Il Giornale delle Giudicarie Aprile 2020

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Le buone azioni che contano Le buone azioni per la crescita del nostro territorio

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Le buone azioni che danno valore al tuo futuro 

Giudi iudicarie

il

iornale delle

APRILE 2020 - pag.

EDITORIALE

Ritorneremo ad abbracciarci di Adelino Amistadi

Cari lettori, diciamocela tutta, stiamo vivendo una situazione sociale, economica e sanitaria davvero drammatica che in Italia, ma anche in Europa, non si conosceva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Si può dire con sicurezza che nessuno di noi, che abbia meno di 80 anni, ha mai vissuto una situazione del genere. Gran parte delle attività commerciali e turistiche, dagli alberghi ai ristoranti, agli artigiani, e tutto il settore culturale e sportivo, sono ormai bloccate. Chiuse. La produzione industriale è ridotta al minimo, i settori dell’amministrazione stanno reggendo con gran parte dei dipendenti impegnati nel lavoro da casa sperimentando così forme di organizzazione aziendale fino ad oggi pensate solo in ipotesi futuristiche. Il governo è presente con quotidiane imposizioni restrittive. Davvero la nostra gente non sa più cosa pensare. La stessa nostra terra, il Trentino, sta portandosi ai livelli delle regioni confinanti, i nostri paesi sono ormai a rischio quotidiano. Una situazione che ci porta a dover convivere con una realtà che ci costringe ad assumerci responsabilità gravose e cambiamenti di vita difficili da accettare, ma assolutamente basilari per poter cominciare ad intravedere un lumicino in fondo al tunnel. A pag. 14

Le buone azioni che contano

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ANNO 18 - APRILE 2020- N. 4 - MENSILE

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FONDATO NEL 2002 - Distribuito da

La fragilità nel sentirsi forti Questo maledetto coronavirus

Alle pagine 4 e seguenti

Speciale Covid-19, anche i giudicariesi resistono e reagiscono

EUROPA

Egoismo nazionale Religione di Stato di Paolo Magagnotti Fin dalle elementari ci è sempre stata insegnata l’importanza delle proteine nella nostra alimentazione. Ora sappiamo che una microscopica proteina ha dichiarato guerra al mondo intero e ci sta aggredendo marciando su un campo di battaglia senza che vi sia un avversario capace di contrastarla; si cercano disperatamente armi per combatterla, ma non si trovano.

A pagina 13

Società

Storie di volontari

A PAGINA 25

Parlando Giudicariese

Il Musón, “Bene comune al centro” A PAGINA 36

TERRITORIO L’attività della polizia locale A pag. 34 VALDAONE Inaugurato il teleriscaldamento A pag. 31 CAFFARO La saga del ponte continua A pag . 30

Arte

Viaggio nella Pietà popolare

A PAGINA 32

Storia

Le ceramiche del Bleggio

A PAG. 35

ESTATE Le proposte culturali della Valle del Chiese A pag 34 PORTO FRANCO Orsi sì, orsi no A pag. 8 GIOVANI InPrendi, sei giovani per sei idee d’azienda A pag 17

PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ SUL GIORNALE DELLE GIUDICARIE sponsorgdg@yahoo.it - 3356628973 - 338 9357093


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Rassegna Stampa

APRILE 2020

A cura della REDAZIONE

RASSEGNA STAMPA MARZO 2020

DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA

Comune di Stenico: «Illuminare la nostra storia per vincere questa sfida e stare uniti» «Abbiamo pensato come Amministrazione, in collaborazione con l’Ente Museo castello di Stenico, di illuminare la nostra storia per vincere questa sfida e ricordarci di restare uniti: la nostra forza!» Lo ha dichiarato ieri il Sindaco di Stenico Monica Mattevi dopo aver deciso di illuminare il simbolo del paese e della valle, il Castello di Stenico. Giudicarie - Per l’emergenza alimentare, 203mila euro ai comuni giudicariesi. Tutti i cittadini devono poter avere i beni di prima necessità Ammontano a circa tre milioni di euro le risorse destinate ai comuni trentini per poter attuare quelle misure urgenti di solidarietà alimentare, vista l’emergenza sanitaria ed economica in corso. La cifra destinata ai comuni giudicariesi è di poco superiore ai 203 mila euro. Questa servirà per risolvere quelle situazioni problematiche per le quali alcune persone si trovano senza lavoro e senza soldi per poter acquistare beni di prima necessità. Questa la ripartizione comune per comune secondo il calcolo della Presidenza del Consiglio dei ministri nelle Giudicarie. Bleggio Superiore 9.062,76; Bocenago 2.104,72; Bondone 4.304,68; Borgo Chiese 10.908,53; Borgo Lares 3.758,81; Caderzone Terme 3.594,46; Carisolo 5.025,88; Comano Terme 18.604,39; Fiavé 7.074,13; Giustino 3.949,67; Massimeno 1.025,02; Pelugo 2.107,20; Pieve di Bono- Prezzo 7.687,27; Pinzolo 16.159,17; Porte di Rendena 10.900,36; San Lorenzo Dorsino 9.553,26; Sella Giudicarie 16.335,19; Spiazzo 6.701,18; Stenico 6.224,04; Storo 26.002,60; Strembo 2.995,38. Tione di Trento 19.403,72; Tre Ville 7.400,98. Valdaone 6.434,51; Trovato morto un giovane orso in Val Rendena, sopra Strembo E’ stato trovato morto un giovane orso in Val Rendena, sopra Strembo. L’animale, di poco più di un anno di età, è stato ucciso e parzialmente consumato da un orso maschio adulto in località Frassanè, in destra Sarca, come hanno consentito di ricostruire le tracce fresche sulla neve. In zona era da giorni segnalata la presenza di un’orsa con il cucciolone e l’aggressione sarebbe dunque dovuta alla volontà dell’orso maschio di rendere disponibile subito all’accoppiamento la femmina, eliminando l’esemplare giovane. La stagione degli amori ha solitamente inizio verso aprile ma quest’anno potrebbe essere un po’ anticipata, come gran parte dell’attività registrata finora. Si tratta comunque di un fatto natu-

rale, che succede anche in altre specie, per quanto possa sembrare crudele agli occhi dell’uomo. I resti del giovane orso saranno sottoposti a verifica genetica per risalire all’identità dello stesso e della madre, ai fini del monitoraggio della popolazione. Stenico, OSS in quarantena trovata ad una festicciola con amici. Denunciata dalla Polizia locale Continuano i controlli da parte della Polizia Locale delle Giudicarie relativi alle restrizioni sul movimento e sul traffico, imposti dalla Legge per contenere il rischio di contagio da Coronavirus. Numerosi sono i posti di controllo, in tutte le zone della giurisdizione, soprattutto sulle principali arterie stradali. Ed aumenta purtroppo il numero dei denunciati per l’inosservanza di questi provvedimenti. Il fatto sicuramente più grave riguarda una OSS in servizio presso una casa di riposo della Val Rendena, che nonostante fosse in quarantena per motivi derivanti dalla sua professione, con l’obbligo di rimanere a casa, è stata trovata dalla Polizia Locale nel comune di Stenico a 10 chilometri dalla sua abitazione all’uscita da una festicciola in casa di amici. La medesima è stata denunciata in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Trento per violazione relative all’inosservanza delle misure urgenti in materia di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 ai sensi dell’art. 650 del Codice Penale con l’aggravante della violazione della quarantena. Cassa rurale Adamello, l’accesso alle filiali è solo su appuntamento e solo per operazioni urgenti e inderogabili «L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ci impone di operare con responsabilità, avendo a cuore il bene dei i nostri Soci, clienti e collaboratori». Per ridurre al minimo il rischio di contagio Cassa Rurale Adamello ha quindi deciso di limitare l’orario di apertura al pubblico nonché di chiudere alcune filiali. I consulenti continuano ad essere operativi e possono essere contattati tramite telefono ed e-mail. L’accesso nelle filiali della Cassa Rurale è consentito ESCLUSIVAMENTE SU APPUNTAMENTO e solo per operazioni urgenti ed inderogabili.

Sfoglia il Giornale delle Giudicarie su www.giornaledellegiudicarie.it Si ricorda che è possibile sfogliare il Giornale delle Giudicarie sul sito www. giornaledellegiudicarie.it aggiornato ogni mese con le notizie più importanti che accadono in Giudicarie.

Il Muse lancia l’iniziativa digitale #iorestoacasa Il museo - pur chiuso alle visite - vuole continuare a essere al servizio della comunità e offrire spunti per nutrire la curiosità, per apprendere, approfondire ed intrattenere in maniera intelligente. Nasce così la piattaforma digitale Il MUSE per #iorestoacasa, progetto volto a offrire opportunità educative al mondo della scuola e mettere a disposizione di tutti contenuti e approfondimenti scientifici. Il MUSE, attraverso una serie di iniziative sui canali social e web, si propone così di stare virtualmente vicino al pubblico, coinvolgendolo in attività di esplorazione e partecipazione a distanza, convinti che - soprattutto in questi momenti - la cultura sotto ogni forma diventa un bene di primaria necessità. Oltre 70 fino ad oggi le risorse online messe a disposizione di tutti. Tra le proposte ricordiamo “Step by step”, una trentina di videoclip che raccontano l’organizzazione del percorso espositivo e le installazioni del museo in una sorta di viaggio virtuale attraverso l’evoluzione della vita sulla Terra, “Per curios* di natura”, un insieme di materiali video divisi in capitoli per parlare di geologia, preistoria, biodiversità ed ecologia alpina, e “Mettiti in gioco”, video-tutorial per imparare a programmare e una selezione di altri video e proposte per chi è appassionato di scienza e tecnologia. I video da ieri sono disponibili sul sito internet e sul canale youtube del museo. Tra i nuovi progetti anche MUSE on air, che ha debuttato sabato scorso - Giornata Mondiale della Poesia e Giornata Internazionale delle Foreste - con “Cantico”, un’originale rassegna radiofonica realizzata in collaborazione con il Bosco dei Poeti e l’Arma dei Carabinieri, seguita da migliaia di ascoltatori. Nel giro dei prossimi giorni sono previste altre iniziative per combattere la noia e stare assieme “a distanza”. Il tutto, appunto, stando comodamente a casa, rimanendo sintonizzati attraverso i propri smartphone, tablet e pc al sito www.muse.it e sui canali Instagram (@museomuse), Facebook (@musetrento), Youtube (MUSE Museo delle Scienze) e Spreaker (MUSE*OnAir*). TreCovid19, la App per tenersi aggiornati sull’emergenza coronavirus in Trentino

La App è stata sviluppata per tutti coloro che in Trentino vogliono tenersi aggiornati sull’emergenza del virus Covid-19 (COronaVIrus Disease 19) e leggere notizie certificate da fonti ufficiali quali Provincia autonoma di Trento e Azienda sanitaria, ma anche Ministero della Salute. Uno strumento in più che permette a chi lo consulta di evitare di navigare in rete su siti diversi, rischiando di perdere le informazioni ufficiali. Con tutte le comodità tipiche delle App fruibili da cellulare. Chiunque potrà accedere per trovare le ultime notizie, i numeri utili da contattare in caso di necessità, le linee guida, i numeri dei contagi in Trentino, in Italia e nel mondo, approfondimenti, siti di riferimento, vademecum, aggiornamenti video, ricevere informazioni sui comportamenti da adottare e trovare velocemente i link ai siti di riferimento, i decreti e le ordinanze del Governo provinciale e nazionale. Ma non solo. TreCovid19 è una App semplice e intuitiva, facile da navigare, che offre anche l’opportunità di vedere i video tutorial prodotti dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari per i cittadini, le campagne di comunicazione promosse dalla Provincia, le puntate di “Trentino News” e, nella sezione “aggiornamenti video”, le conferenze stampa giornaliere. In “Follow us” (Seguici!) sono indicati anche i canali Social Network di Provincia, Azienda sanitaria, Fondazione Bruno Kessler e TrentinoSalute4.0. Per accedere a TreCovid19: https://trecovid.apss.tn.it. Lezioni di storia online con la Fondazione Museo Storico In questa fase di emergenza sanitaria e chiusura forzata delle scuole la Fondazione Museo storico del Trentino, ha ideato il progetto STORIA.EDU che mette a disposizione degli insegnanti, degli studenti, ma anche di tutti gli appassionati di storia, lezioni e laboratori on-line. I temi affrontati nelle lezioni a distanza, disponibili sul canale Youtube della Fondazione e sulla pagina Facebook sono vari: dalla storia del Novecento, all’educazione alla cittadinanza, dall’uso consapevole del Web, al riconoscimento delle fake news. Anche il canale tematico History Lab (602) ha adottato alcuni cambiamenti nella programmazione per permettere di mandare in onda contenuti che abbiano maggiore attinenza con la formazione storica.

Che la Pasqua possa portare un po’ di serenità Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.


APRILE 2020 - pag. Maurizio Fuga

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Primo piano

APRILE 2020

Le indagini sulla malattia iniziano e entro l’Epifania la commissione cinese dichiara di aver identificato un nuovo virus appartenente alla stessa famiglia di cui fanno parte l’influenza, la Sars e la Mers. E il 2020 si è ritrovato ad essere l’anno della pandemia. L’11 gennaio, la Cina conferma la prima vittima, il contagio è velocissimo e dal mercato alimentare di Whuan, nella provincia di Hubei, dove il primo focolaio è stato individuato il nuovo coronavirus dilaga. A fine gennaio, è l’Oms a dichiarare l’emergenza globale e gli Stati iniziano, ma ancora molto lentamente a muoversi: mentre L’Hubei è in quarantena, si fanno rimpatriare i connazionali, ma il virus è già in Europa. È il 30 gennaio scorso che il virus si manifesta ufficialmente anche in Italia: i primi due casi accertati sono due turisti cinesi che vengono ricoverati allo Spallanzani di Roma. Ci vogliono però un’altra ventina di giorni perché si realizzi davvero, nella popolazione ma anche in molte amministrazioni e autorità, che il Paese, e tutti noi, siamo estremamente vulnerabili al virus. Era inevitabile che ci fosse un’iniziale sottovalutazione della situazione da parte della popolazione

L’arrivo della tempesta Breve cronologia del coronavirus

Denise Rocca

La Pasqua 2020 non sarà in famiglia, almeno non in quella famiglia allargata fatta di nonni e nonne, zii e cuginetti a cui tanti trentini sono abituati. Figli e nipoti non potranno condividere il pranzo e l’uovo di cioccolato con nonni, fratelli e sorelle non si ritroveranno attorno al tavolo della casa natia perché saremo ancora bloccati dalla

(molto meno giustificabile nei professionisti, che siano professionisti medici o professionisti politici), è accaduto ovunque, fa parte della natura umana probabilmente reagire ad un pericolo invisibile e

apparentemente “straniero” con un’iniziale spavalderia che spesso serve a esorcizzare la paura. A fine febbraio si scopre un’Italia dove i casi sono centinaia, i focolai maggiori sono in Lombardia e

pandemia in corso. Abbiamo passato un Natale tranquillo perché è arrivata solo di striscio, come un eco lontano, la notizia, a fine anno, che la Cina aveva informato l’Organizzazione Mondiale della Sanità di una serie di casi di una malattia simile alla polmonite, la cui causa era ancora sconosciuta.

in Veneto. È il nord, anche oggi, il più colpito. Nella serata del 22 febbraio il Consiglio dei Ministri emette il primo decreto di contrasto alla diffusione del virus.

È dall’11 marzo che il coronavirus viene dichiarato una pandemia, a quel punto i casi ufficiali sfiorano i 120 mila nel mondo, in 114 Paesi. Chiudono le scuole. Chiudono le frontiere. Chiudono le attività non essenziali: è un crescendo di settimana in settimana, di decreto in decreto, il concetto di “distanziamento sociale” diventa familiare. A chi ha qualche anno in più torna in mente il periodo della Spagnola, di quando era ragazzo. Le generazioni più giovani vivono il primo momento che certamente entrerà nei libri di storia della loro vita. La Primavera arriva in un Italia in quarantena, mentre in Europa riemergono

gli egoismi nazionalisti e intanto altri Paesi chiudono tutto, sulla scorta dell’Italia che è la più colpita. Marzo è passato così: in telelavoro o ferie forzate, a seguire le dirette del presidente del consiglio Conte e quelle del presidente della Provincia Fugatti. Aprile si apre con numeri di contagiati che appaiono rallentare, ma il picco è ancora da raggiungere e l’attenzione deve stare ancora alta. Il ritorno alla vita di prima è ancora lontano, se mai ci sarà un vero ritorno alla vita come la conoscevamo prima del coronavirus che assieme alla paura ha portato a galla anche la riflessione: sul valore della conoscenza, sulla futilità di certi litigi e ruggini, sulla necessità di cultura e professionalità e soprattutto che isole, autosufficienti, davvero, non siamo.

Snobbati in passato, oggi si sono rivelati indispensabili nei paesi

Commercio e virus, la riscossa dei piccoli negozi Un foglio a righe appeso all’ingresso: se l’è trovato davanti Patrizia, l’unica commessa del piccolo negozio della famiglia Cooperativa Giudicarie a Montagne. Sopra, parole ispirate, scritte dalla mano di un bambino, tre palloncini colorati e un ringraziamento. Recita: «Di tutto restano tre cose / la certezza che stiamo sempre iniziando / la certezza che abbiamo bisogno di continuare / la certezza che saremo interrotti prima di finire. / Pertanto, dobbiamo fare / dell’interruzione un nuovo cammino / della caduta un passo di danza / della paura una scala / del sogno un ponte / del bisogno un incontro», firmato Fernando Pessoa. E poi il pensiero ai lavoratori: «Grazie di cuore - scritto in pennarello rosso - a chi contribuisce a tenere aperto questo picco-

lo ma importante negozio anche in un momento così difficile». Per amore di correttezza, il brano è erroneamente attribuito a Fernando Pessoa, anche in molti siti web, in realtà è tratto dal romanzo “O encontro marcado” dello scrittore brasiliano Fernando Sabino. Ma poco importa, qui, di chi siano le parole, rimangono belle e profonde, e scalda il cuore il gesto e il pensiero che questa persona ha avuto per la commessa del piccolo negozio di Montagne che assieme a tanti altri lavoratori fa la sua parte, ogni giorno, perché davvero tutto vada il meglio possibile. Lo scorcio drammatico di storia che stiamo vivendo con il Coronavirus ha portato alla ribalta l’utilità dei piccoli negozi, quelli che sfidando le ricerche di mercato e i numeri, tenendo

aperto nelle frazioni più remote. Che continuano a ribadire la propria importanza al di là dell’economia, di presidio, di accoglienza, di servizio soprattutto per i più fragili. Le persone, costrette a rimanere a casa e limitare uscite e chilometri, sono tornate a rifornirsi sotto casa, rivalutando l’importanza di questi piccoli negozi, spesso guardati come residui di un passato che non ha più senso di esistere nell’epoca delle grandi superfici, degli sconti sui megapacchi di prodotti e delle confezioni “famiglia”. Un aumento dei clienti testimoniato dai numeri dei negozi più piccoli della Famiglia Cooperativa Giudicarie che rispetto allo stesso periodo dello scorso anno hanno registrato un boom di crescita nelle vendite: +30,37% Saone, + 54,31%

Montagne, +57,57% Bolbeno, +74,78% Coltura, +55,93% Preore, +59,70% Ragoli, +33,92% Zuclo, +15,05% il “Margherita” di Tione. Numeri, ma dietro a loro persone: i cittadini che responsabilmente si sono fermati sotto casa, nel negozio del paese a fare i loro acquisti, e i lavoratori che continuano ogni giorno a fornire un servizio. “In piena pandemia Coronavirus dichiara il presidente della Famiglia Cooperativa Giudicarie Mattia Pederzolli mi sento di ringraziare tutto il personale dipendente per l’impegno profuso nell’apertura di tutti i negozi durante questa emergenza e per come hanno affrontato le problematiche e tranquillizzato anche i clienti, chi con un sorriso chi con una parola di conforto. Nonostante la grande affluenza la gestione è sempre

stata encomiabile. Siamo sempre stati aperti e credo abbiamo fornito un servizio unico con le piccole filiali a Tione, Borgo Lares, Tre Ville. I nostri clienti hanno sentito questa vicinanza e ce l’hanno dimostrato. Un grazie va anche agli Amministratori che non hanno mancato di far sentire il loro sostegno ai nostri ragazzi, sentendoli quotidianamente. L’augurio per il futuro è che ci si ricordi, una volta passato questo brutto momento di questi piccoli punti vendita, tanto vitali oggi, quanto dimenticati in passato dai più.

Non è semplice, non lo è per i nostri collaboratori, non lo è per noi amministratori che siamo responsabili di chi gravita all’interno dei punti vendita, clienti e dipendenti. Non lo è per i clienti che in un momento cosi teso e difficile devono spostarsi e trovare nei punti vendita servizio, prodotto ma anche tranquillità. Insieme ce la faremo, e vanno ringraziate le famiglie cooperative proprio per il loro servizio, che siano associate Dao o Sait questo non cambia, in questo caso siamo un’unica intera e grande famiglia”.


Primo piano

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A Tione, un centinaio i ricoverati per il virus. I dati al 31 marzo

Ospedale trasformato per l’emergenza Covid-19 in un giorno Circa 500 i positivi in Giudicarie, l’80% curati a casa Il 13 marzo scorso per Tione è stato il giorno della “ristrutturazione”. È stata ampliata l’area di osservazione ed isolamento del pronto soccorso dedicata ai pazienti sospetti per Covid. Dalla mattina del 14 marzo nell’area dell’ex pronto soccorso erano attivi 14 letti di Osservazione Breve Intensiva dedicati ai pazienti con sospetto Covic ed in attesa di conferma di diagnosi, con zona di emergenza e due supporti respiratori con maschere CPAP di Boussignac. Un supporto importante nell’attività infermieristica è arrivato dalle infermiere del gruppo delle attività ambulatoriali e da quelle della sala operatoria. Il medico di guardia è il secondo medico di guardia di Medicina Interna presente in pronto soccorso dall’inizio dell’Emergenza Covid. Dall’accoglienza dei malati, si è passati a organizzare la degenza. Si è riconvertito il terzo piano dell’ala nord, normalmente dedicato all’area chirurgica, la cui

Denise Rocca La mobilitazione all’interno dell’ospedale di Tione per contrastare il diffondersi del coronavirus in valle e offrire assistenza sanitaria ai malati è stata massima: “Nel giro di ventiquattr’ore si è virtualmente smontata e rimontata la struttura - spiegano dall’ospedale - applicando la riorganizzazione per reaattività è stata sospesa per disposizione dell’Azienda sanitaria dal 13 marzo, in un’Unità Covid con 16 posti letto. In questo tipo di unità di degenza vengono ricoverati pazienti positivi al virus, con patologia polmonare meritevole di ricovero ma una relativa stabilità clinica. Le risorse umane destinate a questo tipo di attività sono le stesse di chirurgia implementate per la componente medica dalla Medicina Interna. Un’Unità Covid è stata creata anche nell’area medica, con 17 letti con zona filtro, alla quale vengono dedicate la maggior parte delle risorse umane del gruppo di lavoro della Medicina Interna. In quest’area verranno accolti pazienti Covid con necessità

di cure più complesse, che possono essere sostenuti nella funzione respiratoria con ventilatori non invasivi e con CPAP (Ventilazione meccanica a pressione positiva continua, in inglese CPAP, acronimo di Continuous Positive Airway Pressure) Scafandro. La disponibilità di queste apparecchiature è stata implementata con passaggi successivi ed attualmente sono

gire all’epidemia”. A fine marzo il monitoraggio sui casi di Covid-19 mostrava circa 500 positivi in Giudicarie, di questi l’80% aveva sintomi che non hanno richiesto l’ospedalizzazione ed è quindi stato seguito a casa propria, un 20% è invece stato ricoverato nel reparto dedicato.

disponibili due apparecchi più complessi ( Ventilatori ) , Nove CPAP scafandro ed una CPAP domiciliare. Le tre aree di accoglienza dei pazienti Covid sono su piani diversi della stessa ala dell’ospedale, quella recentemente ristrutturata, e consentono di gestire il flusso intero di questi pazienti ad elevato rischio infettivo dall’ingresso al ricovero, su percorsi separati e con sepa-

razione completa con porte anti-incendio dai restanti settori dell’ospedale. Tale ala ha un ascensore interno dedicato che consente i passaggi tra i piani senza uscire dalla zona Covid. Ognuna di queste aree ha una zona filtro e dei percorsi dedicati (sporco/pulito) per la vestizione/svestizione e per l’ingresso e l’uscita dei sanitari impegnati nell’attività assistenziale. In anestesia si è potenziato il servizio con il rientro in servizio di un anestesista pensionato e dal 13 marzo è stata riattivitata la reperibilità notturna anestesiologica. Successivamente, dal 20 marzo, sono stati organizzati turni di Guardia Medica Anestesiologica su 24 ore con un medico reperibile per i trasporti ed è stata approntata la disponi-

bilità di un piccolo reparto di due/tre letti di terapia intensiva nei locali della sala operatoria. Questi letti sono dedicati ad assistenza intensiva ponte in caso di aggravamento rapido dei pazienti. Per quanto riguarda l’attività ambulatoriale, sono state mantenute le prestazioni ambulatoriali urgenti ad eccezione di alcune aree: in particolare, il Centro prelievi su prenotazione, la Sala di endoscopia per le urgenze, il Centro Avis per la raccolta sangue. “La gran parte di questo lavoro di riorganizzazione spiegano dall’azienda sanitaria - è avvenuto in poche ore, sostanzialmente in una giornata, in cui tutte le persone che lavorano in questo ospedale hanno lavorato senza risparmiarsi. Un ringraziamento particolare va a tutti: a partire dagli addetti alle pulizie, a tutto il personale della manutenzione e dell’ufficio tecnico, a tutti gli Oss, gli infermieri, i coordinatori infermieristici e i medici”.

LA SITUAZIONE NELLE RSA TRENTINE

Al 31 marzo, erano 57 le vittime per Covid nelle case per anziani

Le Rsa al centro dello tsunami

APSP della Val di Fassa di VIGO DI FASSA APSP S. Gaetano di PREDAZZO APSP Casa di riposo Giovanelli di TESERO APSP Valle del Vanoi di CANAL S. BOVO APSP S. Giuseppe di Primiero di PRIMIERO-S. MARTINO di CASTROZZA APSP S. Lorenzo e S. Maria della Misericordia di BORGO VALSUGANA APSP Suor Agnese di CASTELLO TESINO APSP Casa di soggiorno Suor Filippina di GRIGNO APSP Piccolo Spedale di PIEVE TESINO APSP S. Giuseppe di RONCEGNO TERME APSP Redenta Floriani di CASTEL IVANO STRIGNO APSP Levico Curae di LEVICO TERME APSP S. Spirito – Fondazione Mentel di PERGINE VALSUGANA APSP scral – RSA Villa Alpina di MONTAGNA DI PINE’ APSP Residenza Valle dei Laghi di CAVEDINE APSP G. Endrizzi di LAVIS APSP Cristani- de Luca di MEZZOCORONA APSP S. Giovanni di MEZZOLOMBARDO

Il cuore della battaglia contro il Covid-19 è nelle case di riposo. Non a caso l’Upipa ha colto subito il pericolo mortale che l’arrivo del virus anche nella nostra regione avrebbe rappresentato per gli anziani, già spesso afflitti da altre patologie, ospiti delle Rsa, chiedendo la chiusura alle visite dei parenti. Provvedimento che la giunta provinciale ha inizialmente osteggiato e criticato, salvo poi fare un passo indietro sul tema e optare per la chiusura totale delle strutture verso l’esterno. I Nas, i carabinieri per la tutela della salute, hanno effettuato un monitoraggio nelle Rsa, senza peraltro trovare particolari criticità ma de-

nunciando la mancanza di dispositivi di protezione individuale, problema diffuso non solo nelle Rsa. In prima fila a proteggere i nostri anziani ci sono tutti gli operatori che, è un giudizio unanime dai vertici delle strutture, stanno dando il massimo per salvaguardare le vite degli ospiti: in situazioni di personale ridotto per le quarantene, dispositivi di sicurezza carenti, anche a scapito delle proprie famiglie gli operatori hanno smesso di guardare le ore per dedicarsi appieno agli anziani loro affidati. E la popolazione ha capito: tantissime le iniziative di vicinanza, le raccolte fondi, le donazioni singole e di associazioni che anche

in Giudicarie sono arrivate in sostegno delle case di riposo. L’azienda sanitaria pochi giorni fa, il 31 marzo, ha diffuso i dati su mortalità ed estensione del contagio: il totale dei casi clinici registrati quel giorno nelle Rsa è 597 (di cui 223 confermati con tampone). Rispetto al giorno prima si registrano 35 contagi in più. I decessi totali sono 57, mentre le remissioni sono 115, 70 in più rispetto ad una settimana prima. In Giudicarie ci sono stati tamponi positivi in tutte le case per anziani della valle. A Trento la situazione è tutto sommato contenuta. La Civica S. Bartolomeo, La Rsa di Gabbiolo, l’Apsp Beato de Tschiderer,

l’Apsp Grazioli di Poco, la Rsa di via Veneto, la Rsa Casa Famiglia di Cadine non hanno registrato casi. Presso la Civica Angeli Custodi sono stati rilevati 3 tamponi positivi; 10 a Villa Belfonte; 28 alla Stella del Mattino di Gardolo. Guardando a tutto il territorio provinciale le situazioni più delicate restano Pergine (Fondazione Montel): i casi sono 74 con 16 decessi ma anche con 30 remissioni; Apsp Cis di Ledro con 41 casi e 15 decessi; Apsp Comunità di Arco con 81 casi e 2 decessi; Apsp Residenza Molino di Dro con 49 casi, 8 decessi; Apsp Riva del Garda con 44 casi e un decesso.

SPES scral – RSA Valle di Cembra di LISIGNANO-CEMBRA APSP Civica di Trento – RSA S. Bartolomeo di TRENTO APSP Civica di Trento – RSA Angeli Custodi di TRENTO APSP Civica di Trento – RSA Gabbiolo di TRENTO APSP Civica di Trento – RSA Stella del Mattino di GARDOLO APSP Beato de Tschiderer di TRENTO APSP M. Grazioli di POVO SPES scral – RSA Villa Belfonte di TRENTO SPES scral – RSA via Veneto di TRENTO SPES scral – RSA Casa Famiglia di CADINE APSP S. Maria di CLES Coop. Stella Montis di FONDO APSP Anaunia di PREDAIA APSP Centro servizi socio-sanitari e residenziali di MALE’ APSP dott. A. Bontempelli di PELLIZZANO APSP Giudicarie Esteriori di BLEGGIO SUPERIORE APSP Rosa dei Venti di BORGO CHIESE CONDINO APSP Padre O. Nicolini di PIEVE DI BONO-PREZZO APSP Centro residenziale A. Collini di PINZOLO APSP Casa di riposo S. Vigilio – Fondazione Bonazza di SPIAZZO APSP Villa S. Lorenzo di STORO Piccole Suore della Sacra Famiglia – RSA Casa Sacra Famiglia di ARCO APSP Fondazione Comunità di Arco di ARCO APSP G. Cis di LEDRO APSP Residenza Molino di DRO APSP Città di Riva del Garda - RIVA DEL GARDA APSP U. Campagnola di AVIO APSP di BRENTONICO APSP Casa Laner di FOLGARIA APSP C. Benedetti di MORI APSP Opera Romani di NOMI APSP C. Vannetti di ROVERETO APSP C. Vannetti – RSA di BORGO SACCO – ROVERETO Piccole Suore della Sacra Famiglia – RSA Casa Sacra Famiglia di ROVERETO SPES scral – RSA Residenza SOLATRIX di ROVERETO APSP don G. Cumer di VALLARSA Casa di Cura Solatrix – RSAO SOLATRIX di ROVERETO SPES scral – RSAO TIONE RSAO SAN CAMILLO di TRENTO TOTALE DON ZIGLIO LEVICO DISABILI Dati dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento al 31 marzo 2020

CASI DECESSI REMISSIONE SINTOMI 0 1 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 74 16 30 0 11 17 0 26 1 0 0 3 0 28 1 17 0 0 10 0 0 17 1 6 0 0 1 28 1 9 36 3 6 5 22 1 4 15 2 8 4 24 0 6 0 81 2 41 15 1 49 8 21 44 1 5 0 15 1 0 0 0 20 4 2 5 0 0 0 0 0 15 4 597 57 115 37 -


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Per salvare l’economia di Stefano Bottaro e Oreste Bottaro

In questo periodo è dunque fondamentale che gli anelli più fragili di queste catene vengano irrobustiti al fine di preservare, una volta finita questa crisi, il motore di questo nostro Paese. Arriverà infatti il momento di partire nuovamente e sarà sicuramente una corsa molto veloce che solo motori prestanti potranno reggere. La liquidità in questo periodo serve inoltre per garantire i servizi essenziali, in primo luogo la sanità, la quale necessità di enormi somme di denaro, al fine di strutturarsi per garantire l’assistenza necessaria in questo momento difficilissimo. Per fare questa iniezione di liquidità si può procedere principalmente in quattro modi. Uno. Vendere il proprio debito pubblico. Come molti di noi sanno lo stato emette dei titoli (BTP). Questi titoli vengono comprati dai risparmiatori i quali richiedono qualcosa in cambio per il rischio che corrono comprando un debito. Ciò che chiedono in cambio si chiama tasso di interesse. Un esempio semplice (privo del concetto di attualizzazione) per capire cos’è un titolo di stato è il seguente: un BTP comperato oggi al valore di 100 euro, con scadenza a 10 anni con un tasso di interesse annuo del 2% significa ricevere 2 euro all’anno. Questi 2€ vengono chiamati cedola, la quale mi verrà assegnata ogni anno fino al decimo anno. Al decimo anno riceverò, oltre alla cedola per quell’anno anche i 100 euro iniziali che avevo “prestato” allo Stato. Ovviamente più liquidità vogliamo ottenere più titoli (debito) dovre-

In questi giorni ci stiamo chiedendo come gli enti statali, in particolare Italia e Unione Europea possano garantire liquidità ad aziende, imprese e servizi pubblici. La liquidità in un’azienda è fondamentale per poter pagare, alla fine del mese, gli stipendi e tutte le attività che dipendono dal-

mo vendere. Per la legge di domanda e offerta che è facilmente riscontrabile ogni volta che noi vendiamo qualcosa di nostro e contrattiamo sul prezzo, nel caso in cui l’offerta sia alta dovrò invogliare maggiormente gli acquirenti a comprare il mio prodotto. Quindi come è facilmente deducibile in questa situazione il tasso d’interesse aumenta. Se il tasso di interesse in questa contrattazione (che non è opera dei poteri forti ma di chiunque voglia investire i propri risparmi) arriva a livelli molto alti, lo stato in un futuro dovrebbe restituire ai risparmiatori un valore che è proporzionalmente sempre più elevato, dando origine ad un pericoloso circolo vizioso. Esempio molto semplificato ma attuale: lo stato Italia, per sopperire alla crisi del Corona Virus, vende debito per 750 miliardi in soli BTP a 10 anni (per semplificare il caso) con

un tasso di interesse che in questa situazione potrebbe facilmente arrivare al 10%. Quindi ogni anno dovrebbe restituire il 10% di 750 che sono circa 75 miliardi di euro che rappresentano un enorme aggravio delle uscite. Una situazione del genere comporterebbe un collasso del sistema nazionale non permettendo più di pagare stipendi, scuole e tutti i salari dei dipendenti pubblici oppure (come la storia insegna) a “bruciare” e cioè a non restituire i risparmi di moltissimi che nei BTP assicurano le proprie finanze. Come si può intuire uno scenario simile sarebbe molto peggiore rispetto al beneficio ottenuto dai 750 miliardi iniziali. Ricordo che il 50% del debito pubblico italiano è stato comprato da risparmiatori italiani. Due. Stampare soldi. L’inflazione aumenta quando aumentano i prezzi di beni e servizi, questo per definizione. Lo stato stampa

l’azienda stessa. La mancanza di liquidità potrebbe portare alcune realtà a chiudere. Si può dedurre quindi che se salta un anello di una filiera, in gergo “supply chain”, rischia di saltare l’intera catena e se saltassero più catene si rischierebbe il collasso dell’intera economia. moneta in tre modi: convertendo i titoli venduti in moneta; signoraggio (“inventarsi” denaro); vendendo qualsiasi cosa in possesso dello stato come ad esempio l’oro. Nel primo caso si presenta lo scenario del punto sopra descritto; il secondo caso porterebbe al rischio di immettere nell’economia una quantità di moneta che è più alta del valore di beni e servizi offerti dal mercato, quindi di conseguenza aumenterebbero i prezzi degli stessi e per definizione aumenterebbe l’inflazione. Esistono teorie, in particolare la teoria “Helicopter Money”, per la quale stampare moneta potrebbe generare uno shock finanziario, metaforicamente simile ad un defibrillatore su un paziente in fin di vita. Ovviamente se il defibrillatore venisse usato nel modo sbagliato o su un paziente sano, potrebbe portare a conseguenze disastrose. In ogni caso se a causa di questa iniezione di denaro, l’inflazione aumentasse troppo, i prezzi diverrebbero insostenibili e si genererebbe un ciclo iterativo estremamente dannoso, come è successo in Germania negli anni 20. Tre. Attingere al fondo MES. Il fondo MES o più semplicemente Fondo Salvastati è uno strumento che è utilizzato dall’Unione Europea nel caso in cui uno stato non fosse più in grado di mantenersi, rischiando così il

fallimento. Si tratta di un serbatoio di 650 miliardi di euro che può essere utilizzato solamente in caso di estrema necessità. Quattro. Una via di mezzo tra punto vendere il proprio debito e stampare soldi è ciò che utilizza attualmente la BCE per iniettare liquidità nell’economia. Questo metodo consiste nel comprare da parte della Banca Centrale Europea il debito pubblico dei diversi stati, dando così la possibilità ad ogni stato di stampare moneta oppure di iniettare liquidità direttamente nel sistema. In questo modo però i tassi d’interesse vengono mantenuti nulli dato che la domanda appunto è opera della BCE e non frutto di contrattazioni. I primi due casi sono le uniche armi che lo stato possiede per combattere questa guerra. Sono entrambi strumenti validi ma estremamente limitati. Facendo un’analogia venatoria, sarebbe come sparare all’orso utilizzando una fionda. L’unione Europea invece permette di avere armi molto più potenti ed efficaci, questo solo grazie a quei serbatoi che semplicemente dipendono dalla numerosità del popolo unito. Questi serbatoi permettono all’economia di resistere a shock imprevedibili come quello che stiamo vivendo ora. Se non ci fosse un’unione monetaria europea, l’Italia si ritroverebbe a com-

battere una guerra senza le armi necessarie e quindi sarebbe estremamente difficile se non impossibile vincere. Il sistema Europa è fondamentale per combattere l’andamento a transitori dell’economia e quindi a garantire i tassi di interesse ad un livello accettabile, tutelando i nostri risparmi. Siate quindi europei, se non per sentimento, almeno per convenienza. Un ulteriore fondamentale pilastro (sicuramente il più importante) su cui soffermaci è quello di non dimenticare mai che la ricchezza è generata dal lavoro e dalla preparazione professionale di chi lo sviluppa e lo svolge. I serbatoi seppur grandi del sistema Europa non sono infiniti e quindi una volta terminata la crisi dovranno essere caricati nuovamente. Affrontare una situazione come quella attuale senza queste risorse ci esporrebbe a scelte drammatiche, una sorta di “meglio morire di malattia o di fame?”. I fondi dell’Unione Europea ci permetteranno di non dover affrontare questa scelta straziante. Il rigore, nel compiere tutti e sino in fondo il nostro dovere impegnandoci nel lavoro con coraggio e serietà sarà quanto servirà per rimettere le cose a posto (ed i soldi in cassa) e ripartire con nuove prospettive. In fondo è quanto abbiamo fatto dopo il secondo conflitto mondiale, quando i nostri padri e nonni lavoravano 14 ore al giorno con impegno e rispetto per la collettività. In questo modo è stato creato, da un cumulo di macerie, il nostro benessere.


Porto Franco Ma dire oggi quali saranno le conseguenze del Corona Virus sull’economia turistica è azzardato se non impossibile. Molto dipenderà dall’intensità dell’epidemia: se si fermasse – ipotizziamo – tra un mese sarà un conto, se si protrarrà e magari si ventilerà- come già letto – un possibile ritorno del Virus nel prossimo inverno sarà un altro e ben più grave scenario. Consideriamo l’ipotesi meno grave ovvero che l’epidemia possa esaurirsi a fine aprile o inizio maggio. In questo caso come reagirebbe il mercato della domanda? Se analizziamo momenti difficili del turismo nel passato (vedi attentato alle Torri ) si può dire che la domanda turistica tende a rimuovere in tempi brevi le situazioni pericolose e sviluppa una buona capacità di ricupero. Passato il pericolo torna nella gente la voglia di viaggiare e di distrarsi. Nel caso delle Torri gemelle, ad esempio, dopo tre mesi i flussi turistici da e per gli Stati Uniti si erano riportati a livello di normalità. Qui però è da tener presente un fatto: un conto è l’attentato, che è localizzabile e immediatamente circoscrivibile, un altro conto à un nemico invisibile come il Virus che non si sa dove è, né chi colpisce. Ho l’impressione che superare lo choc da virus richiederà tempi sicuramente più lunghi. E allora che estate avremo in Trentino? Per tentare una risposta credo sia opportuna una distinzione fra domanda straniera e domanda italiana, tenendo conto che in estate la componente straniera è minoritaria e si colloca soprattutto sul Garda ( tedeschi ) e in Valsugana ( olandesi ) . In questo momento sono apparse ricerche a livello europeo secondo le quali il 56 per cento dei turisti europei ( per essere più precisi tedeschi, inglesi, francesi ed olandesi ) sarebbe decisa a trascorrere le proprie vacanze, virus o non virus. Peraltro il campione intervistato (30 mila persone ) non precisa dove vorrebbe fare le proprie vacanze. In Italia? Purtroppo questa domanda non è stata posta agli intervistati. Sulla stampa e sui

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Il turismo in tempo di pandemia Preoccupanti le previsioni per l’estate di Ettore Zampiccoli Secondo una ricerca di Assoturismo nella prossima estate le presenze turistiche caleranno in Italia del 60 per cento, ovvero potranno arrivare a 172 milioni anziché a 430 come prevedibile in una situazione di normalità. Questa previsione assilla ovviamente un

media europei comunque l’Italia non è stata presentata in queste settimane come luogo ideale per le vacanze per cui a proposito di flussi stranieri c’è solo da attendersi il peggio. E già oggi in Trentino sul fronte estero tante strutture giorno dopo giorno registrano disdette a raffica, né vengono registrate richiesta di vacanze nel periodo estivo. Se si tiene conto poi che gli stranieri solitamente prenotano con un anticipo di 45/90 giorni sul periodo scelto per la vacanza vien da dire che per la prossima estate, fra disdette e mancate prenotazioni, di stranieri probabilmente ne vedremo pochi. Diverso potrebbe essere il comportamento della clientela italiana. E’ presumibile che i turisti italiani, un po’

po’ tutti, dagli operatori agli amministratori pubblici. Qualche Regione, come l’Emilia Romagna, tempestivamente ha già avviato studi e sta mettendo in campo strategie di tamponamento della crisi, che sicuramente c’è e ci sarà.

per timore, un po’ per un maggior senso di sicurezza ( sto vicino a casa mia ! ) eviteranno di avventurarsi in vacanze oltre confine, preferendo una destinazione turistica italiana. Si potrebbe quindi intravvedere una certa tenuta del turismo casalingo, magari sul fine estate e non certo in giugno, tenendo però presente due situazioni peggiorative: una buona parte di italiani ( lavoratori, impiegati ecc. ) avranno a disposizione meno ferie perché una parte già imposta loro obbligatoriamente e avranno meno quattrini per le mancate entrate a seguito della sospensione per alcune settimane delle proprie attività. Le vacanze, parlo sempre di quelle degli italiani, dovranno misurarsi

quindi con queste possibili situazioni: minor capacità di spesa, conseguente richiesta di prezzi low cost e riduzione della permanenza con maggior richiesta di short break. Probabilmente anche alcune paure innestate dalle terapie antivirus ( ad esempio il distanziamento sociale ) influiranno sulla scelta delle località. Più o meno inconsciamente la gente sceglierà le località dove non c’è massa turistica, dove gli alberghi sono pochi e gli spazi sono molto aperti. Questo potrebbe favorire in definitiva le località cosiddette minori magari segnate da un’offerta specifica ed un po’ esclusiva (salute, cultura, enogastronomia ). Tutto questo per quanto riguarda la presenze e ipotizzando che l’epidemia possa fermarsi nel giro di qualche settimana. Perché è chiaro che più durerà questa situazione di emergenza e maggiori saranno i danni. Se si dovesse arrivare a luglio – come prospetta qualcuno – vuol dire che l’estate sarebbe completamente persa. Poi, a proposito di danni, ci saranno da valutare e metter nel conto le conseguenze sui bilanci delle aziende turistiche, sull’occupazione, sulle ricadute indirette in altri settori (commercio, ristorazione ecc. ). Ma qui ho l’impressione che in discorso si faccia ancor più difficile, diventando un campo minato, anche perché fino a questo momento non mi pare ci sono dati precisi sui quali ragionare.


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Covid-19, uno tsunami per le amministrazioni pubbliche di Giorgio Butterini Il Trentino, purtroppo, rientra tra le regioni più colpite da questa calamità, il cui arrivo ha letteralmente stravolto la vita sociale ed economica della popolazione, delle imprese e dei soggetti deputati all’erogazione dei servizi. In questo frangente sono naturalmente le istituzioni pubbliche a dover mettere in campo azioni e risorse per cercare di contenere gli effetti del virus, pur nella consapevolezza che esso non risparmia niente e nessuno e quindi nemmeno gli enti territoriali, che si ritrovano a tentare di arginare gli effetti dell’epidemia districandosi tra infinite complicazioni. La Provincia, l’Azienda Sanitaria, le Comunità e i Comuni, in relazione alle rispettive competenze, hanno dovuto pianificare dall’oggi al domani attività di contrasto all’espansione della malattia e di supporto alla cittadinanza. Gli enti locali, in particolare, hanno agito principalmente su due fronti: riorganizzarsi per dare continuità ai servizi essenziali, creandone anche di nuovi; sensibilizzare la cittadinanza ad adottare comportamenti responsabili ed efficaci. Nello specifico, sindaci, presidenti e amministratori hanno dovuto immediatamente

Lo tsunami, tecnicamente parlando, è un moto ondoso innescato da un terremoto, il cui epicentro si registra al largo della costa, ovvero in un luogo spesso non percepibile alla vista e che, raggiungendo la terra ferma, travolge tutto e tutti. La pandemia Covid 19 potrebbe, metaforicamente, essere paragonata proprio ad un maremoto con epicentro localizzato in Cina ed esattamente nell’area metropolitana di

Giorgio Butterini, Presidente della Comunità delle Giudicarie rimodulare le modalità di rapporto con gli utenti dei vari servizi, invitando il pubblico ad interagire con i funzionari principalmente attraverso le tecnologie e accogliendo fisicamente le persone solo in caso di stretta necessità e su appuntamento; per molti

dipendenti è stata attivata la modalità smart working, il lavoro da casa, mentre chi deve continuare a recarsi in ufficio deve attenersi a rigidissime precauzioni e alla distanza di sicurezza dai colleghi; tutte le riunioni sono state cancellate e perfino gli incontri di giunta avvengono “virtualmente” ovvero ponendo gli amministratori nella condizione di confrontarsi e deliberare a distanza, attraverso gli schermi di computer e smartpho-

Wuhan: inizialmente l’onda che ha generato pareva lontana e per noi innocua; poi però abbiamo iniziato ad avvistarla all’orizzonte, fino a quando ci ha rapidamente raggiunto, seminando morte, panico e distruzione: uno scenario che mai avremmo potuto immaginare e che ci ha colti del tutto impreparati, proiettandoci in una dimensione complessiva che ci appare surreale.

ne; fisiologicamente, anche i servizi ordinari sono stati sospesi o ridotti ai minimi termini: sono stati chiusi i centri di raccolta materiali, i centri diurni e tutte le strutture soggette ad assembramenti di persone, come palestre, sale riunioni, teatri e centri sportivi; anche la scadenza per il pagamento di tasse e tributi è stata posticipata. Parallelamente, la Comunità e i Comuni giudicariesi hanno introdotto nuovi servizi peculiari per far fronte all’emergenza, come la consegna a domicilio di alimenti e medicinali per gli anziani e i soggetti più fragili e la raccolta dei rifiuti a domicilio per le persone contagiate o messe in quarantena. Sul piano della prevenzione, i sindaci, in particolare, hanno dovuto prodigarsi con grande determinazione per far recepire ai cittadini il tassativo obbligo di attenersi alle disposizioni ministeriali: il Covid, notoriamente, si trasmette da individuo a individuo e quindi l’unico strumento efficace per contrastarne l’espansione, al momento, è rappresentato “dall’isolamento” delle persone, che devono rimanere rigorosamente all’interno delle

proprie abitazioni, limitandosi ad uscire solo in caso di stretta necessità e adottando le dovute precauzioni. Ovviamente far comprendere a tutti un messaggio così stringente rispetto alle abitudini dell’uomo contemporaneo è stato tutt’altro che semplice e, dopo giorni di sforzi, richiami e raccomandazioni, finalmente pare che quasi tutti i cittadini abbiano metabolizzato l’esigenza di questo sacrificio imprescindibile. Nella sfera istituzionale uno degli effetti più clamorosi del Coronavirus è rappresentato dallo slittamento delle elezioni comunali, inizialmente previste per il 3 maggio, al prossimo autunno: tale decisione è stata adottata quando ormai praticamente in ogni municipalità erano stati individuati i candidati, formate le liste e ci si addentrava nella campagna elettorale. Anche questa è una situazione che non ha precedenti nel dopoguerra e che certifica una volta in più la gravità di un evento che ha letteralmente sconvolto modi, tempi e priorità dell’amministrazione pubblica. Alla luce di quanto rappresentato, va sottolineato il fatto che, anche nella gestio-

ne della “cosa pubblica” la maledizione del Covid 19 è parzialmente mitigata dalla benedizione della tecnologia, entrata da anni nel cuore di tutte le attività, ma che in questo momento costituisce un supplemento di fondamentale importanza per dare continuità all’operato umano in ogni settore: grazie a pc, smartphone e connessioni di rete siamo infatti costantemente in contatto e in grado di dare continuità ad azioni che altrimenti sarebbero inevitabilmente precluse, con la conseguenza di creare ulteriori disagi a cittadini già profondamente provati. Visti gli effetti di questo improvviso tsunami, è auspicabile che la stessa lungimiranza e determinazione con cui l’uomo ha sviluppato negli ultimi decenni software, apparecchiature e macchine, possano essere orientate verso la prevenzione di un genere di mali che, per le caratteristiche del mondo moderno, purtroppo, potrebbe non costituire un caso isolato. Tutte le istituzioni, da quelle internazionali a quelle locali, dovrebbero operare in quest’ottica non appena l’emergenza sarà rientrata.

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Attualità #iorestoacasa: la casa diventa ora il luogo in cui ritirarsi per vivere tutto il giorno da persone umane. Non dobbiamo però cadere nel luogo comune che basti stare nella stessa stanza per vivere dei legami che, invece, bisogna volere e accogliere anche nel loro carico di conflittualità. Abitare, diceva Heidegger, significa “custodire e coltivare”. Il filosofo ricorre a una citazione del testo biblico sulle origini: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo coltivasse e lo custodisse (Gen 2, 15). Siamo chiamati a custodire dentro le mura delle nostre case la gratuità, l’amore, il sapersi relazionare e il perdonarsi, superando anche le tensioni naturali; così come siamo chiamati a coltivare le qualità, i doni e le capacità di ciascuno, riconoscendo i limiti di ognuno, arrivando anche a saper ridere di noi stessi. Siamo alla ricerca di una casa da abitare, dove amare e sentirci amati, prendendoci cura gli uni degli altri. #andràtuttobene: è un po’ la frase slogan dell’emergenza in cui siamo immersi. Un motto che vuole essere un invito a non perdersi d’animo di fronte all’incertezza di quel che sarà. Un richiamo al valore della speranza, che non finisce mai. Anche i messaggi da mandare agli amici cambiano: si cerca di sapere come stanno, ci si augura reciprocamente salute e capa-

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Ai tempi del Coronavirus, la forza della fede

Custodire e coltivare dentro le mura di casa di don Vincenzo Lupoli e don Beppino Caldera

Il Coronavirus ci ha riportato alla cruda realtà. Come gli astronauti che ritornano sulla terra, anche noi adesso ci sentiamo solo umani, con i piedi per terra. Ci sentiamo un po’ tutti “nudi”, indifesi, obbligati a fermarci, chiamati a riflettere. Tutto si è rallentato e ci accorgiamo che non abbiamo più nulla sotto controllo, che non siamo immortali. O forse non pensiacità di resistere. Si cercano messaggi di gioia e speranza, perché tutto vada bene per tutti, non solo per noi. Siamo alla ricerca del bene e dei valori più significativi e sinceri: amicizia senza confini o preconcetti. #preghiamoinsieme: e sta rispuntando la fede. Come in primavera le gemme si aprono fiduciose, anche con un po’ di difficoltà, così sta facendo capolino la fiducia in Dio e per molti la nostalgia del trovarci assieme per le celebrazioni.

Le chiese chiuse non indicano la cancellazione della fede, ma invitano silenziosamente ad aprire le porte della coscienza, di cui abbiamo le chiavi noi, per riscoprire la nostra relazione personale con Dio. Le famiglie che si riuniscono per pregare assieme scoprono la presenza di Dio a casa loro. La famiglia diventa una piccola chiesa domestica. Fra tanti oggetti che adornano le pareti di casa, cerchiamo pure il segno religioso che può orientarci ogni giorno. Ma la nostra fede sia amare

mo proprio a certe questioni, finché possiamo. Che cosa è realmente essenziale nella nostra vita? Che cosa è veramente importante? Quanto tengo ai miei cari? Quanto è preziosa la vita degli altri? Siamo capaci di cambiare abitudini? Quale lezione siamo chiamati ad imparare da questi giorni di emergenza? e leggere la Parola di Dio e amare il prossimo. Lo scriba chiedeva a Gesù quale fosse il primo comandamento, cioè quale fosse il centro della fede, e Gesù, oltre a proclamare il primo richiesto, cioè la centralità di Dio, ricordava all’uomo religioso anche il secondo, “amare il prossimo come se stessi”. #cisiamoscopertifragili, ma la verità è che lo siamo sempre stati. Lo siamo ogni giorno. Adesso, però, ne parlano tutti e non possiamo più far finta di niente, come

al solito. Siamo fragili, non solo noi, ma tutti gli uomini del mondo. Immaginiamo cosa potrà operare il virus nel Paesi poveri sprovvisti di strutture mediche! Perfino ai vicini non possiamo dare una mano e allora diamo il cuore, che può far superare le solitudini e tristezze che pesano tantissimo. Anche l’impossibilità di star vicino ai propri cari nel momento del dolore e della morte come anche il non poter celebrare comunitariamente le Esequie dice la fragilità e la prova di questo momento. Chissà se impare-

remo qualcosa, da quanto sta accadendo. Per esempio, se ricorderemo che siamo esseri fragili. Nelle nostre valli abbiamo tanti contagiati e già alcuni fratelli e sorelle sono rimasti vittime della malattia. Siamo uniti alle loro famiglie e a tutti quelli che sono in quarantena obbligata. Usare prudenza nell’osservare le norme prescritte non è solo per nostra difesa, ma anche per amore della vita di tutti. Ammiriamo medici, infermieri e tutto il personale sanitario che si dispone a servire a rischio di contagio e vogliono lottare per la vita degli altri. Un pensiero particolare per gli ospiti delle nostre Case di Riposo e al loro personale: la nostra preghiera ed affetto li sostenga in questi momenti tanto difficili e possano venire giorni di speranza.

Le coperture PREFA per il residenziale: soluzioni a prova di emergenza climatica Sempre più spesso purtroppo, la cronaca ci restituisce scenari apocalittici relativi ai danni provocati dal maltempo, molte volte di portata fuori dal comune. L’edilizia moderna deve fare i conti dunque, con situazioni che da straordinarie diventano sempre più ordinarie. È necessario progettare e realizzare edifici in grado di resistere a prove e azioni metereologiche estreme se vogliamo tutelare l’incolumità e gli investimenti dei nostri clienti. Un tetto rivestito con i sistemi di rivestimento in alluminio PREFA, offre una perfetta impermeabilità con ogni situazione atmosferica e una elevatissima resistenza all’azione del vento, grazie all’esclusivo sistema di fissaggio. In caso di neve…. L’elevata qualità del materiale e la sua resistenza consentono ai rivestimenti PREFA di resistere a sovraccarichi molto elevati, come nel caso di abbondanti nevicate. Inoltre, essendo un materiale molto leggero, non sovraccarica le strutture portanti dei solai,

che riescono perciò a sostenere, se opportunamente dimensionate, carichi davvero elevati di nevicate eccezionali. In caso di vento forte…. Grazie all’incastro di ogni singola tegola, alla posa sfalsata dei singoli elementi e al fissaggio con esclusive graffette, il tetto PREFA non teme strappi o sollevamenti: è in grado di resistere a raffiche di vento fino a 235km/h. I tetti PREFA hanno dato prova della loro resistenza anche durante gli

ultimi eventi che hanno colpito le valli trentine nell’ultimo anno. In caso di piogge continue e ambienti umidi…. Lo spesso strato auto-ossidante dell’alluminio, lo protegge contro gli effetti legati alle condizioni atmosferiche. Il tetto mantiene le sue caratteristiche iniziali e non arrugginisce. In caso di pioggia battente… I tetti PREFA rispetto a coperture tradizionali, presentano una differenza di rumorosità

davvero lieve. Inoltre i sistemi PREFA prevedono l’installazione di un sistema insonorizzante che riduce ulteriormente le emissioni acustiche abbattendo la frequenza della rumorosità del metallo. In caso di grandine…. I sistemi di rivestimento PREFA sono estremamente resistenti all’azione della grandine, soprattutto i prodotti con superficie goffrata. Nel caso si verifichino grandinate estremamente violenta è quasi certamente improbabile che

le coperture PREFA possano venir penetrate dai chicchi di ghiaccio. I sistemi PREFA dunque, offrono le migliori garanzie di resistenza contro gli agenti atmosferici anche estremi, permettendovi di concentrarvi su aspetti molto più piacevoli: la scelta dei colori fra tantissime tonalità ispirate alla natura e numerose forme e tipologie di elemento: dalla linearità del nastro PREFALZ all’esuberanza delle scaglie, dalla tradizionalità delle tegole alla particolarità delle scandole, passando per la creatività degli elementi tridimensionali FX.12, che accompagnano i riflessi della luce in cangianti sfumature sempre diverse, fino alle versioni degli elementi di copertura in grande formato che mettono in risalto la grande bellezza dei tetti PREFA. PREFA Italia Srl Via Negrelli, 23 39100 BOLZANO T. +39 0471 068680 – E. office.it@prefa.com www.prefa.it


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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Coronavirus. Attenzione, ANZIANI E CORONAVIRUS ma evitare il panico

per proteggere se stessi e gli altri e limitare la diffusione del Coronavirus in queste settimane è necessario seguire queste indicazioni

Rimani a casa chiedi a qualcuno di portarti a casa ciò di cui hai bisogno. Fatti lasciare e cose davanti alla porta di casa (spesa, famaci...)

Mantieni uno stile di vita attivo ogni giorno fai esercizi di ginnastica dolce

Sconfiggi la noia dedicati alla lettura, ascolta la musica e telefona ad amici e parenti.

Non prendere farmaci antivirali né antibiotici a meno che siano prescritti dal medico

Gli animali da compagnia non diffondono il coronavirus

Non ricevere visite da nessuno figli, parenti e vicini compresi

Se hai bisogno di assistenza chi viene a trovarti deve lavarsi le mani, mantenere la distanza di 1 metro

Pulisci le superfici con disinfettanti a base di cloro o alcol. Arieggia più volte casa durante la giornta

Lavati spesso le mani con acqua e sapone o con gel a base alcolica. Non toccarto occhi, naso e bocca con le mani

Se pensi di essere stato contagiato chiama il tuo medico di famiglia o il 112


Dall’Azienda sanitaria Quello che si deve fare ora, nel rispetto delle norme che ci impongono di stare a casa, è “declinare” in versione casalinga l’attività motoria: camminare in casa, fare lavori domestici, se possibile un po’ di giardinaggio, eseguire semplici esercizi che possono alleviare il peso dell’inattività. Ecco quindi le nostre proposte per alcuni esercizi casalinghi, che contribuiranno anche a far passare velocemente la giornata e a migliorare l’umore.

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In casa Sì, fermi No Stare a casa forzatamente è una dimensione difficile per tutti e lo è ancora di più per le categorie più fragili, come gli anziani. Per questo è importante mantenere stili di vita sani curando le relazioni (anche se a distanza), l’alimentazione, il sonno e mantenersi attivi sia fisicamente sia psi-

cologicamente. Se la lettura e l’ascolto di buona musica possono essere un valido contributo, il movimento è fondamentale per contrastare la sedentarietà che è causa di tanti problemi e aumenta il rischio di malattie come quelle cardiovascolari e il diabete.

In casa puoi fare anche cyclette o usare il tapis roulant questo in base alle tue condizioni di salute ed in accordo con il tuo medico L’attività fisica ci aiuta a non annoiarci, a rimanere meno seduti in casa, a mantenere la forza muscolare e l’equilibrio, a dormire meglio, a rimanere di buon umore. È importante rimanere attivi facendo almeno 30 minuti di attività fisica al giorno e almeno 2 volte alla settimana esercizi di rafforzamento muscolare. Anche solo 10 minuti alla volta di esercizio fisico possono essere utili. Ecco alcuni esercizi da ripetere almeno 5 volte.

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Appoggiato ad una sedia, flettere le gambe mantenendo il tronco eretto (schiena dritta).

Sollevarsi sulle punte e poi sui talloni sempre con il tronco eretto

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

ANZIANI E CORONAVIRUS Da seduto con la schiena eretta, alzare una gamba e poi l’altra. Considerato il periodo di restrizione nelle relazioni che raccomandiamo alle persone in età over 75, chiediamo la collaborazione dei familiari/conoscenti indicandovi alcune azioni di supporto, come: • una telefonata quotidiana, per conservare la continuità relazionale e per verificare eventuali bisogni; • impegnarsi a far la spesa ai propri cari e ritirare i farmaci, se ne hanno bisogno; • se ci si deve recare da una persona con più di 75 anni non fatevi accompagnare da bambini (evitate le visite dei/delle nipoti);

Con la gamba estesa flettere il piede più volte.

• evitare la contaminazione dell’ambiente domestico dei propri cari.

Se ci si reca al domicilio dei propri cari perchè necessitano di assistenza, si suggerisce di: • togliersi le scarpe; • lavarsi le mani; • disinfettare tutto ciò che hai portato con te (es. cellulare, chiavi, occhiali ecc..); • se ti devi trattenere del tempo in più cambiarsi gli indumenti utilizzati fuori di casa; • non scambiarsi abbracci, strette di mano o effusioni e rimanere per tutto il tempo di permanenza a una distanza minima di 1 metro.

Da seduto alzare di lato, in avanti e in alto due bottigliette di acqua


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Il Saltaro delle Giudicarie

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Che sia la fine del mondo? Prima o poi doveva pur arrivare… E’ la domanda che giunge da più parti in cielo. Eh... no...la fine del mondo prevista nelle alte sfere sarà tutt’altra cosa, suoneranno le trombe, le campane, e sarà grande festa: risorgeranno i morti, trionferanno i giusti, e tutti insieme ritorneremo a nuova vita. Con questo virus stanno morendo i vivi, giusti e non giusti, non ha preferenza per nessuno, e si sta diffondendo in tutto il mondo. Ma non c’è aria di festa, non suonano le trombe, non suonano le campane, non si ritorna a nuova vita, si perde quella che si ha e buona notte. Nelle alte sfere non sanno come spiegare la cosa, di certo c’è di mezzo il diavolo. E’ lui che tenta il colpo basso, vuol fregarci tutti, tutti giù per terra…bisogna reagire, non possiamo dargliela vinta, così è deciso e si stanno studiando le contro mosse. Intanto impaurita, confusa, frastornata, la nostra gente si difende come può, ligia alle direttive che arrivano dai nostri governanti, ma ancora non sa e non capisce come andrà a finire. E se il governo ha detto: “Tutti in casa, che nessuno esca...”, tutti, o quasi, si sono serrati in casa in attesa di buone nuove che invece sono sempre peggio, ogni giorno che passa. E sono da giorni chiusi in casa anche gli amici del bar della Maroca, l’osteria è stata chiusa, e i sodali da sempre supportati dal vostro Saltaro sono stati sloggiati con le cattive, dato che con le buone non se ne volevano andare. Ha provveduto il vigile Ernesto a spiegar loro le cose: niente più bar, niente più congreghe, che si salutassero e ognuno a casa sua, se non volevano finire in prigione. Ingiurie ed imprecazioni invasero il locale per poco, i più si salutarono guardandosi negli occhi, l’ultimo sguardo fu per tutti rivolto alla vecchia megera, all’ostessa Maroca, che stava sgocciolando desolata dietro il bancone. Mai, neanche in tempo di guerra l’osteria della Maroca era stata chiusa, per dio, già allora era sicuro rifugio dei perditempo e ristoro per le anime desolate. Come poteva ora mancare al suo compito secolare? Chi avrebbe consolato e confortato gli animi depressi dei suoi clienti più affezionati? Al vigile Ernesto non gliene fregava niente, proprio niente, fuori tutti e chiudi le porte a chiave. Ordini precisi, e quasi subito obbediti. Ed è toccato a me, il vostro Saltaro, seguire i poveri reclusi nelle loro case, a me il controllo e a me tocca riferire ai miei superiori. L’Abele, petera, per i suoi compaesani e per la moglie Teresa, non se la cava male, s’è messo a ordinare un po’ le sue cose, non sapeva di avere un così gran casino in casa, e le ore passano con sufficiente velocità, evita quando può d’interferire nelle cose di sua moglie tutta Tv e letture esotiche, e quando può, si ritira sul canapè a meditare sulla sua vita, quella passata, da buon “lingera”, ma tutto sommato,

La quarantena per gli amici della Maroca Fulmini e saette! Col cacchio, l’Empireo s’è ridotto ad una landa desolata, nebbiosa e gocciolante tal quale la Pianura padana di questi giorni terribili. Le alte cariche sono chiuse nei loro conventicoli, la situazione non è semplice, sulla terra ne stanno succedendo di tutti i colori. Muoiono a migliaia, l’infezione

una vita serena e pacata, con la moglie da sopportare come tutti gli uomini probi, e il futuro ormai al lotto, con quel che stava succedendo. L’Archimede sembra spassarsela meglio, lui è studiato, ha fatto le commerciali, e allora si dedica alla lettura per tenere fresca e funzionante la mente come si richiede ad un intellettuale come lui. Legge tutti i giorni La Gazzetta dello Sport e si sente in piena forma. Il problema sta nell’Annunziata che, essendo solo, l’aveva assoldata per le cose di casa e di letto, niente male, cominciava ad avere nostalgia non tanto per le cose di casa...L’Orsolina... si sa, le donne da sole se la cavano meglio. Ha un gran da fare soprattutto a guardare dalla finestra i passanti, pochi davvero, ma interessanti, e fra loro c’è sempre qualche bell’uomo su cui fantasticare per il resto della giornata. Non che

fosse una bella donna, alla sua età e per il resto poteva pretendere poco, ma era una vita che fantasticava e avrebbe continuato a farlo...ma appena si poteva uscire aveva una lista lunga come la fame su chi puntare, come arrivarci e come inebriarsi d’amore. Aveva tutta l’intenzione di rifarsi del tempo perduto. L’Osvaldo caccola, abitava anch’egli da solo, meglio, abitava con una mezza dozzina di uccelli in gabbia, suoi compagni da sempre, che lo salutavano alla sera quando tornava a casa alticcio e lo salutavano al mattino quando se ne andava in cerca di cose da raccontare ai suoi sodali nell’osteria della Maroca. Così com’era, chiuso lui nelle sua piccola stamberga, giudicò giusto che almeno i suoi amici alati potessero godere un po’ di libertà e li lasciò liberi di svolazzare per la cucina che sembravano “droni”

si spande a gonfie vele, ‘sto maledetto coronavirus la fa da padrone. Non guarda in faccia a nessuno, e dove passa, lascia morti e moribondi. Chi sia, cosa sia, da dove salti fuori, nessuno ancora lo sa, è un virus invisibile, infido, subdolo che sta devastando il nostro Paese senza pietà.

alla ricerca di cibo. La cosa gli piaceva, vederseli girare attorno era un gran bel vedere, il problema si manifestò durante i pasti. Mentre mangiava la sua solita minestra azzima ed ammuffita, sfrecciavano da ogni angolo per condividere il pasto, e questo poteva anche starci, ma che poi facessero “cachette” in ogni dove e non poche volte nella minestra che stava succhiando non poteva accettarlo. Cercò di rinchiuderli, invano, allora si rassegnò a mangiare sotto la tavola, seduto per terra, fuori da ogni pericolo. E lì rimane giorno e notte, accompagnato da un paio di bottiglie di grappa, da sempre miracoloso disinfettante del corpo e della mente, e da qualche sigaretta mezza sfatta. La sua vita, tutto sommato non è male. La maestra Camilla abita in una bella casa, ben tenuta e solatia come poche, ma sola, seppur sempre in compa-

gnia dei suoi santi protettori le cui immagini riempiono ogni vano della casa, compreso il giro scala, il bugigattolo e la cantina. Lei con i suoi protettori si sente in una botte di ferro, non capisce il suo isolamento, ma l’accetta anche perché poi, alla fine, la sua vita cambia di poco. Preghiere del mattino, un’occhiata alla toilette, mica male nonostante l’età, pulizie di casa, un pranzetto appagante, pomeriggio di lettura con intervalli di preghiera, e alla sera, dopo cena, qualche momento di riflessione sulla sua vita. Bella, agiata, tanta scuola ed ora una buona pensione, non molto altro se non una vita dedicata al Signore. Ci fu, a suo tempo, un momento di follia, un grande amore, grande perché lui era un omone come Maciste che allora andava di moda, e lei una donnina, carina, non c’è che dire, ma minuta e nelle mani del suo colosso

sembrava una bambolina in mano ad una ragazza. Poi lui la lasciò, aveva troppa paura di farle male, esile com’era, prima o poi l’avrebbe disfatta, e se andò. La Camilla comprese la situazione, né soffrì, si adeguò e si consegnò nelle mani del buon Dio, a Lui sarebbe piaciuta anche smorfina com ‘era, ed evitò altri guai. Il Sindaco Filippo era più che mai all’attacco. Lui chiuso in casa, non se ne parla, lui, era un uomo pubblico, aveva il dovere di essere sul campo di agire, di farsi sentire come deve fare ogni buon sindaco. Nonostante i rimproveri della moglie, Filippo tornò sulla strada il giorno stesso del suo esodo dall’osteria. Girava sulla piazza in cerca di personaggi che richiedessero il suo aiuto. Niente, non c’era un cane, solo il vigile Ernesto, gran rompiballe, lo riprese: “Signor Filippo, gliel’ho già detto, deve rimanere in casa... dove sta andando?” “Io sono un sindaco, voglio dare aiuto ai miei concittadini, voglio fare qualcosa...è mio dovere...” disse Filippo. “ Filippo, lei non è più sindaco, lei è uno come gli altri deve obbedire...su, torni in casa...” “E dov’è il sindaco di adesso? Dovrebbe essere qui...s’è nascosto...ha paura... non gliene frega niente dei suoi concittadini...e allora ci sono io!” “No, lei torni subito a casa...” disse severo l’Ernesto. “Un momento, vigile...” L’Ernesto si girò e si vide davanti il vecchio parroco, don Rinaldo: “Lascia fare a me, adesso il Filippo me lo porto in Chiesa e poi lo rinchiudo in casa...” “Ma anche la Chiesa deve essere chiusa...” osò il vigile. “La Chiesa è la casa del Signore, e ci vado quando voglio e con chi voglio...” disse altrettanto severo don Rinaldo prendendo il Filippo sottobraccio: “Andiamo Sindaco, facciamo due chiacchiere...” E il sindaco Filippo non lo vide più nessuno, tappato in casa, aveva il suo bel da fare nel meditare sulle parole che gli aveva detto il suo parroco: “Vedi Filippo, ormai siamo vecchi, il nostro aiuto non serve a nessuno. A noi vecchi spetta solo di starcene a casa e pregare il buon Dio per noi e per gli altri...vedrai che passerà...torna a casa e prega!” E Filippo che non ricordava l’ultima volta che era andato a messa, e neanche ricordava più le preghiere che gli aveva insegnato sua madre, si sforzò di ricordare il Padrenostro e l’Ave Maria, e si dedicò con convinzione al compito che il suo vecchio parroco gli aveva assegnato.


Europa Questo micidiale coronavirus mette a nudo tutta la nostra fragilità umana, dai più piccoli ai più grandi, dai più poveri e più ricchi; siamo tutti uguali: inermi. Ci interroghiamo sul perché. Ognuno si dà una risposta. Sono pure molti i “se” che introducono accuse sulle origini del dramma e responsabilità a chi poteva o doveva fare, prima e in modo diverso. Personalmente per ora mi limito a seguire e rispettare quello che mi viene chiesto dalla scienza e da chi sulla base dei suggerimenti scientifici assumono conseguenti, legittime e doverose decisioni per aiutarci a non soccombere in questa battaglia. Non condanno l’inevitabile, e inarrestabile fenomeno della globalizzazione, ritenuta da talune parti la sola responsabile della diffusione pandemica dell’infezione virale. Non credo che, arrivati a questo punto dei dinamismi socioeconomici a livello mondiale, l’innato istinto umano di andare oltre i confini e la brama di profitto dell’economia possa contenere anche dopo il superamento dell’emergenza coronavirus gli spostamenti sul nostro Pianeta. Semmai, dovremo rassegnarci ad un mondo più “piccolo” qualora dovessimo registrare una grave insostenibilità energetica. Certamente dopo il superamento di questa terribile crisi non tutto sarà come prima, ma la società non vivrà nell’autarchia. Per quanto riguarda la nostra Europa, quello che mi amareggia, e mi preoccupa assai, è la chiusura tribale dimostrata dai governanti di molti Paesi dell’Unione europea. E’ indubbiamente comprensibile che di fronte ad una malattia che colpisce in maniera epidermica una comunità, locale o nazionale che sia, le autorità istituzionali si preoccupino e si occupino in termini immediati dei lori cittadini. Vi è tuttavia un’altra dimensione della società che va considerata, soprattutto,

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Egoismo nazionale Religione di Stato di Paolo Magagnotti

Fin dalle elementari ci è sempre stata insegnata l’importanza delle proteine nella nostra alimentazione. Ora sappiamo che una microscopica proteina ha dichiarato guerra al mondo intero e ci sta aggredendo marciando su un campo di battaglia senza come nel caso dell’Europa, quando più comunità nazionali hanno deciso di compiere in comune un camino di vita nell’interesse e per il bene di tutti. In questi difficili giorni, osservando i comportamenti di governanti a vario livello, anche nelle loro espressioni lessicali, ho pensato ad un mio libro del 1995 dal titolo “Dalle nazioni alle regioni” nel quale un capitolo porta il titolo “Globalizzazione e tribalizzazione: due forze contrapposte si contendono il futuro”. In un paragrafo dal titolo “Una malintesa solidarietà” espressi la preoccupazione per una “forma di solidarietà tribale in netto contrasto con quella solidarietà di cui hanno oggi bisogno l’Europa e il mondo intero”. Ora, di fronte a certe chiusure egoistiche sui interessi interni, mi vien da pensare che molte volte ci troviamo difronte a egoismi nazionali di natura tribale divenuto quasi religione di Stato. E’ chiaro a chiunque che il coronavirus oltre a mietere vite umane sta mettendo in ginocchio talune comunità che dopo la fine della tragedia sanitaria si troveranno in condizioni postbelliche tali da rendere impossibile una ripresa con le sole proprie

forze. Solo una concreta solidarietà che vada al di là del pur importante e apprezzabile auto sanitario nell’emergenza può contribuire a risollevare popolazioni schiacciate, senza averne colpa, da una peste così terribile. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale un ministro francese che durante il conflitto bellico aveva tanto sofferto, Robert Schuman, con uno storico discorso del 9 maggio 1950 con il quale ac-

che vi sia un avversario capace di contrastarla; si cercano disperatamente armi per combatterla, ma non si trovano. Si può sperare solo su operatori sanitari che accolgono feriti sul campo e rimangono smarriti nel vedere andarsene chi non ce la fa.

cese il motore dell’unità europea disse che l’unità si farà “sulla base di realizzazioni concrete che dovranno creare, anzitutto, una solidarietà di fatto”. Una unità europea senza la quale, soprattutto ora, di fronte alle enormi sfide che abbiamo davanti a noi, gli Stati nazionali da soli, per forti che siano, risulterebbero perdenti. A distanza di 70 anni da quella lucida intuizione dobbiamo con amarezza registrare che nell’Unione

europea vi sono purtroppo Paesi ad economia forte per i quali solidarietà sembra essere solo e semplicemente un espressione filantropica. Ed è inoltre grave che a certi vertici dell’Unione europei chiamati dai Trattati ad essere imparziali e agire nell’esclusivo interesse comune vi sia chi è più sensibile ai desideri di un singolo Paese o di alcuni Paesi che perseguono la stessa linea politica. Sono certamente consapevole che nell’Unione europea abbiamo Paesi più virtuosi di altri; Paesi dove i governi e i cittadini spendono in base a quello che hanno e che sanno di poter ripagare quello che spendono, ed altri Paesi dove si spende in maniera meno rigorosa. Nessuno chiede evidentemente che i virtuosi paghino i debiti dei dissoluti. Tuttavia la solidarietà richiede che chi ha di più pensi anche a chi, per ragioni storiche od altre circostanze incolpevoli, si trova in condizioni svantaggiate. Sarebbe ingeneroso non riconoscere che nel corso del processo di integrazione europea non vi sono state molte iniziative concrete promosse e sostenute sulla base di quel principio di solidarietà fortemente ancorato ai Trattati europei. Molto è stato fatto, ad esempio tramite i fondi strutturali europei. Purtroppo da diversi anni registriamo comportamenti sempre più lontani dai principi e dai valori di base dell’unità euro-

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pea. Pensiamo, ad esempio, a Paesi che con trucchi fiscali creano squilibri pesantissimi ed a Paesi che, soprattutto fra i nuovi arrivati, purtroppo, pensano principalmente, se non solo, a ricevere soldi. Per quanto riguarda le emergenze socioeconomiche che inevitabilmente vi saranno dopo l’emergenza sanitaria del coronavirus è assolutamente necessaria una forte e concreta solidarietà europea per aiutare i Paesi maggiormente sofferenti a sollevarsi. Non strumenti di durata illimitata, dei quali qualcuno potrebbe approfittare. Strumenti, invece, mirati a fronteggiare questa situazione specifica; strumenti che, chiamiamoli come vogliamo, non gravino i Paesi colpiti da un peso tale da non poterlo sostenere. Da oltre cinquant’anni mi occupo di Europa e alimento il mio pensiero e il mio agire con tanta convinzione e passione per l’unità europea; è purtroppo con amarezza, oltre che con un certo imbarazzo, che registro e stigmatizzo queste gravi carenze nell’Unione europea; non posso non farlo. Tuttavia, sono più convinto che mai che l’integrazione europea sia, l’ho detto più volte in passato, il più importante e affascinante progetto democratico di unità di popoli mai visto nella storia dell’umanità. Un progetto che non può e non deve fallire; con le dovute varianti che l’esperienza e il mutare dei tempi rendono necessarie, dobbiamo impegnarci più di prima a farlo progredire, sostenendo la nostra azione sulla base di quei principi e valori senza tempo che hanno mosso i padri fondatori. Certo, è sempre triste che qualcuno lasci la casa comune, come ha fatto il Regno Unito; un’unità europea, tuttavia, non può procedere ad ogni costo, avendo in casa anche chi pensa e vuole approfittare solamente degli altri. Si tratta di scegliere. Non molti sono purtroppo in Europa i governanti nei quali possiamo porre le nostre speranze per realizzare il nostro sogno europeo. Mi illudo di sperare che siano i cittadini dei singoli popoli europei, motivati da un’informazione etica, a costringere i loro rappresentanti istituzionali a pensare, come faceva il nostro padre italiano dell’unità europea Alcide De Gasperi, alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni.


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Cooperando

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Lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Federcasse e Confcooperative, “Le istituzioni europee siano solidali” Nella lettera viene evidenziata la necessità di intervenire immediatamente a livello europeo anche su aspetti chiave delle regole bancarie. Regole che risultano particolarmente restrittive per le Banche di Credito Cooperativo e Casse Rurali impegnate, per norma e per missione, a finanziare una porzione rilevante delle micro, piccole e medie imprese che in Italia generano l’80% dei posti di lavoro e maggiormente coinvolte dallo shock economico causato dall’epidemia. Questa, in estrema sintesi, la posizione espressa in una lettera congiunta di Federcasse (l’Associazione Nazionale delle BCC e Casse Rurali) e Confcooperative inviata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed al Ministro dell’Economia e

di Alberto Carli Il 15 marzo scorso, in piena emergenza Coronavirus, Federcasse e Confcooperative hanno presentato un documento al presidente del Consiglio Conte con la richiesta di rivedere le regole bancarie europee per consentire alle Banche di Credito Cooperativo di essere vicine alle Comunità di appartenenza. “Le Isti-

tuzioni europee siano solidali e non di ostacolo”. Inizia cosi il documento fatto recapitare dal presidente di Confcooperative insieme a quello di Federcasse al presidente Mattarella al fine di poter dare piena efficacia alle misure del Governo nell’emergenza Covid-19.

delle Finanze Roberto Gualtieri. «Le Banche di Credito Cooperativo - si legge nella lettera firmata dai Presidenti di Federcasse Augusto dell’Erba e di Confcooperative Maurizio Gardini - sono totalmente e convintamente impegnate a non far venire meno il proprio supporto a famiglie ed imprese dei propri territori, per evitare il collasso delle attività anche in ragione dell’interruzione e/o forti limitazioni nell’accesso al credito». Federcasse e Confcooperative chiedono alle Autorità di regolamentazione e supervisione europee tramite il Governo ita-

liano – di intervenire affinché alcune procedure vengano sospese o rinviate. In particolare una temporanea sospensione o rivisitazione delle regole sulla classificazione degli NPL (Non Performing Loans) cioè quei crediti delle banche che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto. Questo per consentire di non annullare gli effetti benefici attesi dalle disposizioni deliberate dal governo nei giorni scorsi. Vi è infatti una grandissima preoccupazione per l’impatto che l’epidemia Coronavirus avrà sull’economia, con la conseguenza che

molte persone e molte imprese si troveranno in difficoltà a far quadrare i conti. L’impatto di questa emergenza sull’economia non è ancora chiaro, alcune previsioni parlano di fatturato perso a livello Italia tra i 300 miliardi e i 600 miliardi, per il Trentino Alto Adige la forbice va dai 15 miliardi ai 30 ma studi sono oggi in corso per misurare effettivamente i danni, a cui poi si cercherà di rimediare. Quello a cui non si potrà rimediare è la pesante perdita in termini di vite e la brutale modalità che impedisce l’ultimo saluto ai propri cari. Un monito va quindi al rispetto dei protocolli e delle regole, per fare si che si possa superare questo drammatico momento il prima possibile. #iorestoacasa #restiamoacasa.

EDITORIALE di Adelino Amistadi

Continua dalla Prima Da quando poi il governo ha preso le ultime drastiche decisioni, ci siamo ritrovati un po’ tutti a vivere una situazione senza precedenti. Tutti o quasi, chiusi in casa. E a porci tante domande: quanto durerà ancora? Passerà? Quanti si ammaleranno, quanti moriranno? Ormai quei pochi che ancora si fanno vedere in paese per le necessità urgenti portano le mascherine, e se incontri qualche anonimo passante si allunga il passo per evitarlo, ed anche nell’incontrare conoscenti o amici, si evitano ciance, ci si limita ai saluti ed ognuno per la propria strada. Anche i ragazzi, dopo i primi giubili per la chiusura delle scuole per qualche settimana, si sono resi conto che non c’è da scherzare. Intanto continuano a salire i contagi e i morti, anche da noi, attorno a noi, anche in Giudicarie, e si chiudono le frontiere con scenari ormai simili in tutta Europa. Le famiglie, chiuse in casa, devono inventarsi nuovi modi di trascorrere lo strano tempo libero. Non è mai ca-

Forza, ritorneremo ad abbracciarci pitato di passare tanto tempo sul divano, non ci è concessa nemmeno l’”ora d’aria” che si concede ai carcerati. E noi? Il nostro/vostro Giornale delle Giudicarie? Anche noi abbiamo avuto le nostre difficoltà: il non poterci ritrovare in redazione per concordare il da farsi, le difficoltà nella distribuzione che magari ci costringerà ad uscire online, i nostri eroici collaboratori costretti in casa, ma soprattutto perché ormai parlare di altre tematiche che non siano quelle riguardanti il Coronavirus non è facile. Tutto si è improvvisamente fermato (dalle attività economiche a quelle sportive, dalla politica con le elezioni comunali spostate all’autunno, ai diversi appuntamenti di tante associazioni) dopo gli ultimi provvedimenti restrittivi del governo. Poco o nulla si muo-

ve più. Ci siamo trovati quindi a lavorare in condizioni abbastanza difficili. Non per questo siamo venuti meno al nostro compito che è quello di informare i Giudicariesi, nostri conterranei, in modo compiuto, sulle tragiche vicende che stiamo vivendo, senza dimenticare anche altre notizie che sembrano per ora

scomparse. Speriamo che il nostro ruolo svolto anche in questo frangente tanto delicato a favore della nostra gente sia apprezzato e ci dia spinta a continuare anche per il futuro. In questi giorni, cari lettori, il nostro desiderio è quello di sapere proprio da voi come state vivendo questo tremendo periodo: con qua-

li preoccupazioni, emozioni, o svolgendo quali attività. Fateci sapere come avete trascorso le lunghe giornate chiusi in casa. Immagino diverse per chi ha figli, piccoli o grandi, se siete soli, se siete in coppia. Ditecelo, così lo condivideremo con gli altri. E nel mese di maggio potremo pubblicare il tutto sperando che per allora le cose vadano meglio. Le Giudicarie, il Trentino, non si arrendono. No. Scegliamo le strade più consone per superare l’inevitabile distanza sociale che il momento ci impone e un giorno si tornerà a riabbracciarsi, ne sono sicuro. Forza, quindi, contattateci via email ( redazionegdg@yahoo. it ). Siamo la vostra “piaza”, beviamoci insieme un caffè al nostro tavolino. Vi aspettiamo.


Economia Le differenze tra i miliardi varati dal governo tedesco e quelli annunciati da Conte, indicano due cose: primo, l’incapacità di stare uniti anche di fronte a una crisi sanitaria che non ha untori (qui molti politici e giornalisti dovrebbero arrossire) se non responsabili nella natura matrigna come direbbe Leopardi, che ora rischia di raggiungere anche i più ricchi e fortunati. Secondo: che il nostro Paese si trova in una situazione dove gli spazi di manovra a causa degli endemici problemi di bilancio sono limitatissimi. Il presidente Conte in questo momento drammatico, per quanti errori umani possa commettere, perché deve decidere e chi decide può sbagliare, è il meno responsabile di tutti. Se la Merkel può varare 750 mld di Euro e Conte solo 50 le responsabilità sono di chi ha condotto la crisi finanziaria dal 2008 ad oggi in Europa sia sul fronte interno, la classe politica italiana, che su quello esterno, la classe politica europea. Merkel e Sarkozy compresi. Per fortuna c’è stato un intermezzo di un tecnico come Draghi, che come Ulisse non ha ascoltato le sirene ammaliatrici della politica. Ma ora siamo ripiombati al 2011, divisi e incapaci di trovare un fronte comune. L’oggi è drammatico. L’interrogativo è questo: perché Merkel annuncia un piano unilaterale dopo che Lagarde non ha toccato alcuno dei temi come “fondi di garanzia al sistema finanziario europeo” o “eurobond per la sanità”, idea lanciata dal sempre presente presidente Mario Monti? Perché una personalità equilibrata come Mario Draghi fa un intervento sul Financial Times chiedendo interventi ampi e rapidi senza osservare i parametri del debito? Questa epidemia rischia drammaticamente di fermare per mesi l’economia europea e mondiale creando difficoltà enormi alle imprese e all’occupazione. Se in Europa

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Oltre il modello Amazon, non c’è solo il mercato

Il Coronavirus potrebbe minare l’Europa di Marco Zulberti Da quando il cancelliere tedesco Angela Merkel due settimane fa ha annunciato un intervento di 750 mld di euro a sostegno delle industrie tedesche per l’emergenza economica indotta dall’epidemia del Coronavirus, seguito all’esordio disastroso di Christine Lagarde alla guida della Banca Centrale Europea che di miliardi ne ha annunciati 120, per

non facciamo niente insieme, nemmeno questa volta, la bandiera anti europeista troverà disarmati anche quanti da trent’anni ne sono i più strenui difensori come lo scrivente. L’idea dei “padri” fondatori inseguiva una visione socio economica di largo respiro e di lungo periodo, che riportasse giustizia economica e sociale e una vita democratica a tutti i popoli e le regioni europee. L’Europa del 2001 a Genova e delle marce per la pace nel 2003 da parte dei giovani uniti non voleva queste divi-

I panifici, anche in momenti tragici e impensabili come questi, non hanno mai fatto mancare il pane fresco nei punti vendita che vanno dalle città del Trentino alle zone più periferiche delle nostre vallate. Non è facile in queste situazioni essere puntuali con la produzione giornaliera del pane fresco, di conseguenza vanno ringraziati, prima di tutto, gli addetti dei panifici, dai titolari ai collaboratori ai dipendenti, ben consci che il pane è l’alimento base della nostra alimentazione e non può mancare, giornalmente, sulle nostre tavole. Specialmente in questi difficili momenti dove è necessario restare a casa, il pane è un alimento che invoglia l’appetito garantisce freschezza, salubrità, genuinità e tradizionalità. La tutela operativa dei panifici è stata garantita anche con l’emanazione dei vari Decreti e Ordinanze che hanno obbli-

sioni per interessi particolari. L’Europa non si doveva fermare alla massa monetaria o agli scambi commerciali e azionari, ma estendere la prosperità e la crescita alle sue cento regioni che non avevano necessità solo d’investimenti, spesso distribuiti secondo logiche burocratiche, ma anche di diritti comuni. Se l’Europa vuole che gli italiani del sud, gli spagnoli dell’Estremadura o i greci nelle isole del Dodecaneso si smarchino dalle inefficienze delle loro rispettive classi politiche locali, deve fare esat-

lo spirito unitario europeo si è aperto un periodo “horribilis” che ha visto il suo vertice nello scontro tra il Presidente Giuseppe Contro e la Merkel sul tema dei “corona bond” che dovrebbero essere varati per sostenere le spese sanitarie dei paesi europei alle prese della drammatica epidemia che sta frenando il ciclo economico.

tamente il contrario di quello che ha fatto finora. Le rigidità esclusivamente monetarie, decretate a Bruxelles, hanno abbandonato i territori locali più periferici che si sono così allontanati, non solo dall’Europa, ma dai loro centri politici periferici, scaricando la crisi sugli ultimi e i più distanti. A Bruxelles l’assenza di condivisione su tematiche come i livelli di tassazione, i diritti del lavoro, i servizi pubblici, la salute pubblica e la formazione scolastica, oltre che della politica estera che avrebbe

dovuto essere più attenta al fenomeno migratorio, oggi va completamente rivista. Anche la libera circolazione delle persone con il trattato di Schengen, se da una parte ha permesso importanti scambi culturali, dall’altra non ha avuto alcun effetto sulle politiche locali che hanno tenuto economicamente ingabbiati i propri territori che si sono allora rivolti al modello di Amazon. Hanno chiuso botteghe, uffici, artigiani, imprese, contadini e agricoltori in nome della libera circolazione di persone e merci. Com-

priamo su Amazon l’ultimo film premiato agli Oscar e anche nella valle più sperduta arriva in 48 ore l’ultimo best seller di Dan Brown. Ma fuori dalla finestra i campi agricoli che hanno fornito la vita alle comunità locali per secoli sono deserti, i boschi abbandonati. L’Eurozona è diventata un EurAmazon. Questo è il liberismo democratico? L’efficienza economica? No grazie. Quando Christine Lagarde e Angela Merkel questa settimana hanno parlato, avrebbero dovuto avere un orecchio a quanto ha detto invece un’incomparabile Ursula Von Der Leyen: il suo “Noi siamo tutti italiani”, cercando di comprendere in quali difficoltà ora il nostro popolo è rimasto prigioniero anche a causa di una classe politica inadeguata che ha governato il paese fino al 2011, e che fino a ieri sperava che l’Europa la salvasse. Se anche quest’ultima speranza oggi si spenge all’idea che l’Eurozona s’identifichi con il mercato senza regole rappresentato metaforicamente dall’individualismo negativo di Amazon, dopo l’epidemia penso dilagherà il disordine e il ritorno a modelli politici medioevali con la costruzione di nuovi muri e povertà delle nazioni. Esattamente il contrario, di quello che avevamo sperato noi europesti.

Il pane quotidiano come in tempo di guerra

gato quasi tutte le attività economiche alla chiusura forzata. Qui ritornano alla memoria i tragici ricordi dei periodi passati durante le storiche guerre mondiali: allora, come adesso, i panifici venivano tutelati affinché fosse garantito il pane quotidiano e le forniture delle farine arrivassero puntuali. Chi avrebbe mai pensato, a distanza di decenni, che ci saremmo trovati in situazioni così similmente tragiche? Il pane, elemento base della nostra tavola, in momenti come quelli attuali, restando in casa, aiuta la con-

divisione, l’incontro, l’allegria e rispolvera la tradizione del banchetto nello spezzare insieme il pane, è un cibo sacro per diverse culture e religioni. Durante queste difficili giornate chiusi in casa, le persone si possono muovere con forti limitazioni facendo la spesa non tutti i giorni, perciò sono andate alla ricerca sopratutto di tipologie panarie che permettessero anche la durata maggiore di un giorno. In questi giorni si registrano evidenti cali produttivi nei panifici, perché nelle nostre località turistiche i rifugi e gli

alberghi hanno chiuso in anticipo, così come le chiusure di bar, ristoranti e le mense scolastiche che sono clienti di rilievo per le aziende di pianificazione. Al di là del sensibile calo produttivo di pane, che peggiora l’assorbimento dei costi fissi aziendali, i panifici hanno sempre e comunque mantenuto il presidio del territorio, dando quotidianamente la possibilità al consumatore di trovare il pane fresco negli scaffali delle rivendite. Emanuele Bonafini


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Scuola

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Cosa mi manca? Ovvio, mi manca il contatto fisico, mi manca stare nella mia aula, che in questi ultimi due anni di modalità “aule disciplinari” avevo personalizzato con tocchi particolari che gli studenti riconoscevano come appartenenti alla nostra strada da percorrere. Mi manca vedere le facce dei miei studenti, riconoscere cosa c’è che non va, se qualcuno di loro non sta bene, è triste, oppure è distratto perché sta pensando a quanto sarebbe bello essere da un’altra parte e non in classe a lavorare. Mi mancano i discorsi che si fanno, mi mancano anche i silenzi che, quando sei presente e ci si vede, fanno parte della quotidianità e della normalità, ma se accadono durante una videolezione, ti preoccupi, perché ti senti abbandonata, come se dall’altra parte fossero tutti andati via. E’ vero, noi insegnanti sappiamo far fronte alle difficoltà, anche quando esse si presentano sottoforma di metodologie e strumenti da prendere in mano, per alcuni per la prima volta, e riorganizzare il lavoro in modo diverso e nuovo. Nuovi nomi, nuovi strumenti: classroom, googlesuite, meet, nel giro di pochissime ore quello che era uno strumento eccezionale, usato una volta

Pensieri dei nostri docenti

Giorno per giorno, la scuola c’è di Antonella Moratelli* Da sempre ritengo che il valore aggiunto del mio lavoro sia il contatto umano, gli sguardi che si intrecciano e si incrociano dentro le aule della scuola, che diventano un pezzo della nostra vita, che ci fanno fare un pezzo di strada insieme a persone che poi, inevitabilmente, resteranno dentro di noi, in modo perenne e significativo. Ricordo perfettamente la sensazione che ho provato trent’anni fa, quando misi il mio primo sguardo dentro la scuoogni tanto, più per curiosità che per reale esigenza, è diventato quello che ci fa tenere in piedi la scuola e l’apprendimento. Le videolezioni sono l’aspetto che preferisco: mi danno l’opportunità di vedere in faccia i miei ragazzi, di sentire la loro voce, di scambiare con loro difficoltà, possibilità di azione, prendere decisioni.

la e dentro una classe: sguardi, racconti, volti che sono rimasti in me, che mi hanno fatto crescere, che ho contribuito a far crescere e questa è la parte più importante del mio essere insegnante. Dal 5 marzo questo aspetto è venuto meno; scuola chiusa, aule deserte, distanziamento sociale, preoccupazione che inizialmente è passata attraverso i messaggi whatsapp e poi, via via, si è manifestata in altre modalità di comunicazione. Sono molto orgogliosa di tutti loro: si stanno impegnando, sono puntuali, mandano i compiti eseguiti con impegno e senso di responsabilità…Sì, ma poi? Cosa succederà se, come ormai è quasi certo, il tempo si allungherà? Torneremo alla normalità? I ragazzi di quinta sono preoccupati, cominciano a chiedermi come

si svolgeranno gli esami di stato, quali decisioni verranno prese. Attendiamo. Pensiamo positivo e intanto lavoriamo! Facciamo quello che abbiamo da fare e guardiamo alla quotidianità. L’altro ieri la videochiamata l’abbiamo usata noi colleghi per fare un consiglio di classe: è stato bellissimo vederci, salutarci, sorridere insieme e ci siamo fatti forza, perché sappiamo che stiamo facendo un buon lavoro, per noi, per i nostri studenti, per la scuola. La scuola c’è, anche in questo momento di grande difficoltà! * Professoressa di lettere, Istituto Guetti

Stenico


Scuola

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Intervista alla dirigente Francesca Rinaldi

Con il virus nuove dinamiche docenti-studenti Una scuola professionale che tanto fa anche nei laboratori, come ha trasformato la didattica in questa forzata chiusura delle scuole? Abbiamo cercato di riorganizzare l’attività didattica senza il timore di snaturare la specificità della scuola; per le materie pratiche abbiamo cercato di puntare sulle tecniche operative e sui processi, aiutandoci con filmati e materiale vario; i docenti hanno ripensato le proprie lezioni in una chiave più teorica. Il personale docente si è trovato di fronte una situazione inedita, come

è andata? All’inizio la sfida sembrava di difficile superamento, ma poi l’ente Enaip Trentino ha messo a disposizione una piattaforma informatica che consente di svolgere video-lezioni, comunicare

attraverso chat, condividere materiale audio, video, scritti. I docenti si sono messi in gioco con attività di autoaggiornamento: grazie al lavoro degli insegnanti più esperti nell’ambito informatico, è stato possibile

sondare le potenzialità della piattaforma e in seguito trasferire il sapere ai colleghi tramite piccoli gruppi riuniti in videoconferenza. Conclusa la formazione è stato predisposto un calendario delle lezioni per permettere di restituire ai nostri studenti la quotidianità perduta. Lunedì 16 marzo abbiamo avviato l’attività di docenza in tutte le discipline con orario dal lunedì al venerdì. E i ragazzi? Hanno risposto positivamente, dimostrandosi competenti nell’uso delle tecnologie e riscoprendo l’uso di smartphones e

tablet come strumenti di lavoro. Emozioni, difficoltà, scoperte, della scuola ai tempi del Coronavirus. Difficoltà sicuramente la mancanza del luogo fisico: cambia la relazione, quindi il docente deve ripensare alle proprie modalità di interazione con la classe. Alcune materie sono di difficile gestione, per cui è necessaria una certa dose di impegno e fantasia per trasmettere il sapere agli studenti. Ci portiamo via qualcosa di positivo da tutto questo? I docenti e tutto lo staff

del Cfp Enaip di Tione è concorde nell’affermare che questo momento così particolare può essere vissuto anche come un’occasione di rinnovamento della didattica, di sperimentazione e di consapevolezza che le innovazioni passano anche attraverso la nostra capacità di allontanarci dalla nostra confort zone per ripensarci in nuovi e stimolanti contesti. Come direttore del Cfp quindi non posso che ringraziare tutti i docenti e tutto il personale non docente per l’impegno e la professionalità che hanno messo in campo per attivare la didattica a distanza.

Nella difficoltà si è tirato fuori il meglio Sara Benedetti - professoressa di educazione fisica Enaip Tione Le giornate volano, le ore al computer non le conto più. Sono a casa con mio figlio al quale ho fatto partire il suo cartone animato preferito e contemporaneamente faccio lezione online. Poi il piccolo interviene durante la lezione, forse per gelosia, forse per avere le attenzioni che in quel momento rivolgo ad altri: i ragazzi sorridono e lo salutano. Questo è un ulteriore aspetto a mio avviso interessante: mi vedono per quella che sono, una mamma a casa, come le loro mamme a casa con loro. Sia-

mo tutti uguali in questi giorni. L’aspetto insegnante-alunno lascia lo spazio ad un nuovo tipo di equilibrio, quello che si instaura tra chi ha lavorato davvero tanto per poter dare loro l’opportunità di un collegamento educativo quotidiano, e loro lo hanno capito. Ascoltano ed intervengono con educazione. Stiamo costruendo insieme nuove dinamiche docente-allievo addirittura a mio avviso migliori di prima. Sto pensando modalità di lezione interessanti e che stimolino nei ragazzi la curiosità

e la voglia di uscire da questo periodo più forti di prima. Sono rasserenata dal sentirli più o meno allegri come al solito, ma con maggiore consapevolezza. Ho scoperto di avere risorse che nemmeno pensavo di avere. Ho scoperto che nel giro di un paio di giorni siamo riusciti a far partire la didattica a distanza su una piattaforma sconosciuta; sono certa che in tempi di normalità avremmo impiegato un anno intero per preparaci a questa nuova esperienza. Sono grata a questo momento che sto vivendo per

le nuove opportunità che mi sta regalando e che io, con voglia di migliorare, sto imparando. I pompieri volontari sono passati per le strade del mio paesino e con un megafono ripetevano di rimanere a casa. Sembra come se una coltre di paura sia scesa sul nostro piccolo nido gelido. Invece sono certa, e ne ho la prova, che questi giorni ci insegneranno tantissimo: il corpo docenti del Cfp Enaip di Tione in pochissimi giorni ha imparato a fare lezioni a distanza, lezioni insolite per contenuti e/o

e 45 Oltr i di ann e nza erie o p s u e al t lità a u ! q izio serv

per modalità, tutti gli alunni si sono connessi con entusiasmo alle lezioni e si sono comportati in modo esemplare. Il Covid19 ci ha messo davanti ad un bivio, ci ha costretti a metterci in discussione e a reagire in tempi brevissimi. Direi che la reazione del nostro Cfp è stata molto chiara: efficienza, efficacia, velocità e lavoro di squadra hanno dato come risultato una didattica a distanza eccezionale. Sono felice di fare parte di questo staff, sono orgogliosa, sono speranzosa e grata.

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Scuola

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Le voci dei nostri studenti

Mancano le chiacchiere, i compagni, le attività organizzate

questo numero il “Giornale delle Giudicarie” riserva ogni mese una sua intera pagina al ributo degli studenti dell’Istituto “Lorenzo Guetti”, dando loro spazio e voce. La zione e tutta la redazione del Giornale attribuiscono molta importanza all’apporto di mazioni, conoscenze, riflessioni e proposte che essi potranno offrire. Vi è nell’Istituto ccezionale ricchezza di giovani menti che, contando su uno straordinario corpo enti, può esprimere, con conoscenza e creatività, importanti riflessioni e idee utili per la comunità giudicariese, e oltre. gli studenti – che lasceremo riposare nel periodo estivo – potrà essere un utile cizio per sentirsi maggiormente partecipi e protagonisti della vita culturale e oeconomica della loro terra, sulla quale sapranno pure far riflettere i raggi di quegli zonti europei e internazionali più ampi verso i quali desiderano proiettare il proprio ro. L’iniziativa potrà pure contribuire a realizzare un ulteriore raccordo fra la stessa

Caro Diario, ti scrivo per raccontarti com’è la scuola ai tempi del Coronavirus. Ormai non si parla di altro: Covid 19 è divenuto il fulcro di ogni discorso, la notizia dominante su ogni quotidiano, di qualsiasi telegiornale e questione trattata nella maggior parte delle trasmissioni televisive. Una situazione molto particolare, difficile da descrivere che mette tutti noi a dura prova. Un nemico piccolissimo, invisibile, ma letale che inaspettatamente ha messo a repentaglio le sicurezze di ciascuno, ha rivoluzionato totalmente il nostro stile di vita e le nostre abitudini. Il governo con un decreto di qualche giorno fa ha deciso di prendere provvedimenti più restrittivi; tra questi

La scuola dalla cameretta

anche la chiusura delle scuole fino al 3 aprile in tutta Italia per prevenire il contagio da Coronavirus. La campanella delle 8:00 non risuona più in nessun istituto. Ma il mondo scolastico non si ferma: i docenti hanno reagito tramite l’ausilio delle nuove tecnologie. Anche l’attività didattica del nostro istituto Guetti prosegue a distanza con l’utilizzo di piattaforme come Google Classroom, Drive, registro elettronico Classeviva o con l’applicazione Hangouts Meet, tramite la quale è possibile effettuare videoconferenze. Come in ogni circostanza c’è chi accoglie volentieri questa soluzione e chi, invece, sta incontrando più difficoltà e spera di tornare prima possibile alla normalità. Natural-

mente la didattica a distanza non può e non potrà mai sostituire quella tradizionale. Ma in una situazione straordinaria come questa abbia-

mo compreso come essa possa essere un’utile alternativa. Nelle giornate trascorse tra le mura domestiche, tra un compito e una video lezione, in-

tenta e presa dall’ansia a controllare di aver visionato tutti i compiti e gli avvisi caricati dai diversi docenti nel limite delle scadenze delle consegne, ripenso a quante volte mi sono lamentata o avevo poca voglia di andare a scuola. È proprio vero che quando si perde qualcosa si capisce il vero valore che ad essa appartiene. Sento la mancanza di avere compagni di banco con cui trascorrere le lezioni, le chiacchiere tra un’ora e l’altra, la ricreazione, la routine quotidiana e le attività ben distribuite e già organizzate all’interno della settimana. Fare lezione da casa, insomma, non sarà la stessa cosa, ma ci permette di non interrompere completamente l’attività didattica. La cosa fondamentale in questa cir-

costanza è restare uniti come non mai e lottare tutti insieme, solo così ci rialzeremo più forti di prima. Mi auguro che questo momento così triste e difficoltoso si risolva in fretta e possa diventare un’opportunità per apprezzare anche le piccolezze della vita che prima davamo per scontate, oltre che per cambiare in meglio la società di oggi. Ma soprattutto per capire che la normalità è il regalo più grande che ci sia. Concludendo, voglio riportare la frase del nostro Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore, per correre più velocemente domani. Tutti insieme ce la faremo!». Andrà tutto bene, io resto a casa! Matilde Armani

Quando tutto finirà, Covid19, più tempo saremo tutti diversi per noi ma manca il La quarantena di per sè non mi pesa molto. Alcune delle persone che conosco trovano la cosa opprimente, il dover restare confinati nel proprio paese senza potersi spostare a cui si aggiunge gran parte di quello che le direttive implicano; nel mio caso non è così. Non ho mai avuto troppi problemi a stare da sola, tanto che a un certo punto è diventata una cosa essenziale per me, avere del tempo solo mio e di nessun altro e, ora che ci penso, forse una delle differenze più grandi dall’inizio della quarantena sta proprio in questo. Per il resto penso di potermi definire abbastanza tranquilla, anche se ora che il metodo di invio dei compiti è cambiato, mi sembra ogni tanto di non capire più niente, tra la casella della posta intasata di mail e le consegne degli esercizi di cui vengo a scoprire l’esistenza esattamente il giorno della scadenza degli stessi! Tuttavia, devo dire che nonostante questi piccoli problemi, mi sto abituando anche per quanto riguarda le videolezioni che

contatto fisico

ho fatto. Non perché capisca meglio (magari!), sta tutto nel fatto che fatichi di meno quando si tratta di intervenire senza avere la figura della prof davanti. Le giornate non trascorrono lente, diversamente da come avevo inizialmente pensato. La fortuna di avere un grande giardino e un nonno a cui piace giocare a carte, insieme al fatto di poter rimanere in contatto con i miei amici tramite il cellulare ha dei vantaggi, anche se devo ammettere che la scuola un po’ mi manca, soprattutto il po-

terci incontrare di persona e guardarci in faccia mentre si parla. Una cosa particolare che ho notato in me sta nel fatto che guardare i film o leggere di persone che si trovano l’una vicino all’altra, ora mi colpisca diversamente. Il che è abbastanza ironico, perchè nonostante ci sembri impossibile, la verità è che possiamo adattarci a tutto ma forse, quando tutto questo finirà, inizieremo a comportarci diversamente verso le persone a cui teniamo. Sofia Surci

Con oltre 20.000 casi positivi e migliaia di morti, il Coronavirus è sicuramente uno dei più gravi problemi che il nostro Paese si è trovato ad affrontare. Essendo l’intera penisola considerata zona Rossa, sono state prese decisioni in merito, come quella di non uscire di casa, se non per estrema necessità, così da poter evitare ulteriori contagi e l’ulteriore propagazione del COVID-19. Tutto ciò ha avuto riscontri sulla vita di ognuno di noi, specialmente su quella degli studenti, i quali non potendo entrare in edifici scolastici, si accontentano delle videolezioni online, che prevedono una videochiamata insieme all’intera classe e il proprio insegnante. Ma tutto questo, non solo in ambito scolastico, come ha cambiato la nostra quotidianità? Sinceramente devo dire che ci sono sia lati positivi, che lati negativi: per cominciare, stando a casa, si ha sicuramente più tempo da dedicare alle proprie passioni, come cucinare, disegnare o suonare qualche strumento, oppure si possono riscoprire giochi da tavolo, videogiochi, facendo rinascere i bambini che ci sono in noi. Per quanto mi riguarda, ho avuto modo di lavorare su me stessa, ho avuto tanto tempo per pensare e per fare ciò che mi piace, senza alcuna distrazione esterna. Tutto ciò però ha avuto un limite, per una ragazza di 16 anni; non è affatto facile non avere contatti con l’esterno, ma credo sia così per tutti; il contatto fisico è fondamentale per ognuno di noi, è una forma di comunicazione fonda-

mentale per l’essere umano. Stando a casa, ho capito quanto sia realmente necessario per me avere contatti con l’esterno, stare con gli altri, confrontarmi con persone che hanno pensieri diversi dai miei, comunicare. Abbiamo bisogno del contatto fisico quasi come abbiamo bisogno di respirare, ma prima di poterci riabbracciare questo virus deve essere sconfitto, dobbiamo combattere insieme. Non vedo l’ora di poter uscire di casa e poter stare a meno di un metro di distanza dalle persone a cui voglio bene, ma per farlo, ora, in questo momento, l’unica cosa da fare, è rimanere a casa. Sara Nicolini


Attualità

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Non ci sono solo i compiti, chiedeteci come stiamo

La scuola ai tempi della pandemia mondiale nel Paese con il maggior numero di vittime al mondo: già questo dovrebbe far capire che non si possono continuare le attività didattiche in modo “normale” ma a quanto vedo lo abbiamo capito solo io e pochi altri. Mi spiego meglio: io capisco che i professori siano in ansia di dover finire il programma a tutti i costi, ma non capisco il disinteresse di una parte di questi allo stato psicologico degli studenti, al loro

stress, alle loro ansie e preoccupazioni, alla situazione che vivono a casa (casi di Coronavirus in famiglia, genitori che sono impegnati in prima linea nella sanità o in altri servizi essenziali e sono esposti ogni giorno alla contrazione del virus con i dispositivi di protezione personale che scarseggiano e quant’altro). Con questo articolo vorrei far capire al sistema scolastico, e soprattutto alle figure che lo rappresentano a noi studenti (professori e dirigenti), che non si possono con-

tinuare le attività didattiche in modo normale in una situazione che è tutt’altro che normale. Ogni giorno passiamo almeno 3 ore davanti al computer per seguire le videolezioni (che, a parer mio e di tutti gli amici e compagni con cui mi sono confrontata, sono più pesanti delle lezioni in classe), e anche la maggior parte del pomeriggio a fare i compiti, sempre online, che ci vengono assegnati in maggior quantità di quando andiamo a scuola “per farci passare il tempo”, ma quando

hai entrambi i genitori al lavoro e fratelli più piccoli da seguire tutto questo tempo non ce l’hai, però questa situazione che vivono diversi studenti sembra non esistere per i professori. Tutto questo tempo trascorso davanti al computer non fa certo bene, né fisicamente perché stressa molto la vista e provoca mal di testa che arriva puntualmente tutte le sere, né psicologicamente perché è dimostrato da studi di persone molto più competenti di me che

Quando passerà, ameremo di più le piccole gioie della vita

A causa di questo virus che si è diffuso negli ultimi mesi e che si sta diffondendo tuttora nel nostro Paese, ma anche nel resto del mondo abbiamo dovuto cambiare la nostra quotidianità per il nostro bene, ma anche per quello degli altri. All’inizio sembrava una cosa abbastanza semplice da contenere, ma con l’avanzare del tempo e anche del virus abbiamo avuto la conferma che tutto è tranne che una cosa semplice da fermare. Appunto perché questo virus è difficile da fermare abbiamo dovuto porre dei limiti che se anche ora ci sembrano difficili da rispettare ci aiuteranno ad affrontare meglio questa situazione. Alcuni avvertimenti da rispettare sono quelli di lavarsi le mani più volte al giorno, non toccare bocca, mani o occhi con le mani, evitare i posti affollati e mantenere la distanza di minimo un metro gli uni dagli altri. Purtroppo però la situazione non è migliorata visto che un sacco di persone sono morte e molte altre sono state contagiate, quindi per cercare di contenere questo virus, abbiamo dovuto darci ancora più limiti come: chiudere tutti i luoghi pubblici, tenendo aperti solamente i negozi di alimentari e le farmacie, spostarsi solamente per dirigersi al lavoro o per motivi sanitari, avendo sempre con sé l’autorizzazione del Ministero dell’Interno. Inoltre una conseguenza che questo virus ha portato è stata anche la chiusura delle scuole che, ovviamente, ha portato con sé molti aspetti problematici. All’inizio molti studenti sono stati felici di non doversi alzare presto per

andare a scuola, ma ben presto abbiamo capito che il fatto di stare a casa e fare compiti, seguire le lezioni dal computer, continuare a controllare i vari siti per non perdere materiale o avvisi da parte dei professori è molto più difficoltoso, se a tutto questo vogliamo poi aggiungere l’ansia che questa situazione sta portando. Nonostante ciò è successo in modo quasi naturale che i professori e gli studenti si sono “alleati” per portare avanti le lezioni senza farsi fermare da questo virus. Ci sentiamo spesso, lavoriamo sui materiali caricati sulle piattaforme e cerchiamo di portare avanti una situazione non certo facile, ma che sicuramente ci fa vedere la scuola in modo totalmente diverso dall’idea che avevamo sempre avuto. Un altro aspetto negativo per noi adolescenti è il fatto di essere bloccati in casa, visto che noi siamo nell’età

in cui vogliamo conoscere il mondo che ci circonda e uscire con gli amici, ma è giusto che per non aggravare la situazione e aiutarci gli uni con gli altri dobbiamo rispettare queste regole. Dobbiamo ricordarci che ci sono medici e infermieri che lavorano notte e giorno senza tregua per cercare di salvare le vite delle persone e il nostro aiuto lo diamo restando in casa sul divano, quindi tutti noi possiamo impegnarci, dandoci dei limiti e ricordando che il contributo di oggi renderà migliore il nostro domani. Personalmente, questa situazione all’inizio l’avevo sottovalutata, pensando che fosse un’influenza più forte di quella che conosciamo noi e nulla di più, invece si è ritenuta tutt’altra cosa. Dover stare rinchiusi in casa, senza poter uscire, vedere i propri amici o anche solamente fare una passeggiata all’aperto si sta verificando molto complicato per me. Questa situazione mi sta facendo riflettere su come le cose anche più piccole possono essere le più utili e fondamentali per noi. L’altra sera ho visto al telegiornale le immagini delle città completamente vuote e, vedendo quelle immagini, un senso agitazione si è creato in me. Non vedo l’ora che questa situazione possa terminare per tornare alla mia quotidianità e, sono sicura, che quando accadrà saremo felici e avremo capito e appreso al meglio come sia importante la libertà e la voglia di vivere e amare anche le cose più piccole, come una passeggiata o una semplice uscita con gli amici. Anna Floriani

l’esposizione per lungo tempo agli schermi fa stancare molto di più in fretta il cervello, facendoci diventare più irascibili di quanto non siamo già nella nostra fascia d’età. Per quanto riguarda la quarantena forzata che ci stiamo trovando a vivere, a me non pesa più di tanto perché mi sto accorgendo di vivere in para-quarantena da quando sono nata perché non sono una ragazza a cui piace uscire e far festa appena può, come la maggior parte dei miei coetanei, a cui

mi rendo conto che sta pesando davvero tanto. Nonostante questo però sento comunque il peso del fatto che dal vedere i miei nonni più di una volta alla settimana sono passata al sentirli ogni tanto via telefono perché, in quanto anziani, sono i soggetti più a rischio per la contrazione del virus e abitano in un altro comune oppure il parlare con la nonna che abita di fronte a me solo dal balcone per portarle la spesa quando prima andavo a casa sua quasi tutti i giorni. Alessia Chinetti

Chiusi in casa ci si organizza meglio

Primo giorno: tutto sommato si sta bene a casa da scuola, ma ansia e preoccupazione non mancano. I professori non hanno pietà, mandano ogni giorno dei nuovi compiti e le scadenze mettono il nostro cervello alle strette. Terzo giorno: solita routine. Colazione, divano e compiti. mi siedo al computer e le mail sembrano scoppiare dalle consegne delle prof. Ho deciso allora dii tenere tutti i compiti da fare su una lista e piano piano li eseguo e li cancello dall’elenco delle cose da fare. Ho bisogno di organizzarmi: mi sembrava che la scuola lo facesse un po’ per me, ora devo farlo io, devo trovare delle soluzioni ai problemi che mi si presentano. Quinto giorno: lo stare in casa mi sta leggermente dando alla testa; oggi ho avuto la testa tutto il pomeriggio sui libri, ma successivamente mi sono data alla pazza gioia delle serie tv. Vorrei tanto uscire, andare coi miei amici, a fare una passeggiata con qualcuno a meno di un metro di distanza. Settimo giorno: comincio ad abituarmi a stare in casa, ma è comunque una sfida stare qui. In questa quarantena mi senta isolata, mi manca il contatto umano. continuo con la mia routine di cibo, riposo e compiti come se fossero le uniche cose che possa fare. La cosa che non mi conforta è che sono veramente le uniche cose che posso fare. E allora mi butto nei compiti e nelle cose da fare, sperando siano in numero sufficiente da farmi passare le giornate in modo più leggero e tranquillo. Torneremo ad abbracciarci! Eloisa Tisi


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Scuola

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Sfruttiamo al meglio ogni istante

Il bello delle piccole cose Questo 2020 non si sta sicuramente dimostrando un anno facile: a gennaio stavamo tutti scongiurando l’inizio della terza guerra mondiale e ora, dopo nemmeno due mesi, eccoci qui, mentre cerchiamo di resistere e combattere un virus sconosciuto che sta diffondendo il panico nel mondo. Certo, siamo tutti chiusi nelle nostre case, ma la vita non si ferma. Videolezioni, compiti assegnati su google drive e tanta, ma proprio tanta incertezza su come andranno le cose: è così che per gli studenti passano le giornate, tra un “controlla la cartella, il prof ha caricato i compiti” e un “domani alle 8 abbiamo la videolezione, spero non mi interroghi”. Per quanto tutto ciò sia triste e “in bianco e nero”, forse anche questa situa-

zione potrebbe lasciarci qualcosa di positivo. Al giorno d’oggi è tutto così frenetico che raramente ci accorgiamo di ciò che abbiamo: usciamo con gli amici,ma abbiamo sempre il cellulare in mano, la scuola è solo una tremenda noia e qualsiasi cosa ci viene data la prendiamo per scontata e ne apprezziamo il valore soltanto quando l’abbiamo persa. Abbiamo sempre qualcosa con cui tenerci impegnati, non abbiamo mai un secondo libero e forse è proprio la prospettiva di avere del tempo per fermarci a riflettere la cosa che ci spaventa di più. Questo periodo lontano da tutti ci sta facendo capire cosa significa in realtà avere dei rapporti umani e quanto essi siano importanti. Certo, i messaggi su whatsapp, le videochiamate, i

messaggi vocali, i “buongiorno” che riceviamo la mattina e tutti i “buonanotte” che digitiamo su uno schermo prima di dormire erano una parte delle nostre amicizie anche prima, ma potevano tranquillamente essere sostituite da una passeggiata insieme.

Ora rimpiangiamo tutte le volte in cui abbiamo detto di no ad un’uscita in gruppo perchè “non ho voglia” e sono sicura che quando tutto questo passerà non ci penseremo due volte ad accettare e non vedremo l’ora di spendere del tempo con gli amici.

In questo periodo di riflessioni, molti avranno sicuramente iniziato a pensare anche alla scuola in un modo diverso: si, a volte ci si annoia, ma quante belle opportunità ci offre? Quante persone abbiamo conosciuto grazie ad essa? Quanti luoghi

abbiamo visitato durante le gite? Quante cose abbiamo scoperto in classe? Ovviamente a volte ci sono dei momenti di noia, dei momenti che “ma chi me lo ha fatto fare?” e i momenti che “lascio la scuola e vado a lavorare”, ma pensandoci bene, potrebbe non esserci scelta più sbagliata. Perchè questi anni della nostra vita nessuno mai ce li ridarà indietro, e se non ne approfittiamo ora ce ne pentiremo. Quindi il mio augurio è quello di riuscire a sfruttare ogni istante, si, anche questi giorni di quarantena, e di riuscire a fare in modo che nessun attimo della nostra vita vada sprecato. Auguro a tutti di scoprire il bello delle piccole cose, il bello degli amici e, perché no, anche il bello della scuola.

Nativi digitali e senza confini, una generazione aperta costretta al chiuso Caro Diario, oggi vorrei parlarti di un problema che è molto sentito in questi ultimi tempi. Probabilmente sai già di cosa sto parlando: è il Coronavirus, nome comune del Covid 19. Ultimamente non si sente parlare d’altro, ma io non sono qui per parlare del virus in sé, visto che ci sono persone molto più competenti di me a farlo, vorrei parlarti delle ripercussioni che la sua diffusione ha sulla popolazione, in particolare sulla fetta molto ampia degli adolescenti. Noi siamo la generazione che è stata abituata a muoversi liberamente, sia nelle nostre zone che negli altri Stati, mentre ora ci viene chiesto di rimanere in casa, non tanto per salvaguardare la nostra salute, sicuramente importante certo, ma che

non è messa così gravemente a rischio da questo virus, ma per preservare quella di tutte le persone anziane, con patologie preesistenti o immunodepresse, per cui questo virus potrebbe essere potenzialmente fatale. Una richiesta non facile da accontentare, che richiede comunque sacrificio e, a volte, difficile da comprendere. Per una volta ci viene chiesto di fare una cosa non per noi, ma per gli altri. Io sto a casa per te, per impedire che tu ti ammali, per aiutare te che sei più in difficoltà di me. Rinuncio alla mia libertà per garantirti una vita migliore. Certo, ai nostri nonni era stato chiesto di andare in guerra, a noi è stato chiesto di stare sul divano… La chiusura delle scuole è il cambiamento più

evidente per noi: non prendere più gli autobus affollati al mattino, non sentire il suono della campanella, non poter chiacchierare con i compagni. Certo, le lezioni virtuali sono un buon metodo per rimanere in contatto durante l’emergenza, ma non sono certo paragonabili alle lezioni in presenza. Noi siamo i nativi digitali, abbiamo i social dalla nostra parte e, per fortuna, riusciamo

comunque a rimanere in qualche modo in contatto, ma il tu per tu con i nostri amici ci manca. A volte sottovalutiamo l’importanza di alcune

azioni quotidiane che compiamo, nel nostro caso andare a scuola, vederci con gli amici o altro, a volte vi rinunciamo anche solo per pigrizia, e solo quando li perdiamo capiamo quanto erano importanti per noi. Prima di tutto questo io stavo già contando i giorni che mancavano alla fine della scuola (64) e ora sto contando quelli che mancano per tornare a scuola (17 a meno che non ci siano altri imprevisti)! Questo dice tutto… Comunque, come dice Papa Francesco: “Pen-

sate a quando torneremo in strada, a quando ci abbracceremo di nuovo, a quando andremo a fare la spesa, a quando tutto sarà un ricordo e la normalità ci sembrerà un regalo inaspettato e bellissimo. Ameremo tutto quello che fino ad oggi ci è sembrato futile, ogni secondo sarà prezioso: le nuotate al mare, il sole fino a tardi, i tramonti, i brindisi, le risate… Torneremo a vivere insieme. Forza e coraggio!” Andrà tutto bene. Alba Pellizzari


Scuola L’idea è che l’insegnamento a distanza possa permettere l’accesso ai corsi universitari erogati in modalità online (chiamati MOOC, Massive Online Open Courses) alle persone che per motivi economici o geografici non possono raggiungere le città. Alla base dell’Open education, la “educazione aperta”, c’è, insomma, l’idea che non solo gli studenti o gli studenti svantaggiati socialmente, economicamente o dal punto di vista motorio, ma tutta la popolazione adulta dei paesi membri possa accedere ad una sorta di educazione permanente (Lifelong Learning) che riguardi l’aggiornamento professionale, l’acquisizione di competenze trasversali di vario genere (come, ad esempio, l’uso del computer per le persone anziane), lo sviluppo di una maggiore consapevolezza e conoscenza delle opportunità offerte ai cittadini europei, fino ad un più generale senso di appartenenza ad una comune identità culturale. Tutto questo, dicevo, in tempi non sospetti. Di questi tempi, il tema dell’insegnamento a distanza ha subito un’improvvisa ulteriore accelerazione. La chiusura delle scuole e il divieto di assembramenti hanno obbligato gli istituti di ogni ordine e grado ad attrezzarsi per permettere agli studenti di completare i propri corsi di studio, mettendo a dura prova la loro capacità di adattamento; capacità di adattamento che, tra l’altro, nel linguaggio tecno-burocratico di Bruxelles era già contemplata col termine di “resilienza”: la capacità di un organismo di adattarsi ai cambiamenti del mondo. Certo nessuno poteva immaginarsi che tale cambiamento fosse prodotto da un virus proveniente dalla Cina! Anche l’Università di Bologna – ateneo nel quale insegno – si è attrezzata in tal senso ed in poco tempo

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Docenti e studenti resilienti, ma che triste non vedersi

Insegnare all’università durante una pandemia di Lamberto Amistadi* Da diversi anni, fin da tempi non sospetti, l’Unione Europea sta investendo molte risorse nel cosiddetto Distance Learning, che significa “insegnamento a distanza”. Un documento della Commissione europea del 2017 riguarda una Nuova agenda

è riuscita ad assicurare l’insegnamento a distanza per oltre l’80% dei propri corsi, da medicina a psicologia, da legge a tutte le ingegnerie, lettere e filosofia, scienze agro-alimentari, politiche, statistiche, economia, ecc., per un totale di più di 200 corsi di studio, compresi sessioni di esame, lauree e corsi di Dottorato. Tra questi, il Corso di Laurea in Architettura nel campus di Cesena, dove insegno Progettazione architettonica. Insegnare Progettazione architettonica a distanza

rappresenta una difficoltà ed una sfida ulteriore rispetto all’insegnamento di discipline meramente teoriche. Normalmente l’insegnamento del progetto di architettura è un’attività laboratoriale che richiede la presenza obbligatoria dello studente in aula. Docente e discente discutono e riflettono insieme le ipotesi di progetto, operano direttamente sui disegni ed i modelli di cartone in scala ed entrano nel merito di quel processo di progettazione che gradualmente e per ap-

per l’istruzione superiore, vale a dire l’Università. La preoccupazione della commissione è quella di aumentare il livello di istruzione dei cittadini europei e portare al 40% del totale della popolazione il numero dei laureati.

prossimazioni successive conduce dall’idea iniziale alla forma finale dell’edificio. Si è sempre pensato che tale attività richiedesse un rapporto dialettico de visu tra docente e studente, senonché un paio di anni fa, sulla scorta delle sollecitazioni provenienti da Bruxelles di cui abbiamo parlato, un amico collega ed io ci siamo interrogati sulla possibilità di tenere un workshop internazionale di progettazione a distanza nell’ambito di un progetto

europeo Erasmus+ che ha coinvolto quattro diversi paesi europei (https://site. unibo.it/archea/en). Come funziona? Sostanzialmente, nelle loro sedi tedesche di Aachen, piuttosto che della Normandia o dalla cittadina mineraria di Gliwice in Polonia, gli studenti producono i disegni a mano libera, a stecca e squadra (in quel caso faranno delle scansioni) o con un programma di disegno automatico (CAD), il disegno viene caricato ed aperto sullo schermo del proprio computer, lo schermo viene condiviso all’interno di apposite piattaforme digitali di comunicazione ed infine – è questa la variante e la novità rispetto ai normali corsi di insegnamento a distanza -, gli interlocutori possono interagire disegnando in tempo reale sulla stessa immagine grazie all’ausilio di una tavoletta grafica. Ovviamente esistono diversi software di condivisione per il cosiddetto smart working ed esistono diversi modelli di tavolette grafiche di varie dimensioni, finanche diversi tipi di penne digitali tra cui quelle che mantengono la sensi-

bilità alla pressione ed alla inclinazione della mano del disegnatore. Per queste ragioni, la fase di epidemia che stiamo attraversando non ci ha colti impreparati e, soprattutto, non ha colto impreparati gli studenti, nativi digitali, ormai perfettamente flessibili e resilienti. I quali però, pur godendo del vantaggio di poter proseguire i loro studi ancora in pigiama dal divano di casa, hanno ben compreso l’anomalia e l’eccezionalità di una situazione che non permette loro di incontrarsi, socializzare e condividere, in carne ed ossa, i momenti di studio quanto quelli di svago. Un momento di tristezza è sopravvenuto quando, dopo un anno di lavoro ininterrotto sulla tesi di laurea, i laureandi si sono resi conto di non poter godere della soddisfazione tanto attesa di poter esporre, discutere e festeggiare un traguardo tanto importante attorniati da genitori, fratelli, parenti ed amici vari. *Professore Associato in Composizione architettonica e urbana

Laurearsi ai tempi del Coronavirus

“Strano e surreale - spiega Denise Cazzolli - che doveva laurearsi a Milano presso la Facoltà di Giurisprudenza il 25 febbraio scorso. Come fanno tutti: davanti ad una commissione reale e nel pubblico parenti e amici. Ma ai tempi del Coronavirus non funziona così. Prima l’incertezza sulla sessione, se si potesse arrivare a questa laurea, e infine una data e un’ora in cui Denise doveva connettersi da remoto per la laurea triennale in Scienze dei Servizi Giuridici. Panico da connessione. Funzionerà? Si bloccherà? Tanta ansia. Denise Cazzolli i pensa su e poi chiede all’Upt di Tione la possi-

bilità di accedere alla biblioteca dotata di bigpad e connessione wifi con l’utilizzo di Teams, lo stesso software che il la scuola utilizza per le lezioni on line con i propri studenti. E così l’Università Popolare diventa ateneo per una mezzora. Il tempo messo a disposizione di Denise che discute la sua tesi davanti ad un monitor con i docenti collegati in videoconferenza dalle loro abitazioni e tre soli spettatori, doverosamente distanziati e con mascherina. Denise è stata proclamata all’inizio, per l’Italia, di questa pandemia discutendo la tesi: “La corruzione nell’antica Roma: il Crimen Repetundarum”.

“E’ stato stranissimo - racconta lei -, pur essendo giovane e pertanto social, parlare ad un monitor e vivere uno dei momenti importanti della vita di uno studente in quel modo vi assicuro non è bello. Manca il coinvolgimento personale, l’interazione psicologica e la stretta di mano finale…mancano!!! Certo, non è stato possibile festeggiare degnamente il traguardo, ma sono certa che presto torneranno i momenti di condivisione, gli abbracci, le tavolate con parenti ed amici e tutto sarà diverso. Sono certa che apprezzeremo molto di più quello che avevamo e di cui non ci siamo mai accorti”.


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Scuola

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La scuola per garantire inclusione e socializzazione di Monia Bonenti*

In un momento così difficile per l’intera umanità anche i ragazzi, oltre a scoprirsi fragili ed indifesi, si sono visti improvvisamente limitare quelle libertà personali che prima non erano mai state messe in discussione. Una vita normale fatta di scuola, amici, relazioni si è improvvisamente fermata ed è quindi estremamente importante che la Scuola assuma un ruolo centrale nel cercare di ricreare una situazione di normalità. Da sempre l’Università Popolare Trentina ha creduto nel ruolo fondamentale che le nuove tecnologie hanno all’interno di una didattica innovativa in grado

mento i vantaggi derivati dalla possibilità di proseguire l’attività scolastica, sebbene on-line, sono sicuramente tali da far passare in secondo piano le difficoltà derivanti dalla lontananza. Questo tipo di didattica consente di mantenere viva la motivazione individuale, mantenere i legami di classe ed interrompere i processi di isolamento che lo stare in casa potrebbe generare. Il ruolo della scuola pertanto diventa ancora più centrale in quanto rappresenta l’istituzione che non solo deve garantire lo sviluppo culturale ma anche un’ancora di inclusione e socializzazione per le giovani generazioni. * docente Upt

di riconosce le potenzialità offerte sia in termini di risultati educativi sia quali strumenti in grado di garantire uno stretto legame con gli studenti, offrendo anche la possibilità di interventi individualizzati. Lo sviluppo della didattica grazie alle nuove tecnologie ha fatto sì che la scuola Upt sia riuscita a riprendere in tempi molto contenuti il percorso formativo interrotto a fine febbraio. Un processo formativo on-line che garantisce contemporaneamente la continuità didattica e la possibilità di collegamenti individualizzati per colmare eventuali lacune. In questo mo-

In streaming c’è più concentrazione

Purtroppo ci troviamo in una grave situazione di emergenza e di conseguenza anche la scuola e tutte le forme di insegnamento si sono dovute adeguare loro malgrado. Un grande ringraziamento va innanzitutto agli insegnanti perché ogni giorno riescono, non senza difficoltà, a fare il loro lavoro encomiabile con grande impegno, per permettere a noi studenti di poter apprendere le stesse cose che avremmo dovuto fare sui banchi di scuola. Ci colleghiamo ad un sito apposito, Microsoft Teams, con cui possiamo svolgere videolezioni,

come fossimo in classe. Possiamo interloquire e confrontarci fra di noi, oltre che con i professori. Dal mio punto di vista è un metodo piuttosto efficace, nonostante alcuni piccoli problemi tecnici (ad alcuni a volte non funziona il microfono, la videocamera ecc.). Naturalmente tutto si può migliorare e perfezionare. Io personalmente riesco a gestire piuttosto bene tutto quanto. Per adesso non ho incontrato nessun ostacolo, cerco di tenere il passo per i compiti a “casa” quando non sono collegato per la lezione e riesco a ritagliarmi un bel po’

di tempo per fare esercizio fisico quotidianamente. A essere sincero mi diverte molto fare le lezioni in streaming, e riesco addirittura ad essere più concentrato che in classe, poiché non ho praticamente niente e nessuno che mi distrae. Speriamo comunque che si possa tornare presto alla normalità, non solo dal punto di vista scolastico, ma anche dal punto di vista dei rapporti interpersonali, per poter relazionarsi con gli altri, non in modo tecnologico ma fisicamente. (D.T. - 2A)

Digitale? Ok per ora, ma la fisicità è insostituibile Questo periodo d’emergenza legato al COVID-19 ha costretto tutte le scuole italiane ad adottare metodi alternativi per sostituire la didattica in classe. Per quanto riguarda la mia classe abbiamo iniziato a svolgere le lezioni attraverso la piattaforma di Microsoft Teams, che ci permette di interagire tra di noi in videochiamata e condividendo i nostri schermi. Ovviamente questa metodologia ha i suoi pro e i suoi contro; uno dei principali aspetti positivi ovviamente è quello di collegarsi ovunque ci troviamo e in brevi tempi.

I principali aspetti negativi invece sono la difficoltà di comunicare contemporaneamente senza parlare l’uno sull’altro e ovviamente gli eventuali problemi di connessione che impediscono una lezione fluente. Penso infine che tutto sommato le videolezioni siano un buon sostituto temporaneo a quelle fisiche, purchè appunto restino solamente per un breve periodo, perché sono convinta che l’interazione faccia a faccia non verrà mai superata da quella mediante video. (S.E. - 4)

Le lezioni online? Comode e divertenti Questa improvvisa epidemia di Coronavirus ha inaspettatamente cambiato le nostre vite quotidiane. La libertà di fare le cose che più ci parevano semplici e scontate è purtroppo sospesa, come ad esempio andare a scuola ogni mattina, perché il rischio di contagio è molto alto, sia in autobus che in aula. Ciò ha comportato che le vacanze di carnevale si sono allungate e ora, inevitabilmente, abbiamo iniziato la scuola a distanza, cioè i professori possono tenersi in contatto con gli studenti attraverso piattaforme elettroniche legate all’attività scolastica: praticamente ci insegnano le materie online e noi studenti possiamo interagire tra di noi e con l’insegnante con richieste di chiarimenti e risposte alle domande. Mi piace molto questa maniera di apprendere perché io non amo alzarmi presto al mattino e quindi avere la lezione a casa, senza andare ogni giorno a scuola, è molto comodo e divertente. Riesco a concentrarmi di più perché sono da solo e non ho distrazioni e posso ripas-

sare la lezione appena finito il collegamento. Ad esempio, mi piacciono i video sugli argomenti perché posso riguardarmeli più volte, se non ho capito qualche cosa. Io trovo efficace questo metodo di insegnamento anche se mi mancano i compagni. Ho capito fino ad ora i temi trattati anche se io fare più ore di collegamenti per capire meglio gli argomenti. Secondo me se potessimo svolgere i compiti tra noi compagni sarebbe ancora più efficace per capire le lezioni. Ci auguriamo tutti che questa sia una fase temporanea della scuola e che presto ci ritroveremo in aula per raccontarci come abbiamo vissuto questo periodo di “vacanze forzate” e le abitudini quotidiane ci sembreranno più belle e interessanti ad esempio stare in gruppo a scherzare tra compagni senza preoccuparci di tenere le distanze oppure indossare le mascherine sul viso per proteggerci da questo virus che sta cambiando in peggio la nostra vita. (M.C.- 2A)


Scuola

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Certificati “Smart” gli studenti dell’Upt di Tione

Doppia soddisfazione per l’Università Popolare Trentina di Tione che è stata la prima in Italia a rilasciare ai propri studenti del quarto anno la certificazione delle competenze Azienda Smart: certificazione raggiunta dalla totalità degli studenti che hanno frequentato i corsi per “Tecnico ai Servizi di Impresa” e “Tecnico Commerciale delle Vendite”. Ma non finisce qui: gli studenti dell’Università Popolare Trentina sono stati invitati a Verona presso la sede regionale di ConfCommercio a portare la propria testimonianza in occasione della presentazione di un progetto di “Smart working” all’interno dell’evento ribattezzato “Si, I Smart!”

promosso in concomitanza della “Settimana del lavoro agile” voluta dalla Regione Veneto. “Siamo orgogliosi, perché l’essere invitati fuori regione a portare una testimonianza di questo tipo ci lascia pensare che anche in periferia possiamo trovare punte di eccellenza e laboratori di innovazione che da altre parte si faticano a trovare”, spiega con malcelato orgoglio il direttore Claudio Nicolussi. “Ci fa piacere essere i primi in Italia ad aver promosso un simile percorso formativo – aggiunge - ma ancora più piacere ci fa l’aver trasmetto ai nostri studenti competenze e conoscenze che li aiuteranno ad affrontare in modo diverso il mondo del lavoro e a

renderli portatori di ulteriore valore aggiunto nelle aziende in cui saranno assunti”. Quello intrapreso quattro anni fa dall’Università Popolare Trentina è stato, in effetti, un percorso

impegnativo ma che ora permette di raccogliere i primi frutti. Da sempre attenta al digitale e alle nuove tecnologie, la Scuola nel corso degli ultimi anni ha saputo revisionare la propria offerta

Una riflessione su cosa è realmente importante

Covid-19, più conosciuto come Coronavirus, arrivato in Italia con il primo caso il 21 febbraio 2020, un virus che ha cambiato drasticamente le nostre abitudini quotidiane. La mia vita negli ultimi quindici giorni è cambiata radicalmente, rimanendo in casa ho avuto modo di riflettere su ciò che considero veramente importante. Mi manca estremamente la possibilità di vedere il mio ragazzo ma per il rispetto delle nostre famiglie e della collettività dobbiamo sacrificarci, per fortuna siamo in un’era tecnologica dove c’è la possibilità di restare vicini nonostante i chilometri di distanza. Come in ogni situazione si presenta il lato negativo, legato alla perdita di libertà, all’aumento di mortalità

ed al collasso delle strutture ospedaliere, poi il lato positivo, ovvero la riscoperta dei valori più importanti come un abbraccio e il tempo che viene dedicato alle persone speciali della tua vita. Dal mio punto di vista questa pandemia ha generato nella popolazione tre percezioni diverse; la prima è quella allarmistica, pronta a giudicare il prossimo considerando la propria idea giusta e volendola imporre alle altre persone. La seconda idea è quella di responsabilità, ovvero le persone che seguono le regole imposte dallo Stato e cercano di aiutare il prossimo senza imporre la propria volontà. Infine ci sono le persone a cui non importa il benessere della comunità e non seguendo le regole imposte

“collaborando” negativamente alla diffusione del virus. Io credo che i social media in questo periodo abbiano un’influenza davvero importante, purtroppo a volte stimolano alla violenza come con il post che incita a mettersi alla finestra e a lanciare dei sassi alle persone che passeggiano. Ci sono invece influencer positivi che usano la loro popolarità per fare del bene invitando le persone a donare dei soldi per aiutare gli ospedali italiani. Sono favorevole alle nuove forme adottate dalla scuola per far proseguire l’insegnamento di noi ragazzi, con lezioni e compiti online mi viene più facile studiare e tenere il mio cervello attivo. Trovo che questo progetto di insegnamento mi renda più responsabile nel saper sfruttare al meglio le ore che ci vengono dedicate dai professori, trovo inoltre decisamente utile la pausa tra una lezione e l’altra e soprattutto mi piace molto il fatto che io riesca a concentrarmi molto meglio essendo in stanza da sola e senza nessuna distrazione. Se fosse possibile migliorerei la disposizione delle ore di lezione durante la giornata per fare in modo di creare meno vuoti, così da rimanere più attivi e pronti a riprendere poi i nostri ritmi senza difficoltà. (F.E. - 2A)

formativa e introdurre in aula strumenti e tecnologie all’avanguardia. “La nostra scuola si caratterizza da sempre per un forte legame con il territorio e il tessuto produttivo locale grazie anche a percorsi di stage personalizzati e tirocini formativi di 380 ore all’anno; è proprio da questo confronto quotidiano con il mondo delle aziende che raccogliamo stimoli e bisogni formativi, cui riusciamo a dare risposta attraverso il coinvolgimento di partner tecnologici ed esperti esterni che già lavorano a favore di imprese ed aziende”, spiegano Patrizia Paoli e Gabriella Zanetti, coordinatrici dei corsi del quarto anno. A loro fa eco Stefano Poletti, il docente che ha

tenuto il corso in aula ed ha accompagnato gli studenti alla certificazione: “Sono orgoglioso dei miei studenti, così come sono onorato di aver collaborato con questa Scuola: non è facile trovare chi sia disponibile a scommettere su progetti a medio-lungo termine. Qui si è creata l’opportunità di farlo e oggi festeggiamo i nostri studenti smart, che oltre a saper utilizzare strumenti digitali potranno essere portatori in azienda di un metodo innovativo basato sul lavoro collaborativo e libero dalla carta”. Un’esperienza formativa che è stata ritenuta interessante e al tempo stesso degna di attenzione anche al di fuori del contesto trentino.

Voglia di normalità

Non avrei mai pensato di dover affrontare una situazione del genere, ma purtroppo la vita ci riserva delle sorprese non sempre piacevoli. A seguito di questa emergenza anche il sistema scolastico si è dovuto adeguare a quanto stabilito dal nostro governo per affrontare tale situazione. Pertanto, invece di recarci a scuola come abbiamo sempre fatto, dobbiamo seguire le lezioni dei nostri professori stando a casa davanti al nostro computer. Sicuramente io preferivo le lezioni a scuola ma anche quelle online secondo me vengono gestite in modo adeguato. Gli insegnanti sono sempre disponibili nel chiarire ogni nostro dubbio e quindi noi possiamo contattarli ogni volta che lo riteniamo necessario. Ovviamente ci possono essere dei problemi non legati alla nostra volontà, come ad esempio la connessione internet assente o la mancanza in alcuni pc di una telecamera o di un microfono. Al di la di questi problemi questo sistema secondo me funziona bene e una cosa che ritengo utile è che noi possiamo vedere i professori mentre parlano e questo ci rende più attenti e coinvolti nella lezione. Inoltre, loro spesso ci fanno vedere anche lo svolgimento degli esercizi in modo tale che noi possiamo capire meglio. Anche se questo sistema funziona spero di ritornare presto alla normalità perché recarmi a scuola, vedere di persona i miei compagni e i miei insegnanti è una libertà che sicuramente mi manca. (B.M.)


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Rubrica salute

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Si lavora la vaccino; si sperimentano i farmaci che alleviano i sintomi

Coronavirus, la scienza al lavoro Era intorno al 1348 quando un gruppo di giovani, sette donne e tre maschi, si trovarono nella chiesa di Santa Maria Novella e decisero di sfuggire alla peste che imperversava a Firenze, rifugiandosi in campagna. È così l’inizio del Decamerone di Boccaccio che offre anche una descrizione terrificante della peste nera. Tutto era partito anche allora, per uno scherzo della storia, da Wuhan. Il bacillo della Yersinia pestis era trasportato da un topo che veniva infettato da un parassita, una pulce, che a sua volta ingeriva il bacillo della peste. Dalla Cina il contagio si diffuse a tutto il mondo conosciuto, i morti nell’intera Europa furono molti milioni. Ma un ceppo simile di Yersinia pestis aveva causato anche la peste cosiddetta di Giustiniano, nel 541 d.C. E Manzoni inizia il capitolo XXXI dei Promessi Sposi con l’incipit famoso: “La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata per davvero, com’è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte dell’Italia”. Era il 1630. Come non citare anche la Spagnola subito dopo la prima guerra mondiale: a causarla fu un virus influenzale e vi furono molti milioni di morti. Questo per dire che non è la prima volta che ci troviamo ad affrontare un’infezione su scala planetaria. Ma è la prima volta che affrontiamo un problema di questa portata con dei mezzi di comunicazione assolutamente nuovi . La comunicazione, ha detto qualcuno, nutre l’immaginazione e se non è supportata dalla conoscenza (chiamiamola Scienza) aggiungo io, genera nevrosi . Il Coronavirus , il Covid-19 è un parente stretto di altri coronavirus che abbiamo già incontrato in passato e che probabilmente incontreremo in futuro. Il Coronavirus della SARS (Severe Acute Respiratory Sindrome)

di Gianni Ambrosini Viaggiare quando ero giovane liceale era per me sempre possibile, almeno l’estate. Mio padre si limitava a dirmi “Fai buon viaggio e scrivi”. Mia madre, lo fa ancora adesso, cercava in tutti i modi di farmi passare la voglia “ma dove devi andare …?”. E poi l’affondo finale “chi non va e non viene, salvo se ne viene”. Il suo dire mi faceva compagnia e mi limitava nei movimenti e nelle scelte. Mi è

ritornato in mente più volte in questi giorni di limitazione forzata, di impossibilità a muoversi. Eppure non è un copione nuovo: è già successo nel corso dei secoli passati di doverci confrontare con epidemie causate da microrganismi che, passando da una specie all’altra, da un animale all’uomo, abbiano provocato le malattie infettive che chiamiamo zoonosi.

causò l’epidemia del 2003; contagiò 8.096 persone in più di trenta paesi e causò 774 morti, fra cui Carlo Urbani un medico Italiano che lavorava ad Hanoi con l’Oms. Nel 2012 ci siamo confrontati con la MERSCov (Middle East Respiratory Sindrome) anche questa sindrome causata da un Coronavirus, solo casi sporadici in Europa, presente in genere nei paesi del Medio Oriente e non così aggressiva coma la SARS. Altri Coronavirus

sono stati scoperti nel corso degli anni e non hanno mai causato problemi gravi per l’uomo. E non possiamo assolutamente dimenticare l’Ebola, le epidemie di Zika e di Chikungunya. Il Covid-19 invece è una novità assoluta e probabilmente, almeno all’inizio sono sfuggite alcune sue caratteristiche. Non si sa quando si è manifestato il così detto “salto di specie”, cioè il passaggio dall’animale all’uomo; in questo caso dal pipistrello all’uomo. E probabilmente molte persone si sono infettate prima che ci rendessimo conto che non poteva essere considerato come una “banale influenza” e che era “molto più contagioso” dell’influenza. Questa sottovalutazione ha causato un ritardo

importante nella comunicazione con le conseguenze che tutti conosciamo; si sono moltiplicate le occasioni di contagio. Poi c’è stata la caccia all’untore di manzoniana memoria, il famoso “paziente zero”, e lì s’è perso altro tempo. La scienza però, quella con la S maiuscola, non ha dormito. I cinesi dopo poche settimane avevano già capito con che cosa avevano a che fare e l’hanno comunicato all’Oms. I virologi di tutti il mondo, contrariamente che in passato, hanno collaborato tutti insieme ed è notizia di questi giorni che sta già partendo una sperimentazione per un vaccino specifico. Quello che già si usa è il Remdesivir, un farmaco che nelle scimmie affette da SARS e MERS blocca la malattia. Nel-

l’infezione da Covid-19 il farmaco attenua la gravità della polmonite. Blocca la replicazione del virus dando un “segnale di fine catena”. Per capirci, quando il virus iscrive il suo corredo cromosomico (RNA) nel DNA della cellula polmonare per moltiplicarsi e generare le proteine che bloccano la funzione degli alveoli polmonari, questa funzione gli viene impedita dal farmaco che lo avverte come se “non ci fosse più materiale”(aminoacidi) da utilizzare. Altri farmaci con nomi molto particolari sono il Tocilzumab che blocca una proteina del sistema immunitario e il Lopinavir e il Ritonavir usati per la cura dell’AIDS. Ho citato questi farmaci ma molti altri ve se sono che al momento si stanno

testando, per significare come a livello mondiale ci sono molte persone che lavorano per la soluzione di un problema così grave e che mai come ora con estrema collaborazione. Il Tocilzumab, è notizia molto recente, sembra dare risultati importanti. Nello specifico, allevia la gravità della polmonite causata dal virus. Si usa nella terapia dell’artrite reumatoide e in una forma di artrite grave dei bambini, è un farmaco che blocca l’azione dell’Interleuchina 6 ; le Interleuchine sono composti del sistema immunitario che regolano l’attività di altre cellule. E’ stata usata in Cina e ora anche in Italia, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco ) ne ha di recente autorizzato la sperimentazione in alcuni ospedali. Mi viene da sottolineare la solitudine che si avverte in momenti come questi, una solitudine di tipo intellettuale. La gente non è più abituata ai tempi della conoscenza e della Scienza che sono molto lunghi e meditati . Vorrebbe le soluzioni immediate, gli invii rapidi tipo Amazon. Ma non è possibile e allora subentra l’ansia che se non è soddisfatta e gestita dalle risposte si trasforma in nevrosi. Pensiamo alla paura e all’ignoranza dei nostri antenati, al panico dell’ignoto che veniva

gestito affidandosi al soprannaturale, all’offensiva del male che annichiliva le persone fino a ridurle a soli numeri. La nostra paura è diversa, la nostra nevrosi è nutrita dalle aspettative che se non soddisfatte creano risentimento perché nasce la sfiducia. Allora dipendiamo quasi completamente dalla comunicazione che però spesso non è informazione ma solo riferimento di notizie influenzate dalla politica, dalla polemica e dall’edonismo di alcuni. Quello che è vero e sacrosanto oggi viene corretto il giorno dopo. Bisogna fare attenzione: le notizie viaggiano velocemente, vanno verificate, vanno date senza emotività, non vanno enfatizzate. Viviamo al tempo del Coronavirus, ricordiamoci che siamo molto fragili, ricordiamoci che esiste qualcosa che si chiama imprevedibilità, ricordiamoci che siamo responsabili dei nostri comportamenti e della nostra cultura verso noi stessi e verso gli altri. Abbiamo riscoperto l’orgoglio di essere Italiani, manteniamolo; ricordiamoci della nostra storia e pensiamo che ce la faremo anche questa volta. Il Coronavirus non ha le ali, non si posa in giro. Siamo noi a disperderlo se facciamo uno starnuto o facciamo volare le goccioline di saliva. Siamo noi che gli diamo la possibilità di vivere e per questo che ci cerca e ci colonizza. Teniamolo lontano e facciamolo morire, senza di noi non ce la fa. Ricordiamocelo: non si esce; si sta in casa, non si va a passeggio! Proibito. Non dobbiamo dare alcuna possibilità al virus. Mi auguro che quando leggerete queste note il peggio sia passato. Come pure mi auguro che, dalla nostra fragilità, venga fuori la solita forza di tante altre volte.


Giovani

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La meglio gioventù esiste, la solidarietà vissuta dai giovani Molti fra di loro sono giovani che sentono di mettere le proprie energie a disposizione degli altri. Ora vengono giustamente apprezzati da tutti ed è assolutamente giusto così. Solo un mese fa il buon cuore faceva notizia meno facilmente ma “la meglio gioventù”, anche se sottotraccia, c’era e cercava di dare il suo massimo anche allora. E quindi parliamone, parliamo delle gemelle Sara ed Elisa Butterini, con il loro papà Sergio, e ancora Sofia Trenti, dei suoi fratelli Giovanni, Mattia e Angelica e della sua famiglia, giovani che hanno deciso di mettersi in gioco e andare a fare solidarietà dove vive chi ha davvero meno di noi. Così Sara ed Elisa e papà Sergio, da Condino sono volate con l’Associazione “Africa Rafiki” per portare aiuto nei villaggi sperduti del Kenya, mentre Sofia con i propri genitori e i fratelli si è trasferita per un mese per l’Associazione “Mato Grosso” da Cimego nella zona dell’Encaῆada, vicino alla città di Cajamarca, in Perù. Come hanno preso la decisione di fare quest’esperienza? Per Elisa a spingerla sono stati i racconti del papà e della sorella Alessia, che già l’hanno preceduta in questa situazione: “Hanno fatto crescere in me la voglia di conoscere e scoprire una realtà diversa dalla mia”. Così come Sara che ha coronato il sogno di intraprendere un viaggio in Africa: “L’idea di rendermi utile per qualcuno, specialmente loro che vivono in condizioni misere, mi arricchiva il cuore”. Nel caso di Sofia è stata mamma Milena, che già aveva avuto un’esperienza simile anni fa, a voler tornare nuovamente in questi paesi poveri del Sudamerica con tutta la famiglia, ma la sedicenne Sofia ne è rimasta davvero colpita: “Abbiamo conosciuto un nuovo modo di vivere, una nuova cultura, nuove tradizioni, nuovi luoghi, persone, piatti”. Anche se supportati dall’entusiasmo iniziale l’impatto di questi giovani con la realtà dei Paesi dove si sono ritrovati a lavorare è stato piuttosto duro.

di Mariachiara Rizzonelli Stiamo vivendo un periodo storico tra i più difficili dopo la tragedia dell’ultima guerra mondiale. Il Coronavirus sta mettendo in crisi ogni nostra più criptica sicurezza facendoci sentire fragili come non mai. Nei momenti di crisi si può reagire in due modi: o avvitandosi sulle proprie paure e vivendo di sentimenti assolutamente negativi, o reagendo con volontà di

“Sono stata assalita da una miriade di emozioni, inizialmente un po’ negative, tristezza, rabbia, senso di colpa e anche d’ingiustizia” dice Sara, mentre Elisa non nega “che i primi giorni è stato difficile adattarsi all’ambiente e alle condizioni igieniche molto precarie in cui le persone vivono rispetto a come sono abituata solitamente”. Poi però le preoccupazioni iniziali sono scemate, giorno dopo giorno, e ambedue sono riuscite ad adattarsi completamente, supportate dai sorrisi della gente perché ovunque tutti salutano con un gran sorriso, prima che li si saluti: “Il sorriso è presente sul volto di tutti, perché è nella cultura africana far sentire accolto chi arriva”. Elisa e Sara, dopo aver fatto visita al vicino al dormitorio dove erano presenti l’asilo e le scuole, hanno così portato materiale agli ospedali e, andando nei villaggi molto poveri della zona, indumenti di ogni genere, scarpe, giochi per bambini. Sofia e i

suoi fratelli aiutavano invece a dare da mangiare ai ragazzi che non riuscivano autonomamente, a pulire, lavare e asciugare le stoviglie, preparare le tavole e facevano piccoli lavoretti che servivano alla casa come imbiancare, pulire le carrozzine e altro ancora. Cosa hanno imparato dalle loro esperienze le nostre giovani leve del volontariato internazionale?

fare meglio e combattere per il bene nostro e di tutti. Lo si vede tra i tanti volontari che in questi frangenti si stanno mettendo a disposizione per aiutare nel fare trasporto ammalati, pre-triage al Pronto Soccorso, portare viveri e medicine a chi ne ha bisogno, intrattenere via internet bambini e famiglie a casa.

Lì, ricorda Sara, il motto principale è quell’ “Akuna Matata” che associamo al famoso cartone della Disney “Il Re Leone”, che significa “senza pensieri”: “A loro manca tutto e sembra davvero non gli manchi nulla; l’unica cosa che non gli manca è il sorriso. Noi qui viviamo di false esigenze e stiamo continuamente ad arrabbiarci. Ora mi chiedo: finora come ho vissuto?”. Sofia, a nome dei fratelli, spiega invece come “Adesso possiamo comprendere che dove c’è povertà, è vera povertà, guerra, fame, che non è uno scherzo o un qualcosa da non considerare; infatti, oggi, nel nostro piccolo cerchiamo di essere grati per quello che abbiamo e a non lamentarci, anche se può risultare difficile nella società in cui viviamo oggi”. A questo punto forse è il caso di smettere di parlare di gioventù sdraiata sul divano di casa propria e di ricordarci di dare noi, come adulti, per primi l’esempio, che come nelle storie raccontate, sembra essere più contagioso di molte prediche. La meglio gioventù esiste, nei tempi dell’emergenza, come quella del coronavirus, e anche nei momenti della normalità. Sta a noi farla emergere.

Chi sono i volontari internazionali Sara Butterini: 26 anni, animatrice in casa di riposo, ama fare attività fisica, passeggiate in montagna e allenarsi in palestra. Elisa Butterini: 26 anni, educatrice preso una cooperativa sociale per persone con disabilità, ama fare sport e trascorrere il tempo insieme alle amiche. Volontaria tre settimane tra fine gennaio e febbraio a Nairobi e Ugunta, Kenya Sofia: 16 anni, frequenta la terza superiore, ama leggere, suonare, ascoltare la musica. Volontaria come i suoi fratelli un mese tra metà dicembre e metà gennaio vicino alla città di Cajamarca, in Perù Angelica: 13 anni, frequenta la terza media, ama pattinare, andare con lo skateboard, mangiare, danzare Mattia: 9 anni, frequenta la quarta elementare, ama giocare con i lego, con gli amici, ai videogiochi Giovanni: 7 anni, frequenta la prima elementare, ama giocare con i lego, guardare la Tv, dormire


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APRILE 2020

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In Europe, nuove opportunità con La Cassa rurale InEurope offre la possibilità di partecipare a progetti di breve durata, grazie agli scambi giovanili promossi da Erasmus Plus, oppure di lunga durata, attraverso il servizio di volontariato internazionale promosso dal Corpo Europeo di Solidarietà (ESC). Ogni progetto è focalizzato su un tema specifico come ad esempio educazione e gioco digitale, sport, scuola e attività ricreative, mondo digitale e web safety, inclusione sociale, digital storytelling, pedagogia e psicologia infantile, sostenibilità ambientale e altri ancora. I soggiorni sono completamente finanziati dall’Unione Europea, che copre le spese di vitto, alloggio e viaggio e, in alcuni casi, assegna al volontario un pocket money mensile a coper-

La Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella da un paio di anni si fa promotrice di InEurope, un’iniziativa volta a favorire la mobilità internazionale dei giovani al fine di accrescere le loro competenze e favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro. In collaborazione con Atelier Europeo, associazione abilitata alle attività di diffusione e partecipazione ai tura delle spese personali. La Cassa Rurale si fa invece carico delle spese di selezione e progettazione. “La Cassa Rurale, proprio perché tale, deve preoccuparsi non solo di sostenere il territorio dal punto di vista economico, ma anche di offrire delle opportunità di crescita sotto il profilo sociale e culturale, con un occhio di riguardo ai nostri gio-

Programmi dell’Unione Europea, la Cassa Rurale promuove esperienze europee dando ai ragazzi l’opportunità di entrare in contatto con nuove culture, esprimere solidarietà verso gli altri e acquisire nuove competenze e capacità utili alla loro formazione e allo sviluppo di competenze professionali, linguistiche e soft skills utili a migliorare la loro occupabilità.

vani. InEurope è una di queste opportunità: un’iniziativa nella quale crediamo molto – afferma il Direttore Donati – perché permette ai nostri ragazzi di fare delle esperienze di valore che siamo convinti offrano loro l’opportunità di arricchirsi umanamente e culturalmente.” Come partecipare? È possibile inoltrare la propria candidatura all’iniziativa

compilando il form disponibile sul sito www.prendiilvolo.it nelle pagine Soggiorni Brevi e Soggiorni Lunghi della sezione InEurope. Entro 15 giorni dall’invio della richiesta il candidato verrà contattato dai progettisti di Atelier Europeo, i quali, attraverso degli incontri preparatori, si occuperanno di verificare curriculum, attitudini, interessi del

candidato al fine di individuare l’esperienza più adatta, fino all’organizzazione operativa del viaggio e all’elaborazione expost di quanto vissuto. Periodicamente l’Unione Europea pubblica progetti di Volontario Europeo (SVE e Corpo Europeo di Solidarietà), scambi giovanili (Youth Exchanges), corsi di formazione (Training Courses) da svolgersi nei vari paesi europei. Nella sezione News del sito www.prendiilvolo.it sono disponibili tutti i dettagli relativi ai progetti riportati in questa pagina. Per ulteriori informazioni è possibile contattare l’Ufficio Relazioni Comunicazione Mutualità de La Cassa Rurale all’indirizzo relazioni@lacassarurale.it.


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Le Giudicarie in numeri

APRILE 2020

Gli iscritti al sistema scolastico e incidenza degli alunni stranieri a cura di Virginio Amistadi

Nel sistema scolastico Giudicariese per l’as. 2018/2019 risultavano iscritti 4.330 studenti di cui 1.766 alla scuola elementare, 1.143 alla scuola media e 1.421 alle scuole medie superiori (941) o alla formazione professionale (480). Gli stranieri complessivamente erano 456 e rap-

Scuola Elementare

presentavano il 10,5% del totale. In 17 comuni è presente almeno un plesso scolastico di scuola elementare, in 7 è presente un plesso di scuola media inferiore. Tutti gli istituti superiori e la formazione professionali sono concentrati a Tione di Trento.

Scuola Media Inferiore Iscritti % Stranieri

Iscritti % Stranieri Bleggio Superiore 87 8,0% Borgo Chiese 92 14,1% Borgo Lares 69 4,3% Caderzone Terme 60 21,7% Carisolo 67 1,5% Comano Terme 139 28,8% 271 22,1% Fiavè 56 33,9% Giustino 38 7,9% Pieve di Bono- 132 6,1% 97 1,0% Prezzo Pinzolo 125 7,2% 164 6,1% Porte di Rendena 113 18,6% Sella Giudicarie 131 5,3% 77 5,2% Spiazzo 65 12,3% 149 8,1% Stenico 58 19,0% Storo 306 8,2% 219 4,6% Tione di Trento 167 25,7% 166 18,7% Tre Ville 61 1,6% Valli Giudicarie 1.766 13,1% 1.143 11,2% Provincia di Trento 26.981 13,3% 16.536 12,1% Fonte: http://www.l4s.ispat.provincia.tn.it/ - elaborazione

Scuola Media Formazione Superiore Professionale Iscritti % Stranieri Iscritti % Stranieri

941

5,0%

480

16,5%

941 22.002

5,0% 7,1%

480 6.534

16,5% 16,7%

La presenza straniera risulta complessivamente allineata con il dato provinciale in tutti gli ordini scolastici con valori lievemente inferiori per quanto riguarda la scuola media superiore. All’interno di alcuni comuni la presenza di stranieri risulta particolarmente significativa nella scuola elementare dove in alcuni casi è di cittadinanza straniera un bambino su quattro (Caderzone Terme, Comano Terme, Tione di Trento) o addirittura uno su tre (Fiavè). L’incidenza di stranieri nella scuola media rimane elevata a Comano Terme (22,1%) e a Tione di Trento (18,7%). L’incidenza degli stranieri diminuisce drasticamente nella scuola media superiore (5%)

e si mantiene elevata all’interno della formazione professionale dove gli stranieri sono il 16,5% degli iscritti totali. Mi sembra doveroso, vista la situazione contingente, fornire una indicazione relativa ai dati sull’emergenza COVID-19. Per una lettura progressiva dell’evoluzione dell’epidemia, segnalo il sito pubblicato nei giorni scorsi dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari in collaborazione con FBK. Si tratta di un portale statistico estremamente completo e di facile lettura aggiornato quotidianamente. L’indirizzo di accesso è: https://covid19trentino. fbk.eu/

Una comunità vicina alle persone

Nella bufera che stiamo attraversando, all’emergenza sanitaria si aggiunge l’emergenza sociale legata a tante situazioni di fragilità e bisogno che il distanziamento sociale in atto non può che aggravare. Anziani soli magari non del tutto autosufficienti, disabili anche gravi in carico ai familiari in seguito alla chiusura dei centri socio - educativi, bambini e ragazzi in casa con genitori in difficoltà sul piano educativo. Il Servizio sociale della Comunità di Valle, pur nei limiti dovuti alle misure per il contenimento del contagio, si è prontamente organizzato per monitorare e supportare al meglio le richieste di aiuto che vengono dal nostro territorio. La solitudine, la paura, i conflitti in famiglia ma anche l’incertezza economica rischiano di far esplodere un bisogno di aiuto che dobbiamo essere pronti ad accogliere e sostenere. Per questo è importante che tutta la popolazione delle Giudicarie sappia che il Servizio sociale continua a lavorare e conosca quali sono le nostre possibilità di aiuto e intervento. Con la speranza che la salute e il benessere di ogni persona rimanga la priorità anche quando ci sembrerà che l’emergenza sia finita. Perché non c’è comunità, non c’è civiltà umana se anche solo uno di noi resta indietro. Michela Simoni

#serviziosocialemergenza Vogliamo essere vicini alle persone anche senza potersi incontrare. Il Servizio sociale continua nel suo lavoro quotidiano di sostegno e aiuto sul territorio. Cambia il modo, ma ci siamo anche in questo momento di emergenza, per le persone già conosciute e anche per chi sente ora il bisogno di avere un sostegno.

#serviziosocialemergenza Cosa offriamo: Ascolto e sostegno telefonico Aiuto educativo alle famiglie per organizzare la giornata con i figli o con familiari con disabilità Aiuto alle famiglie in collaborazione con la scuola ed educatori del territorio per gestire al meglio la didattica a distanza

SERVIZIO SOCIALE IN EMERGENZA

Servizi di pasto a domicilio per persone impossibilitate a cucinare Servizio di cura domiciliare per l’igiene personale Aiuti per famiglie in difficoltà economica

SERVIZIO SOCIALE ••• Comunita’ delle Giudicarie •••

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#serviziosocialemergenza Quanto vale una telefonata in tempi di coronavirus? Quanto vale un “come stai?” in una quotidianità stravolta?

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Comunità delle Giudicarie

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Covid-19, migliaia di morti, tanta sofferenza e grande preoccupazione per il futuro

Siamo certi che andrà tutto bene? di Giorgio Butterini - Presidente Comunità di Valle delle Giudicarie Il mondo si è repentinamente fermato, la storia pare essersi cristallizzata come di fronte a un baratro, per superare il quale, servirebbero ali (un vaccino) di cui oggi, purtroppo, ancora non disponiamo. “Non sta andando bene e non è detto che andrà tutto bene”, è ora di rendercene conto. Oggi, mercoledì 24 marzo 2020, in Italia si sono superate le 7.500 vittime provocate dal virus (più del doppio di quelle registrate in Cina) e tante altre ne iscriveremo nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e forse mesi: per lo più “nonni”, costretti a morire lontano dagli affetti più cari, in un letto di ospedale. Questi decessi, devastanti per la persona malata e per i famigliari, sembrano riproiettarci indietro nel tempo, quando piangemmo tanti nostri connazionali caduti al fronte in una condizione di sofferenza resa ancora più amara dalla solitudine: sta accadendo qualcosa che credevamo fosse anacronistico, una possibilità non compatibile con l’epoca contemporanea. A fianco di queste persone si trovano esclusivamente

I bambini hanno il sacrosanto diritto di pensare, sperare e sognare che “andrà tutto bene”. Vedere esposti su balconi e finestre (anche di casa mia) disegni raffiguranti un sorriso rovesciato a forma di arcobaleno, diciamocelo, scalda un pochino il cuomedici e personale sanitario, le categorie più provate da da questo tsunami, costretti a turni estenuanti e soprattutto a mettere a repentaglio la propria vita per salvaguardare quella degli altri; molti di loro sono stati inevitabilmente contagiati e alcuni non ce l’hanno fatta; non se la passano molto meglio coloro che non hanno ancora contratto la malattia, costretti improvvisamente ad un cambio radicale delle condizioni esistenziali: alla preoccupazione per cari ed amici malati si somma spesso l’impossibilità di continuare a lavorare in condizioni di normalità, di vedere i figli formarsi a scuola e all’università, di esercitare quelle passioni e quindi quella libertà d’azione e di svago che i tempi moderni ci avevano regalato. Siamo tutti costretti ad un periodo di “prigionia” all’interno delle nostre abitazioni e a relazionarci con amici, parenti colleghi solo attraverso le “fred-

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de” (ma mai tanto benedette!) tecnologie. Il Coronavirus naturalmente non intacca solo la sfera sanitaria e quella sociale, ha ripercussioni drammatiche anche sull’economia: esercizi commerciali, enti e aziende sono costretti a chiusure forzate, rischiando di incanalarsi in situazioni di crisi irreversibile e ponendo i lavoratori in una condizione di grande preoccupazione rispetto alla capacità di garantire un reddito a se stessi e alle famiglie.

re in un momento in cui tutto appare freddo e surreale. Siamo colpiti, in particolare, da un “silenzio assordante” che è calato ovunque, una situazione ambientale che ci riporta indietro di decenni e sconosciuta alle generazioni più giovani.

E allora riconosciamolo con onestà intellettuale: non sta andando bene e non andrà tutto così bene, perché le conseguenze di queste situazioni si protrarranno per molto tempo. Ma il rischio è quello che possa “andare ancora peggio” per colpa di chi non ha compreso la dimensione del problema e non rispetta le regole: per responsabilità di coloro che continuano a scappare da casa, per farsi un giro al supermercato o praticare

jogging; per andare in montagna o recarsi presso la propria baita, non considerando che, tra il resto, un eventuale infortunio genererebbe situazioni di ulteriore stress per strutture sanitarie già pesantemente provate; per quelli che si spostano insieme all’interno dello stesso abitacolo senza le dovute precauzioni e poi magari se la prendono con le forze dell’ordine, che giustamente richiamano comportamenti responsabili e consapevoli; per quelli che sono stati messi in quarantena, ma continuano a girare per il paese; per tanti giovani che, considerando il Coronavirus un problema altrui, non perdono occasione per ritrovarsi e godersi una “vacanza non programmata”. È vero, in Cina ed in particolare a Wuhan, le cose stanno tornando a una relativa normalità, ma tutti sappiamo che tra il popolo cinese e quello italiano ci sono delle differenze di comportamento so-

stanziali. E lo stesso vale per le forme di governo. Uno sguardo sul futuro non ci lascia maggiormente sereni: non sappiamo se, come e quando finirà questa emergenza, ma abbiamo già certezza del fatto che essa avrà strascichi dolorosi ad ogni livello per molto tempo: negli affetti, nell’economia e nelle abitudini di vita. E allora, lo ripeto per l’ultima volta, “andrà relativamente bene”, solo se tutti faranno la loro piccola parte! Accantoniamo per una volta quell’atteggiamento sognatore, superficiale e buonista così radicato nella cultura nazional popolare. Lasciamo che i bambini facciano giustamente i bambini e continuino a disegnare ponti con i colori dell’arcobaleno, ma gli adulti, per l’amor di Dio, facciano gli adulti e si carichino di quelle responsabilità che rappresentano la condizione unica e imprescindibile per affrontare con consapevolezza il Coronavirus: la prima cosa da fare per arginare questo male è “stare a casa”. È una questione di rispetto verso se stessi, il prossimo e coloro che si stanno sacrificando per il bene collettivo.


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Attualità

APRILE 2020

Deciso il divieto di transito ai camion con peso superiore alle 40 tonnellate

Ponte di Caffaro, la saga continua Partiamo dall’inizio. Il ponte che unisce (e che rischia di separare) Trentino e Lombardia con i suoi 114 anni di vita sulle spalle ha svolto una onorevolissima carriera. Ma nessuno ha dubbi quando pensa che il mondo sia stravolto dal 1906 a oggi. Su quei poco più di venti metri che scavalcano il torrente Caffaro un tempo passavano i carri. Adesso transita ogni giorno una media di 7.000 veicoli, ma soprattutto passa un migliaio di mezzi pesanti. Tradotto significa 291,6 auto e 41,6 mezzi pesanti all’ora, notte compresa, quando il traffico notoriamente si riduce. E se proprio volessimo spaccare il capello in quattro, significa quasi cinque macchine e poco meno di un mezzo pesante al minuto, notti e feste comprese. Quando parli di mezzi pesanti devi mettere in conto pullman di linea e turistici, camion dei corrieri, ma anche autotreni ed autoarticolati, ossia (se ci è concesso un paragone ardito) le gocce di sangue che trasportano l’ossigeno della nostra economia lungo le arterie. In parole più immediate, sono i camion a portare in Trentino materie prime e a riportare sui mercati il prodotto finito delle nostre aziende. Ci sono i bancali della valle di Ledro, il legname delle segherie, la carta della cartiera di Condino, i macchinari delle aziende di Roncone, i prodotti delle aziende di Storo e Condino... Un altro importante step si è quindi aggiunto all’iter burocatrico e amministrativo iniziato quattro anni fa: l’allora giunta provinciale infatti, dopo aver individuato, con deliberazione n. 828 di data 20.05.2016 d’intesa con il Consiglio delle Autonomie Locali, gli interventi di edilizia scolastica di competenza comunale, coerenti con il quadro dell’offerta scolastica ed educativa provinciale, con successiva deliberazione n. 1080 del 24.06.2016 dispose l’ammissione a finanziamento di una prima tranche di detti interventi tra i quali quello concernente le opere di adeguamento statico e ristrutturazione della scuola cimeghese. Il contributo provinciale concedibile era stato determinato in 614.472,15 euro (il 75% della spesa ammissibile a finanziamento). Dal 2016, anno in cui fu costituito il Comune di Borgo Chiese (nato dalla fusione degli ex Comuni di Condino, Brione e Cimego), sono state

di Giuliano Beltrami “Costruire ponti, non muri”. Quante volte abbiamo sentito questa frase negli ultimi anni, in un mondo che si è fatto avaro di accoglienza e ruvido nei confronti dello straniero! Uscendo dalle metafore e dai messaggi più o meno politici per entrare nella cruda realtà... Non si può non porre una domanda: e quanSi potrebbe stendere un elenco virtuoso dell’operosità dell’imprenditoria giudicariese che possiamo risparmiare perché la si conosce. E’ un’imprenditoria che fatica già per il fatto di essere lontana dai poli della comunicazione (autostrade e ferrovie) e che usufruisce di collegamenti di seconda classe. Non parliamo solo di strade, ché già quelle, rispetto ad altre vallate trentine... Pensiamo alla fibra ottica. Se escludiamo Storo (il Consorzio Elettrico ha cablato da anni il suo territorio), dov’è la fibra ottica? Te la do io la portata 11 dicembre 2019. L’università di Brescia segnala il “degrado diffuso sul manufatto” e raccomanda “in via cautelativa di imporre un limite di massa ai veicoli in transito sul ponte”. 14 febbraio 2020. L’ingegnere Salvatore Moneghini, incaricato dal Comune di Bagolino (di cui Ponte Caffaro è frazione) di progettare la sistemazione del ponte vecchio, rafforza la teoria dell’università di Brescia. Idi di marzo 2020. La Provincia di Brescia vieta che i mezzi pesanti con massa superiore

alle 40 tonnellate attraversino il ponte. Inoltre, chi potrà passare dovrà farlo con il limite massimo di 30 chilometri all’ora, tenendo una distanza con il mezzo che lo precede di 30 metri. Considerato che il ponte è poco più lungo di 20 metri, significa che secondo l’ordinanza bresciana può passare un solo mezzo alla volta. Ora si potrebbe concionare rispetto ai controlli. Chi ferma gli autotreni? Chi li porta in pesa? E dove li porta in pesa? Ma lasciamo andare. C’è un problema più grosso: chi paga i danni alle aziende? Per capirci, un’azienda di Storo, di Condino o della valle di Ledro che trasporta i propri prodotti in pianura ha bisogno del ponte come del pane. Se il ponte è chiuso deve mandare gli autotreni a Trento, dove prenderanno l’autostrada, scenderanno verso Verona, per dirigersi in Emilia o in Lombardia. Si capisce facilmente il surplus di chilometri. Ripetiamo la domanda: chi rimborsa i danni alle aziende? Ma la domanda delle domande è la seguente: in quanto tempo si risolverà la questione? Il ponte degli errori Il ponte del 1906, lo ammet-

do i ponti diventano muri? Già! Non potevamo non porci una simile domanda dopo le ultime decisioni della Provincia di Brescia sul famigerato ponte di Caffaro, diventato a suo modo il simbolo di tutto ciò che non si dovrebbe fare nella pubblica amministrazione. tono tutti, sente gli acciacchi dell’età veneranda. Un invito da non fare, ma ci dicono sarebbe molto istruttivo, è ad andare sotto per sentire gli scricchiolii sinistri dell’impalcato metallico quando passano i camion. Preso atto della situazione, il Comune di Bagolino ha messo in conto la necessità di risolvere il problema. Come? E qui comincia una storia vagamente surreale. Intanto va scartata subito la questione denaro: da una decina d’anni c’è il fondo per i Comuni confinanti: 80 milioni all’anno versati fifty fifty dalle Province di Trento e Bolzano per i Comuni lombardi e veneti come parziale indennizzo della loro situazione meno fortunata. Vuoi non darli a Bagolino per il ponte nuovo? Fra l’altro il padre del fondo (quel che va riconosciuto va riconosciuto) fu Marco Scalvini, esplosivo sindaco di Bagolino scomparso prematuramente che all’inizio del terzo millennio riuscì a mobilitare i suoi colleghi e a convincere il Governo Berlusconi ad istituire il fondo. Detto dei soldi, veniamo alla situazione surreale. Risolvere il problema significa costruire un ponte nuovo accanto al

vecchio, o addirittura sostituire il vecchio. “Sostituzione? Per l’amor di Dio! Quello è un monumento storico”, tuona la Soprintendenza dei Beni culturali di Brescia. “Sì, ma scricchiola, è marcio, le ha tutte”, fanno notare dal Comune di Bagolino. “Non importa. Il vecchio non si tocca”. Risultato: si costruisce un ponte nuovo a valle del vecchio, alla distanza di una ventina di metri. 2017. Il ponte c’è: costo che si avvicina ai quattro milioni e mezzo di euro. Ma nessuno ha il coraggio di inaugurarlo. E quindi nessuno passa. Rimane chiuso. Problemi? Nessuno parla: tutti strozzati dall’imbarazzo. Fino all’autunno del 2019, quando la nuova Amministrazione comunale di Bagolino decide di fare una prova. Grande giornata di “psico teatro”: un camion, un autotreno, un pullman... Tutti a cercare di passare sul ponte nuovo. Si passa, ma a un duro prezzo: i camion devono invadere la corsia opposta per entrare nel ponte nuovo. Che fare? Studia che ti ristudia, alla fine si pensa ad una soluzione, anzi, a più soluzioni: semafori più o meno intelligenti, allargamento degli

imbocchi dei ponti in modo da creare la famosa rotatoria quadrata. Per ora tutte sulla carta, in cerca di altri milioni necessari per attuarle. Il topolino partorito dalla montagna si traduce nel divieto di transito ai camion con peso superiore ai 400 quintali. Chi paga? E altre domande Una questione non banale si pone ad un’opinione pubblica stanca di sprechi e di soldi spesi male. Se il ponte nuovo è costato quattro milioni e il resto mancia ma da solo non risolve il problema; se debbono essere spesi altri due milioni, significa che ci sono stati errori nella progettazione, nella realizzazione, nella direzione lavori, nel controllo pubblico (non spetta a noi dire dove); e se ci sono stati errori, possibile che nessuno paghi? C’è una Corte dei conti, un Tribunale amministrativo, una Procura della Repubblica? Insomma, c’è qualcuno che indaga? Altro capitolo: la soluzione. Si è deciso il divieto di transito ai camion con peso superiore alle 40 tonnellate. Fino a quando? In attesa di trovare una soluzine. Vengono alla mente tempi più grami, quando qualcuno (autorità pubbliche) si prendeva la briga e la responsabilità di chiamare il Genio Pontieri, che in pochi giorni, se non in poche ore, ti piazzava un ponte Bailey, sia pure provvisorio, ma capace di portare tutto il traffico che serve. Altri tempi, appunto.

Cimego, approvato il progetto per la materna

Buone notizie per i fruitori della scuola materna di Cimego. Nel corso dell’ultimo consiglio comunale infatti, tenutosi lo scorso ventisette febbraio nell’aula consiliare del Municipio di Condino, è staquindi affidati i vari step di progettazione affidati al gruppo di professionisti, tramite apposito bando di gara, composto dall’Arch. Massimo Paissan, Arch. Maurizio Patton, Ing. Piero Faes, Ing. Giuliano Baldessari, Ing. Silvano Beatrici, Geol. Piergiorgio Pizzedaz e dall’Ing. Fabrizio Bugna. Il Consiglio Comunale, guidato dal Sindaco Claudio

Pucci, ha quindi approvato all’unanimità la progettazione esecutiva consegnata agli enti comunali a giugno 2019 e successivamente aggiornata ad ottobre 2019. Il quadro economico soggetto ad approvazione risultante dalla progettazione esecutiva prevede una spesa complessiva di 1.274.519,54 euro di cui 921.596.99 euro per lavori (ivi compre-

to approvato in linea tecnica il progetto esecutivo predisposto per i lavori di adeguamento statico con successiva ristrutturazione totale dell’edificio della Scuola dell’Infanzia. si 34.355,09 euro di oneri della sicurezza), 9.341,46 euro (quota 10% E.S.Co) e 343.608,09 euro per somme a disposizione. «L’obiettivo dell’amministrazione - afferma l’assessore ai lavori pubblici del Comune di Borgo Chiese Michele Poletti - è quello di fornire alla comunità di Cimego un’opera completa e che rispetta le ultime normative

in tema di risparmio energetico. In tal senso, in fase di progettazione, abbiamo tenuto in considerazione tutti i parametri per far sì di rispondere al calcolo termico. La ristrutturazione - conclude l’assessore Poletti - riguarderà tutta la struttura con due piani che saranno destinati fin da subito all’attività della scuola materna mentre gli altri due

piani saranno a disposizione per qualsiasi ulteriore attività che si renderà necessaria in futuro.»Il prossimo passo quindi, che con ogni probabilità sarà effettuato dalla nuova amministrazione che si insedierà il prossimo maggio, sarà quello di predisporre il bando di gara utile ad aggiudicare gli importanti lavori di ristrutturazione della scuola materna di Cimego, struttura che ricopre un’importante ruolo sociale e formativo all’interno del comune di Borgo Chiese. Marco Maestri


Attualità corta, che utilizza il cippato locale, producendo ricadute economiche e ambientali importanti. «Questo impianto non è solo un’opera pubblica - ha detto la sindaca di Valdaone - ma è soprattutto una scelta strategica in chiave ambientale. Rendersi autonomi sotto il profilo energetico, riducendo il consumo di combustibili fossili, è la nostra visione che è partita da una scelta coraggiosa e lungimirante degli allora sindaci Ugo Pellizzari, Lener Bugna, Nello Lolli e Roberto Panelatti con il presidente di E.S.Co. BIM Vigilio Nicolini. Il futuro sono gli allacci privati, è dare speranza ai giovani che decidono di vivere qui e credono che qui si possa realizzare qualcosa di positivo». L’idea di realizzare un impianto di teleriscaldamento affonda le sue radici nel protocollo di Kyoto, pietra miliare per la salvaguardia dell’ambiente e la tutela contro i cambiamenti climatici. Allora il Consorzio Bim del Chiese avviò uno studio preliminare per individuare quelle iniziative che potessero raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni, risparmio energetico e produzione di energia da rinnovabili fissati dal protocollo. L’impianto di teleriscaldamento, costato 4.970.000 euro (Iva esclusa) con un finanziamento provinciale sul Bando energia del 2009 pari al 70%, si compone di un edificio cen-

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Taglio del nastro per l’impianto di Valdaone che serve 19 edifici pubblici

Teleriscaldamento, scelta strategica per l’ambiente In una giornata di sole splendente si è tagliato il nastro del nuovo impianto di teleriscaldamento di Valdaone, un progetto lungimirante di attenzione all’ambiente, trale realizzato nell’abitato di Praso, dotato di una caldaia a biomassa legnosa della potenza di 850 kW a cui si affianca un doppio impianto di cogenerazione, anch’esso alimentato a biomassa legnosa, con una potenza termica di circa 180 kW e una potenza elettrica di 90 kW. La linea di distribuzione si estende sul comune di Valdaone per 6 chilometri, suddivisi in due rami indipendenti: alla rete sono oggi collegati un totale di 19 edifici pubblici, fra cui le sedi municipali, la chiesa di Bersone, la scuola materna, l’ex edificio scolastico di Praso e anche la casa di riposo

“Padcosa mettiamo?re Oddone Nicolini” a Pieve di Bono. Quest’ultima nel 2015 ha manifestato l’interesse all’allaccio alla rete del teleriscaldamento avvenuto poi nel 2016 e 17 a cura e spese della stessa Apsp. L’impianto sostituisce circa 75.000 litri di gasolio e 85.000 mc di gas, con 4.222 mc-steri di cippato forestale. Anche la materia prima utilizzata per produrre questa energia pulita proviene dal territorio, un altro merito del progetto che ha innescato lo sviluppo di un’economia circolare: il cippato forestale per l’alimentazione dell’impianto è fornito da una ditta locale,

al benessere dei residenti e di utilizzo delle risorse locali in un’ottica di economia circolare e valorizzazione territoriale. Si è puntato allo sviluppo di una filiera aggiudicataria di gara europea, che ha l’obbligo di reperire la biomassa necessaria sul territorio dei comuni firmatari la convenzione con il Bim del Chiese. La conseguenza positiva di questo approccio è anche in una migliore gestione del patrimonio forestale con una efficiente pulizia dei boschi e la prospettiva di creare un indotto attorno alla gestione della materia prima. “Questo territorio - ha sottolineato il vicepresidente della Provincia di Trento - ha dimostrato di saper fare una scelta d’avanguardia, sia per la tecnologia adottata, sia per gli obiettivi che si è posto,

l’indipendenza e energetica accompagnata alla riduzione delle emissioni nocive, conformemente a quando stabilito dal Protocollo di Kyoto e dalle altre direttive europee e internazionali. L’impianto è un perfetto esempio di economia circolare, che si autoalimenta, usando fonti locali rinnovabili, in una zona non servita dal metano. Per ora collega solo gli edifici pubblici ma l’obiettivo è di servire in futuro anche quelli privati, oltre ad altri comuni e altre utenze pubbliche della zona. Ancora una volta gli obiettivi di sostenibilità e di attenzione ai territori più periferici, al

centro degli Stati generali della montagna, si traducono in un’azione concreta con ricadute positive sulle nuove generazioni”. Attore importante nella realizzazione dell’impianto la società E.S.Co. BIM e Comuni del Chiese: «Un’economia territoriale - ha detto il presidente di E.S.Co. BIM - non può prescindere dallo sviluppo del patrimonio di conoscenze e del cosiddetto know-how delle aziende e del personale che direttamene ed indirettamente sono coinvolte nella gestione dell’impianto. A loro deve andare sopratutto il pensiero e l’impegno di noi amministratori». Il comune di Valdaone ha colto l’occasione dei lavori anche per ammodernare la rete idrica e predisporre collegamenti elettrici e per la fibra ottica.

Elezioni comunali a data da destinarsi Il 3 maggio dovevano svolgersi le elezioni nei Comuni della nostra Regione. Erano già in fase avanzata la predisposizione delle liste dei consiglieri e delle candidature a Sindaco. Negli ultimi due mesi il Giornale delle Giudicarie aveva seguito con particolare attenzione le iniziative elettorali che stavano interessando ogni Comune giudicariese. Si stava profilando, in molti casi, la presentazione di un’unica lista a causa della difficoltà di trovare candidati disponibili ad impegnarsi per

l’amministrazione della cosa pubblica. Gli ultimi anni hanno visto una crescente difficoltà nella gestione delle amministrazioni comunali. Tutta una serie di leggi e norme hanno alimentato una immensa burocrazia, rendendo estremamente difficile il lavoro dei Sindaci, Assessori e Consiglieri. A ciò si aggiunge un aumento notevole delle responsabilità testimoniato dalle numerose denunce pervenute principalmente dalla magistratura contabile, ma non solo, che hanno reso estrema-

mente pericoloso il ruolo degli amministratori pubblici. Il risultato come dicevamo è un panorama che vedeva la probabilità di una lista unica nella maggioranza dei Comuni, il rischio di nessuna lista per alcuni Comuni ed un confronto democratico con due o più liste in un numero limitato di Comuni. Ma l’emergenza Corona Virus sta travolgendo tutto. Nel mese di marzo scadevano i termini per la presentazione delle liste, ma con le ordinanze che limitano gli sposamenti,

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la Regione da dovuto prendere atto dell’impossibilità di procedere con la procedura elettorale. Il Presidente della Regione con proprio decreto del 10 marzo, ha quindi annullato la scadenza elettorale del 3 maggio spostandola a data da definire. Nei prossimi mesi una legge regionale dovrà definire la nuova data che si presume sarà nel prossimo autunno. Restano quindi in carica ancora per questi sei mesi gli attuali amministratori che dovranno essere pienamente operativi

per affrontare le pressanti questioni legate all’emergenza Corona Virus. In autunno si potrà verificare se lo slittamento della scadenza elettorale servirà anche per trovare più candidati oppure se il confronto elettorale sarà penalizzato dalla mancanza di cittadini disponibili ed interessati. Vedremo cosa potrà succedere nei prossimi mesi ma anche questi segnali non sono sicuramente positivi per le nostre comunità locali. (E.B.)


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Arte

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Troppo facile per noi ridurre tutto a superstizione o magia, ma in quella società cristiana, non esente comunque da fanatismi e millenarismi, il ricorso frequente e spontaneo ai santi intercessori, attraverso le devozioni, i riti e le pratiche della pietà popolare, rappresentava l’altra faccia di una religiosità, altrettanto profonda, che non fosse solo quella della liturgia canonica o delle alte elaborazioni teologiche; una religiosità che teneva in buon conto dell’elemento emotivo, dove le immagini giocavano un grande ruolo, ancor prima dei testi scritti, prerogativa dei ceti colti. Soprattutto in epoca medievale si diffondono alcune iconografie, così care al popolo, che ancora oggi costellano, silenziose e arcane, pur depotenziate nella loro specifica funzione spirituale, le pareti di tante chiese rurali. È anche il caso delle Giudicarie, dove spuntano, in particolare tra XIV e XVI secolo le effigi ieratiche ma non prive di una certa bonomia, dei vari sant’ Antonio abate, Cristoforo, Giuliano, gli immancabili Rocco e Sebastiano, assieme alle non meno gettonate sante Caterina di Alessandria, Barbara, Apollonia, Orsola e Dorotea: uno stuolo di santi protettori, legati a culti di varia provenienza, perlopiù orientale, che per secoli perdurano dentro un immaginario collettivo di grande trasversalità, si può ben dire “internazionale”. Antonio abate, da non confondere con Antonio da Padova, è il santo eremita fondatore del monachesimo cristiano nei deserti d’ Egitto, fra Duecento e Trecento dopo Cristo, il cui culto parte

Piccolo viaggio nelle immagini della Pietà popolare

I santi a cui votarsi di Giacomo Bonazza In questa drammatica congiuntura sanitaria l’espressione “Non sapere a che santo votarsi”, si riprende, ironia della sorte, la sua originaria pregnanza letterale, smettendo la veste di semplice ed ordinario modo di dire, decontestualizzato oramai da un orizzonte religioso sempre più rarefatto e secolarizzato. Non così per i nostri dalla Francia, dove intorno al Mille approdano le sue reliquie da Bisanzio, diventando il protettore contro le epidemie legate alle malattie della pelle (ergotismo, fuoco di di sant’Antonio) e protettore degli animali.Viene raffigurato in abiti monacali, piuttosto anziano, col bastone a forma di tau, con un campanello per la questua, accompagnato spesso da un maiale dal quale estrarre il grasso medicamentoso da spalmare sulle parti colpite dall’herpes zoster, oppure nelle solenni vesti, quasi vescovili, di abate in trono. Nella Pieve di Condino, troviamo la doppia versione iconografica proprio sull’altare a lui dedicato: la splendida statua lignea cinquecentesca

(1510) dello scultore bresciano Stefano Lamberti con un sant’Antonio in abiti pontificali e nell’ancona retrostante, la preziosa tela (1753) di Gaspare Diziani eccellente esponente della pittura veneta barocca, con un sant’Antonio nel ruvido saio monacale in estatica contemplazione della Vergine. Dal punto di vista pittorico, le immagini più note del santo in ambito giudicariese rimangono quelle affrescate da Cristoforo I Baschenis sulla facciata della piccola chiesa gotica di Pelugo (1474) e di Simone II Baschenis, di più raffinata fattura, sull’esterno ed all’interno dello scrigno che è la chiesa di Sant’Antonio Abate vecchia a Mavignola (ca. 1540).

Foto 1: Dolaso, Chiesa di Sant’Antonio abate- Scultore Lombardo, Ancona con S.Antonio ed altri santi

avi che, di converso, sapevano benissimo a chi rivolgersi in caso di epidemie, malattie, carestie, ecc., e che solo dopo aver chiamato in causa i singoli santi taumaturghi ‘specializzati’, non essendo esauditi, potevano esprimere la loro ultima e disperata implorazione di aiuto.

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Foto 2: Mavignola, chiesa di S. Antonio abate, Simone II Baschenis, Madonna in trono con Bambino fra isanti Antonio e Barbara (ca.1540) Foto 3:Pelugo, chiesa di S. Antonio abate, Dionisio Baschenis - San Cristoforo (1493

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Nondimeno interessanti, però, il trecentesco lacerto di San Giorgio di Dorsino, attribuito al misterioso Maestro di Sommacampagna, dove Sant’Antonio Abate appare accanto ad una Madonna allattante in trono; le tele più tarde dell’altare maggiore di Bivedo (1585), di ambito veneto, e di Preore (1712), opera della pittrice Domenica Spaventi, l’unica donna artista documentata in questi secoli nelle nostra valle, nelle quali il santo eremita è raffigurato con poetico realismo, assieme ad altri “colleghi”, all’interno di una sacra conversazione. L’altra testimonianza più rilevante dal punto di vista scultoreo riferita al santo, dopo quella condinese, rimane certamente

quella conservata nell’omonima chiesa di Dolaso con il sant’Antonio benedicente, fiancheggiato dai santi Sebastiano e Rocco, meravigliosamente incastonati dentro l’ancona rinascimentale in legno policromo e dorato (1515), rimaneggiata nel secolo seguente: un tesoro nascosto che tutti i giudicariesi dovrebbero accostare! San Cristoforo è un altro big, grande in tutti i sensi, uno dei quattordici Santi ausiliatori. La tradizione lo vuole martire in Asia Minore (l’odierna Turchia) nel 250 sotto l’imperatore Decio. La storia del santo gigante che traghetta sulle spalle il Salvatore (il suo nome in greco significa “colui che porta Cristo”) si diffonde soprattutto a partire dal Medioevo. San Cristoforo è lo specialista contro la mala morte, la morte improvvisa senza confessione, patrono dei viandanti e dei pellegrini e, fino all’avvento del più diffuso patronato di San Rocco, dal XV secolo, particolarmente invocato durante i tempi terribili della peste. La sua figura ben piantata, in posizione frontale, a volte con un

tronco di palma fiorito come bastone, il piccolo Gesù in spalla, campeggia possente, coloratissima, come un faro spirituale sull’esterno degli edifici sacri, richiamando fin da lontano al suo sguardo, severo ma protettivo, gli occhi dei fedeli che transitano su quelle strade e attraverso i guadi perigliosi dei torrenti alpini. Eccolo, il maestoso San Cristoforo (1493) di Dionisio Baschenis, “il più antiquato dei Baschenis”, anch’esso sulla facciata di Sant’Antonio di Pelugo, che ancora dopo cinque secoli scruta, benevolo e paziente, i moderni passanti che gli sfrecciano davanti spesso incuranti e ignoranti della sua funzione apotropaica (che tiene lontano il male). Santi Cristofori rendeneri sono pure quelli di Simone II Baschenis, sulle pareti esterne di San Stefano di Carisolo (1519-1534) e sulla facciata della chiesa di San Giovanni di Massimeno (1534), dove si intravedono le novità stilistiche (maggior naturalezza, corretta prospettiva, immagine più leggera e sfumata) apportate dal più aggiornato dei frescanti bergamaschi, nel suo procedere irreversibile verso il Rinascimento. Da ricordare infine il San Cristoforo con Bambino, di ascendenza romanica (XIII secolo), sulla facciata a mezzogiorno della chiesa cimiteriale di San Vigilio a Pinzolo, ben più nota per la cinquecentesca Danza Macabra. (1° Puntata)


Attualità

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Ceis, Cedis e Asm condividono personale per l’emergenza

Un accordo per garantire i servizi Consorzio Elettrico di Storo, Consorzio Elettrico Industriale di Stenico, Azienda municipalizzata di Tione. Tre realtà che operano sul territorio giudicariese per l’erogazione di servizi inerenti la distribuzione e (da non dimenticare, perché viene prima contraenti ha poche risorse operative, poche unità. Ci siamo preoccupati che possa verificarsi il caso che uno degli Enti perda completamente la disponibilità del proprio personale operativo per malattia o quarantena, e non possa far fronte a guasti sulla propria rete. In questo caso gli altri due partners potranno mandare qualcuno in aiuto che opererà sotto la guida di un tecnico dell’Ente che riceve il soccorso”. D’altra parte, come aveva spiegato Rossi in una conferenza stampa nei giorni precedenti alla firma dell’accordo, “tutto il personale non operativo del CEDIS lavora da casa propria, collegato alla rete in-

formatica del CEdiS e fornisce assistenza telefonica a soci e clienti. Anche Stenico e l’ASM Tione hanno attivato il lavoro da casa. Così ci diamo una mano con l’attenzione ai soci ed ai clienti”. Darsi una mano significa “supporto reciproco”. Dal protocollo d’intesa si ca-

della distribuzione) la produzione dell’energia. Parliamo principalmente di energia elettrica, prodotta attraverso centrali (da sempre idroelettriche) vitalizzate dai torrenti e dalle falde acquifere delle nostre montagne.

pisce l’operatività dei tre soggetti. ASM Tione, si legge, “ha presenza sul posto di lavoro del 50% del personale, sia operativo che amministrativo. Si adotta un’alternanza settimanale, in modo che non vi siano contatti tra i vari operatori. L’accesso al pubblico è

interdetto, salvo casi particolari e improrogabili”. “Ceis mantiene il personale d’ufficio con presidio minimale. Per la parte amministrativa e tecnica si applica lo smart working (telelavoro, ndr) con assistenza a soci e clienti esclusivamente da remoto (uffici chiusi). Nella maggior parte dei casi le attività operative sul territorio sono state sospese e differite. Le squadre tecniche sono state suddivise in due squadre da tre e quattro operatori elettrici, compresi i reperibili, con turnazione settimanale alternata, in modo che non vi siano contattti tra i vari operatori”. Venendo a CediS, “per la parte amministrati-

va e tecnica si applica lo smart working totale, con assistenza a soci e clienti esclusivamente da remoto. Nella maggior parte dei casi le attività operative sul territorio sono state sospese e differite. Gli operai sono stati suddivisi in tre squadre da due operai con turnazione settimanale”. L’accordo prevede che “un partner potrà attivare uno o entrambi gli altri partner a proprio supporto: nel caso in cui contemporaneamente si trovi a far fronte a una situazione di emergenza o urgenza, nel caso sia necessario intervenire in tempi non differibili; per cause di forza maggiore il proprio personale oserativo specializzato non sia disponibile”. In definitiva, un bel modo di fare rete nella convinzione che la situazione attuale si combatta solo con l’impegno collettivo: con lo stare insieme.

MARTINELLI

SNC

Coronavirus ha posto molte domande a tutti. E fra i tutti ci sono la Municipalizzata di Tione (di proprietà pubblica, appartiene, infatti, al Comune di Tione) e i due Consorzi elettrici (gli unici rimasti, insieme al Consorzio di Pozza di Fassa, dopo la nazionalizzazione dell’energia elettrica che creò l’Enel, all’inizio degli anni Sessanta) di proprietà privata, essendo Società Cooperative. Ognuno opera sul suo territorio, erogando servizi ai propri soci (nel caso dei due Consorzi) o a tutta la comunità, come nel caso dell’ASM. Storie diverse, territori diversi, anche se a pochi chilometri uno dall’altro. Ma quando l’emergenza chiama... E che Coronavirus sia un’emergenza ormai nessuno ne discute. Così i presidenti dei tre soggetti (Dino Vaia per il Ceis, Giorgio Rossi per il CEdiS, Matteo Ventura per l’ASM di Tione) e relativi responsabili tecnici a metà marzo hanno sottoscritto un accordo di collaborazione. “Ciascuno dei tre partners”, racconta Giorgio Rossi, certamente il decano dei tre, “svolge servizi pubblici. Comune a tutti e tre è in particolare il servizio di distribuzione elettrica, servizio essenziale”. Ma perché un accordo? A cosa serve? “Ciascuno dei

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Attualità

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A Tione queste le sanzioni comminate secondo il Codice della Strada: 207 veicoli senza la prescritta revisione (dato stabile), 149 sorpassi vietati (in leggero aumento rispetto al 2018), 94 velocità pericolosa (dato stabile), 57 utilizzo telefono cellulare alla guida (dato stabile), 21 senza assicurazione (in diminuzione rispetto al 2018), 10 guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, 4 guida senza aver mai conseguito la patente. Sono stati 28 i sinistri con feriti (dato stabile), 42 le persone ferite e una deceduta. Novanta le pattuglie nelle attività festive (dato stabile), 53 quelle serali fino alle 22 e 40 oltre la mezzanotte, in aumento rispetto all’anno precedente, come richiesto da alcuni amministratori.mSono stati riscontrati 21 abusi edilizi e 25 violazioni ai regolamenti sui rifiuti. Per la attività di Polizia Giudiziaria e Pubblica Sicurezza, gli interventi sono stati 4 per detenzione o coltivazione stupefacenti, 3 per truffa, 2 furto, 2 vilipendio tombe, 2 ubriachezza molesta, 1 maltrattamenti in famiglia, 1 peculato, altri 28 per fatti di minor rilevanza o contro ignoti. Sono state ben 102 le ore di educazione stradale, dalla scuola dell’infanzia alle superiori, in forte aumento rispetto agli ultimi anni. Gli agenti hanno anche fornito servizio di vigilanza in 26 manifestazioni sportive e in 71 fra concerti e sagre. Tra le più rilevanti per ore di impiego ci sono i mercatini

Contravvenzioni per 120 mila euro in Alta Rendena

La polizia locale in numeri di Chiara Garroni Premesso, come sottolinea sempre il comandante tionese Carlo Marchiori, che i numeri non spiegano il lavoro della polizia locale in quanto la gran parte dei servizi non si conclude con cifre tangibili,

nelle scorse settimane sono stati resi noti i dati del 2019 relativi alle attività dei tre corpi di polizia che operano in Giudicarie, con sede a Tione, Pinzolo e Storo. Vediamoli nel dettaglio.

Violazioni dei decreti, giudicariesi attenti L’immaginario collettivo. Ahi, l’immaginario collettivo. Arrivano telefonate in cui ci si chiede di scrivere a proposito delle violazioni delle norme (indubbiamente stringenti) stabilite dal governo nazionale e da quello provinciale. E tutto perché nei primi giorni uscirono notizie (poche, ma si sa, quelle negative trovano orecchie più attente) riguardo ad alcune violazioni clamorose. Si pensi al milanese incappato nell’auto della polizia municipale a Roncone, ma era un milanese. Peggiore la notizia dell’assistente socio-sanitaria (giudicariese) beccata a Stenico, a far festa con gli amici, mentre avrebbe dovuto essere in quarantena. E allora subito a pensare:

“Ecco, la nostra gente sta peggiorando. Non è più la gente di una volta. Ahi, la perdita dei buoni costumi. Vuoi vedere che stiamo prendendo una brutta piega?”. Là dove per “brutta piega” s’intende una italianizzazione, anzi, spregiativamente, una “talianizzazione”. Allora, di fronte a tanto pessimismo, una capatina (telefonica, si capisce, perché muoversi di casa è problematico) presso la polizia municipale s’impone. E la sorpresa (scriviamo a fine marzo) è interessante. “Violazioni? Sarà che ci sono paesi colpiti duramente dal contagio, perciò la popolazione è letteralmente terrorizzata”, è la risposta. Quindi? “Quindi tutti a casa. Addirittura oltre lo zelo”.

Nel senso? “Che sono permesse le passeggiate vicino a casa e la maggior parte delle persone non fa nemmeno quelle”. Va detto che, dopo un inizio un po’ boccheggiante, le maglie si sono strette. Nelle Giudicarie, oltre alla polizia municipale, sono state mandate abitualmente tre pattuglie dei Carabinieri, rispetto all’unica abituale. L’intervento è stato rafforzato dalle uscite pure della Guardia di Finanza e della Polizia stradale. A sufficienza per far sentire il fiato sul collo a chi avesse avuto solo la sensazione di evadere. Inizio boccheggiante, si diceva. Non si può dimenticare il primo weekend di marzo, quando le piste di Pinzolo e Campiglio erano un tripudio di sciatori pro-

venienti da mezza Italia. In quel momento si comprese la gravità della situazione. Mentre le colonne di sciatori sciamavano verso la pianura, il ponte di Caffaro (accesso da sud al Trentino) veniva chiuso temporaneamente dalle forze dell’ordine, che rimandavano indietro i lombardi verso le loro case. Il blocco era durato poche decine di minuti, prima che arrivasse l’ordine di controllare a campione. Poi, di giorno in giorno, di provvedimento in provvedimento, anzi, di Decreto del presidente del Consiglio in Decreto del presidente del Consiglio, le fila sono state strette. Comunque i giudicariesi si sono dimostrati all’altezza. Parola della polizia municipale. Giuliano Beltrami

natalizi di Rango, le manifestazioni sulla pista da sci di Borgo Lares, la tre-giorni ciclismo giovanile nelle Giudicarie Esteriori, la Sagra della Ciuiga, l’Ecofiera e il Gran Carnevale di Tione. Sono state 232 le giornate di mercati periodici (Tione, Spiazzo, San Lorenzo, Campiglio, Comano Terme) e fiere; 635 gli accertamenti anagrafici effettuati per i Comuni convenzionati od altri enti. Passiamo alla attività di Pinzolo e dell’alta Rendena, comandante Filippo Paoli: la Polizia locale ha riscontrato un aumento delle sanzioni emesse attestandosi ad oltre 2.500 verbali per violazioni al codice della strada che sommati alle 35 violazioni amministrative sul regolamento dei rifiuti hanno consentito di introitare nelle casse comunali oltre 120 mila euro. Sono state 23 le auto sequestrate per mancanza di assicurazione e 115 quelle sanzionate per mancanza di revisione periodica, rintracciate soprattutto grazie all’ausilio del sistema comunale di lettura targhe. Gli incidenti stradali rilevati sono stati 41, le guide in stato di ebbrezza 8. Anche il settore della Polizia giudiziaria ha impegnato gli agenti in 28 comunicazioni di notizie di reato all’Autorità Giudiziaria spaziando dalla guida in stato di ebbrezza all’oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, alle minacce, alle violazioni edilizie e contro il patrimonio. Ciò che ha impegnato maggiormente gli operatori della Polizia locale è stata la gestione della sicurezza nelle numerose manifestazioni, che, soprattutto nei periodi di alta stagione sia invernale che estiva, intrat-

tengono i numerosi turisti dell’Alta Val Rendena e in particolare di Madonna di Campiglio. La “3Tre”, la Winter Marathon,il carnevale Asburgico, il campionato sci trasporto infermi, la Dolomitica Brenta bike, la sfilata delle giovenche, la Top Dolomites granfondo e la Summer Marathon. In Valle del Chiese i sinistri stradali rilevati nel 2019 sono stati 31, 247 le sanzioni per eccesso di velocità, 73 per sorpasso, 52 soste vietate, 44 le auto non revisionate. Il comandante Stefano Bertuzzi sottolinea come le pattuglie abbiano concentrato i propri sforzi nell’assicurare il rispetto dei limiti di velocità in un’ottica di interventi prettamente preventivi, cosa che ha limitato al massimo l’attività sanzionatoria. Ad esempio, sono stati scelti soltanto luoghi ampiamente visibili da parte degli automobilisti come postazioni Telelaser per la rilevazione della velocità, così da determinare una prima riduzione della velocità senza dover ricorrere necessariamente alle sanzioni. La nuova formulazione del codice della strada che impone che la pattuglia di accertamento sia ben visibile e presegnalata da apposita segnaletica, ha prodotto una diminuzione dell’attività sanzionatoria seppur non in misura eccessiva. L’installazione dei cosiddetti speed check ha portato ad una attività sanzionatoria tramite autovelox ivi installati ma al contempo ha diminuito la velocità. L’uso del Targa System ha portato ad un considerevole aumento delle sanzioni per assicurazioni e revisioni. Forte impegno è stato profuso per la prevenzione all’abuso di alcool da parte dei minori, sia con attività di educazione nelle scuole superiori sia con controlli diretti nelle sagre delle pro loco. Si è visto che il problema sussiste soprattutto nell’approvvigionamento di alcol prima delle feste, dove i minori si presentano già ubriachi o con gli zainetti pieni di superalcolici. Grazie alla norma provinciale che vieta ai minori di assumere alcool in luoghi pubblici sono state comminate ai genitori una decina di sanzioni. Eclatante il caso di un minore che aveva nello zaino sette litri di superalcolici.


Memoria Ma andiamo con ordine. Da qualche tempo da Balbido era stato tolto il famoso “cesto più grande del mondo”, un enorme cesto di vimini dalle impressionanti misure di lunghezza alla base di 9,50 metri e larghezza di 4,50 metri, con 600 giri di vimini di nocciolo, per un totale di 21 chilometri, che era posto in un’area vicina alla chiesetta di San Luigi. Liberato questo spazio, il comune decise di realizzare una rampa per disabili per l’accesso alla vicina canonica, incaricandone la ditta Grazzi Ognibene, che subito iniziò gli scavi. Il 15 giugno, era domenica, i lavori erano fermi e molti ragazzini del posto stavano giocando attorno al cantiere. Uno di loro, Leano Tosi, notò all’improvviso qualcosa di strano emergere dal materiale di riporto nelle montagnole di terreno smosso: erano decine e decine di frammenti di terracotta colorata, alcuni ancora sepolti a fondo nello scavo. Di cosa si trattava? Saggiamente il ragazzino decise di avvertire subito Tomaso Iori, anche allora noto appassionato di storia locale, chiedendogli spiegazioni di quella curiosa scoperta. Spiegazioni che tuttavia non arrivarono subito, anche perché lo stesso Tomaso rimase vivamente stupito da questa notizia, non conoscendo il perché e il “percome” di questo ritrovamento. Ma un grande interesse si era impadronito

dell’appassionato, che ora voleva saperne di più. Recatosi insieme al giovane Leano al luogo del ritrovamento, dal terreno reso umido dalle recenti piogge videro emergere a decine nuovi frammenti, con varie e splendide

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Quando la storia bussò alla porta di Tomaso Iori

Le ceramiche del Bleggio, un ritrovamento fortuito di Aldo Gottardi

Accade spesso nel corso della storia che scoperte estremamente interessanti avvengano per puro caso, all’improvviso, aprendo nuove e inaspettate finestre sulla storia dei propri paesi. Sono eventi rari, voluti da pure coincidenze, eppure qualche volta succedono. E, spesso fortunatamente, queste scoperte “incontrano” le persone giuste, quelle più curiose ed

interessate e che le possono valorizzare. Si era alle porte dell’estate del 1997, il 15 giugno, e nel paese di Balbido la vita scorreva pacifica e tranquilla come sempre. Ma una grande scoperta stava per essere effettuata. O meglio, stava per andare a bussare alla porta di Tomaso Iori, l’attuale vulcanico curatore del Museo della Scuola di Rango (fondato nel 2001). realizzare un frutteto. Per nove mesi quindi i lavori di scavo si avvicendarono in quell’area, ribattezzata da Tomaso e dai suoi collaboratori “la Montagna Sacra”, estraendo dalla terra casse su casse di frammenti, molti dei quali poterono essere ricomposti tra loro mostrando incredibili disegni e fantasie provenienti da chissà quale passato e da quale storia. Niente ancora infatti si sapeva dell’origine di queste fonti, anche se via via si faceva sempre più spazio l’idea che qui in paese fos-

decorazioni e disegni, che Tomaso iniziò a raccogliere e ripulire: “Ormai anch’io ne ero stregato! Quella domenica ha segnato una tappa miliare della mia storia (e non solo mia)!” dirà in seguito. Si attivò quindi per ricercare

e scoprire l’origine di quel ritrovamento. Anche il proprietario del terreno, Lidio Crosina, non sapeva nulla di questi cocci, ma si dimostrò gentilmente disponibile a far effettuare a Tomaso e ai suoi aiutanti (perché ormai

anche Leano e suoi amici erano coinvolti da questa avventura archeologica) le ricerche e gli scavi necessari, convincendo ad aspettare qualche mese anche la ditta Ezio Farina incaricata di smuovere quel terreno per

TERRITORIO, PERSONE E COMUNITÀ.

se sorta in passato una o più fornaci per la realizzazione di queste terrecotte. Ma prove definitive ancora non ce ne erano, se non le ormai centinaia di pezzi che ogni giorno uscivano dal terreno e venivano fotografate e

schedate da Tomaso e dalla sua squadra, cominciando anche le prime ricostruzioni e restauri pulendo e raggruppando le formelle per motivi, bordi, colori e (dove possibile) soggetti. Nel frattempo tutte le imprese di costruzione e tutti i lavoratori edili della zona furono informati (“i meno interessati a queste storie erano gli impresari ed i capi cantiere: forse temevano che avrei fatto perdere tempo ai loro subalterni!” ammetterà Tomaso), in caso di altri ritrovamenti che puntualmente avvenivano. Ormai Tomaso era identificato da tutti con la sua nuova ricerca, tanto da farlo conoscere in zona come “l’Uomo delle Ceppe”. Ma la ricerca doveva per forza evolvere, se si voleva dare risposta alle molte domande che ormai nascevano tra tutte le persone coinvolte. Si tentò quindi una ricerca bibliografica ed archivistica, per stabilire l’origine di questo materiale, ma non si trovò nulla, nemmeno un minimo riferimento ad una possibile industria del genere in questa zona. In nessun museo del nord Italia c’erano notizie relative alle Giudicarie e nemmeno volumi e saggi sul tema. Eppure le fonti erano emerse, quasi a ribadire uno scampolo di storia locale da tempo dimenticato (o meglio, sedimentato) e che ora prepotentemente voleva ottenere la giusta visibilità. Tomaso ne era sempre più consapevole, e sapeva che da questo momento in poi si apriva per lui e i suoi collaboratori un nuovo, e forse più impegnativo, lavoro. (Segue nel prossimo numero).

www.cr-adamello.it


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Parlando giudicariese

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Il “bene comune” posto a centro campo Amministrazione primaria e secondaria

Mentre sto scrivendo ormai alla vigila dei miei vicinissimi 100 anni, mi trovo a ripassare quanto ho fatto nella vita ed i ricordi mi ricollegano alle battaglie, in Giudicarie, per le elezioni comunali, nelle quali sono stato coinvolto di persona nella mia borgata, ma pure essendomi trovato pure coinvolto a viverle a livello comprensoriale con le tante pubblicazioni curate per la propaganda di questa o quella compagine di carattere politico-amministrativo. Mi sono spesso trovato imbarazzato poiché la maggior parte di coloro, che desideravano impegnarsi a guidare i propri Comuni, genericamente insistevano nel vantarsi con ampie promesse di “amministrazione straordinaria” pensando a che cosa si sarebbe potuto fare (con sole e vaghe promesse), trascurando di impegnarsi all’impegno (anche personale) per la “ordinaria amministrazione” che - secondo me - rimane, invece, la basilare sostanza di chi dichiara di impegnarsi per il bene della propria comunità. Ho avuto anche la ventura di trovarmi impegnato a tenere dei corsi di “formazione amministrativa” a Pieve di Bono col “Gruppo d’Intesa”

di Mario Antolini Musón L’anno 2020 che coincide con il rinnovo delle amministrazioni comunali in Trentino, mi spinge a riportare nuovamente il discorso sul “bene comune” giustamente considerato dagli Statuti (o Regola) ed a casa mia col “Gruppo Proposte Nuove” del Bleggio Superiore. Pensandoci adesso, ad oltre quarant’anni di distanza, si trattava di qualcosa di certamente nuovo, ma che è rimasto isolato (almeno in Giudicarie) ed a sé stante. Tuttavia una singolare esperienza che mi è rimasta nel cuore, poiché si trattava di giovani non iscritti ad alcun partito e senza esperienza amministrativa, ma che erano animati dal solo desiderio di potersi “preparare” per tentare di entrare nei Consigli comunali portandovi il loro entusiasmo consolidato da conoscenze che sostanziavano quel po’ di “preparazione” in sé originale e strettamente legata al proprio territorio ed alla propria gente di appartenenza e di competenza. Infatti, il punto di partenza di quegli incontri - (che si sono protratti per mesi negli anni 1980 e dintorni con incontri sempre notturni, dopo cena) - stava nel motto: “Conoscere per amministrare”. Quindi

Il Giornale delle Giudicarie mensile di informazione e approfondimento

Anno 18 n° 4 aprile 2020 Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Aldo Gottardi, Matteo Ciaghi, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Adelino Amistadi, Mario Antolini Musòn, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Alfio Ghezzi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Alessandro Togni, Alberta Voltolini, Ettore Zampiccoli, Marco Zulberti, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 3 aprile 2020 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129

“conoscere”, innanzitutto, il proprio territorio urbano e non-urbano (montagna) e la propria gente e, successivamente, conoscere le più importanti modalità per gestire, secondo leggi e regolamenti, il “bene comune” nel tempo attuale, pure ben conoscendo, sufficientemente bene, anche come gli Avi avevano saputo gestire tutti i territori giudicariesi con tanta oculatezza e saggezza da far sì che le popolazioni del presente ricevessero in gratuita eredità delle vallate dai paesaggi incantevoli - ricchissimi di verde e di acque - ed un inurbamento fra i più ben organizzati ed esemplari. Non lo si ribadirà mai abbastanza: senza “conoscenze” dirette sia del patrimonio terriero che umano, che ci si trova a dover gestire, non si potrà mai (né si dovrebbe) mettersi in gioco: si corre il rischio di produrre enormi ed incalcolabili danni a causa della personale “incapacità” ed “impreparazione” (anche indirettamente ed involontariamente). Altro punto fondamentale di ferimento da tener presente è quello denominato giuridicamente “ordinaria amministrazione”, e che a me piace definire “amministrazione primaria”. Non se ne parla mai e men che meno nel materiale di propaganda elettorale. Forse la si dà per scontata o per nota, ma in effetti -

giudicariesi del Medioevo un “bene da preferirsi al bene privato” e, perciò, da gestire con il massimo impegno, con comprovata capacità e con oculata saggezza.

nel constatare come vanno normalmente le cose - pare proprio che non se ne tenga conto. Anche nei consigli comunali ci si accapiglia per le cose “nuove” da fare e, nel contempo, si lascia che il l’abitato urbano (e tutto il territorio montano) venga trascurato e si vada sfasciando perché manca la tempestività dei necessari provvedimenti di “ordinaria amministrazione” che vanno effettuati giorno per giorno. Secondo me (e la logica delle cose) questa oculata presenza quotidiana riguarda la funzionalità e la regolarità degli uffici, la manutenzione delle strade onde evitare qualsiasi accidente del fondo stradale, la manutenzione ordinaria degli impianti dell’acquedotto e della illuminazione pubblica e privata. Poi la pulizia di ciascun anfratto dell’abitato e la peculiare raccolta delle immondizie, nonché la gestione cimiteriale con annessi e connessi. Nel settore della cultura occorre la massima cura delle strutture edilizie scolastiche con l’approvvigionamento di quanto necessario al perfetto funzionamento dell’attività scolastica. Non vi dovrebbero essere edifici trascurati ma doverosamente tenuti e fatti tenere in ordine; così dicasi per le recinzioni sia pubbliche che private che, spesso, danno l’impressione di trascuratezza e di disordine. Ogni centro

abitato dovrebbe essere un gioiello, come attualmente in Giudicarie è esemplare il villaggio dei carbonai, Bondone: già al mattino di ogni giorno, ciascun abitante provvede alla pulizia e all’ordine di quanto di sua competenza: abitazione, strade e pertinenze. Pure compito di una ben percepita “amministrazione primaria” potrebbe e dovrebbe essere il mantenere vivo lo “spirito civico dei cittadini”, nell’atavica testimonianza (fissata nelle “Regole”) che una volta al mese il “migliore di casa” doveva donare gratuitamente una giornata alla comunità per il mantenimento dell’assetto territoriale (vallivo e montano) di competenza comunitaria. Negli anni della mia fanciullezza era ancora tradizionalmente presente la cura di carrarecce e sentieri e boschi e selve in montagna da parte dei cittadini che ne usufruivano; ogni sentiero era nelle mani dei censiti, e nei boschi non si lasciavano sparpagliate ramaglie per terra e né tronchi o piante cadute: si doveva provvedere in sintonia/aiuto delle guardie forestali a tenere boschi e selve ben ordinate e putite “come en bòmbo”. Questa particolarità mi fa ricordare ai miei anni in Giappone, dove nulla poteva essere lasciato fuori posto: doverosa la perfetta manutenzione dell’abitazione e

di quanto di sua pertinenza. Entro le sette del mattino dovevo scopare tutta la strada davanti alla mia casa fino al confine delle case viciniori ed un giorno al mese dovevo essere a disposizione obbligatoria e gratuita per il riordino di tutto il rione cittadino nel quale mi trovavo. La parola d’ordine nazionale in quel Paese era ed è “armonia” (wa) che voleva e vuol dire perfetta ed armonica manutenzione del Creato, nel quale gli umani vivono, ma nel pieno rispetto di tutto ciò di cui ci si trova a gratuita disposizione, ma che non va usurpato, bensì usato con la massima osservanza attraverso i propri comportamenti. Proprio da quanto appreso nei collegi di formazione salesiana, che in Giappone ho capito (e osservato) il giornaliero impegno affinché tutto sia a posto e funzionale al massimo, come già l’avevo assunto in famiglia per la perfezione con cui si doveva mantenrere l’abitazione e le pertinenze di casa: un’azione impegnativa e responsabile del “giorno per giorno” e col “nulla fuori posto”. Le stesse fondamenta di una saggia “amministrazione primaria” di ogni Comune amministrativo. Penso spesso a come sarebbe bello e importante vedere Sindaci e singoli amministratori pubblici passare, almeno una volta al mese, per tutte le vie, le strade, i sentieri del proprio territorio e soffermarsi a chiacchierare con i propri concittadini, chiedendo loro se tutto va bene o se se ci sia qualcosa che la gente trovasse fuori posto o non adeguatamente gestito. A me piacerebbero amministratori pubblici fatti così, da incontrare per strada e non da considerare degli sconosciuti che, magari, si sono votati a scatola chiusa, nulla conoscendo di loro. Incontrandoli e parlandone familiarmente con loro sentieri, con sicurezza, che il “bene comune” sarebbe gestito al bacio. Tuttavia, in conclusione, credo proprio che anche questa pagina non sia altro che una delle tante (troppe) illusioni del troppo vecchio Musón.


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di Marco Maestri

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Tutti giù per terra

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Diario Massimo di una quarantena (tra Netflix e smart working) Hai voglia a sognare….. siamo finiti come pesci nella boccia. Con la consapevolezza alienante di ciò a cui stiamo rinunciando, e il ricordo triste del bel mondo che fu. #iorestoacasa, un mantra formato hastag riprodotto in loop. Ovunque. Da settimane. #iorestoacasa…. ‘cazzo vuoi uscire a far cosa!?...Dopotutto fuori è primavera, eccheppalle andar in giro a piedi nudi sui prati fioriti. Meglio il divano, vuoi mettere? Me e la Settimana Enigmistica, congiunti in un amplesso di rebus e sciarade, con le ciclabili fuori che mi tentano peggio delle sirene di Ulisse… Ma hanno chiuso anche quelle, e allora non mi restano che flashback di minigonne e t-shirt a rievocar freschezza e vitalità. Quanto manca quella vitalità… #iorestoacasa. Branchi di compulsivi degli affollatissimi happy our, degli apericena, dei brunch e dei lunch, della pizza gourmet e dei mojito al discobar: riscopriamo la bontà del biscotti e caffelatte fatto a casa, della torta dalla mamma, del toast semplicesemplice prosciutto e formaggio. E se ci viene un po’ bruciacchiato è ancora più buono. #iorestoacasa. Con gli occhi incollati su YouTube e i suoi mille tutorial che ci insegnano di tutto e di più. Altro che Cepu e Scuola Radio Elettra. Potrei imparare a costruire un bunker, casomai il virus dovesse mutare trasformando tutto in un’apocalisse zombi. #iorestoacasa. Spiaccico il cervello sullo smartphone, vado in overdose di social e web. Posto a volontà, soccombo e poi rinasco sotto valanghe di like e di love, senza neanche subìre le ramanzine di psicologi e pe-

dagogisti forcaioli. Ora posso. Incremento le amicizie virtuali. Perché ora questi tempi bizzarri, in cui essere positivi è diventata una sciagura, ci incoraggiano a farlo. ‘Whatever it takes’. Tutto, ma proprio tutto pur di restare a casa. #iorestoacasa. Tra marmocchi e didattica a distanza non c’è mica da annoiarsi. Ogni 3 per 2 c’è

un flashmob a cui partecipare. E in più ho imparato lo smart working. Lo smart loving invece c’era già, tra sesso in chat e videochiamate hot. Di colpo, dopo sessant’anni in cui la politica e i media ci hanno considerato unicamente borsellini da mungere al servizio di una società consumistica all’ingrasso, siamo stati chiamati a stra-

Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio

volgere le nostre abitudini. Per decenni ci hanno bombardato di pubblicità e messaggi subliminali in cui NOI eravamo i portafogli deambulanti da svuotare: ‘compra, spendi, ricompra e sarai felice’. …produci, consuma, crepa… faccio il verso a Giovanni Lindo Ferretti mentre ordino su Amazon, comodamente seduto sulla

tazza del mio cesso. #iorestoacasa. Dopotutto non mi va di uscire e far festa chissà dove. Da bevitore godereccio, per i miei occhi il bicchiere è sempre mezzo vuoto. In tutte le cose. A prescindere. Ma stavolta forzo la mia naturale inclinazione e la costringo a scorgere un disegno positivo in tutto ciò. E ci vedo del PIENO, e del BUONO, anche in questo mostro chiamato Covid-19. Lui ci ha costretto agli arresti domiciliari. Noi gli rispondiamo con un calcio in culo. E cogliamo questa reclusione domestica non come una condanna, ma come un’OPPORTUNITA’. Goditi la tua casetta: adesso che puoi, hai tutto il tempo che vuoi. Fallo! Gioca con i figli, racconta loro delle storie. Fai un giro di Monòpoli. Sfidali alla PlayStation. Leggi. Impara a suonare uno strumento. Fa’ un po’ di pesi e tapis roulant. Scolpisci gli addominali. Canta. Se non sai disegnare, disegna. Balla. Se non hai Fido hai Netflix, se non hai Mimì hai Sky… E pensa… pensa a questa maledetta, infinita distanza tra te e gli altri, al piacere di un semplice caffè al bar, a tutti i mancati abbracci, a tutti gli inutili bisticci … Pensa a chi vuoi bene. Pensa a chi è con te. Pensa a chi ti manca. Pensa a chi TU manchi. E pensati. Con l’intensità e la leggerezza di una primavera. Riscopriti umano se credevi di averlo dimenticato. Riscopriti innamorato se pensavi di non esserlo più. Riscopriamoci forti attraverso la consapevolezza della nostra fragilità. A volte bisogna disconnettersi per riconnettersi.

Telefonate ai tempi del Coronavirus

Massimo Cacciari sostiene che, dopo tutto questo, nessuno sarà come prima perché la vita di ognuno di noi avrà altri valori da perseguire. Ferruccio De Bortoli ricorda che la moralità e la civiltà di un popolo si misurano da come vengono considerati e protetti i vecchi. Qui mi sento coinvolta in prima persona....Il futuro ha un cuore antico. Stavolta, sono io a te-

Mio nipote F. da Mantova: “Zia, ho riletto il capitolo della peste nei Promessi Sposi...Non ancora l’assalto ai forni....Il museo nel quale lavoro è stato chiuso, che tristezza: sono quasi incredulo che tutto questo possa capitare a noi...”. lefonare agli amici. La mia citazione letteraria si rifà ad Omero: quando Troia brucia e tutto intorno è rovina e morte, Enea si carica sulle spalle il vecchio padre Anchise, stringe la manina al figlioletto Ascanio e fugge lontano per portarli in salvo.

Rispondo: “Non dobbiamo perdere la testa...”. La mia amica I. da Lazise: “Ho in mano ‘La Peste’ di Camus....Ho riletto ‘La livella di Totò e la chiamo, tra me e me, la livella che pareggia tutta l’erba del prato.”

La sintesi di tanti pensieri e sentimenti ci mostra la scena struggente, eroica ed alla fine vittoriosa. Ultima telefonata da Mantova: “Zia, ho trovato cinque parole, cinque, non una di meno né una di più: fermati, aspetta la tua anima.” Parole rivolte a ciascuno di noi. Liliana Pecchioni


Opinioni a confronto BOTTA E RISPOSTA

vilgiat@yahoo.it

Le case di riposo sono state chiuse a tutti i visitatori. E’ una situazione penosa per gli anziani ricoverati ma altrettanto dura per i loro familiari., anche se la direzione e il personale fanno di tutto per mantenere un minimo di rapporti. Non sappiamo come andrà a finire, ma non riusciamo a renderci conto della necessità di tanta severità da parte delle Istituzioni, che ci sembrano talvolta sfiorare la disumanità… gli amici del bar Credo che ormai siamo tutti consapevole della situazione in cui siamo, la chiusura ad ogni rapporto con gli altri si sta rivelando una misura indispensabile per tentare di frenare il contagio. Non è facile adeguarsi, ma necessario. Purtroppo il coronavirus sembra aver-

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Misure restrittive durissime

cela in particolar modo con gli anziani. I più deboli, gli ammalati e i nostri vecchi sono i primi a soccombere. Oltre tutto muoiono male, di una morte crudele, pietosa. Senza una carezza, senza l’ultimo sguardo dei

Più paura delle conseguenze economiche che del virus

propri familiari, muoiono in una straziante solitudine. Sono i medici e infermieri che li assistono con grande generosità e sensibilità coloro che li accompagneranno fino alla fine. Così è per i deceduti, ma altrettan-

to spietato e tragico è il momento per i vivi. Non solo non hanno potuto assistere il proprio caro ammalato, ma lo stesso funerale è ridotto a pochissimi presenti, un prete quando va bene, e nessun altro. Questo è il tempo del corona virus, questo è un tempo di guerra. E quando si è in guerra non c’è altro che adeguarsi, compiere con convinzione il nostro dovere, seguire le direttive e non mollare mai. Così mi diceva mio padre, ragazzo diciottenne in guerra sul Piave, dall’altra parte si intende, e lui la fece franca. La guerra finì e lui tornò al suo paese e ricominciò a vivere. E’ quello che auguro a tutti noi: di poter quanto prima tornare alla normalità. Adelino Amistadi

Non c’è solo il Coronavirus

Ciao Adelino, io ho 26 anni e non ho alcuna paura del Coronavirus. Sono più dispiaciuto per la perdita del lavoro: mio padre ha dovuto chiudere la sua ditta artigianale, abbiamo dovuto mandare a casa un paio di lavoratori, fra qualche tempo ci saranno le banche che ci chiederanno di pagare le rate, poi lo Stato ci chiederà di pagare le tasse, non so se ce la faremo a riaprire la ditta, ma questo non sembra interessare molto, sono tutti presi dal Coronavirus… Roberto Purtroppo ci sono molte aziende, molti lavoratori, molte persone che sono a rischio e si interrogano sul futuro delle proprie imprese. E’ chiaro che accanto all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, sta venendo avanti anche un’emergenza economico-sociale che va affrontata con misure adeguate ed eccezionali. Ma credo che finché non avremo sconfitto il Coronavirus, abbia poco senso parlare d’altro. Poi verrà il tempo della ricostruzione e della ripresa. E se sarai solidale con tuo padre e lo aiuterai a non mollare, allora potrai riaprire la tua impresa. Piccola o grande che sia. Ma lasciami dirti una cosa: sbagli però ad affermare, seppur provocatoriamente, di non aver paura del coronavirus. I tuoi 26 anni forse te lo possono permettere. Ma sbagli, secondo me, perchè del “maledetto virus”, proprio perché maledetto, infido ed invisibile, bisogna averne paura e comportarsi di conseguenza. Con grande senso di responsabilità e rigore, a qualsiasi età. (a.a.)

Ho la sensazione che il clima dell’epidemia del Coronavirus abbia portato a trascurare altre gravi malattie. Io ho avuto recentemente una grave malattia dalla quale sono uscita per miracolo, ma sembra che non interessi a nessuno, e se mi lamento, mi guardano sorridendo sotto i baffi, quasi a dire. “...ma che vuole quella, adesso c’è ben dell’altro di cui preoccuparsi...” Non è giusto. Gloria Cara amica, il tuo caso ci racconta uno degli aspetti più incredibili di questa vicenda: ormai sembra che gli unici malati al mondo siano i contagiati dal Coronavirus e che la sola malattia che sia degna della massima attenzione sia quella. Altre rogne non esistono, non c’è tempo di preoccuparsi d’altro. Ma non è così, ci sono uomini e donne che devono essere ricoverate in ospedale per sottoporsi a terapie, interventi chirurgici, che devono curarsi perché ammalate, anche se le loro malattie non c’entrano per niente con il Coronavirus. E a loro dobbiamo dedicare le stesse attenzioni di prima. Il Coronavirus è tutta un’altra cosa. Ecco perché dobbiamo augurarci di tornare presto alla normalità. Il più presto possibile. (a.a.)

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Troppi giovani in giro “Tutti chiusi in casa” è lo slogan di questi ultimi giorni. Ma sembra che siano ancora molti i “furbetti” anche in Giudicarie, che con le più svariate scuse, cercano di eludere la direttiva delle Autorità. Soprattutto i giovani, i ragazzi, per loro è certo più difficile e noioso rimanere chiusi in casa, ma devono rendersi conto che non si può farne a meno se vogliamo, chissà quando, uscire dalla ferale situazione in cui siamo… Ezio Hai ragione purtroppo e ne approfitto anch’io per lanciare un appello ai nostri ragazzi. So bene, e per fortuna, che i giovani non sono nelle categorie ad alto rischio e quindi possono essere portati ad affrontare la situazione con leggerezza, ma, vi prego, ragazzi, abbiamo bisogno di voi e non dovete andare avanti come se nulla fosse solo perché sembra che il nemico, il maledetto virus, non ha voi nel mirino, ma gli anziani e le persone fragili della società. Siete scesi in piazza, nel passato, per tante proteste più che giuste, il clima, la politica, la scuola, ora anche nei nostri paesi abbiamo a che fare con un’altra emergenza, lo sapete, si chiama Coranavirus. E allora, per lo stesso senso civico che vi ha movimentato su altre tematiche importanti, vi si chiede il contrario: di non uscire, di non mescolarvi, di rinunciare alle vostre feste, a radunarvi per i vostri divertimenti. Usate i social e date una mano con la vostra fantasia ad allentare la tensione che ormai è diventata normalità. La crisi passerà e torneremo a stringersi la mano e a baciarci. Ora però è allarme rosso. Non ci sono scuse. Restate in casa. Non create problemi ulteriori che già ce ne sono in quantità. Scendete in campo! Dimostrate d’essere ragazzi in gamba. In altre parole: state a casa! (a.a.)

Grazie al personale dei supermercati Buongiorno, vorrei pubblicaste questa mia mail sul prossimo numero del giornale per ringraziare chi in queste settimane difficili lavora nei supermercati garantendoci il cibo. Queste persone lavorano a stretto contatto con noi clienti, rischiando anche la vita. Grazie anche al personale sanitario e a tutta la macchina che lavora indefessamente per portarci fuori da questa pandemia, ci mancherebbe. Ma vorrei dire un grazie particolare alle cassiere del mio supermercato e a tutti gli altri, in tutta Italia e e nel mondo. Non è così scontato pensarci. Grazie! Mirko Silva - Tione


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