Lungarno n. 57 - dicembre 2017

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Che si apra il sipario

P

di TOMMASO CHIMENTI

cecanti che ribaltano (letteralmente) ogni concezione sul Principe di Danimarca, una macchineria, quella di Bob Wilson, che attanaglia, strappa di bagliori e cromature sempre nuove. Ancora tragedia e colori con Arturo Cirillo che in questi ultimi anni ci ha portato ad aprire il sarcofago eclettico delle figure di Annibale Ruccello, tesori inestimabili di drammaturgia sempreverde; stavolta è “Notturno di donna con ospiti” (11-12 gennaio) il graffio napoletano che ci scartavetra e ferisce. Altre luci nelle tenebre i due testi russi con gli intramontabili Cechov e Dostoevskij sviscerati rispettivamente dalle coppie Vinicio Marchioni e Francesco Montanari in “Uno zio Vanja” (26 gennaio – 4 febbraio), il trattamento delle parole è di Letizia Russo, e Sergio Rubini – Luigi Lo Cascio in un “Delitto/Castigo” (23 - 29 marzo) che entra sottopelle, sotto le unghie, sotto le costole. Altre pièce ci hanno solleticato, e sollecitato: al Teatro di Rifredi, sempre attento nell'intercettare le pulsioni del contemporaneo, arriva prima Emma Dante con la nuova fiaba noir “La scortecata” (22-24 marzo) e a chiudere la stagione quel “La merda” (4-5 maggio; già in passato a Firenze alla Limonaia e Puccini) campione da anni di tournée mondiali. Al Teatro Puccini, infine, approdano due spettacoli che non ci stancheremo mai di elogiare: “La scuola” (6-8 aprile) con Silvio Orlando, già prof. sul grande schermo, e “La paranza dei bambini” (29 marzo) con le parole di Roberto Saviano filtrate per la scena da Mario Gelardi, perché in alcuni luoghi fare teatro è ancora fare resistenza attiva, fare cittadinanza, essere uomini o caporali.

er l'anno che verrà (lasciare stare Dalla) un consiglio: non chiedete la pace nel mondo, non ci sarà. E poi, in definitiva, diciamocelo, che c'importa di Palestina e Cecenia, di Libia o Mali, di Afghanistan o Birmania? Ci basta avere Sky e poter ancora grattare compulsivamente i biglietti della fortuna e lamentarci di non aver vinto per la milionesima volta. Che anno sarà il 2018? A Drive In c'era quel personaggio calabrese il cui tormentone era “il 18 non si nega a nessuno”. Chiaramente parlava di università e di sufficienze stiracchiate. Chi ci crede potrà ancora abbeverarsi alla fonte dei vari Fox o Branko, per tutti gli altri la tiritera prevederà, come di consuetudine, inverno, primavera, estate e autunno. Il mondo non finirà, tranquilli. Ad ogni inizio anno però i buoni propositi si sprecano, ma, come avrete capito, il tempo che passa potrà solo peggiorarci. Quindi, un bel respiro e via che il tempo è un flusso e il '18 non avrà alcuna colpa sulle nostre piccole grandi tragedie quotidiane. Qualcosa però potrà sollevarci dal nostro solito tran tran chiamato desiderio: il teatro, quella cosa antica che ancora oggi riesce a farci sobbalzare sulla poltrona, ad aprire finestre sconosciute su territori dell'animo misteriosi. Che cosa ci sarà di buono a Firenze e dintorni nel nuovo anno da addentare e staccare a morsi con gli occhi? Quattro interessanti chiavi di lettura al Teatro della Pergola con quella sottile pesantezza colma di sorpresa e fascino che è l'“Hamletmachine” (23-25 gennaio al Saloncino), una fucina di colori ac-

• • • • • • • • • • Di scena • • • • • • • • • • Per i teatri fiorentini maggiori, Pergola, Puccini, Rifredi e Verdi, prosegue a vele spiegate la stagione nel segno inconfondibile del loro stile, senza tradimenti né scollature, rispettivamente tenendosi sulla falsa riga del classico, dell'intrattenimento culturale, della contemporaneità, del musical. Grandi nomi e titoli solidi alla Pergola con “Il nome della rosa” (fino al 3), finalmente trasportato a teatro, per la penna di Stefano Massini che è riuscito a travasare le parole di Eco per la scena, e l'“Enrico IV” (12-17) con un Carlo Cecchi perfettamente a suo agio nelle dinamiche

e nelle corde distillate da Pirandello. La freschezza del Puccini non si smentisce, prima con l'atletismo prestato al circense dei Kataklò (1-2) sempre muscolari e sognatori, e con quell'ironia pungente di provincia ma carica di protesta e tradizione come di lucida analisi dell'oggi con “Delusionist” (13-14) con due veri assi della comicità intelligente come Natalino Balasso (conosciuto per la tv, ma in teatro ancora più tosto) e Marta Dalla Via, campionessa della parola a profusione. A Rifredi tornano gli imperdibili spagnoli Kulunka riportandoci la mera-

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viglia muta in maschera di “Andrè e Dorine” (9-10) con la sua struggente malinconia straziante e commovente e con il nuovo “Solitudes” (6-8) nel solco della loro poetica lancinante, delicata e raffinata. Il Verdi è la casa del musical e con tre titoli conferma e sottolinea questa tendenza; per gli appassionati di balli e canti una scorpacciata con l'intramontabile “Febbre del sabato sera” (7-10), la cappa e spada di “Robin Hood” (16-17) fino all'imprescindibile, per il genere, “Grease” (29-30-31).

T.C.


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