Lamberto Aliberti
I numeretti della manovra
Tendenze a breve: dove punta il PIL? La sorpresa di Babbo Natale (in leggero ritardo). In realtà ce l'ha portata l’Istat: due trimestri in discesa, il terzo e il quarto del 2018. Quindi tecnicamente siamo in recessione. Un po’ di compiacimento consentitecelo: l'avevamo previsto, vedi il documento precedente a questo, intitolato per l'appunto “Recessione”. Al contrario, la politica è stata colta completamente allo scoperto. Di Maio parla di “menzogne” del Governo precedente, che avrebbe taciuto una situazione economica drammatica. Conte ci spiega: “l'Italia è in recessione tecnica” dunque? sembra sottintendere non grave. E in effetti aggiunge: “Nessuna preoccupazione, era già prevista ed è collegata a fattori transitori esterni alla nostra economia. C'è una guerra di dazi che si sta componendo e deve comporsi. Non abbiamo ragione di perdere fiducia, c'è molto entusiasmo". E si lascia un po’ andare: “Sarà un anno bellissimo”. L'Opposizione naturalmente la pensa in tutt'altro modo. E come causa vede in particolare la crescita dello spread, iniziata nel luglio di quest' anno, a seguito di dichiarazioni poco concilianti del Governo rispetto all'unione europea. Gli economisti ravvisano una serie di misure idonee a farvi fronte, quasi sempre in linea con i rispettivi schieramenti politici. Nessuno però affronta le questioni centrali: quanto dura la recessione e soprattutto quali sono le sue cause. Il compito che ci assumiamo noi, a partire da questo documento. Che sarà solo il primo di una serie. Obiettivo: darne le linee statistiche, prima di tutto di durata, in secondo luogo quanto sia la conseguenza dei fattori del PIL.
Tendenze a breve. Ecco il risultato di un modello proiettivo tradizionale, disponibile per tutti, come gli altri. Metodo: determinare i limiti minimo e massimo della dinamica delle variabili, cioè quello forcella al di sopra e al di sotto della quale non è possibile andare. L’orizzonte è: primo trimestre 2016-quarto 2021. Cominciamo col PIL, visto a sé. I fattacci del terzo e quarto trimestre dell'anno scorso sono ben evidenti: recessione. Ora però scopriamo come sia stata annunciata: la velocità di
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crescita stava già scendendo dalla metà del 2017 e l'inversione oggi appare prevedibile. Sul piano prospettico riscontriamo una forcella di dimensioni un po’ magnificate dal diagramma, perché nel punto estremo, quarto 2021, la differenza tra minimo e massimo è intorno al 6,5%. Quanto al futuro, ci preannuncia la coesistenza di ipotesi di crescita e recessione, con prevalenza della seconda, anche se poco accentuata e relegata al 2021. Nel passare ai fattori costitutivi del PIL dobbiamo precisare che il quadrimestre 2018 non è un consuntivo, come prima, ma già frutto di proiezione, sia pure corretta dal dato Istat complessivo. I consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali hanno una storia molto più movimentata del PIL. A partire dalla fine del 2016 un susseguirsi di stop and go, direbbero gli americani, anzi il contrario go and stop. Chi se n’era accorto? Grave peccato per una grandezza con un peso rilevante sul PIL, un bel 60%. Il futuro però è leggermente più ottimistico, con una forcella leggermente più contenuta: un'ipotesi di crescita poco meno debole della precedente, un'ipotesi di riduzione inferiore, sia pure di poco. E la combinata vede una sostanziale stabilità. Veramente disastrosa la dinamica dei consumi delle Amministrazioni Pubbliche. Una storia praticamente piatta, che però prelude a un'ipotesi di recessione. La forcella è la massima. Dobbiamo però considerare che siamo difronte a un fattore sotto controllo della politica. Insomma, i consumi pubblici
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sono una decisione, quindi possono essere usati per correggere andamenti poco gradevoli, ma anche obbligatoriamente in discesa in una situazione come la nostra col debito pubblico opprimente. Sorpresa per quel che riguarda gli investimenti. C'è tutta una litania, promossa dagli economisti che sostiene che sono insufficienti alla crescita del paese, per i più il nostro punto debole. Può darsi che sia vero, però noi constatiamo nella storia recente una dinamica di stop and go assai acentuata, al limite dell’isterico. Che non altera il complessivo quadro di crescita e neanche piccola. Il risultato è una proiezione positiva, senza discontinuità, con una forcella minima Andamento complessivamente positivo dell’export. Il 2017 e il 2018 sono peraltro piuttosto mossi in su e giù. Ma le fasi di crescita sono prevalenti e la proiezione risulta completamente positiva. Questo ci induce a una constatazione: nostri calcoli non hanno alcun valore previsivo, semmai sono una sorta di
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consuntivo dinamico e semplificato, buono per arrivare alla previsione, che faremo, con un modello adeguato. L'import viaggia in un modo molto simile all’export, mosso però un po’ più tardi, dal 2018, con meno onde, ma decisamente più pronunciate. Ne deriva ancora una proiezione a breve nel complesso positiva, ma con una tendenza, alla fine del periodo, cioè verso il 2021, alla stabilizzazione. La forcella è leggermente maggiore, tanto che ci viene voglia di vedere i 2 fattori combinati. Un quadro che più tubolento non si può ce lo fornisce il commercio estero, la combinata dei 2 fattori precedenti in relazione algebrica, export meno import. La proiezione è invece tranquilla, compresa fra una sostanziale stabilità e una crescita decisamente accentuata, che ci porterebbe un valore maggiore del 40% circa rispetto al minimo. Rivediamo la variabile in proiezione autonoma. Ne risulta una crescita decisamente più
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accentuata, addirittura un 40% in più, mentre la soglia minima è sostanzialmente uguale. A questo punto possiamo rivedere il PIL, ricalcolato come somma algebrica dei 5 fattori. La forcella cambia di pochissimo, ma è la tendenza minima a mutare: da una diminuzione piuttosto pronunciata nell’orizzonte storico alla sotanziale stabilità per tutto il periodo, con un segnale debole di recessione alla fine del 2021. Di conseguenza la media dei 2 estremi è intonata alla crescita, al contrario della stima precedente. Per chiudere l’analisi confrontiamo le 2 stime centrali del PIL: nell’ipotesi migliore una crescita del 6% circa in 12 anni, cioè mezzo punto all’anno del 4% in quella peggiore, con una tendenza finale chiaramente recessiva. Per fortuna non è previsione.
Conclusione e programma. L’insoddisfacente dinamica a breve ci induce a provare ancora un’alternativa nel medio periodo, il 2030, sempre in termini di pura e semplice proiezione. In questo modo avremo un tracciato, dei binari, per arrivare alla previsione vera attraverso un nostro modello, che ci fornirà un’ampia costellazione di alternative in funzione di fattori endogeni (es. il debito pubblico, gli
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investimenti, ecc) e di fattori esogeni, in particolare quella crisi mondiale, di cui si parla sempre piĂš insistemente. Lamberto Aliberti 5/2/2019