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Aristotele
Sensazione e intelletto
A differenza di quanto avveniva in Platone, comunque, per Aristotele c’è una stretta continuità tra sensazione e intelletto. La conoscenza inizia sempre dai sensi (la celebre frase «non c’è nulla nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi» è una parafrasi della seguente affermazione aristotelica: «Nessuno potrebbe imparare e intendere nulla se non apprendesse nulla coi sensi»: Sull’anima, III, 7, 432a) e avviene per un duplice passaggio dalla potenza all’atto. La facoltà sensitiva è potenza e diviene atto, cioè senziente, solo quando viene avvertita una sensazione. D’altra parte le qualità delle cose sono sensibili, e passano dalla potenza all’atto quando vengono sentite. La sensazione è dunque l’incontro di un momento soggettivo (la facoltà sensitiva, che differisce ad esempio nell’uomo e negli animali, ma anche, in minore misura, tra i diversi uomini) e un dato oggettivo, i sensibili, propri degli enti.
I sensibili comuni
Oltre ai sensibili che corrispondono ai cinque sensi (colori, suoni ecc.), Aristotele individua i cosiddetti sensibili comuni, come il moto o la grandezza, che non sono specifici di un senso in particolare ma ne coinvolgono diversi. A questi sensibili corrisponde un senso comune, che unifica più sensazioni. Esso non è un vero e proprio senso separato dagli altri, ma indica la capacità di due o più sensi di interagire tra di loro. Ad esso va ricondotta, oltre alla percezione dei sensibili comuni, la consapevolezza che accompagna la sensazione, il «sentire di sentire».
L’immagine e il concetto
Le sensazioni sono sempre conoscenza delle qualità delle singole cose o dei singoli individui, ovvero del particolare. La sensazione è affiancata dall’immaginazione (phantası́a), che produce immagini generiche delle cose, ricavando ad esempio dalla visione di molti cavalli concreti l’immagine del cavallo in generale. Inizia cosı̀ un processo di astrazione che porterà alla conoscenza del concetto. L’immagine, però, è comune anche agli animali, che sono in grado di riconoscere un nemico se appartiene a una specie di cui hanno visto esemplari diversi. Il concetto, invece, può essere conosciuto solo dall’uomo perché è l’oggetto dell’anima intellettiva. Se è vero che, diversamente da Platone, per Aristotele la conoscenza inizia dai sensi, è altrettanto vero che anche per lo Stagirita la conoscenza sensoriale è incompleta e non scientifica: mediante essa conosciamo i singoli enti e non gli universali, che sono l’oggetto della scienza. Solo l’intelletto consente di conoscere l’universale, cioè il concetto.
La conoscenza come processo di astrazione
Tale conoscenza avviene per astrazione. Al concetto corrisponde infatti, sul piano ontologico, la forma, che è dentro ogni singolo ente ma non è percepibile dai sensi. Dalla conoscenza di individui appartenenti alla stessa specie, l’intelletto astrae la forma comune a tutti, che sul piano conoscitivo è appunto il concetto. Esso differisce dall’immagine, che coglie ciò che è comune esteriormente, mentre il concetto astrae ciò che fa di un ente quello che è, cioè l’essenza, la forma. L’immagine di «uomo», ad esempio, è la rappresentazione generica di un essere a statura eretta, con due braccia, due gambe ecc.; il concetto di uomo è invece il conoscerlo come animale razionale, dal momento che la razionalità ne costituisce l’essenza.
La conoscenza come passaggio dalla potenza all’atto
Anche la conoscenza intellettiva è il risultato di un processo che vede un duplice passaggio dalla potenza all’atto. Le forme sono intelligibili e vengono intese ad opera della mente, che completa il processo di astrazione, pervenendo alla conoscenza dell’universale che è nelle cose.
Intelletto passivo e intelletto attivo
Fin qui l’analisi di Aristotele non presenta difficoltà. Esaminiamo ora il duplice passaggio dalla potenza all’atto accennato in precedenza. Specularmente a quanto avviene per la sensazione, anche l’intelletto è una facoltà in grado di conoscere l’universale, ma deve passare dalla potenza all’atto del conoscere. Aristotele parla di un intelletto passivo per indicare la possibilità di conoscere tutti i concetti, cui si affianca un intelletto attivo come conoscenza effettiva dei concetti. Ora, come avviene questo passaggio? Ogni uomo, durante la propria vita, conosce realmente un numero limitato di concetti, ma avrebbe potuto co-
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5. L’anima e la conoscenza
PROFILO
noscerne anche altri, quindi potenzialmente può conoscere tutto, anche se attualmente la sua conoscenza è limitata. Platone spiegava il rapporto tra conoscibile e conosciuto ricorrendo alla reminiscenza: ognuno ha visto, durante la permanenza dell’anima nel mondo delle idee, una certa quantità di idee, e il loro insieme rappresenta il conoscibile, che dunque è limitato. Tra queste, possiamo rievocarne, mediante l’educazione e l’esperienza, un numero più o meno ampio, corrispondente alla nostra conoscenza effettiva. Per Aristotele, invece, ogni uomo potenzialmente può apprendere tutto il conoscibile, pertanto il suo intelletto contiene potenzialmente tutti i concetti. Il passaggio dalla potenza all’atto richiede però la presenza dell’atto come guida del processo, quindi i concetti che da conoscibili diventano conosciuti richiedono la presenza degli stessi concetti in atto. Le interpretazioni dell’intelletto attivo
Il loro insieme è ciò che Aristotele chiama intelletto attivo. Egli non specifica però come debba intendersi tale intelletto, né se esso sia individuale o universale (alcuni interpreti posteriori lo identificheranno, ad esempio, con la mente divina). Di esso, però, afferma chiaramente che è immortale (essendo in atto, non può divenire né, quindi, perire). Quando la filosofia aristotelica sarà fatta propria dal cristianesimo, l’intelletto attivo verrà identificato con l’anima immortale, la cui assenza nel sistema aristotelico non si conciliava, evidentemente, con un’interpretazione cristiana.
GUIDA ALLO STUDIO O Come avviene la conoscenza? Che ruolo hanno in essa i sensi e l’intelletto? O Che cosa intende Aristotele per «immaginazione»? Perché è una facoltà intermedia tra i sensi e l’intelletto?
O In che senso la conoscenza è passaggio dalla potenza all’atto? O Che cos’è l’intelletto attivo? Quali problemi interpretativi ha sollevato?
FONTI E SCRITTI
Gli studi psicologici di Aristotele La Psicologia di Aristotele parla della psyché, cioè dell’anima, della sua natura, del fatto se sia o meno mortale ecc. Si tratta quindi di qualcosa che sembra avere poco a che fare con l’odierna psicologia. In parte queste considerazioni sono vere, ma spesso, soprattutto nell’esposizione manualistica, le tesi vengono esposte estrapolandole dal percorso di cui sono la conclusione, che è invece ricco di ricerche e di osservazioni empiriche. Alcune interessanti osservazioni relative a fatti psichici sono raccolte in brevi scritti chiamati nel loro insieme, durante il Medioevo, Parva naturalia. Il titolo, coniato da Egidio Romano verso la fine del XIII secolo, sottolinea come gli argomenti di questi brevi saggi rientrassero secondo Aristotele nell’ambito della fisica, la scienza della natura. Iniziamo la nostra analisi da uno scritto sui sogni (Dei sogni). Aristotele sottolinea in apertura la specificità dei sogni, che non si basano né sulle sensazioni né sul-
l’opinione, sebbene noi siamo convinti di percepire degli oggetti e di poter giudicare le loro qualità (ad esempio, siamo convinti di vedere un cavallo bianco). Spesso ai sogni si accompagnano riflessioni e ragionamenti, anche se sono le prime cose di cui ci dimentichiamo dopo il risveglio. Per questo Aristotele consiglia di soffermarsi sul sogno non appena svegli, per fissarne il ricordo. Per spiegare come sia possibile che nel sonno percepiamo oggetti e situazioni senza che la facoltà sensoriale sia attiva, Aristotele sostiene che i sensi trattengono le sensazioni per un certo periodo di tempo, anche quando l’oggetto che le ha prodotte non è più presente. La persistenza delle sensazioni, variamente deformate dal tempo trascorso, dà luogo alle immagini dei sogni. Soffermandosi sulle deformazioni sensoriali che troviamo sia nei sogni sia nell’esperienza, Aristotele descrive quella che la psicologia definisce
scienze umane
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