Lungarno n. 31 - luglio agosto 2015

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NIENTE PANICO

di tommaso ciuffoletti

SIETE POVERI

N

on sono giorni facili per chi vuole andare in vacanza e non ha i soldi. Magari non ha nemmeno le ferie. Magari non ha nemmeno un lavoro. Magari invece siete ricchi. E allora non leggete questo pezzo classista. Non è dedicato a voi. Stronzi. Le radio con gli speaker idioti che d’estate sembrano ancora più idioti. I pezzi più gettonati. Le hit. I tormentoni. Le parole orrende. I gelati che si squagliano. Il caldo. La droga. Le notti estive in città. La sagrettina senza pretese. Il film in seconda serata con le finestre aperte. E chissà se dietro le serrande abbassate c’è qualcuno che ha coraggio da vendere e fa l’amore. Le piscine comunali, all’aperto, d’estate, in città. Luoghi da citazione alla Blade Runner. Ho visto panini in carta stagnola, spogliatoi deserti, sospiri al biossido di carbonio. Palestre di formazione al lirismo felliniano. Quelli grandi che si tuffano dal trampolino. A bomba. La droga. Pascoli di pratini umidi e gradini spezzamignoli, dove si forma il carattere di un ragazzo. Linea d’ombra in pieno sole.

LA SCIABOLATA

In fondo una speranza. Si può sempre mettere da parte i soldi per andare in vacanza e, una volta giunti al villaggio vacanze maldiviano, ridere con i vicini di bungalow di quelli che mettono da parte i soldi per andare alle Maldive. Mi manca la civiltà del villaggio vacanze. Così rassicurante ed efficiente. Esotico e casalingo. Ma che ti lasciava libero di annoiarti serenamente tra le spiagge bianche che avevi visto nello spot in tv. Poi è arrivato Fiorello. Il Karoke. Il successo di uno che prima faceva l’animatore nei villaggi vacanze. E lì avvenne uno di quei passaggi epocali nella storia di una civiltà. Di quelli che sul momento fatichiamo a cogliere nella loro rilevanza. In breve tempo accadde che a molti sembrò che in Italia l’unico ascensore sociale possibile fosse fare l’animatore turistico. I villaggi vacanze cavalcarono questa illusione, farcendo ogni ora di permanenza nelle proprie strutture con giochi a premi, balli di gruppo, ginnastica all’aperto e altre infami molestie. Segnando la fine della propria civiltà. I clienti decisero che piuttosto che avere a che fare con

la travolgente simpatia dell’ennesimo animatore turistico di Racalmuto, con i capelli lunghi dietro, l’intollerabile fare da simpatico guascone con qualunque donna dai 12 ai 95 anni, l’ugola molesta e un sogno grande grande nel cassetto, era meglio rischiare di fare il turistas fai da te. E in culo ad Alpitour. Lapo, mio marito, mi ha appena mandato una sua foto. Si trova alle Maldive. In un villaggio vacanze. Ride. È contento. Quel ragazzo inizia a preoccuparmi.

di la sciabolata

LA SINDROME DI PAPEROGA

N

e sono successe di cose in questo giugno: le famosissime elezioni amministrative che hanno il piglio dei Play-Off di volley per la promozione in Serie B, la Fiorentina che liquida il Tiziano Ferro del calcio nostrano, mr. Montella a favore di un portoghese che va dal parrucchiere ogni anno bisestile, e non per ultimo il derby Grecia-Germania dove nessuno ha capito bene cosa succeda, ma solo che potrebbero telefonarsi fra loro tanto noi non ci abbiamo capito granché. O meglio, la vogliamo intendere come una guerra fra i ricchi e i poveri, che è un po’ come ridurre la questione delle sanzioni alla Russia a una guerra per salvare le Pussy Riot (che peraltro, ora, pare girino con Andrea Diprè). Il commento di ogni singola azione, notizia o storia è viziato dal filtro soggettivo o dal contesto di chi la produce, questo è normale. Al processo di Norimberga i nazisti dichiaravano solo di avere eseguito gli ordini. Riccardo Fogli lasciò i Pooh su consiglio di uno dei più grandi cervelli della musica italiana di sempre, Patty Pravo. Federico Fellini e Roberto Benigni si sono accollati le signore nei film perché altrimenti sai chi le sentiva. Anche Vianello pare difendesse Sbirulino. Sindromi e condizionamenti: tutti ne siamo affetti. Politicamente e non solo, è molto in voga la sindrome del “Sempre!” che chiude le frasi cari-

che di pompose descrizioni dello stato d’animo o di messaggi di alti valori, spesso utili come lo sono stati i Cranberries o i Red Hot Chili Peppers per la storia della musica mondiale. Il problema sono i social, divenuti drammaticamente un’agenzia stampa personale, per tutti. Tralasciando la buonanima di Umberto Eco, che si è scomodato ultimamente a giudicare Facebook (solo perché si sente sorpassato a destra da Scanzi) in un guazzabuglio di ragionamenti fra il peggior Celentano e il miglior Pio XI, quando apriamo il nostro profilo ci troviamo davanti a uno strano fenomeno del nostro tempo: la sindrome di Paperoga. Come si definisce codesto atteggiamento, che si associa al papero sfigato e coglione della Disney? Spiegazione: tutti abbiamo avuto le nostre sfighe, come cadere in una pozzanghera prima di un matrimonio, strapparsi i pantaloni in una maniglia, perdere le chiavi, essere allo stadio a vedere Fiorentina-Juventus (0-3). Il meccanismo di questa sindrome si basa nel postare sull’agenzia stampa personale “F.” questa sfiga, enfatizzare soddisfatti il termine della nostra sfortuna, come se il secondo comandante del Titanic avesse lasciato un’istantanea con scritto “Affondare un transatlantico durante il viaggio inaugurale. Fatto.” Qualcuno ci ha anche ricamato una filosofia di

vita, come Gianni Minà con gli anni ’60 o Marco Travaglio con le sentenze di tribunale lette a casaccio in ogni contesto: perdere sempre, in ogni dove, avere sfortuna, simpatizzare per gli ultimi, prescindendo dalla ragione e dal decoro. Un tempo c’erano i clown, antenati di Paolo Bonolis, e adesso ci sono i “cervelli italiani” over 30 (perché un adolescente se pesta una cacca sta zitto) a farsi le foto con la casa allagata o dentro una pozzanghera sorridente. Una ricerca di simpatia il cui motore è una sorta di pietà laica, per cui non solo si sorride di un imprevisto, ma se ne gode anche. La penitenza fuori luogo dettata dalla sfiga, o forse dall’essere volutamente maldestro, per attirarsi le simpatie di coloro che votano sperando che magari il loro partito non arrivi al quorum, o che boicottano su tastiera qualunque iniziativa pubblica, dall’Expo alle tramvie, fino ad arrivare ai mondiali di ciclismo e canasta. La sindrome di Paperoga sta prendendo campo, perché è molto più facile pestare una pozzanghera che scansarla. Fate attenzioni signori, che prendere 14 like per una foto non compensa la pernacchia di un bimbo che vi vede inciampare.


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