Viscochirurgia 2/2015

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C A S E REPORT

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Se in attesa di un trapianto l’ulcera si perfora, niente panico!!! Mettiamoci un innesto!

Vincenzo Marchese1 Flavio Cucco2 Viviana Randazzo3 Salvatore Longo1 Luigi Di Rosa3

1. A.R.N.A.S Civico di Cristina Benfratelli – Palermo – Dirigente medico U.O.C. di Oftalmologia 2. “Clinica Candela” – Palermo – Responsabile reparto di Oculistica 3. A.O.O.R. Villa Sofia-Cervello – Palermo – Centro di Ipovisione e Riabilitazione A.R.I.S. – Dirigente medico U.O.C. di Oftalmologia

>> RIASSUNTO La perforazione corneale, spontanea o posttraumatica, richiede spesso procedure chirurgiche lunghe e tecnicamente impegnative, più volte descritte in Letteratura con numerose varianti (colla, membrana amniotica, ricoprimento congiuntivale, trapianto corneale, etc)1. La persistente perdita d’integrità della camera anteriore da perforazione corneale porterà solitamente a sinechie anteriori e glaucoma secondario, cataratta e talora endoftalmite. Si devono prendere quindi misure immediate, per chiudere la perforazione, anche solo temporaneamente, in attesa di un trattamento più definitivo. La scelta del trattamento dipenderà dalla malattia sottostante oltre che dalla dimensione, dalla posizione della perforazione della lesione e dal residuo visivo. Questi trattamenti posso essere impiegati contemporaneamente o in modo graduale. Illustriamo la tecnica chirurgica da noi adottata in caso di perforazione corneale di piccolo e medio diametro, che prevede l'“innesto di capsula di Tenone in cheratotoplastica lamellare intrastromale per intascamento”.

>> INTRODUZIONE PAROLE CHIAVE ulcera corneale capsula di Tenone KEY WORDS corneal ulcer Tenone’s capsule

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Per trattare le perforazioni corneali sono stati utilizzati negli anni diversi tessuti autologhi e di donatore. Uno dei primi casi di uso di tessuto autologo per chiudere una perforazione corneale era stato Larsson nel 1948.2 Nel suo case report Larsson usa un innesto sclerale per chiudere un’ulcera corneale perforata dopo

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quattro tentativi infruttuosi utilizzando flaps congiuntivali. Il primo ad introdurre i flaps congiuntivali fu Schoeler nel 1881.3 Nel 1958 Gundersen pubblica una tecnica per realizzare un sottile flap mediante la dissezione della congiuntiva dalla sottostante capsula di Tenone, tecnica che rimane tutt’oggi in uso.4-5 Il razionale della rimozione della capsula di Tenone consiste nel ridurre la contrattilità del flap congiuntivale per cercare di ottenere una copertura più duratura della cornea malata. L’apposizione del tessuto vascolare sull’area malata consente di ottenere un’azione battericida e batteriostatica, di neutralizzazione delle proteasi e di riparare la ferita mediante l’azione dei fibroblasti.6 Gli adesivi tissutali, le lenti a contatto, la membrana amniotica, le terapie antibiotiche più recenti, antimicotiche ed antivirali, offrono oggi una valida alternativa per la gestione di lesioni corneali non a disposizione delle precedenti generazioni di chirurghi. Tali alternative hanno ridotto le indicazioni del flap congiuntivale di Gundersen, anche se questo resta una terapia appropriata e affidabile in casi selezionati.6 Il flap di Gundersen può essere una misura temporanea in casi acuti, seguito da una cheratoplastica, o una terapia definitiva per i casi cronici. Essa può coprire l’intera cornea oppure si possono realizzare flap parziali, progettati per coprire un settore specifico. Il limite di tale tecnica è rappresentato soprattutto dai casi con perdita di tessuto stromale a tutto spessore. In-


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