Luuk Magazine | February issue

A BIGGER CRASH

In copertina Sugar Free Please, Roma 2019 scattata da Sandro Giordano.

On the cover a photograph by Sandro Giordano titled Sugar Free Please, Rome 2019.

LUUK MAGAZINE

CONTENTS

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Editor’s Letter Emanuela Beretta

Neon Fever

Laura Taccani

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Think Pink!

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Beauty Alert

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A Deep Breath

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Clean Beauty

Ildo Damiano

Barbara Micheletto Spadini

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Streetwear will never die

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White Emotion A wedding talk with Alessia Santa

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A New Femininity

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Coup de Foudre Fashion

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Caporiccio The second generation

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Cosmoprof Treatment

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#Instatrend

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Storie Veneziane

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Dedicated to Maria Vittoria Pozzi

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Coup de Foudre Beauty

Daniela Fedi

Martina D’Amelio

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Tying the Knot

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Modern Classics

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Luca Antonio Dondi

Martina D’Amelio

No Time to Tie Michela Proietti

Beatrice Trinci

Beatrice Trinci

Laura Taccani

Annalisa Betti

Annalisa Betti

Barbara Micheletto Spadini

Redazione Via Novara, 216 - 20153 Milano Tel. +39 02 49464819 segreteria@luukmagazine.com www.luukmagazine.com Fondatore e direttore editoriale Luca Micheletto Direttore responsabile Emanuela Beretta Coordinamento editoriale Virginia Francesca Grassi Direttore creativo Ildo Damiano

CONTENTS

Progetto grafico Luca Antonio Dondi

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LUUK MAGAZINE

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Bhutan

Carla Diamanti

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Room With a View Under the Sea

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Up in the Air

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Beatrice Trinci

Beatrice Trinci

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Let’s Travel in a Hot Air Balloon

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Bodies with no regret

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Giorgia Nongiulia

Virginia Francesca Grassi

Magistretti Design over the phone Alessandra Cesana

All comes (a)round Luca Antonio Dondi

Between Past and Future Alessandro Isidoro Re

To Rome with Love Barbara Micheletto Spadini

Veneto with Taste Giorgia Giuliano

Caporedattore Beauty & Lifestyle Barbara Micheletto Spadini Hanno collaborato Annalisa Betti, Alessandra Cesana, Carla Diamanti, Daniela Fedi, Giorgia Giuliano, Michela Proietti, Alessandro Isidoro Re, Laura Taccani, Beatrice Trinci Numero chiuso in redazione il 10/02/2020 Luuk Magazine è una testata giornalistica, iscrizione registro stampa N. 68 del 7 febbraio 2017 - Tribunale di Milano Pubblicità adv@luukmagazine.com Traduzioni Kosmos srl Tipografia Rotolito S.p.A. Via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (MI) Tel. +39 02 92195302 Proprietario ed Editore Luuk Group srl Via Guido d’Arezzo, 8 - 20145 Milano P. Iva 09168940964

The Essence of Flavour

La riproduzione intera o parziale dei testi, disegni e fotografie è vietata: diritti riservati in tutto il mondo.

Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in ogni forma sia meccanica che elettronica, senza autorizzazione concessa dall’Editore.

Last Luuk Atmos-Phere

L’Editore garantisce che i dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengano utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione e come quelli relativi agli invii in omaggio non vengano ceduti a terzi per alcun motivo. È possibile richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a segreteria@luukgroup.com.

Virginia Francesca Grassi

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Caporedattore moda Martina D’Amelio

Martina D’Amelio

Editor’s Letter EDITOR’S LETTER

Apro questo editoriale con una nota triste: il ricordo di Maria Vittoria Pozzi, firma storica delle nostre rubriche beauty. Eravamo compagne di scuola e la ricordo ancora oggi nei corridoi: allegra, ironica, vulcanica, sempre pronta a darsi da fare – tutte qualità che ha conservato nel tempo e trasferito nei suoi scritti incredibilmente frizzanti e agguerriti.

Mancheranno a tutti, come il suo sorriso contagioso.

Buon viaggio Maria Vittoria, che la terra ti sia lieve.

Non certo un buon modo per iniziare questa nuova decade ma, del resto, è dall’insegnamento dei momenti tristi e bui che si fanno strada il coraggio, la forza, la speranza. Così come sono le cadute più disastrose a spronarci a rialzarci e a dare una svolta alle nostre vite: è quello che ci insegnano gli schianti firmati da Sandro Giordano che, per la cover di questo primo Luuk del 2020, ha pensato a “Sugar Free Please”. Lo scatto vede protagonista un’astrofisica travolta da una gigantesca tazzina di caffè precipitata da chissà dove. Uno scherzo del destino, amarognolo sì, ma anche divertente. Indubbiamente di grande impatto – anche visivo.

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Del resto certe cose vanno prese con ironia o quantomeno con filosofia. Io però vorrei almeno un cucchiaino di zucchero, per favore.

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It is my sad duty to open this editorial by remembering and reflecting on the passing of Maria Vittoria Pozzi, who was one of the long-established contributors to our beauty features. We were at school together and I can still remember seeing her in the corridors. Cheerful, dynamic and infectiously energetic, she had a great sense of irony and was always ready to roll up her sleeves and get to work. She kept hold of all of these qualities over the years and poured them into her incredibly effervescent and passionate writing. We will miss them all, along with her contagious smile. Farewell Maria Vittoria, may you rest in peace.

It is certainly not a nice way to start a new decade, but we should all bear in mind that hope, strength and courage stem from what we learn in sombre, sorrowful moments like this.

Similarly, the most disastrous falls compel us to get back on our feet and turn our lives around: that is the lesson we can take away from the crashes portrayed by Sandro Giordano. He has contributed a photograph entitled “Sugar Free Please” for the cover of this first issue of Luuk in 2020. The picture by our guest cover artist shows a giant espresso cup that seems to have mysteriously plummeted from the sky and crushed an astrophysicist in a bizarre quirk of fate. The humour is as dark as the coffee and there is no denying that it makes a big impact in every way, including visually.

Sometimes you just have to see the funny side of things, or in any case try to be philosophical about them. Nonetheless, I would like at least one spoonful of sugar with mine, please.

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C AT E G O R Y

STRE WILL

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ETWEAR NEVER

«

DIE

Secondo Galileo, l’ostentazione è molto importante per i cosiddetti zanza, i furbastri capaci di piccole truffe per garantirsi una vita al di sopra delle proprie possibilità: «Chi se ne intende capisce subito quando si tratta di un fake – spiega – allora la figura è davvero pessima: se pensi che lo stile sia solo una questione di più spendi e più vale, ti conviene comprare gli originali». Per lui il valore degli oggetti è direttamente proporzionale al modo in cui vengono messi in commercio. Trova per esempio geniale l’idea di Supreme che ha venduto certi articoli per una sola giornata e approva anche la strategia del milanese Sans Dieu, che permette di acquistare le sue sporadiche collezioni in rete solo a chi conosce la password. Certo bisogna essere velocissimi, nativi digitali e con un occhio molto speciale sulle tendenze.

Adesso, per esempio, a Milano vanno per la maggiore i pantaloni di Kali King, un marchio che esisteva già da molto tempo e che solo ora ha intercettato i gusti dei giovani leoni dello streetwear. Per loro i nomi che contano sono quelli di Armani, Gucci, Fendi, Louis Vuitton, Philipp Plein, Givenchy, Versace e ovviamente Supreme. Trovano troppo costoso Marcelo Burlon e giudicano semplice ma super elegante Palm Angels.

Sulle sneakers c’è davvero di tutto e di più, ma soprattutto c’è StockX, il market place online in cui si trova ogni tipo di modello, variante cromatica e taglia – perché tra i giovani c’è perfino chi porta il 50. Tra i modelli di maggior successo ci sono le Nike per Off White, lo Squalo di Nike e quella a calzino (nome tecnico: Speed) di Balenciaga, che vanta anche la celeberrima sneaker Triple, le cui quotazioni di mercato oscillano tra 800 e 2000 euro.

Detto questo, ha ragione il giovane Gattuso quando dice che la moda è un fenomeno molto fluido. Ma se uno storico brand come Ermenegildo Zegna annuncia la collaborazione con Fear of God, marchio di streetwear fondato da Jerry Lorenzo (figlio dell’ex giocatore MLB Jerry Manuel e autore dei look di Justin Bieber per il Purpose World Tour), significa che il fenomeno è vivo, vivissimo, pronto per la stanza dei bottoni.

LUUK MAGAZINE

Questa storia delle vendite contingentate è uno dei tanti segreti di Supreme, il marchio di abbigliamento nato nel 1994 dentro un negozio di skateboard in Lafayette Street a New York. L’inventore, James Jebbia, ha creato prima di tutto uno speciale layout dello store con un grande spazio al centro in cui i ragazzi possono entrare con i loro skateboard decorati, firmati e - di conseguenza - trattati come opere d’arte da collezionare. Abiti e accessori stanno intorno a questa sorta di piazza dove cominciano (o, secondo i punti di vista, finiscono) le code chilometriche per acquistare le richiestissime collezioni realizzate in co-branding. Supreme ne ha veramente fatte di tutti i colori. Giusto per fare qualche nome: Nike, Vans, Clarks, The North Face, Comme des Garçons, Levi’s, Undercover e, soprattutto, Louis Vuitton.

La collaborazione con la storica Maison francese fu annunciata a gennaio 2017, e sei mesi più tardi vennero aperti una serie di pop up store nelle principali città del mondo: fecero incassi da capogiro. Nel marzo 2018 lo stilista, imprenditore, artista e dj Virgil Abloh, che cinque anni prima aveva fondato l’etichetta milanese Off White, venne nominato direttore creativo dell’universo maschile di Vuitton. Adesso è proprio lui a parlare di tempo scaduto per lo streetwear: «Direi che sta per morire – ha dichiarato a Dazed – Se ci penso mi chiedo quante T-shirt, felpe e sneaker possiamo avere?».

Galileo, però, sulla faccenda è piuttosto scettico. E probabilmente ha ragione perché altrimenti certe cose non si spiegherebbero. Per esempio certe felpe di Supreme costano ormai 10 mila euro, mentre alcune giacche hanno raggiunto la quotazione folle di 30 mila. Inevitabile il mercato dei falsi, che ha addirittura portato alla nascita di un brand, Supreme Barletta, creato da un gruppo di adolescenti pugliesi quando il colosso americano li ha legalmente costretti a smettere di utilizzare il marchio originale.

FA S H I O N

Lo streetwear finito? Impossibile. Ci sono troppi zanza in giro per metterli tutti in giacca e cravatta». Comincia così un’interessante conversazione con Galileo Gattuso, 18 anni, studente di liceo classico, da due anni e mezzo al lavoro sul profilo Instagram del brand Siege, che va per la maggiore tra i ragazzi milanesi. Non è l’unico: parlando con Galileo scopriamo che c’è una distanza siderale tra lo streetstyle visto dal mondo della moda e quello di cui parlano i giovani, che sono gli unici depositari della verità, essendo parte in causa sia come destinatari e fruitori, sia come inventori del fenomeno e ispiratori. «Per noi – spiega Galileo – è una cosa commercialmente semplice: pochi pezzi, fatti in casa, se non proprio a mano, messi in vendita sul web e sostenuti dal passaparola. Nelle grandi città, come Roma e Milano, ci sono tantissimi marchi che fanno collezioni da 20 pezzi ciascuna. Finiti quelli, non ce n’è più per nessuno. E comincia la caccia».

Daniela Fedi

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FA S H I O N

“Streetwear is finished? No way. You can’t stuff every rogue in town into a suit and tie”. This was the opening of an interesting conversation with 18-year-old Galileo Gattuso, who for the last two and a half years has been working on the Instagram profile of the Siege brand, very big among high school kids in Milan. It’s not the only one: in our chat with Galileo, we discover there’s a world of difference between streetstyle as it’s perceived by the world of fashion and the streetstyle talked about by the young people who are the only ones in possession of the truth: on the one hand, they’re the target and the users; on the other, they’re the ones who’ve inspired and invent the phenomenon.

“For young people like us”, Galileo explains. “It’s simple, commercially speaking: a few items, home-made if not exactly handmade, put up for sale on internet and supported by word of mouth.

In the big cities like Rome and Milan, there are loads of brands that make collections with just 20 items, and once they’re sold out, that’s it. And that’s when the hunt starts”. This strategy of short runs is one of the many secrets of Supreme, the brand established in a skateboard store on Lafayette Street in New York and famous for its much sought-after co-branding collections, such as those in collaboration with Comme des Garçons, Levi’s, Undercover and above all Louis Vuitton.

Yet it’s precisely the creative director of the French maison Virgil Abloh, who believes that streetwear has had its day. “I’d say it’s on its way out”, he told Dazed, “if I think about it, I ask myself: ‘how many t-shirts, sweatshirts and sneakers can we have?’ “. Galileo, however, is rather sceptical, and he’s probably right, because otherwise there’s no explanation for some things. For example, some Supreme sweatshirts now cost ten thousand euros, while some jackets have reached the ridiculous price of thirty thousand.

Galileo explains that in his view, the value of an object is directly proportional to how it’s placed on the market. There’s a touch of genius, for example, to the idea by the Milan brand Sans Dieu, whose sporadic collections cannot be purchased online without a password. You need to be fast off the blocks, digital natives and keep a very close eye on trends. Right now, for example, it’s Kali King trousers that are big in Milan, while for sneakers you can find all sorts, but the real place to be is StockX, the online marketplace where you can find all kinds of models, colours and sizes: from Nike for Off White to Speed by Balenciaga.

LUUK MAGAZINE

That said, young Gattuso is right when he says that fashion is very much a fluid phenomenon. But if a long-established brand like Ermenegildo Zegna announces a collaboration with Fear of God, the streetwear brand by Jerry Lorenzo (son of the former MLB player Jerry Manuel and designer of Justin Bieber’s looks for the Purpose World Tour), it means that the phenomenon is very much alive and kicking and ready to join the big boys.

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G E T T Y I M A G E S - I N D I G I TA L I M A G E S - S O N N Y V A N D E V E L D E PHIL OH - SHEZI MANEZI - SU SHAN LEONG

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PHOTO COURTESY OF LOEWE

Loewe

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Martina D’Amelio

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Gucci

Givenchy

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G O R U N W AY. C O M

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Ermanno Scervino

Giambattista Valli

200 donne bruciano reggiseni nel Freedom Trash Can allestito per l’occasione in piazza ad Atlantic City. Correva l’anno 1969, e la protesta contro il concorso di Miss America fece parecchio scalpore. Oggi, nell’era post Me Too, a divampare è la tendenza no-bra. Alle sfilate primavera-estate 2020 la battaglia contro la mercificazione del corpo femminile si combatte a colpi di camicie e abiti profondamente scollati, traforati, trasparenti. Sotto il vestito, niente. I seni nudi si intravedono sotto le maglie a coste che sembrano uscite dal baule della nonna da Bottega Veneta e Prada, ammiccano sotto i pizzi Sangallo di Alexander McQueen, si velano nello chiffon dei midi dresses di Gucci, spuntano nei profondi scolli a V in seta di Givenchy. D’altronde, nel mitico Cestino dei rifiuti della Libertà non finirono solo reggiseni, ma anche ciglia finte e tacchi a spillo. Oltre a padelle e copie di Playboy, ça va sans dire.

prono una sensualità inaspettatamente sofisticata e chiaramente consapevole. Agli ultimi SAG Awards, Jennifer Aniston, 50 anni single, indossa un semplicissimo abito lungo color bianco ottico in seta firmato Dior. E sul red carpet mostra con orgoglio i capezzoli al mondo intero, oltre che allo storico ex Brad Pitt. L’hashtag #braless conta quasi 118mila seguaci su Instagram, e il merito è anche dell’influencer e modella Emily Ratajkowski. Che nel 2018 partecipò alla manifestazione contro il giudice Brett Kavanaugh, nominato alla Corte Suprema nonostante le accuse di molestie, indossando solo un micro top senza nulla sotto.

Essere libere di poter indossare qualsiasi cosa si ritenga appropriato per essere se stesse. Perché il Me too non è ancora finito.

Anzi, il processo contro Harvey Weinstein è appena iniziato, a gennaio 2020. E l’avvocato del noto produttore cinematografico accusato di violenza sessuale e denunciato da circa 80 tra attrici e aspiranti tali, assistenti, segretarie di produzione è Donna, cognome: Rotunno. 44 anni, gusto spiccato per la moda, sempre impeccabile e in tacchi alti.

Tra i suoi pezzi preferiti, una collana d’oro con la scritta “Not guilty”.

E se le donne governassero il mondo?

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Se le donne della scorsa stagione avevano spalle larghe perché indossavano i blazer dei loro compagni, l’insolito simbolo di empowerment per la primavera-estate 2020 è piuttosto una scapola nuda. Pantaloni ampi, camicie inamidate e cravatte slim lasciano il passo a sottovesti, lingerie e robe de chambre. Da soldatessa a vestale: è proprio Artemide, la dea vergine della caccia e delle iniziazioni femminili, insieme al suo esercito di ninfe, che sembra materializzarsi in passerella a Parigi – e non solo. Se per Clare Waight Keller il reggiseno è il nuovo top, da indossare con gonne avvitate in pelle e sandali dal tacco comodo, Donatella Versace trasforma l’intimo contenitivo in un pezzo disegnato ad arte che più sensuale non si può. Le collezioni primavera-estate

2020 inneggiano al bodycon. Che oggi è soprattutto body confidence. Lo hanno capito anche gli uomini: dal languido bra sotto la giacca oversize di Jacquemus agli slip dresses di Giambattista Valli ornati di romantici volant, dal bustier di Dolce&Gabbana che si trasforma in un arioso babydoll fino al body che Bella Hadid indossa coi collant velati per Casey Cadwallader da Thierry Mugler.

FA S H I O N

E

se le donne governassero il mondo? La frase si staglia a chiare lettere su un drappo realizzato dalle studentesse della scuola Chanakya di Mumbai, in India, che si occupa di insegnare alle donne i mestieri artigianali che tradizionalmente praticavano gli uomini. Lo sfondo dell’ultimo fashion show Dior Haute Couture 2020 firmato da Maria Grazia Chiuri, allestito in un edificio bianco a forma di utero dall’artista Judy Chicago. A fargli eco, una carrellata di uscite a base di lunghi pepli e trasparenze ancestrali, velatissimi plissé che si posano sulla pelle. La sofisticazione è nascosta nei tagli e nei materiali; sotto i riflettori, una nuova femminilità.

Le femministe della nuova decade risco-

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Jacquemus FA S H I O N

Mugler

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What if Women Ruled the World? These words were clearly, eye-catchingly written on a banner that formed the backdrop to the Dior Haute Couture 2020 fashion show. They were echoed by a series of creations featuring long peplums, transparency with age-old roots, and sheer pleats on bare skin. The spotlights shone on a new form of femininity. While last season women were wearing boyfriend blazers that made their upper bodies look broad, bare shoulders are the symbol of empowerment for Spring-Summer 2020. Loose-fit trousers, starched shirts and slim ties have made way for slips, lingerie and dressing gowns. Clare Waight Keller has made bras into the new tops and Donatella Versace has transformed items of shapewear into works of art. The collections for Spring-Summer 2020 pay homage to bodycon, which first and foremost today means body confidence. Men have grasped the idea just as well as women, as underlined by the bra and jacket combination presented by Jacquemus, Giambattista Valli’s slip dresses, and Thierry Mugler’s bodysuits with sheer hosiery. 200 women protested against the Miss America 1969 contest by tossing bras into a Freedom Trash Can on the Atlantic City Boardwalk so that they could be burned. In the Me Too era, going braless is spreading like wildfire. At fashion shows, see-through shirts and dresses – with nothing underneath – lead the fight against the commercialization of women’s bodies. Bare breasts could be glimpsed under ribbed sweaters

by Bottega Veneta and Prada, they peeped through the lace of Alexander McQueen, and they were veiled in Gucci’s chiffon. The feminists of the new decade are rediscovering sophisticated, self-conscious sensuality. At the latest SAG Awards, the whole world – including Brad Pitt – could see the shape of Jennifer Aniston’s nipples through her long white Dior dress. The hashtag #braless has almost 118,000 followers, thanks in part to the influencer Emily Ratajkowski. In 2018, she wore no bra under her micro top when she took part in protests against Judge Brett Kavanaugh being nominated to the Supreme Court despite allegations of sexual assault. Women should be free to wear whatever they want and feel like themselves. After all, Harvey Weinstein’s sexual assault trial has only just begun. The film producer’s attorney is a 44-year-old woman called Donna Rotunno who is a dedicated follower of fashion. One of her favourite items of jewellery is a gold necklace with the words “Not guilty” on it. What if Women Ruled the World?

Dedicated to t he craft of hair bumbleandbumble.com

Marchio distribuito da Beauty Seed srl

info@beautyseed.it

bumbleandbumbleit

TYING

THE

KNOT

Luca Antonio Dondi

In primavera gli accessori riscoprono il fascino del fatto a mano attraverso nodi realizzati ad arte. Sofisticati

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intrecci dall’appeal contemporaneo.

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Sandalo BV Curve con fasce in pelle incrociate e lavorazione Intrecciato imbottita.

BV Curve sandal with twisted and padded Intrecciato leather straps. Bottega Veneta

This spring, accessories rediscover the charm of craftsmanship trough knots perfectly tied. Sophisticated weaves with a contemporary appeal.

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Borsa a mano Peekaboo in tessuto FF Jacquard verde intrecciato e hardware dorati.

Peekaboo handbag with green FF jacquard fabric woven strips and gold-tone hardware. Fendi

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Cappello intrecciato in rafia con nastro in pelle di vitello.

Woven raffia hat with calfskin lacing. Loewe

Bracciale geometrico in bamboo intrecciato.

Geometric bangle in woven bamboo. Cult Gaia

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Secchiello in pelle di vitello con macro intreccio e logo stampato a caldo.

Bucket calfskin bag with large woven motif and heat-stamped logo. Prada

Occhiali da sole con montatura in acetato e metallo, astine con inserto in pelle intrecciata.

Sunglasses with acetate and metal frame and temples with woven leather insert. Tod’s Eyewear FA S H I O N LUUK MAGAZINE

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N R E D MO

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Martina D’Amelio

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Motif Russe earrings in white gold, cultured pearls and diamonds, Chanel Fine Jewelry. Necklace in faux pearls and cord with jewel clasp, Miu Miu. Unica brooch in yellow and white gold with rose diamonds and baroque pearls, Buccellati.

Flower faux pearl and crystal drop earrings, Simone Rocha. 30 Montaigne choker with white resin faux pearls and gold finish logo, Dior. Sunlight Escape frosted Star Sautoir with pearls beads, diamonds and opals, Piaget.

CLASSICS

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No Time To Tie Michela Proietti

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È il fascino dell’informalità, quello che gli inglesi chiamano effortless, lo stile senza sforzi. È proprio questa cifra stilistica ad aver portato Daniel Craig a scegliere per il prossimo film della saga di 007 gli abiti di Massimo Alba: quello in corduroy che l’attore indosserà sul set di “No time to die”, diretto da Cary Fukunaga (in uscita il prossimo 9 aprile nelle sale), è nato nell’ufficio stile di colui che il New York Times ha definito «a very enlightened designer», uno stilista illuminato, perfetto per il nuovo corso di James Bond.

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Si respira quasi incredulità nello showroom di Massimo Alba, un luogo intensamente meneghino, intriso di quella sobrietà creativa che rappresenta lo stile della città.

«Mi piace pensare che dietro a questo nostro coinvolgimento ci sia la voglia di dare un’idea di mascolinità diversa, più poetica», spiega lo stilista, seduto nel suo studio sui Navigli, con davanti gli acquerelli che ha fatto realizzare per raccontare questa nuova avventura. Mentre parla, il suo Labrador Jasper

passeggia a zonzo per la stanza. «Questi siamo noi, e credo che Daniel Craig abbia fiutato il nostro modo d’essere, per nulla tutto d’un pezzo, ma anzi, molto comodo e confortante, come i velluti, i cachemire e i cotoni che scegliamo con estrema cura».

Tutto è cominciato lo scorso marzo, con l’arrivo di un’e-mail da parte di Jane Gooday, costumista dei Pinewood Studios.

All’inizio sembrava uno scherzo, ma non lo era affatto: dopo aver visionato i lookbook delle collezioni primavera e autunno 2019, Gooday ha ordinato e pagato 30 pezzi, tra completi, impermeabili e pantaloni, ciascuno in tre taglie diverse: 50, 52 e 54. La parte in cui Craig indossa gli abiti di Alba è proprio quella girata a Matera, «un omaggio all’Italia a 360°», come osserva lo stilista.

Per Alba, che 14 anni fa ha fondato il suo marchio dopo un’importante carriera nel cachemire – come direttore creativo di Malo, Agnona e Ballantyne –, è il coronamento di un sogno che mette al centro una

visione personale dell’eleganza. Dal suo stile sono stati colpiti attori come Leonardo DiCaprio, James Franco, Stanley Tucci, Ian McKellen e ora Daniel Craig, che ha cominciato a indossare i capi del marchio italiano, prima che sul set, nella vita privata: lo scorso marzo è stato fotografato al New York Theatre Workshop con un maglione di cachemire proprio firmato dalla label. «Mi ha colpito che un attore così importante abbia deciso di portare una parte del proprio sentire sul set: è quello che io definisco il comfort emotivo».

Il vestito in velluto duemilarighe è andato subito sold-out ed è stato riassortito: proposto dalla Maison come un capo senza stagione, è già entrato a far parte della mostra “Bond in Motion” al London Film Museum ed è destinato a rivoluzionare l’aspetto della spia britannica. «Credo che l’abito cambierà non solo l’estetica, ma anche l’attitudine di questo 007: i gesti saranno quelli di un uomo più morbido».

rival of an email from Jane Gooday, a costume designer from Pinewood Studios. It seemed like a joke at first, but it wasn’t: after reviewing the lookbooks of the 2019 spring and autumn collections, Gooday ordered and paid for 30 items, including suits, raincoats, and trousers, each one in three different sizes: 50, 52, and 54. The part of the film where Craig is wearing the Alba suits is the one filmed in Matera; “the ultimate homage to Italy”, observes the designer. His style has made an impression on actors like Leonardo DiCaprio, James Franco, Stanley Tucci, Ian McKellen and now Daniel Craig, who began wearing the Italian brand in real life before he did on set: last March he was photographed at the New York Theatre Workshop wearing a cashmere sweater by the Italian brand.

The corduroy suit immediately sold out and was restocked: proposed by the fashion house as an all-season piece, it has already been included in the Bond in Motion exhibition at the London Film Museum, and it is destined to revolutionise how the British spy looks. “As well as his appearance, I think the suit will also change the

attitude of this 007”, observes Alba, “his movements will become more like those of a gentler kind of man”.

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THE NEW YORK TIMES

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It is the allure of informality that the British call effortless style. And it was this very style that led Daniel Craig to choose Massimo Alba for his suits on the next 007 film: the corduroy suit that the actor wore on the set of No Time to Die, directed by Cary Fukunaga (at cinemas from 9 April), was conceived in the design studio of what the New York Times has called “a very enlightened designer” – perfect for the new edition of James Bond. Everyone at the Massimo Alba showroom could hardly believe it; based in the Navigli district of Milan, it is a place that is quintessentially Milanese, imbued with that creative simplicity that is typical of the city’s style. “I like to think that our involvement is based on a desire to give an idea of a different, more poetic kind of masculinity”, says Massimo Alba, sat in his Navigli-based showroom studio, with the watercolours in front of him that he got done to showcase this new adventure. “This is us, and I think Daniel Craig could tell our sense of style, which is not at all rigid, but rather, very comfortable and comforting, just like the velvets, cashmeres, and cottons that we select very carefully”. It all started last March with the ar-

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As you stroll along the main street that runs through the Via Montenapoleone fashion district in Milan, you can’t fail to notice one of the few shops there that exude a restrained elegance in sharp contrast to the glaring lights of the window displays representing the globalisation of luxury: the Sabbadini jeweller’s is a precious gem that has maintained an authentic, genuine flavour.

La porta in legno scuro e i display rivestiti in velluto sono la quinta migliore per far scintillare le creazioni da mille e una notte che la famiglia realizza ormai da generazioni. Sì, perché quella dei Sabbadini è una storia famigliare ancor prima che imprenditoriale. Inizia negli anni ’40, quando Bruno Sabbadini comincia a commerciare in pietre preziose eleggendo come sua base Milano.

Nel 1967 ad affiancarlo arriva il figlio Alberto: creativo, eclettico, colto, grande collezionista d’arte e di antiquariato, è con lui che l’azienda debutta nel mondo del gioiello.

Negli anni ‘80 è invece sua moglie Stefania a intuire gusti e umori della clientela più blasonata, quella che nei mesi freddi sverna a Sankt Moritz, dove la Maison vende i suoi preziosi. Il testimone è poi passato di generazione: con Pierandrea la Maison ha segnato nuovi passi verso il suo futuro, mentre oggi è Micol, la piccola di famiglia, a guidare il timone.

The dark wooden door and the velvet that lines the windows form the perfect backdrop for the fabulous, glittering creations the family has been crafting for generations: the jeweller’s is very much a family affair, dating back to the 1940s, when Bruno Sabbadini began dealing in precious stones, choosing Milan as his base. In 1967, he was joined by his son Alberto: creative, eclectic and sophisticated, and an impassioned collector of art and antiques, it was he who took the business into the world of jewellery; while in the 1980s, it was Alberto’s wife Stefania whose intuition tuned into the taste and moods of a more exclusive clientèle, those who spent their winters in Saint Moritz, where the maison also sells its jewellery. The two were succeeded by their son Pierandrea, who took the family a step further into the future, and was in turn succeeded at the helm by his younger sister Micol.

La sensibilità artistica di Micol non dimentica anche il lato benefico: è per questo che ha deciso di progettare una capsule collection per supportare la Breast Cancer Research Foundation, l’associazione fondata nel 1993 da Evelyn H. Lauder che si impegna a raccogliere fondi per la ricerca sul tumore al seno. I pezzi must? Senz’altro il bracciale in titanio e zaffiri, ma anche le spille in oro bianco e smalti – tutte in linea con il colore simbolo della lotta contro il tumore al seno, il rosa.

A tireless traveller and fashion aficionado, Micol has also designed a number of prints for Max Mara group; a lover of art and photography, her works have been displayed in galleries all over the world, and she has introduced her young friends from the international élite to the iconic creations of the maison, starting from the famous Sabbadini bees, which have become a widely coveted embellishment.

Micol’s artistic vein also has a charitable side to it, which led her to design a capsule collection to support the Breast Cancer Research Foundation, founded in 1993 by Evelyn H. Lauder to raise funds for research. The must-have models are undoubtedly the titanium and sapphire bracelet, and the white gold and enamel brooches, in the pink colour emblematic of the fight against breast cancer.

On this page. Portrait of Margherita Missoni and Micol Sabbadini.

On the previous page. Portrait of Tamu McPherson.

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Viaggiatrice instancabile, appassionata di moda, Micol ha disegnato anche alcune stampe per il gruppo Max Mara; è amante dell’arte e della fotografia, che espone nelle gallerie in tutto il mondo. Ed è lei a far scoprire alle giovani amiche dell’élite internazionale i pezzi iconici della Maison, a partire dalle celebri api Sabbadini, diventate un vero e proprio oggetto del desiderio.

C AT E G O R Y

asseggiando per l’arteria principale del Quadrilatero della Moda, via Montenapoleone, non si può non rimanere colpiti da uno dei pochi negozi che ancora mantengono quella sobria eleganza così lontana dalle luci appariscenti delle vetrine del lusso globalizzato: la gioielleria Sabbadini è uno scrigno prezioso che sa ancora di autentico e di vero.

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WHITE EMOTION

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A wedding talk with Alessia Santa

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«La location perfetta è quella che interpreta al meglio la personalità degli sposi, i loro gusti e la loro storia», ci racconta Alessia Santa, organizzatrice di matrimoni da sogno, nonché fondatrice di White Emotion. L’agenzia milanese specializzata in wedding destination è un esclusivo punto di riferimento per tutte quelle coppie che scelgono il Bel Paese per vivere emozioni indelebili nel loro giorno speciale. Emozioni che, come ci tiene a precisare Alessia, devono riflettere dalla A alla Z il vissuto di chi percorre con amore – e gusto – la fatidica navata. In bilico tra magia e realtà, creatività e concretezza, niente va lasciato al caso. Come? Attraverso parole chiave che diventano mantra da seguire nella scelta della location perfetta: «Innanzitutto optare per un evento su misura, che sia cucito addosso all’unicità degli sposi. E poi tenere a mente le proporzioni negli spazi: se sono troppo ariosi il rischio è quello di sentirsi annoiati e dispersi, soprattutto quando inizia l’intrattenimento. Infine, avere un piano B: l’atteggiamento ‘tanto non pioverà’ non paga mai».

E per quanto riguarda le mete? Le più ambite del 2020 sono tutte rigorosamente italiane: «Perfettamente in linea con le tendenze di viaggio dei Millennials, le Dolomiti: territori mozzafiato e inusuali, dal lago di Braies ai rifugi della Val Gardena, dove creare esperienze culinarie e visive legate al territorio. Medaglia d’argento per la Puglia, scelta anche da Dior per la Cruise 2021, con la sua atmosfera rilassata, i sapori genuini e le masserie dall’allure chic e

contemporanea. Oasi di benessere che sorgono tra Fasano e Ostuni, con affaccio diretto su acque cristalline, ulivi secolari e trulli tradizionali. Per non parlare della Maremma, la nuova frontiera delle cerimonie made in Tuscany che, dalle spiagge alle campagne grossetane tra Castiglione della Pescaia e Vicarello, propone ai futuri sposi esperienze a contatto con la natura, decisamente inusuali... e remote!».

Una personalità forte e determinata, quella di Alessia Santa che, all’alba della nuova decade, ha scelto di condividere la sua decennale esperienza sotto forma di pillole di consulenza – e conoscenza – per aiutare ville e hotel di lusso a lanciarsi nel business dei matrimoni. «Il mio background professionale è nell’hôtellerie, un terreno fertile a cui ho deciso di dedicare un inedito progetto di ‘consulting & mentoring’. Aiuterò quelle strutture che vogliono migliorare le proprie performance, seguendole nella comprensione delle nuove tecnologie, nello sviluppo delle capacità ricettive e nella comunicazione con il cliente 4.0, sempre più informato, preparato ed esigente».

“The perfect location is the place that best reflects the personalities and stories of the bride and groom,” states Alessia Santa, who organizes dream weddings. She is the founder of the Milan-based destination wedding agency White Emotion, which helps to make the big day unforgettable for couples who decide to get married in Italy. How do you choose the perfect location?

“First of all, opt for a bespoke event. Then think

about the spaces: if they’re too scattered then there’s a danger the guests will tend to wander off, especially when the entertainment starts. Finally, you need to have a plan B: just thinking ‘It won’t rain’ is never a good idea.”

What about the destinations? The most popular spots in 2020 are all in Italy: “Millennials are choosing the Dolomites: there are some breathtaking places such as Lake Braies, where you can create culinary experiences associated with the surrounding area. Second prize goes to Apulia, thanks to its laid-back atmosphere, wholesome cuisine and chic, contemporary farms. Then there’s Maremma, the new frontier in Tuscan weddings. From the beaches to the Grosseto countryside, it has unprecedented natural – and secluded – experiences to offer!”

Alessia Santa is a determined figure and at the dawn of a new decade she has decided to use her many years of experience to help luxury hotels and villas to venture into the wedding business.

“My professional background is in the hospitality industry, so I decided to embark on a ‘consulting & mentoring’ initiative. I’m going to help establishments that want to enhance their performance by promoting a better understanding of new technologies and overseeing their communication with Customer 4.0, who is increasingly knowledgeable and demanding.”

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C oup de foudr e Pop horizons – L’ingegneria acustica al servizio dello stile. Louis Vuitton presenta i nuovi auricolari wireless Horizon,

LOUIS VUITTON PRESS OFFICE

Acoustic engineering at the service of style. Louis Vuitton presents the new Horizon wireless earphones, inspired by the Tambour smart watch. Improved audio performance, updated functions and vibrant colours explore new pop horizons. The hallmark details of the maison, such as the metal disc with the iconic initials LV and the Monogram floral pattern, remain unchanged. Fashion notes that make them unforgettable, rather like the chorus of our favourite song. Just be careful you don’t lose them…

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ispirati allo smart watch Tambour. Prestazioni audio migliorate, funzionalità aggiornate e colori vivaci esplorano nuovi orizzonti pop. I dettagli caratteristici della Maison, come il disco in metallo con le iconiche iniziali LV e il motivo floreale Monogram, sono sempre gli stessi. Note fashion che li rendono indimenticabili, un po’ come il nostro ritornello preferito. Ma attenzione a non perderli…

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FA S H I O N

Indossare un bel vestito è come svegliarsi con un buon caffè: un piacere che scalda il cuore. Così si descrive Caporiccio, marchio profondamente italiano, da settant’anni sinonimo di abbigliamento classico, pensato per uomini e donne che vogliono sentirsi eleganti in ogni momento della giornata.

Una passione sartoriale che nasce dalle mani esperte di mamma Maria e papà Pietro, per poi passare ai fratelli Angelo e Massimiliano: «Angelo e io siamo cresciuti dentro l’azienda, come usava in quegli anni – ci racconta – Se da piccoli, dopo la scuola, eravamo costretti a raggiungere i nostri genitori, con il passare del tempo il loro mestiere ci ha conquistati a tal punto da scegliere di seguirne i binari.

Io come direttore marketing e sviluppo, Angelo nell’ufficio stile».

Oggi Caporiccio conta 60 monomarca su territorio nazionale e un affezionato esercito di clienti che si identifica con i valori della griffe e con la sua estetica fatta di tagli sapienti, tessuti ricercati e cura minuziosa dei dettagli. Una sartorialità distinta, che sa conquistare anche Millennials e Generazione Z: «In pieno stile 4.0, arriviamo ai giovani attraverso i social network, proponendo loro scatti urban style che rispecchiano i total look più contemporanei, perfetti per il lavoro e il tempo libero. Una comunicazione dinamica e diretta, fatta anche di influencer capaci di raggiungere consumatori di ogni età e in ogni angolo d’Italia».

Una moda, quella della seconda generazione Caporiccio, che sa come muoversi nella direzione dell’etica fashion: «Per noi sostenibilità, oltre a qualità e longevità del prodotto, significa ridurre ai minimi termini l’impatto ambientale all’interno dei nostri store. Come?

Abolendo l’uso della plastica e sostituendo il cartone impiegato nel confezionamento delle camicie con la schiuma memory, che è riciclabile e riutilizzabile. Il nostro obiettivo è arrecare meno danni possibili al pianeta che ci accoglie».

CAPORICCIO had to go and join our parents, but over time, their craft won our affections”.

Today, Caporiccio has 60 monobrand stores throughout Italy, and loyal customers who identify with its values, which shine through in its skilful tailoring and refined fabrics. Its distinctive sartorial approach is also capable of winning over Millennials and Generation Z: “We reach our younger customers through social networks, offering them urban-styled snapshots that are in keeping with some of the most contemporary total looks around”.

The seco nd generation Beatrice Trinci

The clothes offered by the second generation of Caporiccio are also created with ethical fashion in mind: “For us, sustainability means lowering our environmental impact within our stores, stopping the use of plastic, and replacing the cardboard used for packaging our shirts with recyclable and reusable memory foam”.

What does the future hold for the company? Passion, hard work, and willpower. “Every day we focus on looking for new young talent, but it is by no means easy. We see how young people are scared off by the hard work and frenzied nature of this sector. We hope to be able to find young people who want to get involved with and rediscover Italian-made craftsmanship”.

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Wearing a beautiful dress is like waking up with a good cup of coffee: it’s a pleasurable sensation that warms your heart. This accurately describes the Italian brand Caporiccio, which for seventy odd years has been synonymous with classic clothing. The expert hands of mother Maria and father Pietro brought it to life, and brothers Angelo and Massimiliano will ensure it continues: “Angelo and I grew up inside the company. When we were little, after school, we

CIRO GALLICOLA

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E nel futuro dell’azienda? Passione, duro lavoro e forza di volontà. Parola di Massimiliano: «Ogni giorno ci impegniamo nella ricerca di nuove leve che possano tenere alta la bandiera Caporiccio, ma con non poche difficoltà. Vediamo giovani spaventati dalla fatica e dalla frenesia di questo settore, dove è necessario lottare e sgomitare per conquistarsi un piccolo spazio. La nostra speranza è di trovare ragazzi che abbiano voglia di fare, di faticare e di riscoprire l’artigianalità. L’Italia ha tanto da offrire.

Dobbiamo solo ricordarcelo».

Via Vittorio E. Orlando, 3 Roma 00185 +39 06 47091 | stregisrome@stregis.com

Lumen, Cocktails & Cuisine L’arte di creare cocktail ricercati e sorprendenti, parte della tradizione dell’Hotel The St. Regis Rome, oggi rivive nell’inedita ed esclusiva collezione Glasses Signature realizzata da grandi artisti: Federico Pepe, Nico Vascellari e Patricia Urquiola.

Ogni giorno dalle 7 all’1 #TheLumenSociety @stregisrome

@aimeesong

@caradelevingne Dalla passerella alla città, è shopping bags mania. Griffate e capienti crisalidi di carta avvolgono star e influencer internazionali, per una moda IG-friendly che si fa protagonista di stile – e di feed. Non sapete cosa indossare? Da Fendi a Dior, da Celine a Louis Vuitton, la risposta è una sola: #ootd e accessori paper made che non vi faranno certo passare inosservate.

Shopaholic

Beatrice Trinci Whether it’s on the catwalk or out on the street, shopping bag mania is everywhere. Large, designer paper chrysalises envelop international stars and influencers, allowing IG-friendly fashion to take the spotlight on style – and on our social media feeds. Don’t know what to wear?

From Fendi to Dior, Celine, and Louis Vuitton, the answer is this: #ootd and paper-made accessories that will ensure you don’t go by unnoticed.

@victoriabeckham

# I N S TAT R E N D LUUK MAGAZINE

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INSTATREND

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@kendalljenner @daniela_kocianova

# I N S TAT R E N D

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@issalien

@carodaur

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Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida scorta per avventura tra le petraie d’un greto, esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi; e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto.

Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano, se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua, o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua e recano il loro soffrire con sé come un talismano.

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma, e che il tuo aspetto s’insinua nella mia memoria grigia schietto come la cima d’una giovinetta palma...

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Ossi di seppia Eugenio Montale

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Dedicated to Maria Vittoria Pozzi

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A R M A N D O G R I L L O / G O R U N W AY IMAXTREE

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al punto di vista oggettivo è un racconto pittorico, da quello soggettivo è la firma di sé. Il make-up fluo, che questa stagione torna protagonista sia in modo esplicito sia come lampo o riflesso improvviso dove meno te lo aspetti, è quello più lontano dal senso letterale della parola “trucco”. Qui non c’è inganno, non c’è mimetizzazione, non c’è alcun intento correttivo. Ci sono, semmai, self consciousness e voglia di vivere. Occhi, labbra, incarnato, perfino le tracce di alcuni profumi hanno – nella primavera d’esordio del nuovo decennio – un accento di luminescenza particolare.

«Il fluo è ribellione e senso di indipendenza allo stato puro – spiega Simone Belli, uno dei make-up artist italiani più apprezzati a livello internazionale – Fare questo tipo di scelta cromatica significa tirar fuori una parte giocosa, ma anche molto fiduciosa (o desiderosa di diventarlo) che ha imparato a non cercare la sua ragion d’essere solo nella bellezza tradizionale, e non si preoccupa di essere sotto lo sguardo altrui». In questo senso la firma del fluo – o del neon, che dir si voglia – può aiutare ad affrancarsi dal timore delle proprie imperfezioni, perché le trasforma in caratterizzazione: dunque, in punto di forza. «Ovviamente non significa che i difetti vadano accentuati, ma che si può provare a trasformarli in altro, valorizzandoli con un approccio di unicità. Del resto, a furia di correggersi sempre si rischia di scivolare nella noia, quella nostra e quella altrui».

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“Neon encapsulates an unadulterated sense of independence and rebellion,” explains Simone Belli, one of the most sought-after Italian make-up artists in the world today. “If you choose colours of that kind, you’re not only bringing out your playful side but also revealing huge self-confidence because you don’t mind being in the spotlight and you’ve learned to feel at home outside the boundaries of traditional beauty.” Essentially, taking a neon approach means asserting yourself using details that say something about your personality and can be surprising in many ways. Rather than coloured pigments to put on your face, it may involve new sights and smells unleashed by the fragrance that you wear. That is the case with a new version of the legendary Black Opium eau de parfum by Yves Saint Laurent: addictive dragon fruit notes have been added to create Black Opium Neon (7). Meanwhile, the bright sky blue hue of Fleuve Tendre (3) (Liquides Imaginaires) offers a foretaste of its bold scent. Moving on to make-up, even in the marvellously muted collection of colours created by Lucia Pica for Chanel this spring (based on Polaroids taken in the desert), unexpected iridescence lights up products such as Baume Essentiel (1) bronzer. All of these products offer nice surprises, but neon colours really come into their own when they take centre stage, with a spectacular array of greens, purples, oranges and turquoises. For example, the Wired Pressed Pigment Palette (8) by Urban Decay contains 10 shocking bright shades for all-over use and All About Shadow™ Single (2) by Clinique is available in some playful neon shades. Then there is the cheeky pink limited edition Joli Blush (6) by Clarins, as well as the bright blue and green in the capsule collection created by Lancôme with Mert & Marcus (5), and the opulent, dazzling OpuLUST (4) glosses conceived by renowned make-up artist Pat McGrath. As Simone Belli notes: “These colours are a prompt, direct means of communication and they openly express your emotions. That’s why you change them as your mood changes rather than using them every day.”

BEAUTY

La strategia fluo, insomma, è imporsi con un dettaglio che parli della nostra personalità, riservando sorprese a molti livelli.

Può anche non trattarsi, infatti, di pigmenti colorati che applichiamo sul viso, ma di tinte che schiudono in nuove declinazioni visive e olfattive la fragranza che indossiamo. Succede in casa Yves Saint Laurent, dove la storica eau de parfum Black Opium oggi aggiunge la nota addictive del Dragon fruit per la versione Black Opium Neon (7). Il celeste neon racconta invece l’audacia olfattiva di Fleuve Tendre (3) (Liquides Imaginaires) mentre, passando al make-up, perfino in una collezione dai colori splendidamente desaturati – come quella che Lucia Pica ha creato per la primavera 2020 di Chanel lavorando sulle cromie delle polaroid scattate nel deserto – improvvise iridescenze accendono per esempio il bronzo del Baume Essentiel (1). E se queste sono le sorprese, il fluo in primo piano ha una tavolozza potente di verdi, viola, arancio, turchesi: come Wired Pressed Pigment Palette (8) di Urban Decay, con 10 cialde dai colori neon che si applicano all over e i super performanti e long lasting All About Shadow™ Single (2) di Clinique. O come il fucsia sul pack della limited edition di Joli Blush (6) by Clarins, il verde e il blu brillante della capsule Lancôme per Mert & Marcus (5) o le tinte opulente e brillanti dei gloss OpuLUST (4) ideati dalla storica make-up artist Pat McGrath. Chiosa Simone Belli: «Questi colori sono un mezzo di comunicazione immediata e parlano apertamente della nostra emotività. Proprio per questo, non si indossano tutti i giorni ma si cambiano così come cambia l’umore».

In objective terms, it is a way of painting a story. In subjective terms, it is a way of really making your mark. Neon make-up is back with a bang this spring, both in its most obvious form and in the shape of sudden highlights or flashes where you least expect them. Either way, there is nothing subtle or understated about it and it is at the opposite end of the gamut from concealers and nude tones. In contrast, it tends to reflect self-consciousness and a lust for life. In the first spring of a new decade, there is a distinctive glow to eyes, lips, complexions and even the traces of certain fragrances.

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B E A U T Y A L E R T

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Barbara Micheletto Spadini

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Bon Ton

La Palette Sourcils de Chanel Chanel Il kit ideale per sopracciglia perfettamente disegnate.

The ideal kit for perfectly defined eyebrows.

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Gli accessori piĂš cool per dare armonia allo sguardo.

The coolest accessories to give harmony to the eye look.

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Stylish

The Brow Studio Diego dalla Palma Milano

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BEAUTY LUUK MAGAZINE

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Trendy

Brow MVP Ultra Fine Brow Pencil & Styler Fenty Beauty Matita ultra cremosa dalla punta retrattile su un’estremità e una paddle brush sull’altra.

An ultra-fine, retractable brow pencil with a built-in paddle brush for easy styling.

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Formula innovativa e nuove nuances di polveri e cere colorate ad alta pigmentazione.

A portable eyebrow palette with long-wearing powders and waxes to sculpt and define.

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Iconic

Brow Zings PRO Palette Benefit Cosmetics

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Professional

Eye Brows Big Boost Fibre Gel MAC Cosmetics Alza il volume delle tue sopracciglia in otto tonalitĂ modulabili!

Raise the volume of your eyebrows in eight modular shades!

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Matita e filler a lunga tenuta per sopracciglia senza sbavature.

Long-lasting pencil and filler for brow-free eyebrows.

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Unconventional

Furrowcious e Brow Pow The Balm

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A DEEP B R E AT H Laura Taccani

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Ma se gli asset dell’ossigenoterapia sul viso erano noti – a lungo termine vanno aggiunti la maggiore produzione di collagene e l’aumento delle difese anti-radicali – la novità è che oggi, oltre al trattamento cabina che immette negli strati profondi della cute ossigeno purissimo, vitamine e acido ialuronico, questo elemento chimico è diventato ufficialmente anche il miglior amico dei nostri capelli. Nonché il protagonista a casa, grazie a prodotti che lo veicolano in modo particolare, o che lavorano su altri aspetti pro-ossigenazione. In molti saloni di parrucchiere sta facendo infatti la sua comparsa Oxy-Station, di Be_much, una postazione mobile che, applicando ossigeno ad alta concentrazione, permette di migliorare le performance di tutti i trattamenti effettuati, dalla piega al colore.

When the beauty-enhancing properties of oxygen therapy started making headlines a few years ago, it was nicknamed the “red carpet facial” because it instantly left the skin looking firmer, plumper and more radiant. In addition, in the long term it promotes collagen production and boosts defences against free radicals. Meanwhile, treatment in a chamber takes pure oxygen, vitamins and hyaluronic acid into the deeper layers of the skin. On top of all this, it has now emerged that oxygen has a great deal to offer for hair. Furthermore, its benefits can be enjoyed at home thanks to products that take an original approach or facilitate oxygenation in new ways.

The Oxy-Station by Be_much is a mobile unit that is an increasingly common sight in hair salons. It supplies highly concentrated oxygen that

improves the performance of everything from setting to colouring. Oxygen also plays a key part in products for your daily skincare routine. Valmont has just launched a limited edition jar of its DetO2x Cream (4), whose “whipped cream” texture is packed with bubbles. Brush it into your skin to leave it bursting with energy.

On the essential cell turnover front, one of Filorga’s biggest sellers is its dual-action Scrub & Mask (6). As well as exfoliating (with both perlite spheres and enzymes), it helps the skin to breathe with special molecules that trap oxygen.

More “fresh air” for facial skin is on offer from Kiehl’s in the shape of Cactus Flower & Tibetan Ginseng Hydrating Mist (5), not to mention Eisenberg with its oxidation-fighting Soin Anti-Stress (3), and Bioline Jatò with 24.7 Naturalbalance (2), which can be used both for reoxygenating and restoring balance in salons and for everyday care at home. In the make-up field, Sisley recently added the Phyto-Teint Ultra Éclat (1) foundation in its collection of soin/ maquillage: a boost of oxygen thanks to the zinc, copper and magnesium formula. Moving on to the body, at the core of Dibi’s Tonic Lifter (7) line is an active ingredient called Oxy Driver with a structure containing 10 oxygen atoms and 18 fluorine atoms. Susanne Kaufmann’s Alkali Salt Deacidifying (8) can be added to bath water to reduce the acidity of skin while promoting toxin elimination and oxygenating exchange processes. Here is some food for thought during your dip: cells die after just three minutes without oxygen.

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E c’è ossigeno anche nel cuore di diversi prodotti per la skincare quotidiana. Valmont ha appena lanciato la limited edition della sua DetO2x Cream (4), la cui texture sviluppa una schiuma ricca di bolle, da stendere con un pennello per infondere alla pelle un surplus di energia. Sul fronte del turnover cellulare, Filorga ha tra i suoi bestsellers Scrub & Mask (6), con una doppia azione esfoliante (meccanica ed enzimatica) e una pro-respirazione, grazie a speciali molecole in grado di intrappolare l’ossigeno. Permettono alla pelle del viso di darsi

delle arie anche Kiehl’s con Cactus Flower & Tibetan Ginseng Hydrating Mist (5), Eisenberg con il Soin Anti-Stress (3) che combatte l’ossidazione, e Bioline Jatò con 24.7 Naturalbalance (2), che è sia un trattamento riossigenante ed equilibrante da salone, che un soin da usare ogni giorno. Non manca il make-up, naturalmente: Sisley ha da poco introdotto nella sua gamma di soin/maquillage il fondotinta Phyto-Teint Ultra Éclat (1), che attiva la luminosità perché regala un pieno di ossigeno grazie alla formula con zinco, rame e magnesio. Passando al corpo, nel cuore della linea Tonic Lifter (7) di Dibi c’è l’attivo veicolante Oxy Driver, con una struttura a 10 atomi di ossigeno e 18 di fluoro. Mentre, per ridurre l’acidità della pelle favorendo l’eliminazione delle tossine e gli scambi ossigenanti, si può aggiungere all’acqua del bagno Alkali Salt Deacidifying (8) di Susanne Kaufmann. E poi immergersi riflettendo sul fatto che, senza ossigeno, una cellula muore in soli 3 minuti.

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uando qualche anno fa il trattamento all’ossigeno ha iniziato a far parlare di sé, è stato ribattezzato “l’alleato da red carpet”. Perché i suoi effetti immediati (pelle rimpolpata, tratti distesi, luminosità) l’hanno reso l’appuntamento fisso di molte star prima delle soirées.

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CLEAN

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Annalisa Betti

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Not so long ago, the maximum guarantee for a cosmetic formula was that it could be defined natural, as if this automatically equated with harmless and safe. But this logic appeared flawed to me: I remember that one day in August, when I was a little girl, I wandered into a patch of nettles. I was wearing shorts, and I emerged from the nettles with my legs covered in blisters.

It was awful.

A chi pensa che fosse una reazione soggettiva, propongo di considerare l’Amanita Muscaria, detta anche Ovulo Malefico: si tratta di un fungo velenoso, l’abbiamo visto tutti, è quello con la cappella rossa punteggiata di bianco. Anche quello è naturale, vegan e bio, ma personalmente girerei alla larga. Naturale non è, una volta per tutte, sinonimo di sicuro.

I think it’s worth clarifying how the Italian term “bio” is used in the context of cosmetics. It’s often interpreted as the equivalent of the unambiguous English “organic”, but bio on its own no longer means anything.

Definitions such as dermocompatibile (skin-friendly) are a better fit, but their impact is undoubtedly less immediate. Once again, English comes to the rescue, with two very simple and unambiguous adjectives: clean and safe, which clearly and instantly transmit the idea that a product is harmless, so delicate it’s suitable even for children. Now that we’ve established that there’s nothing wrong with not being natural, it should come as no surprise that a safe cosmetic product may contain chemical, synthetic ingredients: in the INCI world, witch hunts are a thing of the past.

Ora, mi sembra il caso di stabilire cosa si intenda per bio. Biologico? Biocompatibile? Biodinamico? L’inglese organic non lascia spazio ai dubbi, ma da noi è il caso di fare chiarezza, perché bio da solo non significa più nulla. Definizioni come dermocompatibile sono più calzanti, ma di certo meno immediate e non ancora appartenenti al linguaggio comune. Perciò ancora una volta ci aiuta la lingua anglosassone, introducendo due aggettivi tanto semplici quanto inequivocabili: clean e safe. Quest’ultimo è veramente di comprensione istantanea e significa sicuro, innocuo, così delicato che può essere usato anche da un bambino. Poiché abbiamo stabilito che non c’è niente di male a non essere naturale, non deve stupire che un cosmetico safe contenga ingredienti chimici, di sintesi: i tempi della caccia alle streghe nel mondo INCI sono lontani.

Vogliamo però fare un passo in più, in profondità: abbiamo detto che la Clean Beauty riguarda tutti, chi più, chi meno. Ci sono nuovi brand che sono clean già nel DNA, oppure nuovi prodotti lanciati da marchi consolidati che si adeguano all’andamento del mercato globale e rispondono alle richieste di consumatori sempre più informati ed esigenti. Poi ci sono aziende che cominciano a poco a poco, ma che comunque accolgono le nuove tendenze e rispondono con seppur timidi segnali. Ma ciò che è importante è che nessuno resta, di fatto, impassibile, nemmeno i mostri sacri del lusso. Anzi, i nuovi oggetti del desiderio delle beauty addicted sono proprio i cosmetici che uniscono l’utile al dilettevole: ovvero formule amiche della pelle e del pianeta, ma che gratificano i sensi. Qualche esempio: gli statunitensi Drunk Elephant, Tata Harper, May Lindstrom, Juice Beauty, philosophy (basti pensare che Purity made simple è il detergente viso più venduto negli USA) e Leahlani; gli inglesi REN Clean Skincare e Twelve Beauty, il coreano Laneige, la nuova linea AQ Meliority del prestigioso marchio giapponese Decorté.

But let’s look a little deeper than that.

We’ve said that Clean Beauty regards us all to an extent. There are new brands that were born clean, and there are new products launched by established brands that have adapted to the global market and are able to respond to the needs of increasingly well-informed, demanding customers.

Then there are companies that are just making a start, and are ready to take on board these new trends, albeit tentatively. What’s important, however, is that none remain impassive, not even the untouchables of the luxury sector. Indeed, the new objects of desire sought after by beauty addicts are precisely those cosmetics that are kind to both the skin and the planet: effective and eco-friendly, but also gratifying.

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Leggermente più complesso, ma ancora più rilevante in ambito cosmetico, è il concetto di Clean Beauty, protagonista indiscusso e tendenza a cui nessun brand può permettersi di restare indifferente. Implica una responsabilità sia nei confronti del consumatore, sia verso l’ambiente; un impegno che si vede poi sotto tutti i punti di vista, a partire dalla formula ovviamente, ma anche passando per il pack e leggendo le note di CSR che spesso sono riportate sulle confezioni.

Slightly more complex, yet even more important when it comes to cosmetics, is the concept of Clean Beauty, very much in vogue and a trend no brand can afford to remain indifferent to, because it regards their responsibility towards both customers and the environment. This is a commitment evident in every aspect, not only in the formula, but also in the packaging and in the CSR notes often indicated on it.

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n un passato neanche tanto remoto, la massima garanzia per una formula cosmetica coincideva col poterla definire naturale. Come se fosse automaticamente sinonimo di innocuità e sicurezza. Ma a me qualcosa non quadrava: mi veniva in mente un giorno di agosto, da bambina, quando entrai per sbaglio in un cespuglio di ortiche. Indossavo dei pantaloncini corti e uscii con le gambe completamente coperte di bolle, un disastro.

Ancora ricordo il dolore. Eppure era una pianta e pure naturale.

Anzi, oggi si parlerebbe di qualcosa di bio e di vegan. Ma il risultato era lì da vedere.

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COSMOPROF T R E AT M E N T Annalisa Betti

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Nelle ultime edizioni, Cosmoprof ci ha abituati a presenze prestigiose e ad allestimenti ad alto impatto, ma stavolta, è proprio il caso di dirlo, supera se stesso: il prossimo marzo – dal 13 al 16 – Cosmoprof ospiterà infatti la versione 2.0 di SPAce 99|The Spa Experience, una vera e propria temporary SPA, ideata da Andrea Bovero (per chi vive su Marte e non sa chi sia: è il Guru delle SPA) e realizzata grazie al contributo di aziende leader nel mercato del wellness internazionale e con il patrocinio del Comitato Internazionale di Estetica e di Cosmetologia (CIDESCO).

Sarà l’esatta riproduzione di un’esperienza multisensoriale ed emozionale tipica di un centro benessere di alto livello, con attenzione a tuttotondo per trattamenti, profumi, suoni, colori e materiali della SPA del futuro. Va sottolineato che anche il comparto del benessere è chiamato ad aggiornarsi su sostenibilità ambientale, ricerca di nuovi spazi per la cura di sé lontani dai ritmi urbani e app che possono migliorare lo stato di salute della persona. L’area speciale sarà realizzata con il supporto di Sainte Claire, azienda leader nel settore della progettazione e realizzazione di SPA di lusso.

Anche la Buyer Lounge all’interno del Mall e l’Essential Bar saranno curate da Lifexcellence, con un importante contributo di QC Terme, la più importante realtà italiana nel settore benessere e ospitalità: la Lounge sarà infatti un punto di ritrovo rilassante e non convenzionale, luogo perfetto per ospitare compratori e distributori, ma anche per una pausa tra un appuntamento e l’altro.

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We have grown accustomed to prestigious participants and eye-catching displays at the last few editions of Cosmoprof, but this time it is fair to say that the trade fair has taken things to a whole new level. From 13 to 16 March, it will play host to version 2.0 of SPAce 99 | The Spa Experience: a temporary spa designed by Andrea Bovero (a.k.a. the spa guru, just in case you’ve been living on another planet for the last few years). It has been built thanks to contributions from leading names in the international wellness market and it is backed by CIDESCO (the World Standard for Beauty and Spa Therapy).

Lifexcellence will also be behind the Buyer Lounge in the Mall and the Essential Bar, in this case working in tandem with QC Terme, which is the biggest Italian player in well-being and hospitality. The Lounge will be a relaxing, unconventional spot where buyers and distributors can not only meet up but also take a break between appointments.

TOM HEGEN

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It will offer exactly the same sensations and multi-sensory experiences that you would expect to find in a high-end spa, comprehensively showcasing tomorrow’s treatments, scents, sounds, colours and materials. Spa owners and managers should note that their field needs to keep up with all of the latest developments in sustainability, eco-friendliness, the search for new havens far from hectic urban life, apps and AI with the capacity to enhance people’s health. The special area will be built with support from Sainte Claire, a leading luxury spa design and construction firm.

Storie Veneziane Barbara Micheletto Spadini Two life stories inspired by the highest forms of beauty: there’s an indissoluble fil rouge that binds the husband and wife duo Didier and Sophie Guillon, owner of the Maison Valmont, spun by their shared passion for art in all its forms.

La storia, d’altra parte, parla chiaro e si collega a un lungo passato, con una tradizione di ben quattro generazioni di esteti, collezionisti e mecenati all’interno della famiglia Guillon. Non a caso, fin dagli esordi del Gruppo, Didier crea connessioni tra l’arte e la bellezza e si fa promotore di iniziative artistico-culturali che, grazie alla Fondazione Valmont, trovano la loro massima espressione in mostre d’arte contemporanea, tra le quali quelle del 2015, 2017 e 2019 in occasione della Biennale di Venezia. Ma la presenza artistica veneziana non si ferma qui: grazie all’acquisizione di Palazzo Bonvicini, gioiello del XVI secolo in puro stile rinascimentale, chiamato da Didier “Palazzo Nobile”, le fragranze del gruppo trovano nella città lagunare una vera e propria casa nella quale convivono arte, lusso e profumi.

This is perfectly in line with the dynasty’s long history, with a tradition of four generations of art lovers and collections and patrons of the arts belonging to the Guillon family. Right from the early days of the Valmont Group, Didier began creating connections between art and beauty, promoting artistic and cultural events that thanks to the Valmont Foundation bloomed into contemporary art exhibitions. The presence on the Venice art scene did not end there, however, and with the acquisition of the Palazzo Bonvicini, a jewel of pure Renaissance style Didier christened “Palazzo Nobile”, the Group’s fragrance found their very own home in the city for art, luxury and fragrances.

Incontro e intervisto Sophie a Milano, in occasione della presentazione di Palazzo Nobile (pagina seguente) e Collezione Privata (in questa pagina), due nuovi capitoli olfattivi che vanno ad aggiungersi a quello di successo di Storie Veneziane. Per esprimere il concetto core della Maison – “When art meets beauty” – la presentazione è stata organizzata nel contesto della mostra d’arte “White Mirror” creata da Didier Guillon e dalla Fondazione Valmont.

We met and spoke to Sophie in Milan, on the occasion of the presentation of Palazzo Nobile (next page) and Collezione Privata (this page), two new series of fragrances that follow on from the highly successful Storie Veneziane. To express the maison’s core concept “when art meets beauty”, the presentation was organised within the White Mirror art exhibition created by Didier Guillon and the Valmont Foundation.

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Il brand di fragranze Storie Veneziane by Valmont è la perfetta trascrizione delle narrazioni olfattive di Sophie e Didier legate al capoluogo veneto, alla sua opulenza e alla sua vivacità culturale. Una favola moderna, condita da elementi alchemici, che ci conduce a spasso per i quartieri più autentici della città.

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Due percorsi di vita che si ispirano alle forme più alte della bellezza quelli di Didier e Sophie Guillon – proprietari del gruppo cosmetico Valmont – marito e moglie nella vita legati da un fil rouge indissolubile: la passione per ogni forma d’arte.

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A seguito degli studi economici e un percorso molto affermato per alcune delle più importanti Maison internazionali, ha costruito l’universo Valmont. Come si è evoluta la sua visione dell’universo della bellezza con il passare degli anni?

Mi sento di poter affermare che il mio modo di vedere la cose non sia cambiato! Alla fine dei miei studi ho avuto la fortuna di lavorare per realtà prestigiose nel mondo della bellezza. Con Valmont la mia visione si è arricchita e completata. Con Storie Veneziane ho potuto esprimere la mia creatività, la mia autenticità e la grande passione che ho per questo lavoro.

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Il primo atto della collezione di profumi è stato dedicato a Venezia: in questo progetto si sovrappongono passioni come l’arte e la letteratura e profumi come il cuoio, il legno, le spezie. Quali sono i rimandi olfattivi che arrivano da Venezia e dall’infanzia?

Potrei parlare di due ispirazioni differenti: quando chiudo gli occhi e penso a Venezia penso alla massima espressione della cultura italiana e alla sua rappresentazione magica, che racchiude in sé tutte le forme d’arte. Quando penso all’Italia penso all’ambra, al patchouli, alle spezie, alle note legnose. Più che attingere a una memoria legata all’infanzia ho messo a frutto ciò che ho imparato viaggiando in tutto il mondo, vale a dire che bisogna rispettare la storia, proteggerne la parte nobile, ma rivolgersi sempre al futuro. Ciò che cerco di fare nel campo dei profumi è prendere il meglio dal passato, sublimarlo e interpretarlo in chiave moderna.

Dopo il primo atto, ci accingiamo a scoprire il secondo, che comprende Collezione Privata e Palazzo Nobile, dove troviamo qualcosa di più autobiografico, se possibile.

La prima collezione è stata una partitura scritta a quattro mani. Mio marito Didier Guillon, artista, esteta e mecenate, ha creato il flacone dorato con maschere di vetro di Murano incastonate. Un’autentica opera d’arte. In questo secondo atto di Storie Veneziane c’è invece una presenza autobiografica forte che nasce dall’ascolto dei bisogni e dei desideri delle donne. Le 3 eau de parfum di Collezione Privata si abbinano a personalità e temperamenti di tutte le nazionalità. Per esempio: in Asia le donne sono più vivaci, in Italia più volubili ma entrambe amano la luminosità di Jazzy Twist.

La donna francese, elegante ma che spesso

segue dei codici, mi ha ispirato per Lady Code, mentre Private Mind mi fa pensare alla donna russa, talvolta un po’ distante e cerebrale, introversa ma profonda.

Le 5 eau de toilette di Palazzo Nobile, invece, sono molto immediate. Racchiuse in un flacone sobrio e sofisticato che nasce dalla mente creativa di Didier e prende ispirazione dalle linee architettoniche dei palazzi veneziani, si indossano come un accessorio da cambiare a seconda dell’umore e dello stile di ogni giorno.

Il desiderio di ascoltare e rendere felici le donne è un atto di generosità.

Sì, lo è, ma per me è qualcosa di spontaneo.

L’universo femminile è una risorsa inesauribile di spunti e creatività. Le donne sono sempre al centro del mio lavoro.

Suo marito Didier è un artista, mentre lei Sophie è una creatrice a tutto tondo: come definirebbe il vostro modo differente di lavorare?

Didier parte da una pagina bianca e ama mettere in scena le cose avvalendosi della sua inesauribile vena artistica; io amo associare e combinare, prendere idee dal presente e dal passato per interpretarle in chiave moderna.

Act One of the “Storie Veneziane” perfume collection was dedicated to the city of Venice: in this project, passions such as art and literature overlap with scents like leather, wood and spices. What are the scents that remind you of Venice and of your childhood?

I could talk about two different types of inspiration. When I close my eyes and think of Venice, I think of the height of Italian culture and its magical representation, which comprises art in all its forms. When I think of Italy, I think of amber, patchouli, spices, woody notes. Rather than delving into childhood memories, what I’ve brought to these fragrances are the things I’ve learned by travelling all over the world. What I mean is that respect for history is important, and the noble part of history must be safeguarded, but we must always look to the future.

After Act One of Storie Veneziane, it’s now time to raise the curtain on Act Two, which includes Collezione Privata and Palazzo Nobile, where we find something that’s rather more autobiographical, if possible.

The first collection was a joint creative effort.

My husband Didier Guillon, a lover and patron of the arts, created the gold-coloured bottle with

Murano glass masks set into it; while Act Two of Storie Veneziane has a strong autobiographical element, shaped by listening to women’s needs and desires. The three eau de parfum featured in Collezione Privata can be matched with personalities and temperaments of all nationalities. The five Palazzo Nobile eau de toilette have a very immediate appeal. Presented in a bottle with a simple, sophisticated design that springs from the creative talent of Didier and is inspired by the architectural lines of Venetian palaces, the fragrances are conceived as an accessory to be changed according to the style and mood of every day.

The desire to listen to women and to make them happy is an act of generosity.

Yes, it is, but it’s something that comes naturally to me. The female universe is an inexhaustible source of ideas and creativity. Women are always a central feature in my work.

Your husband Didier is an artist, while you, Sophie, are an all-round creative talent. How would you define your different approaches to work?

Didier starts out from a blank page, and likes to stage things using his inexhaustible artistic vein, while I like to accompany and combine things, taking ideas from the past and present and bringing a modern slant to them.

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C oup de foudr e French touch – Hermès presenta il suo sedicesimo mestiere, la Beauté, con la prima collezione dedicata alla bellezza delle labbra: Rouge Hermès. Un pack iconico, una texture sensoriale, leggera e avvolgente, per 24 nuance mat o satinate ispirate ad altri mestieri e rituali della Maison. Un nuovo feticcio femminile, essenziale, nomade.

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Hermès presents its sixteenth métier, Beauty, with its first collection dedicated to the beauty of the lips: Rouge Hermès. With their iconic packaging and sensorial, light, and captivating texture, they come in 24 shades with either a matte or satin finish, which have been inspired by the house’s other métiers and rituals. A new feminine, essential, and nomadic fetish.

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KINSHUK BOSE/UNSPLASH

C AT E G O R Y

Carla Diamanti

BH UT AN

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On this page. Suspended bridge over the Po Chhu river connecting the town of Phunaka with Phunaka Dzong. Paddy fields in the Punakha valley.

On the next page. A performer at Tshechu Festival, Thimphu Dzong.

On the previous page. Temple of Taktsang also known as the “Tiger’s Nest” in Paro.

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P

SHUTTERSTOCK - GETTY IMAGES

In primavera, lo Tshechu di Paro culmina nell’ostensione di un immenso thanka che riproduce Padma Smabhawa e il pantheon buddhista. La tela gigantesca viene srotolata come una quinta variopinta alle spalle dei monaci e di fronte agli spettatori. È il momento che ripaga della fatica, della strada, dell’attesa.

Dalle prime ore del mattino, ordinatamente, intere famiglie in fila indiana arrivate da tutto il Paese aspettano di poter entrare nel cortile del tempio e prendere posto prima dell’inizio delle cerimonie. Uomini e donne separati, almeno fino all’ingresso, ciascuno indossando l’abito delle grandi occasioni, i gioielli di turchese e corallo, la cintura di stoffa legata in vita per trasportare la scatola di bambù con il cibo. Tutti indossano la caratteristica sciarpa, obbligatoria per entrare in un luogo sacro o in un ufficio pubblico in osservanza del Driglam Namzha, il codice di comportamento tradizionale. Ciascun bhutanese deve assistere a uno Tshechu (il nome significa “decimo giorno”) almeno una volta nella vita: partecipare, anche da spettatori, aiuta a purificarsi dal peccato, a tornare a casa in uno stato di grazia e ad avvicinarsi all’illuminazione.

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Quando il disgelo lascia il posto ai germogli e alla natura che rinasce, i visitatori stranieri arrivano a Paro, la città più vicina all’aeroporto internazionale, dove gli unici voli ammessi sono quelli della compagnia di bandiera, Drukair. Non è strano, se si considera che negli anni Settanta, quando il fenomeno turistico cominciava a delinearsi come un’importante voce di scambio e di introiti, il quarto Druk Gyalpo (cioè il “re drago”), padre del sovrano attualmente regnante, decise che se turismo doveva essere, allora bisognava che fosse soggetto a una politica ben precisa: pochi numeri e alto profilo. Così nacque un modello che fece della piccola Terra dei Draghi, o Dryukyul, una delle destinazioni più esclusive al mondo, consentendole di mantenere la propria identità, rinunciando al turismo di massa e guadagnandosi la reputazione di un luogo unico, dove patrimonio culturale e natura sono protetti dal principio della sostenibilità, senza derogare al principio del GNH, cioè della Gross National

Happiness – la Felicità Interna Lorda, un concetto che altera i modelli economici convenzionali e che si fonda sull’idea che, per raggiungere benessere e appagamento, lo sviluppo materiale debba necessariamente essere accompagnato da crescita spirituale e sociale. Studiata in tutto il mondo, la filosofia della GNH si basa su quattro pilastri fondamentali: sviluppo socioeconomico equo e sostenibile; tutela e promozione del patrimonio culturale e spirituale; protezione dell’ambiente naturale; buone pratiche di governo.

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rimavera e autunno ritmano il calendario di un francobollo di terra ai piedi dell’Himalaya. Di più: in primavera e autunno quel francobollo si riempie di volti diversi, di abiti diversi, di lingue diverse, di culture diverse. Diverse da tutto ciò che fa del Bhutan un luogo unico, dove il prodotto interno lordo si misura in termini di felicità, dove drukpa, il “popolo drago”, ha rifiutato la decisione del sovrano di abdicare in favore della repubblica, dove le strade sono tortuose, dove il costume tradizionale è sacro, dove il cibo è essenziale, dove la capitale assomiglia a un villaggio e dove tutto ciò che esiste è merito di Guru Rinpoche. A lui, che introdusse il buddhismo in Bhutan nell’VIII secolo, sono dedicate le principali festività del Paese. In primavera e autunno, appunto.

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A rendere uniche queste cerimonie sono le danze, interpretate da monaci dal volto coperto da grandi maschere di legno e vestiti con abiti sontuosi e coloratissimi. La loro preparazione dura settimane e richiede perizia, esercizio e soprattutto meditazione e preghiera. Ogni danza ha un significato particolare e racconta storie diverse, ciascuna ispirata a personaggi illuminati del passato. Una forma preziosissima e originale di trasmissione della cultura autoctona attraverso gesti che solo i locali riescono a comprendere.

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Paro e Timphu, la capitale, sono le due tappe più facili da raggiungere per i visitatori del Bhutan. Da qui, le tortuose strade si spingono verso la regione del Bumthang, punteggiata da templi aggrappati ai picchi e da minuscoli villaggi montani. Per arrivarci è necessario raggiungere l’antica città di Punakha, superare alti passi montuosi come quello di Dochula (3.000 metri), percorrere antiche valli glaciali, essere pronti a qualche sacrificio e soprattutto pianificare un viaggio di almeno dieci giorni.

La spettacolare valle di Bumthang, culla del buddhismo bhutanese, ospita il monastero di Kurjey Lhakhang, uno dei più sacri del Paese. Al suo interno, su una roccia è impressa la sagoma di Guru Rinpoche, il fondatore. In questa valle lontana da tutto, l’annuale grande raduno dei nomadi richiama popolazioni che giungono dagli sperduti villaggi alle pendici dell’Himalaya.

Vengono a celebrare la loro cultura, consentendo in questo modo di mantenerla in vita e di tramandarla alle generazioni successive. Ogni gruppo indossa un abito diverso, tutti portano un copricapo: nero con le caratteristiche cinque frange, oppure a forma di cono. Le donne hanno scialli tessuti a mano e fiocchi colorati intrecciati fra i capelli. Per mangiare il tipico ema datshi a base di formaggio di yak si radunano attorno al fuoco, seduti a terra con le gambe incrociate come i montanari bhutanesi fanno da secoli. Quando il raduno si scioglie, le tradizioni rimangono: in queste regioni remote, dove il gesto moderno di stringersi la mano non ha ancora soppiantato l’usanza di salutarsi solo a voce, i nomadi Brokpas e Layaps non cambiano d’abito né di abitudini. Allevano yak, producono latte, burro e formaggi in un mondo che sembra bastarsi.

Conoscerlo è un privilegio, apprezzarlo e custodirlo è un segno di cultura.

On this page. A festival taking place outside of Gangteng Monastery in the Phobjikha Valley.

On the previous page. Young teenage monks at the Thujidrag Gompa in Thimphu. Small temple on the Himalayas.

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ADLI WAHID/UNSPLASH - PETER ADAMS/GETTY IMAGES

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Spring and autumn are the key seasons for this little piece of land at the foot of the Himalayas: these are the seasons in which the country fills up with different faces, different clothes, different languages and different cultures. Different from everything that makes Bhutan a unique place, where GDP is measured in terms of happiness, and where the drukpa, the “dragon people”, rejected the monarch’s decision to abdicate in favour of a republic; where the roads are winding and the traditional costume is sacred; where food is essential and where the capital seems more like a village and everything that exists is thanks to Guru Rinpoche, who introduced Buddhism into Bhutan in the 8th century and in honour of whom the nation’s main festivals are held. In spring and autumn, of course.

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When the ground begins to thaw, plants begin to sprout and nature reawakens, foreign visitors arrive in Paro, the town nearest the international airport, where the only flights allowed are those of the national airline, Drukair. This should come as no surprise if we consider that in the 1970s, when the tourism phenomenon was beginning to emerge as an important source of trade and income, the fourth Druk Gyalpo (“dragon king”), father of the current monarch, decided that if tourism were necessary, it must be governed by a very clear policy: low numbers and a high profile. This led to a model that made this little Land of the Thunder Dragon, or Dryukyul, one of the world’s most exclusive destinations, whose GNH (Gross National Happiness) philosophy is based on four cornerstones: equitable, sustainable social and economic development; the safeguarding and promotion of the nation’s cultural and spiritual heritage; the protection of the natural environment; good government practices.

In spring, the high point of the Tshechu ceremony in Paro is the ostension of a huge thangka depicting Padma Smabhawa and the Buddhist pantheon. The giant banner is unrolled like a colourful backdrop behind the monks and facing the spectators. It’s the moment in which the effort made, the distance covered and the wait endured are all rewarded.

Above, valley in Bhutan near Punakha with rice fields and typical houses.

Below, interior courtyard of a temple in Bhutan.

The spectacular Bumthang valley, the cradle of Bhutanese Buddhism, is home to the monastery of Kurjey Lhakhang, one of the country’s most sacred. On a rock inside is an imprint of

Getting to know this world is a privilege; appreciating it and safeguarding it is a sign of culture.

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ISTOCKPHOTO - THEPETITEWANDERESS.COM

Paro and Timphu, the capital, are the two easiest places to reach for visitors to Bhutan. From here, winding roads climb up towards the region of Bumthang, dotted with temples clinging onto the peaks and with tiny mountain villages. To reach them, you have to get to the ancient capital, Punakha, cross high mountain passes like the Dochula pass (3000 metres), travel through ancient glacial valleys, be ready to make a few sacrifices, and above all, plan a trip to Bhutan lasting at least 10 days.

the body of its founder, Guru Rinpoche. In this valley, far away from the capital and from visitors, the grand yearly Nomad Festival brings in peoples from the remote villages on the slopes of the Himalayas. They come here to celebrate their culture and traditions, thus keeping them alive and transmitting them to the coming generations. When the festival ends, the traditions remain: in these remote regions, where the modern custom of shaking hands has not yet replaced the traditional spoken-only greeting, the Brokpas and Layaps nomads maintain their traditional clothing and habits. They raise yaks and produce milk, butter and cheese, and the people here appear content with their lot.

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All Bhutanese people must attend a Tshechu (the name means “tenth day�) at least once in their lives: taking part, even as an onlooker, helps to purify the soul from sin, return home in a state of grace and take a step closer to enlightenment.

What makes these ceremonies so unique are the dances, performed by monks wearing large wooden face masks and dressed in sumptuous, brightly coloured clothing. They train for weeks for these performances, which require skill, practice and above all, meditation and prayer.

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Submarine goes luxury

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Under the Sea

Beatrice Trinci

Atlantis, The Palm

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Sleep next to thousands of species of sea creatures, gently drifting off to the soft sounds of waves lapping against the immense floor-to-ceiling windows of the magnificent Poseidon and Neptune underwater suites at Atlantis, The Palm in Dubai. Spanning 165 m², they contain a large lounge, a spacious dining area, interconnecting rooms, a cinema and a convenient private lift to take you back to the surface.

Dubai

K E R Z N E R C O M M U N I C AT I O N S

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Dormire accanto a migliaia di specie marine, lasciandosi cullare dal suono ovattato delle onde che si infrangono su imponenti vetrate panoramiche è realtà tra le mura trasparenti di Poseidon e Neptune, le sfarzose suite subacquee dell’Atlantis The Palm di Dubai. Dislocate su 165 metri quadrati, le stanze vantano un grande soggiorno, un’ampia zona pranzo, camere comunicanti, una sala cinema e un ascensore privato per riemergere con comodità in superficie. Per tutti i lupi di mare che non vogliono rinunciare all’extralusso, nemmeno in vacanza.

Under the Sea

Submarine goes luxury

TRAVEL

The Manta Resort Il Manta Resort è una costruzione ibrida che galleggia sulle acque dell’Oceano Indiano, a Zanzibar, vicino all’isola di Pemba.

A soli due minuti di barca a vela dalla riva, l’esclusiva dimora si presenta come una lussuosa casa di tre piani dalla doppia anima. Se sotto il livello del mare si trova una suite con finestre panoramiche attraverso cui ammirare lo spettacolo subacqueo, a galla ogni globetrotter potrà usufruire della zona solarium o dell’area living, tra agi e comodità di ogni genere.

T H E M A N TA R E S O R T. C O M

Zanzibar

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At the Manta Resort, you can stay in a hybrid construction floating on the Indian Ocean near the island of Pemba, in Zanzibar. It takes just two minutes to sail from the shore to the exclusive, deluxe three-floor home with two sides to it: below sea level is a suite with stunning views of the underwater world, while on the upper floors there is a comprehensive range of facilities for globetrotters to enjoy, including a lounge area and a sun deck.

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Under the Sea

Submarine goes luxury

Lover’s Deep Submarine

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Un nome, una garanzia. Per le coppie più romantiche e avventurose, sempre alla ricerca di destinazioni stupefacenti dove celebrare il proprio amore, Lover’s Deep è il suntuoso sottomarino che promette fughe in rosa tra le profondità dell’oceano. Una volta scesi a 600 metri sotto il livello del mare, gli ospiti possono decidere la rotta e usufruire di servizi esclusivi come un equipaggio personale composto da capitano, chef e cameriere o optare per una sfiziosa colazione a letto a base di ostriche e champagne.

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Lover’s Deep is the answer for passionate couples who never stop looking for spellbinding spots where they can have some time to themselves. It is a sumptuous submarine that can take you on a romantic getaway 600 metres below the sea. Once you get down there, you can choose where to go and make the most of the exclusive services provided by the crew of three (captain, chef and butler), such as extravagant breakfast in bed with champagne and oysters.

Caribbean

Under the Sea

Submarine goes luxury

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InterContinental Wonderland Progettato dall’architetto inglese Martin Jochman, l’hotel extralusso InterContinental Wonderland di Shanghai è un capolavoro d’ingegneria. Dei 19 piani che compongono la struttura, ben 17 sono stati costruiti in una cava abbandonata, profonda 88 metri, dove potersi regalare una permanenza maestosa quanto ineguagliabile con suite e zone living subacquee ad alto impatto emozionale. Riposarsi circondati da pesci rari o avventurarsi in sport estremi? Qui è possibile.

IHG.COM

Shanghai

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The InterContinental Shanghai Wonderland is a masterpiece of engineering designed by the British architect Martin Jochman. No fewer than 17 of the luxury hotel’s 19 floors are below ground level in an abandoned quarry that is 88 metres deep. There are a number of awe-inspiring underwater suites and living areas to add a unique, majestic touch to stays there.

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Under the Sea

Submarine goes luxury

Muraka, The Conrad Maldives Rangali

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Sleep among coral, tropical fish and sea creatures of all kinds, five metres below the sea. All of this is possible in The Muraka, a prestigious two-floor underwater villa. In the intimate, bespoke surroundings, there are two double bedrooms with large windows looking out over the Indian Ocean, a bar, a pool, a gym and a private jetty, which will be your starting point for exploration of the white beaches and crystal clear waters of the Maldives.

Maldives

CONRADMALDIVES.COM

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Dormire tra coralli, pesci tropicali e creature marine di ogni genere a cinque metri sotto il livello del mare. È questa la promessa di Villa Muraka, la prestigiosa struttura sottomarina dislocata su due piani che si trova a diverse remate dalle altre residenze di The Conrad. Il soggiorno intimo e personalizzato sarà in camere matrimoniali con ampia vetrata sull’Oceano Indiano mentre, per impreziosire l’experience, gli ospiti avranno a disposizione un bar, una piscina, una palestra e un molo privato da cui partire alla scoperta delle spiagge bianche e delle onde cristalline delle Maldive.

TRAVEL

R I A E H T N I UP Beatrice Trinci

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E in volo? Delta Airlines presenta un sistema hi-tech per far viaggiare ogni animale con serenità – anche in stiva. Una novità assoluta nel settore, che prende il nome di CarePod, un avanguardistico trasportino, al momento disponibile solo negli Stati Uniti, che consente a cani di grossa taglia di stare comodi e di non correre inutili rischi durante il tragitto. Realizzati con materiali atossici e pareti termicamente isolate per proteggere i cani da sbalzi di temperatura nocivi, i CarePod vantano il primo sistema d’idratazione incorporato al mondo, nonché un GPS che connette il contenitore a un centro di controllo Delta, dove il personale può monitorare costantemente il viaggio dell’animale. Dal decollo all’atterraggio.

Una scelta pet-friendly necessaria e rivoluzionaria, così commentata da Shawn Cole, Vice Presidente Delta Cargo: «Siamo l’unica compagnia aerea a offrire questa soluzione di viaggio premium per animali domestici: un miglioramento significativo per i milioni di persone che vogliono viaggiare con i loro amici a quattro zampe».

Every dog has its day. That is certainly the case with Delta Air Lines, which has introduced a hi-tech system to provide unparalleled safety for pets when they fly in the cargo hold. In a ground-breaking move for the industry, it has partnered with CarePod to supply special units that protect larger dogs in the air. Currently only available in the United States, the pods are made of non-toxic materials and have insulated walls. They have the world’s first built-in hydration system of its kind and GPS trackers linked to a Delta monitoring centre, where the staff keep a constant eye on the journeys of all pets, from take-off to landing. The pet-friendly move was described as follows by Shawn Cole, Vice President of Delta Cargo: “As the only airline to offer this premium pet travel solution, it represents a significant improvement for the millions of people that want to travel with their four-legged family members.”

D E LTA A I R L I N E S

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Vita da cani? Oggi diventa più lussuosa che mai. I primi a coccolare con soluzioni e servizi esclusivi i nostri amici a quattro zampe sono hotel e Maison di moda che, negli ultimi anni, hanno contribuito all’elitario proliferare di Spa, asili a 5 stelle, abiti e accessori a misura di Fido. Come Poldo Dog Couture che, a metà tra stile e divertissement, coinvolge rinomati fashion brand, da Moncler a Missoni, alla realizzazione di trendy e funzionali limited edition ad hoc. Per chi invece è costretto a partire in solitaria, La Maison Sissy di Porta Romana, a Milano, apre le porte della sua pensione agli amici pelosi, con attenzioni riservate e cucce blasonate.

2020 COSMOPROF BOLOGNA, QUARTIERE FIERISTICO

12 - 15 MARZO

13 - 16 MARZO

A new world for beauty Bologna, Hong Kong, Las Vegas, Mumbai

Company of

Con la partecipazione di

cosmoprof.com

Organizzato da BolognaFiere Cosmoprof S.p.a.

Milano T +39 02 796 420 F +39 02 795 036 info@cosmoprof.it

In collaborazione con

LET’S TRAVEL

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IN A HOT

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AIR

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BALLOON Giorgia Nongiulia

IAN DOOLEY/UNSPLASH

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Travelling safely in mid-air is possible in a hot air balloon. Before dawn and before sunset, when the landscape is waking from its slumbers, and when it’s winding down at the end of the day: these are the best moments to embark on this extraordinary experience. There are many destinations worldwide ready to open up to the simplicity – and at the same time, the powerful thrill – that a trip aboard a hot air balloon can offer: from the location par excellence in Albuquerque, New Mexico, which each year hosts the world’s biggest balloon festival, to the Serengeti, where you can admire the marvels of the savannah and its animals from above.

Art and archaeology aficionados, meanwhile, shouldn’t miss the Ankgor Wat temple in Cambodia, the oldest in the world. However, the most enchanting destination we can recommend is perhaps Cappadocia, home to the Göreme Valley, a marvellous mountainous UNESCO site whose tufa rock formations create truly delightful, wavy, sculpture-like shapes.

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Via col vento. Solo che al posto del regista Victor Fleming ci sarà un pilota che guida mongolfiere.

Le panoramiche non mancheranno e saranno tutte dall’alto: ma alle riprese dovrete pensarci voi.

Chi ha detto che entrare nel pallone allontani la concentrazione?

Viaggiare in mongolfiera è il modo più sicuro di assaporare il cielo che, per giunta, assicurerà i momenti migliori del suo umore: l’alba e il tramonto, le uniche fasce orarie che godono del vento e delle condizioni climatiche più idonee per staccare la spina, i piedi e le mani dal mondo.

Ve ne starete in un cestino e sarà come fare un picnic con il panorama, con i corsi d’acqua e gli alberi per tovaglia. La durata di un viaggio in mongolfiera è di circa un’ora: potrà essere abbastanza o abbastanza poco da voler rivivere una simile esperienza.

Ecco perché vi suggeriamo quattro destinazioni a cui non batte il cuore, ma che nessuno batte in bellezza se contemplate ad alta quota.

In Turchia c’è la Cappadocia con la Valle di Goreme (sito UNESCO): la vista sarà morbida sulle bellissime rocce di tufo che fanno pensare che anche la natura si possa scolpire. Goreme è perfetta d’estate – ma le sculture di roccia innevate, in inverno, sono da non perdere.

La Cambogia e l’antico tempio di Angkor Wat, il monumento religioso più grande del mondo. Ecco perché forse, per guardarlo tutto, sarà meglio farlo dall’alto: sarà suggestivo e sicuro – la mongolfiera potrà infatti restare legata a un cavo di sicurezza. Il tempio è un’enorme piramide terrazzata che assomiglia al trionfo dell’aranciato panorama cambogiano.

Nell’Africa Centrale, in Kenya, a Serengeti, dove per andare allo zoo non servirà pagare alcun biglietto – anche perché i botteghini sono sulla terraferma. Questa zona pianeggiante si estende fino alla Tanzania: volare al di sopra della Riserva naturale significherà assistere ai movimenti migratori di zebre, gru, gazzelle, giraffe, ippopotami, leoni ed elefanti.

Non potremmo poi fare a meno di segnalarvi Albuquerque, la città del New Mexico famosa per il più grande raduno di mongolfiere al mondo che si svolge ogni anno a ottobre. Vale la pena per l’assurda sensazione di trovarsi quasi a una festa di compleanno piena di palloni colorati messi tutti in una stanza – soltanto che ad Albuquerque sono a cielo aperto, giganti e sparsi insieme ai fuochi d’artificio.

Viaggiare in mongolfiera non potrà condurvi nelle strade principali o nei ristoranti gettonati. Non vi farà acquistare souvenir e non vi farà certo svegliare la mattina tardi. Quel che può garantirvi sarà però la sensazione di volare “senza cinture”, senza finestrini o distanze tra voi e il cielo, come accade per esempio a bordo di un aereo.

Provateci. Sarete all’altezza dell’esperienza.

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C AT E G O R Y

BODIES

WITH

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Certo ci vuol del metodo a fare del capitombolo una forma d’arte. Verrebbe da pensare a un obbiettivo burlone e un po’ sadico sempre in attesa del disastro. Invece ciascuna immagine è attentamente co-

«I miei personaggi sono sopraffatti dal peso della vita, dall’ansia del possesso e dell’apparire a tutti i costi. Al di là della risata, racconto fragilità e solitudini, quelle che affrontiamo tutti prima o poi: ogni caduta è fisica ma anche interiore, perché nel momento in cui crolliamo la maschera che vestiamo ogni giorno sfugge via e siamo nudi davanti a noi stessi». Messaggi forti e temi universali in cui viene spontaneo identificarsi – tanto più che ciascun soggetto nelle foto di Sandro ha il volto coperto.

«Perché la caduta è anche una catarsi: devi incassare e poi rialzarti, magari con qualche bernoccolo, ma anche più consapevole».

On the previous page. Stiamo alla frutta (Pratica di Mare, 2016).

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Eccolo, il fotografo che schianta le persone.

Quando ha cominciato su Instagram con il nome di Remmidemmi, nel 2013, il suo progetto fotografico sembrava quasi un gioco.

«Stavo attraversando un periodo molto buio della mia vita – mi racconta Sandro – Dopo oltre vent’anni trascorsi a lavorare nel mondo dello spettacolo ero arrivato a un punto di stallo. Poi un giorno, mi trovavo a Barcellona, sono caduto rovinosamente mentre andavo in bici. Un lampo e mi sono ritrovato a terra dolorante, stringendo ancora la barretta energetica che avevo in mano. È stato un segno: il mio corpo mi stava dicendo che qualcosa non andava». Un incidente che è stato un nuovo inizio: seguendo la sua passione per la fotografia, e a partire proprio da quello schianto, è nato __IN EXTREMIS (bodies with no regret) che, in una manciata di anni, ha girato il mondo toccando Belgio, Olanda, Francia, Germania, Spagna, Stati Uniti e Canada, oltre ovviamente l’Italia. È arrivato sui principali quotidiani, ha ispirato una challenge sui social ed è approdato di galleria in galleria. «Tra poco sarà all’Opera Gallery di Parigi e a breve uscirà un volume che raccoglierà il meglio di questi ultimi sei anni di lavoro: 500 copie firmate e numerate per raccontare il backstage del progetto. – spiega – Ma non mi fermo, sogno di schiantare anche le celebrità del nostro cinema italiano, da Carolina Crescentini a Carlo Verdone».

struita sul set, in un gioco rocambolesco che vien facile definire impattante. «Non ci sono fotomontaggi nei miei scatti, è tutto vero, ma nessuno si fa male: scelgo spesso degli attori come modelli, perché sanno sentire il loro corpo.

Del resto quello che chiedo loro sono delle vere e proprie performance, spesso fisicamente molto intense». Il risultato sono fotografie che spiazzano e si fanno ricordare: sono colorate ed esplosive, a tratti disturbanti, spesso grottesche, ma anche molto provocatorie. I piani di lettura sono molteplici, e qui sta la loro ricchezza: la risata che suscita il primo sguardo, osservando meglio, si trasforma in un ghigno nero, di un umorismo pirandelliano che non fa sconti. Sono titoli e dettagli a essere rivelatori: un motto di spirito, un oggetto apparentemente buttato lì, un particolare stonato aprono la porta alla critica verso le ipocrisie e le nevrosi del mondo contemporaneo. Ci sono l’alienazione e i disastri ambientali, la xenofobia e la società dei consumi, più qualche semplice, quanto tragicomico, scherzo del destino (come quello che vedete in copertina).

COVER STORY

capelli sono tutti arruffati, la faccia è lì, affondata da qualche parte, le braccia si rigirano, le gambe non potrebbero risultare più scomposte di così. È un istante catastrofico eppure così grottescamente divertente quello in cui qualcuno cade. Il corpo è goffo: scivola, sbatte, crolla, rovina. Per un attimo si cristallizza in una posa innaturale, sembra un burattino a cui sono stati tagliati i fili. E proprio in quel momento Sandro Giordano scatta.

REGRET

Virginia Francesca Grassi

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COVER STORY LUUK MAGAZINE

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Sandro Giordano makes people crash. When he started out on Instagram under the name Remmidemmi in 2013, his photography project almost seemed like a game. “I was going through a very dark time,” reveals Sandro. “After more than 20 years working in show business, I’d come to a standstill. Then one day I fell off my bike: my body was telling me that there was something wrong and that proved to be a turning point.”

The accident was a new beginning. Giordano embraced his passion for photography and drew inspiration from his crash to create __IN EXTREMIS (bodies with no regret). In just a few years, it has been all round the world, appeared in leading newspapers and a series of galleries, and triggered a social media challenge. “It will soon be at Opera Gallery in Paris and a book containing the best from the last six years will be published shortly. There will be 500 signed and numbered copies giving a glimpse behind the scenes,” he explains. “And I have no intention of stopping. I’d love to get Italian film stars such as Carolina Crescentini and Carlo Verdone to crash.”

Of course you need a solid technique to make collapsing into an art form. The pictures might seem like the work of a slightly sadistic prankster waiting for disaster to strike, but each one is carefully crafted on set: “I don’t manipulate my photos. Everything is real, but no one gets hurt. I often work with actors because they really know how to feel their bodies. In addition, at the end of the day I’m asking them to perform.”

The pictures are dumbfounding and hard to forget. They are colourful and explosive, disturbing in some respects and very provocative.

Jokes, seemingly random objects and jarring details pave the way to criticism of the hypocrisy and anxiety in the world today. Alienation, environmental disasters, xenophobia and consumerism all play a part.

“My characters are overwhelmed by life, angst about possessions, and the need to keep up appearances at all costs. As well as making people laugh, I’m telling tales of frailty and solitude, which we all face at some stage. However, there’s a cathartic side to every fall: you have to take it on the chin and then get back on your feet. You might come away with a few bumps and bruises, but you’ll also have a greater sense of awareness.”

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© SANDRO GIORDANO

COVER STORY

On this page. Berlin Trans Express (Berlin, 2016). Bello spettacolo complimenti (Tarragona, 2018).

On the previous page. Recently employed (Milano, 2018). Il mutuo da pagare (Roma, 2018).

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FONDAZIONE VICO MAGISTRETTI

Alessandra Cesana

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DESIG N OVER T H E P H O N E

DESIGN

ETTI

AGI M

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DESIGN

«A me piace il concept design, quello che è talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo.

Molti dei miei progetti li ho trasmessi al telefono». È con queste parole che Ludovico – Vico – Magistretti descriveva il suo approccio all’architettura e al design, ancora attualissimo a 100 anni esatti dalla sua nascita. I suoi progetti sono proprio così, talmente chiari da poter essere descritti a voce senza l’ausilio di schizzi o immagini, perché basati su concetti, frutto di intuizione e osservazione.

Figlio d’arte, è cresciuto respirando architettura e ossigeno nella sua adorata Milano o, più precisamente, in via Conservatorio – prima sede dello studio e oggi della Fondazione a lui dedicata –, nell’edificio progettato dal padre, quasi di fronte a quello costruito dal trisavolo e adiacente al palazzo realizzato da Vico stesso: una storia che orgogliosamente raccontava a coloro che gli facevano visita. Il capoluogo lombardo è sempre stato una grande fonte di ispirazione per i suoi progetti che restituivano una forte componente di cultura milanese. La città entra anche fisicamente nello studio: sedendosi al suo tavolo da lavoro si può infatti scorgere la Chiesa della Passione riflessa nello specchio appeso alla finestra, un escamotage per rendere lo spazio ancor più permeabile. O, ancora, i dettagli architettonici dalla forma semisferica dell’edificio di fronte dialogano con Sonora, la maxi lampada a sospensione che, nella sua semplicità, caratterizza un intero ambiente. Ornamenti e orpelli vengono messi al bando a favore di un’inedita purezza formale, intesa come una «complessità risolta», per dirla alla Brâncuși. La sperimentazione rigorosa, di nuovi materiali e di nuove soluzioni spaziali, non dettata dalla necessità di seguire le mode ha reso le creazioni di Magistretti iconiche e capaci di attraversare il tempo. Tra queste, le più celebri sono proprio le lampade: da Eclisse, che s’ispira alla lanterna cieca e premiata con il Compasso d’Oro nel 1967, ad Atollo, composta da due volumi geometrici in apparente equilibrio tra loro.

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“I like concept design, when it’s so clear that there isn’t really any need to draw it. I’ve presented many of my designs over the telephone.” These were the words used by Ludovico “Vico” Magistretti to describe his approach to architecture and design, which is still extremely relevant 100 years after he was born.

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He followed in his father’s footsteps, having grown up immersed in the world of architecture in his beloved home city of Milan. The offices of his firm on Via Conservatorio – now home to a foundation named after him – were in a building designed by his father, almost opposite one built by his great-great-grandfather and next to one by Vico himself. The city was always a big source of inspiration for his projects and even made its way into his office: from his desk, the reflection of the Church of Santa Maria della Passione can be seen in a mirror hanging by the window. Meanwhile, the dome-shaped architectural details of the building opposite are echoed by the large Sonora hanging lamp, whose simple style is capable of making its mark on an entire room. Magistretti’s creations were iconic thanks to his painstaking experimentation with new materials and fresh solutions in space, with no need to follow passing fashions. Some of his most famous products are lamps: from Eclisse, which won the Compasso d’Oro design award in 1967, to the legendary Atollo.

On this page. Selene chair (1969), produced by Artemide; Atollo-233 table lamp (1977), produced

by Oluce; multifunctional building in corso Europa (Milano, 1955-57), photographed by Gabriele Basilico; 675 Maralunga 40 sofa (1973), produced by Cassina. On the previous pages. Portrait of Vico Magistretti; Eclisse lamp (1965), produced by Artemide; Sonora lamp (1976), produced by Oluce.

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DESIGN LUUK MAGAZINE

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On this page. Sketch of the building in Piazzale Aquileia (Milano, 1961-64); Carimate chair (1960), produced by Cassina; Vidun coffee table (1986), produced by DePadova.

On the next page. Department of Biology for the UniversitĂ degli Studi di Milano (Milano, 1978-81), photographed by Gabriele Basilico.

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cola esposizione nello studio-museo e una mostra itinerante che toccherà numerose città europee.

Ad aprire i festeggiamenti del centenario dalla nascita è l’archivio digitale, online da gennaio, frutto di un grande lavoro di inventario, digitalizzazione e schedatura: un gesto generoso, per scoprire in totale autonomia Vico Magistretti, senza intermediari e senza interpretazioni altrui, passando da una scheda all’altra. Un percorso raccontato da Margherita Pellino come la sfida più grande per la Fondazione. Responsabile dell’archivio, ma soprattutto nipote dell’architetto, Margherita nelle visite guidate racconta in primis la sua esperienza molto personale e confessa di avere tanti ricordi speciali: «Io e mio fratello avevamo un appuntamento settimanale fisso con Vico. Finita la scuola uscivamo di corsa per pranzare insieme a lui e mentre eravamo a tavola ci raccontava a cosa stava lavorando. Poi arrivava sempre puntuale l’ora del pisolino, il suo momento sacro!».

“Whenever Vico was asked in an interview which of his product designs he liked the most, he

would always reply that it would be like picking a favourite child. However, there was no doubt in his mind when it came to architecture. Of the many buildings that he was behind, he was fondest of the 1960s tower on Piazzale Aquileia,” reveals Rosanna Pavoni, the director of the foundation. The Triennale di Milano’s first big Vico Magistretti exhibition will cover his architecture, along with his set and industrial design work. Curated by Gabriele Neri in partnership with the foundation, it will be opened on 19 April to coincide with Fuorisalone 2020 and it will provide a great opportunity to venture into the realm of a master who helped to put Italian design on the map all over the world.

Following immense inventory checking, digitization and cataloguing efforts, the celebrations to mark 100 years since Vico Magistretti’s birth will begin with the unveiling of a digital archive, which will generously allow people to discover his creations on their own.

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Pezzi di storia del design italiano, che hanno mietuto successi al servizio delle più importanti aziende italiane – De Padova, Cassina, Kartell, Flou, Artemide, Oluce, solo per citarne alcune. «In tutte le interviste chiedevano a Vico a quale suo oggetto fosse più affezionato, ma ogni volta rispondeva che è come esprimere una preferenza sui figli. In fatto di architettura però non aveva dubbi, l’edificio più amato tra i tanti che portano la sua firma è quello di Piazzale Aquileia, realizzato negli anni Sessanta e caratterizzato da una torretta», racconta Rosanna Pavoni, direttrice della Fondazione. Tratterà proprio i progetti di architettura, insieme a quelli di industrial design e allestimento, la prima grande mostra che la Triennale di Milano dedica a Vico Magistretti, con disegni, schizzi, modelli, fotografie, video e oggetti inediti provenienti da archivi, collezioni e musei. Curata da Gabriele Neri in collaborazione con la Fondazione, verrà inaugurata il 19 aprile, in concomitanza del Fuorisalone 2020, e sarà l’occasione per addentrarsi nell’universo di questo Maestro che ha contribuito a rendere il design italiano un punto di riferimento a livello mondiale. Ci saranno poi una pic-

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Flos

cc-tapis Knoll

Baleri Italia

All comes (a)round Luca Antonio Dondi

Negli interni, le linee si trasformano in movimenti

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sinuosi e avvolgenti. Arredo come sinonimo di accoglienza.

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Ludovica Mascheroni

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Magis

sinuous and wrapping movements.

Furniture as a synonym of hospitality.

Roche Bobois

In the interiors, lines change into

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Kartell

Vitra

FontanaArte

Cassina

Fornasetti

B&B Italia

Between past and future

on two weels

Alessandro Isidoro Re

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ON THE ROAD

ai sentito parlare di Royal Enfield? Se siete appassionati di motociclismo probabilmente sì. Ma forse non tutti conoscono la sua storia. È davvero particolare. E insegna come fare di necessità virtù, in ogni ambito.

Costola della “Royal Small Arms Factory” – che costruì armi per il governo britannico fino al 1988 – Royal Enfield si è concentrata subito sulla progettazione di cicli e motocicli all’avanguardia. Nata ufficialmente nel 1890, rimane attualmente il più antico marchio di produzione motociclistica al mondo: è infatti del 1901 la sua primogenita. Venne progettata da R. W. Smith e Frenchman Jules Gotiet, con un motore Minerva da 1,5 CV montato davanti allo sterzo; vollero poi che la trasmissione finale fosse collocata sulla ruota posteriore mediante una lunga cinghia di cuoio. Un mezzo perentorio e possente, come recita il claim stesso del marchio: “Made Like a Gun”. Lo stesso che leggiamo oggi sull’insegna del nuovo concept store che Royal Enfield ha inaugurato alle porte di Milano, il primo in Italia.

Un luogo dove respirare l’aria storica che emana il brand d’oltremanica e toccare con mano i modelli che hanno fatto le glorie della Casa. A partire dal Bullet, attualmente la motocicletta più antica al mondo – e scusate se è poco. Una vera icona a due ruote nata nel 1932 e tutt’ora in produzione continua, anche grazie a Johnny Brittain – nomen omen – che l’ha portata alla ribalta negli anni ’50 con innumerevoli trionfi dall’eco mondiale. Il suo punto di forza? Senz’altro lo stile, che unisce semplicità e aggressività, per un mood generale che stimola tanto i neofiti quanto i veri biker. Ieri come oggi.

L’ultima versione nata è la Bullet Trials 2019: presenta un motore UCE Das 498cc, insieme a una linea sinuosa ed elegante, caratterizzata dal sellino singolo, parafanghi rifiniti e portapacchi. Un modello che ricalca gli stili vintage di Royal Enfield, riportando la mente del centauro agli anni ’50 del marchio, forieri di grandi successi, ibridando il look del passato con tecnologie moderne, come il doppio freno a disco con ABS e sistema EFI. Gli pneumatici con battistrada a tasselli forniscono poi la massima tenuta anche su fondi non asfaltati, mentre il manubrio rinforzato assicura il controllo totale del veicolo.

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Un viaggio tra passato e futuro. Rigorosamente su due ruote.

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Did you know that Royal Enfield is the oldest motorcycle manufacturer in the world? Officially founded in 1890 as an offshoot from the “Royal Small Arms Factory” – which built weapons for the British government until 1988 – it immediately focused on designing cutting-edge cycles and motorcycles. And we’re sure it has no intention to stop. With a style that’s both simple and aggressive, for a total mood that thrills aficionados, real bikers and the merely curious.

Starting out from the Bullet, currently the world’s oldest motorcycle. And that’s no mean feat. This authentic two-wheel icon first left the factory in 1932, and is still in production today; the Bullet Trials 2019 version (which owes its name to the numerous triumphs in the international trial championships of the 1940s and ‘50s), has a UCE Das 498cc engine, a graceful, elegant shape featuring a single seat, beautifully finished mudguards and a luggage carrier. This version is modelled on the vintage Royal Enfield styles, taking bikers back to the 1950s that brought the brand so many successes and teaming the look of the past with the technologies of the present, such as the double disk brake with ABS and EFI system. The lug tyres offer improved grip on the road, while the reinforced handlebar guarantees total control of the vehicle.

A trip between past and future. Strictly on two wheels.

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PHOTO COURTESY PRESS OFFICE

ON THE ROAD

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e m o R ve o L TO

H T I W

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ADDRESS

Barbara Micheletto Spadini

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Giuseppe de Martino, General Manager di The St Regis Rome, crede in un concetto di lusso che si è allontanato dall’idea di possesso materiale e si è trasformato in un tema esperienziale: «I viaggiatori più sofisticati vogliono scoprire la destinazione che visitano attraverso nuove chiavi di lettura, scoprendo nuovi itinerari e incontrando la comunità locale», racconta.

E oggi questo è possibile anche grazie al recente restauro della struttura, avvenuta in occasione del suo 125° compleanno. «Il restyling è stato affidato al celebre studio di interior design Pierre-Yves Rochon Inc. (PYR) con sedi a Parigi e Chicago. Il progetto del nuovo The St Regis Rome rende omaggio alla storia dell’albergo, reinterpretandone in chiave contemporanea l’eleganza senza tempo. Il fil rouge dell’intero progetto è la luce e ogni elemento architettonico e di design è un tributo alle suggestive atmosfere di Roma: l’azzurro delle giornate primaverili ed estive si ritrova in molti arredi nelle aree comuni e nelle camere, così come i toni della terracotta nelle suite che richiamano i colori delle mura romane trasformate dalla luce del tramonto».

Chiedo a Giuseppe di raccontare la sua Roma attraverso una selezione speciale di luoghi del cuore.

Giuseppe de Martino, the General Manager at The St. Regis Rome, believes in an outlook on luxury that has moved away from the idea of material possessions in favour of experiences: “The most sophisticated travellers want to find fresh ways to explore their destinations, by discovering new itineraries and meeting local communities.”

And today, all of this is possible also thanks to the recent renovation made on the occasion of its 125th anniversary. “The renovation work was carried out by the famous Pierre-Yves Rochon Inc. (PYR) interior design firm, which has offices in Paris and Chicago.

The new design for The St. Regis Rome pays tribute to the hotel’s history and presents a contemporary take on its timeless elegance. The entire project revolves around the concept of light and every feature of the architecture and design schemes pays homage to the spellbinding light of Rome: the sky blue hues of spring and summer days can be found in numerous items of furniture in the public spaces and bedrooms, while the terracotta shades in the suites call to mind the walls of Rome when they are magically transformed by the sunset.”

I asked Giuseppe to tell me what Rome means to him by selecting some of his favourite places in the city.

Villa Borghese, dove vado a correre ogni mattina: dal Pincio mi piace ammirare il sole che sorge. I go running in Villa Borghese every morning and I like to watch the sun rise from the Pincian Hill.

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Alba Dawn

Pranzo Lunchtime

Dal Bolognese dove, oltre a gustare ottimi piatti, incontro volentieri i miei amici di sempre. As well as enjoying delicious food, at Dal Bolognese restaurant it is always a pleasure to meet up with lifelong friends..

Aperitivo Aperitif time

Lumen, Cocktails & Cuisine, il nuovo ritrovo per l’aperitivo di The St. Regis Rome, dove mi piace accogliere ospiti e residenti romani e invitarli a provare i nostri nuovi cocktail accompagnati da prelibatezze culinarie e degustazioni create ad hoc dall’Executive Chef Francesco Donatelli. I like to welcome both locals and hotel guests to Lumen, Cocktails & Cuisine: a new spot for appetizers and drinks before dinner at The St. Regis Rome.

Executive Chef Francesco Donatelli specially prepares tasting selections and other culinary delights to go with our new cocktails.

Sabering

OKNO STUDIO

Arte Art

Per l’arte, invece, sono particolarmente orgoglioso di rinnovare il sodalizio con Galleria Continua, che per il suo 30esimo anniversario, ha inaugurato la sede romana presso il The St. Regis Rome: nella hall ora ospitiamo una nuova mostra del duo cinese Sun Yuan & Peng Yu. I am very proud to be continuing our partnership with Galleria Continua in the world of art with a new exhibition in our hall by the Chinese duo Sun Yuan & Peng Yu. Galleria Continua celebrated its 30th anniversary by opening a branch in our city at The St. Regis Rome.

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Alle 7 in punto, poi, ogni ospite è invitato ad assistere al sabering, il rituale iconico del brand St. Regis, che prevede l’apertura dello champagne con la sciabola. Un rito che negli anni si è consolidato divenendo un vero e proprio appuntamento serale. At 7 o’clock on the dot, all of the guests are invited to see champagne being opened with a sabre.

Over the years, the signature St. Regis evening sabering ceremony has become an iconic part of all visits to our establishments.

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FOOD

VENETO W I T H TA S T E tiramisU, Prosecco and more

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Giorgia Giuliano

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1 2 3 R F. C O M

FOOD

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Potreste non essere mai stanchi di girare il Veneto: dopotutto, una regione così il tiramisù ce l’ha nel sangue. Di fama (e fame) mondiale, il dolce al cucchiaio diffonde l’Italia nel mondo e si diffonde a strati, nel bicchiere, addirittura si destruttura.

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E il primo strato – quello basilare – non è di crema al mascarpone e non è di savoiardi, ma è di territorio. Quello trevigiano, dove il tiramisù nasce negli anni ‘60. Il centro di Treviso è la prima tappa di questo itinerario che a poco a poco sale, fino a raggiungere la vetta – e forse anche la consapevolezza – più dolce di un dolce che, come tutte le cose straordinarie, è fatto di tanta semplicità e poche pretese. Cacao, mascarpone, savoiardi e caffè. Insieme in un modo nient’affatto complicato.

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Cerchiate su questa mappa il ristorante Le Beccherie dove pare che il tiramisù sia venuto al mondo (della pasticceria): pensate che nel 2010 la ricetta è stata depositata presso l’Accademia Italiana della Cucina.

Il ristorante della storica famiglia Campeol (a cui siamo forse un po’ tutti grati) lo propone sia classico – proprio come uno se lo aspetta – e sia sbagliato: con gelly di Prosecco, pane al caffè, mascarpone e polvere di croccante. Più che mappe e bagagli, verrebbe da dire cucchiai alla mano.

In attesa del dessert, le colline del Prosecco di Conegliano (sito Unesco) sapranno mettervi sete: questa è la zona di produzione del Prosecco DOCG. Un’idea piuttosto frizzante è quella di visitare l’iconica cantina Carpené Malvolti con le sue eccellenze al calice, mentre al contempo se ne assaggia la storia, se ne ammira la natura circostante e se ne comprende l’effervescente valore.

Prosecco Superiore, Rosé e Metodo Classico: le sfumature del Veneto andranno dritte al cuore del sapore.

Si prosegue con gusto a Lughetto (VE) dove brillano entrambe le due stelle Michelin dell’Antica Osteria Cera, là dove il pesce sta meglio che nel mare, dove l’eleganza non sta per forza nel modo di vestire ma in quello di fare da mangiare. Da 50 anni, il ristorante è instancabilmente perfetto nella sua atmosfera pura come l’acqua e nelle proposte gastronomiche per cui, con le posate, ci si può nuotare. Da scoprire l’iconico Spaghettino freddo con lucerna, mazzancolla, salsa di pistacchio di Bronte e acqua di capperi.

We have an itinerary to suggest for a trip to explore this splendid region, which is also famous for its Prosecco Valdobbiadene DOCG, the perfect gourmet partner for Tiramisu. Our route takes in a wine cellar in nearby Conegliano, where you can sample some excellent varieties, from sparkling rosés to Prosecco Superiore.

Let your palate guide you in the direction of a superb dinner in Lughetto, at Antica Osteria Cera, an outstanding seafood restaurant with two Michelin stars. Make sure you don’t fail to try the iconic Spaghettino freddo con lucerna, mazzancolla, salsa di pistacchio di Bronte e acqua di capperi (Cold “spaghettini” with gurnard, caramote prawns, Bronte pistachio sauce and capers).

If you fancy treating yourself to a weekend break, choose an overnight stay at Hotel CastelBrando, one of Europe’s largest castles. And before you head home, cheer yourself up with a delicious breakfast at Antica Pasticceria Nascimben – including a portion of tiramisu, of course.

Ristorante Le Beccherie

Piazza G. Ancillotto, 9 Treviso

Cantina Carpené Malvolti SpA Via Antonio Carpené, 1 Conegliano

Antica Osteria Cera

Via Marghera, 24 Lughetto di Campagna Lupia

CastelBrando

Via Brandolini, 29 Cison Di Valmarino

Antica Pasticceria Nascimben Via Vittorio Veneto, 1 Treviso

FOOD

Tra un cucchiaio di tiramisù e un assaggio di Prosecco, scegliete di riposarvi e pernottare con suggestione e con incanto, con il mattino che s’irradia sul paesaggio verde che circonda CastelBrando, l’hotel a quattro stelle che è anche uno dei castelli più grandi d’Europa. Una dimora storica che vi accoglierà come se lo facesse il Veneto intero.

Cioè a braccia spalancate.

all’Antica Pasticceria Nascimben. Con un tiramisù, ovviamente.

Tiramisu is enjoyed by people all over the world – but perhaps not many of them know this famous dessert originated in the Veneto region, in Treviso to be precise, in the 1960s, in the “Le Beccherie” restaurant, an institution in the town, which to this day serves not only the classic version, but a more original variant made with Prosecco jelly, coffee-flavoured bread, mascarpone and powdered hazelnut brittle.

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CASTELBRANDO - NICOLAS GOBBO

E quando il weekend sta per finire, meglio tirarsi su il morale con una colazione

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THE ESSENCE OF FLAVOUR

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FOOD

Virginia Francesca Grassi

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Sine come “senza”, in latino. Senza manierismi laccati, senza arroganza impettita, senza astrusi cerebralismi.

Ma con molti più.

Fa della sottrazione il suo valore cardine Sine – Ristorante Gastrocratico, l’avventura di cuore e di forchetta di Roberto di Pinto. Su Milano lo chef ha scommesso tutto: dopo essersi formato in giro per il mondo – gli stellati Fiore e Conservatory a Londra, Nolita a Parigi e poi Nobu e il Bvlgari nella capitale meneghina, giusto per fare qualche nome – ha voluto una cucina tutta sua, «una tela bianca dove poter dare veramente sfogo alla mia creatività, senza imposizioni e senza compromessi». Oggi in quei senza c’è tutto: il gusto accogliente di casa, accenti partenopei e mediterranei che vengono arricchiti da contaminazioni inaspettate, lussi gourmand che si spogliano di quello snobismo troppo intellettuale che oggi ha stufato. Una filosofia culinaria che punta all’essenza e vola al di là del superfluo: è estrosa, personale e viene declinata in un format elegantemente casual.

Esattamente come questa ricetta: risotto alle cime di rapa, salsa di burrata e nocciole croccanti.

Subtraction is the key concept underlying the term sine, Latin for “without”, and of Sine – Ristorante Gastrocratico, the emotional and culinary adventure of chef Roberto di Pinto, who chose Milan as the place to invest everything he had learned in his international career. After working in the Michelin star restaurants Fiore and Conservatory in London, Nolita in Paris and then Nobu and Bvlgari in Milan, to name but a few, he felt the desire for his very own kitchen, “a blank canvas on which I could give free rein to my creativity, with no impositions and no compromises”. Roberto’s culinary philosophy focuses on the essence of the dishes, moving deftly beyond the superfluous for a creative, personal cuisine with a presentation that exudes a casual elegance. This recipe is a perfect example.

Ingredients (4 people)

240 gr di riso carnaroli 4 mazzi di cime di rapa 125 gr di burrata fresca 60 gr di nocciole con la buccia 60 gr di burro 30 gr di parmigiano reggiano 30 gr di pecorino romano a crosta nera 40 ml di panna fresca 1 spicchio di aglio Olio evo, sale e peperoncino q.b.

2 lt di brodo vegetale (con sedano verde, carote, cipolla bianca, pomodori ramati, zucchine, basilico, prezzemolo, aglio e pepe bianco in grani)

240 g carnaroli rice 4 bunches of turnip tops 125 g fresh burrata cheese 60 g hazelnuts with their skin 60 g butter 30 g parmigiano reggiano cheese 30 g black rind pecorino romano 40 ml fresh cream 1 clove of garlic extra virgin olive oil, salt and chilli pepper to taste 2 l vegetable stock (made with green celery, carrots, white onion, vine tomatoes, courgettes, basil, parsley, garlic and grains of white pepper)

Procedimento

Method

Saltare le cime di rapa in padella con aglio, olio e peperoncino (bisogna tenerne qualcuna da parte, cruda, per la guarnizione); aggiungere un po’ d’acqua e stufarle per 15 minuti circa. Quando saranno pronte, frullarle fino a ottenere una crema.

A parte frullare anche la burrata, insieme alla panna e a un filo d’olio extravergine.

A questo punto preparare il brodo: tagliare tutte le verdure a mirepoix; dividere i pomodori a metà e lasciare l’aglio in camicia; mettere tutto in una pentola capiente – tranne le erbe aromatiche – e portare a ebollizione. Togliere dal fuoco e mettere in infusione le erbe aromatiche per circa due minuti.

Passare tutto in un setaccio a maglia fine (andrà benissimo l’utilizzo di un chinois) e successivamente filtrare attraverso un panno in cotone pulito.

Si può procedere con la preparazione del risotto: tostare il riso e bagnarlo con il brodo vegetale, finché non sarà quasi pronto; a tre minuti dalla fine, aggiungere la crema di cime di rapa. Mantecare con il pecorino, il parmigiano, il burro e un giro d’olio. Intanto tostare le nocciole in padella saltandole e poi tritarle grossolanamente.

Infine impiattare il riso verde, aggiungendo la salsa di burrata, le nocciole tostate e le cimette crude per guarnire.

Sautée the turnip tops in the pan with garlic, oil and chilli pepper (saving a few, raw, to garnish); add a little water and stew for about 15 minutes.

When ready, blend them until creamy.

Separately, blend the burrata with the cream and a little extra virgin olive oil.

Now prepare the stock: make a mirepoix by chopping all the vegetables; cut the tomatoes in half and leave the skin on the garlic. Place them all – without the herbs – in a large pot of water and bring to the boil. Remove from the heat and place the herbs in the stock to infuse for about two minutes. Strain the stock through a fine-mesh sieve and then filter through a clean cotton cloth.

Now prepare the risotto: toast the rice and keep adding the vegetable stock until it’s almost ready; three minutes before the end, add the turnip top cream. Whisk in the pecorino, parmigiano, butter and a drizzle of oil. Meanwhile, toast the hazelnuts in the pan, moving it around, then chop them roughly.

Serve the turnip top risotto, adding the burrata sauce, the toasted hazelnuts and the raw turnip tops to garnish.

PHOTO COURTESY SINE

Ingredienti (4 persone)

97

LAST LUUK

LAST LUUK

ATMOS-PHERE

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Puro vetro antiriflesso. Quadrante in stile Art Déco. Indici e lancette minimalisti. Base rodiata e satinata.

All’apparenza complessa, la pendola Atmos Transparente di Jaeger-LeCoultre si basa su un meccanismo incredibilmente semplice, creato dall’ingegnere Jean-Léon Reutter nel 1928. Un movimento quasi perpetuo. Un equilibrio quasi magico. Un affascinante spettacolo orologiero, che cambia a seconda dell’angolazione da cui lo si osserva. Proprio come l’immensità del tempo che scorre.

Pure anti-reflective glass. Art Deco style dial. Minimalist hour-markers and hands. Satin brushed and rhodium plated base. Apparently complex, Jaeger-LeCoultre’s Atmos Transparente clock is based on an incredibly simple mechanism, invented by the engineer Jean-Léon Reutter in 1928. A virtually perpetual movement, a magical balance. A fascinating display of clockmaking. To be admired from every angle, just like the great expanse of time.

© J A E G E R - L E C O U LT R E

LUUK MAGAZINE

Martina D’Amelio