Giorno Zero di Edoardo Gallo

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Edoardo Gallo Giorno Zero

Copyright ©

Associazione culturale edizioni Liberodiscrivere®

Responsabile della pubblicazione Edoardo Gallo

Libro: ISBN 9788893390477

Prima edizione febbraio 2017

Questo libro è in vendita anche su: www. Liberodiscrivere. it

Questo libro è stampato su carta FSC® amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council.

La riproduzione, anche solo parziale, di questo testo e immagini, per mezzo di copie fotostatiche o con altri strumenti, senza l’esplicita autorizzazione dell’Editore, costituisce reato e come tale sarà perseguito.

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Giorno Zero

3 Edoardo Gallo

Un pensiero affettuoso e riconoscente a Grazia e Andrea

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...Lancio un sasso nell'acqua immobile e cerchi s'allontanano dal centro divenendo grandi e poi immensi come occhi di farfalla che di verde e di cento altri colori rifrangono qui sulla sabbia e laggiù volano tra i bagliori dell'orizzonte. In quegli occhi incrociano tutti i sentieri del destino...

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Prefazione di Grazia Apisa

Già dalla lettura di questa prima poesia, Ed è luce di Edoardo Gallo, mi sono resa conto di trovarmi in un luogo di emozioni forti, bagliori, movimenti dell’animo che dipingono la quotidianità, e ci rappresentano momenti vulcanici, talvolta imprevedibili:

Irrompono con la forza istintiva che rende un istante nella sua unicità irripetibile. Difficile commentare, talvolta impossibile.

Occorre invece affidarsi allo stupore del poeta che illumina ogni suo scritto di quell’ardore unico che lo traversa. Così in Ed è luce:

“Dal crine del monte urlo emozioni che riempiono la valle di echi, …e tornano, mi accarezzano…e mi baciano

Ed è luce e tu sorridi”

Ed anche

“Tu come legno di queste assi di pino; tu come il profumo di corteccia…

Tu come i rami di questo nespolo irti verso il cielo”

Si comprende già ciò che il poeta vive e crede essere poesia, infinito: Il sentire al di là di ogni conoscenza o sapere.

Il sentire è fondamento di ogni poetare.

Il sentire è la radice dell’infinito.

“Esiste un posto nell’anima che assomiglia a me dove ogni istante è vita, dove ogni attimo è amore

dove anche se è buio io vedo la luce” .

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Dove ogni paradosso diviene possibile. E il poeta può dire:

“Non ascoltare le mie parole”

ma

“come sorda ascolta le emozioni di quel che veramente senti”

Così può definire le donne

“porte dirette verso l’ignoto, collegamento con l’infinito”

In Momento notturno scrive:

“Se tu fossi qui vedresti i miei pensieri illuminati dalla luna mescolarsi al frangersi delle onde ed al fruscio delle foglie…”

In Potrei creare

“potrei continuare a rivelare a te ciò che sono e potrei nascondermi per sempre tra le crepe dell’inconscio”

In Un lampione fra le stelle

“C’è chi è cammino ed io sono un passo, chi è vita ed io un solo giorno; un momento appena, un attimo soltanto davanti all’infinito”

In Deve tacere il cielo il paradosso del poeta arriva a scrivere

“Dire è un verbo inutile

Fa silenzio cielo Taci mio cuore”

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Edoardo Gallo è il poeta che rinuncia alla parola, sua prima e fondamentale espressione, poiché la parola non può più raggiungere il suo sentire

In Raggio di luna il sorriso della sua donna diviene necessità estrema per il mondo, per la sua stessa sopravvivenza umana, senza il suo sorriso sarebbe un morire.

Il superamento della solitudine, intravista soltanto nel perdersi l’uno nell’altro, senza più argini, sconfinati insieme

Fino a che il poeta giunge all’amore, amare, come assoluto

“Amando nulla è più nulla e sul tutto ha sopravvento”

Questo significato estremo, ultimo, fonda ogni altro significato;

l’amore–amare s’impone come unica possibilità per sopravvivere, vivere nella sua profonda e suprema essenza.

Le parole assurgono a valore estremo, supremo, cibo necessario

all’anima più di ciò che nutre il corpo: Berle e mangiarle fino a sazietà

“e quando sarai sazia ne inventerò di nuove per continuare a nutrirti come fanno le gocce nel riempire il mare”

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… fino a morire. Ma morirebbe solo il mio corpo

Perché la mia anima che si ciba di poesia che si disseta di parole e respira emozioni continuerebbe a vivere”

Per Edoardo Gallo la poesia è vissuta come unico nutrimento essenziale al vivere.

“parlare, ascoltare non sono verbi infiniti sentire sì sentire è sicuramente infinito”.

Grazia Apisa Gloria “Come nuovo alfabeto”, Genova 2015, Liberodiscrivere ed.

https://apisablog.wordpress.com/tag/grazia-apisa/

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“Potrei non mangiare non bere più per giorni…

Ammiro le piante per la loro verticalità ed i fiori che adornano in silenzio l’erba e il morbido muschio che protegge il tronco.

Mi trovi seduto sotto il portico. Non do più retta alle stagioni, do spazio al tempo; e ti riconosco ancora, ora qui ora là in quel che vedo, in quel che sento.

Tu che danzi tra grappoli d’uva aggrappati a viti ritorte e margherite dal lungo stelo, lì nei prati della vita.

Tu come rugiada di prima mattina che scende foglia a foglia, scaldata dai raggi di un sole ancor pallido e timido.

Tu come il legno di queste assi di pino; tu come il profumo di corteccia intagliata e resinosa, come il tronco di quella betulla che si sporge curiosa dalla mura, tu come i rami di questo nespolo irti verso il cielo e tu come il glicine che si ramifica nel lato più bello del giardino.

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Ecco le nuvole basse a coprire la collina; respiro la foschia e mi inumidisce i polmoni. Ma dentro è tutto un incendio che brucia le sterpaglie e gli arbusti secchi per lasciare posto all’erba verde, al nuovo germoglio.

Dal crine del monte urlo emozioni che riempiono la valle di echi, …e tornano, e mi accarezzano…e mi baciano.

Ed è luce e tu sorridi

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Parole

Ho nostalgia delle parole; le mie parole rampicanti;

Quelle che ramificavano come il glicine, che si scagliavano al cielo come soffioni nel vento, aggrappate come un’edera ad ogni tuo respiro.

Quelle che nidificavano tra il desiderio e l’incoscienza, tra un sussurro ed un silenzio.

Quelle che incrociando il tuo sguardo ti trovavano sorpresa e nuda;

Quelle che sgorgando come acqua alla fonte dissetavano la mia vita

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Il tuo volto

Un monte, una valle. Una radura più in dietro; e germogli d’erba, e bacche tra i cespugli; là vicino le guance.

Salire e scendere, di una carezza sul tuo viso.

Non occhi ma laghi immensi, non ciglia ma alberi, rami e foglie. Ed attorno un canneto.

Danza la luce fra la collina e va riposare il sole sulle tue labbra.

Ed è rosso, e rosa questo tramonto che mi acceca, mi abbacina mentre ti guardo.

Un attimo, un istante e la luna è tra i capelli, ed un attimo dopo ritrovo il sole a guardarmi mentre sorge in te l’alba.

Non offuscare il tramonto, Non perdere l’alba;

Regalami la tua pelle

come terra fertile e di baci, baci e baci ancora saziami; rendi poi me lago e albero e ramo e bacca e canna al vento del tuo respiro

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In verticale

Se non ci sono pianure costruiremo in verticale. Se non esistono cose facili ci adatteremo e vivremo in verticale. Renderemo la montagna un prato e la scaleremo lentamente invece di correre veloci.

Se tutto appare difficile noi così renderemo facile qualsiasi verticale; e guardandola con semplicità e come fosse l’unico modo di fare pianura ci apparirà più tollerabile e forse persino divertente.

In quel momento avvertiremo che la verticale sarà pianura e più nulla sarà impossibile

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Vento (ode all’amico)

Leggero alitar di brezza mattutina dal mare scavi e trascini l’onda nelle mie vene livide e al cuor pulsar veloce.

Soffiar in viso rubami una lacrima del ‘non sempre’ e del ‘mai’ che mi rattrista, ma come dito accarezzi la mia bocca e mi scendi nel fremito germogliare di emozioni.

Vento nominar se potessi il tuo mistero che naviganti sfidarono… tu giungendo da molti lidi in me scompigli si foglie i lunghi capelli, le braccia scarne scuoti i rami e il mio albero forte ora cede, ora resiste nel virar di vele bianche.

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Oh amico che abbracciar non riesco, profumo e pelle di persone e luoghi, di voci e suoni, di anime e ricordi, che di lontano mi giungi e nuovo mi dai la direzione di un cammino non sempre facile e mutevole come il tuo nome, come son io.

Sei vento nel vento… aria nell’aria… sospirar continuo nel tuo alito e da te ancora mi lascio condurre e sostenere, nell’ode del tuo magico silenzio che faccio mia ed in solitudine tra le nuvole mi perdo e con te nel nostro oblio.

A sera, in fin dì, t’incontro al tramontar di luce e tu, caldo e sincero, mi sussurri le parole che attendevo ed in questa corrente di armonia l’eco dei nostri affetti torna forte a riempire dei nostri ‘per sempre’ spazi vuoti ed immensi cosmi

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