Appunti lodigiani sulla vita di cascina (estratto)

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Eugenio Lombardo APPUNTI LODIGIANI

SULLA VITA DI CASCINA 2017


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Eugenio Lombardo Appunti Lodigiani sulla Vita di Cascina 2017

ISBN 9788899439217

1° edizione dicembre 2017

Copyright © 2017 Mamma Editori


Introduzione È possibile che le nuove generazioni, poco attente alla storia, leggere negli approcci, frenetiche nelle esperienze, non conoscano la realtà delle cascine, la cui eco di vita si è quasi ormai spenta. Non hanno ricordi che leghi il loro tempo ai giochi sull’aia, ai rumori della corte, agli odori delle stalle, ai profumi portati dal vento. Vivono inconsapevoli di una ricchezza che per secoli ha accompagnato la terra lodigiana e le cui radici ancora hanno propaggini e lasciano frutti nell’oggi. Impensabile di scindere la loro storia dalla natura e dai suoi ritmi, tanto è profondo il legame che le unisce al ruotar delle stagioni. Disseminate nella nostra campagna le cascine hanno un respiro antico e ci narrano di una storia sempre più lontana, sempre più spenta. Ciascuna assomiglia ad un fiore, discreto e schivo, ma non per questo dall’apparato meno perfetto e prezioso. I suoi colori seguono gli umori del cielo, ora ridente, ora cupo, ora serio, ora malandrino. È il sole l’amante più gioioso della cascina: sotto i suoi raggi le pareti arrossiscono di timido pudore ed emanano rosei bagliori di struggente bellezza. Il sole imprime vita e nuovo movimento al pullulare di attività che la cascina racchiude: Il cortile, l’aia, le stalle seguono frenetici ritmi di lavoro, senza sperpero di tempo, senza tregua di riposo. Sotto il sole la cascina sprigiona il suo profumo di messi, di fieno, di stalla, di sudore; un profumo buono perché viene dalla terra, dall’acqua che la bagna, dai vapori che trasuda. Nell’aria risuonano rumori: uguali, ripetuti, simili a cantilene, a nenie che affondano nella profondità del tempo. Ad essi si mescolano, sul far della sera, voci di fanciulli, grida di giochi, canti di festa, bisbigli d’amore. All’avvicinarsi del freddo e dell’inverno tutto pare assopirsi in un dolce letargo, ma all’interno delle mura ciascuno ritaglia piccoli angoli di tepore, ravvivati dal fuoco e da relazioni di affetto. La nebbia e la neve avvolgono la cascina in un tenero


abbraccio, le offrono preziose trine di gelo, grovigli di rami e di arbusti intrecciati in perfetti ricami. Una dopo l’altra esse connotano la nostra terra, dispiegano la loro bellezza, unica ed affascinante. Vivono una terra dolce, rigogliosa, essenziale. Chi vi è nato ne sente le radici profonde, la ama con la passione dell’amore, ne vive i fremiti e i sussulti, la tiene stretta nel cuore con gelosa intransigenza. Essa è parte del nostro vissuto, è lembo della nostra anima. Con più tempismo e maggior accortezza avremmo potuto ambire che le cascine entrassero a far parte del Patrimonio dell’Umanità. È un’ambizione andata in fumo perché ormai è troppo tardi. Molte sono andate perdute, altre sono state stravolte nella loro fisionomia. Le poche rimaste sono per lo più in pessime condizioni. Pur se non inserite nel sogno Unesco, le cascine sono comunque a pieno titolo un patrimonio indelebile dell’umanità, della nostra terra, della nostra gente. Per chi le ha vissute o conosciute esse rimangono impresse nel cuore e nella memoria. Per chi verrà ne resterà traccia negli innumerevoli scritti che delle cascine hanno cantato storia, vita, gioie e sofferenze. Vivranno in qualche modo una loro lunga o breve eternità, capace di riscattarle dall’oblio in cui il tempo di oggi pare averle vergognosamente confinate.

Andreina Garioni




Eugenio Lombardo

APPUNTI LODIGIANI

SULLA VITA DI CASCINA


a  Casolta dei  Codecasa  Mulazzano  La  C


LA CASOLTA DEI CODECASA MULAZZANO

Piove. Inaspettatamente. Un’acquerugiola viscida e avvolgente. Vado a Casolta di Mulazzano - tutto un dedalo di stradine che mi lasciano col fiato sospeso - a trovare un agricoltore, Davide Codecasa, che già al telefono avevo intuito, per affabilità dei toni, come nuovo amico. Un altro amico, il veterinario Francesco Ramella, mi aveva nel frattempo inviato un messaggio: salutami tutti, leggevo sul display del telefonino! Non immaginavo, tuttavia, un incontro così frequentato da gente accogliente e di sincera e garbata affettuosità: alla spicciolata, arriva la madre di Davide, poi il padre, quindi una sorella, poi una nipotina. Ho tre generazioni della famiglia Codecasa davanti, e altre due, precedenti, le abbiamo convocate dentro ricordi che pongono le loro radici dalla seconda metà dell’Ottocento. La frazione Casolta vanta vicende remote, e sempre sia lodato lo storico e prevosto Giovanni Agnelli che seppe scriverne nei suoi libri, uno in particolare, ormai introvabile, di cui ho il privilegio di averne una copia riprodotta e stampata dalla Lodigraf, e donatami dal compianto Andrea Schiavi: le sarà utile, mi aveva detto, davanti ad un mio ringraziamento che gli apparve di circostanza e di cui ho continuato a rimproverarmi negli anni; davvero non potevo immaginare quanto mi divenisse prezioso questo antico testo! Casolta è una realtà di cui si aveva già notizia nel 1065 quando risultava proprietà del Monastero delle monache di San Benedetto. Nel 1234 la frazione era possedimento dei Capitanei di Melegnano, e già a quell’epoca se ne menzionava l’Oratorio, sotto il titolo della Natività di Maria Vergine. Nel 1630 la possessione Casolta era proprietà dell’Ospedale Maggiore di Lodi, che l’aveva ricevuta in eredità dal signor Alessandro Gavazzo e dalla moglie Alvisa Vistarini. Una succes-

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siva notizia riporta alla luce un lugubre evento: il 1 febbraio 1651 tale Carlo Fondo, di anni 24, residente a Casolta, fu trascinato da un cavallo a Lodi, dove venne impiccato, ed il suo corpo, squartato, fu appeso agli alberi sul luogo del delitto! Nel 1890 proprietari risultavano i fratelli Luigi e Marietta Anelli con il marito avvocato Martino Wagner. Dalla separazione degli affari dei fratelli, la possessione si divise definitivamente in due. Ed è a quella dell’avvocato Wagner e della coniuge Marietta, passata attraverso le affittanze prima dei Vigorelli e poi dei Locatelli, che Bartolomeo Codecasa, agricoltore originario di Roncadello di Dovera, pose gli occhi. L’affare si concluse nel 1921. Insieme a Bartolomeo, giunsero a Casolta anche i suoi fratelli Francesco ed Anna, che sino a quel momento avevano la proprietà di un’apprezzata salumeria a Milano, e le cui capacità commerciali erano state riconosciute anche a Roma, con l’attribuzione di onorificenze, medaglie e diplomi. Tuttavia, i bombardamenti che la Prima guerra mondiale provocava su Milano avevano ispirato Francesco ed Anna a lasciare la città per la campagna. A poco tempo di distanza dal loro arrivo, Bartolomeo Codecasa inaspettatamente morì. Toccò dunque a suo figlio Davide senior, coadiuvato dagli zii, assumere le redini dell’azienda agricola di famiglia. Era un tipo interessante Davide Codecasa, che aveva partecipato al Primo conflitto, e possedeva i gradi di capitano dell’Esercito. Inoltre, era maestro e il suo desiderio sarebbe stato quello di proseguire nel percorso scolastico. Ma davanti alle nuove responsabilità, cui era chiamato, non si tirò indietro, rivelandosi un eccellente agricoltore. Avvezzo al comando, da buon ufficiale, gestì i contadini con autorevolezza e competenza: non vi era ordine dato che non verificasse personalmente, e sotto la propria conduzione il numero delle bovine si ampliò notevolmente.

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Il capitano Davide Codecasa era sposato con Maria Negroni di Mairago, anche lei di ceppo agricolo, nipote di quel Pietro Negroni, fondatore dello storico salumificio di Cremona. Dopo la morte prematura della moglie Maria, il capitano nel 1948 si risposò con Maria Gatti di Dovera, anche lei proveniente da una famiglia dedita all’agricoltura. Mentre dalle seconde nozze non arrivarono eredi, dal primo matrimonio ne erano giunti tre: don Bartolomeo, storico ingegnere della Curia lodigiana, che oggi con le sue ottantatre primavere, portate splendidamente, è parroco a Roncadello di Dovera; Amedeo, che si laureò in Medicina e fece il dentista a Melegnano, e che a Casolta ritrova sempre il luogo in cui ritemprare energie e spirito; ed infine Francesco, che dal 1960 affiancò il padre e che oggi è, a propria volta, la guida del figlio Davide. Il signor Francesco Codecasa ha svolto con autentica passione il proprio lavoro: si adoperò per realizzare la stalla all’aperto, uno fra i primi agricoltori sul territorio, e aumentò il numero delle bovine. Versatile tra campi e bestiame, trovò con l’anziano genitore un eccellente punto di equilibrio: il padre lo delegava sulle questioni importanti, lasciandogli intendere che toccasse alle nuove generazioni costruire un ponte per il futuro. Nel 1967 il signor Francesco Codecasa ha sposato Maria Silvana Boccardi, anche lei figlia di storici agricoltori, della cascina Del Lago di Zorlesco. La signora aveva trascorso tanti anni a Milano, durante gli studi, ma non si era mai sentita definitivamente attratta dal fascino della città meneghina, che anzi finiva per darle un tormentato magone: tornare in campagna era quello che desiderava. Francesco e Maria Silvana Boccardi hanno avuto tre figli: Maria Giulia, commercialista a Lodi; Maddalena, pedagogista, impiegata in un centro pubblico; e Davide, che ha scelto

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di fare l’agricoltore, e ha orientato la sua vita verso questa attività sin da quando era ragazzino, a cominciare dalla frequentazione dell’Itas di Codogno, una scuola che gli si rivelò davvero formativa. Il signor Francesco Codecasa ed il figlio Davide conducono un’azienda agricola che, malgrado i venti contrari del settore, si mantiene all’avanguardia. Produrre latte da qualche anno è oneroso: l’importazione da altri paesi, in particolare dell’est, con evidenti perplessità sulla sua bontà, ha ridotto notevolmente il prezzo di vendita al litro, e non è stata sufficiente, a fronte di tutti gli sforzi posti in essere dai produttori, la promozione dell’alta qualità del latte. Oggi, con gli esiti della crisi ed i portafogli che si riducono all’essenziale, il consumatore fa orecchie da mercante sulla genuinità e sul valore proteico di ciò che consuma. È un paradosso stucchevole: l’agricoltore spende per migliorare la qualità dei propri beni, investe sotto il profilo genetico, seleziona le materie prime per i propri allevamenti, e i margini di profitto, invece che incrementarsi, si riducono. Così, prima o poi, la corda già logora finirà per spezzarsi. Serve che la politica offra un piano di tutele ed investimenti. Il futuro non può attendere oltre. Il giovane Davide Codecasa, sempre sostenuto dalla vigile guida paterna, non ha intenzione di desistere: l’impegno è rivolto, principalmente, al miglioramento genetico del proprio allevamento, anche avvalendosi in loco di un toro - mantenendo un’antica tradizione - per parte delle attività di riproduzione. L’animale viene cambiato mediamente ogni due anni, poichè si punta a perfezionare la morfologia delle bovine attraverso le linee di sangue. I campi sono per la maggior parte a prato stabile, e si producono fieno e mais, quest’ultimo destinato metà alla trinciatura e la rimanente parte a pastone: la prima - a beneficio dei ne-

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ofiti, che volessero appassionarsi alla materia - avviene con il raccolto della pianta intera, mentre per il miscuglio del pastone viene esclusivamente utilizzata la parte della pannocchia, riducendo la farina di mais. Infine si coltiva l’orzo, sino alla maturazione della granella. Le produzioni sono destinate per intero alle esigenze della stalla. Con Davide Codecasa e la nipotina Silvana facciamo un giro in azienda: ammiro la bellezza della casa padronale, sotto il loggiato risalta un antico quadretto dalla Sacra famiglia, Giuseppe falegname, e la laboriosità dell’operare. Domani è giorno di festa: alla chiesetta, ristrutturata dalla famiglia Codecasa e dagli abitanti della frazione, giungerà come ogni domenica il prete di Quartiano. E ogni cosa, per un attimo, a Casolta, sembrerà sospesa: il passo di Bartolomeo, il presentatarm del capitano Davide, una bellissima storia, quella della famiglia Codecasa, da custodire nel tempo.

La  Casolta dei   Codecasa  Mulazzano


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