l’elenco dei Podestà che si sono succeduti. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, abolito il Regno d’Italia, venne istituita la Repubblica italiana e la conseguente Regione autonoma Trentino-Alto Adige; furono aboliti i Podestà e istituiti i Comuni amministrativi gestiti dai Sindaci con i Consigli comunali; in Giudicarie dai 16 Comuni si era risaliti a 40 Comuni coi rispettivi Sindaci ed i rispettivi Consigli comunali. Fu in quel periodo che iniziai la mia esperienza in campo amministrativo come segretario del Consorzio dei Comuni Giudicariesi, istituito e presieduto dal rag. Alfiero Andreolli negli anni Cinquanta, dopo la fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo di fronteggiare (a lotta aperta) i lavori idroelettrici che stavano deturpando le Giudicarie carpendone ed usufruendone le risorse idriche in maniera esasperata ed abusiva. In quella

Su queste colonne del GdG, sotto la specifica testata che si riferisce alle Giudicarie (senza alcun altro termine come è giusto che sia), solitamente a me non è dato spazio che per richiamare l’attenzione delle gentili Lettrici e dei cortesi Lettori sul nostro comune territorio comprensoriale, ossia le Giudicarie considerate sia col suo ricco e solido patrimonio storico del passato, sia con i suoi aspetti inconfondibili ambienti paesaggistici, sia, ancora, considerate in prospettiva nel continuo succedersi delle generazioni che ne usufruiscono e ne godono l’ospitalità gratuita e il considerevole ed eccezionale patrimonio. sede (e fu la sola) si parlava unicamente di Giudicarie e di nient’altro; i Comuni non entravano in campo; ci si interessava soltanto dell’intero territorio comprensoriale, vuoi del bacino della Sarca dall’Adamello al Limarò, che del bacino del Chiese dalla Val di Fumo al Lago d’Idro senza distinzione di sorta. E fu proprio quel Consorzio dei Comuni (a cui aderirono soltanto alcuni Comuni e non tutti i 40 presenti sul territorio delle Giudicarie) che entrò in campo a livello nazionale quando in Palamento si presentò la Legge a difesa delle zone montane che venivano impoverite e depauperate dall’esasperato uso delle acque, e che portò, nel dicembre 1953, all’istituzione alla legge che istituiva i sovracanoni idroelettrici affidati all’amministrazione dei Consorzi del Bacini Imbriferi Montani (i cosiddetti BIM). Dovetti seguire personalmente tutto l’iter della legge; leggermi gli atti di Camera e Senato; provvedere alla vasta corrispondenza a livello nazionale e, alla fine, anche recarmi Comune per Comune (con l’indimenticabile ed indimenticato segretario Elio Tasin quale “esperto”) per approntare i dettagli di un Ente che non si doveva impostare su basi tutte da studiare. Quali e quanti incontri assai impegnativi ed interessanti a parlare di territorio e della sua gestione, sentire campane tanto diverse; una vero e proprio continuo macinare farina tra le mani su che cosa fosse l’amministrazione pubblica, quali fossero le diversificate incombenze di una gestione territoriale da conoscere metro per metro. Una vera scuola a campo aperto, che ti entra nelle ossa e che, nel costante confronto senza

preconcetti ed ostacoli, riesce a forgiare le persone attraverso una pratica che diventa studio e conoscenza. Una volta istituiti i due Consorzi - BIM Sarca-Mincio-Garda e BIM del Chiese - rinunciai a diventarne segretario perché privo dei titoli necessari; tuttavia, come pubblicista, rimasi costantemente in contatto con le varie amministratori pubbliche ed i relativi amministratori, vivendo indirettamente la vita pubblica anche a livello comprensoriale. Di questa lunga esperienza mi permetto sottolinearne un particolare aspetto che ancora mi porto dentro. Ero imbevuto di Giudicarie dal brevissimo periodo trascorso nel Consorzio dei Comuni Giudicariesi (cessato con la nascita dei Bim) e mi ero illuso che tutti fossero protesi nella stessa direzione; invece, pur passando da Comune a Comune, non ho mai più sentito parlare di Giudicarie nella sua visione comprensoriale; ognuno parlava del proprio ambito comunale ed erano rari i riferimenti persino agli altri Comuni confinanti e senza mai con riferimen-

Nell’ormai mio ovattato silenzio nella mia mansarda sopra i tetti di Brévine, pure in questo imprevedibile ed indecifrabile periodo storico dell’inverno 2021, non posso far altro che riandare ai tanti ricordi e ai libri consultati che fanno riemergere in a me quanto mi è stato di poter vivere nei dieci decenni trascorsi, lasciandomi trasportare dall’immaginazione e dall’illusione verso ciò che mi piacerebbe potesse realizzarsi nell’avvenire che già bussa alla porta e che sta richiedendo sforzi organizzativi da saper prevedere con la massima tempestività possibile.

ti alle intere Giudicarie. Ognuno per sé, tuttavia nessuno mai contro gli altri, tutti impegnati encomiabilmente per quanto di propria competenza, ma disinteressati del bene in comune; evidente la serietà e l’impegno a livello ammnistrativo; nessun segno di contrasto verso le altre zone, ma constatabile la “individualità” portata avanti con le negative conseguenze sulle problematiche comprensoriali. Una vera vita da “separati in casa”, pur nel rispettarsi e, in un certo senso, anche volendosi bene. Un aspetto negativo che avrebbe dovuto essere combattuto con la nascita dei Bim e, successivamente, con l’istituzione del Comprensorio e della Comunità; tuttavia, essendo prevalsa (un pratica) la volontà di affidare anche le forme consorziali ai Sindaci ed ai Consiglieri comunali, pure i Consorzi sono diventati soltanto delle “greppie” dalle quali strapparsi con i denti il fieno (i fondi) a disposizione. E le Giudicarie sono rimaste senza un’identità voluta, perseguita, costituita e difesa basata su una effettiva e

convergente “unità d’intenti”. * Col 2010 mi sono trovato con i ponti tagliati, e soltanto seguendo i giornali ho visto il susseguirsi delle fusioni e delle elezioni dei nuovi amministratori: tutte persone più giovani di me e del tutto a me sconosciute poiché componenti delle nuove generazioni. In questi miei ultimi anni di esistenza sto, quindi, assistendo al cambio generazionale con la progressiva scomparsa di chi si è dato da fare per un riassetto territoriale giudicariese, che ora sta passando di mano con quanto si è fatto, ma soprattutto con quanto non è stato fatto e di cui si sente la necessità che sia fatto se si vuole che le Giudicarie rimangano inserite in quella parte di mondo che sta progredendo seguendo (o ad addirittura anticipando) la scia del progresso e dell’ammodernamento. Purtroppo non si concludono ancora i tempi dei “chiusi in casa” e dello spostarsi liberamente, con la concreta impossibilità

di contatti personali anche fra coloro che avrebbe voluto o potuto incontrarsi con gli altri. Mi sto chiedendo se questo lungo periodo sia servito, ai responsabili ed alla gente interessata al nostro territorio, “a pensàrghe sù”, ossia a prendere in considerazione anche il già prossimo avvenire delle Giudicarie. La pandemia ha evidenziato, fra il resto, anche i limiti del nostro territorio, fra cui un servizio scolastico da aggiornare sia a livello locale che a livello comprensoriale (edifici e viaggi compresi); un turismo da globalmente reinventare in ben diverse e non ancora definite prospettive; una viabilità in vari tratti da rivedere da completare o da rifare; una “fusione” dei Comuni amministrativi tuttora da revisionare; un territorio montano da ripopolare per renderlo economicamente produttivo e non da “svendere” col pericolo di sfasciarlo. Non so se sia una mia sottovalutazione perché mi trovo chiuso in casa da troppo tempo; tuttavia ho la percezione che di Giudicarie non se ne parli a sufficienza e con la debita profondità e la dovuta visione futura. Ovviamente si sta correndo ai ripari contro i pericoli e i danni della temporanea pandemia, ma chi sta prevedendo ed organizzando ciò che, per forza di cose, sarà sostanzialmente diverso da come le cose sono state fino ad ora? Soprattutto le istituzioni pubbliche si troveranno di fronte le stesse situazioni del passato oppure vi sarà un “imprevedibile” da saper affrontare debitamente soltanto da parte di chi ne sarà preparato? I settori economici e l’occupazione - specie rispetto agli stagionali ed agli emigranti - in quali situazioni e in quali direzioni si troveranno e dovranno muovere? Mi rendo contro che è troppo facile soltanto il parlarne e lo scriverne; tuttavia, in certi momenti, si dovrà pure guardarsi in faccia e dirci che c’è qualcosa a cui pensare e qualcosa da progettare per riuscire ad operare con la dovuta tempestività quando sarà l’ora di… dover correre.


Comunità delle Giudicarie

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Quei comportamenti sbagliati che alzano i costi

Il corretto conferimento del cartone Da qualche anno, in particolare nel corso del 2020, sta emergendo una problematica nuova e imprevista per quanto riguarda la raccolta, presso le isole ecologiche, degli imballaggi in cartone (scatole e scatoloni). Come è noto, tale rifiuto viene conferito nelle cosiddette “casette”, presenti in parecchi punti di raccolta pubblici, che consistono in manufatti in legno fuori terra, aperti, atti a contenere gli imballaggi in questione. Il problema scaturisce da due circostanze concomitanti: 1. l’aumento notevole che questo tipo di rifiuto ha subito già dal 2020, forse in parte ascrivibile all’incremento degli acquisti online ma soprattutto all’uso indiscriminato delle “casette” da parte delle utenze non domestiche; 2. la mancata riduzione in volume (piegatura, compattazione, rottura ecc.) delle scatole, le quali infatti vengono introdotte tal quali nel contenitore occupandone in tal modo rapidamente tutta la volumetria. Tale criticità può forse apparire di poco conto al cittadino distratto (o peggio) ma la sua incidenza sui costi di raccolta è notevole. Si pensi solamente al fatto che il mezzo di prelievo (un autocompattatore) transita per le isole raccogliendo da ogni casetta magari solo 5-6 scatoloni di grandi dimensioni non piegati e quindi con un peso praticamente nullo, cosicché alla fine del turno di raccolta la quantità effettiva di rifiuto prelevato risulta irrisoria a fronte di 6 ore di viaggio. Oltre a questo, il fatto che con pochi imballaggi il contenitore venga riempito completamente, induce l’utenza ad abbandonare il rifiuto al di fuori dello stesso, con notevole degrado dell’area, costringendo gli operatori – pagati dalla Comunità e

quindi dai cittadini – ad incrementare le frequenze di raccolta. Si pensi che in alcune isole la frequenza è dai 5 ai 6 giorni a settimana. Pur aumentando il numero di contenitori si è riscontrato che il problema persiste ed è solamente trasferito a tutti i contenitori presenti. Considerato che il costo di un turno di 6 ore è di 260 euro, passare 5 volte quando si potrebbe passare una sola volta o al massimo due la settimana comporta un aumento di costi inaccettabile, che devono poi sostenere i cittadini in tariffa. Infine, e questa è forse la problematica maggiore, il cartone viene speso conferito nelle isole ecologiche pubbliche dalle utenze non domestiche (negozi, supermercati, …) che hanno quantitativi di rifiuto abnormi rispetto alle domestiche. Si ricorda che tali utenze devono conferire il proprio cartone ai Centri di Raccolta, che sono dislocati su tutto il territorio (in numero di 15) e sono del tutto gratuiti. In una congiuntura come quella attuale, che fa registrare una forte crisi nel mondo produttivo e commerciale, la noncuranza verso questi semplici accorgimenti, che non comportano alcun onere agli utenti, porta ad aggravare ancora di più questa crisi con l’aumento ingiustificato dei costi e dimostra uno scarso, se non nullo, senso civico.


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Tutti giù per terra

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C’è coerenza e coerenza Notiziona di febbraio: Belen Rodriguez è incinta al quinto mese. Mentre Draghi il Salvatore assemblava un governo minestrone, con dentro tutto il meglio dell’ortaggeria tricolore eccetto la glitterata Meloni a far la schizzinosa, la soubrette argentina comunicava urbi et orbi il prossimo arrivo della cicogna. La modella, parlando del suo compagno hair stylist (leggasi parrucchiere), ha sentito il dovere di chiarire la più alta Virtù dell’uomo che ha fatto breccia nel suo cuore: ‘Cosa mi ha fatto innamorare di lui? La sua bellezza. E’ il mio genere. Su quello sono coerente’. Già, la coerenza, ovvero la capacità di esser fedeli alle proprie idee e convinzioni. In politica la coerenza è merce rarissima quanto un

congiuntivo azzeccato da Di Maio. Nelle dinamiche che hanno portato alla formazione del nuovo governo è esploso con fragore il peggio vizietto di chi fa politica: l’incoerenza, il voltagabbanismo, l’annusar l’aria che tira e il mirar lo sguardo là dove soffia il venticello. Ma se è vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, è apparsa altrettanto chiara la malcelata volontà di tanti leader di svendere i propri ideali e piegarli alla logica dell’opportunismo politico. Leggasi salire sul carro e vidimare il biglietto con fermata diretta alle urne del 2023. Con buona pace del mandato elettorale. Il Governo Draghi, guazzabuglio di valori, esperienze, personaggi, finanche nel loro starsi reciprocamente sulle palle, nasce come una

sorta di mostro di Frankenstein, una creatura disorganica e raffazzonata composta da quelli che mai con il PD, mai con Grillo, mai con la Lega o Berlusconi, mai con Renzi, mai con la Bonino…. Carriere politiche costruite intonando i soliti slogan e veti a favor di telecamera. Eccoli adesso all together sotto lo stesso tendone da Circo Barnum: nani, ballerine e trapezisti in un allegro girotondo finale alla ‘8 e ½’ a sfoggiare il migliore dei sorrisi in nome della RE-SPON-SABI-LI-TÀ. Quanto durerà? Ai poster (elettorali) l’ardua sentenza. Per non rimanere appiedato, Salvini ha disconosciuto il proprio credo e si è convertito all’Europeismo. Magari tra un po’ magari lo ritroviamo Capitano della ‘Open Arms’, Ministro del-

le ONG, o in un campo rom a farsi una canna con Zingaretti. Oppure in trattoria, che per decidere se ordinare vino bianco o vino rosso, apre una consultazione sulla piattaforma Rousseau. I Cinque Stelle si scoprono di colpo filoeuropei. Da noTAV e no-TAP a sostenitori delle Grandi Opere. Da fieri oppositori di Poteri Forti e Grandi Banche a primi collaboratori di Draghi, ex presidente della BCE. Grillo ha fatto abiura di sé, tramutando la V del ‘Vaffa’ nella V di ‘Viva Draghi’. All’incoerenza della politica risponde la strenua fedeltà ideologica della Meloni e di Renzi. Quest’ultimo da ragazzo era soprannominato il Bomba, perché le sparava grosse e non faceva mai quello che annunciava di fare. Vizio che il lupetto Matteo non ha perso. Come

Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio dimenticare le sue promesse di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum del 2015? Come soprassedere sul suo gusto sadico nel far fallire i governi da lui sostenuti fino a un minuto prima? Da Conte a Draghi, Italia Viva è passata da tre ministeri a uno. La vastità della coalizione, con la sola Meloni all’opposizione (questa sì coerente fino in fondo), ne ha chiaramente ridotto il peso politico ai minimi termini. Autocondannandosi all’irrilevanza, Renzi ha fatto fallire anche sé stesso. Se non è coerenza questa… A volte ritornano (ministri): Carfagna, Gelmini e Brunetta. La Bella, la Cattiva e il Piccolo. Con loro, un Governo di altissimo profilo! E ritorna Sanremo, con la novità dell’Ariston vuoto. A

sto giro va così. La speranza è che il prossimo anno gli ottuagenari che oggi riempiono le terapie intensive possano tornare ad occupar le poltrone del teatro. In Italia tutti scrivono ma nessuno legge. E dopo le imperdibili autobiografie di Lapo Elkann e Rocco Casalino, approda nelle librerie l’ennesimo libro dell’ormai ex grillino Alessandro Di Battista, fuoriuscito dal Movimento perché LUI, come più volte dichiarato, non accetta di governare affianco a Berlusconi. Berlusconi più volte definito dal Dibba ‘principe dell’illegalità’. Per dovere di cronaca: il libro è pubblicato da Rizzoli, che appartiene al Gruppo Mondadori, che è controllato dal Gruppo Fininvest, che è di proprietà di Berlusconi. Appunto. Alla faccia della coerenza.


Opinioni a confronto

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La difficile scelta della scuola superiore

BOTTA E RISPOSTA

vilgiat@yahoo.it

Sono la mamma di Ferruccio che termina quest’anno le scuole medie. Dovremo scegliere quanto prima come fargli continuare gli studi, mi potresti aiutare con la tua esperienza? Una mamma Cara signora, la scelta della scuola per continuare gli studi dopo le Medie non è per niente facile e dev’essere affrontata con la massima precauzione. Una decisione, forse la prima per un tredicenne, non semplice perché gli segnerà la vita. Non è che sia lo stesso scegliere un indirizzo scolastico anziché un altro, un istituto o un altro. Solo gli studenti, genitori e docenti possono conoscere quanto sia importante, una volta giunti al bivio, poter disporre di più informazioni possibili sulle scuole professionali o superiori disponibili sul territorio, le caratteristiche dell’ambiente scolastico, ma ancor più la situazione e l’evoluzione del mercato del lavoro e della professionalità. Proprio per avere i giusti strumenti a disposizione dei ragazzi e delle loro famiglie nella loro scelta le nostre scuole sono a disposizione per dare, in proposito, utili ed opportune

informazioni. L’augurio è che i ragazzi vengano aiutati a scegliere la strada più adatta per continuare gli studi, scegliendo la scuola che, insieme ad una buona preparazione, offra un percorso di crescita personale, basilare per entrare nel

mondo del lavoro sempre più complesso e difficile. La speranza è che ogni ragazzo possa trovare il giusto ambiente dove mettere a frutto tutti i talenti ricevuti, senza preoccuparsi di invidiare quelli degli altri. Nè dobbiamo cadere nella trappo-

Enzo Lo chiamano tutti smart working, ma non sono in molti a sapere di che cosa esattamente si tratti. C’è chi lo confonde con il telelavoro che sembrerebbe essere la stessa cosa, ma in realtà sono due modalità di lavoro a distanza sensibilmente diverse. Nello smart

la che a prescindere si scelga l’Istituto top, perché di moda e considerato più “in”, sarebbe un grosso errore perché l’interesse principale della scelta è quello di far esprimere il ragazzo nel migliore dei modi, nella consapevolezza non tanto

delle aspirazioni dei genitori, quanto delle attitudini, della passione e della preparazione di base del ragazzo. Per questo è fondamentale pensarci bene e non fare scelte azzardate. Ne va della felicità di vostro figlio. (a.a.)

Draghi è davvero il nuovo De Gasperi? In questi giorni non c’è giornale che non parli di Draghi e del suo governo votato con la quasi unanimità sia al Senato che alla Camera. E sul nuovo Presidente sembra che tutti abbiano qualcosa da dire, in gran parte lo acclamano come il nuovo “De Gasperi”, altri, nettamente in minoranza, ne parlano con molte perplessità. Tu che ne dici? Gli amici del bar Mario Draghi è un santo o è un diavolo? Avete ragione, in questi giorni si sta dicendo e

scrivendo tutto il possibile. Il problema è che ancor prima che Draghi giungesse a Palazzo Chigi tutti chiedevano di tutto e di più. Ma Draghi non fa miracoli. Considerando la gravità della crisi sanitaria, economica, politica e sociale del nostro Paese, il nuovo Presidente dovrà impegnarsi con tutto il suo prezioso intelletto, la sua esperienza e con tutte le sue forze per dare una svolta salutare alla nostra situazione catastrofica, ben sapendo che troverà sulla sua strada molti più nemici e insidie di

Smart working, un mistero Caro Adelino, mi rivolgo a te perché sei un esperto del “Palazzo”. In questi giorni mi sono recato in un importante ufficio in quel di Trento volendo parlare con un dirigente. Non c’era, mi hanno spiegato che pratica lo “smart working”, e che, eventualmente bisogna chiedere un appuntamento. E va bene. Io però non ho ancora ben capito cosa sia lo smart working...ti chiedo di darmi qualche informazione in più. Grazie

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working l’impiegato o il collaboratore può alternare la sua presenza fra ufficio e lavoro a distanza che può decidere a sua discrezione; non è definito l’orario di lavoro, ma solo il risultato che il lavoratore deve garantire. Diverso è il caso del telelavoro che si svolge da casa con lo stesso orario di lavoro rispetto all’ufficio. Normalmente però i lavoratori, impiegati e non, che lavorano a distanza ostentano con presunzione di “essere in smart working”, è più figo! In realtà la maggioranza di loro, con particolare riferimento ai dipendenti pubblici svolge telelavoro, quindi da casa con gli orari dell’ufficio. La situazione lavorativa in questione non è senza disagi con la sovrapposizione del tempo di vita familiare e quello

di lavoro e non pochi dipendenti denunciano casi di stress preoccupanti. Il telelavoro s’è diffuso soprattutto in questi mesi di pandemia, quasi una forzata sperimentazione, ma la Pubblica Amministrazione non ha dato una buona prova di saperlo gestire al meglio, ne sono testimonianza le difficoltà spesso riscontrate dai cittadini. Forse la pandemia che ci ha dato la spinta per la diffusione del telelavoro e dello smart working per fronteggiare l’emergenza, sembra non sia ancora riuscita a modificare la nostra mentalità per spingerci con convinzione verso l’innovazione del lavoro, migliorando anche l’efficienza dei servizi pubblici, C’è ancora tanto “lavoro” da fare, è il caso di dirlo.(a.a.)

quanto in questi giorni di “glorificazione” possa apparire, Per fortuna Draghi ha sinora dimostrato di sapersi muovere con abilità e destrezza tra i marosi imprevedibili della nostra politica. Nel suo percorso d’alto livello nazionale ed internazionale, Draghi ha sempre dimostrato grandi capacità di gestione e di equilibrio sia nella gestione della banca d’Italia che della Banca Centrale Europea. E’ uno dei pochi Italiani che ha relazioni consolidate ed ad alto livello nelle Cancellerie dei

più grandi Paesi e nell’alta finanza internazionale, istituzionale e privata. Se queste qualità gli consentiranno di diventare “premier” e di essere soprattutto un buon Presidente del Consiglio lo vedremo. Anche se francamente non credo che a Draghi debba essere assegnato il compito di cambiare gli Italiani o rifare l’Italia. Per iniziare sarebbe sufficiente che fosse in grado di impostare un piano di vaccinazione meno approssimativo (diciamo così…) di quello attuale. Basterebbe che riuscisse ad

utilizzare ed investire con efficacia i miliardi dell’Europa. Basterebbe che non disperdesse l’azione di Governo in passerelle inutili dei vari organi governativi, meno parlano meglio è. Già il nuovo Presidente sembra abbia riportato un sussulto di serietà e di consapevolezza alla nostra politica. E vi assicuro che non è poco. Ecco, se come inizio, fosse in grado di fare questo, credo che potremmo essere soddisfatti. Adelino Amistadi

Dubbisulvaccinoanti-Covid Premetto: io non sono contraria alle vaccinazioni. Io le ho ricevute tutte in tempi non sospetti. Ma erano tutti vaccini ampiamente testati. Sul vaccino antiCovid-19 nutro anch’io qualche perplessità, i tempi della sperimentazione sono stati troppo brevi e gli effetti finali non li conosce ancora nessuno. Non vorrei che il tutto sia un “combine” delle industrie farmaceutiche per far strabordare i loro bilanci. Giuliana

Anche se non me ne intendo molto, vorrei fare solo un paio di ragionamenti terra terra. Tutte le grandi malattie del passato sono state sconfitte grazie ai vaccini. E anche in questo caso, con il covid19 dobbiamo affidarci agli scienziati d’ogni parte del mondo ed agli organismi europei e italiani che hanno il compito di certificare la validità dei vaccini e la serietà delle aziende che li producono. La rete per la conferma della validità è estremamente seria e tecnicamente preparata, con i migliori scienziati in circolazione, dobbiamo crederci. Non crederci solo sulla base di qualche dubbio personale non ci porta da nessuna parte, come è ridicolo pensare ad oscuri complotti internazionali al fine di guadagnare vagoni di soldi. Detto questo, pur non essendo un medico, mi sento in obbligo di condividere l’imperativo categorico che giunge accorato da ogni settore della sanità: nonostante errori e incertezze nella gestione della pandemia vacciniamoci il più presto possibile. Non c’è altra via di scampo. Tutti noi abbiamo bisogno di rialzarci.(a.a.)


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