L'innestatore di schemi (di Giuseppe Salmeri)

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Frontespizio GIUSEPPE SALMERI

L’INNESTATORE DI SCHEMI “ENTRATE NEL LABIRINTO CIRCOLARE... ...SALITE SULLA MIA GIOSTRA”

2014


Colophon ISBN 9788887303704 1° edizione maggio 2014 Copyright © 2014 Giuseppe Salmeri Casa Bonaparte 43024 Neviano degli Arduini - Parma telefono 0521.84.63.25 mamma@mammaeditori.it www.mammaeditori.it

FINITO DI STAMPARE E RILEGATO NEL MESE DI MAGGIO 2014 PRESSO MAMMA EDITORI officina delle stampe


Sommario

Capitolo I La capacita’ cerebrale

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Capitolo II Il corpo e l’anima

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Capitolo III Paradossi intuitivi

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Capitolo IV Un ragionamento complicato

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Capitolo V Il labirinto circolare

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Capitolo VI Il pensiero autistico diventa comportamento

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Appendice 1 da Cicerone Somnium Scipionis 53 Appendice 2 da Blade Runner di Ridley Scott

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Ringraziamenti 59

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CAPITOLO I

la capacita’ cerebrale

Il nostro cervello, fin dalla nascita, è abituato a ragionare, sintetizzare, capire. È orientato a proporre, alla materialità dei concetti pensati e a quelli in embrione da sviluppare, il senso pratico di una esposizione logica e pragmatica, per poi approdare a un discorso quasi sempre colmo di significati comprensibili a tutti. Ha capacità astrattive e visionarie, cioè è in grado di costruire immagini mentali di un qualsiasi oggetto, reale o irreale, vicino o lontano, di grandi o piccole dimensioni. È in grado di fornire, quasi sempre, spiegazioni complete di avveni-

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menti o fatti appena pensati, siano questi di natura concreta o no. Ma la differenza che ci pone al vertice dell’universo finora conosciuto, unici nella nostra specie umana, è il pensare e subito dopo il ragionare sul concetto appena pensato. Questo traguardo evolutivo (un dono che molti non si accorgono nemmeno di possedere, fruibile nell’arco dell’intera vita) ci pone al vertice per completezza di conoscenze, acquisite o da acquisire, da scoprire o da interpretare, da vivere e per sopravvivere. Estrapolare dal pensiero un significato importante per poi scinderlo in tanti piccoli frammenti di significati, analizzarli e studiarne le affinità o le diversità: queste operazioni effettuate in pochi millesimi di secondo sono doti che solo un cervello umano può conoscere, studiare e adempiere. Effettuata questa premessa c’è da domandarsi il perché di “ tanta attenzione” sull’essere umano. Come mai solo noi abbiamo un universo pensante così vasto, così ricco di particolarità e così eterogeneo e pieno di migliaia di arcobaleni... La nostra comunicazione è completa, possiamo dare una spiegazione a tutto ciò che im-

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maginiamo e pensiamo, sia in termini concreti che astratti. Cioè noi siamo gli unici in tutto l’universo che possiamo argomentare sulla nostra persona e, cosa assai più importante, ragionare sul nostro modo di comunicare. Possiamo altresì darci spiegazioni sul nostro modo di pensare, e sui perché di quasi tutti i nostri comportamenti, sia verbali che non verbali. Questo fa si che noi ci sentiamo (tutti) non semplici comparse, a cui si dice di interpretare una certa mimica, una postura inanimata o di eseguire comportamenti prodotti da circuiti cerebrali stampati e irreversibili, come ad esempio la costruzione della tela di un ragno così bella, così perfetta, così rigorosamente funzionale, ma priva di ragionamento, sia propositivo che attuativo. Noi, al contrario, siamo protagonisti assoluti del nostro vivere quotidiano. Ed è per questo motivo che, a volte, ci sentiamo autosufficienti . Ecco, questo è il limite in discesa dell’essere umano, il fermarsi sul proprio egoismo e pensare di essere bastante a sé stesso. Ed è ancora per questo che, spesso, avendo smarrito il pensiero positivo di una grande speranza spirituale, scen-

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diamo intellettualmente nel baratro dei concetti assoluti, cioè in pensieri a senso unico dove c’è posto solo per il materialismo cerebrale, che sfocia nella non speranza, cioè nel nulla. È questo ancora il motivo per cui, anche se siamo idonei a fare quasi tutto, anche immergerci in grandi filosofie e magnifiche materialità concettuali, poi nella realtà di tutti i giorni siamo ipnotizzati dalla concretezza più spietata. Di converso però, anche se non ce ne accorgiamo, siamo circondati da grande spiritualità, una sorta di aura in forma di leggero e piacevole venticello, un alito profumato di invisibile spirito custode e protettore. La nostra concretezza fisica però quasi sempre prevale, e fa sì che nella realtà di ogni giorno preferiamo vedere e non immaginare, toccare e non astrarre, manipolare e non separare dai sensi. Quindi i nostri concetti, le nostre riflessioni immateriali, sfumano e si perdono diventando invisibili, calano in un oblio e meccanicamente finiscono in una parte cerebrale obsoleta, dove difficilmente torneranno su. Abbiamo così perso l’allenamento spirituale che ci rendeva diversi. Ed è ancora questa la motivazione per la quale

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se immaginiamo in piena notte la nostra scomparsa terrena, cadiamo in un baratro di angosce crescenti con domande senza risposte, perché la nostra diffusa materialità ci soffoca. Il presupposto che distingue la nostra esistenza da tutte le altre creature, è universale. “Per l’umanità esiste un futuro spirituale nella concretezza oltre questa prima esistenza?”. La mia personale risposta è sì! Ma non ci si arriva con il pensiero cerebrale materiale e concreto. Il dilemma di un avvenire spirituale concreto della nostra futura esistenza è incastrato, miscelato nel nostro DNA, quindi non scompare mai del tutto. Allora per questi ragionamenti o modi di pensare, siamo presi in contropiede, perché non abbiamo quasi mai riscontri pratici, concreti, visibili. Da qui per esempio la più tipica delle domande: ma è mai tornato qualcuno dall’aldilà a dirci qualcosa? La materialità e la concretezza di questo inciso non lascia dubbi, è stato prodotto dalla parte del nostro cervello più vecchio, più recondito, più animale perché esso ha usato solo la parte relativa alla concretezza che è conforme alla na-

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tura umana, tralasciando, valori, virtù, civiltà, educazione, cultura, etc, tralasciando addirittura “il Divino che continuamente ci parla”. Da qui nasce piano piano l’angoscia; essa si innesta nei pensieri e intorbidisce la limpidezza spirituale. Allora prevale l’egoismo materiale. Siamo di colpo catapultati in una solitudine terrena, incolmabile, inafferrabile, indecifrabile, ora prevale l’inesorabile pensiero del nulla, la scomparsa per sempre della nostra esistenza. In questo ragionamento, quasi senza rendercene conto, cadiamo in quell’abisso primordiale di paure ancestrali, paradossalmente create dal pensiero astratto (quello che ci permette di visionare senza verifiche empiriche qualsiasi cosa dentro la mente) che in questa circostanza prevale, ma non abbiamo la minima prova filosofica che la polvere è, la nostra ultima dimora; io so che non sarà così. In questo tipo di ragionamento, la materialità si è impossessata completamente della nostra ”umanità cerebrale”. Non abbiamo la minima speranza di sollevarci da questa voragine, se non con l’illusione, a volte, di cambiare pensiero.

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Dunque, quando ci riesce di farlo e capiamo il meccanismo dal quale siamo stati investiti, allora siamo in grado di allentare la pressione angosciante che ci ha avvolto, cambiando discorso cerebrale, cioè riponendo il concetto in una area cerebrale di parcheggio e lasciandoci distrarre dalle cose che più amiamo della vita. Per fortuna noi umani abbiamo a disposizione una grande quantità di risorse, tante, inimmaginabili. Purtroppo nella tavolozza dei nostri colori usiamo sempre i soliti e di conseguenza i dipinti spesso si somigliano molto tra loro. Proviamo per una volta a usare colori diversi, sicuramente realizzeremo un dipinto differente. Io mi fermo qui, per una serie di grandi e piccoli motivi che sicuramente chi ha letto queste righe attentamente comprenderà. Posso solo dire apertamente che filosofie e spiritualità sono di origine universale, quindi nella testa di tutti.

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RINGRAZIAMENTI Ti ringrazio per non avermi dato le ali, anche se mi fai volare alto. Ti ringrazio per avermi dato mio padre Angelo e per conservare ancora mia madre Giuseppina. Ti ringrazio per avermi dato mio fratello Giancarlo. Ti ringrazio per avermi dato Mimma. Ti ringrazio per averci donato Giusy e Conny. Ti ringrazio per avermi protetto e per avermi fatto vedere Gaia, Flavio, Valerio, Livia, i miei piccoli grandi nipotini. Un attimo è la mia vita terrena, la durata di un fulmine che squarcia in due la nuvola. Il tempo di un sospiro, l’odorare un fiore, dall’addormentarsi al risveglio.

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