MONDO LAVORO - INSERTO TECNICO - I SERVIZI PER L'IMPRESA 2

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ALLEGATO N°1

MAR‘15 N°2 anno XXII I.R.

Allegato n°2

SERVIZI PER L’IMPRESA a cura di


Direttore responsabile: Asmae Dachan a.dachan@mlmagazine.it

ALLEGATO N°2 MAR2015

CONTENUTI 3.

L’IMPRESA 2.0 Paolo Scarlato

4.

I SERVIZI DI AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE Marco Mogliesi

5.

ORGANIZZAZIONE E FORMAZIONE PER INVESTIRE (FINALMENTE) NEL CAPITALE UMANO Michele Barchiesi

6.

I SERVIZI PER LA FINANZA ALTERNATIVA Massimo Sbrolla

8.

CERTIFICAZIONI AZIENDALI E BREVETTI: LA LORO IMPORTANZA Giuseppe Racano

10.

BRAND MANAGEMENT Fabio Di Giulio

11.

IL VALORE DELL’INFORMAZIONE Romano Mataloni

13.

ENERGIA SICURA, PULITA ED EFFICIENTE Michela Misirolli

15.

I SERVIZI PER IL TERZO SETTORE Wilma Mazzocco

Sida Group srl: via I° Maggio 156 Ancona www.sidagroup.com | info@sidagroup.com | tel.071.28521


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ALLEGATO N°2

L’impresa 2.0 di Alessandro Scarlato Management Academy Sida Group srl - Area Corporate Finance

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n tempo era facile mettere su un’impresa. Bastava un’idea, qualche soldo per avviare l’attività, determinazione, caparbietà e il più delle volte il gioco era fatto. Le attività, nella maggior parte, si sviluppavano in un mercato ristretto, spesso locale o regionale, più raramente nazionale o addirittura internazionale. Anche la concorrenza, di conseguenza, rispettava i medesimi parametri. Una volta individuato il prodotto, l’impresa produceva a ritmi incessanti senza troppe preoccupazioni sul futuro: generalmente, i margini di guadagno erano tali giustificare la quasi totale mancanza di programmazione industriale, economica, finanziaria e di assorbire senza danni apparenti le eventuali perdite, anche ingenti, sui crediti commerciali. Del resto, il sistema bancario forniva ampio supporto, spesso basato sui “capitali” dell’impresa e dell’imprenditore, piuttosto che sulla reale capacità dell’azienda di produrre risorse per remunerare adeguatamente tutti gli stakeholder. Tra gli obbiettivi primari di destinazione delle risorse vi era certamente la realizzazione dello stabilimento industriale, spesso sovradimensionato. Questa, molto in breve, è la storia. La realtà attuale è fin troppo nota: mercato, concorrenza, prodotti, tutto avviene e si confronta su basi planetarie, con la velocità di Internet e delle stampanti in 3D. Le piccole e medie imprese, che formano il tessuto connettivo del Pase, cercano di sopravvivere con interventi che troppo spesso hanno i connotati della resa incondizionata: ridimensionamento della produzione con ripercussione sul numero degli addetti, spasmodica richiesta di supporto finanziario ad un sistema bancario in profonda ristrutturazione, chiusura. Il futuro, da sempre, è nell’innovazione, nell’originalità e nell’esclusività, ma sono

cambiati i parametri. Oggi, la PMI deve definitivamente abbandonare la visione verticistica dell’imprenditore che presidia tutti gli aspetti vitali dell’azienda e deve organizzarsi come le grandi imprese: ogni settore, produttivo, finanziario, commerciale, ecc. deve essere adeguatamente presidiato per assicurare la crescita dell’impresa in un quadro di corretto funzionamento di tutta la struttura. L’ottimizzazione di queste attività passa necessariamente per alcune azioni fondamentali, talune una tantum altre continue, sia che si tratti di un’impresa già avviata che di una start up: • profonda verifica delle attività aziendali: assetto produttivo, struttura finanziaria, organizzazione commerciale, management; • valutazione del mercato attuale, la qualità dei crediti commerciali; • individuazione di prospettive di mercato; • corretta pianificazione delle risorse umane e finanziarie; • reperimento di adeguate fonti di finanziamento; • individuazione di risorse adatte a presidiare i punti nevralgici dell’impresa, da individuare sia internamente che attraverso il recruiting esterno; • formazione degli addetti e, in particolare, dei responsabili; • istituzione di un efficace sistema di deleghe; • creazione di un efficace sistema di controlli con l’obbiettivo di coprire completamente l’attività aziendale: dal controllo di qualità sui processi industriali, alla verifica continua della corretta applicazione della policy aziendale in tema di obbiettivi produttivi, commerciali, rapporti con i terzi (banche, clienti, fornitori, enti…), rapporti interni, sicurezza e fedeltà dei dipendenti.

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Certo l’elenco non è esaustivo, ma quello che emerge chiaramente è che nulla può essere lasciato al caso: una corretta pianificazione e il controllo dei risultati in itinere appaiono strumenti imprescindibili per la sopravvivenza dell’azienda e per la sua crescita. Se la struttura prima enunciata può, a prima vista, apparire eccessiva per molte realtà imprenditoriali, occorre precisare che l’organizzazione deve essere adeguata alle dimensioni dell’azienda ma i principi guida rimangono assolutamente validi, sia per la piccola attività commerciale che per la grande realtà industriale. Il problema e la soluzione stanno nel prendere coscienza che qualsiasi impresa deve nascere e progredire su solide basi economiche e finanziarie, con una credibile programmazione che riguardi la costruzione delle fondamenta, l’elevazione della struttura, la sua manutenzione e il futuro ampliamento. Per fare questo occorre sfruttare le competenze e le professionalità che il mercato offre, abbandonando l’idea che la consulenza sia un costo e che vi si debba ricorrere solo in caso di necessità. Troppo spesso, infatti, ci si trova al capezzale dell’azienda a stilare l’elenco degli errori commessi e con poche probabilità di riuscire a tirarla fuori dalle sabbie mobili di creditori, decreti ingiuntivi, procedure concorsuali. Il consulente deve essere considerato per quello che deve necessariamente essere: un partner dell’impresa, capace di ascoltare e comprendere un progetto e di individuare eventualmente le risorse specialistiche, umane e tecniche, di supporto ad ogni caso specifico. Non un costo, ma una componente della struttura produttiva, in grado di aiutare l’imprenditore e migliorare, correggere, implementare le proprie iniziative e al quale rivolgersi “prima”, in termini di confronto e di approfondimento su ogni progetto.


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ALLEGATO N°2

Servizi di amministrazione del personale di Marco Mogliesi Management Academy Sida Group srl - Area Consulenza del Lavoro

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’imprenditore illuminato è consapevole del valore aggiunto rappresentato dalle risorse umane che collaborano all’interno della sua azienda. La corretta gestione contrattuale e retributiva del personale non può e non deve rappresentare solo uno strumento per evitare situazioni di conflittualità interna o per difendersi da valutazioni provenienti dalle istituzioni esterne. Al contrario, deve essere sempre considerato come un modus operandi che da un lato gratifica e riconosce lo sforzo profuso dal lavoratore verso la realizzazione degli obiettivi aziendali e, in misura ancora più importante e significativa, motiva e attrae le migliori professionalità presenti nel mercato del lavoro. La rapida successione e stratificazione di norme riguardanti la gestione del personale in azienda, considerando anche gli elevati costi di attrezzature, materiali e formazione specifica, rendono opportuno, se non necessario, l’affidamento all’esterno di tutte quelle attività che devono supportare l’imprenditore nella quoti-

diana gestione dei rapporti con i propri collaboratori. • Diagnosi organizzativa e strutturale, pianificazione strategica; • analisi del potenziale del personale aziendale; • determinazione e pianificazione dei fabbisogni in termini di risorse umane, di competenze e sviluppo; • determinazione e pianificazione dei fabbisogni formativi; • pianificazione dei percorsi retributivi e di carriera, politiche di incentivazione; • analisi e ristrutturazione e pianificazione del costo del lavoro; • affiancamento nella gestione delle relazioni industriali e sindacali; • assistenza nella gestione dell’amministrazione del personale (assunzioni, licenziamenti, adempimenti fiscali, contabilità delle paghe ecc); • assistenza nei rapporti con istituzioni preposte al controllo dei rapporti di lavoro.

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ALLEGATO N°2

Organizzazione e formazione per investire (finalmente) nel capitale umano Nell’evidenza delle difficoltà che questo cambiamento mondiale ci crea (lo chiamiamo “crisi”, ma ce ne sta forse sfuggendo il significato profondo), occorre rivedere gli schemi operativi e la strutturazione stessa delle strategie aziendali; per farlo, diventa più che mai necessario rivedere il DNA del proprio modello di business e rendersi conto che gli esseri umani non sono risorse da sfruttare, ma sono un capitale su cui investire di Michele Barchiesi Management Academy Sida Group srl - Area Sviluppo Imprenditoriale

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roppe volte ho sentito parlare imprenditori, o aspiranti tali (o presunti tali), chiedermi in modo risoluto quanto “fondo perduto” ci fosse “in giro” per le loro imprese. Troppe volte le disquisizioni sono inesorabilmente andate a finire su mirabolanti aumenti di fatturato e conquiste leggendarie di quote di mercato, dimenticando che probabilmente tali effetti (declamati più come i sorprendenti risultati di un qualche “integratore” venduto via televendita) dovrebbero presupporre e implicare altri aspetti, di carattere organizzativo, finanziario, esperienziale, non necessariamente in questo ordine. Ad oggi, di servizi mirati alla valorizzazione e potenziamento degli esseri umani in azienda, ce ne sono davvero tanti, ma tutti fanno rima con “organizzazione” e “formazione”: valore organizzativo e valore culturale sono i veri asset competitivi per il mercato odierno che, non mi stancherò mai di dirlo, non è quello di ieri. I parametri di riferimento sono cambiati, la crisi stessa che da noi perdura dimostra che non esistono più i vecchi paradigmi,

ma esistono invece regole nuove, nuovi profili, nuovi algoritmi. Un anno zero di proporzioni immani, e se non viene visto come tale, rischiamo di perdere un treno che non passerà mai più. Selezionare i giusti individui non è sufficiente, occorre creare una squadra (e la cosa non è affatto automatica e scontata), ricercare sinergie, creare e rinnovare la motivazione, pensare in prospettiva rispetto all’evoluzione del sistema interno all’azienda e rispetto al normale e fisiologico continuo cambiamento dei mercati: è necessario adattare il candidato al suo ingresso nell’impresa e occorre predisporre al meglio l’impresa stessa all’ingresso del candidato; è necessario formare e aggiornare, mettere a punto la strategia aziendale in modo progressivo e coerente, non lasciare mai nulla al caso, cercare di massimizzare l’auspicabile e di minimizzare o scongiurare l’imprevisto. Sembra solo un insieme di concetti, è vero, ma dietro a tutto questo c’è un input fondamentale quanto ignorato: ogni aspetto della vita aziendale e ogni suo

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criterio di funzionamento sono innegabilmente interconnessi gli uni con gli altri e l’elemento primario in tutto questo è comunque l’essere umano. Il che, tra l’altro, ci pone l’obbligo di riflettere sul fatto che gli uomini e le donne sono l’asset aziendale con più elevate potenzialità di sviluppo e redditività, ma non sono materiali inerti che possono essere “sistemati” da qualche parte, macchinari dotati di una spina e un interruttore. Quindi, di qualsiasi ruolo si tratti, in qualsiasi contesto ci muoviamo, gestirli è la materia più delicata e importante. Un’ultima riflessione, guardando verso tutti i lati della barricata: un’azienda con un’organizzazione ben calibrata è reattiva e pronta a qualsivoglia cambiamento; inoltre, formare e aggiornare le persone che ne fanno parte potenzia il team e valorizza gli individui. Questo ultimo aspetto, in particolar modo, è anche un ottimo metodo di prevenzione delle eventuali ricadute negative di una prossima (futura ma comunque inevitabile) fase recessiva del ciclo economico.


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ALLEGATO N°2

I servizi per la finanza alternativa di Massimo Sbrolla Management Academy Sida Group srl - Area Corporate Finance

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a lunga crisi iniziata nel 2008 ha duramente colpito il tessuto portante della nostra economia: piccole e medie imprese hanno pagato, e stanno ancora pagando, le conseguenze dei repentini sconvolgimenti dei mercati mondiali. Le imprese italiane, tra l’altro, da sempre soffrono di bassi livelli di patrimonializzazione e sovente sono eccessivamente dipendenti dal sistema bancario per le fonti di finanziamento, questo anche per la presenza di leggi eccessivamente farraginose e complicate. Queste caratteristiche rappresentano un ulteriore elemento di fragilità e un freno alle potenzialità di sviluppo delle nostre imprese che a volte non sono in grado di finanziare progetti di sviluppo a lungo termine. Il segmento delle PMI in Italia, sviluppa un fatturato che oscilla tra i 2 milioni di euro per le piccole imprese fino ad arrivare ad un massimo di 50 milioni per le medie. Queste ridotte dimensioni hanno fin qui impedito alle PMI di reperire liquidità sul mercato dei capitali e quindi costrette al tradizionale prestito bancario per il 90%. In questo contesto, la crisi della zona Euro e il conseguente incremento del

“cost of funding” delle banche italiane ha determinato una forte stretta creditizia che sta obbligando le imprese a cercare strumenti di finanziamento alternativi al canale bancario per gestire l’attività ordinaria e, al contempo, effettuare investimenti finalizzati ad un più generale processo di ammodernamento e recupero di competitività. Per contro, in questo momento, la liquidità disponibile nel mercato dei capitali è elevata e “l’appetito” di alcuni investitori, anche internazionali, alla ricerca di nuove opportunità d’investimento ad alto rendimento, potrebbe essere soddisfatto proprio dalle nuove emissioni di Mini Bond delle PMI (il tasso di interesse è mediamente tra il 5 e l’8%, rendimento molto alto se paragonato a quello dei corporate investment grade di pari scadenza che rendono tra l’1% e il 2%). Il ricorso ai corporate bond rappresenta, dunque, un’occasione unica per imprimere una spinta all’evoluzione del mercato dei capitali di debito in Italia e per riequilibrare la struttura finanziaria delle nostre imprese. Partendo da questi presupposti, si è cercato, negli ultimi anni, di rispondere alle urgenti necessità di

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finanziamento delle imprese Italiane, modificando e istituendo strumenti di finanziamento alternativi (obbligazioni, cambiali finanziarie e obbligazioni subordinate e partecipative). Integrare l’attuale ordinamento con strumenti per il finanziamento dell’attività d’impresa, rimuovere ostacoli civilistici, e fiscali all’accesso del mercato dei capitali per le società italiane non quotate e rafforzare la struttura finanziaria delle imprese, sono le principali novità che hanno avvicinato, di fatto, l’Italia alla normativa e alle opportunità finanziarie esistenti presso le economie europee più avanzate. Grazie a diverse leggi che si sono susseguite in questi anni di crisi (Decreto Sviluppo 2012; Decreto Destinazione Italia 2013; Decreto Crescita e Competitività 24/6/2014, in materia di Mini Bond) per le PMI è ora possibile finanziarsi in maniera alternativa al prestito bancario. In pratica, l’articolo 32 del Decreto Sviluppo, modificando l’articolo 2412 del codice civile, introduce la possibilità per le società non quotate di emettere obbligazioni beneficiando dello stesso regime legale e fiscale previsto per le società quotate (eliminando il limite all’emissione di


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ALLEGATO N°2 obbligazioni per un ammontare superiore al doppio del patrimonio netto; allineando il trattamento fiscale attraverso la deducibilità degli interessi passivi e delle spese di emissione; prevedendo l’esenzione della ritenuta d’acconto in presenza di investitori esteri white list; agevolando anche per gli emittenti di minori dimensioni l’accesso ai più importanti mercati internazionali dei capitali). Destinatari di obbligazioni emesse da società non quotate sono gli investitori istituzionali nazionali ed internazionali. Sono invece esclusi gli investitori privati per i quali i livelli di rischio sarebbero non sostenibili. Il mercato dei Minio Bond dopo un inizio molto cauto (la prima fase è stata costituita da sporadiche emissioni di taglio superiore ai 50 milioni di euro da parte delle imprese non quotate), sta gradatamente decollando avendo letteralmente cambiato passo dalla seconda metà del 2014: complessivamente dal novembre 2012 al 31 dicembre 2014 sono stati emessi 96 mini–bond da parte di 86 imprese emittenti con un taglio medio in netta diminuzione. Nei primi due mesi del 2015 si sono registrate 8 emissioni di mini-bond tutte di piccolo taglio (controvalore medio 10,7 milioni di euro), a conferma della tendenza verso emissioni effettivamente “mini”. Una particolare categoria di obbligazioni previste dal Decreto Sviluppo 2012 per le PMI è quella delle cosiddette “obbligazioni subordinate partecipative”, che consistono in titoli di debito con clausole di partecipazione agli utili e di subordinazione. La clausola di subordinazione definisce i termini di postergazione del “bond holder” ai diritti degli altri creditori della società ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale. La clausola di partecipazione regola, invece, la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell’impresa emittente. Il Decreto Sviluppo evidenzia come le obbligazioni subordinate partecipative permettano anche di modulare gli esborsi finanziari in funzione dei risultati d’impresa favorendo la sostenibilità nelle fasi di rapida crescita o di ristrutturazione. In particolare, il ricorso a questo tipo di obbligazioni potrebbe essere giustificato per effettuare “turnaround” tecnologici, acquisizioni da parte di società che abbiano un consolidato track record industriale e interessanti prospettive di

sviluppo, e per ristrutturare il debito da parte di società che abbiano intrapreso un concreto percorso di ristrutturazione e rilancio aziendale. Nell’ottica di una efficace comprensione delle innovazioni normative disposte dal Legislatore, va sottolineata l’importanza che talune forme di “assicurazione” del prestito obbligazionario possono avere sull’“appetibilità”, dal punto di vista del mercato, dell’operazione di emissione: la presenza di garanzie incide, in primis, sulla rischiosità dell’operazione, sul tasso pagato ai sottoscrittori dell’emissione e sulla sicurezza del rimborso del prestito a scadenza. Per quanto riguarda le emissioni di strumenti finanziari da parte delle PMI, assumono particolare rilievo le possibili forme di intervento pubblico e privato ed, in particolare, il regime operativo del Fondo di Garanzia per le PMI. Questo Fondo si inserisce nel contesto dell’emissione di mini-bond secondo due modalità differenti: come garante diretto a favore di banche (o pool di banche) e altri intermediari finanziari sottoscrittori degli strumenti, o come garante indiretto (contro-garante) cioè riassicurando le garanzie concesse all’emittente da un Confidi. Al fine di agevolare l’intervento del Fondo di Garanzia per le PMI, è stata ampliata l’eventualità di intervento, prevedendo la possibilità di concedere garanzie dirette anche a favore di Società di Gestione del risparmio che in nome e per conto dei fondi comuni di investimento da esse gestiti, sottoscrivono obbligazioni o titoli similari. Il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI, oltre che a fronte di operazioni di emissione di mini-bond, interviene generalmente affiancando le imprese che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario in quanto non dispongono di sufficienti garanzie. La garanzia del Fondo è un’agevolazione pubblica del Ministero dello sviluppo economico, finanziata in parte anche con risorse europee, che può essere attivata solo a fronte di finanziamenti concessi da banche, società di leasing ed altri intermediari finanziari, a favore delle PMI che siano valutate in grado di rimborsare il finanziamento garantito. Le PMI devono essere perciò considerate economicamente e finanziariamente sane sulla base di appositi modelli di valutazione che utilizzano i dati di bilancio degli ultimi due esercizi. Il Fondo di Garanzia si è rivelato strumen-

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to di sostegno particolarmente efficace per le start-up innovative e incubatori certificati che, essendo realtà imprenditoriali appena avviate, incontrano solitamente notevoli difficoltà a ricevere prestiti dalle banche. Ovviamente, per ottenere garanzie dal Fondo, le start-up e gli incubatori certificati vengono valutati sulla base di piani previsionali e usufruiscono di procedure di accesso semplificate e di agevolazioni. La garanzia del Fondo viene concessa, infatti, gratuitamente alle startup innovative e agli incubatori certificati. La garanzia potrà coprire fino all’80% del credito ottenuto e sarà concessa sulla base di criteri di accesso estremamente semplificati. Il Decreto fissa in 2,5 milioni di euro l’importo massimo garantito per ogni start-up o incubatore e assegna alle richieste di garanzia da parte di queste due tipologie di imprese priorità nell’istruttoria e nella presentazione al Fondo. Grazie al Fondo, in meno di un anno , sono state presentate 128 domande da 111 start-up innovative e le garanzie per 44 milioni hanno permesso l’erogazione di 55 milioni di crediti. Per le PMI che investono in innovazione, formazione e internazionalizzazione, sono inoltre previsti finanziamenti agevolati da parte di SIMEST per favorire lo sviluppo all’estero delle imprese italiane che operano nella produzione di beni e servizi. SIMEST è una società per azioni controllata dal novembre 2012 da Cassa Depositi e Prestiti con una presenza azionaria privata (banche e sistema imprenditoriale). SIMEST fornisce assistenza alle imprese italiane nel processo di internazionalizzazione e al loro fianco può acquistare partecipazioni nelle imprese all’estero fino al 49% del capitale sociale. Per quanto riguarda gli interventi nei confronti delle PMI, SIMEST finanzia i programmi di innovazione e semplificazione per l’inserimento sui mercati esteri , compresi gli studi di fattibilità e pre-fattibilità e i programmi di assistenza tecnica. Il tasso di interesse è ridotto fino al 15% del tasso di riferimento UE con un aumento fino al 30% della quota erogabile a titolo di anticipo. Inoltre per le PMI esportatrici che realizzano un fatturato estero per il 20% almeno, è previsto da SIMEST un nuovo strumento agevolato, finalizzato alla loro patrimonializzazione che potrà essere concesso fino ad un ammontare di 550 mila euro a tassi molto agevolati.


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ALLEGATO N°2

Certificazioni aziendali e brevetti: la loro importanza di Ing. Giuseppe Racano Management Academy Sida Group srl - Area Real Estate

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n un mercato dove i servizi erogati dalle aziende e i processi per espletarli sono sempre più articolati, sorge la necessità di valutare determinati modi operandi e di capire quali di essi rispettano precisi standard qualitativi riconosciuti da parametri internazionali. La Certificazione Aziendale è un titolo di riconoscimento che attesta la creazione, l’applicazione e il mantenimento di un sistema gestionale e organizzativo che risponde a specifiche norme di riferimento con valenza internazionale. Adottare un sistema simile significa, quindi, definire degli obiettivi raggiungibili e orientare la propria azienda verso il conseguimento degli stessi, definendo criteri e modalità di lavoro, ovvero predisponendo e applicando procedure, istruzioni di lavoro e sistemi di registrazione coerenti e compatibili con lo scopo che l’azienda intende perseguire. Per quel che concerne la Certificazione Qualità, la norma di riferimento che stabilisce i requisiti che deve possedere un Sistema di Gestione orientato alla Qualità è la ISO 9001, emanata dalla ISO, (International Organization for Standardization; mentre quella che definisce i requisiti che il sistema gestionale adottato sia orientato alla sicurezza e salute dei lavoratori (SSL) è la OHSAS 18001. Relativamente alla certificazione ambientale,

i principali schemi di riferimento sono la ISO 14001, emanata dall’ISO di il Regolamento EMAS, emanata dalla Comunità Europea (Regolamento CE 1221/2009). La certificazione aziendale, di qualità, ambientale o inerente alla sicurezza e salute dei lavoratori, è la dimostrazione oggettiva che l’impresa ha improntato la propria attività su una gestione universalmente riconosciuta come distintiva e qualificante. Se da un lato il solo adeguamento operativo e organizzativo agli standard è già di per sé un elemento utile e vantaggioso per l’azienda che decide di attuarlo, la vera e propria certificazione, rilasciata da un ente appositamente riconosciuto e accreditato, è il marchio di ufficialità dell’aderenza normativa del sistema creato. Per cui, ogni procedura di certificazione consta di una fase di progetto, una di preparazione e una di redazione e applicazione, normalmente svolta in affiancamento a un consulente qualificato e dalla successiva verifica di corretta applicazione del sistema gestionale, espletata da un ente certificatore, attraverso un ispettore abilitato. FOCUS - ISO E UNI: I MODELLI DI CERTIFICAZIONE ISO, sinonimo di standardizzazione, è il più grande organismo che sviluppa standard

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internazionali ad adesione volontaria, ovvero redige le linee guida universalmente valide e riconosciute in molti ambiti tra cui la Gestione Qualità (ISO 9001) e la Gestione Ambiente (ISO 14001). Tra i membri dell’ISO è presente l’italiana UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione; OHSAS e BSI: standard inglese universalmente riconosciuto; la OHSAS 18001 è compatibile ed affiancabile alle norme ISO 9001 e ISO 14001 (Certificazione di Qualità e Certificazione Ambiente). FOCUS - ACCREDIA, ENTI DI ACCREDITAMENTO ED ENTI CERTIFICATORI L’impresa che sceglie di improntare la propria attività secondo i dettami delle norme ISO può farsi riconoscere la conformità alla norma di riferimento attraverso la vera e propria certificazione (Qualità, Ambientale), rilasciata da enti certificatori appositamente costituiti e strutturati. Per garantire la trasparenza, neutralità di ciascun ente certificatore, ogni Nazione ha istituito un proprio ente di accreditamento che, su autorizzazione dello Stato membro, vigila e regolamenta l’attività degli enti certificatori. L’ente italiano di accreditamento è ACCREDIA (ex SINCERT), ma sul territorio nazionale possono legittimamente operare anche enti certificatori accreditati


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ALLEGATO N°2

dall’equivalente organismo estero (UKAS in Gran Bretagna, COFRAC in Francia, etc) PERCHÈ LE AZIENDE DECIDONO DI CERTIFICARSI? Le motivazioni che spingono un’azienda a certificarsi sono sia di natura interna che esterna, o un mix di entrambe. Rispetto alle motivazioni interne, i vantaggi che un buon sistema qualità può apportare a un’azienda si traducono nella riduzione dei costi e nel miglioramento continuo dei processi e dei prodotti. L’ottimizzazione dell’organizzazione e la definizione di processi standardizzati, controllati e documentati non possono che migliorare i risultati dell’azienda, ed essere, quindi, un importante elemento di competitività in un mercato sempre meno disponibile ad accettare improvvisazione e disorganizzazione. Rispetto a quelle esterne, le aziende intraprendono la strada della qualità spinte dalle richieste più o meno vincolanti da parte di committenti pubblici e privati. Diversi gruppi industriali già da tempo impongono ai propri fornitori l’adozione di un sistema qualità che offre maggiori garanzie sui risultati della fornitura ed una semplificazione dei metodi di controllo.

I BREVETTI Il brevetto è un eccellente strumento commerciale per le aziende che consente loro: • di proteggere i propri investimenti in ricerca e innovazione, evitando che altri utilizzino gratuitamente il frutto di tali attività; • di acquisire risorse economiche supplementari attraverso la gestione economica dei suoi diritti di uso. Oggi il valore di molte aziende è costituito al 90% dai cosiddetti ”intangible assets”, costituiti in gran parte da diritti di proprietà industriale. Con la protezione di un brevetto è possibile impedire ad altri di brevettare invenzioni identiche o simili o di violarne i diritti d’uso (di produzione e di commercializzazione), offrendo la possibilità di raggiungere il successo nelle azioni legali intraprese contro coloro che copiano l’invenzione protetta. Avere un buon portafoglio di brevetti è per tutti i partner commerciali, gli investitori, gli azionisti e i clienti, una sorta di dimostrazione dell’alto livello di qualità, specializzazione e capacità tecnologica che l’azienda ha, elevandone l’immagine positiva. Utilizzando il brevetto non solo si può disporre di un diritto esclusivo sul mercato, ma anche di una normale proprietà o bene, ottenendo i seguenti

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vantaggi economici e competitivi: • profitti supplementari derivanti dalla concessione di licenze d’uso o dall’assegnazione del brevetto; • profitti più alti o utili sugli investimenti; • accesso alla tecnologia mediante licenze incrociate; • accesso a nuovi mercati; • maggiori possibilità di ottenere contributi finanziari dai soggetti intermediari a fronte della titolarità di un asset intangibile. In pratica, un brevetto determina un concreto arricchimento per un’azienda, oltre ad accrescerne la posizione sul mercato. Fatte tali considerazioni non si può non tener conto di quanto siano necessarie una certificazione di qualità e un brevetto per tutte quelle realtà che erogano servizi intangibili e difficilmente quantificabili a livello economico, riuscendo in questo modo a distinguersi formalmente da tutte le altre, dimostrando formalmente la qualità del proprio operato.


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Brand management di Fabio Di Giulio GGF Group srl - General Manager

“Le aziende che non capiscono che i loro mercati sono ormai una rete tra singoli individui, sempre più intelligenti e coinvolti, stanno perdendo la loro migliore occasione”. “La fedeltà a una marca è la versione aziendale della coppia fissa, ma la rottura è inevitabile ed è in arrivo. Poiché sono in rete, i mercati intelligenti possono rinegoziare la relazione con incredibile rapidità”. “I mercati sono conversazioni […]. Il risultato è che stanno diventando più intelligenti, più informati, più organizzati. Partecipare ad un mercato in rete cambia profondamente le persone”.

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tre assunti indicati e contenuti all’interno del Cluetrain Manifesto (Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls, 1999) delineano i caratteri chiave del mercato contemporaneo, sintetizzando le nuove dinamiche che sottendono al rapporto tra produttore e consumatore. Se quest’ultimo diviene informato, partecipe e sempre più consapevole nel corso

dell’intero processo di acquisto, con particolare attenzione alla fase pre-vendita e di confronto tra le plurime offerte di mercato, di conseguenza l’azienda deve cambiare le modalità attraverso le quali relazionarsi con esso. Il consumatore ha bisogno di riconoscersi in ciò che compra, nei valori e nell’identità che il prodotto trasmette. La costruzione di questo senso di appartenenza è appannaggio del Brand, portabandiera di una filosofia, cultura o “religione” (i.e. Apple) e dei suoi “seguaci”. All’interno degli sviluppi propri della strategia d’impresa e della progettazione dell’identità aziendale, di prodotto, di marchio ecco che il “Brand Management” assume il ruolo di protagonista nel contesto contemporaneo e nell’ambiente di mercato sempre più attento e teso all’ascolto delle necessità e delle aspettative del clienti espresse e latenti attraverso il canale online, i form dei siti internet, i blog, i social network e le community ormai divenute comunità virtuali di acquisto, di confronto, generatrici di Brand Image e Brand Reputation. Il Brand Management costruisce e produ-

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ce i significati del marchio ai quali aderire, individuando il punto di massima espressione nel riconoscimento sociale della sua identità. Gli operatori del Marketing forgiano nella marca la garanzia latente di qualità che il cliente si aspetta e che ne determinerà l’acquisto o meno, tramite fasi e processi tra loco correlati e per i quali è possibile prevedere step consequenziali di analisi, monitoraggio qualitativo e quantitativo attraverso strumenti dedicati alla comprensione delle customer experience, della customer loyalty, della customer brand equity. Tali processi dati gli elementi espressivi che l’azienda vuole trasmettere e comunicare (Brand identity), passano per la percezione della marca da parte dell’audience (Brand Image e Brand Awareness) e conducono, attraverso fasi di indagine, osservazione e studio degli indicatori dedicati, alla definizione del Brand Positioning, della Brand Loyalty, al fine di valutare e cogliere il vero valore del Brand (Brand Equity).


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ALLEGATO N°2

Il valore dell’informazione di Romano Mataloni Management Academy Sida Group srl - Area ICT/ Digitale

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er molti secoli il fattore propulsivo dell’attività economica si è basato sul lavoro dell’uomo, poi sulle fonti di energia da quella animale a quella eolica o idrica, quindi sull’energia basata sulle combustioni. Oggi l’economia è basata sulle informazioni. In principio c’era solo la materia percepita e misurata in termini di massa, ingombro, pesantezza. Poi con l’età moderna si è aggiunta la invisibile forza della energia nelle sue diverse manifestazioni fisiche. Oggi la materia è sempre massa, c’è sempre l’energia, ma c’è sempre più informazione. Ma che cosa è l’informazione? Non è necessariamente legata ad un sistema fisico, anzi il più delle volte è legata alla nostra mente. Il numero 348561720 potrebbe rappresentare tante cose: un numero di telefono, un codice per aprire una cassaforte oppure l’invidiabile saldo di un conto corrente bancario. Nel mondo di internet siamo assaliti da una mole immane di informazioni non più fornite in modalità “push” secondo i mezzi di comunicazione tradizionali radio, TV, giornali, libri, bensì fruibili in modalità “pull” in quanto le persone hanno la possibilità di consultare un enorme patrimonio informativo presente sulla rete tramite i motori di ricerca. In questo contesto le imprese di qualsiasi dimensione devono assolutamente costruirsi una propria conoscenza o knowloedge interna; un patrimonio informativo di proprietà che permetta loro di essere competitive e vincere la concorrenza. Le aziende devono

diventare intelligenti. Ma che cosa intendiamo per intelligenza? La capacità di conoscere o di capire, la prontezza di comprensione, la conoscenza impartita o acquisita con lo studio, la ricerca o l’esperienza. Quale è il grado di intelligenza della vostra azienda? Quanto conoscete e comprendete le forze che creano profitto e danno forma al vostro futuro? In quale modo acquisite questa conoscenza e comprensione? Come esercitate la conoscenza e la comprensione acquisite al fine di realizzare dei miglioramenti? Grazie a Internet, aziende appena nate strappano quote di mercato a enormi società; i confini geografici si stanno dissolvendo; i clienti diventano sempre meno fedeli e sempre più esigenti. Le imprese devono essere più rapide, più agili e, quindi, più intelligenti. L’impresa intelligente è quella che prende decisioni più efficienti ed efficaci, controlla l’andamento della società, migliora la comunicazione, mette in discussione le opinioni diffuse, negozia migliori contratti con fornitori e clienti, migliora l’efficienza operativa, perfeziona le strategie con migliori analisi di marketing, adotta un’arma vincente per la forza vendita, stimola la curiosità, batte in astuzia la concorrenza perché è in condizione di eccellere e soddisfare l’istinto naturale di competere e vincere. Gli elementi e i passaggi fondamentali affinché un’azienda possa diventare intelligente sono trasformare i dati grezzi e disadorni di cui l’azienda

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dispone in informazioni, quindi, trasformare le informazioni in conoscenza e, infine, tramutare la conoscenza in profitto. In questi momenti particolari, le aziende devono dotarsi di un sistema di Business Intelligence, ovvero avere quel patrimonio di conoscenze di proprietà, del quale essere gelose e attente alla massima riservatezza, al fine di poter rispondere in tempi rapidi a domande del tipo: chi compra i nostri prodotti? A quanto ammonta il loro reddito? Dove vivono? Quali altri prodotti acquistano? Come possiamo fare del cross selling su questi clienti? Quale è il nostro margine di profitto per client o per prodotto o per mercato? Come sono le vendite rispetto allo stesso periodo dello scorso anno? Quali sono le nostre previsioni di vendita per i prossimi 12 mesi? Per regione? Per segmento demografico? Per colore di prodotto? Quale è il grado di insoddisfazione del cliente? Quanto hanno reclamato i clienti e su che cosa? Queste sono alcune delle domande a cui una Business Intelligence può dare risposte veloci. Le informazioni, inoltre, hanno delle caratteristiche peculiari quasi distintive. Non si consumano, sono facilmente riproducibili a un costo estremamente trascurabile e possono essere trasferite a moltissime


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persone, le quali si capiscono meglio, comunicano più facilmente, contribuiscono a prendere decisioni migliori. I beni materiali, tranne alcune eccezioni come le opere d’arte, perdono valore nel tempo, si usurano e richiedono continui investimenti per riprodurli o ripararli. Anche il valore dell’informazione cade, anzi precipita man mano che ci si allontana dal momento in cui è stata generata o se ne aveva bisogno. Per l’assunzione di importanti decisioni emerge che il valore dell’informazione è capitalizzato quando: • l’informazione è disponibile quando serve; • l’informazione è rappresentata in modo idoneo; • l’informazione è scambiata con frequenza da molti fruitori. L’informazione se arriva in ritardo non è più informazione. Se si volesse rappresentare una semplice e ingenua formula in grado di misurare il valore dell’informazione si potrebbe scriverla così Vi = User2 x Business Relationship dove Vi è il valore dell’informazione, User2 indica il quadrato del numero di utenti che usufruiscono dell’informazione per il numero di relazioni di business in cui ciascun utente è attivamente coinvolto. In sostanza, così come nella teoria delle reti il numero delle interconnessioni

ALLEGATO N°2

aumenta seguendo il valore quadratico del numero dei nodi della rete, così pure il valore dell’informazione cresce tanto più è utilizzata e tanto più e scambiata. Se 100 agenti delle vendite accedono ai dati delle vendite il valore della informazione è: Vi = 1002 x 1 = 10.000 Se ai 100 agenti delle vendite si aggiungono 10 utenti dell’ ufficio marketing il valore della informazione diventa : Vi = 1102 x 2 = 24.200 Si parla di primo livello di redditività dell’informazione quando la informazione è scambiata all’ interno dei propri confini organizzativi. Si ha un secondo livello di redditività quando l’impresa scambia informazioni di business con i propri partner esterni. Per cui l’azienda, oltre ad avere un sistema di Business Intelligence, è consigliabile che adotti anche un sistema CRM - Customer Relationship Management - per passare all’intelligenza diffusa. Distribuire e condividere le informazioni non solo all’interno con i dipendenti, i funzionari e i dirigenti, ma anche con tutto il personale di vendita dislocato sul territorio nazionale ed internazionale affinché si innalzi il valore e la redditività della informazione, che significa maggiore competitività sul mercato. ∂12∂

“Nell’era elettronica della informazione istantanea spariscono sia il tempo (...) sia lo spazio (…). E l’uomo pone fine al suo compito di specialista frammentario per assumere la funzione di raccoglitore d’informazione. Recupera così il concetto inclusivo di “cultura” esattamente come il raccoglitore di cibo primitivo che lavora in pieno equilibrio con tutto il suo ambiente. In questo nuovo mondo nomade (…) la nostra preda è la conoscenza e la comprensione dei processi creativi della vita e della società. McLuhan


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ALLEGATO N°2

Energia sicura, pulita ed efficiente di Michela Misirolli, architetto Management Academy Sida Group srl - Area Real Estate

I

l settore delle energie rinnovabili vede un periodo di grande cambiamento e continuo sviluppo, gli obiettivi affrontati dal “Pacchetto Energia 20-20-20” e il programma “Horizon 2020” sono le testimonianze che l’obiettivo della sfida sociale “Energia sicura, pulita ed efficiente” di riuscire a transitare verso un sistema energetico affidabile, sostenibile e competitivo è sempre più concreto ed imminente. Entro il 2020 l’Unione Europea intende ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% rispetto ai livelli del 1990 con un’ulteriore riduzione di emissioni dell’8095% entro il 2050; le energie rinnovabili dovrebbero, entro tale data, coprire il 20% del consumo finale di energia, congiuntamente all’obiettivo del 20% dell’efficienza energetica (Europa 2020). Presentato presso il GSE (Gestore Servizi Energetici) nel 2014, il programma europeo Horizon 2020 promette l’erogazione, in sette anni (2014- 2020), di 77 miliardi di euro, di cui una buona parte potranno essere acquisiti dalle imprese del settore energetico. Nello specifico H2020 è strutturato

secondo tre macro-aree d’intervento o pilastri (pillar): Eccellenza scientifica (Excellent science), Leadership industriale (Industrial technology leadership) e Sfide per la società (Societal challenges), ognuna delle quali è poi articolata in programmi tematici con specifici budget. Nel quadro delle ‘Sfide per la società’ rientra il programma specifico di ambito energetico, “Energia sicura pulita ed efficiente” (Secure, clean and efficient energy), a cui sono attribuiti 5,4 miliardi di euro (7,7% del budget complessivo) utilizzabili dalle imprese comunitarie per finanziare progetti mirati ai seguenti obiettivi: • riduzione del consumo di energia e delle emissioni di carbonio grazie al suo utilizzo intelligente e sostenibile; • energia elettrica a basso costo e a basse emissioni; • fonti energetiche mobili e combustibili alternativi; • unica rete elettrica europea intelligente; • nuove conoscenze e tecnologie; • processo decisionale e impegno pubblico di rilievo; • adozione delle innovazioni in campo energetico.

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Risulta intuibile come lo spettro dei progetti finanziabili è molto ampio per le imprese energetiche orientate all’economia low carbon e si possono, inoltre, intravedere opportunità di innovazione diverse anche per le PMI che potranno beneficiare di nuove specifiche agevolazioni nelle modalità di partecipazione ai bandi. Proprio in questo contesto si sta sempre più delineando l’esigenza, a livello aziendale, di avvalersi di un esperto in gestione dell’energia (EGE), ovvero una figura professionale moderna ed interdisciplinare chiamata ad agire nel contesto del nuovo mercato europeo dell’energia, basato su principi quali la liberalizzazione dei mercati, le misure energetiche e ambientali contenute nel Pacchetto clima-energia (20-20-20) sopradescritto. L’EGE è chiamato a interpretare al meglio i cambiamenti che hanno interessato il settore nell’ultimo decennio, mutando l’equilibrio degli interessi tra consumatori, fornitori di energia, gestori di rete ed ESCO (Energy Service Company). Gli ambiti d’intervento si basano principalmente sulla sensibilizzazione degli addetti ai vari settori, attraverso azioni svolte direttamente dal Responsabile (EGE), proponendo ed effettuando analisi e valutazioni, interventi di modifica di procedure o impianti. Tali servizi si possono riassumere in ottimizzazione delle forniture, analisi ed elaborazione di indici specifici o indicatori di consumo

ALLEGATO N°2

energetico per le utenze maggiormente rilevanti, interventi gestionali e progetti ad hoc con i relativi report, non tralasciando gli aspetti economico-finanziari. Occorrerà dunque tenere conto degli aspetti economici e di quelli di tipo finanziario, in stretto accordo con la direzione dell’impresa: in questo quadro sarà opportuno analizzare quanto offerto da canali di finanziamento e, specie nei servizi e pubblica amministrazione, quanto disponibile dal Finanziamento tramite Terzi. Una forma particolarmente incentivante potrà essere costituita dalla decisione della direzione di reinvestire in efficienza energetica parte dei risultati dei risparmi ottenuti dalla gestione ottimizzata. Infine, nell’attuale fase di energia fossile a basso costo, il ruolo dei responsabili per l’uso razionale dell’energia può evolvere verso due direzioni tra di loro non contrastanti: o rafforzare l’attenzione agli aspetti ambientali, per il controllo delle emissioni e dei rifiuti, non tanto e non solo per gli aspetti normativi, quanto per l’approccio di sostenibilità dell’uso integrato delle risorse; oppure allargare gli interessi al territorio circostante per le possibili sinergie, sia tecniche che organizzative, fra le capacità dell’impresa e le necessità di interesse locale. Il nuovo schema istituzionale di decentramento delle responsabilità energetiche agli Enti Locali permette, potenzialmente, che la rete locale dei responsabili ∂14∂

operanti nelle varie imprese pubbliche e private, produttrici di beni e servizi, diventi uno strumento efficace per attivare nel territorio iniziative e interventi di valorizzazione delle risorse materiali e di competenze locali. Un’ulteriore possibilità è quella di costituire consorzi fra imprese, anche misti pubblico-privato per affrontare problemi di interfaccia comune (rifiuti, generazione etc..) L’energia è dunque l’elemento nevralgico di molteplici obiettivi; il programma varato dall’Ue ha l’intento di sostenere innovazione e ricerca allargando la scala d’intervento fino ai “trasporti intelligenti, ecologici e integrati” e di “azione per il clima, efficienza delle risorse e materie prime”. Questi obiettivi sono considerati primari per lo sviluppo sostenibile dell’Europa e legati in modo imprescindibile all’innovazione e alla ricerca proprio nel settore energetico e in particolare in quello elettrico. Saranno davvero tante le modalità percorse dalle aziende del settore per dare spazio e sostegno all’innovazione applicata lungo tutta la filiera energetica, dalla produzione al consumo finale con iniziative e progetti nei quali sostenibilità ed efficienza energetica si coniugano con competitività e lotta ai cambiamenti climatici.


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ALLEGATO N°2

Servizi per il Terzo Settore di Wilma Mazzocco Management Academy Sida Group srl - Area Cultura e Terzo Settore

Q

uello del nonprofit è uno dei settori chiave dell’economia italiana: un ecosistema composto da 300mila organizzazioni che danno lavoro a 850mila operatori retribuiti. È il più grande per numero di addetti, dopo l’istruzione pubblica, e diventa il maggiore in assoluto se si considerano i 5 milioni di volontari che vi prestano servizio. Le attività del nonprofit aiutano quotidianamente 30 milioni di cittadini e generano un valore superiore a 50 miliardi di euro. L’ultimo censimento ISTAT del 2011 ha rilevato, rispetto al 2001, una notevole espansione del settore in termini sia di istituzioni sia di addetti (rispettivamente +28% e + 39,3%). Dal punto di vista macroeconomico, rappresenta tra il 4,2% (ISTAT 2014) e il 10% del Pil (se si considerano anche gli effetti intersettoriali – rapporto Euricse 2014). In Italia, il fenomeno del Terzo Settore, attraverso la sua pluralità di forme giuridiche (associazioni, cooperative, fondazioni, enti religiosi,...) ha ormai raggiunto dimensioni rilevanti da tutti i punti di vista: impatto economico e occupazionale, servizi erogati, utenti raggiunti; anche se il suo potenziale non è ancora completamente espresso negli ambiti di welfare a più elevata rilevanza economica e con domanda privata pagante, come, ad esempio, in quello sanitario e nei nuovi servizi culturali. La riforma del Terzo Settore, in discussione in Parlamento in queste settimane,

darà, inoltre, nuovo slancio al mercato sociale con la promozione di comportamenti donativi e pro-sociali di cittadini e imprese, la stabilizzazione del 5x1000 IRPEF, l’allargamento dei campi di attività e una fiscalità specifica a vantaggio dell’Impresa Sociale. Oggi, il Terzo Settore si trova ad affrontare uno snodo cruciale: è chiamato a rispondere ai bisogni crescenti che il welfare pubblico non riesce più a soddisfare con la drammatica diminuzione della spesa sociale. Per continuare a svolgere il proprio ruolo di motore dell’economia del bene comune ampliando i campi di intervento e i servizi erogati, i soggetti del terzo settore e le imprese sociali devono affrontare le sfide dell’efficienza e dell’innovazione. Accrescere la propria capacità di reperire fondi e migliorare la gestione sono passi obbligati per rimanere sostenibili e per rafforzare il posizionamento sul mercato. Sfide, queste, che le organizzazioni nonprofit da sole faticano ad affrontare. Occorrono strutture di accompagnamento e nuovi servizi dedicati di alta qualità, diretti a soddisfare in maniera diversificata e mirata le esigenze dei diversi soggetti che operano nel terzo settore. I servizi di consulenza per gli enti nonprofit sono pensati per offrire soluzioni alle problematiche più attuali relative alla promozione, alla gestione e allo sviluppo strategico. Si è voluto, inoltre, introdurre ∂15∂

un focus sui servizi e l’assistenza specializzata per gli enti pubblici per lo sviluppo di metodi, strumenti, ricerche, progetti e servizi intersettoriali, diretti a migliorare la qualità sociale degli interventi, l’innovazione e la loro efficacia sociale. I diversi percorsi di consulenza sono suddivisi, in base agli ambiti d’intervento, all’interno di sette macro-aree settoriali: Organizzazione Aziendale e Strumenti di accountability Amministrazione e Gestione Bandi e Finanziamenti Fundraising e People Raising Consulenza nell’area sociale alle Pubbliche Amministrazioni Gli interventi di consulenza sono distinguibili in base al livello di approfondimento, misurato in ordine di tempo e complessità, con cui viene interpretato l’affiancamento organizzativo: sono, infatti, previste proposte destinate a fornire strumenti manageriali fondamentali per affrontare una specifica questione organizzativa e altre finalizzate all’accompagnamento di enti che già dispongono di esperienze e competenze professionali qualificate. Pur essendo classificati per aree di intervento, i diversi servizi di consulenza specialistica trovano, nella loro applicazione concreta, punti di contatto e di interconnessione, offrendo la possibilità di integrare tra di loro, in modo rapido e personalizzato, le diverse competenze professionali.


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