La Bussola n°12

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Referendum sull’acqua

Settembre 2012 - n.12 - Periodico culturale - distribuzione gratuita

un compleanno senza festa

Referendum sull’acqua Un compleanno senza festa pag.3 Memoria effimera Sulle corone di fiori cala il sipario pag.7 La legge 194 Osteggiata nonostante tutto pag.9


EDITORIALE

Diritto di cronaca e diffamazione di Felice Massaro

Il diritto di cronaca si manifesta attraverso la narrazione di fatti. Consiste nel diritto a informare la collettività su fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico. È un diritto riconosciuto negli ordinamenti democratici. Nell’ordinamento italiano rientra tra le libertà di manifestazione del pensiero. Come sancito in linea di principio dall’art. 21 Cost. (Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione) e come regolato dalla L. 8 febbraio 1948 n. 47, il diritto di cronaca (e di critica) consiste nella libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti, anche lesivi della reputazione. Ovviamente ci sono dei limiti oltre i quali il diritto di cronaca sconfina nella diffamazione che, punita dal codice penale, comporta la condanna a un risarcimento civile, viene anche presa in considerazione come una lesione del diritto alla vita privata portando lesione all’onore di una persona. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il diritto di cronaca è considerato legittimamente esercitato e non vi sono le condizioni di applicabilità dell’esimente (cioè della causa di esclusione della responsabilità penale) “solo allorché siano rispettate le seguenti condizioni…: a) la verità (oggettiva o anche soltanto putativa), della notizia, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca delle notizie. Verità che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni o sofismi obiettivamente idonei a creare rappresentazioni della realtà oggettiva false (in tutto o in parte) nella mente del lettore (o ascoltatore) in parte rilevante); b) la continenza e cioè il rispetto dei requisiti minimi di forma che debbono caratterizzare la cronaca

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e anche la critica (e quindi tra l’altro l’assenza di termini esclusivamente insultanti)…(Cassazione civile, sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1205). In altra sentenza la Cassazione spiega il concetto di “continenza” che va inteso come forma civile dell’esposizione, non eccedente rispetto allo scopo informativo da perseguire, improntata a serena obiettività, almeno nel senso di escludere il preconcetto intento denigratorio e, comunque, in ogni caso rispettosa di quel minimo di dignità cui tutti hanno diritto (continenza). (Cassazione civile, sez. III, n. 6973 del 22 marzo 2007). Sempre in merito alla “continenza”, in altra sentenza la Corte si sofferma sull’ uso di espedienti stilistici, che possono trasmettere ai lettori, anche al di là di una formale ed apparente correttezza espositiva, giudizi negativi sulla persona che si mira a mettere in cattiva luce, per cui ogni accostamento di notizie vere può considerarsi lecito se esso non produce un ulteriore significato che le trascenda e abbia autonoma attitudine lesiva. (Cassazione civile , sez. III, 16 maggio 2007 , n. 11259 in Giust. civ. 2007, 9 1851). In sostanza un giornalista se si limita alla notizia del reato non ha da temere alcunché. Può anche esercitare il diritto di critica ma, in tal caso, deve avere completa conoscenza del fatto e deve possedere elementi valutativi che comportino necessariamente la conoscenza di postulati giuridici e giurisprudenziali certi, completi, aggiornatissimi, incontestabili. Infatti, lo studioso, per poter svolgere una critica letteraria, deve aver svolto un complesso delle indagini volte a conoscere e valutare, sulla base di teorie e metodologie diverse, i vari elementi che consentono la formulazione di giudizi su un’opera d’arte. (Enciclopedia Treccani). Parimenti il giornalista che va oltre l’esposizione dei fatti, che formula giudizi sul fatto e sul merito, che si antepone al giudice e a tutte le fasi del giudizio, che anticipa giudizi di colpevolezza sui quali non vi è ancora alcuna pronuncia, questo giornalista

si assume una responsabilità grande quanto il danno che causa con la sua pronuncia anticipata. Da tale libertà, esercitata fino al limite dell’impossibile, deriva necessariamente una grande responsabilità poiché, in caso contrario, deve prepararsi lui a un duplice processo: quello penale per diffamazione a mezzo stampa e quello civile per il risarcimento. Si possono facilmente immaginare le conseguenze che derivano dall’uso di espedienti stilistici impropri se non addirittura volgari.

La Bussola

periodico culturale Registrato presso il tribunale di Pesaro il 14.01.2010 registrazione n. 568 n. 12, chiuso il 25 Settembre 2012 Direttore responsabile Felice Massaro info@massarofelice.it

Grafica e impaginazione Paola Bacchiocchi bacchiocchip@libero.it

Stampa Ideostampa - Calcinelli Informazioni

liberamente.2009@yahoo.it Gli autori si assumono la responsabilità dei propri scritti


UN REFERENDUM DISATTESO

Referendum sull’acqua un compleanno senza festa

di Roberta Lombardi

Poco più di un anno fa si festeggiava la straordinaria vittoria dei referendum del 12-13 giugno, giorni in cui 27 milioni di italiani, in barba alle condizioni meteo, alle ferie, all’ostruzionismo mediatico, alla sfiducia nella frequentazione delle urne elettorali, hanno deciso in un moto di dignità di esercitare e credere di nuovo nel loro diritto al voto diretto. Il principale promotore dei primi due quesiti è stato il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua. Chi sta seguendo da un anno a questa parte, anche nel nostro territorio, in maniera più assidua l’iter di applicazione dei due quesiti referendari riguardanti i servizi pubblici locali e il servizio idrico in particolare, non può che constatare: “siamo ancora in campagna referendaria!” Il primo quesito prevedeva l’abolizione del decreto Ronchi che imponeva la privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali compreso il servizio idrico. Il secondo prevedeva l’abolizione dalla tariffa del servizio idrico della voce relativa alla ‘remunerazione del capitale investito’ che oscilla tra il 7% e il 20%.

A seguito del Decreto del Presidente della Repubblica 116/2011, il referendum è diventato applicabile dal 21 luglio 2011. Dalla bolletta del servizio idrico si sarebbe dovuto eliminare, a partire da quel giorno, la quota relativa alla remunerazione del capitale investito, oggetto del secondo quesito referendario. Dal luglio 2011 nel nostro ATO (Ambito Territoriale Ottimale, che nel nostro caso corrisponde ai confini della Provincia) sono state convocate 4 assemblee di ambito, ma non è mai stato posto all’ordine del giorno l’argomento relativo all’ applicazione dell’esito referendario. Dunque i nostri Sindaci e il Presidente della Provincia hanno scelto di non affrontare nella sede competente dell’AATO (Autorità dell’ Ambito Territoriale Ottimale) di cui sono membri con diritto di voto, il ricalcolo della tariffa a seguito del referendum. Da parte degli uffici tecnici e legali del nostro ATO sono stati prodotti alcuni documenti che vorrebbero indurre amministratori e cittadini a pensare che i motivi di tale “inerzia” siano dovuti a impedimenti di tipo giuridico. Eppure la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 26 del 26 gennaio 2011, pronunciandosi sul secondo quesito

referendario ne ha sancito “l’immediata applicabilità”. Infatti, l’eliminazione della remunerazione del capitale non andrebbe ad incidere in alcun modo sulla copertura dei costi di investimento e di esercizio. E’ bene ricordare che nella medesima sentenza, la Corte Costituzionale focalizza ulteriormente quello che è l’indirizzo e la finalità del referendum: “… mediante l’eliminazione del riferimento al criterio della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, si persegue chiaramente, la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua…” Nonostante la Corte Costituzionale abbia chiarito inequivocabilmente il senso del referendum, nonostante la stragrande maggioranza degli italiani abbiano espresso col voto come vorrebbero venisse gestito il servizio idrico, già dall’agosto 2011 è iniziato IL GIOCO DEL PASSA CERINO: Agosto 2011: il governo Berlusconi, come se non ci fosse stato il referendum, approva un decreto liberalizzazioni dei servizi pubblici locali (si ricorda che il primo quesito referendario riguardava tutti i servizi pubblici locali). Il servizio idrico viene escluso anche grazie alle mobilitazioni sollecitate dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua. 22 Dicembre 2011: Con la L. n. 241/11 il Governo Monti trasferisce all’AEEG (Agenzia per l’energia elettrica ed il gas) le funzioni di regolazione e controllo in materia di servizi idrici. 1° Marzo 2012: l’AEEG avvia anche attraverso consultazioni pubbliche un procedimento volto a definire un nuovo metodo tariffario che tenga conto dell’esito referendario. Nella bozza del documento per la consultazione per l’adozione di provvedimenti tariffari in materia di servizi idrici, viene reintrodotto, seppur con una modalità differente rispetto al precedente metodo (metodo normalizzato), un principio di remunerazione del capitale che va al di là della copertura dei costi del servizio. Ovvero: esce dalla porta la “remunerazione del capitale investito” e rienLa Bussola - Settembre 2012

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I NOSTRI AMMINISTRATORI E LA VOLONTA’ POPOLARE tra dalla finestra un impropriamente detto “onere finanziario sul capitale immobilizzato”. Oltretutto, qualora venisse approvata la bozza di cui sopra, verrebbe eliminato il limite massimo di aumento del 5% annuo della tariffa. A questo punto bisogna rimboccarsi le maniche. In questo panorama, nazionale e locale, desolante, il Coordinamento Provinciale Acqua Bene Comune Ato 1 Marche Nord si è trovato costretto a riattivarsi insieme agli altri Comitati territoriali diffusi in tutta Italia perché si riconduca su un percorso democratico e nella sfere delle istituzioni locali (Sindaci in primis) il “cerino referendum” . Nel giugno scorso è stata fatta una richiesta/sollecito ai Sindaci, al Presidente della Provincia (in quanto membri dell’AATO), e al presidente dell’ ATO 1 Marche Nord per chiedere spiegazioni sull’inerzia di coloro che dovrebbero essere i principali protagonisti di quella che potremmo chiamare “la rivoluzione acqua”. Tale richiesta è stata sottoscritta da moltissime associazioni e cittadini. A breve daremo comunicazione, anche tramite la stampa locale, delle risposte dei nostri amministratori. Ad oggi, scaduti ampiamente i termini di legge, solo in pochi hanno risposto. In gran parte d’Italia e anche nella Regione Marche (a Senigallia, Jesi, Ancona, Macerata etc), da parte di altri comitati, è stata già avviata quella che viene chiamata “Campagna di obbedienza civile” presentando reclami all’ATO di appartenenza, ai Sindaci, e ai gestori, affinché applichino immediatamente il secondo quesito referendario. Già oggi migliaia di cittadini in tutta Italia stanno pagando una bolletta decurtata.

Acqua gestione pubblica e trasparente di Roberta Lombardi

La strada che si è aperta con la vittoria referendaria è paradigmatica di un nuovo modo di concepire la gestione dei servizi locali. Sarebbe necessario avviare il processo di ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, in quanto si tratta di un servizio fortemente legato al territorio, affidandolo a enti locali di diritto pubblico, gli unici che possono prevedere al loro interno forme di partecipazione diretta e adeguati livelli di trasparenza. Per far ciò si rende necessario anche rivedere il sistema di finanziamento: gli investimenti necessari sono ingenti e devono essere resi possibili attraverso un intreccio tra leva tariffaria e fiscalità generale. Si può pensare, ad esempio, a tasse di scopo che confluiscano in un Fondo destinato ai finanziamenti, oppure a emissioni di obbligazioni a livello locale. Tra le possibilità c’è quella di far tornare la Cassa Depositi e Prestiti al suo ruolo originario, ovvero quello di prestare agli enti locali denaro a tassi agevolati. Ovviamente la prospettiva della ripubblicizzazione prevede innanzitutto una riassunzione di responsabilità e protagonismo da parte degli amministratori locali (Sindaci in primis) che affidando il servizio a società esterne, hanno in qualche modo abdicato e si sono

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ritrovati depauperati delle competenze e delle informazioni necessarie anche solo per svolgere un ruolo di controllo. Inoltre i Sindaci si trovano a dover “recitare” due ruoli tra loro in antitesi: da una parte sono le Autorità locali in sede di AATO che devono difendere la risorsa acqua e mantenere basse le tariffe, dall’altra sono soci della società di gestione e, con gli utili che provengono dalle bollette, impostano ed integrano i loro bilanci comunali. Non si può che definire schizofrenica una situazione del genere e la sola cura che ci viene in mente è l’uscita dal modello S.P.A. e la creazione di un’ azienda speciale consortile al cui interno sia previsto una forma di partecipazione e controllo diretto da parte dei cittadini/associazioni. Consigli per approfondimenti: www.acquabenecomune.org (sito del Forum Nazionale dei Movimenti per l’acqua) www.ato1acqua.marche.it (sito istituzionale dell’autorità di ambito di cui fanno parte i nostri Sindaci) www.autorita.energia.it (sito dell’AEEG, Agenzia extragiudiziale a cui il Governo Monti ha affidato alcune funzioni sul servizio idrico) Per contatti con il Comitato provinciale Acqua Bene Comune Ato 1 Marche Nord: wetooo@gmail.com


IL FIUME INSEGNA A RAGIONARE IN TERMINI SISTEMICI

Un fiume e il suo territorio un patrimonio da tutelare di Andrea Fazi

Un fiume lo si può guardare in molti modi. Il pescatore ci vede il luogo della sua azione di pesca. Il cavatore il luogo dei suoi affari. Il cacciatore il luogo della sua cruenta relazione con gli animali. Il cittadino può conoscerlo, riconoscerlo, frequentarlo, oppure può considerarlo solo un elemento fisico del paesaggio, un limite, un dato geografico, riscoprirne l’esistenza solo in caso di ondate di piena. Il fiume è l’artefice di se stesso e di quanto lo circonda, molto al di là di quanto normalmente si possa cogliere. Molto lontano dalle sue rive si alzano le colline, ma è stato il fiume a costruire la pianura alluvionale, lambendo e demolendo i fianchi della colline, e ritirandosi poi nell’attuale percorso, apparentemente immemore della sua potenza incredibile. Il tempo è un fattore fondamentale per capire non solo la storia dell’uomo ma soprattutto la storia naturale. Tempi e climi del passato, parliamo di secoli, millenni, centinaia di migliaia di anni. Troppo indietro per capire ed imparare a vedere. Eppure solo un’ottica temporale può farci comprendere. Quando, esplorando il fiume, si incontrano piloni di ponti la cui base di cemento è ormai a mezzo metro dal letto del fiume, come possiamo interpretare questo segno, che magari sfugge anche al pescatore? Il fiume sgretola, il fiume trasporta, il fiume deposita. Ma il suo stesso deposito può essere riportato in movimento da acque anche non impetuose come quelle dell’immediato post glaciale, 11000 anni fa… Le escavazioni in alveo hanno abbassato il letto del fiume, oggi non è più permesso ma lo è stato. I materiali con cui abbiamo alimentato il continuo divorare territorio coprendolo di cemento, vengono dai fiumi, dalle cave in montagna…

vrebbe farci riflettere. Il fiume come lo vediamo noi è solo la parte visibile di un sistema grande quanto il bacino idrografico, che va dalle colline laterali fino ai monti della sorgente e fino alla foce. Tutta l’acqua che vi piove è il patrimonio, l’energia del bacino, l’acqua che scorre visibilmente è solo una parte, piccola, di quella che scorre invisibile. Il fiume è il punto più baso e quindi il collettore di ogni goccia di acqua delle colline, delle montagne, della pianura, porta via l’acqua verso il punto più basso di tutti, il livello altimetrico zero del mare. E’ Fisica, non può accadere diversamente. Cosa significa abbassare il livello del drenaggio se non svuotare il sistema? Aprire un buco in una botte a venti cm dal fondo oppure proprio sul fondo cosa significa per la capienza? Le piogge non riescono più a ripristinare la quantità di acqua invisibile che dalle falde scivola verso il collettore fiume, ormai abbiamo un deficit permanente, ogni estate ma ormai anche d’inverno si rischia la chiusura dei rubinetti, eppure dal fiume si preleva ancora una enorme quantità di acqua per irrigare il mais… Possiamo ancora permetterci di dare un contributo alle coltivazioni assorbi-acqua quando poi si devono mandare autobotti nei comuni che non hanno autonomia per gli usi potabili? Il fiume insegna a ragionare in termini sistemici, perché mai invece la gestione delle produzioni industriali e agricole, che assorbono la stragrande maggioranza dell’acqua utilizzata, non deve integrarsi con gli andamenti climatici,

i consumi domestici, la scienza, la intelligente e onesta politica che è come si sa la pratica della gestione della cosa pubblica… Una corretta gestione delle risorse fondamentali, e l’acqua è tra le più fondamentali in assoluto, richiederebbe competenza. Non è necessario essere un geologo ma è importante sapere cosa i geologi dicono del bacino e del suo funzionamento. Nessuna società o civiltà può alterare le basi stesse della capacità dei sistemi di sostenere popolazioni umane… Passeggiando lungo il fiume si capiscono queste cose, e ci si regala al contempo qualcosa che non richiede consumi, che lascia i sistemi così come si sono trovati, anzi, passeggiando lungo i fiumi è possibile portar via carriolate di rifiuti, ci si regala un piacere non consumista, non esclusivo come non lo è guardare un tramonto, tutti lo possono vedere e rimane intatto… L’atmosfera del fiume, le sue caratteristiche, la storia che racconta con le alberature di Pino domestico un tempo diverso, un andare per la “possessione” (proprietà) sotto l’ombra di grandi chiome ad ombrello, inusuale nella nostra campagna… Ultimamente si è spesso in emergenza e solo allora ci si preoccupa di prendere provvedimenti. Non riusciamo ad impararla questa lezione, aspettiamo le piene per capire che una golena non si deve occupare né restringere, aspettiamo un terremoto per capire che una briciola del pianeta come l’Italia non può credere di non essere sotto spinta in ogni sua parte, di poter fare a meno delle misure precauzionali, delle norme che ogni volta vengono viste come impedimenti alla libertà di fare come si vuole o come si crede, per ignoranza, miopia, interesse suicida, pressapochismo… Un paese bellissimo il nostro, con una capacità di gestirlo incredibilmente misera.

Al di là della facile osservazione sui manufatti che si trovano a non poggiare sul solido se il fiume riporta il suo equilibrio ricominciando a spostare sedimenti per tornare al profilo d’equilibrio, esiste una questione che in questi tempi di gravissime siccità sia estive che invernali doLa Bussola - Settembre 2012

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COME ASCOLTARE L’AGRICOLTURA

L’agricoltura oggi un lavoro accessibile, semplice, remunerativo di Vittorio Beltrami

Agricoltura è una parola che racchiude in sé una miriade di situazioni in ognuna delle quali si sviluppano professionalità diverse nel contesto agricolo. Dentro questo enorme contenitore che per brevità chiamiamo “Agricoltura” vi sono imprese e attività che si occupano di allevamento, altre che coltivano cereali, altre che si definiscono florovivaistiche, agroalimentari, lattiero-casearie, e per scendere nello specifico possono avere diverse declinazioni di indirizzo: industriale, biologico, biodinamico. Insomma, tanta diversità che è bagaglio di ricchezza colturale e culturale. Nella storia e nei fatti l’uomo agricoltore era colui che si formava professionalmente lavorando la terra di proprietà o in mezzadria, grazie agli insegnamenti dei genitori anch’essi contadini; un sapere che si tramandava oralmente alimentato anche dai racconti, dai detti, dai proverbi. Uno scambio che avveniva anche e soprattutto durante le fiere zonali che divulgavano la memoria e lo scambio di informazioni. Sebbene la scarsa scolarizzazione fosse un denominatore comune a molti uomini in agricoltura, questi contadini erano in grado di saper svolgere la propria attività con estrema capacità spesso ignorando il significato e le leggi fisiche del loro operato. Questa categoria ha poi rappresentato il viatico di quella ascesa del settore agromeccanico che nella nostra regione è stato il volano dell’industria meccanica stessa. Non basterebbe una vita intera per raccontare questo mondo, il mio mondo, oggi tanto invidiato e ambito perché sembra rappresentare un lavoro di libertà, di guadagni facili, un lavoro accessibile e semplice da fare, dove si impara subito. Questo è un mestiere, quello del fare in agricoltura, fatto di tanti tasselli: immaginate cosa significa potare una pianta, cosa vuol dire far nascere una bestia dentro una stalla, capire una semina o preparare il raccolto. Quanto c’è dietro il lavoro di un agricoltore a molti è ignoto: conservare e presidiare un territorio con le peculiarità che esso rappresenta come tutela-

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re un paesaggio, mettere in sicurezza i cigli stradali, saper tagliare un bosco. Oggi quanti di noi, facendo una passeggiata, si soffermano su una farfalla che vola o una libellula che danza nel fosso? La bellezza di quel momento è dovuta anche in parte a quell’agricoltore che ha consentito all’acqua di scorrere libera in quel fosso pulito. Spesso rileggo quel passo del poeta urbinate Umberto Piersanti, nel suo libro Nel tempo che precede dove parla del fosso come anch’esso uomo fra gli uomini tanta è la simbiosi nelle comunità contadine con l’acqua. Rifletto quindi sul vero significato di una produzione biologica o su un prodotto certificato tale e mi aspetto che esso sia nato da quella simbiosi con la natura, dal suo rispetto, dal presidio del territorio e non solo da un muto attestato cartaceo. Sono molti i confini dell’agricoltura, coinvolgono le persone, il paesaggio, la sicurezza alimentare, l’igiene alimentare, il patrimonio delle bio-diversità, il patrimonio vegetale e faunistico. Le produzioni a filiera corta o facilmente tracciabili sono quelle che

oggi di più tentano di tutelare il consumatore. La mia raccomandazione è sincera quando invito a tornare nelle aziende agricole, a parlare di agricoltura, a viverla e a consumare i prodotti agricoli, a vistare le fattorie didattiche intese anche come nuovi centri di aggregazione della famiglia. Da sempre l’agricoltura ha rappresentato un confine sociale ed oggi torna a giocare da protagonista a livello educativo-didattico sia per i bambini con l’esperienza degli agro-asili, ma anche per le persone della così detta “terza età” che vogliono ancora lavorare impiegando il tempo in attività agricolericreative. Gli agriturismi devono essere tali, nel senso etimologico delle parole agro+turismo, senza prestare il fianco a quell’industria turistica full-optionals. Essi sono lo specchio di una produzione tipica locale, di una coltura recuperata, di una cultura agricola e devono giocare principalmente in questo ruolo. Ascoltare la voce dell’agricoltura significa ascoltare piccole pillole di saggezza che possono aiutarci a stare meglio con noi stessi e gli altri.


SULLE CORONE DI FIORI CALA IL SIPARIO

Quale memoria? una riflessione su come ricordare chi di lotta all’illegalità è morto di Cristian Bellucci

Anche quest’anno è andata: discorsi, corone di fiori, targhe, momenti solenni e ufficiali si sono succeduti per ricordare le stragi di Capaci, via D’Amelio, Dalla Chiesa, Montana e di tutti gli altri. Il presidente della Camera Fini si è recato nuovamente a Parlermo il 19 luglio, il presidente del Senato Schifani è intervenuto in Parlamento, il presidente della Repubblica Napolitano ha lanciato moniti, “alti” moniti. Dopo poco, come sempre, cala il sipario: le luci si spengono, torna il silenzio sulle stragi. D’altronde cosa vogliamo: in un paese senza memoria e senza orgoglio bastano le fiction per onorare Falcone, Borsellino e tutti i morti delle stragi di stato e mafia. Tanto più che dopo tanti processi (e false testimonianze, omissioni, campagne mediatiche impressionanti tese a perpetuare la favola delle stragi di sola mafia, ricordi improvvisi di chi, facente parte allora ed oggi delle Istituzioni, smemorato a tempo e per convenienza, ha poi ricordato elementi, attimi, avvenimenti) molti mafiosi sono stati condannati, alcuni sono in carcere, altri non ci andranno mai. Ma li cercheremo. E li troveremo! I mafiosi. Esatto: i mafiosi. Perché se qualche magistrato indaga sulla trattativa ormai certa tra Stato e mafia, perché questa fermasse le stragi che stavano insanguinando quegli anni, allora è un pazzo (cit. Dell’Utri sul Procuratore Ingroia). Un pazzo che spende soldi pubblici inutilmente e rivanga “vecchie storie” (cit. Berlusconi). Per non parlare poi di chi cerca l’agenda rossa di Borsellino: sta male, come ha affermato più volte l’ex ministro Mancino, ora rinviato a giudizio per falsa testimonianza, su Salvatore Borsellino. Quel Mancino del quale conosciamo le paure (fermare i magistrati di Palermo) date le intercettazioni telefoniche tra lui e D’Ambrosio, lo scomparso consulente giuridico di Napolitano, il Presidente della Repubblica che è arrivato (azione senza precedenti) perfino a sollevare il conflitto di attribuzione contro la Procura di Palermo davanti alla Corte Costituzionale, che lo ha accolto.

Non sappiamo cosa abbia spinto il Presidente ad un’azione del genere ma sappiamo che a fronte di pochi e qualificatissimi giuristi come Zagrebelsky, Cordero, Carlassare, Rodotà che affermano che i Magistrati della procura di Palermo si sono comportati in maniera ineccepibile, abbiamo molti, moltissimi componenti delle Istituzioni, giornalisti e persino magistrati stessi che plaudono all’azione di Napolitano (ignoranza? - servilismo?) contribuendo solamente ad indebolire i Magistrati di Palermo, fottuti per il becero Giuliano Ferrara. Come fu per Falcone e Borsellino.

e/o minori guadagni. C’è bisogno di legalità. Legalità che va pretesa da tutti ma anche da noi stessi. L’illegalità non è solo quella dei grandi nomi, dei giri milionari di soldi, della grande criminalità organizzata. Quella è la grande illegalità che poggia le basi sulla piccola, che si nutre di essa, che è giustificata da essa. Come può chiedere legalità chi a piccoli livelli, se può, si muove illegalmente?

L’ipocrisia e lo squallore (solo questo?) di tali atteggiamenti contrastano con le belle parole di Agnese Piraino Leto in ricordo del marito Paolo Borsellino: “Era così rigoroso e attento al senso del dovere che alla fine della giornata si chiedeva: ho meritato oggi lo stipendio dello Stato?”

Non credo sia legale abbandonare rifiuti speciali lungo il fiume per non sostenere i costi di smaltimento. O prelevare acqua abusivamente, o annaffiare il giardino anche quando ordinanze del Sindaco ne impediscono l’uso anche per la coltivazione nel proprio orto.

Sicuro che queste parole del magistrato fossero condivise anche da Falcone e dai tanti magistrati, poliziotti, carabinieri, giornalisti, sindacalisti uccisi mi chiedo come la nostra società (in) civile, quella di cui ognuno di noi fa parte, possa onorare al meglio la memoria di queste persone: continuando a scrivere belle frasi sulle bacheche di Facebook, facendo circolare bei messaggi e-mail solo in concomitanza dell’anniversario della strage mentre tutto il resto dell’anno si parla di farfalline all’inguine, stipendi milionari di calciatori e del nuovo modello di telefonino? Non credo. Da parte di chi sembra più attento, basta l’impegno a far circolare l’informazione e proporre momenti di riflessione? Nemmeno, penso. Partendo dall’assunto che ogni manifestazione della società (la classe politica, amministrativa, dirigenziale ma anche i fenomeni sociali, di costume e perfino criminali) è frutto delle azioni e del pensiero della massa, di tutti noi, penso sia necessario ed indispensabile che ognuno faccia la propria parte e dia l’esempio. Pertanto è necessario comportarsi legalmente anche a costo di rinunciare a qualcosa di cui si ha bisogno o a fronte di maggiori spese

Non credo sia legale evadere le tasse, pagare per vincere un concorso o per vincere un appalto. Eppure molti di noi lo fanno, chi una cosa e chi l’altra, chi senza alcuna giustificazione e chi per necessità.

Non credo sia legale farsi tettoia e capanno abusivi. O la casa abusiva con tanto di inferriate alle finestre lungo il fiume Metauro!

Non credo sia legale, anche da parte di chi amministra, chiudere sovente gli occhi di fronte a queste illegalità a volte eclatanti. Ma la sera ce lo domandiamo mai se meritiamo di essere considerati bravi cittadini?

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IGNORANZA E DEMOCRAZIA

Gli Italiani questi ignoranti analfabeti

di Rodolfo Santini

La stragrande maggioranza degli Italiani non sa leggere (analfabetismo), oppure legge ma non riesce a comprendere il significato dei suoni che riproduce (analfabetismo funzionale). Soltanto il 20% (12.000.000) della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura, calcolo, necessari per orientarsi in una società contemporanea. Il 5% della popolazione, fra 14 e 65 anni, (3.000.000) non sa distinguere una lettera dall’altra, o una cifra da un’altra; il 38% (22.000.000) lo sa fare, ma riesce a leggere con difficoltà una scrittura semplice; il 33% (19.000.000) supera questa condizione, ma qui si ferma e non comprende un testo scritto che riguardi fatti collettivi, di rilievo, che riguardino la vita quotidiana o un grafico con qualche percentuale; tra questi il 12% è laureato. (Fonte: Tullio De Mauro, linguista). In tutto il mondo industrializzato solo lo stato del Nuevo Leon, in Messico, riesce a fare peggio di noi. E’ un dato da paura, a tratti sconvolgente, che emerge dall’indagine condotta da specialisti internazionali, (Indagine IALS, -International Adult Literacy Survey- condotta tra governi, agenzie nazionali di statistica, OCSE, ecc.) la quale è ben conosciuta da chi fa televisione (ecco la ragione per la quale i partiti hanno occupato militarmente la RAI) e soprattutto da un certo potere politico, che ha tutto l’interesse a mantenere un “popolo bue”. E’ un fatto acclarato che l’homo videns, così definito da Giovanni Sartori, è assai più suggestionabile dalla propaganda e dalla demagogia, rispetto alla minoranza ancora affezionata alla parola scritta. Ciò che la televisione non dice, non esiste. Sia chiaro, la tendenza al declino delle competenze e all’analfabetismo di ritorno, riguarda tutte le società occidentali; ma in Italia il fenomeno ha un impatto maggiore, tant’è vero che siamo in coda all’Europa per lettura di libri e giornali; secondo i dati ISTAT più della metà de-

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gli italiani non legge nemmeno un libro all’anno, mentre la TV generalista, pur in declino, rimane il mezzo di comunicazione dominante.L’unica forma per contenere questo fenomeno negativo è costituito dalla scuola ma, come noto, la stessa è già stata distrutta a picconate, con il corpo docente precario, la sottrazione continua di fondi, l’istituzione del maestro unico di “gelminiana” memoria con tanto di grembiulini, la forte limitazione del tempo pieno, l’aumento del numero degli alunni nelle classi, misure che nonostante la propaganda di governo, vanno avanti a vele spiegate. Unica eccezione è costituita dalla scuola privata, che pur fruendo di fondi statali, è estremamente classista, cioè riservata ai figli della ricca borghesia. I dati della commissione europea sono eloquenti per stabilire il fallimento dell’attuale sistema educativo, con un tasso di abbandono del 19,7%, che è il doppio della media europea, oppure del fatto che il 59,09% degli alunni sono fuori dal “Letteratismo”, cioè legge ma non comprende ciò che sta leggendo, quindi è privo degli strumenti fondamentali per sopravvivere nella società della conoscenza. Nella nostra realtà locale, come in tutta la nazione, vengono celebrati diversi processi penali a genitori che non provvedono a mandare i figli alla scuola dell’obbligo, e sono genitori italiani, che rischiano una condanna fino a 30,00 euro di multa!

Da ciò emerge un dato inconfutabile: una buona parte della nuova generazione è stata “castrata” nella sua esistenza, nella conoscenza, nel sapere, nell’emancipazione; tutti destinati alla grande operazione di “cinesizzazione” della società italiana, caratterizzata da bassi salari e nessun diritto. Concludendo, non si può fare a meno di evidenziare che la grave questione dell’analfabetismo, sia esso funzionale quindi di ritorno o strutturale, mina i principi di democrazia dalle fondamenta; una delle prime battaglie del movimento operaio fu proprio quella per l’alfabetizzazione di massa; chi non sapeva leggere e scrivere, non poteva votare e soprattutto, non era una persona libera. Oggi, l’analfabeta funzionale può votare e partecipare alla vita sociale ma è lecito dubitare della sua effettiva libertà. E se fosse l’ignoranza il primo problema della democrazia in Italia?


UN DIRITTO DA DISCIPLINARE

Applicazione della L. 194 a Fano tanti nemici nonostante i risultati conseguiti di Claudia Romeo

Il 25 maggio scorso l’ospedale di Fano è stato citato in un articolo di Adriano Sofri su Repubblica. Il motivo di questo interesse a livello nazionale riguarda un’amara verità, cioè che nella struttura sanitaria a noi così vicina i ginecologi sono tutti obiettori. Nessuno nega il diritto all’obiezione di coscienza in campo medico e paramedico, ma i dati locali sono decisamente peggiori rispetto ai già discutibili dati nazionali. In Italia oltre il 70% dei ginecologi si dichiara obiettore, da noi il 100%. È giusto che il diritto all’obiezione di coscienza si scontri così apertamente con il dovere di dare applicazione ad una legge dello Stato, con la garanzia di funzionamento di un servizio pubblico e con i diritti delle donne? Può un’intera struttura obiettare? Probabilmente se al posto di diritto all’aborto parlassimo di diritto ad una qualsiasi altra prestazione sanitaria, avendo personale qualificato e mezzi, la questione non si porrebbe nemmeno. Ma l’aborto divide perché da sempre è qualcosa di diverso da un aspetto riguardante la salute fisica e psichica della donna, l’aborto è un problema personale, ma anche sociale e culturale. La 194 è una legge dello Stato approvata nel 1978 e confermata dal referendum popolare del 1981 in cui l’88% dei votanti si dichiarò contrario alla sua abrogazione. È una legge giusta che ha posto fine ad una vera e propria mattanza di donne che si rivolgevano alle “mammane” o a ginecologi che operavano clandestinamente nell’ambito dei loro ambulatori privati chiedendo compensi onerosi. Secondo le stime effettuate prima della legalizzazione, gli aborti clandestini oscillavano tra i 220 mila e i 600 mila per anno. Dopo l’introduzione della legge si è registrato, come atteso, un incremento delle interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) fino al picco del 1982 con 234 mila Ivg, pari a un tasso di abortività di 17,2 per 1000 donne in età compresa fra i 15 e i 49 anni.

Da allora il numero di Ivg è costantemente diminuito. I dati relativi al 2006 ne indicano un totale di 131.018, con un tasso di abortività pari a 9,4 per 1000. Rispetto al 1982, il tasso di abortività si è ridotto del 47,1%. Nonostante i numeri ed i successi inconfutabili, si continua a lottare contro la 194 anche con una percentuale di medici obiettori così alta. In questa sede non si farà alcun genere di considerazione sulla scelta non sempre coerente di quel 70% di ginecologi a livello nazionale, ma si vuole parlare della situazione di Fano. Una struttura sanitaria deve garantire il servizio pubblico e dare applicazione alle leggi dello Stato, quindi, anche a Fano si devono trovare delle soluzioni. La più semplice, e di facile realizzazione, è quella di una convenzione con un medico esterno che garantisca il servizio e venga pagato a gettone: si tratta di una pratica diffusa, facile da organizzare e gestire. Non è giusto che le donne che decidono di avvalersi della 194 debbano recarsi a Pesaro, Urbino o Senigallia per esercitare un loro diritto perché a Fano ci sarebbero mezzi e disponibilità. Nel frattempo, visto che c’è una carenza, si potrebbe tentare di fare il massimo per un altro aspetto previsto dalla legge e trascurato, cioè molto si potrebbe fare per la prevenzione valorizzando le attività dei consultori.

interrompere la gravidanza. Nonostante la specifica indicazione della legge, poche donne si rivolgono ai consultori per ottenere la certificazione per l’Ivg. In questi anni, infatti, soltanto il 25-33% dei certificati è stato rilasciato dai medici consultoriali, forse perché i consultori sono in genere scarsamente integrati con le altre strutture sanitarie. In quelle Regioni dove invece la politica sanitaria ha favorito il ruolo dei consultori per la prenotazione delle analisi pre-Ivg e per l’intervento, il ricorso a queste strutture per la certificazione è salito addirittura all’85%. In questo modo è stata favorita anche l’attuazione dei programmi di prevenzione e il tasso di abortività è diminuito più rapidamente. Si può pensare anche ad un programma di educazione sessuale nelle scuole (altra grande opera di prevenzione) che dia spazio a soluzioni culturali e spieghi in cosa consiste l’attività dei consultori. Ed, infine, c’è la necessità di mediatrici culturali all’interno dei consultori perché viviamo in una società multietnica e gli aborti praticati a donne migranti sono sempre più numerosi. Più o meno tutti nel nostro intimo possiamo essere contrari alle interruzioni di gravidanza, ma la soluzione non sta nell’abrogazione di una legge o nel renderla di sempre più difficile esecuzione, al contrario, passa per un cambiamento sociale e culturale che la stessa legge sta attuando.

I consultori, che sono strutture specificamente deputate alla promozione della salute riproduttiva, hanno infatti tra i loro compiti: -informare la donna sui propri diritti e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali offerti dalle strutture che operano sul territorio -informare la donna sulle norme che tutelano le gestanti nel luogo di lavoro -attuare direttamente, o proporre agli enti locali competenti, interventi speciali di assistenza quando la gravidanza o la maternità creino problemi che non possano essere risolti dai normali servizi territoriali -contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna a La Bussola - Settembre 2012

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LA RECENSIONE

Il libro

di Cristian Bellucci

L’ultimo Dio

Internet, il mercato e la religione stanno costruendo una società post-umana Paolo Ercolani Edizioni Dedalo, pp. 240 – febbraio 2012 – 16,00 € L’opera Perché si è arrivati all’11 settembre? Qual è l’origine del crollo improvviso dell’economia internazionale? In cosa consiste oggi il ruolo delle religioni? Internet è un mezzo, oppure noi ne siamo gli schiavi inconsapevoli? La nostra è l’epoca in cui siamo informati su tutto ma non sappiamo nulla, incontriamo virtualmente milioni di persone ma siamo chiusi nella realtà di uno schermo piatto, ci crediamo onnipotenti proprio mentre cerchiamo disperatamente un nuovo Dio. Forse l’ultimo, prima che accada «il Terri-

Il film

regia Thomas Vinterberg durata: 118 min.

Uscita da un istituto psichiatrico nel quale è stata giudicata idonea al reinserimento nella società, la giovane Lee Holloway, affetta da manie autolesioniste, risponde all’annuncio di un avvocato alla ricerca di una segretaria. Ottenuto il lavoro, si rende conto di

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I lettori Il libro si rivolge agli appassionati di filosofia, religione, nuovi media ed economia, e a chiunque voglia comprendere le ragioni storiche e culturali all’origine di un certo tipo di società, quella in Rete. Paolo Ercolani insegna Filosofia e Teoria e tecnica dei nuovi media presso l’Università di Urbino «Carlo Bo». E’ autore di numerosi saggi e volumi sulle società liberali e sull’epoca dei nuovi media, che hanno più volte acceso il dibattito in ambito nazionale e internazionale.

di Walter Bisello

Secretary genere: drammatico

bile», l’eclissi totale della dimensione umana del vivere.

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aver trovato nel suo datore di lavoro E. Edward Grey l’uomo ideale, con cui potrà condividere la parte più recondita e vera della sua personalità, non senza complicazioni. Piccolo gioiellino della sottoselva delle produzioni indipendenti statunitensi, vera rivelazione e meritatamente premiato al Sundance Festival 2002. La regia mai invadente ed intenzionalmente scevra di ogni inutile manierismo con sottile ed evidente ironia, ma non per questo peccando di superficialità, tratteggia con notevole sensibilità l’universo della“sofferenza inascoltata”, sofferenza che conduce la protagonista in sentieri di elaborazione per cui il cerotto psicologico è la ritualità del dolore, vissuta in solitudine, intesa come ottundimento dell’ anima. La sordità altrui decontestualizza la protagonista dal mondo, allontanandola da ogni rumore, da ogni colore ed infine da se stessa, finchè troverà chi saprà ascoltarla, decriptare la verità del suo universo in ogni sua piega, vedere colori che altri non potranno vedere, parlare linguaggi che altri non potranno interpretare in un climax di superba e sagace ironia, con il superamento del martirio della cosiddetta normalità, riconoscendosi, la coppia protagonista, vicendevolmente e rivalutandosi ai propri occhi. L’attrice Maggie Gyllenhall ha il giusto talento ed una irresistibile ammiccante

sensualità per interpretare un difficile personaggio sempre in bilico dal cadere facilmente nel grottesco o nel caricaturale, ma il risultato finale della rappresentazione, mai sopra le righe, rasenta la perfezione. James Spader, finalmente sdoganato da una monoespressività recitativa con cui ha caratterizzato la sua precedente filmografia, seguendo la saggia direzione del regista Steven Shainberg, è l’ideale comprimario in questa splendida commedia dark in cui la dinamica d’incontri avviene secondo felici fraseggi erotici del corpo secondo un pentagramma di ardito romanticismo, che seppur scompagini gli aspetti convenzionali della love story tout court, sia la sfera della tenerezza che del desiderio restano invariati, lontani dalla morbosa aberrazione che il comune giudicare al riguardo sentenzia. La coinvolgente colonna sonora firmata dal virtuoso compositore Angelo Badalamenti (autore di fiducia di David Lynch) impreziosisce questa piccola opera cinematografica che non smetterà di germogliarvi dentro, una volta che voi abbiate assistito alla visione,con l’affiorante consapevolezza che la risoluzione finale, quella vera, delle proprie problematiche è da ricercare nel viaggio dei propri sentieri da sempre e per sempre agitato da contraddizioni, desideri e pulsioni.


LA RUBRICA

Dalla terra alla tavola

di Paola Bacchiocchi

Cucinare con noci, mandorle e nocciole Settembre e Ottobre sono due mesi che ci regalano frutti contenenti sostanze tali da poter da sole garantire la sopravvivenza di una persona. Ringraziamo quindi gli alberi da frutta secca, frutta dotata di una grande concentrazione di preziosi elementi nutrizionali come le vitamine A, B1, B2, PP, B5, B6 e ricchi di proteine, zuccheri, grassi, ferro, calcio e fosforo. Nella nostra vallata possiamo trovare la noce che ha ottime proprietà digestive, antinfiammatorie e depurative. L’olio delle noci è un ottimo rinforzante per il cuoio capelluto e della pelle: é infatti utile nella cura di eczemi, piccole ulcere della pelle e arrossamenti, quindi per le dermatosi in generale. Aiuta inoltre ad abbassare la temperatura corporea, la pressione ed il colesterolo LDL. Un rimedio ereditato dai nonni consiste nel bagno con le foglie e il mallo, cioè la parte carnosa che tiene dentro di se il frutto, e serve per rinforzare la costituzione dei bambini e combatte il rachitismo e le infezioni ossee. Infine l’infuso di foglie aiuta a combattere la dissenteria, la diarrea, inappetenza e vomito, la febbre e le infezioni alla gola. La mandorla è il frutto più completo per le sue proprietà nutritive ma un po’ indigesto e quindi va mangiato con moderazione. Il frutto, e in particolare l’olio al suo interno, ha un’azione emolliente, nutriente, rinfrescante e lassativa. Aiuta a combattere i bruciori di stomaco, le infezioni dell’apparato digerente, a regolarizzare l’intestino ed è di grande ausilio nel combattere l’anemia. I gusci e le foglie usati in infusione curano le faringiti, il mal di gola e la osse. La nocciola è più digeribile della mandorla e una dieta ricca di nocciole è utile a combattere l’anemia e ad aumentare l’appetito. Ricca di vitamina E, aiuta ad abbassare il livello di colesterolo LDL e i trigliceridi. Questi frutti sono particolarmente indicati per: dolci, insalate, primi e, se ridotti in polvere come farina, per preparare ottime frolle. BUONA RACCOLTA!

IL PAPA HA CHIESTO AI POLITICI CATTOLICI DI DIFENDERE IL MATRIMONIO UNO E INDISSOLUBILE.

QUALE: IL PRIMO O IL SECONDO DI CASINI?

4° edizione Libri in … Comune Villanova di Montemaggiore al Metauro, via Pontemetauro, biblioteca comunale Venerdì 5 Ottobre, ore 21.00 presentazione di “Il capo dei briganti si chiamava Tomaso Rinaldini - vita e imprese del bandito Masón D’la B’lóna da Montemaggiore” con l’autore Mirco Giulietti Sabato 6 Ottobre, ore 18.00 presentazione di “L’ultimo Dio - Internet, il mercato e la religione stanno costruendo una società post-umana” con l’autore Paolo Ercolani

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