Relazione finale T3

UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI MILANO

Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Formazione Primaria

RELAZIONE DI FINE ANNO DI TIROCINIO T3

Cognome e Nome: Orlando Maria Lucia Matricola N° 4913043 Tutor universitario: Voltan Sabrina

Anno Accademico 2021-2022

Vorrei iniziare la mia relazione da dove ci eravamo lasciati con le parole del libro “La cosa più importante” di Margaret Wise Brown che mi hanno portata a riflettere sulla cosa fondamentale del mio essere insegnante.

“L’importante del mio percorso di maestra è saper guardare con occhi diversi, pensando che “l’errore” può essere spunto per migliorare e che le peculiarità di ognuno siano un momento di arricchimento. Ma alla fine, per scoprire questo mi basta soltanto guardare con occhi diversi”. 1 All’inizio di quest’anno scolastico, mi sono ritrovata ad affrontare momenti diversi e difficili. Il mio tirocinio diretto svolto all’interno della classe dove sono anche insegnante non è stato per nulla semplice. Il periodo di osservazione è iniziato fin da subito in quanto mi è stata affidata una classe prima. Ciascun bambino portava con sé un grande bagaglio di sogni e paure. Bagaglio che abbiamo condiviso perché aveva gli stessi contenuti del mio. Inoltre, osservarli mi ha portata a comprendere le loro peculiarità e a lavorare su quelle che erano le loro fragilità. Mi hanno pian piano aperto il loro mondo e io ci sono entrata in punta di piedi perché è proprio così che si dovrebbe fare quando ci si inizia a conoscere. Rispettando tempi e modi di fare. Alcuni “miei” bambini portavano dietro dei bagagli molto pesanti con contenuti non ancora del tutto elaborati. Le prime settimana tutto era difficile e faticoso, bambini che non riuscivano a stare seduti, che non riuscivano a tenere in mano una matita, che chiedevano conforto e attenzioni. Dopo il primo periodo, finalmente, è arrivato uno spiraglio di luce e anche chi era molto più riservato è riuscito a inserirsi e a raccontare alcuni suoi pezzetti di vita. Abbiamo iniziato a tessere una tela come quella del ragno fatta di tanti momenti belli e anche di difficoltà, fatta di bambini che stanno crescendo insieme formando una comunità, istaurando dei rapporti, comprendendo il punto di vista dell’altro e apprendendo cose nuove. Come ci fanno presente i cognitivisti2: “per apprendere bisogna fornire al bambino gli strumenti per elaborare in modo personale e originale” ma, come ci dice Vygotskij tutto ciò avviene tramite l’interazione sociale.

Stare a contatto con i “miei” bambini mi ha portata a sviluppare nuove competenze del framework, tra le attività più significative del mio tirocinio diretto vi è sicuramente la preparazione e lo svolgimento dell’attività pensate e calibrate per essere sviluppate all’interno della classe. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono sentita così immersa quasi da non riuscire a tenere insieme tutti i fili in modo corretto. Per fortuna durante gli incontri di condivisone e confronto con la mia tutor di scuola abbiamo pensato che la scelta della progettazione doveva essere legata alle emozioni.

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Margaret Wise Brown, La cosa più importante, Orecchio Acerbo, 2018 M.B. Ligorio, S. Cacciamani, Psicologia dell’educazione, Carocci editore, 2018

Proprio perché mi sono trovata a contatto con tante fragilità emotive. Ero come un elefante in un negozio di cristalli. Il percorso pensato si struttura su sette sessioni di lavoro ciascuna basata su metodo EAS (anticipare, produrre e riflettere) non è stato semplice da attuare proprio perché quando si parla di emozioni bisogna essere cauti per evitare momenti spiacevoli. Nonostante ciò, ho pensato che fosse bello provare a tirar fuori da ciascuno di loro le diverse emozioni: positive e negative e insieme provare a comprenderle. Utilizzando diverse forme per esprimersi: arte, musica, tecnologie e ovviamente l’educazione civica che essendo trasversale alle discipline è stata il collante tra le stesse. Questo percorso mi ha portata a migliorare la gestione della classe e delle diverse attività pensate per la stessa.

Altra competenza che in quest’anno sono riuscita a sviluppare è sicuramente quella del coinvolgere i genitori nella vita della scuola, seppur ancora in un periodo in cui il Covid è sempre stato presente, siamo riusciti attraverso l’uso della tecnologia e per quanto possibile in presenza a instaurare dei rapporti positivi e collaborativi. Essendo coordinatrice di classe, mi è capitato spesso di avere rapporti diretti con la rappresentante della stessa o con altri genitori per ottenere da loro una collaborazione attiva. Ad esempio: l’attività di Natale, seppur semplice, che consisteva in un ballo a suon di musica è stata possibile grazie alla collaborazione, a distanza, dei genitori che si sono resi disponibili. Perché i genitori siano aperti nell’incontro con la scuola e quindi, con i vari insegnanti, dobbiamo ricordare che è il docente a dover essere in grado di gestirli e coinvolgerli in modo che siano presenti. Fornendo loro delle indicazioni su come poter aiutare il proprio figlio, riflettendo e individuando le esigenze individuali all’interno del contesto classe.

Da questa esperienza è migliorata anche la mia parte professionale perché ho acquisito delle competenze, soprattutto a livello burocratico che prima non possedevo, ma che fanno parte del mondo della scuola e che ogni insegnante deve conoscere. Inoltre, sono riuscita a collaborare all’ “innovazione” della scuola promuovendo un applicativo utilizzato durante il laboratorio sui DSA che è il LEGGIXME utile nel momento in cui ci si ritrova davanti a difficoltà che possono essere superate con strumenti compensativi o dispensativi. Purtroppo, ad oggi, la scuola italiana si ritrova sempre più spesso a confrontarsi con questa realtà e le insegnanti devono essere formate e capaci di sopperire alle richieste in modo esaustivo.

In quest’anno, inoltre, durante il corso di “didattica e tecnologie dell’istruzione” abbiamo partecipato a due settimane dell’esperienza. La prima: “Settimana dell’esperienza. Il CPIA: “organizzazione, didattica e metodo” molto utile per me perché i materiali proposti si sono rivelati un approfondimento personale interessante; Ho apprezzato il fatto che sono riuscita a comprendere come con metodi alternativi la lingua italiana possa essere insegnata. Sicuramente quest’anno si è

voluto dare il giusto rilievo all’educazione civica proprio perché essendo un insegnamento trasversale ci porta a strutturare delle attività corpose ed esaurienti. Ho gradito molto questa settimana dell’esperienza e credo che continuerà ad essere per me occasione di riflessione e slancio per ulteriori approfondimenti in merito. Oltre alla CPIA, la seconda settimana dell’esperienza “Sotto il framework delle Media Literacy Education” è stata motivo di riflessione e maturazione personale e professionale. Il doverci confrontare di nuovo con temi come educazione civica e le tecnologie che seppur all’inizio mi ci avvicinavo con timore, adesso penso di essere in grado di padroneggiarle con più sicurezza. Le tecnologie possono essere un valido ausilio durante le lezioni proprio perché oltre a rendere i contenuti accattivanti sono inclusive3. Il docente, che utilizza le tecnologie, può essere in grado di valutare i suoi alunni non soltanto una semplice produzione scritta, ma con la costruzione di video, di podcast, di mappe concettuali. Se il lavoro è eseguito in gruppo è possibile valutare anche la collaborazione, l’organizzazione e la presa di decisioni per quel relativo lavoro.

Proprio perché in questi anni ci siamo ritrovati a dover affrontare la didattica a distanza, poi successivamente la didattica integrata ci siamo dovuti avvicinare sempre di più a questi strumenti e a conoscerli e utilizzarli in modo efficace.

Un altro momento positivo è stata la condivisione dell’e-portfolio con alcune colleghe del corso.

Ognuna di noi ha letto, osservato, valutato l’e-portfolio delle altre. Un lavoro sicuramente impegnativo, che ha richiesto molto tempo, ma certamente utile. Per me è stato illuminante perché nel confronto e dalla valutazione delle colleghe ho avuto modo di vedere i miei punti di forza e di debolezza, ho capito cosa non avevo esplicitato e cos’era ripetitivo. Ho compreso soprattutto che attraverso la scrittura e la scelta di immagini, di video, possiamo trasmettere qualcosa di noi e del nostro percorso formativo e professionale. Grazie ai consigli della Tutor e dal confronto con le mie compagne di avventura ho adattato l’eportfolio. Naturalmente ad oggi sono state ampliate alcune sezioni poiché ho aggiunto le mie esperienze e riflessioni maturate, anche la parte relativa alla progettazione è stata arricchita dal prodotto che ho realizzato facendo più attenzione alla sezione della documentazione. Ho cercato di curare la realizzazione degli allegati facendo in modo che siano il più possibile completi e comprensibili soprattutto per chi si trova a leggere e osservare il mio e-portfolio. Per tale motivo ho scelto ad esempio una presentazione del mio percorso di attuazione del progetto con foto, video e didascalie. Spesso, infatti, diamo per scontato che per noi ciò che abbiamo vissuto sia chiaro, ma in realtà forse alcuni passaggi vengono omessi o non sono

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P.C. Rivoltella, P.G. Rossi, Tecnologie per l’educazione, Pearson, 2019

completamente esaurienti e non c’è comprensione per chi quell’esperienza non l’ha vissuta in prima persona.

L’importanza che ha per me il lavoro di squadra, presente sia nelle attività di laboratorio, di giornate di tirocinio indiretto e diretto, è testimoniato nella sezione “lavoro in gruppo” dell’eportfolio. Dimostrano quanto sia proficuo sentirsi parte di un gruppo e contribuire alla realizzazione di un progetto che tenga conto delle singole personalità in un’ottica condivisa. Il confronto è sempre produttivo e formativo, questo è stato sia nelle attività con le colleghe universitarie che in quelle del tirocinio diretto con la tutor e le insegnanti di scuola. Per questo ho aggiunto alcuni lavori realizzati in gruppo che sono stati per me stimolanti uno su tutti è stato il compito autentico del laboratorio di Didattica delle Tecnologie.

Per quanto riguarda la formazione continua, ho trovato soddisfacente la partecipazione ai due incontri. Il primo su Munari “(…) l’esperienza della trasgressione è indispensabile per la conquista dell’autonomia, sia in campo morale che in campo cognitivo (…). L’autonomia non è infatti uno studio al quale previene per maturazione, e che una volta raggiunto non si perde più. Si tratta invece di una vera e propria conquista faticosa e costantemente riveduta…” ma al tempo stesso anche di una vera scoperta: la scoperta che la trasgressione è possibile; e poi la scoperta di tutto ciò che la trasgressione permette di svelare”4 Proprio perché è attraverso il gioco che i bambini imparano e si ritrovano. Quella di utilizzare i testi e i lavori di Munari all’interno di una classe è sicuramente arricchente per il bagaglio di una futura insegnante. I bambini riescono attraverso il gioco delle “trasgressioni” a imparare.

Imparare giocando è il miglior modo per imparare e ogni gioco, ogni spettacolo, ogni forma di arte ha delle regole implicite che vengono fatte proprie.

Un’altra esperienza che ci è stata presentata è quella del metodo la “Scuola senza zaino”. La visita virtuale alla scuola di metodo mi ha permesso di entrare in contatto con una nuova realtà.

Portando all’interno del mio bagaglio personale qualcosa in più di piacevole e positivo. Sarebbe bello iniziare la settimana con una parola chiave in cui il bambino non solo la pronuncia, ma spiega anche il perché l’ha scelta.

Alberto Munari, Il sapere ritrovato. Conoscenza, apprendimento, formazione, Guerini e Associati, 1993 4

È stato bello vedere il clima di collaborazione con cui i bambini lavoravano e il lavoro dell’insegnante che non è mai statico in modo da aiutare i bambini a mantenere l’attenzione. La parte che mi ha colpito maggiormente, guardandola con occhio pedagogico, è sicuramente la rilevanza che questo modello ha nei confronti dell’inclusione proprio perché le insegnanti costruiscono strumenti ad hoc per le specifiche necessità basandosi sulle competenze del bambino e non sulle sue carenze.

Lavorando su quello che Vigotskji definisce “Scaffolding”5 in cui ciascun bambino presta aiuto all’altro in un clima collaborativo, in cui vengono prestabiliti in modo democratico gli incarichi.

Il bambino sarà così in grado di gestire la propria modalità di gestione degli apprendimenti emancipandosi dall’insegnante (per esempio: sa che di lato al compagno X chiacchiera e per questo decide di non sedersi in quella postazione).

Il risultato è stato un bel lavoro e anche questo ha testimoniato l’importanza del lavoro di gruppo, frutto di collaborazione tra insegnanti e tra bambini.

Giunta ormai a questo altro traguardo, oggi mi vedo diversa rispetto all’inizio dell’anno accademico, per alcuni aspetti migliorata. Tutto ciò che ho vissuto in questo intenso anno mi ha arricchito. Essendo un’insegnante in formazione penso di avere ancora molto da imparare, il viaggio è lungo e forse non finirà mai. La scrittura dell’e-portfolio ed i vari momenti di tirocinio mi fanno capire su cosa devo focalizzarmi e su cosa ancora devo esercitarmi. Guardando in prospettiva devo migliorare sicuramente ancora la mia capacità organizzativa per quello che concerne i tempi, materiali da utilizzare ad esempio per le lezioni. Con maggiore consapevolezza, con una valigia sempre più pesante, attendo l’ennesimo inizio.

Vorrei concludere con una massima di Freinet che racchiude il mio pensiero di quest’ultimo anno e che vuole essere un augurio per i prossimi anni: “Potete avere una classe ben attrezzata, con tipografia, limografo, schedario, colori e audiovisivi.

Ma se conservate un atteggiamento scolasticistico, finirete per utilizzare malamente questi validi strumenti; non riuscirete nemmeno a percepire negli alunni quella sete di conoscenza e di creazione, quell’entusiasmo per il lavoro di cui noi, invece, siamo testimoni e indichiamo i vantaggi. Allora, potete rimanere delusi” Proprio perché noi insegnanti possiamo avere tantissimi strumenti a disposizione, ma non dobbiamo mai perdere di vista i bambini, loro sono e saranno sempre il nostro capitale umano. È su di loro che dobbiamo puntare per avere un futuro migliore.

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M.B. Ligorio, S. Cacciamani, Psicologia dell’educazione, Carocci editore, 2018