Come bottiglie dal cielo

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Come bottiglie dal cielo

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Antonino ‘Tetto’ Caprara Enzo Varini

Testimonianze
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Antonino ‘Tetto’ Caprara

La guerra per noi era sempre paura perché dove andavamo c’era sempre il pericolo.

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Antonino ‘Tetto’ Caprara

Quando scoppiò la guerra eravamo 9 fratelli. Solo mio padre lavorava, era un muratore. Lo mandavano ad aggiustare le case che venivano distrutte a causa dei bombardamenti. Lavorava con i tedeschi.

Durante la guerra c’era moltissima miseria. Andavamo dai contadini a chiedere un po’ di frutta e quando non ce la davano la rubavamo in campagna. C’era una signora che ogni volta che ci vedeva ci chiamava e ci dava un pezzo di pane.

Spesso chiedevamo anche all’esercito tedesco un po’ di cibo finché non arrivarono le SS. Da lì fu un disastro: si presero la Villa Rangoni, la villa Pederzini e la villa Ferrari.

Quando ti vedevano ti puntavano la pistola anche se eri un bambino.

A loro non interessava.

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Antonino ‘Tetto’ Caprara

Tutti i giorni allle 12:00 c’erano i bombardamenti. La notte tutte le luci erano spente e le finestre chiuse.

Le bombe erano come bottiglie che scendevano dal cielo.

Noi ci nascondevamo nei fossati, la nostra gioventù è stata così. La sera c’era il coprifuoco, chi lo infrangeva veniva portato in caserma e picchiato.

9 Enzo Varini

La vita era dura, case modeste. Noi avevamo la più modesta: abitavamo a metà del torrione.

Era un ambiente ampio, non c’erano porte e servizi. In bagno si andava dai vicini al piano di sotto, l’acqua si raccoglieva in una fontana vicina: si riempiva un cesto, si attaccava alla finestra e si prendeva l’acqua con un mestolo.

Il lavandino, dato che non aveva le tubature aveva sempre un secchio sotto di sé.

11 Enzo Varini

Il paese era molto ristretto, era quasi tutta campagna. Le strade in centro erano in terra battuta o con le pietre del fiume. C’erano negozietti piccoli, drogherie. C’erano molte biciclette.

In pochi avevano la televisione. Il nostro vicino ci chiese se potevamo ospitarlo in casa così poteva attaccare l’antenna in cima al torrione. Da quel momento girò la voce e casa nostra era sempre piena.

Alcuni avevano la radio e ascoltavano radio Londra. Era la radio della resistenza. Era proibito ascoltarla.

13 Enzo Varini

Il 22 aprile 1945 era domenica, c’era il sole e un po’ di vento.

15 Enzo Varini

Un signore andò sul torrione e vide là dal ponte delle truppe avanzare: erano gli americani. I tedeschi avevano ancora dei carri armati in centro, fu quel giorno che uccisero un ragazzo al lato del palazzo del comune.

Alle 11 bombardarono il torrione: 3 colpi in alto e 2 in basso. Eravamo sfollati insieme ad altre persone nella cantina in fondo al torrione. Un ragazzo salì in cima alla torre a controllare: il tetto stava bruciando.

Scappammo via.

Alle 12:30 siamo usciti e siamo andati in centro. Arrivammo in via San Giovanni ma non potevamo attraversare: un carro armato dominava la strada e c’era il rischio di essere colpiti. Una famiglia ci ospitò a casa loro, dal pomeriggio fino alla sera sentimmo i carri armati fischiare.

Mi addormentai.

17 Enzo Varini

Mi sono risvegliato la mattina ed era tutto finito. Andai in piazza. C’erano tutti: i soldati americani, i partigiani, noi cittadini.

Ho provato un senso di benessere che mi durò molto tempo.

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