Loci Scriptorum - Profilo storico della letteratura latina

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4.2 Seneca mente al dedicatario dell’opera. I dialoghi senecani possono quindi essere paragonati a una riflessione continua, dove il pensiero viene sviluppato in modo non sistematico; la vivacità espressiva, legata anche al frequente utilizzo di esempi tratti dalla vita vissuta, e lo stile informale rivelano l’influsso della tradizione della diatriba cinico-stoica. Le consolationes

Un insieme piuttosto omogeneo è rappresentato dai dialoghi di consolazione, rivolti a un destinatario per consolarlo dell’assenza, temporanea o definitiva, di una persona cara. Dal punto di vista dei contenuti, la consolatio attinge a un repertorio canonico di temi, quali la fugacità del tempo, la precarietà della vita e dei beni, l’imprevedibilità del futuro. Appartengono a questo gruppo le tre consolationes ad Marciam, ad Polybium e ad Helviam matrem. La prima, scritta forse tra il 37 e il 38 d.C., è dedicata a Marcia, la figlia dello storico Cremuzio Cordo (avversario di Seiano, il potente prefetto del pretorio di Tiberio), in occasione della morte del figlio. Le altre due consolationes appartengono all’epoca del confino in Corsica e sono dirette la prima a Polibio, il potente liberto di Claudio, con la speranza di ottenere il ritorno dall’esilio, e la seconda alla madre, per esortarla a sopportare la lontananza dal figlio.

Dialoghi di tipo speculativo

Ai dialoghi di tipo speculativo appartengono i 3 libri del De ira, dedicati al fratello Novato e pubblicati dopo la morte di Caligola (41 d.C.): l’opera è una trattazione, ricca di esempi storici, sulle caratteristiche e sulle funeste conseguenze dell’ira, passione che gli stoici consideravano distruttrice della ragione. Al periodo successivo all’esilio ascriviamo il De brevitate vitae, dedicato al suocero Paolino, incentrato sul tema della brevità del tempo concesso all’uomo, che impone la presa di coscienza della vanità di molte delle nostre occupazioni. Collocabile intorno al 58 d.C. e indirizzato sempre al fratello Novato è il dialogo De vita beata, dedicato alla discussione di problematiche dottrinarie dello stoicismo, principalmente in polemica con l’epicureismo: la parte più interessante dell’opera, per la conoscenza della personalità di Seneca, è quella che egli dedica alla difesa dalle accuse di aver accumulato un immenso patrimonio e di vivere nel lusso e tra i piaceri.

La trilogia dei dialoghi a Sereno

Vengono raggruppati in una trilogia dedicata all’amico Anneo Sereno (D Sereno e Lucilio, due destinatari di Seneca) i dialoghi De constantia sapientis, De tranquillitate animi e De otio, che sembrano delineare una sorta di percorso filosofico di perfezionamento verso la saggezza. Il De constantia sapientis mira a valorizzare la figura del saggio, la sua capacità di tollerare le offese grazie alla virtù che trova il suo modello nella divinità; la superiorità così acquisita si manifesta con una superiore magnanimità del sapiente. Il De tranquillitate animi è dedicato a Sereno in un momento particolare della sua vita, in cui quest’ultimo oscilla tra i modelli di comportamento propostigli da Seneca e i piaceri della vita mondana. È un momento di insicurezza anche per il filosofo: siamo probabilmente immediatamente dopo il quinquennium Neronis, quando la sua posizione di potere comincia a vacillare ed egli si pone il problema di pianificare il ritiro a vita privata, da attuare in modo prudente e graduale. La tematica filosofica dell’opera ruota intorno al concetto – tutto interiore – della serenità dell’animo, quella che i Greci chiamavano euthymía. Nel dialogo, il filosofo, ai fini di raggiungere la tranquillità dell’animo, tenta una composizione tra il dovere del saggio di giovare agli altri e i limiti derivanti dalla realtà politica dell’epoca. Nel De otio la questione del ritiro a vita privata appare risolta dalle circostanze: il dialogo, giunto incompleto, è infatti databile al momento del definitivo distacco di Seneca da Nerone (forse al 62 d.C.). In esso Seneca focalizza la sua attenzione sulla figura del saggio stoico e sulle sue molteplici possibilità di mettersi in ogni circostanza al servizio degli altri; anche nell’otium, e cioè nella «vita appartata» lontana dalla politica, potrà dunque acquisire nuove verità intellettuali e morali con cui giovare all’intera umanità (D TESTO 1).

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