Anteprima: 13 sardine circa

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MalEdizioni Via Sostegno 28/F 25124 Brescia info@maledizioni.eu www.maledizioni.eu Collana: i batteri Direzione editoriale: Nadia Bordonali Direzione artistica: Luigi Filippelli Illustrazione in copertina: Alberto Corradi Foto dell’autore: Lucia Filippelli Š 2011 MalEdizioni ISBN 978-88-97483-00-7

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Luigi Filippelli

13 Sardine circa

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Dove vivono gli dei Mi sono svegliato come al solito prima dell’alba per giocare a Perudo con Eros, il dio dell’amore. Il ragazzo ha un sorriso malizioso quando tira i dadi e nei suoi occhi, ogni volta che rilancia, vortica qualcosa di primordiale. Lo conosco da parecchio e sicuramente non sembra uno di quei putti piantati a pisciare acqua dalla cima delle fontane. In un angolo della stanza Thor, figlio di Odino, sonnecchia sul divano. Vive con noi da quando il padre ha smesso di mantenerlo e se ne sta incollato al computer tutto il giorno. Ormai usa il suo mitico martello soltanto per stappare birre: nessuno ha ancora capito come ci riesca. Lilith, unica presenza femminile, gironzola per la casa con addosso soltanto la felpa dei Pearl Jam. Riempie una brocca d’acqua e con movimenti aggraziati, quasi camminasse sollevata dal pavimento, innaffia Omumborombonga, l’albero della vita. Si è adattato anche lui al piccolo appartamento assumendo le dimensioni di un bonsai e ora sta appollaiato tutto il giorno sul davanzale. Negli ultimi tempi ha 5


perso le foglie, dovremmo cambiargli la terra, metterlo in un vaso più grande. Quetzacoatl, il serpente piumato, rientra adesso dalla sua occupazione al circo. Oltre a lui io sono l’unico che lavora qui dentro. Lilith non sembra curarsi dell’aspetto economico della nostra vita mentre Eros, che non disdegna i regali di facoltose signore in cerca d’avventura, raramente condivide il suo bottino con noi. Per quanto riguarda Thor avrei dovuto fare due chiacchiere con Odino tempo addietro. «Abbiamo finito i cereali.» sibila il vecchio Quetza fissandomi coi suoi occhi da rettile. «Li prendo io, tanto per me è ora di uscire.» e così dicendo saluto i ragazzi pronto per una nuova giornata di lavoro. Esco di casa e m’incammino lungo la via buia e deserta fino ad arrivare al mio fidato macinino, un vecchio scuolabus giallo buono per lo sfasciacarrozze. Salgo e metto in moto, inizio il giro del mattino mentre il primo raggio di sole spunta oltre l’orizzonte, illuminandomi il viso. Il viso di un dio. Il viso di Apollo.

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Storia di un Achille Baldacci e della domenica mattina che gli insegnò a volare Campanello. Domenica mattina e suona il campanello. Alle otto e venti. Mal di testa, mi spezzo il cranio col bruxismo due sere su tre. Sbatto su e giù per la casa. Letto. Camera. Corridoio. Citofono nero. L’ho intonato con le mensole. «Chi è?» «Buongiorno. Sono venuto a portarle la parola del Signore.» illuminami nuovo giorno, non aspettavo altro: mal di testa e predicatori. «Lei è a conoscenza della promessa che il Signore fece agli uomini? La promessa di un giorno di pace? Questo giorno sta per arrivare. Un giorno in cui gli uomini giusti avranno in terra la loro ricompensa. Lo sapeva?» «No.» «Posso salire a lasciarle qualche opuscolo?» «Non sono interessato. Grazie lo stesso.» «Ah… non è interessato?» «No, grazie lo stesso.» «Ah.» con voce dal fondo dell’abisso «Buona 7


giornata.» come un predicatore a cui hai distrutto le sacre scritture. Almeno non si è messo a piangere... torniamo a dormire. Citofono nero. Corridoio. Camera. Letto. Disfatto ma morbido abbastanza da farmi crollare. Telefono. Domenica mattina e suona il telefono. Alle otto e ventiquattro. Sto bruxando, sento le tempie pulsare e la mandibola che si spreme pesantemente. Denti che schiacciano denti. Avanzo barcollando per la casa. Letto. Camera. Corridoio. Telefono nero. L’ho intonato col citofono. «Chi è?» «Buongiorno. La chiamo per conto del comitato di quartiere per informarla della riunione che si terrà oggi pomeriggio alle due. Il tema che tratteremo è: bambini e influenza della televisione, come proteggere le giovani menti dall’immoralità. Possiamo contare sulla sua partecipazione?» «No.» «Ha già un impegno?» «Non sono interessato. Grazie lo stesso.» «Ah... non è interessato? Non le interessa la salvaguardia dei bambini?!» 8


«No, grazie lo stesso.» «Ah.» con voce fra lo sprezzante e l’attonito «Buona giornata.» come una zia acida a cui non hai prestato i figli per il weekend. Almeno non si è messa a piangere... torniamo a dormire. Telefono nero. Corridoio. Camera. Letto. Sempre più disfatto e sempre meno morbido ma a me basta poco per farmi crollare. Porta. Domenica mattina e bussano alla porta. Alle otto e trentadue. Non sto semplicemente bruxando, adesso. I miei denti stridono, e stringo tanto forte che le otturazioni cigolano. Procedo zombificato a destra e a manca. Letto. Camera. Corridoio. Porta marrone. Non l’ho intonata con niente ma mi hanno fatto un prezzaccio. «Chi è?» «Sono Renato. Posso entrare?» «No.» «Orca vacca, Achille. Guardami. Non sono sbronzo. Non oggi. Oggi ce ne andiamo a rimorchiare qualche tipa al mare. Niente di impegnativo. Una roba al volo. Ho preso la macchina della moglie. Eh? Che ne dici? Che 9


ne dici? Forza, Achille. Lo so che anche a te piace sguinzagliare il cobra. Andiamo a colpo sicuro, sono un drago, io. Allora? Che ne dici? Che ne dici?» «Non sono interessato. Grazie lo stesso.» «Ah... così non sei interessato alle ventenni in costume?» «No, grazie lo stesso.» «Ah.» fa con voce imbevuta di cognac «Buona giornata.» come un alcolista che ti porta sempre dentro ai suoi casini. Almeno non si è messo a piangere... torniamo a dormire. Porta marrone. Corridoio. Camera. Letto. Sfatto e opprimente ma io sono uno semplice che dorme pure sui sassi. Cellulare. Domenica mattina e suona il cellulare. Alle otto e quarantasei. Per un attimo ho come l’impressione di aver superato il bruxismo. I denti, torchiati sistematicamente dalle mandibole, sembrano sprofondare nelle gengive, millimetro dopo millimetro. Mi trascino rantolante oltre il confine del materasso. Letto. Comodino. Cassetto. Cellulare verde scoria radioattiva con schermo ultrapiatto. Anche volendo è impossibile da intonare. 10


«Chi è?» «Pronto, Baldacci? È successo un casino qui al lavoro. Devi venire subito.» «No.» «Baldacci? Ci sei? Hai capito che ti sto dicendo? È un’emergenza, non me ne frega un cazzo se è domenica e devi andare a pescare. Hai capito? Fai in modo di essere qui il più presto possibile.» «Non sono interessato. Grazie lo stesso.» «Senti, brutto stronzo, ne ho già le palle piene di prima mattina. Qui c’è stato un corto che si è bruciato metà dei computer. Se non li vieni a sistemare fai pure a meno di passare in ufficio lunedì. Hai capito?» «No, grazie lo stesso.» «Ah.» fa con voce incredula «Buona giornata.» come uno a cui hanno spazzato via la domenica. Almeno non si è messo a piangere... torniamo a dormire. Cellulare verde scoria radioattiva con schermo ultrapiatto. Cassetto. Comodino. Letto. Lenzuola ridotte a campo di battaglia e aroma di sudore rancido mi accompagnano nel mondo dei sogni. Allarme dell’auto. Domenica mattina e 11


qualcuno mi botta la portiera lato passeggero a calci. Alle nove e zerotre. Il bruxismo raggiunge estensioni epiche. La mandibola schiocca come legna sul fuoco e il cervello pulsa come avesse dentro i miei denti picchettati in profondità. Striscio verso la luce del sole, le gambe a poltiglia e gli occhi fissi, con capocchie di spillo al posto di pupille. Letto. Camera. Finestra. Mondo. Ho provato a intonarlo, il mondo, con me stesso. Il risultato è condensato in questa splendida domenica mattina di luglio. «Chi è?» «Tu, sporco figlio di puttana! Dove è andato quello stronzo con la mia auto?! Tu lo sai vero? Lo sai e non lo dici! Dov’è? Tu lo sai dov’è andato! TU LO SAI CON CHI SCOPA!» «No.» «Hai visto come si comporta quel bastardo. Hai visto e non te ne frega niente! Ma lo sai come mi sento io? Lo sai come si sente una donna?» «Non sono interessato. Grazie lo stesso.» «Così non te ne frega un cazzo di nessuno. Né a te né a mio marito! Siete uguali, siete delle bestie. Quando lo vedi digli di non tornare 12


indietro. Hai capito?! Hai capito?! Cazzo, rispondi! Hai capito o no?! Vuoi che ti faccia un disegno?!» «No, grazie lo stesso.» «Ah.» fa stremata «me ne torno a casa, se lo vedi digli di non tornare tardi.» come una che non ti ha appena preso a calci la Panda. Almeno non si è messa a piangere... torniamo a dormire. Mondo. Finestra. Camera. Letto. Se ancora di letto si può parlare. Poco importa, io dormo lo stesso. Mano fra i capelli. Domenica mattina e mi passano la mano fra i capelli. Alle nove e quarantanove. Rilascio la mandibola bruxista. Restano il cervello a pezzi e la mascella allentata. Letto. Ancora letto. Sempre letto. Letto grigio sorga pezzata. S’intona alla perfezione con il mio bisogno di dormire. «Chi è?» «Sono io, scemo. È ora di alzarsi, dormiglione.» «No.» «Su, ti ho lasciato dormire tutta la mattina. Di là c’è una brioche che ti aspetta. Sono andata a prendertela apposta in pasticceria. Panna e fragole, ho fatto un giro assurdo per trovarla.» 13


«Non sono interessato. Grazie lo stesso.» «Vuoi dormire ancora? O vuoi un po’ di coccole?» «No, grazie lo stesso.» «Ah.» fa mia moglie stranita «oggi non ne combino una giusta.» come una che non ti ha lasciato dormire mentre ti procacciava la mitica brioche panna e fragole. Almeno non si è messa a piangere... diamole un bacio.

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